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Visual special effects: il sistema di illuminazione

CAPITOLO 4. PER UNA GRAMMATICA DELL’ENVIRONMENTAL STORYTELLING:

4.3 Elementi della rappresentazione dell’environmental storytelling

4.3.2 Visual special effects: il sistema di illuminazione

Proseguendo nella disamina degli elementi della rappresentazione che possono essere impiegati ai fini dell’environmental storytelling, si possono citare, come anticipato, tutti quegli artifici tecnici e quegli accorgimenti estetici riconducibili al comparto dei Visual Special Effects (VFX). Si tratta dell’insieme degli effetti visivi applicati alle ambientazioni virtuali e agli oggetti di cui si compongono, come, da una parte, i sistemi particellari adottati per riprodurre le scintille di un fuoco,

239 Evan Skolnick, Video Game Storytelling. What Every Developer Needs to Know about Narrative Techniques, cit., edizione kindle

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il movimento dell’acqua o determinate condizioni metereologiche (pioggia, nebbia, foschia, neve, ecc.), e dall’altra il sistema di illuminazione, dinamico o statico che sia. È proprio su quest’ultimo che si concentrerà l’analisi degli effetti come elementi della rappresentazione delle narrazioni ambientali, in quanto le proprietà che permettono all’illuminazione di configurarsi come un agente al servizio della costruzione drammatica e patemica di uno specifico spazio offrono un quadro esplicativo delle potenzialità narrative insiste nell’impiego dei visual effects videoludici. In questo senso, è necessario innanzitutto chiarire cosa si intende con sistema di illuminazione, in modo da comprendere quali sono gli strumenti e gli elementi adottati nell’applicazione delle fonti di luce e degli effetti associati agli spazi digitali, tenendo presente che si farà particolare riferimento a quelli realizzati con le tecnologie delle computer graphics tridimensionali. Sulla base di questa premessa, dunque, si può banalmente sostenere che «simulated illumination is defined as the method by which virtual 3D game environments are rendered taking into account all lighting information in that scene»240. L’illuminazione, data la flessibilità degli engine per lo sviluppo videoludico, si può dare in diverse dimensioni, a partire da forme più astratte proprie, ad esempio, di videogiochi low-poly241, passando per rappresentazioni del colore particolari, come nel caso dei giochi in cel-shading242, fino ad arrivare alle istanze in cui viene applicata con intenti fotorealistici, ovvero tentando di restituire uno spettro della luce il più possibile analogo ad un’esperienza visiva in uno spazio fisico. In un senso più tecnico, le pratiche di design di uno o più sistemi di illuminazione si articolano sulla base della definizione e dell’integrazione di più fattori in quella che è, in verità, un’equazione molto più complessa della sola progettazione di fonti luminose variabilmente realistiche e dell’applicazione di strategie di colorazione particolari. In relazione a questo, Gabe Betancourt, lighting artist presso

Naughty Dog, descrive le attività in cui si sostanzia la creazione di un sistema di illuminazione

complesso per produzioni ad alto budget:

Along with light placement, we coordinate color and mood via sun, sky, shadow, and exposure to go along with story and gameplay progression. By tweaking atmospheric values, post process effects, and rendering source illumination, we achieve making it all work well together in realtime. We’ll blend elements to get the right feel for day or night afterwards, using fog, Godrays, dust, glows, reflections, specular highlights, shadow, fires, flares, and other artificial sources as well as lightmaps, gobos, and LUTs. We tunevalue direction (what we call ‘directionality’) and curate their harmony with materials, characters and environments to achieve a grand sense of depth and scale, making specific details pop out. We

240 Magy Self El-Nasr, Simon Niedenthal, Igor Knez, Priya Almeida, Joseph Zupko, “Dynamic Lighting for Tension in Games”, Game Studies. The International Journal of Computer Game Research, Vol. 7, N. 1, Agosto 2007, http://gamestudies.org/0701/articles/elnasr_niedenthal_knez_almeida_zupko (ultima consultazione: 15 Ottobre 2019)

241 Con low-poly si intende una strategia di modellazione 3D basata sull’utilizzo di un basso numero di poligoni nella realizzazione di un mesh poligonale.

242 Il cel-shading è una tecnica di rendering non fotorealistica per la quale i modelli tridimensionali appaiono in realtà piatti, simulando l’aspetto grafico del fumetto o del cartoon.

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emphasize faithfulness to style or photorealism; whatever the game’s art direction calls for on a moment-to-moment basis. Lighting artists are often equivalent to Directors of Photography (DP’s) in film.243

Le differenti variabili messe in gioco nella implementazione dei sistemi di illuminazione nello spazio virtuale descritte da Betancourt possono dare vita a mondi videoludici nei quali la luce assume più di un ruolo. Le funzioni fondamentali associate a questi molteplici ruoli si possono, indicativamente, distinguere nei cinque obiettivi di un efficace lighting design, ovvero: dirigere lo sguardo dell’utente, creare profondità, comunicare le parti della giornata o le stagioni, rinforzare un determinato sentimento o un’atmosfera, e infine rivelare aspetti del carattere di un personaggio o risvolti di una precisa situazione244. È evidente che, se utilizzato ai fini dell’environmental storytelling, il sistema di illuminazione può essere integrato nella progettazione delle ambientazioni in modo da sfruttarne queste funzioni caratteristiche così da creare spazi densi di soluzioni narrative, tenendo conto del forte effetto che esso esercita sulla partecipazione emotiva del giocatore alle vicende raccontate nel videogioco. A proposito di quest’ultima osservazione, la testimonianza professionale di Betancourt può tornare nuovamente utile a rivelare le sfaccettature dell’implementazione del sistema di illuminazione negli ambienti virtuali, e più nello specifico le peculiarità del suo sviluppo e dei suoi obiettivi in relazione all’esperienza del giocatore. Come sostiene il lighting artist, infatti, la finalità del lavoro di illuminazione di un game environment è:

Artistically, to provoke. When a player walks into a space, does lighting urge a sense of presence? Does it excite wonder, dread, joy, anger, reverence, peace, or sadness? A lot goes into capturing a feeling that takes being in touch with one’s inner sense and watching how others react to get right. It’s the most difficult challenge to accomplish. Second to that, avoiding flat shapes. Lighting builds depth. A prudently lit area has a sense of focused direction (what we call directionality) but also conveys volume by shape, silhouetting values between foreground, midground, and background geometry. […] We try to push values as far as we can to get the most dramatic result […]. Sometimes we exaggerate to lead players around an area or make enemies more visible during combat.245

Suscitando diversi sentimenti e interpretazioni nel giocatore, il quale viene influenzato dal senso di profondità prodotto da strategie che mirano a orientarlo nella sua esplorazione del mondo di gioco, il sistema di illuminazione si pone come un elemento della rappresentazione di fondamentale importanza per l’implementazione dell’environmental storytelling. Grazie alle sue capacità di 243 Kirill Tovarell, “Learning Lighting for Video Games”, 80 Level, 18 Aprile 2017, https://80.lv/articles/learning-lighting-for-video-games/ (ultima consultazione: 15 Ottobre 2019)

244 Cfr. Ross Lowell, Matters of Light and Depth. Creating Memorable Images for Video, Film, and Stills Through

Lighting, Broad Street Books, Philadelphia 1992

245 Kirill Tovarell, “Learning Lighting for Video Games”, 80 Level, 18 Aprile 2017, https://80.lv/articles/learning-lighting-for-video-games/ (ultima consultazione: 15 Ottobre 2019)

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indirizzare l’attenzione del giocatore stesso, di alimentarne i processi di formazione del senso di presenza e di dare volume allo spazio, esso moltiplica le opportunità a disposizione degli sviluppatori per l’incorporazione di racconti ambientali nei mondi virtuali.

Ma come, concretamente, l’environmental storytelling fa uso del sistema di illuminazione? Per rispondere a questa domanda, è necessario prima di tutto comprendere di cosa concretamente si compone la luce nel videogioco. In altre parole, sarà utile definire quelle che sono le caratteristiche proprie dell’illuminazione videoludica, ovvero l’insieme di quegli elementi che sono manipolabili e simulabili dall’engine utilizzato per realizzare il mondo virtuale in cui incorporare le narrazioni ambientali. In questo senso, si possono riconoscere cinque attributi fondamentali: la luminosità, calcolabile per mezzo dei sistemi di misurazione applicati allo spazio reale; il colore, espresso in tutto il suo spettro o manipolato attraverso filtri specifici; la qualità delle ombre, siano esse soft shadows o

hard shadows; la direzione in cui viene proiettata la luce; infine, il livello di variazione nel tempo che

l’illuminazione può subire246. A queste cinque proprietà si aggiungono tutte le interrelazioni che si vengono a instaurare tra le differenti luci che possono far parte di un singolo sistema di illuminazione, le quali introducono particolari effetti di luminosità e contrasto del colore, supportati anche dal sistema di shading247 adottato e integrato nello spazio virtuale. Sulla base delle strategie secondo cui

queste componenti costitutive vengono impostate, l’implementazione del sistema di illuminazione produce dei pattern che possono essere definiti come

a specific configuration of these basic elements of light and interrelation, occurring over time, and having an effect upon the viewer or player. An example pattern can be identified as follows: a lighting designer sets all lights in the environment to bright saturated red light that slowly changes from 100 percent brightness to 50 percent brightness over a specific number of seconds. Lighting patterns can be observed and articulated in filmic media and interactive artefacts, as well as experienced in performance. They can also be expressed as a means of specifying illumination within design contexts, and encoded within game rendering technologies.248

246 Cfr. Magy Self El-Nasr, Simon Niedenthal, Igor Knez, Priya Almeida, Joseph Zupko, “Dynamic Lighting for Tension in Games”, Game Studies. The International Journal of Computer Game Research, cit., http://gamestudies.org/0701/articles/elnasr_niedenthal_knez_almeida_zupko (ultima consultazione: 15 Ottobre 2019)

247 Lo shading è una tecnica delle computer graphics che consiste in una serie di processi che alterano il colore di un oggetto poligonale o di una superficie sulla base della sua angolazione e della sua distanza rispetto alle fonti di luce, della sua posizione rispetto alla camera o anche delle sue proprietà materiali, con il fine di restituire una determinata percezione della profondità spaziale del modello 3D e, dunque, creare precisi effetti grafici (come, ad esempio, quello di fotorealismo da una parte o quello da fumetto tipico del cel-shading dall’altra).

248 Magy Self El-Nasr, Simon Niedenthal, Igor Knez, Priya Almeida, Joseph Zupko, “Dynamic Lighting for Tension in Games”, Game Studies. The International Journal of Computer Game Research, cit., http://gamestudies.org/0701/articles/elnasr_niedenthal_knez_almeida_zupko (ultima consultazione: 15 Ottobre 2019)

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I pattern sono estremamente funzionali agli intenti narrativi dell’environmental storytelling in quanto, attraverso il loro utilizzo, i designer possono attribuire agli spazi diversi che compongono il mondo di gioco un senso di unità e armonia visuale che favorisce l’emergenza di significati predefiniti, riuscendo ad elaborare una narrazione che più organicamente comunichi i temi portanti del videogioco e che costruisca, sulla base della ripetizione dei motivi dell’illuminazione, un racconto in cui l’interpretazione del giocatore è fortemente orientata. Di conseguenza, per mezzo di un’organizzazione spaziale che si affida ai pattern visuali della luce, gli sviluppatori possono far percepire al giocatore un mondo di gioco che non è limitato alla giustapposizione delle unità spaziali discrete di cui si può comporre, ma che, piuttosto, assume senso nella sua interezza attraverso la continuità dello stimolo visivo prodotto dai motivi del sistema d’illuminazione. A proposito di questo, può tornare utile proporre un esempio concreto di implementazione dei pattern della luce. Un videogioco che fa un uso estensivo di un particolare tipo di illuminazione con fini specificamente narrativi – nonostante la sua adozione sia dovuta in prima istanza a necessità tecniche – è Shadow of

the Colossus (Wander and the Colossus, Japan Studio, 2005). Nel videogioco in questione, il

giocatore impersona un giovane guerriero che, insieme al fedele cavallo, intraprende un viaggio verso delle terre proibite all’uomo per riportare in vita l’amata, vittima di un sacrificio. Giunto nel tempio che troneggia al centro delle terre proibite, il guerriero stringe un patto con il demone imprigionato in quelle lande dagli uomini, il quale gli promette di salvare la ragazza in cambio del suo aiuto. Per onorare tale patto, infatti, il giocatore dovrà viaggiare attraverso quelle terre disabitate con l’obiettivo di trovare e distruggere i colossi all’interno dei quali è stata sigillata l’essenza frammentata del demone. Il mondo di gioco, o più precisamente le modalità secondo cui è progettato, rispondono alla necessità di veicolare una narrazione che fa un limitato uso delle tradizionali tecniche espositive, poiché si basa sulla filosofia di design per sottrazione cara al director, game designer e writer del videogioco Fumito Ueda. Gli spazi di cui si compone il videogioco, infatti, sono ideati e realizzati innanzitutto con l’intento di comunicare il senso di solitudine che pervade le terre proibite. Ciò si può notare nelle dimensioni ipertrofiche del mondo di gioco, il quale si compone di pochi punti di interesse inframezzati da ambienti naturali ampi e spogli, nei quali l’avatar del giocatore si staglia come un elemento estraneo e insignificante. In questo senso, la percezione di una natura onnipresente che ha assorbito e si è appropriata dei resti dell’attività umana (templi, palazzi, ecc.) è rinforzata da un sistema di illuminazione costruito sulla base di un motivo ricorrente. Infatti, gli eventi che hanno luogo nelle terre proibite sono caratterizzati dal contrasto tra l’impiego di una luce naturale che tende alla sovraesposizione, percepita dal giocatore come una forza opprimente e tangibile, e un’illuminazione che, attraverso tecniche di de-saturazione del colore, rende il mondo oscuro e

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incolore. Tale luce sovresposta è realizzata attraverso un effetto definito bloom249, il cui utilizzo, perlomeno inizialmente, è dovuto ad un compromesso tecnico: per realizzare un mondo aperto e vasto senza caricamenti visibili, il software deve necessariamente caricare in background gli elementi dello spazio di gioco; tale operazione causa inevitabili pop-up e pop-in250 durante il movimento nello spazio, che possono essere nascosti riducendo la visibilità degli oggetti in lontananza attraverso, come in questo caso, una luce iperrealistica. Sfruttando però questa limitazione a scopi narrativi, Shadow

of the Colossus utilizza il pattern ricorrente dell’alternanza tra la luce sovresposta che ostacola la visibilità nelle vaste ambientazioni aperte e l’oscurità soffocante delle altre aree di gioco per rinforzare il tema della solitudine nelle terre proibite in cui si situano gli eventi del gioco. Per mezzo del contrasto tra la presenza invadente della luce del sole e il buio inquietante, lo spazio comunica al giocatore il primato della natura sull’uomo, il quale, di fatto, si configura come un elemento estraneo accolto nelle terre proibite da indifferenza o ostilità. L’unico elemento artificiale in cui si può riscontrare il valore positivo della luce sovraesposta data dal bloom effect è l’altare del tempio, al cui centro giace la ragazza senza vita. La luce, in questo caso, è finalizzata a mettere in rilievo la natura eterea e, in un certo senso, celestiale della ragazza stessa, la quale è sempre accompagnata dal candido bagliore della veste bianca che indossa. Per comprendere come i pattern possano essere riconoscibili dal giocatore e abbiano effetto sulla sua interpretazione delle narrazioni incorporate nello spazio, sarà necessario analizzare le tecniche attraverso cui i designer ne indirizzano l’attenzione. In questo senso, è evidente che, nell’implementazione di un sistema d’illuminazione che adotta motivi ricorrenti legati alla produzione di determinati significati, sia necessario mettere in atto delle operazioni volte ad enfatizzare il ruolo distintivo della luce. È proprio sulla base del concetto di enfasi che si organizzano le strategie di ottimizzazione dell’impiego dell’illuminazione per scopi narrativi. Infatti,

to direct the viewer’s eye, an image needs a point of emphasis, or focal point. An image without emphasis is like wallpaper; the eye has no particular place to look and no reward for having tried. Images lit with flat, uniform lighting similarly felle drab and lifeless. By establishing the quantity, placement, and intensities of focal points, the lighting designer directs the attention of the viewers by giving them something interesting to look at but without overwhelming them with too much of a good thing. A composition may have more than one focal point, but one should dominate. The more complicated an image is, the more necessary points of emphasis are to help organize the elements. […] By first understanding what attracts the eye, the lighting designer can then devise methods to minimize areas that distract the

249 Il bloom è un effetto delle computer graphics con il quale si producono delle frange di luce che si estendono dalle aree luminose dell’immagine, producendo l’illusione di una luce estremamente luminosa che tende a sopraffare la camera e l’occhio dell’osservatore.

250 Con pop-up e pop-in si intendono alcuni effetti specifici del popping nelle computer graphics, ovvero effetti visivi che, durante la transizione di un modello tridimensione da un livello di dettaglio (Level of Detail, LOD) predefinito ad un altro, appaiono troppo bruschi ed evidenti nella loro artificialità agli occhi dell’utente.

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viewer by commanding unwanted attention and instead create more emphasis in areas that should be gettin the viewer’s attention.251

I modi in cui si può attribuire enfasi, per mezzo dell’illuminazione, ad un determinato elemento dello spazio videoludico o ad un intero ambiente virtuale si fondano su un principio relazionale. In altre parole, le strategie di enfatizzazione visiva tipiche dell’environmental storytelling producono senso nel momento in cui l’uso della luce è considerato nel suo complesso, ovvero nell’insieme dei rapporti visuali che si instaurano tra aree o oggetti variabilmente illuminati. Più precisamente, questa tipologia di enfasi si può creare sulla base di due fondamentali approcci: evidenziando il contrasto tra gli elementi illuminati da una parte e, dall’altra, isolando quelli sui quali la luce mira ad orientare l’attenzione del giocatore. Enfatizzare per contrasto un elemento spaziale con la luce significa produrre, nel giocatore, una percezione di differenza, utilizzando il sistema di illuminazione per mettere in risalto un particolare oggetto della rappresentazione nel momento in cui esso viene messo a confronto con gli altri elementi che lo circondano. L’enfasi per contrasto è molto utile per spezzare i pattern visivi della luce precedentemente descritti o per marcare visivamente le specificità di una determinata unità dello spazio digitale. L’attività di enfatizzazione per isolamento è strettamente correlata a quella per contrasto, poiché si fonda sullo stesso principio di differenziazione, benché, in questo caso, l’attribuzione di un senso di diversità agli oggetti operi in maniera più profonda: la luce mira a far emergere l’elemento enfatizzato non tanto come una distinta componente di un gruppo di elementi altrimenti omogenei, ma piuttosto come un’unità totalmente estranea a qualsiasi forma di associazione e raggruppamento. Semplificando i due approcci all’enfatizzazione attraverso il sistema di illuminazione, si può osservare che quella per contrasto interviene riducendo l’affinità visiva di un elemento con il resto degli elementi dello spazio di cui fa parte, mentre quella per isolamento opera distaccando completamente l’elemento dagli altri, rendendolo di fatto estraneo a qualsiasi forma di raggruppamento o affiliazione. Per offrire un esempio a proposito, basti pensare ai primissimi momenti di gameplay dell’action-adventure e survival horror The Last of Us (Naughty Dog, 2013). Nel videogioco, il giocatore veste i panni di due sopravvissuti ad un’apocalisse infettiva che ha colpito gli umani mutandoli in creature mostruose, impegnati in un viaggio attraverso una versione distopica degli Stati Uniti d’America, completamente dominata da anarchia e violenza. Il gameplay di gioco si basa, fondamentalmente, sull’alternanza di esplorazione, sezioni stealth e fasi shooting in terza persona. Ma nella fase introduttiva, il giocatore si trova in realtà in controllo della figlia di uno dei

251 Sharon Calahan, “Storytelling through Lighting, a Computer Graphics Perspective”, in Anthony A. Apodaca, Larry Gritz (a cura di), Advanced RenderMan. Creating CGI for Motion Pictures, Morgan Kaufmann Publishers, San Francisco 2000, pp. 343-344

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due superstiti, in un flashback ambientato la notte in cui l’infezione si è diffusa in modo pandemico nel paese. Questi primi momenti di gioco servono a guidare il giocatore nelle meccaniche ludiche fondamentali (movimento, interazione con gli oggetti, gestione della camera) e, soprattutto, a gettare le basi per gli eventi raccontati successivamente. È proprio in questa fase di gioco che si possono