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c Il tomo terzo degli Atti e la questione del lessico tecnico scientifico

Nel documento La Quinta Crusca (pagine 37-43)

Contrariamente ai precedenti tomi degli Atti, il terzo e ultimo non contiene una Lezione che possa essere considerata il nucleo tematico del volume, la cui trattazione occupi cioè un’ampia porzione del testo. Tuttavia, risulta impossibile non notare la presenza di tre discorsi, esposti in Accademia da Ottaviano Targioni Tozzetti130, che costituiscono una sorta di filo conduttore del libro, proponendo allo stesso tempo una delle questioni più spinose nel dibattito sulle innovazioni nell’ambito della prassi lessicografica per quanto riguarda la compilazione della quinta impressione del Vocabolario, ovvero l’incremento delle voci del lessico tecnico-scientifico da registrare nel dizionario.

Nella prima Lezione, letta nell’adunanza del 22 Marzo 1822, il Targioni recupera un argomento già trattato dal padre Giovanni131 nel 1752, e cioè la questione dell’aggiunta nel Vocabolario di nuove forme di scienza e della revisione di quelle già ammesse. L’Accademico imputa la mancanza nel dizionario di termini “di Matematica, di Medicina, di Fisica e Storia Naturale”132, ovvero le tre vaste classi in cui si divide il sapere scientifico,

al fatto che in passato “gli uomini dotti in queste materie erano soliti a scrivere in latino, affinché le loro scoperte, ed i loro ragionamenti fossero noti e diffusi facilmente fra gli

129 Atti II, pag. 224.

130 Per approfondimenti sulla figura di Ottaviano Targioni Tozzetti si faccia riferimento ai volumi Opuscoli e schede mineralogiche, manoscritti e lettere di Ottaviano Targioni Tozzetti: conoscenze naturalistiche a Firenze tra Sette e Ottocento, Olschki, Firenze e I Targioni Tozzetti fra ’700 e ’900: catalogo della Mostra, a cura di Accademia dei Georgofili e Gruppo di ricerche storiche del Museo

di storia naturale dell’Università di Firenze, Università degli studi, Firenze, 2006.

131 Giovanni Targioni fu anch’egli Accademico e autore annoverato tra i Citati della Quinta Crusca

grazie ai suoi studi, i quali spaziano dalla botanica alla medicina, dalla zoologia alla mineralogia.

132

scienziati d’Europa”.133 Inoltre, l’evoluzione del dibattito scientifico tra Sette e Ottocento e

il proliferare di nuove scoperte e invenzioni in tale ambito, aveva contribuito alla creazione di numerose nuove parole in altre lingue, che dunque è necessario riportare anche nel lessico italiano. Uno dei mezzi adoperati dagli autori toscani per arricchire il loro idioma materno fu quello “di prendere in presto, quanto loro tornò in acconcio, dalle altre lingue e dagli altri dialetti d’Italia134: i termini acquisiti, tuttavia, si rivelarono ben presto troppo rozzi o inadatti ad esprimere l’idea che si era intenzionati a esprimere: per questo motivo, “i dotti hanno dovuto formare una lingua propria di ciascheduna delle scienze fisiche; così la Fisica, la Chimica, la Botanica, la Zoologia, la Geologia è stata arricchita in ogni culto paese di voci incognite una volta”135. Elementi di questi lessici specifici sono stati dunque presi in prestito

da idiomi stranieri e adattati all’italiano semplicemente modificandone le desinenze: alcuni di questi vocaboli però, pur essendo stati accettati da molti scrittori e utilizzati nelle loro opere, hanno ottenuto una “buona foggia italiana”136. Secondo il Targioni, quindi, è

fondamentale che le nuove voci vengano riportate nel Vocabolario ma solo dopo essere state rettificate ed averle rese “di consonanza italiana; acciocché scrivendo in queste scienze si abbia una norma sempre costante”.137 Per tali termini nuovi, tuttavia, non esistono citazioni

tratte da opere di autori accolti nel repertorio dalla Crusca da inserire nelle dichiarazioni: questa problematica tutta italiana, come sottolinea il Targioni, ricordando il discorso del padre in Accademia, è legata al fatto che i soli Toscani hanno creato “non si sa perché, una dura legge di non potere usare una parola, se qualche autore approvato non l'ha di prima usata”138 e purtroppo pochissimi scrittori valevoli in ambito linguistico e letterario per

l’Accademia trattarono argomenti scientifici. A conclusione della sua Lezione, quindi, il Targioni individua nel proprio lavoro di spoglio della monumentale opera del padre Giovanni Viaggi fatti in diverse parti della Toscana139 e di studio della nomenclatura scientifica delle piante di Linneo la soluzione alla mancanza di buoni autori toscani per l’esemplificazione di voci di storia naturale o di botanica: l’Accademico, infatti, nelle sue

Istituzioni botaniche aveva “procurato di usare e rendere toscane le voci ed i nomi delle

133 Atti III, pag. 66. 134 Atti III, pag. 67. 135 ivi, pag. 68. 136

ibid.

137 Atti III, pag. 69. 138 Ibid.

139

Opera in dodici volumi pubblicata nel 1768 con il titolo completo di Viaggi fatti in diverse parti

piante, e delle parti di esse, che Linneo aveva date in latino ed altri in altre lingue”140 e successivamente aveva registrato nel suo personalissimo repertorio lessicografico intitolato

Dizionario dei nomi volgari delle piante col corrispondente latino dei botanici (1809) tutti

quei termini raccolti in diversi luoghi della Toscana giudicati degni di essere ammessi in un vocabolario di lingua, come quello della Crusca. Ovviamente, in quest’ultimo caso, si ripresenta per la maggior parte delle parole riportate la difficoltà di fornire esempi tratti da autori illustri, ma il Targioni ricorda come sia nelle piene possibilità dell’Accademia l’“introdurre, adottare e sanzionare tali voci, anche senza citare esempi, come fece nelle precedenti edizioni del Vocabolario”141 per altri termini dell’uso.

Nel secondo discorso agli Accademici, datato 1824, il Targioni ripercorre la storia dello sviluppo delle arti e delle scienze in Toscana a partire dai tempi di Carlo Magno, sottolineando come persone dedite a tali studi e attività fossero presenti nella regione ed in particolare a Firenze già in quel periodo e come compilassero delle opere scientifiche nella loro lingua latina, oppure realizzassero volgarizzamenti di testi in latino. Il rifiorire dell’interesse per le belle arti durante il Medioevo portò anche alla rinascita della poesia e, con essa, l’istituzione del primato del toscano sugli altri dialetti d’Italia ed il conseguente innalzamento a canone linguistico dell’élite dei letterati italiani dell’epoca del fiorentino. Successivamente, durante la prima fase delle repubbliche toscane, fu “molto giovevole, anzi quasi necessario il coltivare i naturali talenti ed abilitarsi per mezzo dello studio” e per questo “furono aperte scuole di ogni genere di letteratura e di scienze in vigore in quei tempi”142.

Fra le scienze matematiche, l’Aritmetica era necessaria per il commercio e dunque fu la più studiata dai toscani, e quella di cui si conservano più testi scritti: l’attività mercantile e dunque la navigazione offrirono un grande incentivo allo studio dell’Astronomia, della Sfera e della Geografia, materie delle quali si occuparono numerosi autori tra XV e XVI secolo143. Pochissimo, tuttavia, si conosceva delle Scienze Naturali, e settori come la Zoologia e la Litologia (ovvero lo studio dei fossili) non erano minimamente coltivati. La Botanica, della quale si potrebbe pensare che fosse la più praticata tra le scienze naturale in quanto quella da cui “si poteva ritrarre utile per la medicina”144, rimase fortemente legata — almeno fino

al XVII secolo — all’eredità del De materia medica di Dioscoride e all’attività dei

140

Atti III, pag. 69-70. 141

Atti III, pag. 70. 142

Ivi, pag. 197.

143 Si ricordi La Sfera di Leonardo Dati (secolo XV), un trattato sopra la Sfera del Davanzati (secolo

XVI) e la Geografia del Berlinghieri, “primo tra i Cosmografi Toscani” (secolo XV).

commentatori dell’opera che, volendo individuare a ogni costo le piante descritte nel trattato, crearono grande confusione nella classificazione delle specie. Tutto ciò portò alla stesura di pochissimi nuovi scritti di botanica, e in essi furono registrati solo alcuni nomi toscani delle piante illustrate, i quali successivamente entrarono nel linguaggio comune. Solo nel XVI secolo, con la traduzione del De materia medica da parte di Marcello Virgilio Adriani, si arrivò ad identificare e a fornire una descrizione precisa delle piante illustrate da Dioscoride. Le opere di medicina (che non fossero traduzioni di testi greci in latino o volgarizzamenti) meritevoli di essere ricordate sono dunque un numero esiguo, e contenevano per lo più ricette e avvertenze mediche: in questo senso, è da tener presente l’importante lavoro di Zucchero Bencivenni sugli scritti del maestro Aldobrandino, autore che entrò a far parte dei Citati del Vocabolario della Crusca già dalla quarta edizione ma i cui testi furono spogliati con cura maggiore proprio dal Targioni, in prospettiva di una quinta impressione del dizionario. Il discorso dell’Accademico sulla letteratura scientifica si conclude con l’estinzione della Repubblica di Firenze, quando “anche nella Toscana s'incominciò ad attendere più di proposito agli studi filosofici, e di storia naturale sotto il Principato, in modo da destare invidia nelle altre nazioni”145.

Il quadro storiografico riguardante i testi di scienza da includere nel repertorio dei Citati si chiude con la terza Lezione del Targioni (1825), interamente dedicata agli autori attivi durante il periodo nel quale Cosimo I fu eletto Granduca di Toscana: quest’ultimo, infatti, mostrò sempre un grande interesse per le scienze naturali e per la matematica, e promosse il lavoro di importanti figure quali Luca Ghini, uno dei più celebri naturalisti tra XVI e XVII secolo. Allievo del Ghini fu Andrea Cesalpino, “riconosciuto come il primo che abbia introdotto un metodo o sistema nello studio della Botanica”146 ed unico a registrare nel

De Plantis i nomi volgari alle piante, riducendoli a terminazione latina: proprio da questo

trattato — e da un Erbario che lo stesso Cesalpino realizzò alcuni decenni prima del De

Plantis ma nel quale già incluse il nome volgare o Vernacolo delle piante oltre a quello

botanico greco o latino — il Targioni estrasse numerose voci e le raccolse nel suo

Dizionario, proponendole allo stesso tempo come elementi da inserire in una nuova edizione

del Vocabolario della Crusca147. Tra gli allievi più famosi del Ghini, inoltre, il Targioni

145 Atti III, pag. 203. 146 Ivi, pag. 303. 147

La maggior parte di questi vocaboli furono registrati a partire dal XVI secolo in altre raccolte come i Viaggi di Giovanni Targioni e confluite in volgarizzamenti come quelli sulle opere di Dioscoride o in commenti come quello all’Historia Plantarum di Teofrasto del Vigna. In questo senso, si faccia riferimento al termine Ilatro, riportato per la prima volta nella Quinta Crusca: per

ricorda Antonio Montigiano, che pubblicò nel 1547 una traduzione De materia medica di Dioscoride nella quale sostituì o aggiunse in qualità di sinonimi ad alcune voci greche le corrispettive in volgare, e molte furono incluse nella Quinta Crusca ma già segnalate dall’Accademico in questa Lezione come utili per delle giunte alla quarta impressione. Il Montigiano si servì persino di termini volgari per indicare malattie e parti del corpo umano, e illustrò accuratamente molte procedure mediche: la trattazione di tali argomenti è talmente ampia nell’autore che il Targioni, oltre a trarre dal testo nuovi vocaboli del lessico settoriale della medicina afferma che sarebbe “utilissimo il ricavarne un frasario medico per vantaggio di alcuni della professione”148. Infine, tra gli eletti del Ghini è da ricordare il Mattioli, un suo

corrispondente letterario che acquisì grande fama per i suoi commenti a Dioscoride, offrendo numerosi esempi per i termini botanici da riportare nel Vocabolario, e rappresentando attraverso belle illustrazioni molte varietà della flora toscana.

L’interesse di Cosimo I verso la botanica e la conoscenza delle piante per “formare, abbellire, e adornare i pubblici e particolari suoi giardini”149 si estese anche all’agricoltura, tanto che in questo periodo vennero sviluppate e migliorate numerose tecniche di coltivazione dei terreni. Il Targioni ricorda alcuni autori e opere di rilievo (la Coltivazione dell’Alamanni, i trattati del Soderini150, ed il Discorso dell’Agricoltura del Tedaldi, il quale

era anche esperto di zoologia) e conclude il suo discorso sottolineando come altre scienze si svilupparono durante il regno del Granduca, che protesse, onorò e offrì giusti compensi ai grandi talenti della sua epoca: rifiorirono così matematica e cosmografia, architettura ma soprattutto la medicina, i cui testi però erano ancora in lingua latina.

Con la Lezione di Filippo Nesti presentata durante l’adunanza pubblica del 13 Settembre 1825 può dirsi concluso il discorso sull’importanza del lessico tecnico-scientifico nella prospettiva di una nuova edizione di un Vocabolario che si proponga come vero testimone di lingua dell’uso: le scienze fisiche, il cui fine è l’osservazione dei più disparati elementi

l’esemplificazione di tale voce vengono utilizzati brani tratti dal volgarizzamento del De materia

medica di Dioscoride nella traduzione del Montigiano (per approfondire l’argomento sulla resa di

quest’opera da parte del Redi e sulla falsificazione operata dall’Accademico di alcuni passi nelle dichiarazioni della terza edizione del Vocabolario della Crusca si faccia riferimento al trattato del Volpi posto agli Atti dell’Accademia cfr. Atti della R. Accademia della Crusca 1912-1922, Firenze, Tipografia Galileiana, 1917, pp. 70-72) e dai Viaggi del Targioni anche se una delle prime testimonianze del lemma si incontra nei testi del Cesalpino.

148 Atti III, pag. 304. 149

Ivi, pag. 306.

150

Alcuni dei trattati del Soderini, come quello di Agricoltura, della Coltura degli Orti e Giardini o degli alberi, furono pubblicati solo tra il 1811 e il 1817, dunque sono presenti quali Citati solo per la quinta impressione del Vocabolario della Crusca.

della natura, necessitano di un linguaggio “sempre variabile” il quale, tuttavia, proprio per questa ragione “non può aver luogo nel Vocabolario, in cui dee, rispetto a questa materia, inserirsi solamente ciò ch'è d'uso comune”151. Il Nesti, attraverso l’introduzione di voci dei lessici settoriali in una futura edizione del dizionario della Crusca, auspica un aumento sostanziale della popolarità dei termini e degli studi scientifici tra i fruitori dell’opera lessicografica: nel momento in cui le scienze diverranno argomento di conversazione comune, “la lor lingua mescolandosi con quella della nazione, ne prenderà la fisionomia, e ne sarà insieme arricchita dal popolo”152, il quale non assegna dei nomi alle cose del quotidiano seguendo un metodo rigoroso (come gli studiosi) ma in base alle qualità e alle somiglianze con altri elementi che più lo colpiscono. Il lessico scientifico, creato in gran parte dagli studiosi per necessità di indicare con vocaboli non forniti dalla viva voce del popolo alcuni elementi e fenomeni naturali, se modificato dai parlanti per renderlo più armonioso e vicino alla propria varietà non perde la sua originaria accuratezza, “perché non cangiata punto nell'indole e nella sostanza”153. Il perfezionamento e l’arricchimento del

vocabolario delle scienze non risulta dunque fine a sé stesso, ma agisce come benigna influenza rispetto ai caratteri generali del parlato, e offre nuovi spunti per gli autori di opere di diverso genere letterario, in quanto nei loro testi si registra “esattezza maggiore di voci e di modi, ordin più retto d'idee, e migliore scelta di prove”.154 Le parole della scienza, dunque, rese più eleganti ed uniformate alle costruzioni dell’uso attraverso il loro impiego nella produzione letteraria, arricchiranno quest’ultima nel lessico ma soprattutto nei temi trattati.

151Atti III, pag. 311. 152

Atti III, pag. 311. 153

Ivi, pag. 312.

Nel documento La Quinta Crusca (pagine 37-43)