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La rivoluzione tecnologica ha investito tutte le modalità di interpretazione, seppur con risultati più o meno soddisfacenti. Per l’interpretazione di conferenza, la tecnologia è stata applicata sia alla modalità consecutiva, sia alla simultanea.

Per l’interpretazione consecutiva, alcuni studi si sono concentrati sull’impiego della tecnologia al fine di agevolare il compito dell’interprete durante l’ascolto del discorso originale oppure durante la presa di note.

Nel 2005 ad esempio, su ATA Chronicle, rivista ufficiale dell’American Translators Association, Eric Camayd-Freixas pubblica uno studio in cui propone l’Interpretazione di Conferenza assistita dalla registrazione vocale (Digital Voice Recorder- Assisted CI).

Il dispositivo presentato si chiama LinguaSonic™ ed è costituito da un registratore vocale che registra l’intervento originale dell’oratore; successivamente, utilizzando degli auricolari,

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l’interprete ascolta la registrazione e traduce simultaneamente il suo contenuto. Attraverso questo sistema:

Interpreters can dramatically improve their accuracy, virtually eliminating the need to constantly interrupt the speaker (which often results in a piecemeal, fragment-by-fragment interpretation), thus leading to a more fluid rendition. The ability of digital playback ensures that no part of the message is forgotten, thus offering a significant improvement over conventional CI. (2005: 41)

Lo scopo di LinguaSonic™ è quindi di quello di agevolare la resa dell’interprete, per far sì che sia più accurata e fluida. Lo studio di Hamidi e Pöckhacker (2007) ha voluto confermare la validità di questo strumento, analizzando la resa di interpreti a cui è stato richiesto di utilizzare la tecnica della consecutiva assistita.

Un altro tipo di studio è stato condotto da Orlando (2014) e ha riguardato una nuova tecnica, denominata Consec-simul with notes: si tratta di interpretazione consecutiva supportata da una penna digitale, Livescribe Smartpen, Model Pulse™. La penna è dotata di microfono, cassa incorporata, registratore, una telecamera a infrarossi e una normale cartuccia di inchiostro. La penna può essere usata su una particolare carta dotata di microchip; attraverso i microchip, la penna “incorpora” gli appunti e, mentre l’interprete effettua la sua resa, può ascoltare attraverso le cuffie i suoi appunti, per un ulteriore supporto oltre a quello cartaceo.

Nello studio, Orlando ha effettuato un confronto fra resa con consecutiva normale e resa con penna digitale; i risultati hanno evidenziato maggior precisione nelle rese effettuate con l’ausilio di quest’ultima.

Sebbene gli studi abbiano dimostrato che la resa si rivela più accurata se si ricorre alla tecnologia, queste nuove tecniche non sono ancora diffuse. I motivi potrebbero essere molteplici:

trattandosi di tecniche recenti, non sono ancora state inserite nei corsi di studio, pertanto non sono ancora state insegnate ai futuri interpreti;

l’utilizzo degli strumenti tecnologici ha un costo, che tuttavia può essere evitato se si apprendono le tecniche classiche di interpretazione;

è comunque possibile offrire una buona resa, molto accurata, anche senza l’ausilio di strumenti tecnologici.

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Infine, sempre nell’ambito dell’interpretazione consecutiva, ma tornando al concetto di apprendimento trattato nel precedente paragrafo, è interessante citare il progetto INTERPRIT, proposto da Merlini (1996): si tratta di un software creato per aiutare gli studenti nell’apprendimento della presa di note per l’interpretazione consecutiva.

Per l’interpretazione dialogica, malgrado i progressi tecnologici, non ci sono state invenzioni che abbiano modificato particolarmente l’attività dell’interprete. La tecnologia applicata alla consecutiva potrebbe essere applicata anche all’interpretazione dialogica, ma in questo tipo di interpretazione i turni sono molto brevi e non sempre è necessario prendere appunti; pertanto, un sistema che aiuti l’interprete a ricordare quanto ascoltato sarebbe forse inutile. Questo tuttavia non vuol dire che l’interpretazione dialogica non necessiti di nessun ausilio perché semplice da effettuare. Per citare solo alcuni esempi: il mediatore culturale deve esser capace non solo di fornire una buona traduzione, ma anche di rendere l’elemento culturale che si cela dietro di essa; l’interprete in ambito medico deve gestire, oltre all’elemento culturale, una terminologia piuttosto complessa; l’interprete in ambito giudiziario deve gestire la terminologia giuridica, che come già si è detto, è una terminologia di tipo “performativo”. Le difficoltà sono molte; probabilmente, esse così legate alla dimensione umana che è difficile immaginare un ausilio tecnologico capace di gestirle.

Quanto all’interpretazione simultanea, si tratta di una tecnica che, come già affermato nell’introduzione, nasce grazie alla tecnologia: le cuffie, i microfoni, l’impianto, la cabina sono gli strumenti che permettono all’interprete di effettuare il suo lavoro. Oggi la tecnologia è andata oltre questi strumenti e fornisce software capaci di agevolare il lavoro dell’interprete in simultanea. Essa permette inoltre di usufruire del servizio anche quando non è possibile avere un interprete in loco, come nel caso della videoconferenza e del remote interpreting (§ cap. 8). I prossimi capitoli riguarderanno esclusivamente l’interpretazione simultanea e tutte le tecnologie a essa dedicate.

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CAPITOLO QUARTO

4. La cabina di interpretazione

La cabina di interpretazione non rappresenta soltanto la prima applicazione della tecnologia nell’ambito dell’interpretazione, ma la nascita di una delle modalità di interpretazione oggi più utilizzate, la simultanea.

Secondo le ricerche effettuate da Gaiba (1999: 30-32), non è chiaro quando e dove esattamente il sistema brevettato “IBM Hushaphone Filene-Finlay” venne utilizzato per la prima volta, se presso l’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) di Ginevra, presso la Società delle Nazioni a Ginevra o in altre sedi.

Unica certezza è che, in occasione del processo di Norimberga, avviato nel 1945, questa invenzione rivoluzionò il mondo dell’interpretazione, ma anche e soprattutto quello della giustizia.

Durante il processo gli interpreti sedevano in quelli che erano definiti “gli acquari” o per rendere meglio l’idea, “vasche per pesci” (Gaiba, 1999: 76): la cabina era costituita soltanto da vetri, la struttura era aperta nella parte superiore e tutti gli interpreti erano gli uni vicino agli altri, davanti a microfoni e con le orecchie coperte dalle cuffie, nel frastuono collettivo della loro attività.

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Le condizioni logistiche in cui gli interpreti lavoravano costituirono un’ulteriore difficoltà, in un contesto già di per sé molto complesso: un processo a imputati accusati di crimini contro la pace, la guerra e l’umanità, che in alcuni casi gli interpreti avevano vissuto sulla loro pelle (Gaiba, ibidem).

Oggi le cabine di interpretazione variano per tipologia, dimensione, apparecchiature e devono rispettare precisi criteri stabiliti dall’ISO, l’Organizzazione Internazionale per la Normazione (International Organisation for Standardisation). Nel paragrafo successivo verranno presentate brevemente gli aspetti principali trattati in queste norme.