• Non ci sono risultati.

CAPITOLO III. SALME E AMMINISTRAZIONE MORTUARIA NEL DOPOGUERRA

3.7 Zone monumentali, Parchi e Viali delle Rimembranze

Alla sistemazione dei cimiteri militari e civili dove giacevano le salme dei caduti in guerra provvedeva l’Ufficio onoranze delle salme dei caduti in guerra, che dipendeva gerarchicamente dalla Direzione centrale di sanità militare, incardinata tuttavia in seno al Ministero degli interni. Questo ufficio, a sistemazione ultimata dei resti mortali, cedeva i cimiteri in regolare consegna alle autorità comunali del posto. Una analoga organizzazione, però, mancava per la tutela dei monumenti di guerra, innalzati a cura di privati e dalle varie associazioni patriottiche nelle località più importanti dove avevano avuto luogo gli scontri di guerra. Questa mancanza di custodia, come segnalava il Ministero della guerra, dava luogo oltre che al graduale stato di fatiscenza dei monumenti, anche ad atti vandalici ed irriverenti per la memoria dei caduti. Nel giugno del 1921, pertanto, lo Stato maggiore del Regio Esercito intese richiamare l’attenzione

477 Cfr. ivi, p. 8

478 Cfr. R. decreto numero 448 che approva il Regolamento di polizia mortuaria, art. 78.

479 Le tavole presentate dal Fisogni furono realizzate dall’architetto Carlo Marchetti. In esse sono segnate

le dimensioni, perché «nella riproduzione zincografica non si potè mantenere una scala unica»; cfr. C. FISOGNI, Proposte per la costruzione di Cappelle-Ossari, cit. p. 1.

dei comandi di corpo d’armata, affinché, previi opportuni accordi con le autorità prefettizie, decidessero, per ciascun monumento esistente nella propria zona di giurisdizione, a chi affidarne la vigilanza480. In alcuni casi, suggeriva l’alto comando, si sarebbe potuto attribuire questa incombenza ai comuni stessi, in altri, invece, al corpo della guardia di finanza, al corpo forestale od anche a enti e soggetti privati. Prima però di inoltrare le disposizioni in merito, lo Stato maggiore chiese anche al Ministero degli interni di concordare con tale linea di azione e di governo e, pertanto, di diramare da parte sua le opportune istruzioni alle dipendenti Prefetture, al fine di avviare una fattiva cooperazione tra le autorità civili e militari per «lo scopo altamente nobile e patriottico»481. La risposta fornita dal dicastero degli interni fu positiva e, nel successivo mese di luglio, il Ministero della guerra venne informato circa il fatto che «Questo Ufficio, aderendo di buon grado alla richiesta di codesto On. Ministero, ha vivamente interessato i Prefetti delle Provincie che furono sedi di operazioni di guerra, perché cooperino efficacemente con le autorità militari al doveroso e patriottico scopo della sorveglianza ai monumenti dei nostri gloriosi caduti»482. Nel contempo, tra l’ottobre e il novembre del 1922, cominciò a prendere forma, sul piano legislativo e politico-

480 In quello stesso mese, il Governo inoltre presentò un disegno di legge per erigere due monumenti

nazionali in onore di Cesare Battisti a Trento e di Nazario Sauro a Capodistria. Con un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sarebbe stata nominata una speciale commissione con l’incarico di determinare la forma dei due monumenti ed ogni modalità per la scelta e l’esecuzione dei progetti. Fu dunque autorizzata l’assegnazione straordinaria di 10 mila lire, da iscriversi nella parte straordinaria del bilancio del Ministero dell’interno per l’esercizio finanziario 1921 – 1922, mentre le ulteriori somme necessarie sarebbero state stanziate nei bilanci degli esercizi finanziari successivi. Il provvedimento, relatore l’onorevole De Gasperi, venne approvato nella tornata del 21 dicembre 1921. Tuttavia, come si ricava dall’esame della relazione della 1a Commissione della Camera, incaricata di istruire il procedimento di deliberazione, già a partire dal luglio del 1916, nell’occasione in cui veniva decretata la raccolta a stampa, a spese dello Stato, degli scritti di Cesare Battisti, il Governo si era fatto interprete dei sentimenti dell’opinione pubblica nazionale, esprimendo il proposito di presentare all’approvazione del Parlamento una proposta di legge per erigere a Trento un monumento in memoria di Cesare Battisti. Tuttavia, in quella circostanza, la proposta non ebbe corso. Tale proposito iniziò invece a concretizzarsi nel successivo 1919, quando il Consiglio dei ministri, nel primo anniversario della redenzione di Trento e Trieste, deliberava di presentare al Senato una proposta che, associando all’onoranza per il Battisti un doveroso omaggio alla memoria di Nazario Sauro, «esaltasse le supreme virtù civili e militari della Venezia alpina del pari che

l’eroismo e la nobiltà della marina e della Venezia adriatica». Il disegno di legge venne accolto

all’unanimità dal Senato nella seduta del 18 settembre 1920 e fu poi presentato anche alla Camera per la prima volta nel novembre dello stesso anno e, dopo l’inaugurazione della XXVI legislatura, per una seconda volta appunto nel giugno del 1921. La Commissione riteneva un dovere nazionale onorare i due caduti ed i due monumenti dovevano essere eretti l’uno sulle alpi, l’altro di fronte al mare, e avrebbero dovuto soprattutto «esprimere la potenza evocatrice dell’esempio per le generazioni venture ed essere

monito perenne per quanti vogliono che l’Italia, fatta più grande e più sicura entro i nuovi confini diventi, fra i popoli, madre di libertà, di giustizia e di progresso civile». Cfr. CAMERA DEI DEPUTATI –

LEGISLATURA XXVI – Sessione 1a, Relazione 1a Commissione sul Disegno di legge presentato nella

tornata del 20 giugno 1921 dal Ministro Presidente del Consiglio (Giolitti), OGGETTO: 2. – Erezione a spese dello Stato di un monumento a Cesare Battisti in Trento e di un monumento a Nazario Sauro in Capodistria, vol. 1035, pp. 385 – 400, ASCD.

481 Cfr. MINISTERO DELLA GUERRA – STATO MAGGIORE DEL R. ESERCITO – REPARTO

OPERAZIONI Ufficio Storico, N. 1726 di protocollo, Roma, lì 30 giugno 1921, OGGETTO: Tutela dei

monumenti di guerra, Fondo L-3, Studi Particolari, cart. 252 (già 254), fasc. PERDITE: 1^G.M., 9. Morti,

dispersi, feriti in varie località: Pasubio, M.S. Michele, M. Santo, Sabotino, Podgora, Ortigara, AUSSME.

482 Cfr. MINISTERO DELL’INTERNO – Direzione Generale della Pubblica Sicurezza – DIVISIONE

POLIZIA GIUDIZIARIA, N. 13000-A di prot., di arch. 36058, Risposta a nota del 30-6-1921, N. 1726,

istituzionale, la memoria dei luoghi fisici della Grande Guerra483. L’importanza, infatti, che rivestiva nella memoria collettiva il tema dei caduti della Prima guerra mondiale è testimoniata dal primo intervento legislativo in materia di tutela del patrimonio storico della Grande Guerra. Un provvedimento del 29 ottobre 1922484 stabiliva che a consacrazione nei secoli della gratitudine della Patria verso coloro che per la sua grandezza vi combatterono epiche lotte nella guerra di redenzione 1915-1918, venivano designati il monte Pasubio, il monte Grappa, il monte Sabotino e il monte S. Michele485 come le zone più legate ad immortali fasti di gloria e, nel contempo, questi luoghi vennero formalmente dichiarati “Zone Monumentali”486. Queste zone vennero delimitate

483 In realtà, il Gabinetto del Ministero della guerra si era già attivato formalmente a partire dal dicembre

del 1921. Per delimitare sul terreno le zone da dichiararsi Monumenti Nazionali era stata poi nominata, nel dicembre del 1922, una Commissione interministeriale composta dal «Brigadiere generale conte Eugenio

BARBARICH – Presidente; Capo divisione Ministero finanze comm. Fulco RUFFINI; Avv. Eugenio COSELSCHI; Tenente colonnello in servizio di S.M. cav. Achille PANIZZI; Capo reparto Ministero tesoro cav. Vincenzo AZZOLINI». La Commissione aveva inoltre il compito di concretare le relative proposte ed i

provvedimenti necessari per la conservazione e la custodia delle zone da dichiararsi monumentali. Cfr. MINISTERO DELLA GUERRA – GIORNALE MILITARE UFFICIALE, Dispensa 5a, 4 Febbraio 1922,

N. 41. – DISPOSIZIONI VARIE. – R. decreto che nomina la Commissione interministeriale per delimitare sul terreno le zone, scelte fra le più cospicue della nostra guerra per immortali fasti di gloria, da dichiararsi poi Monumenti Nazionali. – (Gabinetto del ministro). – 22 dicembre 1921, Fondo Ministero della Guerra, Circolari 1920 – 1923, fasc. Carteggio vario, AUSSME.

484 Cfr. RELAZIONE e REGIO DECRETO-LEGGE 29 ottobre 1922, n. 1386, che dichiara monumenti

alcune zone fra le più cospicue per fasti di gloria del teatro di guerra 1915-918, pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale del Regno d’Italia del 3 novembre 1922, n. 258. Una Commissione Reale, nominata nel dicembre del 1921 allo scopo di designare le località dei campi di battaglia da dichiararsi monumenti nazionali, presieduta dal generale Eugenio Barbarich, ebbe anche l’incarico di provvedere alla materiale redazione delle scritte «da scolpire sulle stele romane, o sulle opere militari di più grande rilievo,

comprese nelle località dichiarate Monumento Nazionale con R.D. Legge del 29 ottobre 1922». Cfr.

MINISTERO DELLA GUERRA – GABINETTO DEL MINISTRO UFFICIO II, N. di prot. 330, Roma, lì

12 febbraio 1923, OGGETTO: Iscrizioni per i Monumenti Nazionali dei campi di battaglia, Fondo L-3,

Studi Particolari, cart. 252 (già 254), PERDITE: 1^G.M., 9. Morti, dispersi, feriti in varie località: Pasubio, M.S. Michele, M. Santo, Sabotino, Podgora, Ortigara, AUSSME.

485 Nel luglio del 1921, venne eretto in ente morale il Comitato nazionale per il monumento ossario al

Fante italiano, con sede centrale a Milano, che aveva per scopo la costruzione di una grande opera d’arte sulla Cima 3 del San Michele al Carso alla memoria dei caduti della Grande guerra (cfr. R. decreto 14 luglio 1921, n. 1162). Poiché la zona del S. Michele fu poi dichiarata monumento nazionale con il decreto- legge dell’ottobre del 1922, e, soprattutto, considerato che, mentre per il monumento-ossario occorreva a giudizio dello stesso Comitato nazionale una spesa di circa 20 milioni di lire, a fronte dei circa 2 milioni che il Comitato stesso era riuscito a raccogliere, non trovandosi dunque in condizione di poter raggiungere lo scopo che si era prefissato, fu revocata la personalità giuridica conferita al Comitato nazionale per il monumento-ossario al Fante italiano e lo stesso Ente fu disciolto. La somma già raccolta, sebbene insufficiente alla realizzazione dell’opera, venne devoluta al fondo per gli orfani di guerra, atteso il fatto che lo stesso Statuto del Comitato per il monumento disponeva che si dovesse devolvere a favore dei figli dei morti in guerra la somma che eccedeva la spesa complessiva per la costruzione dell’opera. Per tale ragione, il patrimonio dell’ente soppresso fu devoluto al fondo per gli orfani di guerra, amministrato dal Comitato nazionale per la protezione e l’assistenza degli orfani di guerra, e il prefetto di Milano venne nominato Commissario liquidatore del soppresso Comitato. Cfr. Disegni e proposte di legge e incarti delle commissioni (1848-1943), 2192.2192. Presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’interno, Mussolini, ″ Conversione in legge del Regio decreto-legge 29 luglio 1923, n. 1724, concernente la revoca

della personalità giuridica del Comitato nazionale pel monumento-ossario al fante italiano″, 31.10.1923,

vol. 1085, pp. 296-307, ASCD.

486 Nella relazione illustrativa del disegno di legge presentata dal dicastero della guerra al Consiglio dei

ministri nel novembre del 1921, sono già ben evidenziate le ragioni che indussero in seguito al varo del provvedimento: «La necessità di consacrare al culto ed alla tradizione nazionale le zone più cospicue dei

con estrema precisione: il Pasubio, con la sommità dello stesso che si eleva sulla curva di livello di 2200 metri e comprendente il Dente Italiano, la cima Palòm e il cocuzzolo immediatamente a sud della cima stessa; il Grappa, con la sommità del monte al di sopra della quota di 1700 metri, con lo sprone della Nave, la galleria Vittorio Emanuele e la caserma Milano, esclusa la parte meridionale su cui sorge la Madonnina e il rifugio del Club alpino; il Sabotino, con la sommità del monte al di sopra della curva di livello di 520 metri dal Sasso Spaccato ad ovest, ai ruderi della chiesa di San Valentino esclusi ad est; il S. Michele infine, con la sommità del monte al di sopra della curva di livello di 250 metri con le cime 1, 2, 3 e 4 e il monumentino commemorativo della Brigata “Ferrara” a sud-est della cima 4487. Le Zone Monumentali di guerra vennero poste sotto l’alta sorveglianza del Ministero della guerra, che avrebbe provveduto alla loro delimitazione, alla loro custodia e conservazione, nonché alla intangibilità dei monumenti e delle opere di guerra in esse esistenti488, alla manutenzione delle strade d’accesso e avrebbe anche provveduto a far erigere delle stele romane nelle località del fronte di guerra, ove non fosse stato ancora collocato un particolare ricordo489. Per la

visione di essa si possa tramandare ai venturi quale tangibile segno di un sacrifizio, di un rito e di un’apoteosi. Senonchè, nella pratica attuazione di tale necessità, si debbono tener presenti non poche esigenze di indole economica, sociale e finanziaria, affinché le conseguenti limitazioni della proprietà, del lavoro, della vita nazionale sulle aree da espropriarsi e da dichiararsi monumenti nazionali non trovino, nella realtà effettiva, un ostacolo là dove dovrebbero essere un eccitamento ed un monito ad alte e feconde opere di ricostruzione nazionale. Ne consegue quindi la necessità di armonizzare le due esigenze, limitando la dichiarazione di zone monumentali ad aree ben definite e circoscritte, a specie di capisaldi o pietre miliari nella vasta e complessa distesa dei sanguinosi campi della nostra guerra. Si presenta quindi opportuna e necessaria la soluzione che prospetta l’unito schema nel quale, mentre si affermano le ragioni storiche ed ideali del principio – per comporne una specie di degna corona al sacrifizio dei nostri combattenti che si vogliono solennemente onorare, si deferisce ad una Commissione interministeriale l’incarico di procedere al più presto sui luoghi, alla esatta delimitazione delle zone monumentali, tenendo presente gli studi già compiuti e le conseguenti proposte, precisando gli oneri, provvedendo nel contempo alle misure atte ad essi – curando la custodia e la conservazione delle aree da dichiarare sacre. A tutto ciò provvede l’unito schema che si sottopone all’approvazione del Consiglio dei Ministri». Cfr.

MINISTERO DELLA GUERRA – GABINETTO DEL MINISTRO, RELAZIONE AL CONSIGLIO DEI

MINISTRI, Roma, 30 Novembre 1921, Fondo L-3, Studi Particolari, cart. 252 (già 254), PERDITE: 1^

G.M., 9. – Morti, dispersi, feriti in varie località: Pasubio, M.S. Michele, M. Santo, Sabotino, Podgora, Ortigara, AUSSME.

487 Cfr. ivi, art. 2

488 Già nel febbraio del 1922 si era ingenerato un forte movimento associazionistico, volto a tutelare la

memoria dei luoghi del primo conflitto mondiale. In particolare, si adoperò in tal senso l’Associazione nazionale Le Terre Sacre, per l’attività della quale fu sollecitata la generosità di tutte le amministrazioni municipali del Regno: «Alle SS. LL. sarà certamente pervenuta la circolare diramata dalla « Associazione

Nazionale denominata « Le Terre Sacre » costituitasi testé in Trieste, presso quel municipio, per un’opera di doverosa gratitudine verso i soldati eroicamente caduti sul campo di battaglia. Detto Ente è sorto con la precipua finalità di provvedere alla conservazione dei cimiteri permanenti, degli ossari, dei monumenti e ricordi d’ogni specie, sparsi nella vasta zona imbevuta del miglior sangue italiano, ove dormono l’eterno sonno tanti gloriosi che fecero olocausto della loro vita alla Patria; ma, per far ciò, esso ha bisogno dell’aiuto generoso di quanti, memori della grandezza del sacrificio compiuto dalle migliaia di fratelli, sentono la nobiltà dell’iniziativa e la pietà dello scopo che essa si propone. I Comuni delle terre redenti hanno a tal fine stanziato nei loro bilanci un contributo annuo in ragione di almeno lire 20 per ogni mille abitanti. Vogliano le Amministrazioni municipali della provincia imitarne l’esempio, concorrendo nei limiti delle proprie forze all’opera altamente civile e patriottica. Confido che l’appello della benemerita Associazione non rimarrà inascoltato. Il Prefetto - LUALDI». Cfr. BOLLETTINO

AMMINISTRATIVO DELLA PROVINCIA DI SALERNO, ANNO IX. – N. 5-6, 1-31 Marzo 1922, 36.

Per l’associazione nazionale « Le Terre Sacre » (C. P. 28 febbraio 1922 n. 60 diretta ai Sindaci), pp. 63-

64.

prima sistemazione delle Zone Monumentali, delle strade d’accesso e per il collocamento delle stele, venne istituito sullo stato di previsione della spesa del Ministero della guerra, per l’esercizio finanziario 1922-1923, un apposito capitolo con lo stanziamento di 250.000 lire490. Nella relazione illustrativa del provvedimento al Re491, il presidente del Consiglio dei ministri, Luigi Facta, sottolineò la necessità di dichiarare Zone Monumentali di guerra il monte Pasubio, il monte Grappa, il monte Sabotino e il monte S. Michele, perché capaci di «riassumere e di simboleggiare la visione genuina della guerra, di compendiarne le fattezze eroiche, di incarnarne il tormento, il sacrifizio e l’apoteosi». Facta evidenziò il significato educativo e morale delle dichiarande Zone Monumentali, quali «segnacoli di gesta individuali e collettive, vestigia di sacrifizi e di olocausti». I luoghi della lotta costituivano per Facta un monumento dell’arte, una espressione reale ed eloquente del gesto artistico. Facta sostenne in udienza che occorreva «ravvivarli, custodirli, tramandarli nella loro integrità epica», poiché essi soltanto parlavano la voce della guerra e del sacrificio consumato. Secondo Facta, tutte queste vestigia avrebbero dovuto essere consacrate e rivendicate nelle loro fattezze, derivate dalla guerra stessa, senza alcun altro artificio ad esse conferito da speciali opere d’arte che avrebbero alterato «l’austerità del volto eroico». Solo alcune originali stele romane avrebbero potuto costituire i capisaldi secondari, affinché esse, con la loro semplice presenza, avessero idealmente collegato nello spirito le antiche glorie alle nuove fortune d’Italia. Facta dichiarò che il sacro compito di conservare e di custodire le Zone Monumentali doveva essere affidato ai superstiti dell’epopea, cioè ai mutilati e ai combattenti, affinché fosse tramandata integra la visione della guerra, fosse rinfiammata nella tradizione orale attraverso la testimonianza diretta e fosse nobilitata con la presenza fisica e tangibile degli artefici della vittoria nella guerra di redenzione. Le autorità militari competenti, invece, avrebbero dovuto imprimere unità d’impulso alla sorveglianza e alla custodia delle Zone Monumentali, dare opera alla manutenzione degli accessi e cooperare affinché fosse osservata l’originalità e la integrità storica dei capisaldi della lotta. Facta concretò nella somma di 250 mila lire la spesa complessiva per la sistemazione delle Zone Monumentali, l’apposizione di scritte lapidee, il trasporto e la erezione di una dozzina di stele romane ai capisaldi secondari e gli stessi alloggiamenti dei custodi. Si trattava di una spesa davvero modesta, se si considera che il Belgio, nello stesso periodo, aveva stanziato la somma di 300mila franchi per una prima sistemazione dei suoi «sites de guerre» , o monumenti nazionali di guerra, sulla distesa di un fronte di lotta che si poteva paragonare a circa un quindicesimo di quella italiana, dall’Adamello al Timavo. Così furono scelte, designate e dichiarate le Zone Monumentali italiane del primo conflitto mondiale. L’unanime coscienza del Paese ravvisava ormai in quei capisaldi la «espressione più alta e simbolica della guerra, delle sue ansie, dei suoi sacrifizi e dei suoi trionfi». Le Zone Monumentali di guerra, completate dalle altre vestigia, avrebbero potuto rispondere pienamente alla loro missione storica, educativa e morale da tramandarsi nella loro integrità al culto e all’ammirazione delle generazioni future. Consapevoli di questo intenso, profondo e

490 Cfr. ivi, art. 5

491 Cfr. Relazione di S.E. il presidente del Consiglio dei ministri a Sua Maestà il Re, in udienza del 29

ottobre 1922, sul decreto-legge per la dichiarazione di monumentalità di alcune zone fra le più cospicue per fasti di gloria del teatro di guerra 1915-918, Fondo L-3, Studi Particolari, cart. 252 (già 254),

PERDITE: 1^ G.M., 9. – Morti, dispersi, feriti in varie località: Pasubio, M.S. Michele, M. Santo, Sabotino, Podgora, Ortigara, pp. 2807 – 2808, AUSSME.

diffuso sentimento nazionale, le autorità governative del tempo intercettarono gli umori del Paese e diedero luogo ad una politica di grande concentrazione delle salme dei caduti in guerra. L’importanza che il tema dei caduti rivestiva per il regime fascista al fine di veicolarne il consenso, una volta raggiunto e consolidato il potere, trova piena conferma nella volontà politica di intervenire, anche a distanza ormai di una decina di anni dal conflitto, con un grande progetto di monumentalizzazione492 che investì il corpo dei caduti della Prima guerra mondiale. Protagonisti indiscussi della concreta attuazione di questo programma furono il generale Giovanni Faracovi e, in seguito, il generale Ugo Cei. Ambedue ebbero un ruolo centrale e decisivo nel determinare le vicende che caratterizzarono l’edilizia dei sacrari militari italiani negli anni Trenta. Nel novembre del 1922, Dario Lupi tenne a Fiesole un discorso nel quale lanciò l’idea di affidare alle scolaresche d’Italia, «custodi purissime della rinascita vigorosa e possente dell’orgoglio e del sentimento nazionale», la cura dei Parchi e dei Viali della Rimembranza,per onorare i caduti italiani del primo conflitto mondiale. Nell’orazione, l’onorevole Lupi ricordò come «nella lontana America, in una grande e nobile città canadese, che sorride