nella sua carta natale o meno è altrettanto difficile quanto il definire cosa sia, in-nanzitutto, una persona
(da Isarinternational, vol. 243 / parte A del 3/8/03) Opportuno il contributo di Jean Hinson con la sua risposta ad Aparma Sharma riguardante Astrologia, Spiritualità e Matrimonio in Oriente e in Occidente. Aparma sostiene che gli eventi di un matrimonio dovrebbero poter essere previsti astrologi-camente. E che se ci sono dei fallimenti ciò significa soltanto che bisogna fare mag-giori ricerche, non che vi sia qualche intrinseca limitazione in quello che l’astrologia può dirci. Secondo la Hinson, invece, le ricerche si rivelano un’enorme trappola e costituiscono un approccio sbagliato al “mistero”. Lo stesso errore lo fa la scienza quando crede di poter svelare, alla fine, il mistero delle origini dell’Universo. Anche l’essere umano è misterioso come il rapporto interpersonale. Noi possiamo studiar-ne ed apprenderstudiar-ne le tendenze a livello tecnico ma ci sfuggirà sempre il suo aspetto spirituale (la parte non limitata dal destino). Jean crede però che, tutto sommato, vi siano analogie tra l’astrologia tradizionale indiana e quella occidentale. Aparma, in-fatti, riferisce anche di un “terzo occhio” nel lavoro astrologico. E suggerisce che l’astrologo potrebbe collocarsi in un terzo luogo: tra le leggi dell’astrologia, da una parte, e i fatti oggettivi che si susseguono nella vita del cliente, dall’altra. Così da permettere insight e movimento in tale spazio intermedio d’interpretazione. E’ una posizione che evita nello stesso tempo la superbia di credere che tutto sia destino e quindi prevedibile dall’astrologia e l’opposto pensiero inflattivo, che gli astrologi possano aiutare i loro clienti a padroneggiare i pianeti e a vincere il fato.
(da Isarinternational, vol. 243 / parte B, del 3/8/03 Sull’ appassionante problema continua Robin Daley. Egli riconosce che questa discussione tocca nel profondo la natura percettiva della realtà “personale”. Al ri-guardo, è apprezzabile il concetto d’organizzazione della realtà secondo Ram Dass in “Grano per il Mulino” (Unity Press, 1977), da cui proviene la citazione:
“Immaginate di avere un piccolo quadrante proprio vicino agli occhi e di poter cambiare i canali delle vostre realtà. Sintonizzandovi sul primo canale e guardando-vi intorno, vedete uomini e donne: bassi, alti, belli, non tanto belli, grassi, sottili, biondi, bruni, giovani, vecchi, ecc.; vedete, cioè, l’ambiente fisico e materiale.
Andate sul secondo canale e vi trovate nella sfera della psicologia. Stiamo, cioè, osservando persone felici, tristi, arriviste, ansiose, maniaco-depressive, entu-siaste, spiritualiste, arrabbiate, depresse, generose, fortunate - l’intero campionario degli attributi psicologici. Per molti, questa è la realtà in cui si vive. E quello che sie-te è desie-terminato dalla vostra personalità. Siamo al livello della personalità.
Poi c’è un altro canale. Schiacciate il tasto. Adesso il mondo è costituito da 12 categorie e dalle loro varie trasformazioni. C’è un Leone, c’è un Ariete. Vi siete sin-tonizzati su un ordine astrale, un nuovo gioco sulle differenze individuali. Ricono-scete il corpo sottile presente nel corpo fisico della gente e sapete qualcosa che va
oltre la loro personalità: la realtà planetaria. Ma il terzo canale vi permette anche di ri-percepire il primo e il secondo canale. State usando un sistema di differenze indi-viduali per liberarvi da un altro sistema.
Attivate il quarto canale. Ora, quando guardate qualcuno negli occhi, ciò che vedete è un’altra persona che vi sta guardando. Vedete, cioè, un altro essere che proprio come voi, è intrappolato nelle illusioni di questi pacchetti individuali diffe-renziati: corpo, personalità, astrologia. E i vostri occhi, che sono lo specchio dell’ani-ma, si incontrano con quelli dell’altro e dite: “Come va da quelle parti?. Ma siete an-cora separati l’uno dall’altro. Un altro scatto. E adesso, cosa vedete quando guarda-te un’altra persona? E’ come se avesguarda-te due specchi, uno di fronguarda-te all’altro senza nient’altro in mezzo. Siete voi, che guardate voi stessi mentre vi guardate. Una sola persona che sembra moltiplicarsi per giocare questo gioco. Scopriamo d’essere tutti l’Antica Unità, Una sola. Potete perdervi nelle molteplici realtà: una, due, tre, quat-tro, ma arrivati al quinto canale c’è soltanto uno di noi. Ogni realtà, fino a questo punto, è una realtà ugualmente valida, relativa, simbolica. Sono tutte reali, ma sol-tanto relativamente. Ognuna di esse non è più reale di un’altra. E cosa succede se si passa al canale che viene dopo? Ogni cosa scompare insieme a voi e non c’è nessu-no che guardi qualcosa o qualcunessu-no. Scompare l’intera televisione. Tutto ritorna nel vuoto da cui proveniva, ritorna all’informe —- a ciò che si trova dietro l’Uno/Ognu-no di quei canali che sol’Uno/Ognu-no la realtà. Ma quando si è immersi totalmente in ul’Uno/Ognu-no di quei canali, quell’uno rappresenta la propria, assoluta realtà. Salvo che noi viviamo simultaneamente a diversi livelli. Perciò, definire voi stessi come esseri che vivono all’interno di un qualsiasi piano significa imporre una condizione limitante e voi non siete più liberi”.
L’approccio di Joe Landwehr parte dalla compatibilità fra due persone. Egli concorda con Glenn Perry quando ci ricorda che la consapevolezza resta il fattore decisivo nell’espressione di qualsiasi elemento astrologico - sia in un tema indivi-duale sia in quello comparato. La definizione essenziale di compatibilità dipende, infatti, dalla consapevolezza delle persone coinvolte e dal livello su cui portano avanti la relazione. Per una coppia, la compatibilità potrebbe significare non più che del buon sesso; per un’altra, un rapporto facile ed una piacevole compagnia; per una terza, compartecipazione agli stessi sistemi di dottrine, valori ed obiettivi; men-tre, per due persone che sono profondamente impegnate nella loro crescita spiri-tuale, potrebbe significare l’opportunità di lavorare su problemi interconnessi, mal-grado il pericolo di conseguenti frizioni nel rapporto. In ogni caso, l’astrologo deve cercare una serie diversa di fattori in grado di indicare che due determinate persone possono realizzare ciò che entrambe desiderano. Se l’accento è posto sulla crescita spirituale ciò potrebbe senza dubbio implicare interaspetti facilmente percepibili come controindicazioni di compatibilità, almeno da chi è legato ad un approccio in-terpretativo basato sulle regole. Tutte le regole, infatti, sono basate su presupposti, circa la natura del rapporto e della compatibilità, applicabili o meno ad un partico-lare caso. Alcune di queste premesse sono magari di tipo culturale, ma molte
deri-vano semplicemente dalla proiezione di aspettative del singolo astrologo. Tutti ab-biamo aspettative derivate dai nostri condizionamenti; ma i più saggi si accorge-ranno che ciò che per noi rappresenta la verità non necessariamente lo è per gli al-tri, sia pure con schemi astrologici simili. Una taglia non si adatta necessariamente a tutti - e questo vale sia per il tema natale sia per quello comparato.
La comparazione tra due temi è ulteriormente complicata da un altro paio di fattori. Innanzitutto, la maggior parte delle relazioni si articola simultaneamente su livelli multipli di possibilità ed intenti. La maggior parte di noi non vuole soltanto una buona intesa sessuale, una gradevole compagnia, valori ed obiettivi condivisi, o una buona possibilità di crescita, ma tutto questo e ancora di più. Nell’avvicinare queste dimensioni multiple, presenti in qualsiasi rapporto, bisogna allora compren-dere che lo stesso aspetto funzionerà in maniera diversa in tempi diversi e in diversi contesti. Una Venere opposta al Marte dell’altro, per esempio, può creare una forte attrazione sessuale e, nello stesso tempo, un alto potenziale di conflittualità tra persone i cui sistemi di valori sono fondamentalmente diversi. Venere quadrata ad Urano può creare un’ottima opportunità per alcuni di lavorare sui rispettivi proble-mi di abbandono, ma rende difficile trovare nell’ambito del rapporto una stabilità sufficiente per sostenere un vero legame intimo. Saturno congiunto a Marte può inibire la vita sessuale, ma rende sufficientemente sicuro un rapporto in ordine al senso di sostenibilità. Allora, questi interaspetti sono indicatori di compatibilità o incompatibilità? In qualsiasi rapporto multidimensionale la risposta sarà: di entram-be.
Aggiungete il fatto che due persone possono non avere gli stessi desideri ed obiettivi per il rapporto, o la stessa definizione di compatibilità, per cui non è molto difficile capire che ogni situazione deve essere avvicinata sulla base del caso per ca-so e che le regole devono essere messe un po’ in disparte rispetto alla valutazione, da parte dell’astrologo, del livello (livelli) su cui sta operando la relazione. Ciò non può essere determinato soltanto dalla carta, ma deve svilupparsi attraverso un dia-logo mirato tra voi e le persone che vi siedono di fronte e i cui temi state tentando di leggere. Pertanto, quando Michael Munkasey dice che avrebbe desiderato sapere cosa era quello che stava misurando con i suoi strumenti di valutazione della com-patibilità, suggerirei che la risposta non deve dipendere da tali strumenti, o da qual-che altro elemento nell’ambito del lessico astrologico, ma da ogni singolo rapporto individuale che si cerca di valutare in quel momento.
Nella misura in cui la compatibilità non è uno standard assoluto ed oggettivo, ed io oserei dire che non lo è - ne consegue che non può essere determinata da una serie di regole astrologiche o di altro tipo. Aggiungerei inoltre che trovare la tecnica giusta sia meno importante del porre la giusta domanda, in modo da poter focaliz-zare qualsiasi tecnica usata nella direzione corretta. Se gli astrologi vogliono contri-buire con qualcosa di realmente valido alla comprensione del rapporto o quant’al-tro, allora bisogna superare la sciocca nozione che l’input del cliente non sia neces-sario in ordine al processo di interpretazione di un tema. Al di là della tecnica usata,
i soli simboli non rivelano niente finché non sono collocati nel contesto vivente del rapporto. Se lo facciamo, è il rapporto che deve stabilire il livello su cui i simboli possono essere meglio compresi - non il contrario. Pertanto, cercare di inserire una relazione in un modello astrologico invita soltanto alla speculazione, alla proiezione dei propri condizionamenti, e/o all’imposizione di idee preconcette su una realtà cui possono aderire o no.
Un interessante contributo a livello personale viene da Philip Brown il quale mette subito in chiaro che dalla sua carta non si poteva prevedere il matrimonio né che si sarebbe mai sposato se avesse preso in considerazione la sinastria tra lui e la moglie. Tanto più che aveva un passato da monaco. Facendo poi un confronto tra oriente, dove tutto è prevedibile e occidente, dove il rapporto è basato sulla libera scelta personale, si chiede fino a qual punto i nostri ruoli di specie, culturalmente appresi, il maschile e il femminile, possano influenzare le prospettive astrologiche sull’interpretazione del rapporto e della compatibilità. In genere l’Occidente ha una forte prospettiva femminile al contrario dell’astrologia jyotish con tutta la sua forte centralità lunare ed un buon astrologo può valutare la compatibilità e l’attrazione con la sinastria e il tema integrato. Ma cosa si può prevedere a lungo termine? Sulla capacità di essere felici, sulla capacità di sacrificio, sul donare… sull’apprendere e crescere insieme ad un altro essere umano? Quali sono gli indicatori astrologici per questi aspetti spirituali? Qual è l’obiettivo di un rapporto? Brown non pensa che sia sufficiente limitarsi a leggere i temi individuali. Lui ha uno stretto quadrato tra Lu-na e Urano, rispettivamente in 2a e 5a casa, eppure è sposato da 18 anni - chi l’a-vrebbe detto? In ogni vita e in ogni rapporto c’è sempre spazio, egli crede, per una totale redenzione o trasformazione. Se si volesse tentare di “prevedere” la durata del rapporto e la compatibilità di una coppia sarebbe necessario seguire i transiti e le progressioni di due vite individuali, i transiti e le progressioni di un tema integra-to per 50 o 60 anni, ed altre tecniche appropriate. Per di più, si dovrebbe recitare il ruolo di Dio per interpretare in modo abbastanza esauriente i risultati e riferire qualcosa di significativo.
(da Isarinternational, vol. 244, del 9/8/03) Valentino Salvato ritiene salomonicamente che esistano sia il destino sia il li-bero arbitrio e che abbiano entrambi una sfera d’influenza nella nostra vita. Per lui il nostro tema natale rappresenta una specie di progetto che si sviluppa con solu-zione aperta, offrendoci, cioè, in ogni fase della nostra vita più di un’opsolu-zione. Se-condo le scelte che facciamo, il nostro cammino si orienta in un determinato modo dando così inizio ad un ciclo. Le opzioni ci sono date, naturalmente, dai vari signifi-cati dei pianeti. Tuttavia la libertà, o libero arbitrio, non è mai assoluta perché pos-siamo scegliere soltanto nell’ambito di una certa gamma. Salvato suggerisce di chiamare questo limite “LIBERO ARBITRIO VINCOLATO”. Si tratta di un “progetto aperto” ma di un UNICO progetto, non di QUALSIASI progetto. E questo progetto rappresenta il destino personale.
Dorothy Oja incomincia citando un certo Moses Siregar III il quale si chiede se l’astrologia stia cercando di promuovere un maggiore riconoscimento dell’indivi-dualità effettiva o se stia aprendo una nuova strada per praticare il pregiudizio.
Secondo Dorothy, giudicare in anticipo secondo il segno solare o, peggio anco-ra, secondo una serie di configurazioni planetarie significa ridurre un essere umano alla nostra limitata visione di stampo fatalistico e impedirle di evolversi, maturare e raggiungere il suo livello personale di saggezza. Il tutto contro l’attuale tendenza umanistica che consente il cambiamento e la trasformazione.
C’è qualcosa che va oltre, al di sopra e al di sotto della carta natale che deter-mina come si manifesterà il disegno planetario e secondo lei, questo qualcosa è l’a-nima o la consapevolezza più alta dell’individuo. Uno strumento è positivo solo se lo è la persona che (e la consapevolezza di chi) lo usa.
(da International Emailletter, vol. 249, del 13/9/03)
L.A. 133-689
Seconda parte: VENERE
Il secondo pianeta personale è Venere: anch’esso vicino al nostro Sole (Mercurio e Venere sono i due pianeti che si trovano tra la Terra e il Sole) può allontanarsene al massimo di 45°. La funzione di Venere riguarda espressamente la costruzione dei fattori affettivi, parte importantissima per l’Io, fondamentale tappa nella vita infan-tile per giungere alla strutturazione di un senso di autostima personale, di un sano rapporto con sé stessi e con gli altri (armonizzare e relazionare) e di una capacità di riconoscere i valori interni che costituiranno i parametri individuali su cui si inne-sterà la capacità di scegliere.
Tutte le potenzialità che questo pianeta ci offre derivano dalla semplice e ma-gica parola “affetto”1che è ciò che orienterà e dirigerà la vita fino a divenire “scel-ta”. In psicologia questa parola assume un’importanza straordinaria poiché sono proprio gli affetti vissuti sotto forma di bisogni, desideri e sentimenti che spingono il bambino ad entrare in relazione con qualcosa di esterno che, provvedendo a sod-disfare i suoi bisogni, crea le basi per una gratificazione.
La prima esperienza di “relazione” avviene nel bambino proprio attraverso questa funzione. L’incredibile sequenza di sorrisi, abbracci, di contenimento e rassi-curazione che la madre fornisce al suo bambino sarà lo straordinario impianto che fornirà un’idea di relazione come di un “voler partecipare e voler scambiare” con un altro essere umano.
Venere è il pianeta che permette di essere attratti dal mondo esterno e quindi di non restare fissati su di sé (insieme a Mercurio ha il domicilio primario in un se-gno d’Aria, elemento che ricorda il bisose-gno vitale di relazionare e scambiare): rap-presenta la possibilità di rompere il guscio narcisistico, indispensabile premessa per rivolgere lo sguardo altrove; è la prima esperienza di interazione e seduttività che il neonato sperimenta cercando risposte ed accoglimento che stimolino il desiderio di stare in intimità con un “oggetto” a lui esterno.