2. L A FORTUNA DELL ’O PUS AGRICULTURAE NEL M EDIOEVO LATINO
3.1 D ALLA S PAGNA ALL ’I NGHILTERRA
3.1.1 La fortuna di Palladio nel regno d’Aragona
3.1.1.1 La traduzione di Ferrer Saiol (1385)
A Ferrer Saiol, protonotario della regina Eleonora, si deve una traduzione integrale in catalano dell’Opus agriculturae.131 Sul traduttore non si hanno molte notizie:132 per stabilire una plausibile data
di nascita ci si può basare sul fatto che dovesse avere almeno ventidue anni nel 1349, data cui risale il primo documento da lui firmato in qualità di notaio, così che si può sostenere che sia nato negli anni venti del secolo; nel seguito, la sua attività di cancelleria fu fervente e quasi tutti i documenti della regina fra il 1349 e il 1375133 risultano firmati da lui. Dopo la morte di Eleonora (20 aprile
1375), la carriera di Saiol subì una battuta d’arresto e, negli anni seguenti, i documenti che lo vedono nelle vesti di notaio si fanno sempre più scarsi. Nel luglio 1385, come si legge nell’explicit del prologo,134 Saiol concluse la sua traduzione dell’Opus agriculturae, iniziata nel 1380; dopo il 1385 non
si hanno più notizie del notaio, che verosimilmente morì entro gli anni novanta.
Sulla genesi dell’opera permane un margine di dubbio: nonostante sia infatti documentato un interesse del re d’Aragona per i testi agronomici (cfr. supra, § 3.1.1), non vi sono prove documentarie né testuali che dimostrino un’effettiva committenza reale della traduzione e dunque non si può escludere che si sia trattato di un’iniziativa personale di Saiol. Della traduzione non si è conservato un originale: il testo ci è giunto attraverso due testimoni più tardi e di lingua diversa:135
Valencia BMSM 6437, sec. XV ex., catalano136 e Madrid BNE 10211, sec. XV metà, castigliano.137
A seguito dello studio dei rapporti fra i testimoni e delle notizie storiche su Saiol, che in alcuni documenti e nel prologo della traduzione si presenta come cittadino di Barcellona, è possibile sostenere che il testo fosse originariamente scritto in catalano e che il testimone di Madrid ne conservi quindi una ritraduzione in castigliano.138
La traduzione di Saiol è realizzata con grande cura e competenza e si presenta pregevole anche dal punto di vista letterario;139 particolarmente significativo è il prologo dell’opera140 che non solo
131 All’opera è dedicato il già citato lavoro di SEBASTIAN TORRES 2014, cui si deve un preciso inquadramento dell’opera
nel suo contesto storico, uno studio accurato delle fonti e dello stile, e l’edizione critica del primo libro.
132 Per la ricostruzione biografica cfr. ivi, pp. 60-67.
133 La nomina specifica a protonotario della regina è documentata nel 1365.
134 «Fon acabat de aromençar en los mes de juliol, anno a nativitate Domini millesimo CCC° LXXXVI. E fon començat
en nohembre de l’any mil CCC LXXX» (dal ms. di Valencia; cfr. SEBASTIAN TORRES 2014, p. 306).
135 È da rilevare che in entrambi i manoscritti il testo di Palladio è seguito da una traduzione catalana dell’epitome di
Gottfried von Franken, di dubbia attribuzione a Saiol (cfr. MARTÍ ESCAYOL 2011).
136 Il testo del codice è stato trascritto per la prima volta nel suo lavoro di tesi da GINER SÁNCHEZ 1986, ma si trattava di
un’edizione scarsamente affidabile; alla stessa studiosa si deve uno studio codicologico che ha localizzato la copia a Valencia e ne ha fissato la datazione alle fine del sec. XV-inizio del XVI, smentendo ogni possibilità che si trattasse della copia di Saiol (cfr. GINER SÁNCHEZ – TRENCHS ODENA 1988). Per una più recente descrizione cfr. SEBASTIAN TORRES
2014, pp. 71-73.
137 La traduzione secondo il codice di Madrid si legge da ultimo nell’edizione fornita da CAPUANO 1990, in cui il testo è
presentato come aragonese. In seguito, MARTINEZ ROMERO 2008a ha sostenuto che si tratti di una traduzione
castigliana, ma realizzata da un aragonese o da qualcuno strettamente connesso agli ambienti aragonesi (cfr. in partic. p. 126). Il codice è stato descritto da ultimo da SEBASTIAN TORRES 2014, pp. 73-77, che affronta con nuovi argomenti la
discussione linguistica: secondo lo studioso, l’autore della versione castigliana era un catalano che conosceva il castigliano (ivi, p. 75).
138 Sui rapporti fra i due testimoni cfr. SEBASTIAN TORRES 2014, pp. 81-88, che dimostra come derivino entrambi da uno
stesso archetipo.
139 Per una approfondita analisi stilistica cfr. SEBASTIAN TORRES 2014, pp. 138-284. Lo studioso ha anche condotto
un’indagine sul modello latino adoperato da Sayol, individuando tre codici, El Escorial RBME ç.IV.11 (sec. XII), e L.III.6 (sec. XIII) e Fi BML Plut. 24.sin.6 (sec. XIII), che condividono con la traduzione catalana un numero significativo di lezioni; tali tangenze non si riscontrano solo a livello testuale, ma coinvolgono anche l’apparato di glosse e annotazioni trasmesso dai codici latini (cfr. ivi, pp. 89-106).
fornisce importanti informazioni sulle modalità di traduzione e sugli strumenti utilizzati da Saiol, ma presenta alcune affinità con il prologo del traduttore che si legge premesso al volgarizzamento fiorentino di Palladio.141 Il prologo è divisibile in cinque parti: nella prima sono presentati Palladio
e la sua opera; nella seconda Saiol presenta sé stesso; la terza sezione contiene la giustificazione della necessità della traduzione, che si lega soprattutto alla scarsa qualità di quelle circolanti all’epoca; nella quarta viene parafrasato un passo del De senectute di Cicerone; la quinta e ultima consiste in una captatio benevolentiae, in cui Saiol rimarca la difficoltà del lessico tecnico dell’opera per invitare il lettore a non giudicare troppo severamente le scelte traduttive.142
Si riportano nella tabella seguente alcuni passi significativi del prologo di Saiol, secondo il testo dei due testimoni (dall’edizione di SEBASTIAN TORRES 2014, pp. 303-304 e 306); gli elementi che qui interessano nello specifico, anche per le già citate tangenze con il prologo del volgarizzamento fiorentino (II), sono evidenziati tramite sottolineatura:
Valencia BMSM 6437 Madrid BNE 10211
[5] E aprés, per caritat que havia de Déu e dilecció a la cosa pública, copilà e ordenà lo present libro, en latí, ben curt e breu y molt soptil, no contrastat que en lo prefassi de son libre hagués protestat la art de agricultura deu ésser tractada per hòmens grossers, als quals no deu hom parlar subtilment, axí com si eren hòmens de sciència. [6] E és cert que lo libre de Pal·ladi, per la gran subtilitat e brevitat de vocables que no són en ús entre nosaltres en Cathalunya, ne encara en Espanya, és molt avorrit rebujat e menspreat, per tal com no·l podien entendre, encara que alcuns se’n sien fets aromançadors, los quals no an aguda cura de declarar molts vocables que y són, no coneguts ne usats en nostre lenguatge, mas que·ls an posat simplement segons que·ls an trobat scrits en lo latí, de manera que si pochs són entesos [...] en romanç, encara que en moltes partides del romanç no an espressat ne dit lo enteniment de Pal·ladi; ans y an posat contrari en derogació e per indici de Pal·ladi, qui solament per copilar aytal libre mereixch yo haver gran glòria. [...].
[10] E yo, per totes aquestes coses, e volgut novellament aromançar, e declarar aytant com ma grosseria e insufficiència a bastat lo dit libre de Pal·ladi, tornant aquell novellament de latí en romans. E soplich a tots los legidors de aquest libre que no m·o tinguen a presumpsió, car a bona intenció e profit de la cosa pública ho he fet. E si per ventura yo ne he bé enterpretats alguns vocables de sements o de arbres o de altres coses, açò és, esdevengut per que no·ls he trobats exposts ne declarats en alguns libres, axí de grammàtica com de medicina, encara que diligentment hi haia treballat. [...].
[5] E aprés, por caridat que avía en Dios, e por grant amor que avía a la cosa pública, copiló e ordenó el presente libro, en latín fuerte, corto e breve, e entricado e mucho sotil, no contrastant que en el prohemio o prefaçio de su libro oviese protestado e dicho que la arte de la agricultura deve ser tractada por hombres groseros e labradores, a los quales non deve el hombre fablar subtilmente, así como sy eran hombres de sçiençia. [6] E es çierto que el libro de Palladio, por la grant suptilidat e brevedat e vocablos que non son en uso entre nosotros en Catalunya, nin aún en España, era e es mucho aborrido e repudiado e menospreciado, por tal quel non lo podían entender, ya sea que algunos se sean fechos arromançadores, los quale non han avido cura de arromançar muchos vocablos los quales non son conoscçidos nin usados en nuestro lenguaje, mas han los puestos sinplemente segunt que los han fallado escriptos en el latín, en tanto que si poco son entendidos en el latín, así tan poco son entendidos en el romançe e aún en muchas partidas del romançe non han expresado nin dicho el entendimiento de Palladio; antes han puesto el contrario en grant derogaçion e prejuzio de Palladio, el qual solamente por copilar a tal libro meresçe aver grant gloria. [...]
[10] E yo, por todas aquestas cosas, he querido nuevamente arromançar e declarar tanto quanto la mi grosería e insufiçiençia ha bastado el dicho libro de Palladio, tornado aquel nuevamente de latín en romançe. E suplico a todos los leedores de aqueste libro que non me noten de presumpçión, ca a buen entendimiento e a povecho de la cosa pública lo he fecho. E sy por aventura yo non he bien interpretados algunos vocablos de simientes e de áboles o de otras cosas, aquesto ha seydo porque non los he fallados expuestos non declarados en algunos libros, así de gramática come de mediçina, ya sea que diligentemente en ello aya trabajado. [...].
140 Il prologo di Saiol fu pubblicato per la prima volta da TRAMOYERES BLASCO 1911a e 1911b e poi da MARTÍNEZ
ROMERO 2008a, pp. 129-133; ai lavori di quest’ultimo (MARTÍNEZ ROMERO 2007, in particolare pp. 29-35, con una
proposta di confronto con il celebre prologo di Passavanti, e 2009), si deve inoltre una contestualizzazione del prologo di Saiol nel quadro dei prologhi alle traduzioni antiche in catalano e dei prologhi medievali in generale. Per un’analisi dettagliata si veda da ultimo SEBASTIAN TORRES 2014, pp. 139-147.
141 Si rinvia per questo aspetto al cap. III, § 3.2.
Gli elementi da mettere in luce sono principalmente due. Innanzitutto, è assai prezioso il riferimento a precedenti traduzioni, realizzate da arromançadors di livello mediocre (emblema della scarsa qualità è per Saiol l’alta densità di traduzioni per trascinamento dal latino), che evidentemente il protonotario, forse per sopperire ad alcune lacune e ai problemi del modello, doveva aver consultato; sebbene, infatti, siano giunti fino a noi alcuni manoscritti che conservano diverse traduzioni dell’Opus agriculturae o delle sue riduzioni,143 si tratta di testimoni databili non
prima della metà del Quattrocento, mentre il prologo di Saiol ci attesta che traduzioni volgari circolassero già negli ultimi decenni del Trecento.144 In secondo luogo, è notevole la valutazione
linguistica e stilistica del testo tradotto. Saiol insiste particolarmente da un lato sulla difficoltà del latino conciso di Palladio, e dall’altro sull’oscurità del lessico tecnico: per ciò che riguarda lo stile, il traduttore catalano non si è adeguato alla brevitas palladiana, ma ha cercato di scioglierne i nodi attraverso l’uso di periodi più ariosi e ampie perifrasi; per i problemi lessicali, che coinvolgono soprattutto il lessico botanico (vocables de sements o de arbres o de altres coses), e che sono dovuti, a suo parere, al fatto che si tratti di vocables que no són en ús entre nosaltres en Cathalunya, ne encara en Espanya, Saiol dichiara di essersi affidato a opere di grammàtica e medicina, fra le quali Sebastian Torres ha potuto individuare con prove testuali il Vocabolarium di Papias e il Catholicon di Balbo.145
Si offre infine un saggio del primo capitolo, secondo il testo dei due testimoni (dall’edizione di SEBASTIAN TORRES 2014, p. 313):
Valencia BMSM 6437 Madrid BNE 10211 RODGERS 1975a, pp. 2-3
La primera part de saviesa, és que hom dega considerar la persona a la qual hom ha a manar alguna obra o ensenyar [...]. lo llaurador no deu resemblar en son parlar lo mestre en arts o en rectòrica, los quals solament an cua de omar llurs paraules ab bells vocables. Açò acostumen de fer alguns hòmens no molt savis qui parlen ab pagesos e persones grosseres ornadament e subtil, per tal que llur docrtina no puga ésser entesa ne per los grossers ne per los subtils. Emperò nosaltres abreugem lo pròlech, per tal que no semblem a d’aquells que reprenem.
Donchs, nosaltres havem de dir ab la aiuda de Déu, de tota llauró o agricultura, e de pastures e de edifficis, segons que tenim experiència dels mestres e de les invencions o
La primera parte de savieza es que hombre deva considerar la persona a la qual hombre ha a mandar obra alguna o ensenyar aquella. Car aquel que quiere informar o ensenyar hombre labrador non deve resemblar en su fablar al maestro en artes o en rectórica, qui solamente han cura de omar sus palabras con bellos vocablos. Aquesto acostumbran de fazer algunos hombres non mucho sabios que fablan con los labadores e personas grosseras ornadamente e sotil, por tal que su palabra non pueda seyer entendida nin por grosseros nin por los entendisios e subtiles. Mas nos abreviamos el prólogo e nuestras palabras, por tal que non semejemos a aquellos que reprehenden.
Pues, nos devemos dezir con el adiutorio de Deios, de tota labraçión o agricultura, e de pasturas e hedefiçios de fuera villa, segunt que avemos experiençia de los maestros e
Pars est prima prudentiae ipsam cui praecepturus es aestimare personam. neque enim formator agricolae debet artibus et eloquentiae rhetoris aemulari, quod a plerisque factum est, qui dum diserte locuntur rusticis adsecuti sunt ut eorum doctrina nec a disertissimis possit intellegi sed nos recidamus praefationis moram, ne quos reprehendimus imitemur.
Dicendum autem nobis est, si diuina fauerint, de omni agricultura et pascuis et aedificiis rusticis secundum fabricandi magistros et aquae inuentionibus et omni genere eorum
143 Si tratta di quattro manoscritti, sui quali cfr. infra § 3.1.1.2.
144 Alcuni luoghi testuali in cui Saiol fa esplicito riferimento ad altre traduzioni di Palladio, di cui si è servito per sostenere
l’adozione di traducenti non reperiti en sinonimes, ni en altre libres de gramàtica, sono citati da SEBASTIAN TORRES 2014, p. 46,
n. 126.
manera de ordenar los edificis e de totes coss pertanyents al laurador, axí per rahó de son de[lit] com per rahó de son profit, segons lo temps convinents. Emperò yo entench de servar aytal ordre que de cascuna cosa parlaré en cascun mes com se deu plantar o sembrar o fer en aquell mes.
de las invençiones o manera de ordenar los hedifiçios e de todas otras cosas perteniçientes al labrador, assí por razón de su plazer como por razón de su provecho, segunt los tiempos convinientes. Empero yo entiendo observar a tal orden que de cada una cosa fablaré en cada un mes como se deve plantar o fer cada cosa en aquel mes.
quae uel facere uel nutrire oportet agricolam ratione uoluptatis et fructus, suis tarnen temporibus per uniuersa distinctis. sane in pomis hoc seruare constitui, ut eo mense quo ponenda sunt singula cum sua omni exequar disciplina.