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Dal Trattato di Roma al Sesto Piano di Azione Ambientale

S OSTENIBILITÀ E TURISMO NELLE POLITICHE DELL ’U NIONE E UROPEA

3.1 Dal Trattato di Roma al Sesto Piano di Azione Ambientale

Nel Trattato di Roma (1957) non veniva fatta alcuna menzione esplicita alla dimensione ambientale; questa mancanza verrà colmata solo nel 1997, quando, all’art.v6 del Trattato di Amsterdam verrà inserito il cosiddetto principio di integrazione, secondo il quale: “Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche ed azioni comunitarie […], in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile” (www.docuplazio.it, 2012). È in questo modo quindi che viene sancita l’importanza del concetto di sviluppo sostenibile e che questo viene fatto rientrare tra gli obiettivi dell’Unione, ribadendo l’urgenza di integrare la tutela ambientale nella definizione ed attuazione delle politiche comunitarie di tutti i vari settori, compresa la politica agricola. Va comunque precisato che, fino a questo momento, l’attività legislativa dell’UE è stata dinamica a tale proposito.

Nel 1973, infatti, la Comunità adotta il Primo Programma di Azione per l’Ambiente22 e da adesso in poi si assisterà ad un’intensificazione delle azioni legislative in materia, incontrando il consenso dei Paesi membri e più in generale, dell’intera cittadinanza. Questo Primo Programma, così come i quattro successivi, si basano su un approccio verticale e settoriale ai problemi ecologici, e aspirano essenzialmente a limitare i danni dovuti all’inquinamento (atmosferico, idrico e relativo alla gestione dei rifiuti). Anche nel Trattato di Maastricht del 1992 vi sono riferimenti alla tematica ambientale e vengono definiti i principi e le linee guida per la politica ambientale europea. Nello stesso anno si svolge la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, a Rio de Janeiro, che si conclude con la stesura di Agenda 21, documento che viene sottoscritto da 178 Paesi. Agenda 21 costituisce, a livello internazionale, il primo documento circa gli intenti e gli obiettivi programmatici riguardanti le tematiche ambientali, sociali ed economiche al fine di avviare un processo di sviluppo in grado di rispondere ai bisogni attuali senza però compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare i loro. In Agenda 21 vengono definiti i temi prioritari per la sostenibilità dello sviluppo, gli obiettivi da raggiungere entro prestabiliti limiti di tempo e i mezzi più efficaci per il raggiungerli. I principi ritenuti universali e quindi validi per ogni Stato sono stati suddivisi in quattro sezioni (www.agenda21.ra.it, 2012):

22 Il Programma venne approvato con la Dichiarazione del Consiglio del 22 novembre del 1973 in seguito alla

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 dimensione economica e sociale,

 conservazione e gestione delle risorse per lo sviluppo,

 rafforzamento del ruolo degli attori sociali,

 strumenti di attuazione.

Più precisamente Agenda 21 si propone di affrontare le seguenti problematiche:

 modificare gli attuali ed insostenibili stili di vita, di produzione e di consumo,

 integrare le questioni ambientali, sociali ed economiche sia nei processi decisionali che nei quadri legislativi nazionali,

 la gravità delle condizioni ambientali nelle grandi città, con particolare attenzione alle vaste aree metropolitane dei Paesi in via di sviluppo,

 il deterioramento delle risorse idriche, dell’aria e del suolo,

 lo smaltimento dei rifiuti,

 la formazione e la sensibilizzazione di tutti sui temi ambientali,

 il coinvolgimento di tutti gli attori locali nel processo di sviluppo sostenibile.

In merito a quest’ultimo punto, va evidenziato come, in Agenda 21, sia attribuito un ruolo decisivo e di primaria importanza alle comunità locali nell’applicazione delle politiche di sviluppo sostenibile; tant’è che le stesse amministrazioni locali sono invitate ad elaborare una propria Agenda Locale in cui adattare alle loro specifiche esigenze gli obiettivi definiti internazionalmente. Contemporaneamente alla Conferenza di Rio de Janeiro e alla stesura di Agenda 21, la Comunità europea stila il Quinto Piano di Azione Ambientale, previsto per il periodo 1992-1999, nel quale venivano indicate: le strategie riguardanti sette temi ambientali prioritari (cambiamento climatico, biodiversità, acqua, acidificazione, rifiuti, aree costiere ed ambiente urbano) e per la gestione dei rischi e degli incidenti, i settori che richiedevano un’integrazione della politica ambientale (energia, industria, trasporti, agricoltura e turismo), un ampliamento dei mezzi da impiegare, la necessità di avviare azioni di sensibilizzazione e di consolidare il concetto di corresponsabilità.

Tuttavia, nonostante si sia ottenuta una maggiore sensibilizzazione sia dei cittadini che dei governi locali, grazie al Quinto Piano, i cambiamenti a proposito delle condotte dannose per l’ambiente sono stati scarsi, e parziale è risultato l’impegno dei vari settori nell’attuazione del Piano (ec.europa.eu, 2012).

È in questo scenario quindi che si inserisce il Sesto Piano di azione Ambientale (2002-2012) il quale si prefissava come obiettivo l’integrazione totale delle disposizioni in materia di protezione ambientale nelle politiche e nelle azioni dell’Unione e definiva gli obiettivi, i traguardi da raggiungere e le scadenze relative alle azioni di salvaguardia, tutela e valorizzazione ambientali. Il Sesto Piano, approvato sia dal Parlamento che dal Consiglio secondo il principio della co- decisionalità, costruisce la politica ambientale a partire da tre priorità, al fine di essere più efficace

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ed efficiente. La prima si riferisce alla necessità di migliorare l’attuazione ed il controllo della normativa comunitaria in materia ambientale e all’urgenza di integrare i requisiti e gli standard ambientali definiti a tutte le politiche dell’Unione. Affinché questo sia possibile vengono implementati i mezzi attuativi e i sistemi di controllo circa l’applicazione delle disposizioni comunitarie. La seconda priorità riguarda la definizioni di nuove ed emergenti problematiche e la soluzione di quelle individuate precedentemente a cui però non si era riusciti a trovare una soluzione definitiva e adeguata. Infine, la terza priorità individuata si riferisce al bisogno di trovare soluzioni alle problematiche ambientali mondiali e focalizza l’attenzione anche sulle relazioni che vi sono tra la liberalizzazione del commercio e dei mercati e la salvaguardia dell’ambiente. Accanto alle tre priorità appena citate, vengono individuate quattro aree di intervento prioritarie:

 cambiamento climatico: raggiungere un livello stabile nella concentrazione di gas serra nell’atmosfera, in modo che questo non provochi mutamenti innaturali del clima,

 natura e biodiversità: salvaguardare, e in caso di necessità, ripristinare il funzionamento dei sistemi ecologici ed ambientali, cercando di fermare la perdita di biodiversità,

 ambiente e salute: stabilizzare ed elevare il livello di qualità ambientale, soprattutto prestando attenzione agli elementi contaminanti di cui è responsabile l’uomo, al fine che questi non rappresentino un rischio o non provochino danni alla salute umana,

 uso sostenibile delle risorse e gestione dei rifiuti: assicurarsi che l’utilizzo ed il consumo di risorse rinnovabili e non, non superi la capacità di carico dell’ambiente, dissociando l’impiego di risorse dalla crescita economica, dematerializzando23 l’economia e riducendo sensibilmente la produzione di rifiuti.

Al fine di rispettare questi obiettivi e di rispondere alle esigenze individuate, l’UE ha scelto di adottare i seguenti approcci:

 attivazione efficace della normativa ambientale attraverso una campagna di informazione e sensibilizzazione pubblica delle situazioni di inadempienza, affiancata da una maggiore azione di intervento della Corte di Giustizia europea,

 integrazione della questione ambientale con le altre politiche dell’Unione,

 instaurazione di un rapporto collaborativo sia con i consumatori che con i produttori, al fine di diffondere nuovi stili e modelli di consumo e produzione ecosostenibili ed eco- compatibili,

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Dematerializzare significa ridurre l’input di materia ed energia e conseguentemente ridurre l’ output di scorie.

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 maggiore importanza alla diffusione dell’informazione ambientale tra i cittadini europei, oltre che maggiore capacità di accesso e miglioramento qualitativo di questa, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica su queste tematiche,

 presa di decisioni maggiormente responsabili sia a livello di assetto che di gestione ambientale tramite l’incentivazione di pratiche ecocompatibili e l’impiego di Fondi Strutturali.

Per quanto riguarda le aree di intervento che l’Unione ha riconosciuto vi è la consapevolezza che numerose questioni devono ancora trovare una risoluzione adeguata. A proposito delle risorse naturali e dell’impegno per la salvaguardia della biodiversità è stata precisata l’urgenza di tutelare e ristabilire il corretto funzionamento dei sistemi naturali, soprattutto attraverso la prevenzione del processo di consumo ed erosione del suolo e dei danni provocati dall’inquinamento. Ancora una volta viene ribadita, come strumento imprescindibile per raggiungere il suddetto obiettivo, la necessità di integrare le problematiche riguardanti la biodiversità con le politiche agricole, territoriali, marine e della silvicoltura. In materia di tutela della salute umana, e vista la forte interdipendenza che questa ha con le tematiche ambientali si ravvisa l’urgenza di avviare azioni per la prevenzione e la protezione dai rischi, specialmente per le fasce di popolazione considerate più deboli, come anziani e bambini.

È importante specificare inoltre, che il Sesto Piano di Azione Ambientale fa riferimento al periodo 2002-2012, ovvero, ad un periodo in cui era stato previsto l’ingresso nell’Unione di nuovi Stati, ai quali viene richiesta la totale attuazione delle normative in materia ambientale previste dall’UE. In conclusione dunque nel Sesto Programma vengono definite le priorità a cui l’Unione europea deve rispondere fino al 2012 oltre ai settori che necessitano di un intervento diretto da parte delle istituzioni. Inoltre, per rispondere a queste esigenze vengono stabilite delle linee d’azione che si basano su precise strategie tematiche, le quali soddisfano gli obiettivi di razionalizzazione e modernizzazione per cui, al posto di tanti singoli atti legislativi settoriali, si prediligono quadri normativi e strategici maggiormente flessibili e basati su una politica integrata dei prodotti (ec.europa.eu, 2012). Diventa fondamentale perseguire una linea politica orientata allo sviluppo di un mercato dei prodotti più ecocompatibile, per l’intero ciclo di vita degli stessi. Ed è proprio il principio di integrazione ambientale a costituire un approccio innovativo allo sviluppo sostenibile poiché permette di superare la logica secondo la quale la crescita economica comporta forti (e negativi) impatti a livello ambientale e per cui le azioni di tutela e salvaguardia sono viste come meri strumenti settoriali riparatori. Attraverso l’integrazione trasversale e a monte delle politiche ambientali, invece, si predilige una logica preventiva o limitativa delle conseguenze negative per l’ambiente, individuando addirittura nell’ambiente stesso il motore della competitività e dello sviluppo.

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Il Programma, in aggiunta, oltre ad avere definito lo sviluppo economico e sociale, la tutela ambientale e il principio dell’integrazione come pilastri imprescindibili per uno sviluppo sostenibile, ha consolidato il concetto di responsabilità comune, auspicando un impegno maggiore e la realizzazione di azioni più concrete ad ogni livello di governo. Particolare importanza viene attribuita alla dimensione locale, la quale viene reputata come il livello ottimale in termini di prossimità, efficienza e dimensione per l’adeguamento e l’applicazione delle politiche di sviluppo sostenibile.