L’estensione della responsabilità da contatto sociale alla responsabilità per attività provvedimentale della p.a. assume a suo fondamento la circostanza che i rapporti che si instaurano tra privati e pubblica amministrazione escludono de facto quella estraneità tra consociati, che rappresenta il proprium della responsabilità extracontrattuale.
Infatti, gli interventi legislativi posti dalla Legge 241/90 e ancor più marcatamente dalle leggi 15/05 e 80/05, hanno segnato in modo sempre più netto la dimensione relazionale tra autorità e privato, segnando un passo significativo verso il superamento di quella idea autoritativa della p.a., che si era tradotta nella rappresentazione di un cittadino alla mercé del soggetto pubblico32. Numerose disposizioni contenute nella legge sul procedimento (art. 7, sul dovere di comunicazione dell'avvio del procedimento, art. 9 e ss. sul diritto di intervenire nel procedimento e di esercitare le facoltà di partecipazione attiva, art. 10 bis sul preavviso di rigetto) evidenziano in modo plastico le occasioni di contatto tra p.a. e privati, sottolineando la dimensione paritaria tra cittadino ed amministrazione.
La preesistenza di un rapporto procedimentale implica la individuazione ex
ante dei soggetti coinvolti, in guisa che, a fronte della violazione dell'interesse
legittimo, l'amministrazione non risponda nei confronti del privato secondo la responsabilità del “passante” o del “chiunque”, in cui si identifica la forma giuridica della responsabilità extracontrattuale, dovendosi ammettere che “prima del danno vi sia comunque un rapporto tra amministrazione e privato”33.
Tuttavia, si afferma la responsabilità non nasce in conseguenza della violazione di un obbligo di prestazione, posto che “la posizione di supremazia della p.a. impedisce di considerarla alla stregua di un debitore”34. L'obbligo di prestazione,
32 Uno dei più illustri A. che ha sostenuto l'idea di un diritto amministrativo paritario, in cui i rapporti tra privati e p.a. potessero ricevere la forma consueta al diritto civile del reciproco rispetto tra le sfere giuridiche di pari dignità è stato F. BENVENUTI, nella sua opera Per un diritto amministrativo
paritario, in Scritti in memoria di E. GUICCIARDI, Padova, 1975, p. 807.
33 M.PROTTO, Responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi: alla ricerca del bene perduto, in Urbanistica e appalti, n. 9/2000, p. 1005.
infatti, trova la sua fonte in una manifestazione di volontà negoziale, ovvero in una precisa indicazione contenuta nella legge. Ciò, invero, non accade quando la p.a. dà avvio al procedimento al quale è tenuta, quale detentrice di quella specifica funzione amministrativa, preordinata alla realizzazione del pubblico interesse. In tal senso, la p.a “deve adempiere non nei confronti del soggetto assoggettato al provvedimento, che allora sarebbe un creditore, ma nei confronti di se stessa”35. Pertanto, ciò che “spetta” al privato è la correttezza del provvedimento e dunque a fortiori, la legittimità del provvedimento, derivando tale spettanza dallo status della p.a. preposta dalla legge alla cura dell'interesse pubblico. Ciò implica la creazione di un affidamento che, nel caso di specie, difetta del carattere di reciprocità dell'affidamento nei rapporti tra privati, stante la posizione di forza che rivesta la p.a.. Il contatto, dunque, rappresenta il presupposto materiale della responsabilità, la quale tuttavia trova il suo fondamento nella violazione degli obblighi procedimentali.
La tesi in esame ha il merito di costruire un istituto di carattere generale, applicabile a prescindere dal tipo di attività amministrativa e, pertanto, in grado di porsi come modello di responsabilità alternativo a quello definito dalla Cassazione.
Tuttavia, non possono sottacersi i dubbi derivanti dalla circostanza che, applicando tale tesi, nasce quasi in via automatica una pretesa risarcitoria in capo al privato derivante dalla mera violazione di norme procedimentali. In tal senso, ci si discosta da una logica di spettanza dell'utilità a cui il privato tende con il provvedimento, riducendo l'interesse legittimo ad un mero interesse alla legittimità del provvedimento amministrativo. Per tale via, si ritengono risarcibili mere situazione giuridiche partecipative, che nulla hanno a che fare con l'interesse legittimo, rivalutato in una dimensione sostanzialistica. Da questo punto di vista, la
per spiegare il rapporto obbligatorio che si instaura tra p.a. e privati spiega che “ alla luce della legge 241/90, “l'instaurarsi di un procedimento amministrativo impone una serie di obblighi sull'amministrazione. E poiché un obbligo nei confronti di se stessi non ha senso giuridico, soggetto attivo di esso non potrà che essere l'altra parte”. Aderisce a tale tesi C.PAPETTI, Colpa
della pubblica amministrazione in relazione alla natura della responsabilità civile da attività provvedimentale illegittima, in Foro amm. T.A.R., 2005, p. 1298 ; in particolare, l'A. ritiene preferibile la tesi del
contatto sociale, proprio in virtù della natura della fattispecie dalla quale deriva la responsabilità: “non si può infatti ignorare la differenza tra il dovere di astensione dell'altrui sfera giuridica, che caratterizza la [non] relazione tra due quisque de populo ed il pregnante obbligo di protezione che grava sulla p.a., al momento dell'apertura di un procedimento.
48 tutela risarcitoria viene del tutto svincolata dal giudizio di spettanza del bene della vita, agganciandosi all'interesse alla legalità dell'azione amministrativa36. E' stato osservato che affermare un generalizzato riconoscimento della tutela risarcitoria, fondato sulla mera violazione di norme procedimentali, implicherebbe l'inevitabile difficoltà di quantificare il danno conseguente alla violazione delle suddette norme, con il rischio di dover ricorrere a criteri equitativi di quantificazione del danno, “più vicini alla logica dell'indennizzo che a quella del risarcimento”37.