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“Quest’acqua mi porterà la soluzione del problema che ho in mente”

Capitolo 20: Smettere di fumare

Possiamo suddividere i fumatori in 3 categorie:

1. Il fumatore che sa controllarsi, fuma una piccola dose ogni giorno, e non ha nessunis-sima intenzione di privarsi di quella piacevole abitudine.

2. Il fumatore che fuma come un turco, e non ci pensa nemmeno a smettere.

3. Il fumatore che vorrebbe smettere, ma non ci riesce.

Per il fumatore di tipo 1,

complimenti: io sono stato grande fumatore da giovane, qualche volta ho provato a ridurre le dosi, ma dopo pochi minuti riprendevo con le dosi massicce; ho dovuto troncare del tutto, ma è stato molto più facile del previsto, e continuo a essere con-tento e orgoglioso del mio successo.

Leggo che in Estremo Oriente esiste una tradizione di fumatori di oppio giudiziosi, che fumano piccolissime quantità di droga a scopo terapeutico, si mantengono asciutti e con la mente leg-gera.

Occorre essere dei virtuosi, come in Occidente lo sono i fumatori di sigaro o di pipa.

(a Torino esisteva, non so se esiste ancora, il Club dei Fumatori di Pipa, con tanto di sede fissa per gli incontri).

Loro si godono beati il vizietto, gli unici che ci rimettono sono le persone costrette a sorbirsi il fumo passivo, e, peggio ancora, il puzzo pestifero che sigari e pipe propinano al prossimo.

Per il fumatore di tipo 2

, considerando le asfissianti campagne contro il fumo, penso ci si trovi alla presenza di gravi problemi psicologici, tipo impulso all’autodistruzione.

Leggiamo talvolta sui giornali di giovani sani, di buona famiglia, che a nostro parere dovreb-bero essere felici e spensierati, e invece si suicidano per futili motivi: l’innamorata l’ha la-sciato, i genitori l’ hanno sgridata, ha preso un brutto voto a scuola, gli amici lo prendono in giro….

La triste verità è che i poveretti portavano in sé un misterioso e terribile tarlo psichico, l’impulso all’auto-distruzione.

Conosco persone (per tanti conoscenti di quel tipo purtroppo devo dire “conoscevo”, perché se ne sono andati in fretta), le quali, dopo che hanno subito infarti, oppure tumori, o ictus, e quindi hanno sperimentato in prima persona i danni provocati dal fumo, anche di fronte al perentorio ordine del medico di non fumare più assolutamente, non hanno trovato la forza di troncare con le sigarette.

Non esiste altra spiegazione se non

l’impulso auto-distruttivo continuato:

il soggetto rie-sce a controllarlo in una qualche misura, con la forza del carattere sta ben lontano dalle idee di suicidarsi, ma il suo inconscio malvagiamente gli suggerisce comportamenti auto- lesionistici.

E quell’irresistibile impulso, il famoso “cupio dissolvi” (detto latino che significa “brucio dal de-siderio di dissolvermi”), si annida nel cuore del giocatore che brucia tutti i beni che possiede, della persona che di colpo, senza motivazioni, distrugge il matrimonio e la famiglia, della madre che uccide il figlioletto…..allontaniamoci da discorsi tanto tristi, ritorniamo all’argomento da cui siamo partiti, ai nostri poveri fumatori compulsivi.

Un celebre proverbio cinese recita:

“Puoi portare il cavallo al fiume, ma se non ha sete, non riuscirai a farlo bere”.

Nessuno al mondo riuscirà a convincere un fumatore a rinunciare al fumo, se questi non ha al-cuna intenzione di smettere.

Woody Allen diceva:

Smetti di fumare, così vivi una settimana più a lungo, e per tutta quella settimana magari piove sempre!”

Ci rimane la terza categoria,

il fumatore di tipo 3

, quello che vorrebbe smettere di fumare, ma non trova la forza per farlo.

Qui le tecniche di Silva forniscono un potentissimo aiuto.

Il fumatore che non riesce a smettere è vittima di un meccanismo che la scienza conosce ormai da molti anni.

Couè diceva: “Quando la volontà e l’immaginazione sono in conflitto, vince sempre l’immaginazione, senza alcuna eccezione”.

Il fumatore che pensa intensamente alle sigarette imponendosi di non volerne più mettere in bocca, in realtà sta sentendo il profumo del fumo, quanto è delizioso, e alla fine della pensata si accenderà una sigaretta, e la fumerà con gusto.

Così stando le cose, dovremo lavorare esclusivamente con l’immaginazione.

Tutti noi sappiamo benissimo quali e quanti danni all’organismo sono provocati dal fumo.

Il fumatore che vuole smettere, dovrà studiare come trasformare i danni di cui è consapevole, in immagini che rendano realistico il danno.

Poi andrà a livello, e sul suo “televisore interiore” farà comparire quelle immagini, o intere se-quenze cinematografiche.

Facciamo un esempio:

I medici ci dicono che il fumo provoca cancro, specialmente ai polmoni.

Voi obietterete: “Ma ci sono anche persone che non fumano, e muoiono ugualmente di cancro ai polmoni!”.

E’ vero, però guardiamo le statistiche:

Persone che non fumano e vengono ugualmente colpite dal cancro ai polmoni sono 1 su 50.000.

Invece tra i fumatori il rischio sale a 1 su 100.

Allora, a livello, nella cornice blu proietterete un film:

Primo caso: ti trovi in uno stadio da partite calcistiche, sei confuso tra 50.000 spettatori, e sai che a un certo punto un pazzo criminale sparerà un colpo a casaccio, colpendo uno spetta-tore.

Potresti anche essere tu.

Pensi di essere terrorizzato, oppure ti consoli pensando che le probabilità che colpisca pro-prio te, sperduto in mezzo a 50.000 persone, siano davvero minime?

Secondo caso: siamo in piena Schindler’s List:

Un campo di concentramento nazista, ove avvengono ogni giorno scene di violenza e cru-deltà inaudite.

Cento poveri esseri umani in pigiama, tutti allineati, un Nazista lindo e profumato nella sua impeccabile uniforme passeggia avanti e indietro guardandoli negli occhi a uno a uno, cer-cando nel fondo delle pupille dei disgraziati quello che, a suo capriccio, merita di essere giu-stiziato.

Avanza nella fila, fermandosi davanti a ciascun prigioniero, lo guarda fisso negli occhi, diver-tendosi sadicamente a vedere il terrore del malcapitato.

A un certo punto della sua passeggiata, si fermerà e urlerà: “Questo: kaputt! “ .

Subito i carnefici avanzeranno, per trascinarlo fuori dalla fila dei 100 poveretti, e torturarlo:

lo squarteranno, fino a una morte orribile.

Ora anche tu sei nella fila, ma hai la possibilità di fuggire velocissimo, mentre il boia non guarda dalla tua parte, scavalcare i reticolati e metterti in salvo correndo a perdifiato nell’erba fresca, fino a rifugiarti in un fitto bosco, verso la libertà e la vita.

Che cosa pensi che sceglieresti, fuggire oppure restare al tuo posto nella fila, ad attendere che il Nazista si avvicini, metta il suo ghigno a pochi centimetri dal tuo volto, sprofondi il suo sguardo malvagio fin dentro il tuo cuore; poi il suo occhio si accende, il volto si trasforma, ed esce l’urlo bestiale: “Tu, kaputt !”.

Tra tutti, questa volta ha proprio scelto te!

L’assurdo della vicenda è che trovarti nello stadio non è stata una tua scelta; invece l’iniziativa di entrare nel campo di concentramento sei stato tu a prenderla!

Potevi starne fuori, nessuno ti ha obbligato: hai scelto di entrare di tua volontà, e questa non è stata una bella scelta: ma ora che potresti ancora scappare, preferisci stare dentro: Questa è pura e semplice imbecillità, potresti forse negarlo?

Molti anni fa, nel pieno di una delle tante campagne dei mass- media contro il fumo, un ben-pensante (ed anche parecchio furbacchione, dato che riuscì a farsi finanziare con fondi pub-blici) ebbe la pensata di organizzare un teatro-tenda, che si spostava di città in città:

l’ingresso era gratuito, e all’interno si proiettavano documentari orribili: asportazione chirur-gica di polmoni colpiti da cancro, cuori infartati, arterie chiuse, e altre simili piacevolezze.

Alla fine della proiezione la gente usciva stravolta, ed essendo per la massima parte compo-sta di fumatori, questi per prima cosa si accendevano con mano tremante una sigaretta, che serviva a calmarli.

La zona attorno al tendone era coperta da uno strato di mozziconi.

Forse gli organizzatori si aspettavano che lo spettatore uscisse e scagliasse lontano da sé il pacchetto di sigarette, ma nessuno lo fece.

I mozziconi erano tutti ben consumati, fino all’ultima boccata.

Dopo breve tempo il tendone scomparve, e non è mai più riapparso.

Il tendone non funzionò perché gli spettatori non erano affatto a livello alpha, anzi, le immagini creavano uno stato di tensione che portava al Beta veloce, verso l’ansia e l’affanno.

Invece quello che noi proiettiamo avviene a livello, e allora lo spettatore che riceve il messaggio è l’inconscio, che capisce molto bene l’antifona, dato che gli si parla nella sua lingua, l’immaginazione.

A questo proposito, pochi si rendono conto fino in fondo di quanto gravi possono essere le conseguenze della visione di spettacoli televisivi orripilanti, osceni, o violenti, sui bambini piccoli:

Essi contemplano con il cervello completamente spalancato, in condizioni di piena recettività, immagini che passano per l’emisfero destro e vanno a incidersi indelebilmente nei livelli più profondi dell’inconscio.

Poi ci stupiamo se i piccoli rivivono di notte, come incubi, le scene viste il giorno prima, si svegliano piangendo.

E poi le rievocheranno, ancora e ancora, nei loro giochi, rivivendole con la loro immagina-zione.

Quando saranno adulti, porteranno tutto dentro di sé: non ricordano nulla, ma il loro carat-tere conserverà inesorabilmente qualche traccia di quelle prime esperienze gonfie di carica emotiva.

Naturalmente non ci fermeremo allo specchio con la cornice blu- scuro, dove si proiettano i messaggi negativi; altrimenti ne verremmo fuori depressi e infelici, invece l’obiettivo è sempre, in ogni caso, quello di procurarci una vita piena di soddisfazioni.

E queste soddisfazioni verranno in abbondanza dallo specchio con la cornice bianco – azzurra - luminosa.

Assisteremo al nostro trionfo sul vizio, vedremo lo sguardo ammirato e invidioso dei fumatori che non hanno la nostra forza di carattere.

Guardando una persona fumare, ci verrà da sorridere, perché ci ricorda quanto siamo forti.

Naturalmente uno stato d’animo del genere è il frutto di un ben programmato lavoro di auto- convincimento.

Potrete sbizzarrirvi nell’inventare filmati originali, divertenti (ricordate le chiavi mnemoniche?

Più l’immagine è bizzarra, meglio la si ricorda).

Un esempio:

Nella cornice blu visualizzate i vostri polmoni: la trachea è diventata un pozzo profondo, che si suddivide in altri due condotti verticali, i bronchi.

In fondo ai pozzi ci sono due baldi giovani, seminudi e lucidi di sudore, che muovono, senza mai poter smettere, due mantici, che pompano ossigeno nel sangue.

Il lavoro che fanno è già duro di per sé, dato che non possono mai fermarsi. E voi lo rendete impossibile mandando giù per i tubi, invece di aria pura, un fumo ammorbante.

I poveri ragazzi tossiscono, non vedono più nulla, urlano verso l’alto di smettere, di mandare aria buona, non quel veleno che ammazza anche loro, oltre che spedire robaccia nel sangue.

Spostate la cornice blu –scuro, con la scena rappresentata, alla vostra destra, finché scom-pare, e dalla vostra sinistra fate comparire la cornice luminosa che andrà a fermarsi di fronte a voi.

Nella cornice bianca manderete aria di alta qualità, i ragazzi sorridono, rivolgono verso l’alto grida di soddisfazione, quello che ora pompano nel sangue è roba buona.

D’ora in poi lavoreranno con entusiasmo, di buona lena, canticchiando.

Divertitevi a fare i registi, inventate scenette comiche, tutte con la stessa morale: quanto è bello essere un non fumatore.

Il cantautore Enzo Jannacci è famoso per una sua canzonetta che recita: “Mi piacerebbe an-dare al mio funerale, e vedere di nascosto l’effetto che fa”.

Vi ricordate Humprey Bogart, l’icona dei fumatori, con la perenne sigaretta che gli penzolava dalle labbra? Saprete certamente che è morto di cancro ai polmoni a 58 anni.

Se Bogey, come lo chiamava la fedele moglie, la stupenda attrice Laureen Bacall, che rimase al suo fianco fino alla fine, avesse immaginato di assistere al suo funerale quando era, po-niamo, sui 55 anni, si sarebbe reso conto di quanto perdeva: una vita fantastica nella sua villa in California, la moglie bellissima, soldi a bizzeffe, ovunque andasse folle adoranti; tutto perso in cambio della sigaretta penzolante dalle labbra.

A 55 anni sarebbe ancora stato in tempo a cambiare il suo futuro, e continuare la sua vita do-rata.

Invece probabilmente aveva scarsa immaginazione, e zero intuizione, altrimenti avrebbe sa-puto in anticipo quale sarebbe stato il suo destino.

Ed anche voi potete andare a vedere il vostro funerale, ma ridete, perché avrebbe dovuto es-serci se foste rimasto un fumatore: invece avete fregato il destino, smettendo di fumare giu-sto in tempo.

Forse la figura di Humprey Bogart non colpisce più tanto l’immaginario dei giovani d’oggi: nes-sun problema, non è difficile trovare esempi più attuali.

Basta cambiare nome, la storia è la stessa: al posto di Bogart ecco pronto un personaggio ana-logo: Fabrizio de Andrè, morto a 59 anni di cancro ai polmoni.

Qual è il giorno giusto per smettere?