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Un tentativo di comprendere fenomenologicamente nelle equazioni del modello lineare a coefficienti costanti ideale i termini dissipativi legati alla

P RINCIPALI PROPRIETÀ APPLICATIVE DEI MODELLI FENOMENOLOGICI CON SEMPLIFICAZIONE DI PRIMO LIVELLO PROPOST

2.3 Un secondo livello di semplificazione dei modelli fisico matematici in modelli fenomenologic

2.3.3 Un tentativo di comprendere fenomenologicamente nelle equazioni del modello lineare a coefficienti costanti ideale i termini dissipativi legati alla

viscosità e alla conducibilità termica: il modello lineare a coefficienti costanti

semi-dissipativo

Nel sottoparagrafo precedente si è visto come sia possibile, trascurando le disomogeneità termofluidodinamiche e gli effetti dissipativi, ridurre il sistema generale delle equazioni di Navier- Stokes linearizzate ad una sola equazione nota come equazione delle onde.

Si è anche visto come questa equazione sia ampiamente studiata in molti suoi aspetti, cosicché fra i vari risultati ottenuti è possibile reperire in forma esplicita le soluzioni analitiche di molti casi d’interesse applicativo.

Tuttavia, nella parte conclusiva del sottoparagrafo si è anche dovuto prender atto di come il modello lineare a coefficienti costanti ideale abbia il serio inconveniente di esibire soluzioni divergenti per determinati valori della frequenza di eccitazione, a causa della perfetta assenza di effetti dissipativi nel sistema fisico descritto.

Del resto, il modello matematico che tiene conto delle perdite linearizzate è già stato ricavato, ed è appunto il modello lineare a coefficienti costanti dissipativo, ma esso si ricorda chiamare in causa la soluzione di un sistema di sei equazioni in sei incognite.

Ci si chiede allora se sia possibile trovare una sorta di compromesso, nei termini di una equazione differenziale eventualmente più complessa dell’equazione delle onde canonica, ma comunque essa stessa sufficiente a rappresentare la fenomenologia della dissipazione.

La risposta a questa domanda è affermativa, e può reperirsi nel già citato [57]. Il testo didattico si rifà a dei risultati ottenuti nel corso di un secolo di studi, partendo da Stokes con la sua comprensione nell’equazione delle onde degli effetti viscosi, passando da Kirchoff con la sua comprensione degli effetti termici e giungendo finalmente a Markham, Beyer e Lindsay che nel 1951 in [59] forniscono una trattazione esaustiva sull’argomento. Una simile dissertazione dell’argomento può reperirsi anche nel classico testo [45].

In questo elaborato non verrà riproposta la trattazione completa che consente di giungere a questa modifica dell’equazione delle onde, ma ci limiterà a riportarne la forma conclusiva e discuterne i vari elementi in essa contenuta.

Del resto tale trattazione, oltre ad essere lunga e ad impegnare numerose pagine per una sua esposizione completa, è anche decisamente euristica: in sostanza, si tenta di stimare la quantità di energia meccanica dissipata dagli effetti viscosi e l’exergia trasformata in anergia nel passaggio del calore dalle zone compresse (a maggiore temperatura) alle zone rarefatte (a minore temperatura). Una volta stimata la formazione di anergia, si modifica l’equazione delle onde in modo da comprendere in essa una sorta di forza esterna che punto per punto assorbe energia meccanica dal fluido.

Alla fine di questo lungo procedimento, l’equazione delle onde si trasforma in una equazione nota come equazione delle onde dissipativa, la quale, esemplificata per la pressione ma formalmente analoga nelle altre forme, risulta come segue [60]:

∂2 P ' ∂t2 =c 2 ∇2P '+υ ∂ ∂t

[

∇ 2P '

]

nella quale υ è chiamato coefficiente termo-viscoso classico ed è calcolato con l’espressione seguente:

υ=ρ ⟩1

[

43 μ+k

(

C1

V

C1

P

)]

e nella quale si sono indicati con ⟨ρ ⟩ la densità, con μ la viscosità dinamica, con k la conducibilità termica e con CP e CV rispettivamente i calori specifici a pressione e volume

costante, tutti quanti i parametri valutati nello stato di equilibrio antecedente la trasduzione.

Il modello fenomenologico che ha come primo e terzo passaggio procedure analoghe ai due modelli fenomenologici visti nei precedenti sottoparagrafi, e che utilizza invece l’equazione delle onde dissipativa al secondo passaggio viene in questo elaborato designato col nome di modello

lineare a coefficienti costanti semi-dissipativo: l’utilizzo del prefisso “semi” deve imputarsi al fatto

che le perdite vengono inglobate in maniera euristica e che la soluzione dell’equazione di cui sopra non conduce a risultati esattamente coincidenti con il secondo passaggio del modello lineare a coefficienti costanti dissipativo.

Come può leggersi sulle varie opere di bibliografia sopra citate per la derivazione dell’equazione delle onde dissipativa, i primi tre limiti per l’applicabilità dell’equazione di sopra sono in buona sostanza i medesimi che affliggono in generale i modelli lineari a coefficienti costanti:

• il fluido deve essere esente da elevati gradienti e da elevate velocità, così da poter assumere lo stato di equilibrio antecedente la trasduzione sufficientemente vicino a quello di fluido fermo ed omogeneo intorno al quale si linearizzano le equazioni;

• il periodo della trasduzione deve essere sufficientemente maggiore dei tempi di rilassamento della materia;

• la trasduzione deve essere di piccola ampiezza, in modo da evitare eccessivi allontanamenti dall’iper-piano tangente.

Inoltre, e questo è un fatto molto importante, l’utilizzo di un’equazione che differisce per un termine dall’equazione delle onde, causa il venir meno della coerenza dello schema formale

In particolare, fra le varie incoerenze, si può ad esempio mostrare che utilizzando l’equazione delle onde dissipativa applicata al potenziale di velocità e utilizzando la relazione che lega tale potenziale alla pressione, si ricava un campo delle oscillazioni di pressione che differisce da quel campo che si sarebbe ricavato se si fosse risolta l’equazione applicata al campo degli spostamenti e si fosse usata la relazione che lega tali spostamenti alla pressione.

In questo contesto, si può inoltre dimostrare che questa differenza tra i campi di pressione ricavati coi due diversi procedimenti si fa tanto più piccola quanto più piccolo è il coefficiente termo-viscoso, e questo poteva peraltro aspettarsi dal fatto che se tale coefficiente diviene evanescente l’equazione delle onde dissipativa tende all’equazione delle onde canonica.

Per quanto detto, si deve allora aggiungere un quarto limite per la buona applicabilità dell’equazione delle onde dissipativa e delle relazioni precedentemente dimostrate, ovverosia il richiedere il termine dissipativo costituito dal secondo addendo a secondo membro sia relativamente molto più piccolo del primo addendo [45].

Vista questa perdita di coerenza, ai fini applicativi del modello si deve procedere scegliendo la variabile più opportuna per la quale risolvere l’equazione delle onde dissipativa, utilizzando poi una e una sola relazione del sottoparagrafo precedente per il calcolo delle altre incognite (visto che l’uso contemporaneo di più relazioni porta inevitabilmente al sorgere di contraddizioni).

Peraltro, anche dal punto di vista della sua risoluzione vengono introdotte problematiche e limitazioni assolutamente non trascurabili.

Infatti, l’equazione delle onde dissipativa è innanzitutto molto meno studiata nei vari testi didattici sulle equazioni alle derivate parziali, e non sono ancora note molte delle sue proprietà fisico-matematiche. Inoltre, essa assume un grado massimo di derivazione pari a tre (e non due come l’equazione delle onde canoniche), presentando tra l’altro una derivata mista spazio-tempo: queste complicazioni formali introdotte, fra le varie cose, non consentono più di valutare in maniera semplice e in forma chiusa la propagazione delle perturbazioni acustiche mediante la separazione delle variabili.

Benché siano molto importanti le problematiche appena descritte, si avrà modo di constatare nel successivo capitolo che questa equazione è del tutto esente da fenomeni di divergenza: qualunque sia il valore di frequenza ed ampiezza di trasduzione, tutti i campi acustici risultanti esibiscono oscillazioni finite. Questa proprietà costituisce la sostanziale prerogativa di questa equazione, e compensa in parte o del tutto il prezzo pagato per la sua adozione.

Inoltre, l’applicazione del metodo fasoriale all’equazione non è invece compromessa: come si avrà modo di vedere nel terzo capitolo, l’introduzione dei campi fasoriali nell’equazione non ne altera la struttura risultante rispetto al caso dell’equazione delle onde canonica, motivo per cui la sua risoluzione in questi termini rimane inalteratamente agevole.

2.3.4 Tabellazione delle principali proprietà d’interesse applicativo dei tre modelli

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