Capitolo II. Il folclore e la cronachistica siberiana Elementi di interazione
7. Il soggetto della corazza di Ermak: una leggenda pansiberiana nella cronachistica toboliana
§ 7.1. La genesi della leggenda nella Sibirskaja istorija di Remezov
Semen Ul'janovič Remezov nacque nel 1641 a Tobol'sk in una famiglia di origini cosacche. Remezov compose la Sibirskaja istorija su basi quasi esclusivamente orali: la cronaca, di conseguenza, presenta gravi incongruenze cronologico-
narrative435, che escludono completamente una particolare vicinanza alle fonti che avevano costituito il nucleo originale della cronachistica uralico-siberiana della prima metà del XVII secolo. Quasi certamente, le fonti principali di cui si era avvalso il cartografo toboliano erano costituite dalle skaski cosacche raccolte dal nonno Mojsej Remezov: questo materiale, in unione ad occasionali riprese della cronaca esipoviana436 e all'influsso del Kungurskij letopisec437, conferisce alla
435 L'inattendibilità della cronologia della Sibirskaja istorija è stata confermata da un nutrito numero di studiosi:
Majkov L., «Chronologičeskie spravki po povodu trechsotletnej godovščiny prisoedinenija Sibiri k russkoj deržave», ŽMNP, 1881, 9, p. 28; Bachrušin, op.cit., p. 39; Skrynnikov, Sibirskaja..., pp. 71, 151.
436 Skrynnikov, Sibirskaja..., p. 46.
437 Remezov riprese il Kungurskij letopisec , in particolare, nella descrizione delle premesse della spedizione, dei
narrazione estrema contradditorietà ed inattendibilità.
Come abbiamo accennato diffusamente nella ricostruzione della spedizione siberiana, la cronaca remezoviana offre un quadro inesatto di diverse fasi della spedizione. In particolare, vi viene sostenuto che i cosacchi avevano fatto prigioniero un cortigiano di Kučum di nome Kutugaj, che è assolutamente sconosciuto alla tradizione cronachistica uralico-siberiana. Bisogna inoltre ricordare che secondo Remezov Kutugaj era stato fatto prigioniero dopo la
distruzione, da parte dei cosacchi, di Čingiden (Čimgi-Tura), che in realtà era stata rasa al suolo molto prima, durante le lotte tra šibanidi e tajbughidi. L'incontro dei sei principi siberiani sulle rive della Tura indica una reminiscenza folclorica: non a caso questa notizia verrà ripresa solo nella tarda cronaca di Čerepanov438.
Come sappiamo, i primi emissari moscoviti giunti in Siberia dopo la caduta di Kašlyk furono i voevody Gluchoj e Bolchovskij, insieme al golova Kireev. Inviati da Mosca nella primavera del 1583, giunsero in Siberia all'inizio dell'inverno dello stesso anno (in ogni caso, come testimoniato dalla gramota di Ivan IV del 7
gennaio 1584, non più tardi del gennaio-febbraio 1584). Questa versione è accolta dalle principali cronache della prima metà del XVII secolo e non abbiamo validi motivi per dubitarne l'attendibilità. Remezov registra al contrario che il primo emissario giunto in Siberia fu un non identificato слуга царев, incaricato di
consegnare i doni del monarca personalmente ad Ermak, che raggiunse il 1 marzo del 1581439. Simile informazione è testimoniata nella sola cronaca remezoviana. Le inesattezze si fanno più evidenti nella descrizione dell'arrivo dei voevody Gluchoj e Bolchovskij, che Remezov ritiene erroneamente essere stati inviati da Vasilij
Šujskij il 10 maggio del 1583. Il fondo cronachistico uralico-siberiano testimonia indistintamente che all'arrivo dei voevody Mahmetkul ancora si trovava sotto arresto cosacco: fu proprio un convoglio armato distaccato dalle forze governative dei voevody a condurre Mahmetkul a Mosca. Secondo Remezov, Ermak aveva inviato Mahmetkul a Mosca insieme al tributo raccolto il 21 novembre del 7091 (1582), quindi prima dell'arrivo dei voevody. L'errore è chiarissimo, tanto che Remezov riprende la versione canonica, secondo cui Mahmetkul era stato accolto da Fedor Ivanovič. Il che sarebbe stato assolutamente impossibile, se si volesse seguire la cronologia proposta dallo storico toboliano.
Da un punto di vista concettuale, Remezov rappresenta la caduta del khanato siberiano come un episodio della progressiva cristianizzazione dell'umanità: «Искони всевидецъ християнский нашъ Богь, творецъ всея твари, зижьдитель дому своего и снабдитель винограду и мысленных овецъ судебно предповеле проповедати ся чрез Сибирь Евангелие в концы вселенныя на край горъ Тобольску граду имениту». La posizione concettuale di Remezov sembrerebbe essere affine a quella di Esipov. In realtà, le concezioni dei due autori sono piuttosto differenti. Nel sesto
capitolo osserveremo che non è possibile ravvisare dettagli agiografici nella 438 Cfr. Dergačeva-Skop, Iz istorii..., p. 111.
439 PLDR, Moskva 1989, t.2, p. 560: «Верный же человек слуга царев, аки слуга Христов и пернатъ, прелетев къ Ермаку того же 90 году марта въ 1 день (...) ».
cronaca esipoviana. Ermak e i suoi uomini sono raffigurati secondo i moduli martirologici mediati dal Sinodico, senza reali commistioni agiografiche. Nella storia remezoviana la questione muta completamente, dal momento che la componente monumentale, predominante nel lavoro esipoviano, viene significativamente ridotta. Ermak viene raffigurato senza la prospettiva concettuale di Mosca o dell'eparchia toboliana: in questo Remezov è
assolutamente vicino alla tradizione folclorica, che nell'opera del cartografo toboliano viene tuttavia profondamente trasfigurata: come nota la Dergačeva- Skop, la specifica contaminazione normativa nella Sibirskaja istorija avvicina questa opera alle «vite» dei principi guerrieri-santi della Rus'440. La cronaca remezoviana è quindi uno spiccato esempio delle mutazioni normative in cui incorre il genere cronachistico-storiografico antico-russo nella seconda metà del XVII secolo. L'opera di Remezov venne composta in un periodo che abbiamo deciso di non esaminare in maniera approfondita. Non possiamo tuttavia non riconoscere l'estremo interesse rappresentato dalle informazioni che Remezov fornisce riguardo alla leggenda della corazza di Ermak, vale a dire dell'unico tema folclorico che sia stato incluso organicamente nella cronachistica toboliana sin dalla prima metà del XVII secolo. Il tema della corazza di Ermak non appartiene all'eredità folclorica russa dei canti storici o delle cronache «orali» uraliche: nel folclore russo «puro», questo tema
comparve infatti solo nel frammento in prosa Ermak vzjal Sibir', risalente ormai al XVIII secolo.
Non è possibile fissare esattamente il momento della genesi di questa
leggenda. L'esplicita menzione della leggenda di un Ermak annegato nell'Irtyš a causa di una pesante corazza donata da Ivan IV comparve solo a partire dal
Pogodinskij letopisec. E' tuttavia lecito ritenere che si tratti di un soggetto
piuttosto antico, dal momento che suoi accenni compaiono comunque nelle prime cronache del gruppo esipoviano: ad esclusione della Stroganovskaja letopis', tutte le cronache del gruppo esipoviano testimoniano che Ermak era annegato, poichè «одеян бе железом». Nella variante della leggenda,
registrata da Remezov, Ermak riceve da Ivan IV ed indossa sul Vagaj due corazze. Il soggetto dell'armatura di Ermak sembra avere un'origine tartara o, in ogni caso, siberiana441: è per l'appunto la storia remezoviana ad attestarne la sua estrema diffusione in ambiente tartaro-mongolo442. Il nobile mongolo 440 Dergačeva-Skop E.I., Remezov i ego «Istorija Sibirskaja» , Leningrad 1965, pp. 13-17.
441 Fonti come il Kratkoe opisanie, la redazione fondamentale della Stroganovskaja letopis' e il Rumjancevskij letopisec si limitano a riferire che Ermak morì annegando nell'Irtyš, senza specificare il motivo concreto. A
partire dalla redazione fondamentale della cronaca esipoviana, si afferma la versione secondo cui Ermak era affogato in quanto одеян бе железом. Questa versione venne quasi certamente stimolata dalla tradizione orale tartara sorta intorno alla morte di Ermak. L'influenza esercitata dalla leggenda tartara sulle cronache siberiane non fu però profonda: sino al Tomskij Vid di SLS, Esipov e i successivi redattori si limitano ad osservare che Ermak era affogato poichè portava un'armatura pesante. L'autore che per primo intuì le profonde valenze simboliche di questa leggenda e la trascrisse dettagliatamente fu Remezov: ricordiamo che il primo storiografo siberiano era interessato a creare un'aura di sacralità intorno alla figura dell'ataman cosacco.
Ablaj, stanziato sulle frontiere russe sud-orientali, si era rivolto nel 1658 a Tobol'sk con la richiesta di consegnargli la corazza appartenente al tartaro Kajdaul, che prestava allora servizio nella capitale siberiana. Ablaj era
convinto che la corazza in questione fosse quella con cui Ermak era annegato e credeva fermamente nella sua forza magica. Questa credenza era
profondamente radicata tra i gruppi mongoli controllati dalla famiglia di Ablaj: il padre di quest'ultimo, Bajgiš, aveva a suo tempo infatti rivolto un'identica richiesta a Tobol'sk. Nè Bajgiš nè Ablaj erano riusciti ad ottenere nulla. Nel 1660 Ablaj inviò una terza richiesta, che il voevoda di Tobol'sk, Bujnosov Rostovskij, ritenne opportuno soddisfare per evitare complicazioni sulla frontiera. La delegazione, incaricata di consegnare ad Ablaj il prezioso cimelio, era guidata dal padre di Remezov, Ul'jan. Dopo aver accolto la delegazione, Ablaj narrò ad Ul'jan una leggenda sul luogo di sepoltura di Ermak:
"И нача Аблай повести деяти о нем по своей истории, как приехал в Сибирь и от Кучюма на перекопе побеже и утопе, и обретен, и стрелян, и кровь течаше, и пансыри разделиша и развезоша, и как от пансырей и от платья чюдес было, и как татара смертной завет положиша, что про него русакам не вещати".
Ul'jan pregò Ablaj di scrivergli una breve nota su tutto quello che la sua famiglia sapesse riguardo alla morte di Ermak.
La nota presentata da Ablaj ad Ul'jan venne redatta ed inclusa nella cronaca
remezoviana. Secondo la leggenda tartaro-mongola, il cadavere di Ermak era stato trascinato dalla corrente sino ad un punto dell'Irtiš presso lo yurt di Epanča. Il cadavere venne rinvenuto dal principe locale Janyš, che stava pescando. L'identità del cadavere venne stabilita grazie alle corazze: si sapeva infatti che lo car' gli aveva inviato questo dono443. Il corpo di Ermak non dava segni di decomposizione: l'ataman perdeva sangue come se fosse ancora vivo. Appurata l'identità del
cadavere, lo si spogliò e lo si legò ad una torretta di legno. Ben presto si
radunarono i nobili tartari, tra cui si trovava lo stesso Kučum: i nemici di Ermak conficcarono nel corpo del loro avversario una freccia ciascuno, mentre gli uccelli non osavano toccare il corpo. Passati alcuni giorni, Ermak cominciò ad apparire in sogno ai tartari, ordinando loro di seppellirlo. La nota descrive l'inenarrabile terrore provato dai tartari a questa visione. Dopo la sepoltura di Ermak,
cominciarono a verificarsi eventi inspiegabili presso la tomba dell'ataman444.
caratteristiche proprie del folclore contadino-cosacco: le armature donate da Ivan IV rendono Ermak
invulnerabile (Čagin G.N., Istorija v pamjati russkich krest'jan Srednego Urala v seredine XIX-načale XX veka , Perm' 1999, pp. 51-53, 55). Il tema delle corazze come fonte di invulnerabilità è invece assente sia
nell'annalistica siberiana che nel folclore tartaro, dove le vestigia di Ermak donano solo coraggio e fortuna in battaglia.
443 La presenza di due corazze testimonia esiti tardi della leggenda in questione.
La mutuazione di questa leggenda tartara nella cronachistica toboliana (ma non in quella uralica, rappresentata dalla Stroganovskaja letopis') fu stimolata dal suo alto potenziale mitopoietico: era infatti connessa ad uno degli eventi più significativi della cronachistica a tema siberiano, vale a dire la morte di Ermak, che, come vedremo nei capitoli successivi, era stata poco illuminata dalle fonti originali.
§ 7.2. L'Opisanie di Venjukov: ulteriori manifestazioni della leggenda
Motivi legati alla leggenda trascritta da Remezov sono presenti anche
nell'Opisanie Sibirskogo carstva di N.Venjukov, che si era trovato a Tobol'sk il 14 gennaio 1686 durante il suo viaggio diplomatico in Cina insieme a Fedor
Golovin445. Lo scritto di Venjukov è un accurato resoconto geografico dei territori percorsi per raggiungere la Cina. L'opera è introdotta da un breve racconto sulla caduta del khanato siberiano.
Secondo questa fonte, dopo aver superato gli Urali i cosacchi conquistarono Tjumen'. Per arrestare l'avanzata cosacca, Kučum decise di inviare un suo fidato dignitario di nome Kancelej, la cui offensiva venne tuttavia vanificata. Ricevuta la notizia della disfatta di Kancelej, Kučum inviò ai suoi alleati e vassalli delle frecce dorate, che simbolizzavano la comparsa di un nemico estremamente pericoloso. La versione sostenuta da Venjukov è chiaramente tarda e leggendaria. Motivi narrativi come l'accoglienza riservata ad Ivan Groza a Mosca sono spiccatamente folclorizzati, mentre il ritorno dell'ataman in Siberia presenta delle specifiche inesattezze, che osserveremo durante l'esame del Pogodinskij letopisec.
Gli studiosi hanno fissato nel racconto di Venjukov un solo episodio che sembri corrispondere ad un fatto reale. Intendiamo l'episodio dei due cannoni, tolti ai russi da Mahmetkul e fatti gettare da Kučum nell'Irtiš. Jerome Gorsey registrò infatti un evento simile, che aveva ascoltato da Mahmetkul durante la sua prigionia moscovita446. Probabilmente, Venjukov ne venne a conoscenza a Tobol'sk447.
Il legame dello scritto di Venjukov con il complesso di informazioni e leggende toboliane è tradito in maniera esemplare dalla presenza del soggetto delle due corazze: «По сем же (…) из Тобольска Сибирскаго царства атаман Ермак с товарищи своими (…) на стругах вверх от Тобольска по Иртишу реке поиде доходити царя сибирского Кучюма и доиде до Сибирки речки (…). И не дошед того места за полтора поприща на той же горней стране под крутым яром Ермак с товарищи своими, вышед ис судов своих ясаульных на берег, поставив на лугу полатки и спал в них; и тогда неприятели (…) ударили на обоз его (…); тогда ж Ермак, ис полатки своей спальной услыша то нахождение иноплеменных на себя и не чая, что место плохо, и стоять невозможно, скочил с яру в судно в струг свой и прескочил три мочию своею, паде в воду чюдотворение, запретиша всем от мала и до велика же поминать имя Ермаково, да задлитца честь и слава, и могила его не явлена будет. Бе же видитца бусурманом и до днесь во вселенские суботы огненной столп до небеси, а по простым — свеща велия, горяща над главою его: се же бог своих проявляет» 445 Andreev, Očerki..., p. 70. 446 Dergačeva-Skop, Iz istorii..., p. 99.
447 La Dergačeva-Skop ipotizza che Venjukov abbia annotato il racconto della spedizione di Ermak dal ricco fondo
(…), а на нем в то время два панцыря были, иже утопе, абие и поиде ко дну, аки камень448». Il solo dettaglio che corrisponda alla versione originale trasmessa dalla
cronachistica siberiana della prima metà del secolo, che Venjukov sembra non conoscere, è il seguente: l'attacco sopravviene quando Ermak e i suoi uomini stanno riposando. Gli altri particolari non hanno riscontri con la tradizione, mostrano un'origine tarda ed esclusivamente folclorico-orale, che non aveva alcun accesso alle fonti ufficiali toboliane: Ermak non ricerca i mercanti, ma Kučum; viene menzionato il fiume Sibirka, non il Vagaj; i cosacchi stazionano su una radura scoscesa sull'Irtiš, non nell'isolotto del Vagaj.
L'Opisanie Sibiri di Venjukov è uno degli esempi più utili ad illustrare l'evoluzione letteraria a cui vengono sottoposte le concezioni iniziali della presa del khanato siberiano: la fase conclusiva di questa evoluzione si risolve in fonti, dove la base concettuale principale è costituita da una perdita sistematica del fondo documentario originale e il rigore espositivo ed ideologico della prima metà del secolo cede il passo alle tendenze letterarie dell'ormai prossima epoca petrina. Da questo punto di vista, interessante in Venjukov è la descrizione della battaglia di Capo Čuvaš. L'elaborazione letteraria del passo tende ad espedienti stilistici come i discorsi diretti ed iperboli, poco utilizzati nella tradizione della prima metà del secolo: «И поучая их козаков, своих товарищей: Братия моя милая, атаманы, козаки! Постойте за веру християнскую и послужите царю православному Иоанну Васильевичю, всеа Росии самодержцу. И за свою вину страдничию, что мы пред ним, государем своим, виноваты и пред пред всем московским христианством: государскую казну и его государских подданных людей грабили, и многую кровь християнскую пролили, и многия души християнския осквернили, - послужите, государи-братцы, ныне верою и правдою. А когда мы виноватые, ему, государю своему царю, послужим и прибыль учиним, и он, государь наш царь Иоанн Васильевич, за нашу службу пожалует нас, вину нашу страдничью отдаст449». A differenza della cronachistica uralico-siberiana della
prima metà del XVII secolo, il tema dell'estremo sacrificio dei cosacchi per l'espiazione delle colpe passate perde ogni connotato ideologico, per contribuire a sua volta a rafforzare la retoricità e, per certi versi, la patetica artisticità de lla narrazione.
Gli artifici letterari impiegati da Venjukov e il complesso di leggende confluite nel racconto sono caratteristici della letteratura a tema siberiano della fine del XVII secolo: non possiamo vedervi la presenza di uno strato folclorico-orale risalente agli inizi del secolo.
Relativamente alle fonti esaminate nel presente capitolo, non è possibile rilevare spiccati punti di congiunzione tra la cronachistica siberiana e l'eredità folclorica «pura», sorta intorno alla spedizione siberiana di Ermak. Piuttosto, fu l'ideologia elaborata dall'eparchia toboliana ad avere ripercussioni sugli esiti tardi della tradizione folclorica dedicata al tema in questione. L'unico tema comune è quello «anarchico-criminale», che è testimoniato, tra l'altro, anche in alcune cronache 448 Cepkov, op.cit., pp. 376-377.
della prima metà del secolo. Come tuttavia vedremo, il tema anarchico-criminale viene fatto confluire nell'iniziale cronachistica uralico-siberiana da canali
completamente differenti da quelli folclorici: nel Rumjancevskij letopisec il motivo brigantesco viene mediato dalla linea Kratkoe opisanie-Novyj letopisec , mentre la
Stroganovskaja letopis' si avvale eslcusivamente delle informazioni contenute nella
gramota di Ivan IV del 16 novembre 1582.
Il corpus cronachistico siberiano del XVII secolo testimonia un effettivo legame con il folclore in due sole leggende: la cattura dei tre potentati tartari a Tobol'sk e la morte di Ermak a causa della corazza (o delle corazze) dello car'. Nonostante questo, i motivi menzionati non hanno alcun legame con la tradizione folclorica delle «cronache orali» cosacche dal momento che hanno un'origine esclusivamente cittadina oppure allogena.
Di conseguenza, non sembra possibile avallare l'ipotesi di una derivazione della cronachistica uralico-siberiana da una tradizione folclorico-orale, risalente all'inizio del XVII secolo: il folclore e la cronachistica della spedizione siberiana si svilupparono su due canali di trasmissione completamente differenti, che vennero a coincidere solo in alcuni casi esclusivi.
Dopo questo esame preliminare, riteniamo opportuno passare all'analisi dell'evoluzione genealogico-concettuale della cronachistica a tema siberiano della prima metà del XVII secolo.