CAPITOLO 1. SPAZIALITÀ VIDEOLUDICA: ASPETTI TECNICI DELLA
1.4 Tridimensionalità
1.4.3 Spazi pre-renderizzati
Una volta operata questa ricognizione sulle varie declinazioni entro cui si possono dare le visuali in prima persona e in terza persona della tridimensionalità, verrà di seguito approfondita la questione più strettamente tecnica dei processi attraverso cui l’immagine 3D può essere computata e riprodotta. Come anticipato nell’introduzione alla sezione, le immagini tridimensionali si possono realizzare sulla base di due processi di calcolo: il pre-rendering e il real-time. In queste battute finali di capitolo si concentrerà l’attenzione su queste due soluzioni, verificando le strategie di organizzazione spaziale a cui entrambe possono dare vita. Cominciando proprio dalle ambientazioni pre-renderizzate. Riprendendo la definizione precedentemente fornita a riguardo, gli spazi tridimensionali pre-renderizzati sono quell’insieme di elementi e asset 3D che costituiscono l’ambiente di gioco ma che
39 Tra i più intuitivi, si va dal salto della corda, passando per prove di equilibrio o di forza, fino ad arrivare a brevi gare di corsa.
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non sono riprodotte dai dispositivi per videogiocare simultaneamente alla computazione dei dati che le compongono, poiché esse sono precaricate nella loro interezza all’interno del software di gioco. Le ragioni che, in passato, potevano portare alla scelta di adottare tale processo di rendering andavano dalla necessità di ovviare alle risorse computazionali ridotte delle macchine videoludiche alla volontà di creare ambienti più ricchi e dettagliati capaci di immergere il giocatore in un mondo denso e verosimile. Gli spazi prerenderizzati, infatti, negli anni in cui la tridimensionalità muoveva i primi passi, offrivano opportunità rappresentative molto più articolate ed esteticamente di qualità superiore rispetto alle controparti in real-time, che potevano appoggiarsi unicamente su poligoni semplici e texture grezze e poco definite. Questi valori qualitativi, però, erano controbilanciati dal sacrificio dell’interattività che questa tipologia di spazi portava con sé. Questo era dovuto al fatto che gli ambienti prerenderizzati, essendo fondamentalmente immagini precaricate e quindi già “confezionate”, non potevano prevedere alcun tipo di alterazione sulla base dell’azione del giocatore, al contrario degli spazi in real-time che invece consentivano, e consentono tutt’ora, un certo grado di interazione durante l’attività ludica.
L’utilizzo di immagini prerenderizzate per la realizzazione di ambienti tridimensionali era certamente legato anche alla diffusione di nuovi supporti di memoria per l’immagazzinamento dei data che costituivano il software di gioco, con particolare riferimento a quelli ottici. L’avvento del CD-ROM ha infatti permesso a quantità ingenti di dati, perlomeno rispetto ai precedenti supporti su cartuccia, di essere salvati nella memoria del supporto, a scapito di tempi di caricamento più lenti. Le due cose hanno evidentemente favorito lo sfruttamento di questo processo di riproduzione degli spazi, visto che non richiedevano caricamenti istantanei e continui e che invece necessitavano di maggiore memoria d’archiviazione data la loro maggiore qualità. Lo spazio prerenderizzato, per come si è visto finora, sembra essere solo una scelta puramente tecnica, alla cui base non sono previste strategie di organizzazione spaziale distintive. In realtà, a ben vedere, non è proprio così. Perché, come spesso accade nello sviluppo dei videogiochi, le soluzioni tecniche impiegate si riverberano nel design di ogni singolo aspetto del gioco e viceversa. Come spiega Wolf,
The storage capacity of CD-ROMs also allowed large numbers of prerendered still images to be stored and used as backgrounds. Games using large numbers of still images were typically navigation-based adventure games, in which the images were used for changing first-person views of different location […] Due to the cutting or dissolving from one camera position to another as opposed to a continuous long take with moving camera, as well as the pre-rendered nature of the images, images which were individually consistent and Euclidean in their approach to their construction of space
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could be combined together to construct non-Euclidean spaces in which the implied size of the onlooker changed drastically from one image to the next, or in which spaces were connected in physically impossible ways.40
Le immagini prerenderizzate, unitamente all’uso di una visuale in prima persona, possono dunque favorire la realizzazione di spazi dalle geometrie non-euclidee, sperimentando con la percezione spaziale del giocatore e con le proporzioni degli elementi dell’ambientazione, avatar compreso. Inoltre, la mancanza di interattività attribuibile a questa tipologia di realizzazione degli spazi non significa necessariamente che essi siano completamente statici o che non incorporino elementi che siano capaci di restituire l’impressione di dinamicità e verosimiglianza attraverso il movimento. Infatti,
To keep their background images from seeming too static, these games incorporate moving imagery into their backgrounds; usually small areas in which a cyclical series of images appears […] In games using 360° panoramas, the player’s viewpoint can turn and move in place like a nodal-point tripod head; and the panoramic image (which can be mapped onto the inside of either a cylinder, sphere, or cube) changes as the player’s viewpoint moves, in such a way that objects in the center of the image grow larger as they approach the edge of the image, further enhancing the illusion of depth. The sense of three dimensions is strong in these images, especially the panoramic ones, but in all of these games the viewer is limited to the standpoints from which these views are generated, and apart from merely zooming an image to enlarge detail, camera movement on the z-axis is not possible.41
Mancanza di interattività nel rapporto con gli spazi e con la loro visualizzazione significa, in altre parole, che le ambientazioni pre-rendered, e il movimento attraverso di esse, sono sostanzialmente sotto il pieno controllo dei designer. Se queste limitazioni possono sembrare a prima vista un difetto, in realtà il fatto che sia necessaria l’adozione della camera fissa o dello scrolling interno all’immagine permette agli sviluppatori di orientare lo sguardo del giocatore e guidarlo nell’interpretazione e nella lettura degli elementi dell’ambientazione e della loro carica narrativa.
Non è un caso, infatti, che spesso questa tecnica per la costruzione degli spazi tridimensionali venga impiegata nella realizzazione di videogiochi dal forte impianto narrativo, quali giochi di ruolo o avventure grafiche. In questi giochi la presenza di ambientazioni fortemente connotate narrativamente si riflette in strategie di messa in scena che spaziano dalla selezione di punti di vista tra i più svariati alla produzione di effetti visivi attraverso, ad esempio, l’illuminazione e il movimento della camera
40 Mark J. P. Wolf, “Z-axis Development in the Video Game”, in Mark J. P. Wolf, Bernard Perron (a cura di), The Video
Game Theory Reader 2, cit., p.161
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virtuale, conferendo in tal modo allo spazio videoludico una serie di significati predefiniti e controllati rigorosamente dagli sviluppatori.
Gli spazi prerenderizzati hanno dunque caratteristiche specifiche che, come si è visto, li rendono unici per potenzialità della messa in scena e adatti a determinate proposte ludiche fortemente orientate dal punto di vista narrativo. Oggi, tuttavia, vengono utilizzati in misura minore rispetto al passato, in quanto le capacità di calcolo dei dispositivi per videogiocare sono cresciute, e ancora crescono, a livello esponenziale e si sono andate a formare contestualmente tipologie di narrazione che non necessitano della rigida direzione dei designer, prima fra tutte la classe delle cosiddette narrazioni emergenti che si vedranno nei prossimi capitoli.