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La traduzione in Middle English e il suo patrocinatore, Humphrey di Gloucester

2. L A FORTUNA DELL ’O PUS AGRICULTURAE NEL M EDIOEVO LATINO

3.1 D ALLA S PAGNA ALL ’I NGHILTERRA

3.1.2 La traduzione in Middle English e il suo patrocinatore, Humphrey di Gloucester

Il Quattrocento fu per l’Inghilterra un periodo di importanti trasformazioni:150 eventi come

l’esaurirsi della Guerra dei Cent’anni, la salita al trono della dinastia Tudor, la nascita dei primi movimenti di protesta religiosa e l’assunzione dell’inglese come lingua della Chancery, prepararono la relativa stabilità del secolo successivo, in particolare dell’età elisabettiana, e contribuirono a definire una nuova identità nazionale. All’interno di questi cambiamenti strutturali, la scena letteraria sembra restare piuttosto ferma, adagiata nell’imitazione di Chaucer. Se si allarga però lo sguardo all’intero piano delle politiche culturali, si possono individuare alcuni snodi fondamentali: negli anni ’30 e ’40 in particolare, si afferma una sorta di umanesimo, che si esplica attraverso l’arrivo alla corte inglese di letterati e studiosi italiani,151 attraverso una consistente campagna di

traduzioni delle opere latine e umanistiche e attraverso una nuova formalizzazione dell’istruzione, con un numero crescente di esponenti della nobiltà che abbandonarono le forme di educazione esclusivamente privata, fino ad allora usuali, per frequentare le università.

In questo scenario, la figura di maggiore spicco fu sicuramente il Duca Humphrey di Gloucester, zio di Enrico VI e suo Lord Protettore negli anni in cui sedette sul trono ancora infante (1422-1437).152 Il Duca diede un’impronta molto forte alla politica culturale del regno,

circondandosi di letterati e retori italiani, collezionando un’intera biblioteca di codici provenienti dal continente153 e sostenendo con importanti donazioni librarie l’università di Oxford.154

Due sono le opere principali realizzate per sua iniziativa, entrambe traduzioni:155 la prima, The

Fall of Princes (1441-1448), è una traduzione del De casibus virorum illustrium di Boccaccio attraverso la mediazione della versione francese di Laurent de Premierfait (realizzata nel 1409), commissionata a John Lyndgate e pensata, secondo il modello degli specula principum, per istruire il giovane Enrico VI;156 la seconda è una traduzione in versi del trattato di Palladio, dal titolo On husbondrie (1439-

1443),157 composta da un poeta che mostra notevoli capacità, ma il cui nome e a tutt’oggi

150 Per un inquadramento storico cfr. PETRINA 2004, pp. 1-15, da cui sono tratte le informazioni citate nel seguito. 151 Ben noto è il soggiorno inglese di Poggio Bracciolini, che si trasferì in Inghilterra al seguito del cardinale Enrico

Beaufort, vescovo di Winchester (1418-1423); per l’umanista fu in verità un periodo piuttosto buio, come emerge anche dalle lettere inviate in quegli anni a Niccolò Niccoli (cfr. PETRINA 2004, pp. 60-66).

152 Un primo lavoro critico sul ruolo di Humphrey come patron culturale e letterario è stata la tesi di EVEREST-PHILLIPS

1983, superata, in anni più recenti, dalla monografia di PETRINA 2004, che indaga a fondo i diversi aspetti della

personalità del duca; per una sintesi, cfr. anche il capitolo dedicato a Humphrey nel lavoro di WAKELIN 2007 (pp. 23-61).

153 Per una ricostruzione della biblioteca di Humphrey cfr. SAMMUT 1980, pp. 60-132.

154 In particolare, fra il 1439 e il 1444 donò all’università di Oxford ben 274 libri, fra cui molti e rari testi latini e opere

italiane di recentissima produzione (cfr. WAKELIN 2007, p. 26); gli inventari delle donazioni sono pubblicati da SAMMUT

1980, pp. 60-84.

155 Tra gli obiettivi del duca Humphrey vi era infatti quello di creare una biblioteca dei classici in Middle English, dando

dignità letteraria alla lingua inglese (cfr. PETRINA 2004, p. 261).

156 Per un inquadramento del testo nella politica culturale di Humphrey cfr. PETRINA 2004, pp. 281-312; per una

riflessione sul reale interesse del Duca nella lettura del testo, oltre che nella sua patrocinazione, e sulla manipolazione del testo boccacciano in senso politico, con una promozione della monarchia, cfr. WAKELIN 2007, pp. 31-43.

157 Il terminus ante quem per la realizzazione della traduzione è fornito dalla data della copia di dedica (1443); quanto al terminus post quem, PETRINA 2004, p. 271 ritiene che sia individuabile nel 1439, mentre WAKELIN 2007, p. 51, n. 91

abbassa il termine al 1441. La datazione di Wakelin si basa sul fatto che nel 1441, in una lettera a Pier Candido Decembrio, Humphrey dice di non aver ricevuto il De agricultura di Catone, ma negli studi, a partire dalla monografia di Sammut, il testo è stato identificato invece con il trattato di Palladio (cfr. SAMMUT 1980, p. 42, n. 80; per la lettera a

sconosciuto.158 Se il primo testo ebbe un’ampia diffusione, sia presso ceti nobiliari, sia presso lettori

di più bassa estrazione sociale, ed è da contestualizzare in un più ampio progetto politico, il secondo sembra invece rispondere a una richiesta personale del duca, come completamento della sua collezione libraria159 e come avvio di quella biblioteca dei classici latini in lingua inglese che

Humphrey si proponeva di realizzare.160

Il trattato in versi On husbondrie è la prima traduzione integrale di un’opera latina in Middle English e l’unica traduzione in versi del trattato di Palladio: si tratta di una trasposizione molto fedele e letterariamente elegante,161 che risente probabilmente degli scambi epistolari tra il duca

Humphrey e Leonardo Bruni relativamente alle modalità del tradurre, cui Bruni dedicò il trattato De interpretatione recta (1420).162 Particolarmente noto è prologo della traduzione, che descrive un

vero e proprio circolo culturale orbitante intorno al Duca e fa esplicito riferimento alle competenze culturali del Duca e alle donazioni di libri all’università oxoniense, dipingendo un quadro piuttosto preciso dell’ambiente in cui vide la luce il testo.163 Il testo di Palladio è tradotto in rime reali

chauceriane, ossia strofe di sette pentametri giambici con schema rimico ABABBCC; curioso è il fatto che il traduttore scriva che sia stato Humphrey in persona a insegnargli a comporre versi («taught me metur make»; LIDDLE 1896, p. 22), dichiarazione che ha suscitato un certo dibattito tra gli studiosi;164 il patron della traduzione è inoltre ringraziato in più punti del testo, ma con

frequenza progressivamente decrescente.165 Il traduttore sceglie di assumere le vesti di un narratore

che intesse un vero e proprio dialogo con il lettore, mentre i riferimenti alla fonte sono funzionali a ribadire la fedeltà letteraria al modello («Yet as myn auctor spak so wold I speke»; LIDDLE 1896, p.

158 Sulle proposte attributive cfr. PETRINA 2004, p. 269 e n. 22.

159 Alcuni studiosi, come Wakelin (2007, p. 44), hanno cercato di sostenere che la commissione della traduzione di

Palladio da parte del duca Humphrey fosse finalizzata all’istruzione di coloro che gestivano i suoi possedimenti, ma si tratta di un’ipotesi che manca di solide prove storiche (cfr. PETRINA 2004, p. 267). Parimenti indimostrato è il legame con

una precisa modalità di propaganda politica, che assimila la gestione delle proprietà terriere a quelle dello stato, identificando la figura del saggio proprietario terriero con quella del buon governante (cfr. ivi, p. 268). Relativamente all’interesse di Humphrey per gli scrittori agronomici latini, è opportuno ricordare che nella sua biblioteca si trovava anche un manoscritto latino dell’Opus agriculturae, forse il modello della traduzione in versi, donato all’università di Oxford nel 1443 (non a caso nell’anno in cui la traduzione era ormai compiuta; cfr. SAMMUT 1980, p. 81), e che, come attestato

dall’epistolario del duca, Humphrey si era impegnato per ottenere altre opere dei rerum rusticarum scriptores: nel 1441, ad esempio, scrisse a Pier Candido Decembrio per notificargli di non aver ricevuto i codici di Varrone e Catone (su cui cfr.

supra, n. 157) che aveva richiesto (cfr. PETRINA 2004, p. 267, che data però erroneamente la lettera al 1444; il testo della

lettera si legge in SAMMUT 1980, pp. 195-196).

160 «The acquisition of Latin manuals of internationally recognised value in the national language contributed to the

establishment, so to speak, of a national library, and the Middle English De Re Rustica may be seen as Humphrey’s contribution, or perhaps as one of his contributions to this project» (PETRINA 2004 p. 268).

161 La traduzione in versi commissionata dal duca è infatti considerata dagli studiosi una vera e propria operazione

filologica: cfr. WAKELIN 2007, p. 43: «the poet of On Husbondrie follows a classical source in Latin with the rigour of a

philologist, in quest of literary excellence», e PETRINA 2004, p. 275: «the translator is bound to follow his auctoritas, and

has an almost philological task in front of him, since he has been asked to present this classical text in the English tongue».

162 Su questi scambi epistolari cfr. PETRINA 2004, p. 266; il trattato di Bruni ruota attorno a quattro principi cardine: cura

filologica per l’originale, attenta comprensione dell’originale, elevata competenza in entrambe le lingue (tradotta e traducente), eleganza stilistica (il testo si legge nell’edizione di VITI 2004). Il Bruni era stato inoltre invitato dal duca

Humphrey a trasferirsi presso la sua corte, ma aveva declinato la proposta (cfr. ivi, p. 64, n. 13). Sui rapporti fra il duca Humphrey e gli umanisti italiani si vedano la monografia di SAMMUT 1980, in partic. pp. 3-53, e lo studio di SAYGIN

2002.

163 Cfr. PETRINA 2004, p. 270. 164 Cfr. ivi, pp. 222-223.

165 La dinamica che si intravede è quella di un’opera nata con corposi incentivi iniziali e proseguita con un sostegno,

anche economico, progressivamente calante; lo stesso processo si riscontra nel caso del Fall of Princes di Lydgate (cfr. PETRINA 2004, pp. 273-275)

49), là dove i precetti palladiani non siano condivisibili da un punto di vista pratico.166

Particolarmente rilevante, come in tutte le traduzioni dell’Opus agriculturae, è l’aspetto lessicale: il traduttore cerca infatti di evitare i latinismi e di scegliere sempre corrispettivi volgari; a testimonianza della rarità e ricercatezza dei traducenti scelti, si può evidenziare come, nei testimoni manoscritti della traduzione, si trovino talvolta annotati a margine i termini latini corrispondenti.167

La tradizione manoscritta della traduzione inglese consta di tre testimoni: Oxford BL Duke Humfrey d.2, la copia donata al duca nel 1443;168 Oxford BL Add. A.369, sec. XV metà, che

trasmette una versione di poco più tarda e parzialmente rivista;169 Glasgow UL Hunter 104

(T.5.6),170 copia esatta del primo, ma assai danneggiato. Del testo esiste un’edizione ottocentesca

(LIDDLE 1896), basata sul codice Duke Humfrey d.2, con la collazione dell’altro manoscritto oxoniense. I codici presentano una mise en page di tipo scolastico, con spazio nei margini per glosse e annotazioni; da rilevare è inoltre il fatto che le strofe vi siano numerate alfabeticamente, con una tavola iniziale che, attraverso questi richiami, permette di ricostruire in quali luoghi del testo sono trattati i diversi argomenti.171

A titolo di saggio, si riportano qui i versi corrispondenti al primo capitolo dell’Opus agriculturae: LIDDLE 1896, p. 23 RODGERS 1975a, pp. 2-3

Consideraunce is taken at prudence

What man me must enfourme; and husbondrie No rethorik do teche, or eloquence,

As summe han doon, hemself to magnifie. What cam therof? That wise men folie Her wordis held. Yet other thus to blame We stinte, in caas men do by vs the same. Tilynge is vs to write of euery londe,

With Goddis grace, eek pasture and housynge ffor husbondrie; how watir may be fonde; What is to rere or doon in euery thinge Plesaunce and fruyt the tilman forto bringe As seeson wol; his appultreen, what hour Best is to sette, is part of oure labour.

Pars est prima prudentiae ipsam cui praecepturus es aestimare personam. neque enim formator agricolae debet artibus et eloquentiae rhetoris aemulari, quod a plerisque factum est, qui dum diserte locuntur rusticis adsecuti sunt ut eorum doctrina nec a disertissimis possit intellegi sed nos recidamus praefationis moram, ne quos reprehendimus imitemur.

Dicendum autem nobis est, si diuina fauerint, de omni agricultura et pascuis et aedificiis rusticis secundum fabricandi magistros et aquae inuentionibus et omni genere eorum quae uel facere uel nutrire oportet agricolam ratione uoluptatis et fructus, suis tarnen temporibus per uniuersa distinctis. sane in pomis hoc seruare constitui, ut eo mense quo ponenda sunt singula cum sua omni exequar disciplina.

166 Cfr. ivi, p. 275.

167 Cfr. ivi pp. 275-276. Sulle difficoltà per il volgarizzatore inglese nel comprendere, e quindi tradurre, il lessico botanico

del testo – il cui referente principale è una flora prettamente mediterranea, e sconosciuta, dunque, in territorio inglese – si veda AMBROSOLI 1983, pp. 27-31.

168 Al codice è dedicato lo studio puntuale di DE LA MARE 1985, cui si rimanda anche per una descrizione d’insieme degli

altri due testimoni; prima di arrivare alla Bodleian Library (1984), il manoscritto si trovava nella Fitzwilliam Library di Wentworth-Woodhouse (cfr. SAMMUT 1980, pp. 125-126).

169 Per una descrizione cfr. HUNT – MADAN 1953, vol. 5, pp. 657-658; la trascrizione del codice si legge nell’edizione di

LODGE 1873 (di cui si veda anche la ristampa LODGE 1879), che considerava l’Add. A.369 antecedente rispetto

all’Humfrey d.2; PETRINA (2004, p. 357) colloca erroneamente il ms. nel fondo Additional della British Library.

170 Per una descrizione aggiornata cfr. la scheda sul sito della University Library di Glasgow all’indirizzo

<http://special.lib.gla.ac.uk/manuscripts/search/detail_c.cfm?ID=34574>.