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Il protidogramma nel gatto: valori di riferimento ed interpretazione clinica

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(1)

UNIVERSITA’ DI PISA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA VETERINARIA

IL PROTIDOGRAMMA NEL GATTO:

INTERVALLI DI RIFERIMENTO

ED

INTERPRETAZIONE CLINICA

Il Candidato

Il Relatore

Flavio Bresciani

Prof. Marco Bizzeti

Il Correlatore

Dott.ssa Alessandra Gavazza

(2)

II

“Nella vita non c’è nulla da temere,

solo da capire.”

(3)

III

SOMMARIO

Pag

Riassunto/ Abstract VI

Parte Generale 1

Capitolo 1: Introduzione 2

1. Sangue, plasma e siero 3

Capitolo 2: Generalità sulle proteine 5

1. Introduzione 6

2. Composizione e conformazione della molecola proteica 7

3. Proprietà delle proteine 8

4. Classificazione: 10 I Proteine semplici 10 II Proteine coniugate: 11 A Glicoproteine 11 B Lipoproteine 11 C Nucleoproteine 11 D Cromoproteine 11 E Metalloproteine 12

5. Cenni sul metabolismo proteico 12

6. Conclusioni 14

Capitolo 3: Le proteine plasmatiche 15

1. Introduzione 16

2. Sintesi e funzione delle proteine plasmatiche 17 3. Fattori che influenzano le proteine plasmatiche 19

4. Descrizione delle proteine plasmatiche 21

5. Reazione della fase acuta 66

6. Normali proteine sieriche 72

Capitolo 4: Alterazioni delle proteine plasmatiche 79

1. Introduzione 80

2. Disprotidemie non selettive 81

I Iperproteinemie 81 II Ipoproteinemie 82 3. Disprotidemie selettive 83 I Albumina 84 A Incremento 84 B Riduzione 85 II Globuline 86 A Incremento 87

1 Incremento delle globuline nell’interzona Alb-α1-globulinica 87 2 Incremento delle globuline nella zona α-globulinica 88 2 a Incremento delle globuline nella zona α1 88 2 b Incremento delle globuline nell’interzona α1-α2 88 2 c Incremento delle globuline nella zona α2 88 3 Incremento delle globuline nell’interzona α2-β globulinica 89 4 Incremento delle globuline nella zona β-globulinica 90 4 a Incremento delle globuline nella zona β1 90

(4)

IV

4 b Incremento delle globuline nell’interzona β1-β2 90 4 c Incremento delle globuline nella zona β2 90 5 Incremento delle globuline tra la zona β e γ-globulinica 91 6 Incremento delle globuline nella zona γ-globulinica 92 7 Incremento delle globuline coinvolte nella reazione della fase

acuta 95

B Riduzione 97

1 Riduzione delle globuline nell’interzona Alb-α1-globulinica 98 2 Riduzione delle globuline nella zona α-globulinica 99 2 a Riduzione delle globuline nella zona α1 99 2 b Riduzione delle globuline nell’interzona α1-α2 100 2 c Riduzione delle globuline nella zona α2 100 3 Riduzione delle globuline nell’interzona α2-β globulinica 101 4 Riduzione delle globuline nella zona β-globulinica 101 4 a Riduzione delle globuline nella zona β1 101 4 b Riduzione delle globuline nell’interzona β1-β2 102 4 c Riduzione delle globuline nella zona β2 102 5 Riduzione delle globuline tra la zona β e γ-globulinica 102 6 Riduzione delle globuline nella zona γ-globulinica 103 4. Conclusione: Come interpretare le alterazioni delle proteine plasmatiche 106 Capitolo 5: Metodi di analisi delle proteine plasmatiche 111

1. Introduzione 112

2. Determinazione delle proteine totali 112

I Metodi fisici 113

II Metodi chimici 115

3. Determinazione dell’albumina 116

4. Determinazione delle globuline 118

5. Determinazione del fibrinogeno 120

6. Frazionamento elettroforetico delle proteine sieriche 122

I Siero-elettroforesi senza mezzo di supporto 124

II Siero-elettroforesi zonale 125

A Siero-elettroforesi zonale su carta 128

B Siero-elettroforesi zonale su gel d’amido 128

C Siero-elettroforesi zonale su acetato di cellulosa 128 D Siero-elettroforesi zonale su gel di agar e gel di agarosio 129 E Siero-elettroforesi zonale su gel di poliacrilamide 131

F Focalizzazione isoelettrica 132

G Siero-elettroforesi zonale bidimensionale 132

III Siero-elettroforesi zonale capillare 135

IV Immunoelettroforesi 137

7. Determinazione delle singole proteine plasmatiche 138

I Metodi di natura non immunologica 140

II Metodi di natura immunologica 141

A Immunodiffusione radiale 142

B Immunotorbidometria e immunonefelometria 142

C Metodo ELISA 142

D Immunocromatografia 142

Capitolo 6: Intervalli di riferimento 144

1. Introduzione 145

(5)

V

3. Determinazione degli intervalli di riferimento 149

4. Utilizzo degli intervalli di riferimento 152

5. Sensibilità, specificità e valore predittivo di una decisione basata su un

intervallo di riferimento 152

6. Comparazione statistica dei dati 153

Parte Sperimentale 155

Capitolo 1: Introduzione 156

Capitolo 2: Obbiettivo della tesi 158

Capitolo 3: Materiali e Metodi 158

1. Materiali 158

2. Metodi 162

Capitolo 4: Risultati 166

Capitolo 5: Discussione 177

Capitolo 6: Conclusioni finali 181

Bibliografia 183

(6)

VI

Riassunto

Parole chiave: siero-elettroforesi, gatto, proteine plasmatiche, intervalli di riferimento

In questa tesi viene studiata la siero-elettroforesi zonale nel gatto comune europeo. Nella parte generale vengono innanzitutto descritte le caratteristiche generali di siero e proteine plasmatiche, evidenziando le proprietà fisico-chimiche, le funzioni generali, il metabolismo e i fattori che ne condizionano i livelli sierici. Poi vengono descritte in dettaglio le singole proteine plasmatiche e come si distribuiscono in un tracciato siero-elettroforetico. Dopo aver parlato delle alterazioni che

interessano le varie frazioni proteiche, sono descritti i metodi per determinare tali frazioni, nonché le proteine totali e le singole proteine plasmatiche. Infine viene descritto l’iter per la determinazione degli intervalli di riferimento. Nella parte sperimentale sono stati selezionati centocinque tracciati siero-elettroforetici condotti su acetato di cellulosa e settantaquattro tracciati siero-elettroforetici condotti su gel di agarosio, applicando i seguenti criteri: livelli di proteine totali, albumina e globuline nei relativi intervalli di riferimento, nonché protidogramma e grafico densitometrico a picchi di aspetto regolare all’ispezione visiva. Verificata ed ottenuta la normalità per tutte le distribuzioni dei valori raccolti, sono stati determinati gli intervalli di riferimento di ogni frazione proteica rilevabile nei due metodi siero-elettroforetici. Inoltre è stato operato un confronto statistico tra tali metodi. Infine sono stati valutati ventotto tracciati siero-elettroforetici condotti su gel di agarosio che mostravano iper-gamma-globulinemia, determinando per ciascuno di essi le patologie presenti al momento della loro realizzazione. La siero-elettroforesi zonale resta un metodo semi-quantitativo, utile per evidenziare gammopatie, ma dotato di specificità non assoluta. Nonostante ciò, se utilizzato appropriatamente, rappresenta per il clinico uno strumento di notevole aiuto.

Abstract

Key words: serum-electrophoresis, cat, plasma proteins, reference intervals

In this thesis the serum-zone electrophoresis in the common European cat is studied. In the general part the main characteristics of serum and plasma proteins are initially described, highlighting the physical and chemical properties, the general functions, the metabolism and the factors that influence serum levels. Then, the individual plasma proteins are described in detail and how they are distributed in the serum-electrophoretic pattern. After speaking about the changes affecting the various protein fractions, methods to determine those fractions, as well as the total protein and the individual plasma proteins are described. Finally, the process for the determination of reference intervals is described. In the experimental part one hundred and five serum-electrophoretic runs conducted on cellulose acetate and seventy-four serum-electrophoretic runs conducted on agarose gel were selected, applying the following criteria: levels of total protein, albumin and globulin in their reference interval, as well as electrophoretic and densitometric graphs of peaks of regular

appearance to the visual inspection. Once, verified and obtained the normality for all distributions of values collected, reference intervals of each protein fraction detectable in both serum-electrophoretic methods were determined. A statistical comparison between these methods was also performed. Finally, twenty-eight serum-electrophoretic runs conducted on agarose gel, showing hyper-gamma-globulinemia, were evaluated, determining for each of them the diseases present at the time of their realization. The serum-zone electrophoresis is a semi-quantitative method, useful for highlighting gammopathy, but without absolute specificity. Nevertheless, if used properly, is a tool of

(7)

1

PARTE

GENERALE

(8)

2

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

PARAGRAFI:

(9)

3

Sangue, plasma e siero

Il sangue (dal Latino sanguis-inis o sanguen-inis) è un particolare tessuto dell’organismo animale, fluido e normalmente di colore rosso, che scorre all’interno di un sistema vascolare grazie al lavoro svolto da una pompa muscolare che è il cuore. La tipologia di questo tessuto è molto discussa. In passato gli istologi lo consideravano un tessuto connettivo, quindi un insieme di cellule disperse in una matrice fluida. [39] Però a differenza di altri tessuti connettivi non lega tra loro più componenti dell’organismo per garantirne l’integrità. Comunque è pur sempre qualcosa che si avvicina al tessuto connettivo, specie se si va a considerare che la sua circolazione fornisce un supporto logistico e rende possibile la comunicazione tra i vari organi e tessuti dell’organismo animale. [39]

Perciò all’interno dell’organismo animale risulta possibile distinguere nel sangue due principali componenti: quella cellulare e quella liquida. Entrambe contribuiscono a determinare le

caratteristiche del sangue stesso, prima fra tutte la viscosità, rendendolo di fatto un fluido ideale. [2] La componente cellulare, anche detta corpuscolata, costituisce circa il 30-32---45% del volume ematico ed è formata dai tre principali elementi figurati del sangue: eritrociti, leucociti e piastrine. [2, 42]

La componente liquida costituisce circa il 55---68-70% del volume ematico ed è detta plasma. [2, 42] Il plasma perciò di norma rappresenta la componente maggiore del volume ematico e ha una composizione chimico-fisica molto complessa, giustificando le sue proprietà e funzioni.

Poiché nel momento in cui viene prelevato dai vasi di regola il sangue tende a coagulare, formando una massa gelatinosa rossastra, per ottenere il vitro il plasma è necessario aggiungere sostanze che inibiscono questo processo, appunto gli anticoagulanti. [2]

Negli animali domestici il plasma ha un colore che va dal trasparente al giallastro. Nel gatto è leggermente giallastro. Il colore deriva principalmente da variazioni della concentrazione di un pigmento che prende nome di bilirubina, ma anche dalla presenza di altre sostanze coloranti, quali ad esempio i carotenoidi.

La sua composizione oltre che essere molto complessa dipende anche da molti fattori, quali specie, razza, sesso, età, condizione di salute, stato fisiologico, alimentazione, trattamenti farmacologici… [42] Nell’animale adulto il plasma è costituito per il 90-92% da acqua. [42] Infatti insieme al liquido interstiziale, dal quale non differisce poi più di tanto, costituisce il liquido extracellulare che

racchiude circa il 30% dell’acqua dell’intero organismo. [2]

Il restante 8-10% è dato dal residuo solido. Questo comprende vari elementi in quantità più o meno significative.

In percentuale più bassa troviamo i gas respiratori ed inerti, quali ossigeno molecolare, anidride carbonica ed azoto molecolare. [2, 42]

Poi troviamo le sostanze organiche, che comprendono metaboliti, come glucosio, grassi, fosfolipidi, colesterolo, aminoacidi; cataboliti, quali molteplici composti azotati non proteici come urea, acido urico, allantoina, creatina, creatinina, glutatione, xantina, ipoxantina, ammoniaca; e acidi organici. [2, 42]

Le sostanze inorganiche invece raggiungono quasi l’1% (~ 0,9%) del plasma totale e includono una serie di minerali, elettroliti, quali Na, K, Ca, Cl, Mg, P, Fe, I, Cu, Mn, Zn, Se, Mb, o composti quali bicarbonati, fosfati e pigmenti. [2, 42]

Ma la parte più corposa è data dai composti azotati di origine proteica che raggiungono il 6-7% del plasma totale. [2] Questi sono responsabili del 50% della pressione colloidosmotica del sangue. [164] Comprendono in larga misura le proteine plasmatiche propriamente dette, quali albumina, globuline e fibrinogeno, la cui trattazione avverrà in maniera dettagliata nel capitolo 3. Però vi si trovano anche altri composti sempre di origine proteica ma in quantità inferiore, quali immunoglobuline, enzimi ed alcuni ormoni. [42]

Cenno particolare meritano gli enzimi che costituiscono lo 0,1% del plasma totale. [2, 42] Per prima cosa possono essere distinti in due grandi categorie: endogeni ed esogeni.

(10)

4

Gli enzimi plasmatici endogeni, detti anche plasma specifici, sono appunto gli enzimi specifici del plasma, dove esplicano la loro azione. [2] Comprendono le sostanze proteolitiche della coagulazione e del complemento, nonché le colinesterasi. [2] Si tratta di sostanze che di regola sono più abbondanti nel plasma piuttosto che nella maggior parte delle cellule tessutali. [2]

Gli enzimi plasmatici esogeni, detti anche non plasma specifici, sono appunto enzimi non specifici del plasma e quindi non vi svolgono una ben precisa funzione. [2, 42] La loro quantità a livello

plasmatico è di regola molto più bassa rispetto a quella che si riscontra in certi tessuti. [2] Possono essere distinti in due grandi gruppi: enzimi esogeni cellulari ed enzimi esogeni di secrezione. [2] I primi sono catalizzatori di processi metabolici che risiedono in una o più strutture all’interno di determinate cellule, dove perciò esplicano la loro azione. [2]

I secondi invece sono prodotti da determinati tipi cellulari e di regola devono agire in ben definite strutture dell’organismo animale ma non nel plasma. [2]

Però non è da dimenticare che il plasma resta pur sempre un liquido extracellulare anche se intravascolare e quindi, come tale, è condizionato in primo luogo dalla composizione del liquido interstiziale e in secondo luogo dalla composizione del liquido intracellulare. Modificazioni

fisiologiche o patologiche a questi livelli possono variare il contenuto di enzimi in sede plasmatica. [164]

Qui poi è da ricordare che la maggior parte egli enzimi endogeni e alcuni di quelli esogeni sono presenti a livello plasmatico come zimogeni e quindi in forma inattiva. [2]

Le proprietà di tutte queste sostanze sommate a quelle degli elementi figurati del sangue contribuiscono alle numerose funzioni di questo particolare tessuto. [164, 2, 42]

Per indagare le componenti ematiche perciò si può utilizzare il sangue intero, specie per gli elementi corpuscolati, il plasma o il siero. Il plasma, come già indicato, si può ottenere in vitro aggiungendo anticoagulanti al sangue intero al momento della sua raccolta. Poi per agevolare la separazione della parte corpuscolata da quella liquida solitamente il campione viene centrifugato. [2, 164, 42]

Tuttavia per alcune indagini, e in particolar modo per molti studi su diverse proteine plasmatiche, è preferibile utilizzare il siero. [2] Questo è un fluido acquoso di colore chiaro che residua dalla

retrazione del coagulo durante il processo di coagulazione e possiede una composizione molto simile a quella del plasma, eccetto per l’assenza del fibrinogeno e degli fattori coinvolti nel processo

coagulativo. [42, 164]

In conclusione di questa breve introduzione, si ricorda che il gatto presenta un volume ematico pari al 6-7% del suo peso vivo, anche se vi sono numerosi fattori che possono variare tale quota in modo anche significativo. [2, 42] Più precisamente di regola il gatto possiede un volume totale di sangue pari a 66,7 ml/kg di peso vivo, un volume eritrocitario di circa 19,9 ml/kg e un volume plasmatico di circa 46,8 ml/kg di peso vivo. (Spink et al. 1966) [2, 42]

(11)

5

CAPITOLO 2

GENERALITA’ SULLE PROTEINE

PARAGRAFI:

1. Introduzione

2. Composizione e conformazione della molecola proteica

3. Proprietà delle proteine

4. Classificazione:

I

Proteine semplici

II

Proteine coniugate:

A

Glicoproteine

B

Lipoproteine

C

Nucleoproteine

D

Cromoproteine

E

Metalloproteine

5. Cenni sul metabolismo proteico

6. Conclusioni

(12)

6

1. Introduzione

In questo capitolo verranno fornite le principali nozioni sulle proteine al fine di comprendere meglio gli aspetti trattati nei capitoli successivi, specie per quanto riguarda le proprietà di questi

fondamentali costituenti organici della materia vivente.

Il termine proteine, dal Greco πρώτοι, che significa primo, è stato utilizzato per la prima volta dal chimico olandese G. J. Mulder nel 1838, appunto per indicare che queste erano le sostanze primarie della materia vivente. [182] Importanti non solo per la struttura ma anche per la funzione

dell’organismo animale e vegetale, le proteine costituiscono un’ampia classe di composti la cui unità fondamentale è data dagli aminoacidi. [182, 117] Questi sono molecole contenenti C, O, N, H e talvolta anche S,ottenute dalla idrolisi delle proteine. Per l’esattezza sono acidi carbossilici in cui un idrogeno in posizione α è sostituito con un gruppo aminico –NH2 ed è inoltre presente un radicale R di natura aromatica, alifatica o eterociclica. [182]

Ogni proteina può essere formata da un numero più o meno grande di aminoacidi, ma la cosa

interessante è che nonostante le proteine negli organismi viventi siano così numerose secondo Mister (1965) solo 20 (22) aminoacidi ordinari concorrono alla loro determinazione. [117, 182] In base proprio ai gruppi carbossilici ed aminici presenti negli aminoacidi ordinari questi possono essere distinti in:

 Monoamino-monocarbossilici, quali alanina, serina, cisteina, fenilalanina, tirosina, triptofano, istidina, metionina, treonina, valina, glicina, isoleucina e leucina;

 Diamino-monocarbossilici, quali arginina e lisina (e ossilisina);

 Monoamino-dicarbossilici, quali acido aspartico, acido glutammico, aspargina e glutamina. Inoltre in molte sostanze proteiche sono presenti degli aminoacidi particolari, gli iminoacidi, dove rispetto ad un semplice aminoacido sono sprovvisti del gruppo aminico e l’azoto è incluso in un anello pirrolidinico. Qui troviamo la prolina (e ossiprolina). [117, 182]

È possibile classificare gli aminoacidi anche in base alla capacità di sintesi da parte dell’organismo animali. Vengono così distinti 11 aminoacidi non essenziali, cioè che possono essere sintetizzati direttamente dall’organismo, e 9 aminoacidi essenziali, cioè che non possono essere sintetizzati dall’organismo, per cui devono essere necessariamente introdotti con la dieta. [182]

Conoscere gli aminoacidi è molto importante perché essendo i costituenti fondamentali delle proteine, con le loro proprietà vanno a condizionare le proprietà delle proteine stesse.

La prima proprietà degli aminoacidi importante da ricordare è senz’altro la polarità. Questa è effettivamente determinata dal radicale connesso all’acido carbossilico. Infatti un radicale può essere non polare, o idrofobico, oppure polare, e quindi idrofilo. [117, 182] A seconda poi del pH della

soluzione in cui si trova immerso può essere scarico oppure carico negativamente o positivamente. Tutto questo conferisce all’aminoacido un’altra proprietà, la solubilità in acqua. [117] Ecco che gli aminoacidi possono essere classificati anche in base alla carica e al grado di solubilità in acqua. [117] La polarità dei vari aminoacidi che costituiscono una certa proteina è poi in grado di condizionare la struttura assunta dalla proteina stessa e quindi la sua polarità e funzione biologica. [182]

Ma gli aminoacidi possedendo sia un gruppo aminico che un gruppo carbossilico di fatto sono

molecole anfotere: sono cioè molecole che nel contempo possono comportarsi sia da acidi che da basi e quindi possono reagire e neutralizzare sostanze sia acide che basiche, formando gli specifici sali.[117] Secondo l’ipotesi di Bjerrum gli aminoacidi in una soluzione acquosa e ad opportuno pH risultano “ioni dipolari”. [117, 182] Tale pH è detto punto isoelettrico. Perciò grazie alla loro struttura, a seconda di come il pH della soluzione in cui sono immersi si discosta dal loro punto isoelettrico questi si comportano o da basi o da acidi. [117] Anche questa proprietà viene poi conferita alle proteine, in base alla composizione aminoacidica risultante. [117]

Gli aminoacidi inoltre, sempre grazie alla loro composizione, possono subire reazioni chimiche caratteristiche, capaci di modificare la loro struttura e quindi poi anche quella delle proteine. [182] Queste reazioni caratteristiche vengono distinte in reazioni del gruppo aminico e reazioni del gruppo

(13)

7

carbossilico e spesso vengono sfruttate per determinare la quantità di aminoacidi all’interno di una soluzione o di una singola proteina. [117, 182]

Appare evidente che se si vogliono conoscere la composizione, la struttura e quindi le proprietà e la funzione di una proteina, prima di tutto è necessario procedere nella sua scomposizione in

aminoacidi attraverso processi di idrolisi chimica o enzimatica. Poi si deve procedere nella determinazione delle singole unità attraverso metodi cromatografici e microbiologici. [117]

2. Composizione e conformazione della molecola proteica

Quando le proteine vengono sintetizzate (per chiarimenti si veda il paragrafo 5 di questo capitolo), ciò che ne risulta è una complessa struttura che in poche parole è costituita da una serie di

aminoacidi, uniti fra loro mediante legami peptidici. L’unione in particolare avviene tra il gruppo carbossilico dell’uno con il gruppo carbossilico dell’altro, con contemporanea eliminazione di una molecola d’acqua. Alla fine del processo gli estremi della catena portano libero da un lato un gruppo carbossilico e libero dall’altro un gruppo aminico. Queste catene prendono nome di peptidi e il legame carbossilico viene definito legame peptidico. [117]

Poiché in un aminoacido vi sono sempre un gruppo aminico e un gruppo carbossilico è chiaro che tra due soliti aminoacidi si possono avere due combinazioni differenti di unione: o l’uno fornisce il gruppo carbossilico e l’altro l’amino o viceversa.[117] Perciò con peptidi composti da numerosi aminoacidi le possibili combinazioni sono elevatissime. Si parla di isomeri differenti dello stesso polipeptide. Ed essendo le proteine formate da più catene polipeptidiche appare chiara l’elevata diversità che queste possono assumere in natura. [117]

Lunghezza, quindi composizione, e numero di catene polipeptidiche variano da una proteina all’altra. Ma ciò che condiziona a fondo le caratteristiche e proprietà delle singole proteine è senza dubbio la loro struttura globale, la conformazione della molecola proteica. Scolasticamente parlando è qui possibile distinguere quattro diversi livelli organizzativi denominati struttura primaria, secondaria, terziaria e quaternaria, oltre ad un complesso di livello più elevato. [117]

La struttura primaria è semplicemente la specifica sequenza di aminoacidi della catena o delle catene polipeptidiche costituenti la proteina. [182] Questo livello ha importanti effetti sulle caratteristiche e funzioni delle proteine, dovuti direttamente alle proprietà dei singoli aminoacidi, secondo la posizione occupata.

La struttura secondaria invece è quel livello organizzativo della molecola proteica che vede il ripiegamento periodico e regolare della o delle singole catene polipeptidiche che compongono la proteina. Ciò porta ad una forma tradizionalmente stabile (Smith 1971) [182] Sono i legami idrogeno che rendono ciò possibile. [117] Ecco che in natura è possibile apprezzare proteine che presentano configurazioni ad α elica o a foglietto β, detto anche a pieghe a catene antiparallele. [182] Sono le uniche configurazioni che permettono alle catene polipeptidiche di raggiungere la massima stabilità strutturale.

Nella configurazione α elica i legami idrogeno si stabiliscono tra i gruppi aminici di un aminoacido e i gruppi carbossilici di un altro aminoacido, localizzato sempre ad una distanza fissa nella catena peptidica (4 residui aminoacidici). [182]

(14)

8

Invece nella configurazione a foglietto β tali legami coinvolgono aminoacidi localizzati a una distanza variabile nella catena polipeptidica. [182]

La configurazione α elica destrorsa è la struttura secondaria più diffusa tra le proteine, sia fibrose che globulari. [182] Si veda per chiarimenti paragrafo 4.

La struttura terziaria è il livello organizzativo della molecola proteica che vede la compattazione delle catene polipeptidiche verso il centro della proteina. [182] Infatti alcune catene laterali che formano certe proteine possono essere idrofobiche e quindi non solubili. Per evitare la

destabilizzazione della struttura accade che queste catene laterali si piegano su se stesse verso l’interno della molecola, così che la parte idrofila resti all’esterno, mentre la parte idrofobica si concentri all’interno. [117] Il tutto è reso possibile da specifici legami idrogeno, ionici, non polari, forze di Van der Walls ed interazioni elettrostatiche. [117] Perciò anche qui diventa importante la composizione molecolare della proteina e quindi la sua struttura primaria. [117]

Nella pratica la struttura terziaria è distinta in globulare o in fibrinosa, anche detta lineare, secondo l’effettiva conformazione assunta per raggiungere la ricercata stabilità da parte delle catene

polipeptidiche. [182] Fatta eccezione per il fibrinogeno a livello plasmatico la struttura assunta più di frequente dalle proteine è quella globulare. [84]

La struttura quaternaria invece non è altro che quel livello organizzativo della molecola proteica che deriva dalla posizione nello spazio assunta dalle catene polipeptidiche dotate della propria struttura primaria, secondaria e terziaria e che costituiscono la proteina. [182] In altri termini la struttura quaternaria è la conformazione assunta dalle varie sub-unità costituenti la molecola proteica. Tali sub-unità sono dette da alcuni Autori protomeri. [117]

Infine per complesso (proteico) si intende il più elevato livello organizzativo di una molecola proteica, derivante dall’associazione di più proteine, ciascuna con una propria attività biologica. [117] Questa conformazione è tipica di complessi poli-enzimatici e corrisponde alla struttura che si realizza in base alla posizione assunta dalle singole proteine costituenti, rispetto alle reciproche. [117]

Se si varia l’architettura molecolare in maniera reversibile (transconformazione) o irreversibile (denaturazione) mediante agenti fisici o chimici senza che si verifichi la rottura dei legami peptidici le proteine perdono lo stesso le loro proprietà, caratteristiche e funzioni biologiche. [117, 182] Appare perciò chiaro che le loro proprietà sono condizionate, oltre che dalla composizione aminoacidica, anche dai vari livelli organizzativi. [117]

3. Proprietà delle proteine

Parlando della composizione e costituzione della molecola proteica è emerso in più punti quanto numerose siano le caratteristiche di questi elementi, sia generali che particolari. Queste

contribuiscono a determinare le proprietà delle proteine e quindi contribuiscono alla loro funzione biologica e strutturale all’interno dell’organismo vivente. Tutti questi aspetti alla fine discendono semplicemente dalle unità costitutive delle proteine: gli aminoacidi. Le proprietà degli aminoacidi si riflettono e determinano conseguenze a livello della struttura delle proteine. Quindi per poter ragionare sulle loro caratteristiche è necessario prima aver compreso bene le caratteristiche degli aminoacidi, nonché i livelli organizzativi a cui possono andare incontro.

(15)

9

In linea generale è possibile affermare che le proteine sono dotate di molte proprietà. Innanzi tutto sono definite molecole colloidali, cioè non diffondono attraverso membrane che lasciano invece passare piccole molecole. [117] Sono molto labili e vengono modificate da numerosi agenti fisici e chimici, in maniera più o meno reversibile. [117] Sono molecole che nel loro comportamento risultano altamente specifiche, grazie alla particolare costituzione. [117] Possiedono una massa molecolare relativamente elevata: si può andare da poche migliaia a milioni di Da, dipende tutto dalla composizione. Così pure vale per le dimensioni: si può andare da 5 a 100 µm. [117] Con queste dimensioni e massa è chiaro che sono capaci di determinare importanti effetti nel sito dove risiedono. Per prima cosa sono otticamente attive, in particolare risultano levogire, cioè determinano la

rotazione della luce a sinistra. [117] Il grado di rotazione tuttavia oltre a variare per ogni proteina, dipende anche dalle condizioni in cui questa si trova, come temperatura, presenza di sali, di acidi o di basi, nonché dalla quantità. Ecco che soluzioni di proteine esposte alle suddette stesse condizioni conducono a un grado diverso di rotazioni della luce, e quindi di rifrazione della luce, in maniera dipendente dalle proteine coinvolte, nonché dalla loro concentrazione. [117] Ciò ha effetti molto importanti anche sullo studio delle proteine, come indicato nel capitolo 5.

Ma le proprietà più importanti di cui godono le proteine discendono direttamente da quelle degli aminoacidi. Sono molecole anfotere e presentano una solubilità in acqua più o meno marcata. [117] Circa il primo aspetto è possibile dire che le proteine sono anfoliti polivalenti. Sono capaci cioè di comportarsi da acidi o da basi secondo le circostanze in cui si trovano. Ogni molecola proteica infatti presenta alle estremità delle varie catene peptidiche gruppi carbossilici e gruppi amici liberi. Ecco che da una parte si crea una carica negativa e dall’altra positiva, in maniera dipendente dal pH. [117] Con il variare del pH della soluzione in cui sono immerse varia la quantità di carica risultante. In particolare a seconda del punto isoelettrico di ciascuna proteina la carica risultante potrà essere positiva o negativa. Se il pH raggiunto è pari al punto isoelettrico di quella proteina, tale proteina assume una carica neutra. [117] In generale è possibile affermare che le proteine in ambiente acido si caricano positivamente, in quanto tendono a fissare protoni. In ambiente alcalino si caricano negativamente, poiché cedono protoni. Di conseguenza si comportano anche da base o da acido a seconda della situazione, formando specifici sali. [182, 117] Questa caratteristica è senz’altro la più importante, in quanto ha risvolti funzionali fondamentali. Condiziona addirittura altre proprietà, come la conduttività elettrica, ma anche la pressione osmotica, la viscosità, il suddetto potere rifrangente e la tensione superficiale. [117] Per non parlare poi dei notevoli risvolti biologici che determina nell’organismo animale. È il caso dell’effetto tampone che le proteine plasmatiche hanno sul pH ematico. [2, 30]

Il pH è inoltre capace di condizionare la solubilità delle proteine. Trattandosi di elettroliti anfoteri la loro solubilità è massima al punto isoelettrico e si riduce con il discostarsi del pH da tale valore, sia che si vada verso l’acidità che si vada verso l’alcalinità. [117] Tuttavia è bene ricordare che tutto dipende dalla composizione aminoacidica e quindi dall’equilibrio di forze che si crea tra le varie catene polipeptidiche. [117] Solitamente perché la molecola sia stabile si verifica una compattazione delle catene polipeptidiche verso il centro della molecola in modo che la parte idrofila resti

all’esterno, mentre la parte idrofoba si concentri all’interno. [182] Ciò è tipico delle globuline, che di conseguenza sono normalmente solubili in solventi polari, come l’acqua. [117] Nei solventi organici invece le proteine sono insolubili. [182] Attenzione però perché le proteine fibrose sono praticamente insolubili in quasi tutti i solventi. [117]

Le proteine disperse in una soluzione possono essere soggette a precipitazione reversibile o

irreversibile. [117] La precipitazione irreversibile si verifica a seguito del processo di denaturazione, operato mediante agenti fisici o chimici. [182] La precipitazione reversibile si verifica invece senza il processo di denaturazione, solitamente tramite l’applicazione di sali neutri.[182]

Conoscere le proprietà delle proteine risulta fondamentale per poter comprendere la loro funzione biologica, ma non solo. Infatti tutte queste caratteristiche possono e vengono sfruttate anche per studiare sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo singole proteine o comunque le proteine

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presenti all’interno di una determinata soluzione. [84] Quindi conoscere tali proprietà aiuta, come indicato nel capitolo 5, a comprendere meglio i metodi della loro determinazione.

Spesso è accaduto che proprio durante l’elaborazione di nuovi metodi per quantificare le proteine sono state svelate ulteriori proprietà o caratteristiche, utili per comprendere gli intimi meccanismi fisiologici in cui sono coinvolte. [117]

4. Classificazione delle proteine

Un sistema univoco di classificazione delle proteine non esiste, a causa senz’altro del loro numero elevato e della loro complessità strutturale. Ecco perciò che possono essere elaborate delle

classificazioni strutturali, fisiche o chimiche.

La classificazione strutturale semplice consiste nel distinguere le proteine in base ai diversi livelli di organizzazione strutturale. Ecco che è possibile riconoscerle a seconda degli aminoacidi presenti nelle catene polipeptidiche costituenti, a seconda della struttura ad α elica o foglietto β, a seconda della struttura globulare o fibrosa (anche detta lineare) e a seconda delle sub-unità costituenti. [182] La classificazione fisica invece distingue le proteine in base semplicemente alla loro solubilità, massa molecolare o densità. [84] Insomma secondo aspetti puramente fisici.

La classificazione chimica invece risulta senz’altro quella più importante, esauriente e valida.

Distingue le proteine in base alla semplice composizione chimica, alla conformazione e alla solubilità. [117] Ecco che per prima cosa definisce due grandi classi di proteine: proteine semplici e proteine coniugate.

I Le Proteine semplici

Le proteine semplici, dette anche oloproteine, sono le proteine costituite solo ed esclusivamente da sequenze di aminoacidi. [182] A seconda della loro conformazione vengono distinte in proteine fibrose o proteine globulari.

Le proteine semplici fibrose sono molecole proteiche costituite da soli aminoacidi, dotate di una struttura terziaria lineare. Sono praticamente insolubili nei solventi acquosi e scarsamente attaccabili dagli enzimi proteolitici. Sono dotate di notevole resistenza grazie alle lunghe catene polipeptidiche che si dispongono parallelamente lungo un unico asse, formando lunghe fibre lineari. [117] Ecco che negli organismi viventi assolvono più che altro a funzioni strutturali. [29] Sono anche dette perciò scleroproteine. Vi rientrano il collagene, l’elastina, la cheratina, la miosina… [117] Le proteine semplici globulari sono molecole proteiche costituite da soli aminoacidi, dotate di una struttura terziaria globulare. Sono perciò molto compatte di forma generalmente sferoidale. Sono di regola molto solubili in solventi acquosi e molto sensibili ad agenti fisici e chimici. [117] Sono proteine che generalmente svolgono una funzione biologica all’interno dell’organismo vivente per le peculiari strutture tridimensionali. [29] Vi rientrano tutte le proteine dotate di ruoli biologici, come ad esempio i pigmenti respiratori, i catalizzatori di processi biochimici, i messaggeri e regolatori (ormoni)… Tra le categorie più importanti che qui si riconoscono sono gli istoni, l’albumina e le globuline. [117]

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II Le Proteine coniugate

Le proteine coniugate, dette anche eteroproteine, sono le proteine costituite non solo da aminoacidi ma anche da sostanze di altra natura. [182] In queste molecole si distinguono due porzioni: quella proteica propriamente detta, cioè costituita da soli aminoacidi, e quella non proteica, detta gruppo prostetico, formata da elementi diversi rispetto agli aminoacidi. [117] Proprio a seconda della natura del gruppo prostetico è possibile distinguere queste proteine in: glicoproteine, lipoproteine,

nucleoproteine, cromoproteine e metalloproteine. A Glicoproteine

Le glicoproteine sono molecole proteiche formate in poche parole da una proteina semplice coniugata in modo covalente con uno o più gruppi prostetici (più o meno complessi) di natura glucidica. [182] In particolare si può trattare di glucidi o loro derivati. Rientrano in questa tipologia di proteine un gran numero di elementi dell’organismo vivente che rivestono più che altro funzione biologica. A seconda della natura del glucide si ottengono infatti molecole con proprietà differenti e quindi anche funzione diversa. [117]

Sinteticamente in vista del capitolo successivo è possibile affermare che anche a livello plasmatico sono presenti importanti glicoproteine, come ad esempio le immunoglobuline.

B Lipoproteine

Le lipoproteine sono molecole proteiche formate in poche parole da una proteina semplice coniugata in modo covalente con uno o più gruppi prostetici di natura lipidica. [182] Tali gruppi protestici di natura lipidica possono avere varia origine e proprio a seconda della tipologia di lipide presente si possono distinguere differenti categorie di lipoproteine. [117] Il legame con il gruppo prostetico sembra derivare dalla interazione tra catene polipeptidiche e lipidi, in base alla loro polarità o non polarità. La cosa importante da ricordare è che, nonostante la composizione, le lipoproteine sono strutturate in modo tale da restare solubili in soluzione acquosa. [117] Esistono negli organismi viventi complessi tra proteine e lipidi che risultano insolubili in soluzioni acquose. Questi sono ben distinti dalle lipoproteine e sono detti proteolipidi. [117] Anche a livello plasmatico esistono specifiche lipoproteine, tuttavia la loro specifica trattazione avverrà nel capitolo 3.

C Nucleoproteine

Le nucleoproteine sono molecole proteiche formate in poche parole da una proteina semplice coniugata in modo covalente con uno o più gruppi prostetici di natura acida. Si tratta in particolare di acidi nucleici. [182] Poiché esistono due tipi di acidi nucleici, il desossiribonucleico (DNA) e il ribonucleico (RNA), si distinguono due tipi di nucleoproteine: le desossiribonucleoproteine e le ribonucleoproteine. [117] Chiaro che le due tipologie di molecole hanno funzioni biologiche specifiche e sicuramente collegati a processi essenziali per la vita.

In maniera sintetica si ricorda che le desossiribonucleoproteine possono essere basiche, come gli istoni, o acide e risiedono nei cromosomi. [117] Le proteine basiche, quindi gli istoni, controllano la trascrizione e la replicazione del DNA, mentre le proteine acide regolano l’espressione genomica. Ambrose ed Easty 1974. [117] Le ribonucleoproteine invece costituiscono organelli sub-cellulari, conosciuti come sede di sintesi proteica: i ribosomi. [117, 182]

D Cromoproteine

Le cromoproteine sono molecole proteiche formate in poche parole da una proteina semplice coniugata in modo covalente con uno o più gruppi prostetici che presentano una composizione chimica tale da attribuire un colore alla molecola stessa. [182] Alcuni Autori inseriscono in questo

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gruppo anche le metalloproteine, discusse più avanti. Infatti spesso questi gruppi prostetici sono di natura metallica. Però secondo altri Autori questa denominazione non è pienamente corretta: ci sono metalloproteine che non sono colorate. Ciò significa che non sempre il metallo impartisce un colore, dipende dalla proteina. Invece questa è proprio la caratteristica delle cromoproteine. [117] Ecco che in base alla natura del gruppo prostetico queste possono essere distinti in:

 Porfiriniche: qui vi rientrano emoglobina, mioglobina, citocromi, enzimi eminici (catalasi, perossidasi) [117]

 Non porfiriniche: qui vi rientrano le flavo-proteine, trasportatrici di H, e le retinale-proteine delle cellule visive. [117]

Sono perciò proteine coinvolte più che altro in processi biochimici o di trasporto. E Metalloproteine

Le metalloproteine sono molecole proteiche formate in poche parole da una proteina semplice a cui sono legati direttamente uno o più atomi di un metallo. [182] Qui il gruppo prostetico è come se non esistesse, perché per dissociare il metallo dalla proteina è necessario alterarne la struttura. Alcuni Autori, come suddetto, le considerano cromoproteine, tuttavia non sempre i metalli riescono a

impartire una colorazione, dipende dalla proteina. E ciò è contrario alle definizione di cromoproteina. [117] Nelle metalloproteine vi rientrano numerosi elementi. Nei vertebrati sono importanti i

metalloenzimi. [117] Si tratta di un numeroso gruppo di catalizzatori di processi biochimici che contengono un metallo, come l’anidrasi carbonica, la carbossipeptidasi, la tirosinasi, l’ascorbico-ossidasi…

5. Cenni sul metabolismo proteico

In questo paragrafo si vogliono fornire brevi indicazioni sul metabolismo proteico al fine di

comprendere meglio gli argomenti trattati nei capitoli successivi, nonché dare una visione di insieme per completare il quadro generale.

Come per tutti i costituenti fondamentali della materia vivente anche le proteine, a maggior ragione, sono soggette a un metabolismo, dove si distinguono processi di sintesi e processi di demolizione. Questo significa che all’interno dell’organismo animale c’è sempre una entrata e una uscita di questi costituenti. In condizioni fisiologiche le perdite sono molto contenute, anche se l’organismo vivente è sempre soggetto a un continuo rimodellamento e costruzione. Ciò fa si che ci sia sempre una costante necessità di queste sostanze. I processi metabolici provvedono a tutto ciò. Tramite l’alimentazione nuovi principi sono introdotti nell’organismo, che li elabora, li immagazzina (eventualmente), li utilizza e li trasforma. Infine li elimina. In condizioni fisiologiche questo processo è bilanciato. [29] Nel caso delle proteine però è da ricordare che si tratta di elementi molto complessi e di cui

l’organismo ha una estrema necessità. Non possono essere immagazzinati e non possono essere sintetizzati a partire da altri elementi. [117] Appare chiaro che il metabolismo proteico è uno dei più delicati e complicati all’interno dell’organismo animale.

Senza una introduzione con l’alimentazione di una adeguata quantità e qualità di proteine

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prima di tutto vi è l’età e lo stato fisiologico dell’animale, in virtù proprio di questo continuo rimodellamento, costruzione, ricostruzione a cui è soggetto ogni organismo vivente. [29]

Tutto il metabolismo proteico ovviamente passa tramite le loro unità costituenti, gli aminoacidi. L’assorbimento a livello intestinale, la sintesi proteica, il catabolismo proteico vede sempre e comunque interessato l’aminoacido. [117]

A livello intestinale è fondamentale il loro assorbimento. Però nell’alimento difficilmente ci sono aminoacidi liberi. Ecco che l’apparato gastroenterico deve prima provvedere a scomporre le proteine alimentari in aminoacidi oppure, al massimo, in di- o tri-peptidi e poi ad assorbirli. Da qui passano nel sangue, costituendo una certa quota di azoto non proteico, e vengono distribuiti a tutti i tessuti dell’organismo, dove avviene la sintesi proteica. Normalmente quasi tutti i distretti dell’organismo animale sintetizzano proteine, tuttavia le cellule coinvolte più di altre in questo processo sono quelle epatiche e del sistema immunitario. [29]

A livello epatico tuttavia vi confluiscono anche gli aminoacidi ottenuti dai processi di

transaminazione, a esclusiva localizzazione epatica, e di idrolisi delle proteine preesistenti. Tutte queste contribuiscono al così detto “pool degli aminoacidi”. [29] Ben due terzi di questo pool deriva dalle proteine preesistenti. [117] Quindi all’interno dell’organismo animale c’è un costante ri-arrangiamento degli aminoacidi per la realizzazione di elementi di natura proteica o anche non proteica.

Infatti gli aminoacidi possono essere poi impiegati anche nella realizzazione diretta o indiretta di elementi di natura non proteica. La sintesi proteica rappresenta solo una parte del destino degli aminoacidi e per questo scopo è necessaria una loro ampia disponibilità, in termini sia di numero che di tipologia. [117]

Come indicato nel paragrafo 1, gli aminoacidi necessari sono venti, di cui undici possono essere realizzati direttamente dall’organismo a partire da altri mediante processi di transaminazione, mentre nove devono necessariamente essere introdotti con l’alimentazione. [182] Da qui la necessità di una alimentazione quantitativamente e qualitativamente corretta.

È interessante però considerare anche gli altri destini a cui gli aminoacidi possono andare in contro. Innanzitutto possono essere impiegati nella sintesi di composti azotati non proteici, come le basi azotate, catecolamine, porfirine… Tramite i già citati processi di transaminazione inoltre possono essere utilizzati per sintetizzare aminoacidi non essenziali. [117]

Altrimenti possono essere metabolizzati e subire il processo di desaminazione. [182] Questo si verifica prevalentemente nel fegato e nel rene e comporta la separazione del gruppo aminico dal resto dell’acido carbossilico. [182] L’ammoniaca così ottenuta ha una serie di destini metabolici, mentre i residui carboniosi altri.

L’ammoniaca può essere metabolizzata a livello epatico tramite il ciclo di Krebs-Henseleit, conosciuto anche come ciclo dell’urea, per via del metabolita che ne deriva. [182] Oppure può essere impiegata nella sintesi della glutammina, specie nei tessuti diversi dal fegato, dove la sintesi di urea non può avvenire. In alcune specie animali può essere trasformata, tramite apposita via metabolica, in acido urico. In altre può essere addirittura eliminata come tale a livello urinario. [182, 117]

Eventualmente a partire dall’aminoacido alinina, tramite l’ALT o GPT, l’ammoniaca può di nuovo essere unita ad un’ α-chetoacido, l’α-chetoglutarato, per la sintesi di glutammato (Sallach e Iavien, 1969). Questo è un aminoacido monoaminodicarbossilico con catene laterali polari cariche,

fondamentale nel metabolismo proteico, perché solo questo aminoacido può donare il gruppo aminico ai diversi α-chetoacidi nei processi di transaminazione. [117] Tra l’altro poi il glutammato può rientrare nella sintesi della glutammina, neutralizzando un’altra molecola ammoniacale. [117] Il residuo carbonioso invece solitamente viene ad essere trasformato in composti utili per la realizzazione di aminoacidi non essenziali o per la produzione di energia. [29,182, 117] Infatti a livello epatico e in misura minore a livello renale questi residui carboniosi vengono trasformati in α-chetoacidi, acetil-CoA e acetoacetato. [117]

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Gli α-chetoacidi come suddetto possono essere impiegati nella sintesi di glutammato e nei processi di transaminazione. [117] Ma alcuni possono entrare direttamente nel ciclo di Krebs, producendo energia oppure, per via inversa, glucosio. [182]

Sempre energia e glucosio si possono ottenere a partire dall’acetil-CoA. [182] Ma questa molecola, oltre ai processi gluconeogenetici, può partecipare ai processi liponeogenetici. Può infatti essere impiegato nella sintesi di acidi grassi, gliceridi e perfino colesterolo. [182] Da qui si apre chiaramente un altro mondo di vie metaboliche, come ad esempio la sintesi di ormoni steroidei o acidi biliari. [117] L’acetoacetato può costituire insieme all’acetil-CoA (in assenza di acido ossalacetico) corpi chetonici. [182] Perciò a partire da proteine possono attuarsi anche processi chetogenetici. [117]

Appare chiaro quanto importanti siano le proteine anche dal punto di vista metabolico e quindi quanto siano strettamente connesse con molteplici processi fisiologici.

6. Conclusione

A questo punto si dovrebbe avere un po’ più di chiarezza sulle proprietà delle proteine e sui diversi processi biochimici che le riguardano.

La complessità del mondo proteico e il numero così elevato di differenti tipi di proteine fanno comprendere chiaramente l’importanza di queste molecole per il corretto funzionamento

dell’organismo animale. Al termine di questo capitolo è perciò facile da dedurre le molteplici attività svolte dalle proteine. Si va dalle funzioni più elementari, come quelle strutturali, meccaniche e di salvaguardia dell’integrità fisica, a quelle più elevate. Tra quest’ultime si riconoscono:

 Funzioni di trasporto di elementi utili all’organismo, quali metaboliti, sostanze varie e gas respiratori; [182]

 Funzioni respiratorie, per la partecipazione a processi biochimici ossidativi; [182]

 Funzioni di catalizzatori di processi metabolici, come gli enzimi; [182]

 Funzione di regolazione di processi fisiologici, come gli ormoni proteici; [182]

 Funzione di difesa nei confronti di agenti infettivi o tossici, come le immunoglobuline, le citochine… [182]

 Funzione di emostasi, sia per quanto riguarda la sua realizzazione (emostasi secondaria e terziaria), sia per quanto riguarda la sua regolazione, nel momento in cui il sangue fuoriesce dai vasi; [29]

 Funzioni connesse ai processi biologici che coinvolgono gli acidi nucleici, come le nucleoproteine. [182]

Perciò queste molecole, così straordinarie, si ritrovano ovunque all’interno dell’organismo animale e sono spesso coinvolte in processi che ancora oggi non sono stati completamente chiariti. [117] Appare evidente che nel momento le proteine presenti a livello di uno o più distretti corporei si modificano qualitativamente e/o quantitativamente o comunque si altera il funzionamento del loro metabolismo l’organismo animale va incontro a stati patologici più o meno importanti. [84]

Da molti anni a questa parte la biologia e la medicina si sono impegnati a studiare proprio tutti questi aspetti. [117] E’ chiaro che molta attenzione è dedicata alle proteine presenti a livello ematico, in quanto il sangue, viste le sue proprietà e funzioni, diventa in genere un ottimo elemento per esplorare lo stato di un organismo animale. [84, 117]

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CAPITOLO 3

LE PROTEINE PLASMATICHE

PARAGRAFI:

1. Introduzione

2. Sintesi e funzione delle proteine plasmatiche

3. Fattori che influenzano le proteine plasmatiche

4. Descrizione delle proteine plasmatiche

5. Reazione della fase acuta

6. Normali proteine sieriche

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1. Introduzione

Come già indicato nel capitolo 1, il plasma dell’animale adulto è costituito per il 90-92% da acqua e per il restante 8-10% da residuo solido. Questo comprende in ordine crescente: gas respiratori ed inerti, sostanze organiche, sostanze inorganiche e composti azotati di origine proteica. Questi ultimi di per se costituiscono ben il 6-7% del plasma totale.[2, 42] Qui è bene chiarire subito il concetto che esiste una differenza tra composti azotati e composti azotati di origine proteica. Infatti per composti azotati si intende l’insieme delle sostanze organiche contenenti azoto e quindi vi rientrano sia quelle di origine proteica che quelle di origine non proteica. [42, 117, 85] I composti azotati di origine non proteica sono pur sempre composti azotati come le proteine, ma da quest’ultime ne differiscono perché non sono di origine proteica e quindi non presentano le caratteristiche delle proteine. Si tratta di numerosi elementi normalmente presenti in modeste quantità nel plasma che rientrano semplicemente nei composti organici. Sono urea, acido urico, allantoina, creatina, creatinina, glutatione, xantina, ipoxantina, ammoniaca e aminoacidi. [2, 42, 182]

Invece le proteine, costituendo ben il 95% dei composti azotati del sangue, raggiungono concentrazioni significative all’interno del plasma ematico. [85] Tali concentrazioni sono state oggetto di studio da parte di numerosi Autori, ognuno dei quali ne ha indicato differenti valori. Probabilmente a questa discrepanza di risultati hanno influenzato numerosi fattori, sia inter che intra-individuali, che verranno accuratamente discussi nel paragrafo 3 di questo capitolo. Inoltre è sempre da tener presente il tipo di campione su cui vengono studiate le proteine: esiste una

importante differenza tra siero e plasma, come indicato nel capitolo 1.

In generale è possibile affermare che nelle specie aviarie la concentrazione delle proteine

plasmatiche totali tende ad essere inferiore rispetto a quella dei mammiferi. In particolare si hanno valori che oscillano tra i 4,0 g/100ml e 5,2 g/100ml. (Sturkle, 1976) Invece nei mammiferi domestici si hanno valori che oscillano tra i 5-6 g/100ml e i 7 g/100ml. [84, 85]

Si tratta perciò di valori considerevoli se rapportati alle altre componenti ematiche, pur sempre molto abbondanti come il sodio e il glucosio. [29]

Nelle proteine plasmatiche, come indicato nel capitolo 1, vi rientrano una serie di elementi, alcuni molto abbondanti, altri meno. Tra le proteine presenti in quantità elevata si ricordano l’albumina, le globuline e il fibrinogeno. Tra quelli presenti in quantità più o meno ridotta si ricordano le

immunoglobuline, gli enzimi ed alcuni ormoni. [42, 2] Oltre a queste poi si aggiungono una serie di proteine spesso difficilmente indagabili a causa della loro quantità veramente ridotta oppure a causa della loro micro-struttura. [42] Si tratta di proteine che solitamente appartengono a sistemi

complessi, coinvolti nella regolazione di numerosi processi fisiologici o fisiopatologici, come le

chinine, le citochine, i fattori stimolanti la crescita o la proliferazione cellulare oppure le proteine che regolano il sistema complemento o il sistema coagulativo-fibrinolitico. [105, 139, 40] Si tratta perciò di elementi più o meno complessi, in genere sono semplici polipeptidi, a basso peso molecolare, presenti in concentrazioni ridottissime a livello ematico, ma capaci di esercitare imponenti effetti biologici. [105, 139] Sono coinvolti nella regolazione dell’omeostasi all’interno dell’organismo animale, consentendo il funzionamento dei suddetti processi fisiologici e fisiopatologici. [105, 139] Sono elementi ancora oggi spesso poco conosciuti e presenti a livello ematico in forma inattiva. Ecco che diventano oggetto di interesse solo quando l’attività di regolazione da essi operata non è più efficace e quindi si sviluppano determinati processi patologici. [105] Una descrizione più dettagliata è riportata nel paragrafo 4.

Nei successivi paragrafi 2 e 3 verranno riassunti aspetti relativi alla sintesi e funzione delle proteine plasmatiche nel loro insieme, nonché aspetti relativi a tutti quei fattori che possono condizionare la concentrazione, funzione e metabolismo di questi costituenti fondamentali della materia vivente. È chiaro però che informazioni molto più dettagliate saranno fornite nel paragrafo 4, quando verranno descritte le singole proteine plasmatiche. Qui verrà indicata anche l’eventuale posizione assunta dalle varie proteine nel tracciato elettroforetico, poiché molti Autori [186, 112] preferiscono distinguerle proprio in base alla loro mobilità elettroforetica. Tuttavia tale approccio non risulta

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molto pratico negli animali, perché le differenze di specie in questo contesto possono essere veramente elevate e quindi è necessario fare i dovuti distinguo. [84, 85]

2. Sintesi e funzione delle proteine plasmatiche

In questo paragrafo verranno fornite solo le generalità per quanto riguarda la sintesi e le funzioni delle proteine plasmatiche. Per ulteriori dettagli si rimanda al paragrafo 4, dove verranno descritte le singole proteine. Ecco che qui lo scopo è ottenere un’immagine d’insieme, utile per affrontare gli argomenti trattati nei paragrafi e capitoli successivi.

Come già più volte indicato le proteine plasmatiche sono un insieme di macromolecole notevolmente eterogenee per quanto riguarda le caratteristiche chimico-fisiche, l’origine e la funzione.

Però in generale è possibile affermare che la maggior parte delle proteine plasmatiche sono

sintetizzate e secrete dagli epatociti e dalle plasmacellule, nel caso specifico delle immunoglobuline. [84, 85, 165, 150] Ma numerose altre strutture partecipano al processo di sintesi delle proteine plasmatiche, si pensi alle numerose altre componenti del sistema immunitario, quali linfociti, monociti, macrofagi e altre cellule del sistema reticolo-endoteliale, oppure si pensi alle cellule endoteliali, adipose, connettivali, epiteliali… [119, 84, 85, 150]

Poi come indicato nel capitolo 1 tra le proteine plasmatiche rientrano anche gli enzimi. Quelli endogeni sono prodotti e secreti in larga misura dal fegato, ma quelli non plasma specifici o esogeni sono enzimi prodotti da strutture anche molto distanti dal fegato. [42] Si tratta di enzimi che si riversano nel sangue a causa di problematiche più o meno importanti che hanno interessato una certa struttura dell’organismo animale. [150] Sono presenti solo in piccole quantità a livello del plasma, in quanto non è lo specifico sito dove esplicare la loro azione biologica. [2]

Per quanto riguarda invece gli ormoni proteici, questi sono prodotti da specifiche cellule a funzione endocrina, organizzate a formare dei veri e propri organi, come nel caso dell’ipofisi, oppure disperse in altre strutture, come nel caso delle cellule dell’apparato iuxtaglomerulare, le cellule del sistema APUD, le cellule endocrine dell’apparato gastroenterico o del polmone. [144, 105]

Alcuni composti di origine proteica presenti normalmente a livello plasmatico possono essere prodotti ad un certo livello e poi essere modificati da numerose altre strutture, come nel caso delle lipoproteine.

Tutte queste sostanze possono esercitare le loro funzioni a livello plasmatico e/o in altre sedi, subendo modificazioni più o meno significative. Possono così essere degradate, modificate circa la loro conformazione e composizione o comunque impiegate nel metabolismo cellulare. [2, 42] Solitamente vengono degradate a livello epatico o reticolo-endoteliale, in quanto le perdite

fisiologiche a livello renale, cutaneo o gastrointestinale risultano molto limitate. [150] In alcuni casi le quantità catabolizzate giornalmente sono costanti, in altri invece sono proporzionali alla

concentrazione delle proteine in questione. Quindi tutto dipende dalla singola molecola. [150] Alcuni processi catabolici sono finemente regolati da complessi meccanismi omeostatici. Più fattori possono intervenire nella regolazione dei livelli ematici delle singole proteine plasmatiche. Si delinea così un quadro di sintesi ed eliminazione molto complesso ed articolato, dove alla base vi è sempre un controllo genico. [182, 117, 84]

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Lo scopo è quello di ottenere a livello plasmatico concentrazioni delle varie proteine tali da

consentire una loro corretta funzione. A questo proposito si ricorda che ogni proteina può esercitare una o più funzioni a livello plasmatico e/o altrove. [150] Dipende dalla componente in questione. In generale è possibile riconoscere una serie di funzioni di base che derivano dalla loro natura, composizione, struttura e proprietà, nonché dalla sede in cui si ritrovano. [150]

In particolare si evidenziano le seguenti funzioni generali:

 Funzioni di trasporto di elementi utili all’organismo, quali metaboliti, sostanze

metabolicamente attive, sostanze di per se non solubili in acqua. Si pensi all’albumina e a tutte le proteine di trasporto, anche di elementi inorganici; [84, 85, 2, 42]

 Funzioni di catalizzatori di processi metabolici, tra cui anche quelli ossidativi. Si pensi a tutti gli enzimi esogeni; [182]

 Funzione di regolazione del metabolismo cellulare. Si pensi agli ormoni o alle citochine; [139, 144]

 Funzione di difesa da agenti infettivi o tossici. Si pensi alle immunoglobuline, alle componenti del sistema del complemento o alle batteriocine; [136, 138, 105]

 Funzione di emostasi. Si pensi alle componenti del sistema coagulativo e fibrinolitico; [106, 166]

 Funzione di prevenzione dai fenomeni litici. Si pensi alle anti-proteasi o a tutte le proteine con potere antiossidante; [165]

 Funzione di nutrizione e fornitura di composti azotati a tutti i tessuti dell’organismo. Si pensi in primo luogo all’albumina; [2, 42, 84, 85]

 Funzione di protezione dell’integrità dell’organismo animale. Si pensi alle proteine della fase acuta o alle componenti del sistema delle chinine; [165, 150, 105]

 Funzione di regolazione del pH ematico. Si pensi un po’ a tutte le proteine plasmatiche che con le loro proprietà sono in grado di provvedere in piccola parte al tamponamento del sangue; [30, 117]

 Funzione di mantenimento della pressione oncotica plasmatica. Si pensi in primo luogo all’albumina ma comunque a tutte le proteine plasmatiche. [165, 19, 173]

La pressione oncotica plasmatica, detta anche pressione colloidosmotica, è la pressione che si crea, in questo caso a livello ematico, grazie alla presenza di particelle o soluti osmoticamente attivi, distinta dalla pressione idrostatica. [165]

Ogni comparto dell’organismo animale ha una propria pressione idrostatica e una propria pressione osmotica. Ecco che secondo l’ipotesi di Starling tra due differenti comparti si viene sempre a creare un certo gradiente di pressione, dato dalla somma delle differenze tra le relative pressioni

idrostatiche ed oncotiche. [2, 42, 29] Perciò anche a livello ematico, tra sangue e fluido interstiziale è valida tale ipotesi. In entrambi i comparti infatti c’è una certa pressione idrostatica e una certa pressione oncotica, dipende dalla concentrazione dei soluti o dalle particelle colloidali. Il gradiente che si viene così a creare risulta fondamentale per il mantenimento del volume ematico. [2, 42, 29, 165]

Perché si crei questo gradiente infatti è semplicemente necessario che due fluidi con differente concentrazione di soluti o particelle colloidali siano separati da una membrana semipermeabile. [2, 42, 29]

Nel sangue per particelle o soluti colloidali si intendono quelle macromolecole che sono troppo piccole per essere soggette alla gravità ma troppo grandi per attraversare le pareti dei vasi e quindi

membrane semipermeabili. [165, 19, 173] Si tratta appunto di proteine plasmatiche con massa molecolare superiore a 30 kDa e una taglia compresa tra 1nm e 1 µm. [2, 42, 29] Ecco che l’albumina di per se contribuisce a circa il 75-80% della pressione colloidosmotica del plasma, viste le sue proprietà e la sua concentrazione a livello plasmatico. [165] Anche le altre proteine presentano proprietà osmotiche, però in misura differente e più che altro presentano concentrazioni differenti. Ecco che tutte assieme determinano un certo gradiente. Tuttavia non sono da dimenticare anche le altre proprietà di cui godono le proteine plasmatiche, secondo quanto indicato al paragrafo 3 del

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capitolo 2. Infatti sono molecole che si comportano da anfoteri , cioè in base al loro punto isoelettrico (pI) al variare del pH della soluzione in cui si trovano possono comportarsi da acidi o da basi, ovvero possono caricarsi negativamente o positivamente. [182, 117] Ecco che a livello ematico, con pH pari a 7,4, molte proteine “intrappolate” nel letto vascolare si caricano negativamente. Queste proteine non diffusibili così caricate generano un effetto sugli elettroliti presenti che prende nome di effetto Gibbs-Donnan. [42, 84, 19, 173] Cioè accade che le proteine non diffusibili all’interno del plasma generano una carica risultante negativa, per cui gli elettroliti diffusibili, che possono di regola attraversare agevolmente le membrane semipermeabili, tendono a distribuirsi tra i due comparti non solo in base al gradiente di concentrazione ma anche in base al gradiente di carica. Per la ricerca dell’elettro-neutralità gli elettroliti tendono a muoversi tra il comparto plasmatico e il comparto interstiziale così da bilanciare la carica negativa delle proteine plasmatiche. [19, 173] Ecco che all’interno del plasma ci sono più cationi diffusibili, come il Na+, rispetto all’interstizio. [165] Il raggiungimento di questo equilibrio dettato dall’effetto Gibbs-Donnan partecipa alla determinazione della pressione osmotica, poiché regola la distribuzione dei soluti o particelle tra due comparti separati da membrane

semipermeabili. [173] In particolare questo equilibrio può essere calcolato come prodotto della concentrazione dei cationi per la concentrazione degli anioni di ciascun comparto. Questi valori devono equipararsi. [19, 173] I cationi, muovendosi verso il plasma per neutralizzare la carica negativa delle proteine, determinano il passaggio di anioni verso l’interstizio in modo tale che i loro prodotti siano uguali. [19, 173]

La pressione colloidosmotica del sangue è essenzialmente la stessa del plasma in quanto gli elementi figurati del sangue non sono particelle osmoticamente attive. [2, 42, 165]

Per quanto riguarda il siero è invece necessaria una precisazione in quanto come indicato nel capitolo 1 questo differisce dal plasma per l’assenza di una serie di proteine plasmatiche, quali fibrinogeno e altri fattori coinvolti nel processo coagulativo. Seppure la differenza del contenuto proteico è molto ridotta e non coinvolge concretamente l’albumina, che come sopra indicato è la protagonista del processo, si può affermare che in definitiva la pressione colloidosmotica del plasma sia leggermente superiore a quella del siero. [165]

Poiché il gradiente di pressione che si viene a creare secondo la suddetta ipotesi di Starling tra due comparti separati da una membrana semipermeabile dipende anche da questa importante pressione colloidosmotica appare ovvio che nel momento in cui si altera per processi para-fisiologici o patologici possono insorgere problematiche nei vari distretti del corpo dell’animale anche molto importanti. [2, 42, 29] Il mantenimento della corretta pressione idrostatica, garantita dalla attività cardiaca e dal tono vasale, nonché il mantenimento della corretta pressione colloidosmotica a livello plasmatico, associata ad una normale permeabilità vasale, risulta fondamentale perché il sangue possa svolgere tutte le sue funzioni. Solo così viene garantito il corretto scambio con tutti i tessuti dell’organismo animale di quelle sostanze indispensabili per il loro adeguato funzionamento.

3. Fattori che influenzano le proteine plasmatiche

Come anticipato nei precedenti paragrafi di questo capitolo le proteine plasmatiche sono soggette ad una serie di fattori fisiologici, se è possibile così definirli, che possono condizionare la loro sintesi, funzione e metabolismo e quindi di conseguenza la loro concentrazione a livello plasmatico. Questi fattori possono essere distinti in endogeni od esogeni all’organismo animale.

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Importanti fattori endogeni sono quelli relativi al segnalamento del soggetto. Specie, razza, sesso ed età possono condizionare in maniera notevole le proteine plasmatiche. Ma risultano importanti anche altri fattori endogeni, come lo stato fisiologico e lo stato di salute del soggetto. [84, 85, 165, 150]

Poi vi sono i fattori esogeni, come la nutrizione, i trattamenti farmacologici, la presenza di agenti stressanti, che in realtà possono condizionare in modo significativo anche gli effetti che i fattori endogeni hanno sulle proteine plasmatiche. [84, 85, 165, 150]

In base alla specie può variare la composizione qualitativa ma anche quantitativa delle proteine plasmatiche presenti in un certo soggetto. [84, 85] Può accadere che alcune componenti in una certa specie siano in concentrazione così ridotta da non risultare praticamente misurabili oppure

presentano una struttura diversa al punto tale da avere poi proprietà ed effetti diversi. [165] Tra i fattori intraspecifici è da considerare in primo luogo la razza di appartenenza. Questo risulta un fattore da lungo tempo discusso. [84, 85, 165] Già verso la metà del 1900 era emersa l’importanza di questo fattore. [18] Studi recenti hanno messo in evidenza che per molte specie e a maggior ragione quella felina esistono differenze di razza significative circa le proteine plasmatiche. [145] In particolare queste differenze riguardano la concentrazione delle proteine totali o di altre frazioni oppure singole componenti. [145]

Nel caso della specie felina l’albumina non sembra modificarsi in base alla razza. [145]

Però in generale dagli studi genetici condotti è emerso che nelle differenti razze feline vi sono ampie diversità genetiche, che potrebbero influenzare anche la sintesi e il metabolismo delle proteine plasmatiche. [111] Non è inoltre da dimenticare che in molte specie la razza costituisce un fattore di rischio non indifferente per quanto riguarda l’insorgenza di numerose malattie, che tra l’altro spesso coinvolgono proteine plasmatiche, come nel caso dell’amiloidosi nel gatto abissino o persiano o la FIP nel gatto birmano. [145]

Tra l’altro differenze circa la composizione quali e quantitativa delle proteine plasmatiche sono state descritte anche tra le varie etnie di Homo sapiens. Kelley-Hedgepeth A. et al. 2008. [145]

Anche il sesso può determinare piccole differenze. [145] In normali condizioni fisiologiche tra maschi e femmine sono state rilevate differenze scarsamente significative circa le proteine plasmatiche. [145]

Discorso diverso però meritano le modificazioni che si possono riscontrare nei soggetti di sesso femminile in corso di particolari condizioni fisiologiche come la gravidanza o la lattazione. Durante queste condizioni le modificazioni quantitative delle proteine plasmatiche possono essere notevoli [145, 84, 85]

In corso di gravidanza solitamente si registra la riduzione della concentrazione delle proteine totali per riduzione della concentrazione dell’albumina, anche se specie nell’ultimo periodo le globuline tendono ad aumentare. Questo è particolarmente vero per il bovino, dove un mese prima del parto incrementano specie le γ-globuline. Poi poco prima del parto si ha un brusco calo, dovuto alle richieste del tessuto mammario. [84, 85, 180]

Durante tutta la lattazione le proteine totali restano piuttosto basse, specie al picco, sempre per via delle ingenti richieste da parte della ghiandola mammaria. [84, 85, 180]

Tuttavia nella cavalla tali modificazioni non sembrano essere presenti. [74] Modificazioni

ragguardevoli sono state rilevate anche nelle specie aviarie durante il periodo di ovodeposizione. [85] Nella specie canina, invece, durante la gravidanza sono state rilevate l’incremento di un gruppo particolare di proteine dette proteine della fase acuta (vedi paragrafo 5 di questo capitolo) che determinano anche l’incremento delle proteine totali. L’aumento di queste proteine sembrerebbe legato al momento in cui l’embrione si impianta nell’utero. [180]

L’età è un altro fattore capace di determinare differenze significative circa le proteine plasmatiche. [84, 85, 165, 145] In generale è possibile affermare che nell’animale giovane le proteine totali sono ridotte rispetto all’animale adulto e nell’animale anziano tendono ulteriormente ad aumentare grazie all’incremento delle γ-globuline, anche se l’albumina si riduce. [84, 85, 165]

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