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Tra il “Tempo” di Hegel e la “Storia” di Kojève: Koyré

La Storia dall’inizio alla fine

1. Genesi della nozione

1.2. Tra il “Tempo” di Hegel e la “Storia” di Kojève: Koyré

È lo stesso Kojève ad indicarci la via da seguire, allorché rivela che la sua «trattazione è stata concepita come una prosecuzione del corso di Koyré»: questi, infatti, nei suoi corsi degli anni precedenti, ha già trattato gli scritti hegeliani anteriori alla Fenomenologia dello

Spirito, mentre il compito del suo sostituto sarà quello di soffermarsi

sull’analisi di quest’opera, «seguendo il metodo d’interpretazione di Koyré e basandomi sulle idee guida del suo corso»12

.

Quali siano le idee guida della lettura koyreana si deduce facilmente dall’analisi del saggio Hegel a Jena, che egli redige nel 1934 proprio in seguito ai corsi, che ha tenuto dal 1930 al 1933 all’École Pratique, sulla Logik e sulla Realphilosophie di Hegel negli anni jenesi.

Esaminando i paragrafi 258 e 259 dell’Enciclopedia delle

scienze filosofiche in compendio (1830) di Hegel, Koyré ritiene

d’individuare un’aporia nel sistema hegeliano, che ne pregiudicherebbe la fattibilità teorica. Tutto ruota, secondo l’amico di Kojève, attorno alla nozione hegeliana di “Tempo”:

il tempo – si legge nell’Enciclopedia hegeliana –, unità negativa dell’esteriorità, è alcunché di semplicemente astratto e ideale. Il tempo è l’essere che, mentre è, non è, e mentre non è, è; il divenire intuito; il che vuol dire che le differenze semplicemente momentanee, ossia che si negano immediatamente, sono determinate quali differenze estrinseche, cioè esterne a se stesse13

[…]. Le dimensioni del tempo, il presente, il futuro e il passato, sono il divenire come tale nell’esteriorità, e la risoluzione di quel

12

A. KOJÈVE, Introduzione alla lettura di Hegel, cit., p. 72.

13

È senza dubbio interessante notare che in nota a questo passo Koyré commenta: «osserviamo di sfuggita che l’uso del termine Aussersichsein differisce solo per la forma tedesca da quello di “estasi” reso celebre da una recente teoria». Ed ovviamente si riferisce a M. Heidegger [cfr. A.KOYRÉ,Hegel a Jena, cit., p. 148 (n. 61)].

divenire nelle differenze dell’essere, da un lato, che è trapasso in nulla, e del nulla, dall’altro, che è trapassato in essere. Lo sparire immediato di queste differenze nell’individualità è il presente,

come ora. Il quale ora, essendo, come l’individualità, insieme

esclusivo e affatto continuo negli altri momenti, non è altro che questo trapasso nel suo essere in niente e del niente nel suo essere.14

Le parole, sempre molto ostiche di Hegel, rivelano, tuttavia, una precisa visione della temporalità astratta (nella formula «l’essere che, mentre è, non è, e mentre non è, è; il divenire intuito»), nella quale Koyré rintaraccia un primato dell’avvenire, che porta in sé una profonda aporia. Secondo il russo, il filosofo nativo di Stoccarda non si è affatto sforzato di fornire una mera nozione di “Tempo”, «esattamente il contrario: è la “nozione”, vuota e astratta, del tempo che Hegel cerca di distruggere mostrandoci e descrivendoci come si costituisce il tempo nella realtà vivente dello spirito»15

Il Tempo hegeliano, secondo Koyré, non scorre uniformemente dal passato al futuro, non si presenta come un mezzo omogeneo attraverso cui passare, né una disposizione ordinata di fenomeni, bensì «è esso stesso spirito e concetto». Si costituisce, cioè, in noi e per noi a partire dallo Jetz, dall’ “ora”, che è l’unità cronologica immediatamente presente alla coscienza, ma che ha una natura del tutto inafferrabile: l’ “ora” è ciò che sfugge, perché è instabile, si trasforma immeditamente in qualcos’altro, è istanteneo e innarrestabile. Pur tuttavia, questo “ora” è un istante diretto verso il

14

G. W. F.HEGEL, Enciclopedia delle scienze filosofiche, trad. it. di B. Croce, Laterza, Roma- Bari 1984, §§ 258-259.

15

A.KOYRÉ,Hegel a Jena, cit., p. 154. In questo transito (dalla dimensione astratta e ideale della nozione di tempo al piano reale dell’essere umano) M. Vegetti individua un’operazione decisamente arbitraria di Koyré: «per uno strano scambio – commenta lo studioso – che ha nei motivi dell’esistenzialismo la propria mediazione, la formula hegeliana, appartenente alla Filosofia della natura, viene arbitrariamente ricondotta da Koyré alla specifica struttura dell’autocoscienza umana» [M.VEGETTI, La fine della storia. Saggio sul pensiero di Alexandre Kojève, cit., p. 36].

futuro, che cioè non si rinnega nel passato, perché non è dal passato che ci giunge il tempo, ma dal futuro, che si rivela dunque come la dimensione temporale prevalente, «in qualche modo anteriore al passato»16

.

Di conseguenza il tempo hegeliano, secondo Koyré, si scopre a pieno titolo umano, esso è il tempo dell’uomo:

anche l’uomo, infatti, è uno strano essere che «è quel che non è e non è quel che è»; che si rinnega in ciò che è a vantaggio di ciò che non è, o non è ancora, che rinnega il presente da cui parte cercando di realizzarsi nel futuro e vive per il futuro.17

La “verità” cui aspira l’uomo sta esattamente in questa perpetua trasformazione del futuro nell’ “ora”, che può avere la sua fine solo nella cessazione dell’avvenire, solo allorché tutto sia già avvenuto. In questo senso, la conclusione di Koyré è che, essendo umano, questo tempo hegeliano sarà non solo dialettico, ma soprattutto storico. La qual cosa pone un’aporia evidente, che segna il fallimento del tentativo hegeliano: se il tempo, infatti, ha una tale struttura (che segna il primato dell’avvenire), per cui si costruisce a partire da futuro, esso sarà eternamente incompiuto, perché ci sarà sempre un futuro cui tenderà l’ “ora” che ne germina (e d’altronde, lo spirito può rendere presente il passato solo per mezzo del futuro); laddove, invece il sistema dialettico di Hegel sembra avere bisogno di un tempo compiuto.

Così – ne conclude Koyré – solo il carattere dialettico del tempo rende possibile una filosofia della storia, ma nello stesso tempo il carattere temporale della dialettica la rende impossibile dal momento che, lo si voglia o meno, la filosofia della storia ne

16

A.KOYRÉ,Hegel a Jena, cit., p. 157.

17

costituisce un arresto […]. La sintesi è imprevedibile: è impossibile costruirla; si può solo analizzarla. La filosofia della storia, e quindi la filosofia hegeliana, il “sistema” sarebbero possibili solo se la storia fosse terminata, se non ci fosse più futuro, se il tempo potesse fermarsi.18

Il grave disagio dell’hegelismo, pertanto, secondo Koyré deriva dall’avere sovrapposto il “tempo delle cose”, che è un tempo compiuto, quasi fisso, spazializato e negato, al “tempo dell’uomo”, che invece si compie nella storia in funzione del primato dell’avvenire e non del passato (che dunque è ben lungi dall’essere compiuto).