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L'occupazione delle Midlands Orientali: distribuzione e analisi dei siti militari romani in rapporto al territorio, al popolamento ed alla viabilita della Britannia

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici

L’Occupazione delle Midlands Orientali: distribuzione e analisi dei siti

militari romani in rapporto al territorio, al popolamento e alla viabilità della

Britannia

RELATORE

Prof. Simonetta MENCHELLI

Candidato Jacopo LUCCHESI

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1

Indice

Introduzione

... 3

1. Aspetti e caratteristiche dell’occupazione romana in Britannia ... 7

1.1. La Britannia nella tarda età del ferro. ... 7

1.2. L’invasione romana nelle fonti scritte ... 11

1.3. Dati archeologici ed estremi cronologici ... 17

1.4. L’occupazione militare romana: campi, forti e strade ... 24

2. L’occupazione militare delle Midlands Orientali ... 38

2.1. La civitas e il territorio dei Corieltauvi ... 38

2.2. La popolazione della tarda età del ferro ... 44

2.3. La viabilità ... 49

2.4. I siti romani collegati alla viabilità ... 53

2.5. Campi temporanei e forti al di fuori del sistema viario principale ... 66

3. Modalità e Caratteristiche dell’Occupazione Romana nelle Midlands

Orientali ... 76

3.1. Sinossi dei siti militari ... 76

3.2. Alla ricerca di un confronto: i Dobunni ... 86

3.3. Le fortezze legionarie e la Fosse Way: l’avanzata romana e

l’occupazione del territorio ... 95

3.4. Analisi e prospettive di ricerca ... 101

Illustrazioni ... 107

Bibliografia ... 130

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3

Introduzione

La Gran Bretagna è una terra unica per molti aspetti. Uno dei più evidenti è la sua posizione geografica, che ha rappresentato per i suoi abitanti un ostacolo ma a più riprese nella storia anche un vantaggio, in questo suo rapporto dicotomico ma imprescindibile con il continente che affonda le sue radici nella preistoria. Questa sua caratteristica ha avuto un ruolo anche nel periodo romano e almeno all’inizio ne è stata il tratto distintivo, se Catullo, quando a Roma erano ormai giunte notizie nuove e più precise grazie alle spedizioni di Cesare, cantava ancora degli «ultimos[…] britannos»1, e influenzò in larga parte anche il pensiero delle generazioni successive di cittadini romani. Ma non solo: questa sua caratteristica di isolamento e di lontananza costrinse l’impero ad uno sforzo economico e militare notevole per conquistarla e forse ad uno ancora maggiore per mantenerne il controllo. L’unione di altre caratteristiche peculiari di quest’isola, cioè il clima e la particolare predisposizione degli antiquari britannici hanno permesso la conservazione e lo sviluppo di un interesse profondo per gli aspetti militari della civiltà romana e per le sue tracce archeologiche, che hanno permesso in tempi più recenti lo sviluppo di una tradizione di studi universalmente rispettata. Le possibilità concesse da quest’isola per lo studioso che si vuole avvicinare agli aspetti e alle problematiche della archeologia e della storia dell’esercito romano sono molteplici e le fonti talvolta inestimabili e uniche, come il Vallo di Adriano. D’altra parte, è proprio l’ampia sopravvivenza delle tracce archeologiche relative a siti ed insediamenti di carattere militare che aiutano in maniera decisiva gli studi in tal senso e che hanno permesso alle ricercatrici e ai ricercatori di proporre ipotesi e teorie che non riguardassero solo le abitudini o le caratteristiche specifiche di siti o unità militari ma anche le pratiche belliche e le vicende stesse dell’invasione e dell’espansione romana sull’isola.

Un territorio che si presenta come particolarmente ricco di queste testimonianze e promettente per gli studi è quello delle Midlands Orientali, regione centrale dell’isola che si è trovata in una posizione chiave per le attività romane e lo sviluppo della provincia e che è stata interessata dalla realizzazione di vari tipi di insediamenti militari, dai campi temporanei alle fortezze legionarie, e ha mantenuto tracce evidenti della viabilità dell’epoca. Molte di queste opere possono inoltre essere datate ai primi anni della presenza romana sull’isola, durante il I secolo d.C., permettendo di mettere in collegamento la loro realizzazione con le attività svolte da Roma sul suolo di una nuova conquista e sono state di conseguenza oggetto di svariati studi. Talvolta però queste ricerche non hanno avuto un adeguato supporto dai dati di scavo ed anzi spesso insediamenti e siti hanno ricevuto solo scavi d’emergenza, sondaggi o piccoli interventi localizzati, non riuscendo in molti casi a fornire notizie precise. In anni più recenti sono aumentate le ricerche più strettamente archeologiche e scientifiche, ma è mancato il

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4 tentativo di riunire i nuovi dati per poterli discutere da un punto di vista sistemico, mentre alcuni siti sono semplicemente rimasti in disparte e non hanno più ricevuto attenzioni da parte degli studiosi. Di fronte a questo quadro che presenta un terreno fertile per le ricerche, il presente elaborato si ripropone di analizzare le tracce della presenza militare romana nelle Midlands Orientali allo scopo di presentare uno sguardo d’insieme delle conoscenze attuali e approfondire quanto detto dagli studiosi riguardo alle prime fasi della conquista romana. In particolare, è interessante quanto si può dedurre dall’analisi delle posizioni dei siti, sia assolute che rispetto a viabilità ed altri insediamenti, ma anche rispetto a quanto noto della popolazione locale e delle culture dell’età del ferro, dal momento che le analisi più recenti aprono nuove prospettive in questi settori e permettono nuove proposte e nuove riflessioni. Vedremo allora come la disposizione degli insediamenti romani, impostata principalmente sulle arterie stradali di Ermine Street e della Fosse Way, presentino almeno due fasi distinte e come si vengano a posizionare in una maniera peculiare rispetto ai siti dell’età del ferro e soprattutto in relazione alle diverse situazioni che le forze romane dovettero affrontare. Avvaloreremo poi questa riflessione tramite il confronto con un’altra area della Britannia che come vedremo presenta caratteristiche affini, il territorio fra la bassa valle del Severn e le colline Cotswolds, nella Inghilterra occidentale. Per l’intero lavoro ci è venuta in aiuto un’altra caratteristica peculiare della Gran Bretagna e cioè la familiarità dei ricercatori per le tecnologie moderne e internet, unito all’interesse delle autorità locali per la divulgazione in rete, che ha portato alla nascita di diversi siti utili a rintracciare informazioni di livello scientifico su insediamenti e aree archeologiche e che forniscono anche riferimenti precisi alla bibliografia. Spesso queste pagine web presentano anche mappe e mappature dei siti e dei luoghi di interesse archeologico, sia organizzate da singoli studiosi, come M. C. Bishop e S. Kaye2, sia gestite da varie autorità e gruppi locali3. Lungi dal pretendere di arrivare a conclusioni di alcun genere, il presente elaborato vuole mettere in risalto l’esclusiva e vantaggiosa situazione presentata dalle Midlands Orientali come punto di inizio di una riflessione sulle modalità dell’occupazione romana della Britannia, cercando di sottolineare le potenzialità di sviluppo della ricerca e di evidenziare i campi e i siti archeologici il cui studio e approfondimento può migliorare la nostra conoscenza su questo affascinante momento della storia dell’isola e dell’Impero. Inoltre, si vuole anche mettere in risalto la possibilità di riconoscere nello specifico le fasi di ingaggio dell’occupazione di un territorio da parte dell’esercito romano, per auspicare il possibile allargamento della ricerca in merito anche ad altre aree della Britannia e del resto dell’impero.

La buona riuscita di questo lavoro, conclusione di un percorso complicato ma stimolante, è in gran parte merito dei saggi consigli e dell’infinita pazienza dei miei

2 Banda Arch Geophisics (http://www.bandaarcgeophysics.co.uk) e The Secret History of Roman Roads

(romanroadsinbritain.info).

3 Archaeological Data Service dell’Università di York (https://archaeologydataservice.ac.uk), Historic

England (https://www.pastscape.org.uk) e Vici (https://vici.org) fra i più utili. Interessante anche la pagina in inglese di Wikipedia sulla Britannia Romana, (Wikipedia – Roman Britain https://en.wikipedia.org/wiki/Roman_Britain).

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5 maestri: la mia relatrice, professoressa Simonetta Menchelli, e il professor Maurizio Paoletti. Ad entrambi vanno i miei più sinceri ringraziamenti. Non posso non ringraziare anche il dottor Stefano Genovesi per i consigli preziosi e sempre competenti che mi ha saputo dare nel corso degli anni ed anche per questa dissertazione. Questo lavoro non sarebbe però mai giunto a compimento se non fosse stato per il costante, imprescindibile e talvolta giustamente inflessibile supporto dei miei cari, di Serena Puccinelli e dei miei amici più vicini, alcuni dei quali hanno svolto un ruolo diretto nel lavoro e meritano il giusto ricordo e la mia gratitudine: ringrazio quindi Claudio Graziani per i consigli e i lavori svolti per buona parte delle cartine che corredano il mio lavoro e Giacomo Vannucci per l’aiuto datomi nella comprensione e nelle successive riflessioni relative ai calcoli geometrici e algebrici delle dimensioni e della composizione dei campi di marcia. L’ultimo ringraziamento, ma non per importanza, va a Paolo Coniglione e ai miei colleghi con cui ho condiviso il percorso di studi e che hanno passato con me il tempo sulle proverbiali ‘sudate carte’.

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1. Aspetti e caratteristiche dell’occupazione romana in

Britannia

1.1. La Britannia nella tarda età del ferro.

Quando Claudio, poco dopo essere stato acclamato imperatore dai pretoriani, designò la Britannia come luogo ideale per ottenere legittimazione per la sua carica4, l’isola era ormai entrata a far parte degli interessi romani da diverso tempo e potrebbe essere lecito parlare di una vera e propria sfera di influenza. Erano passati quasi cento anni da quando il dominio della città latina aveva raggiunto le coste settentrionali della Gallia e Cesare aveva tentato le prime avventure sull’isola britannica, e si erano intensificati i rapporti commerciali, calcando rotte già utilizzate dai mercanti attraverso la Manica5.

Inevitabilmente la società della tarda età del ferro subì degli influssi notevoli e si attivarono dei processi socioculturali che ebbero anche conseguenze politiche, fino alla fuga di Verica alla corte imperiale che fornì a Claudio un legittimo casus belli per l’invasione. Gli studi, protostorici e non solo, si sono soffermati a lungo sulla questione e attualmente è stato stabilito un quadro abbastanza chiaro delle culture materiali del periodo, che nella terminologia scientifica anglosassone viene indicato con la definizione «Late Pre-Roman Iron Age» (LPRIA) e che comprende il periodo dal secondo quarto del II secolo a.C. all’invasione romana del 43 d.C., e un suo approfondimento sembra funzionale alla questione dell’occupazione militare e della formazione della provincia.

Per quanto riguarda gli aspetti culturali di questo periodo, fra gli anni Ottanta e Novanta gli studiosi hanno affrontato criticamente le informazioni provenienti dalle fonti con particolare attenzione alla distinzione, figlia dei resoconti di Cesare6, fra un meridione più civilizzato e avanzato tecnologicamente e un settentrione selvaggio e arretrato, dove non era ancora arrivata l’agricoltura, e sono stati in grado di rilevare come la situazione presentasse una maggior complessità7. L’area coinvolta per prima dall’invasione romana, quella centro-meridionale dalla costa alle regioni delle

4 Salway 1997, 55 e ss.; Mattingly 2007, 54 e ss. V. cartina 1 e 2.

5 Cfr. Rippon 2008; Millett 1990, 31-34; Jones & Mattingly 1990, 57-61. V. cartina 3. 6 Caes., BG 4. 20-36 e 5. 2-24.

7 Millett 1990 9 e ss.; d’altra parte, la parte settentrionale dell’isola e il Galles erano popolati da culture

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8 Midlands, presenta un’articolazione tipologica e geografica complessa fra i vari elementi della cultura materiale, che spesso ha resistito al tentativo di farla coincidere con la localizzazione geografica delle varie civitates della successiva provincia romana8. Quello che sembra possibile appurare con una buona dose di certezza è che nella fase finale di questo periodo, in coincidenza con l’aumento della frequenza e dell’intensità dei contatti con i romani, nell’isola si innescano dei processi che portano alla modifica di diversi aspetti di questo quadro culturale, in particolare nell’accogliere in maniera sempre maggiore le merci di valore, quali vino e olio, dal continente9 e l’aumento della diffusione delle coniazioni monetali10. Tali sviluppi sono generalmente riconosciuti come segno di un rafforzamento delle élites e di una maggior centralizzazione delle società, con conseguenti contrasti interni e conflitti esterni11.

Una delle differenziazioni principali e per noi più interessanti in cui si sono cimentati questi studi è stata quella delle caratteristiche insediative. L’analisi delle loro differenti tipologie a livello geografico ha permesso di rilevare come nella Britannia centro-settentrionale sia presente una prevalenza di grandi insediamenti difesi di pianura o altopiano nel sud e nell’est (chiamati oppida nella terminologia scientifica, che potevano essere punti di riferimento tribali o insediamenti del clan dominante, ma che ricerche più recenti associano anche a pratiche di culto o commerciali12), mentre a settentrione e a occidente prevalgono insediamenti più frammentati, con una fascia intermedia fra queste due aree caratterizzata dalla presenza di molti centri d’altura difesi, detti «hillforts» dagli studiosi inglesi13. L’organizzazione degli insediamenti permette quindi di analizzare le forme di società locali correlando la tipologia di insediamento con l’organizzazione sociale di una determinata popolazione, e vari studi sono stati portati avanti su questa impostazione14. La presenza di un insediamento principale, più grande degli altri presenti nei dintorni e magari anche posto in una posizione strategica, fa pensare a una società maggiormente gerarchica, dove un leader tribale o comunque una tribù detiene maggior potere sugli altri componenti della

8 Tale difficoltà è sottolineata bene in Moore & Reece 2001, 18; per una riflessione sulla pratica di cercare

di associare le civitates alle popolazioni locali v. Salway 1990, 20 e ss.; per uno studio generale ma approfondito delle popolazioni preistoriche dell’LPRIA è fondamentale Cunliffe 1991.

9 Millett 1990, 29 e ss.; Cunliffe 1991, 541 e ss.

10 Tematica molto approfondita dagli studiosi, una sua disamina più specifica porterebbe però troppo

distanti dall’argomento della trattazione. Per informazioni sulla distribuzione v. Millett 1990, 13-15, Jones & Mattingly 1990 50-56 con immagini, per un’analisi più approfondita v. Haselgrove 1993.

11 Salway 1990, 35-39. 12 Cfr. Reece & Moore 2001. 13 Millett 1990, 15-17 e 16 fig. 4.

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9 comunità, situazione questa che genericamente caratterizza l’area centro-meridionale e orientale dell’isola15, mentre un gran numero di abitati dalle dimensioni piccole o

mediamente uniformi, o addirittura come spesso accade singoli edifici o fattorie difesi, presuppone una società poco unita e decentralizzata, situazione tipica dell’est (Cornovaglia e Galles) e dell’Inghilterra settentrionale. Con l’avanzare dell’LPRIA si mettono in moto dei processi di proto-urbanizzazione che vedono la nascita di oppida e insediamenti principali, più o meno difesi, anche nelle zone dove in precedenza il popolamento era sparso16 e questi processi vengono messi in relazione con quanto abbiamo già detto delle modifiche culturali che la Britannia subisce con l’aumento dei contatti dal continente con conseguente aumento del potere delle élites e concentrazione del potere. Una zona di notevole interesse è quella delle Midlands Orientali, che sembra essere associabile allo schema del popolamento sparso e come tale presenta la nascita di insediamenti più grandi solo nell’ultima fase dell’età del ferro, tra fine del I secolo a.C. e inizio del I d.C. Il suo territorio è stato per molto tempo considerato povero e culturalmente arretrato, senza una produzione ceramica locale con una tradizione alle spalle e senza una propria monetazione17. Non solo, ma i loro vicini settentrionali, i Brigantes, erano considerati più avanzati e dinamici poiché si poteva attribuire loro un’ampia serie monetale. Studi più approfonditi però, uniti a diverse scoperte archeologiche, hanno permesso di chiarire il quadro. In particolare, il primo passo verso questo ampliamento delle conoscenze venne dalla riattribuzione a quest’area di quelle emissioni monetali che prima erano state associate ai Brigantes18. Inoltre, sebbene non si abbiano grandi informazioni sulla cultura locale dell’età del Bronzo19, possiamo

vedere come la ceramica sia diffusa abbastanza chiaramente in quest’area, soprattutto a partire dalla metà del I millennio a.C.20 arrivando per la media età del ferro (fra IV e II secolo a.C.) a produrre uno stile proprio, che si può ritrovare diffuso su tutto il territorio delle Midlands Orientali21. Quest’area in epoca romana risulta occupata dalla civitas dei Corieltauvi, ma le prove dell’esistenza di una tribù con questo nome sono ben poche, dato che dalle fonti scritte non arriva nessuna notizia di una popolazione indigena con un tale nome, e le testimonianze archeologiche danno i primi accenni di una vera

15 Cunliffe 1991, 213 e ss.

16 Cfr. Jones & Mattingly 1990, 47-50. 17 Todd 1991, 1-4.

18 Cfr. Allen 1963, 135 e ss. 19 Cfr. Cunliffe 1991, 49 e ss. 20 Ibid., 73.

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10 coesione solo nell’LPRIA avanzato22; la discussione a riguardo è ancora aperta e

dovremo approfondirla in seguito.

Sul quadro dell’occupazione dell’LPRIA che abbiamo delineato gli studiosi hanno poi sovrapposto le informazioni sulle tracce dell’occupazione di epoca romana ed è stato evidenziato che i Romani ponevano spesso i loro forti in relazione agli insediamenti locali23: la scelta di posizionare un forte è associabile alle forme di popolazione locali, con la presenza dei legionari che viene accostata all’insediamento principale nel caso di una struttura gerarchica con un singolo centro più importante, mentre si trovano vari forti presso ai vari siti di un’area a popolamento più diffuso24. D’altra parte, è necessario

valutare con le dovute riserve la relazione fra gli oppida e l’organizzazione sociale delle popolazioni cui questi insediamenti erano riferibili, anche perché ci si presentano davanti situazioni varie, senza molte caratteristiche omogenee e casi in cui per lo stesso gruppo più siti assurgono a una certa importanza col trascorrere del tempo, fornendo quindi un quadro difficile da chiarire25. Certamente però gli anni successivi al successo

militare di Claudio furono decisivi per l’avanzata e il consolidamento della Provincia romana26. Segni evidenti dell’espansione romana di questo periodo sono stati rinvenuti nella regione del Dorset, territorio dei Durotriges, dove fu portata avanti dal futuro imperatore Vespasiano27, ma altre evidenze sono venute alla luce anche nelle Midlands e nel territorio dei Corieltauvi. L’obbiettivo di questo lavoro è analizzarle per scoprire cosa possono segnalarci riguardo all’occupazione romana in questa zona e quali caratteristiche tipiche possiamo rilevare; a tale scopo è necessario partire da un approfondimento delle fonti a disposizione, per chiarire anche alcune questioni storiche e metodologiche propedeutiche al proseguo del nostro studio.

22 V. Todd 1991 4-8 e Cunliffe 1991, 175-179. 23 Millett 1990, 48 e ss.

24 Ibid., 48-49.

25 Ne è un esempio la situazione dei centri dei Brigantes (cfr. Millett 1990, 54-55) o, appunto, quello dei

Corieltauvi (cfr. Todd 1991, 4 e ss.), le quali presentano alcuni siti

26 V. cartina 2.

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1.2. L’invasione romana nelle fonti scritte

Quando Claudio si trovò a capo dell’Impero Romano capì il valore propagandistico di un’invasione dell’isola, che permetteva al nuovo imperatore di emulare la famosa impresa di Cesare. Si può inoltre ipotizzare che ci fossero, oltre a motivi economici, anche sincere motivazioni politiche e militari: il gruppo di principi britanni rifugiati a Roma potrebbe avere avuto influenza decisiva e la crescita del regno incentrato attorno alle due città di Camulodunum (Colchester) e Verulamium (St. Albans) poteva essere una forza gravemente destabilizzante in Britannia28. Del resto, i grossi preparativi per coinvolgere nella campagna, o almeno nella sua parte finale, lo stesso Claudio insieme persino a degli elefanti va a sottolineare fortemente il carattere propagandistico di tutta l’impresa29. Di conseguenza, questa si concluse con il tanto anelato trionfo per Claudio

e con un ampliamento dei domini di Roma, finendo per essere inevitabilmente oggetto di trattazione di storici e scrittori antichi. Purtroppo, riguardo al periodo dell’invasione e dei successivi primi anni di esistenza della provincia di Britannia abbiamo a disposizione solo i resoconti, lacunosi, delle attività di Claudio e dei primi governatori nelle opere storiche di Tacito e di Cassio Dione, mentre altre fonti, come Svetonio, ne parlano senza approfondire le dinamiche della vicenda. I Corieltauvi non vengono mai nominati da queste fonti, ma possiamo comunque analizzare questi scritti per trarre informazioni generali che possono aiutarci a capire come i romani affrontarono la conquista della Britannia e in particolare del territorio della Midlands. Una delle informazioni più interessanti che ci vengono da queste opere è la notizia che nella loro espansione verso ovest i Romani hanno potuto beneficiare degli aiuti di diversi capi che si sono sottomessi diventando probabilmente veri e propri re clienti30; vedremo come

questo può avere significato all’interno della nostra trattazione.

Riassumere quanto sappiamo dalle fonti scritte sulla conquista claudiana e sui primi anni della provincia non sembra fuori luogo, soprattutto dal momento che queste informazioni sono servite spesso agli studiosi per raffinare la datazione e colmare le lacune o le incertezze del dato archeologico, talvolta correndo il rischio di piegare tale

28 Salwat 1997, 47 e ss.; cartina 1. 29 Id., 58-59.

30 La storia ci ha tramandato in particolare il nome di Tiberio Claudio Cogidubno, re degli Atrebates,

certamente un re cliente data l’adozione dei nomina imperiali; conosciamo anche la vicenda del re degli

Iceni Prasutago, che portò alla rivolta di sua moglie Boudicca, ma in questo caso si può parlare con

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12 dato all’interno della cronologia nota31. Le fonti ci raccontano come nel 43 d.C., dopo

alcuni fatti militari facilmente favorevoli ai romani, l’imperatore in persona giunse e concluse la campagna guidando l’attacco al nemico, che si era rifugiato nell’oppidum di Camulodunum, e costringendolo alla resa, se con la semplice forza o anche tramite l’uso della diplomazia non ci è dato saperlo32. Le informazioni più dettagliate per gli anni successivi alla conquista ci vengono dalle opere di Tacito, e soprattutto dal suo Agricola. Partendo da un territorio provinciale che andava grossomodo dalle coste sudorientali dell’isola alla valle del Tamigi e oltre nei territori meridionali del moderno Essex, il comandante della spedizione e neogovernatore Aulo Plauzio fu impegnato per quattro anni a rafforzare la provincia e a espandere l’area di influenza romana nelle Midlands e non solo33. Ruolo fondamentale fu giocato dalla flotta, che fornì supporto

alle truppe di terra ma certo si impegnò anche in iniziative offensive, di effetto soprattutto psicologico, come ce ne dà testimonianza Tacito a proposito della successiva campagna di Agricola34; non a caso sulla costa sono state rinvenute diverse basi di

rifornimento datate a questo periodo35. Quando la forza non fu necessaria le popolazioni divennero regni clienti, come già accennato. In questo periodo, si può collocare l’ingresso dell’area delle Midlands Orientali nella sfera d’influenza romana, anche se non abbiamo riferimenti più precisi su quali rapporti politici intercorressero fra il popolo dei Corieltauvi e i romani in questo momento. Il compito di portare avanti l'avanzata in questa zona sembra sia stato assegnato alla IX legione Hispana, con il supporto di diverse unità di ausiliari36. Le fonti scritte però non sono di grande aiuto nel descrivere la conquista dei territori delle Midlands Orientali, come accennato, poiché il loro intento principale è narrare gli avvenimenti più importanti che in questo periodo riguardano le guerre che si stanno dirigendo verso il Galles e i focolai di rivolta che il capo Carataco stava lì fomentando.

Ostorio Scapula successe a Plauzio come governatore nel 47 d.C., giunto sull’isola dovette placare dei sommovimenti tra le popolazioni sottomesse e infine, essendo ormai vicino l’inverno, cominciò i preparativi per la spedizione in Galles dove Carataco si era rifugiato ed organizzava la resistenza antiromana. Probabilmente già l’anno successivo

31 V. cartina 2 per un riassunto su mappa delle prime vicende militari sull’isola. 32 Cass. Dio, 60. 20-21.

33 Ibid., 61. 25. 34 Tac., Agricola 29

35 Jones & Mattingly 1990, 66 e 67 cartina 4:4; Fulford 2000, 45-48. 36 Salway 1997, 73; Keppie 2000.

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13 lanciò un’offensiva nel nord del Galles contro i Deceangli, presto ritirata a causa di una sommossa scoppiata presso i Brigantes, poi nel 49-50 d.C. intraprese una campagna nel Galles centro-settentrionale per affrontare Carataco, con cui ingaggiò battaglia riuscendo a sconfiggerlo. La sconfitta costrinse il leader britanno a riparare nel territorio dei Brigantes, dove però fu messo in catene dalla regina Cartimandua e consegnato ai Romani che lo portarono a Roma per il trionfo, durante il quale ricevette la grazia dall’imperatore. I presidi romani nel territorio dei Silures, nel Galles meridionale, si trovarono però in difficoltà di fronte alla resistenza delle popolazioni del luogo e alla loro guerriglia, subendo alcune sconfitte militari, culminate con la distruzione di un intero distaccamento di legionari, accaduta prima dell’arrivo del nuovo governatore chiamato a sostituire Scapola, morto improvvisamente nel 52 d.C.37. Il nuovo

governatore, Didio Gallo, risolse questa crisi ma non si organizzò per lanciare nuove operazioni. Motivo di questo potrebbe essere stato il grave problema insorto presso i Brigantes, dove la regina Cartimandua, si scontrò con suo marito Venuzio riguardo all’atteggiamento della tribù nei confronti dei Romani, costringendo le legioni romane ad intervenire ben due volte nel giro di poco tempo per mantenere il carattere filoromano del loro governo. In seguito, l’atteggiamento del governatore fu molto prudente, forse non per carenze nel carattere personale come ci dice Tacito, ma più probabilmente a causa di direttive dall’alto, dato che la morte di Claudio nel 54 d.C. provocò l’ascesa al trono di Nerone, poco interessato forse a proseguire un’impresa che portava lustro principalmente al suo predecessore38. Un cambio in questa politica fu portato dalla nomina a governatore di Quinto Veranio nel 57 d.C. il quale aveva una buona reputazione militare e appena giunto sull’isola intraprese una campagna energica contro i Silures, ma resta difficile accertare l’entità del suo successo dal momento che morì nello stesso anno39 e che quel popolo continuò ad essere una spina nel fianco per i governatori successivi. La designazione di Svetonio Paollino come nuovo governatore era chiaramente intesa a proseguire l’espansione in Galles, essendo un generale veterano, e tale designazione portò subito risultati positivi. La rivolta di Budicca però interruppe la serie di successi del governatore, che forse sarebbe riuscito a completare la sottomissione del Galles.

Questa insurrezione avvenuta tra il 60 e il 61 d.C. ci è relativamente ben nota grazie

37 Tac., Agricola 14.1. 38 Salway 1997, 61. 39Tac., Agricola 14.4.

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14 alla testimonianza di Tacito e di Cassio Dione40. Gli eventi che condussero all’insurrezione sono centrati inizialmente sulla morte di Prasutago, re degli Iceni e cliente leale dell’impero. In seguito a questo evento si decise di annettere il regno alla provincia, processo malamente condotto dal procuratore imperiale, Deciano Catone. Budicca, sposa del re, le sue due figlie e altri componenti dell’élite della tribù furono sottoposti ad umiliazioni e a sevizie41. Il risentimento che ne nacque non fu contenuto per due fattori principalmente: il grosso dell’esercito era distante, impegnato nella campagna contro l’isola di Mona insieme al governatore, e pure i vicini degli Iceni, i Trinovantes situati nell’immediato sud del territorio iceno, erano a loro volta in grande agitazione, principalmente a causa della colonia romana stabilita a Camulodunum. I veterani che l’abitavano vessavano la popolazione locale, che aveva dovuto partecipare ingentemente alle spese per la costruzione del tempio di Claudio ivi costruito. Deciano Catone richiamò alle armi questi veterani ma vi inviò poche truppe in supporto, e il tentativo di aiuto da parte di un distaccamento composto da buona parte della IX legione e guidato dal legato Petillio Ceriale fu colto in un’imboscata e completamente distrutto, almeno nella sua parte appiedata. La colonia così poco difesa cadde in breve tempo, fu saccheggiata e distrutta e i rivoltosi si diressero quindi verso Londinium, sede del procuratore e probabilmente già anche del governo della provincia, causando la fuga di Deciano Catone che riparò sul continente. Il governatore, informato dei fatti, fece ritorno in tutta fretta dal fronte, Giunse a Londra speranzoso di ritrovare adunate tutte le forze stanziate nella Britannia meridionale, ma la sua speranza fu frustrata e fu costretto ad abbandonare la città, ritirandosi con le truppe probabilmente da dove era venuto per ricongiungersi col grosso del suo esercito. Londra fu così saccheggiata, la popolazione massacrata, e la stessa sorte toccò poco dopo a Verulamium. Nonostante a questo punto la rivolta cominciasse ad infuriare per tutta la Britannia romana alcuni territori rimasero leali, come il regno cliente di Cogidubno e la Cornovaglia, controllata dalla fortezza legionaria di Exeter il cui legato, forse preoccupato dal rischio di un’insurrezione42, non

mosse la sua II legione per intervenire contro la rivolta.

A questo punto Boudicca si diresse velocemente contro i nemici. L’esatto sito dello scontro è sconosciuto ma la battaglia fu un grande successo per i Romani, sebbene la conseguente morte della regina (forse avvelenata), non bastò a placare la rivolta, che fu

40 Tac., Annales XIV, 29-39 e Agricola 14-16; Cass. Dio, 62. 1-12. 41 Tac., Annales 14. 31.

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15 soppressa col pugno di ferro. Svariati siti archeologici presentano per questo periodo le tracce lasciate dai metodi di intervento Romani, con assedi, incendi e distruzioni. Mentre la repressione andava avanti però il governatore entrò sempre di più in contrasto col nuovo procuratore imperiale, G. Giulio Alpino Classiciano, e i sommovimenti non erano ancora placati quando fu sostituito da P. Petronio Turpilliano, nel 61 d.C. Nel periodo successivo alla rivolta non sorprende che i governatori non siano ricordati per i loro successi militari. Buona parte dell’impegno dovette essere profuso nel consolidare di nuovo la provincia e certamente l’imperatore non avrebbe autorizzato nuove iniziative su vasta scala, essendo ancora fresco nella memoria il disastro appena sfiorato43. È probabile quindi che Tacito44, criticando il lavoro dei due governatori Petronio Turpilliano (61-63 d.C.) e M. Trebellio Massimo (63-69 d.C.) stesse (forse deliberatamente) ignorando il fatto che i due stavano semplicemente obbedendo agli ordini. Un corollario a questa assenza di imprese militari che spesso viene trascurato è che i governatori furono molto probabilmente buoni organizzatori e costruttori di forti, e molti dei forti neroniani che sono giunti fino a noi è possibile che siano relativi a questa fase45. L’attività espansiva riprese solo dopo la morte di Nerone nel 68 d.C. e la guerra civile che ne conseguì. I governatori nominati dalla nuova dinastia imperiale dei Flavi proseguirono le conquiste e il consolidamento della provincia britannica risolvendo definitivamente il problema della sottomissione del Galles e dei Brigantes, rivolgendosi poi ulteriormente a nord durante gli anni settanta del secolo.

Da questa analisi delle informazioni che abbiamo ricevuto dalle fonti, integrate con alcune riflessioni storiografiche moderne, è possibile circoscrivere quella che è la prima fase dell’espansione romana nell’isola, secondo uno schema già evidenziato dagli storiografi moderni46. Certamente la rivolta di Boudicca obbligò i romani a segnare il passo nella loro avanzata attraverso il territorio britannico ma è altrettanto vero che, al netto delle lacune nelle fonti, sembra chiaro dagli storici romani che con la fine del governatorato di Aulo Plauzio le problematiche immediate presentate dai territori dell’Inghilterra centro-meridionale erano stati risolti e lo sguardo dell’esercito romano era già rivolto al Galles e ai Brigantes, con i quali si era cercato un accordo politico. Con l’attenzione storiografica dirottata altrove, dobbiamo quindi affidarci al dato archeologico per capire come i romani affrontarono la conquista delle Midlands ed è

43 Mattingly 2007, 113-114 e Salway 1997, 97-98. 44 Tac., Agricola 16.

45 Salway 1997, 91-94.

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16 allora necessario ricavare informazioni dalle tracce lasciate direttamente dalle legioni, attraverso lo studio delle testimonianze archeologiche lasciate dalla loro presenza.

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1.3. Dati archeologici ed estremi cronologici

Come è risaputo la Gran Bretagna è un territorio particolarmente fruttuoso per gli studi archeologici sull’esercito romano, per un concorso di diverse cause: in primis certamente la motivazione storica, le cui radici sono ancora oggetto di dibattito tra gli storici, che ha portato alla costante presenza di almeno due legioni e svariate unità di ausiliari sull’isola; in secondo luogo le motivazioni più direttamente archeologiche con la fortuna di una alto numero di siti militari venuti alla luce, la presenza dei due valli e le caratteristiche geografiche e climatiche che hanno permesso la sopravvivenza di tracce che in altri contesti sarebbero ormai andate perdute, come i «cropmarks» che hanno consentito di ritracciare strade e campi militari. Di fronte ai limiti delle fonti scritte di cui abbiamo parlato, gli studiosi si sono dedicati quindi fin da subito alla ricerca e all’analisi di questi resti archeologici, dando origine ad una tradizione scolastica la cui autorità è universalmente riconosciuta. Purtroppo però le tracce risalenti ai primi anni della presenza romana in Britannia sono spesso difficili da leggere all’interno del dato archeologico e soprattutto, come abbiamo visto dalle fonti scritte, la successione a breve termine delle attività dei vari governatori e le informazioni che abbiamo sulla rapida crescita del territorio provinciale in questo periodo spesso contrasta con la scarsa precisione delle datazioni ottenibile dalla maggior parte dei contesti archeologici, soprattutto per l’età giulio-claudia e ciò a spesso causato l’associazione di determinati forti, edifici o reperti a precisi eventi storici o al periodo di governo di un dato governatore.

Un primo argomento di dibattito che ci coinvolge direttamente e che possiamo legittimamente andare ad analizzare è proprio all’origine dell’intera vicenda romana sull’isola e si tratta dalla ricostruzione della spedizione di conquista e delle sue vicende47. Le ricerche in tal senso si sono concentrate nella zona sud-orientale dell’isola

e hanno cercato di applicare le notizie storiche ai dati archeologici e alle caratteristiche geografiche, ma le prime difficoltà scaturirono fin dall’individuazione del luogo di sbarco. Le fonti scritte, in particolare Cassio Dione che ci fornisce il resoconto più dettagliato della spedizione48, non riportano né il luogo di partenza né quello di attracco, che però sicuramente dovrà essere stato sufficientemente ampio e strutturato in modo

47 Fra la gran quantità di pubblicazioni a riguardo segnaliamo le esposizioni riassuntive in Jones &

Mattingly 1990, 65 e ss., Millett 1990, 40 e ss. e Salway 1997, 55 e ss.; per il dibattito sulla questione v. Hind 1989 e 2007, Frere & Fulford 2001, Black 2000 e Fulford 2000.

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18 tale da accogliere una flotta di ingenti dimensioni49, e se c’è sempre stato accordo sul primo, riconosciuto nel sito di Boulogne da dove partì anche Cesare50, sul secondo si aprì subito il dibattito. Le due direttive tradizionalmente ritenute più favorevoli sono quella che si dirige verso il sud dell’isola, per cercare lo sbarco nella serie di insenature della costa di Hampshire e West Sussex, attorno a Portsmouth, e quella che invece costeggia il Kent cercando un luogo di sbarco sulle ampie spiagge della costa orientale dell’isola, dalla fine delle scogliere bianche di Dover fino alla foce del Tamigi.

Entrambe le aree hanno riportato alla luce dei resti risalenti al primo periodo della conquista ed entrambe sono conosciute come punti di origine di percorsi stradali che si dirigono verso il Tamigi e Londra. In particolare, nel sito di Chichester, cittadina importante del West Sussex non troppo lontana da Portsmouth e affacciata su un’ampia baia, dove poi sorgerà un insediamento di dimensioni importanti si trovava un forte romano di buone dimensioni e risalente all’età della conquista, ed inoltre alcuni scavi hanno portato alla luce tracce di fortificazioni riferibili a fasi precedenti al vero e proprio insediamento militare51. Nell’altra area invece sono state ritrovate delle tracce superficiali, poi in parte approfondite tramite scavo archeologico, riferibili ad una fortificazione temporanea che sembra proteggere un’area di spiaggia abbastanza ampia nei pressi della cittadina di Richborough, anch’esso un sito militare che con la formazione della provincia raggiungerà un buon grado di importanza e che ha presentato tracce evidenti databili al periodo della spedizione claudiana52. La scoperta di questi siti e la mancanza di elementi chiaramente dirimenti hanno causato un accesso dibattito a cavallo fra anni Ottanta e Novanta, che si è trascinato fino agli albori del nuovo secolo senza raggiungere una conclusione definitiva, ma il sito di Richborough sembra avere più elementi, dalle correnti marine alla coerenza con le informazioni delle fonti scritte, passando per le tracce archeologiche53, che le fanno ottenere maggiore

49 Sebbene sia una questione ancora non del tutto risolta e chiarita, gli studiosi sono generalmente

concordi sul numero di uomini di cui doveva essere composta la spedizione, circa 40.000 sebbene resti aperta la questione della possibile presenza di una quarta legione in aggiunta alle tre che molto probabilmente componevano il corpo di spedizione principale. Gran parte delle trattazioni scientifiche sul tema a cui abbiamo fatto riferimento prendono le mosse proprio dai calcoli delle dimensioni della spedizione e del possibile numero di navi necessarie al suo trasporto: Salway 1997, 59-60; Frere & Fulford 2001, 53; Black 2000, 7-8.

50 Salway 1997, 66. 51 Hind 2001, 103.

52 Frere & Fulford 2001, 48.

53 La discussione sulle dimensioni effettive dell’area protetta dal fossato del sito di Richborough,

interpretato come difesa della zona di sbarco, sebbene colga il punto nell’evidenziare come l’area probabilmente non potesse essere sufficiente per ospitare tutte le navi della forza di spedizione, manca di considerare la possibilità dell’esistenza di altri punti di sbarco non noti e anche della pratica di non

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19 credibilità e seguito da parte della comunità scientifica.

La diatriba fra gli studiosi ha riguardato anche il percorso seguito dalle legioni dopo lo sbarco e le vicende successive. Sono state proposte varie identificazioni sui luoghi degli scontri che ci vengono descritti da Cassio Dione54 e varie interpretazioni sul contenuto di questi passi delle fonti antiche sostanzialmente dipendenti dall’identificazione del luogo di sbarco, cercando di capire soprattutto quale potesse essere il fiume dove avviene lo scontro iniziale e se mai esso sia effettivamente esistito. Anche il luogo esatto del secondo e più importante scontro è oggetto di discussione, anche se è universalmente riconosciuto che nel grande fiume ai confini del territorio dei Catuvellauni si possa riconoscere senza indugi il Tamigi55, mentre permangono dubbi su quale potesse essere il guado sfruttato dai romani e le paludi di cui ci riporta lo storico romano56. Quello che archeologicamente da più conferme sulla vicenda raccontata dagli

autori antichi è proprio il sito di Camulodunum, le cui vicende storiche sono state ricostruite grazie agli scavi effettuati e che testimoniano bene le vicende dell’oppidum tribale dei Catuvellauni e della successiva colonia romana57. Qua le prime fasi dell’occupazione romana sono evidenti e databili proprio al periodo dell’invasione58,

confermando il successo della spedizione di Claudio e il nascere del primo nucleo della provincia romana. La sua posizione veniva quindi a trovarsi non lontano dai confini delle Midlands, che si configuravano come uno dei territori eleggibili per le nuove conquiste dell’Impero. Lo stesso arrivo in massa dei romani aveva messo in allerta tutti i popoli britanni, non solo quelli chiaramente ostili nei loro confronti, e una traccia decisiva sul loro atteggiamento ci giunge da un passo di Cassio Dione, che viene sempre citato e analizzato nelle trattazioni a riguardo e che segnala come Aulo Plauzio ricevette una delegazione di un popolo, i Dobunni, che chiedeva un’alleanza per liberarsi dalla stretta dei Catuvellauni59. La notizia che alcune tribù britanne presentarono offerta di alleanza con Roma al momento dello sbarco dei romani sull’isola, effettuato tra l’altro in territorio amico o comunque controllato da personalità in buoni rapporti con la

portare in secca tutte le navi utilizzate nel trasporto delle truppe ma di lasciarle piuttosto ormeggiate a largo, ove possibile (v. Cesare, BG 5. 9-10). A proposito cfr. Frere & Fulford 2001, 48-49.

54 Hind 2007; Frere & Fulford 2001; Per un’analisi basata sulla portata dei fiumi e in generale

sull’idrografia v. Kaye 2014.

55 Salway 1997, 29-31. 56 V. cartina 4.

57 Jones & Mattingly 1990, 47-50. 58 Ibid.

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20 potenza del continente60, potrebbe essere solo un topos letterario favorevole agli invasori. D’altra parte, non ci sono motivi evidenti per espungere questo passo dal racconto di Cassio Dione, che anzi, citando la popolazione dei Dobunni, rende possibilmente ancor più legittima e verosimile questa sua notazione e più interessante per noi studiosi. Questo primo contatto con una tribù come i Dobunni, ancora abbastanza lontana geograficamente ma comunque coinvolta direttamente dalla politica espansiva dei Catuvellauni, è un indizio interessante di come la situazione politica in Britannia fosse in agitazione e presentasse il fianco all’intervento in forze dei romani, ma anche come un popolo relativamente distante al luogo in cui si trovavano i romani, che erano appena sbarcati, pensasse comunque che fosse importante ottenerne l’amicizia il prima possibile, e questo a prescindere che essi fossero sbarcati a sud o ad est61.

I romani contarono molto sull’aiuto dei capi locali negli anni immediatamente successivi al loro sbarco e ciò è ampiamente testimoniato dalle notizie di regni e re clienti che circondavano la provincia che si stava organizzando, come quello degli Iceni e quello meridionale di Cogidubno, messo probabilmente a capo degli Atrebati come alleato dei romani e che alcune teorie recenti identificano con Tugudumno figlio di Cassivellauno62. In questo quadro i Dobunni si trovano ad essere direttamente confinanti con i territori nell’influenza dei romani e gli studiosi hanno voluto riconoscere nel loro territorio le tracce di questo patto di amicizia stipulato al momento dell’invasione e come vedremo questo è un argomento che necessita un approfondimento, poiché la loro condizione e posizione li rendono per certi versi affini alle popolazioni delle Midlands Orientali. Un dato che può far riflettere e che viene spesso utilizzato come indizio che può far pensare ad una sottomissione pacifica dei Dobunni sono le notizie riguardo alle espansioni lungo la costa meridionale della Britannia, verso la Cornovaglia, che le fonti scritte ci dicono effettuate dal futuro imperatore Vespasiano come Legato della II legione e che l’archeologia ci segnala a tratti soprattutto concentrate nel Dorset e appunto nella Cornovaglia, senza tracce

60 Se si segue l’ipotesi di uno sbarco nel Kent, sappiamo dei contatti amichevoli dei popoli di questa zona

con Roma, v. Fulford 2000, 41-43; per lo sbarco presso Portsmouth invece il territorio era quello degli Atrebati, il cui capo Verica era fuggito a cercare aiuto presso i romani, v. Hind 2007, 100 e ss.

61 Certamente questa notizia tratta dal racconto di Dione non sembra essere una testimonianza sufficiente

a favore di una collocazione meridionale dello sbarco romano, come invece proposto in Hind 2007, 104-105 e in altri articoli precedenti.

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21 evidenti nelle zone subito a nord, occupate dai Dobunni63.

Dopo il termine del mandato di Aulo Plauzio giunse in Britannia Publio Ostorio Scapula, e sappiamo dalle fonti che fu costretto ad affrontare un’agitazione interna. I Britanni, ci dice Tacito64, pensavano che l’arrivo del governatore a ridosso della stagione invernale avrebbe permesso loro di avere campo libero, ma i romani si organizzarono prontamente e stroncarono queste agitazioni. Tradizionalmente ritenute originate dai popoli del Galles al di fuori del territorio di Roma, queste sommosse probabilmente ebbero un carattere di vera e propria rivolta interna, del resto Tacito ci informa anche del coinvolgimento degli Iceni in maniera diretta65; inoltre, il territorio coinvolto fu ben più ampio della semplice zona di confine lungo il Severn meridionale, territorio dei Dobunni, tant’è che la pacificazione interessò una fascia ben più ampia66.

D’altra parte, il successivo concentrarsi delle spedizioni di Scapula nel Galles, contro Deceangli e Silures, fa capire comunque che i pensieri dei romani erano rivolti decisamente verso i territori più occidentali dell’isola, mentre le notizie dei rapporti con i Brigantes che risalgono a questo periodo, con il ruolo di primo piano svolto dalla loro regina Cartimandua, indicano come anche verso nord gli occhi dei romani si stessero concentrando già sui territori che si estendevano oltre le Midlands. In questo quadro viene tradizionalmente a inserirsi la questione della nascita di una frontiera, stabilita nello specifico da Plauzio a stabilizzare e delimitare le proprie conquiste.

Questa teoria venne esposta in forma articolata da Graham Webster nel 197067 e ottenne un buon successo presso gli studiosi, per poi venire però analizzata e approfondita negli anni seguenti, fino a un suo ripensamento che oggi la rende generalmente sorpassata. Questa teoria è nota con il nome di «Fosse Way Frontier», e si basa sull’osservazione della distribuzione dei forti romani lungo appunto questa strada che mette in comunicazione la fortezza di Exeter in Cornovaglia con quella di Lincoln nelle Midlands Orientali, attraversando quindi diametralmente tutta l’Inghilterra68.

Sebbene il percorso della strada segua a grandi linee il bordo della zona di influenza della prima fase del controllo romano e presenti lungo il suo tragitto diversi siti databili alle prime fasi della conquista, è stato comunque osservato che solo un ridotto numero

63 Salway 1997, 72; Millett 1990, 49-50; nello specifico sulla figura di Vespasiano e il suo rapporto con la

Britannia v. Shotter 2004.

64 Tac., Ann. 12.31.

65 Id., 12.31-33; sulla questione cfr. Barrett 1979, 539. 66 Id., 539-40.

67 Webster 1970. 68 V. cartina 5.

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22 di insediamenti presenta con certezza caratteristiche militari e datazioni riferibili all’epoca claudia, con l’osservazione unitaria e sincronica sempre suscettibile di critica, ma soprattutto che questo complesso di strada e forti non sembra adattarsi alle caratteristiche note delle frontiere romane. Mancano finora tracce chiare di fortificazioni più articolate e di torri e sistemi di avvistamento, caratteristiche comuni a tutte le frontiere romane, ed inoltre alcuni forti non sorgono direttamente sulla strada ma in posizioni discostate o in allineamento con altri percorsi viari che intercettano la Fosse Way69. Le fonti e le tracce archeologiche segnalano comunque che in età claudia e soprattutto neroniana l’attività militare delle legioni si concentra sulla Fosse Way e soprattutto oltre, con l’espansione e organizzazione della conquista nel Galles e attraverso i territori dei Brigantes70. Un evento che sicuramente rappresentò un punto di

svolta dell’espansione romana in Britannia è certamente rappresentato dalla rivolta di Boudicca del 60 d.C., con la distruzione della colonia di Camulodunum e il saccheggio di Londra e Verulamium, che portò ad un momento di stallo dell’espansione romana e che presentò probabilmente l’occasione per riorganizzare e sistemare l’occupazione romana sull’isola71. L’attività espansiva riprese soltanto con l’avvento dei governatori

nominati dalla dinastia Flavia, segno di un cambio di rotta nella politica imperiale ma anche nella situazione interna della provincia, dal momento che l’attività militare in questo periodo si concentra decisamente nel settentrione dell’isola, come viene ormai universalmente ritenuto72.

Dal punto di vista archeologico il periodo da cercare di circoscrivere risulta quindi chiaramente delimitato dall’evento della rivolta di Boudicca, che in alcuni siti ha lasciato tracce chiare ma soprattutto che ha portato a una risistemazione della guarnigione dell’isola, come sembra possibile attestare dalle informazioni ricavabili dalle tracce della presenza dei legionari nei siti militari principali. Per gli studiosi, infatti, uno dei primi problemi affrontati è stato quello di individuare i forti atti ad ospitare le legioni che erano di stanza in Britannia, anche sull’esempio dei grandi forti

69 Jones & Mattingly 1990, 90 e ss.; Salway 1997, 73-75.

70 Per quanto riguarda quest’ultima area è interessante la serie di forti individuati lungo Ryknild Street che

sembra indicare una chiara volontà espansiva verso nord, lungo le propaggini meridionali dei Monti Pennini, e verso le terre dei Brigantes; sarà necessario ritornare su questo argomento nel prossimo capitolo. V. cartina 8.

71 Salway 1997, 91-99.

72 Le prime fasi di alcune forti sulla Stanegate, nell’area in cui sorgerà successivamente il Vallo di

Adriano, hanno datazioni che vengono fatte risalire ai primi anni Settanta del secolo, molto prima dell’intervento di Agricola che porterà l’espansione romana in Scozia. A riguardo cfr. Mattingly 2007, 146-147; Breeze 2006, 460.

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23 che le ospiteranno una volta che la provincia si sarà stabilizzata. La ricerca di queste fortezze legionarie attraverso il territorio della Britannia meridionale è stata molto discussa e approfondita attraverso gli anni, fino ad arrivare attualmente ad uno schema generalmente considerato valido ma che presenta ancora dei punti oscuri73. Certamente, l’individuazione e la distribuzione geografica di questi siti, unita alle loro tracce archeologiche è uno degli strumenti principali per poter ricostruire i movimenti di forze militari romane, ma soprattutto, dato il loro ruolo certamente strategico e logistico, anche per individuare quali fossero le aree di maggior interesse militare per Roma e quali potessero essere le direttive di espansione militare. È stato più volte sottolineato come la posizione di queste fortezze fosse funzionale all’azione militare dei romani e fosse uno dei punti di appoggio fondamentali per le operazioni e di conseguenza anche per il controllo militare74 e questo ruolo significativo si può riscontrare anche in

Britannia, con le fortezze legionarie che seguono l’andamento dell’espansione romana e che ci possono quindi fornire informazioni decisive sulle prime fasi della conquista75.

La loro funzione era quindi strettamente legata alla viabilità stradale e alla distribuzione dei siti militari minori, anch’essi com’è noto elementi fondamentali e imprescindibili della macchina di conquista romana. Questa loro importanza, unita ai molti studi che le hanno riguardate, comporta la necessità di discuterne a parte solo dopo che avremo presentato chiaramente il quadro dei siti presenti nelle Midlands Orientali, dal momento che il suo confronto con quello delle fortezze legionarie permette di arrivare ad alcune interessanti conclusioni.

Proprio grazie alla situazione unica delle testimonianze archeologiche in Britannia e all’interesse già sottolineato degli studiosi inglesi all’argomento, abbiamo un’ampia disponibilità di fonti e informazioni su cui si può basare una ricerca improntata all’analisi di queste testimonianze per ricostruire informazioni e vicende dell’occupazione militare romana. Rimangono però diverse questioni aperte ed alcuni punti nevralgici dell’approccio a questo tipo di fonti che è necessario sottolineare, oltre che alcune questioni metodologiche da chiarire prima di affrontare l’analisi delle informazioni a nostra disposizione.

73 V. Hassall 2000.

74 Cfr. Luttwak 1976; Millett 1990, 49-50; Salway 1997, 92. 75 Cfr. i vari articoli pubblicati in Bower 2000.

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1.4. L’occupazione militare romana: campi, forti e strade

Da quanto finora è stato discusso risulta chiara l’importanza delle fonti archeologiche per il nostro studio e in particolare l’ampio spettro di informazioni ricavabili dai siti archeologici militari, che permettono di perfezionare e completare le informazioni spesso lacunose delle fonti scritte. Ma non solo: la loro analisi da un punto di vista geo-topografico permette di ottenere diverse informazioni utili non solo per la ricostruzione storica ma anche per approfondire le pratiche militari romane, e a questo scopo l’area delle Midlands Orientali sembra presentarsi come terreno particolarmente fertile per la ricerca. Prima di affrontare l’analisi di questi territori e le possibili informazioni che si possono dedurre, è opportuno presentare nello specifico le fonti disponibili da un punto di vista epistemologico e metodologico. Sostanzialmente la presenza militare romana lascia su un territorio delle tracce evidenti della sua presenza che possono essere distinte fra insediamenti militari, strade e imprese ingegneristiche o difensive di più vario genere. Nello specifico l’area delle Midlands Orientali presenta tutte e tre queste casistiche76 e la Britannia in generale è uno dei territori dell’impero che conserva il maggior numero di evidenze provenienti da tutte queste categorie.

Abbiamo già accennato al ruolo fondamentale degli insediamenti utilizzati dalle legioni nella ricerca storico-archeologica e nel presente studio, insieme agli altri siti occupati dai militari romani. Conosciuti nelle fonti con il termine castra, questi erano solitamente degli accampamenti appositamente realizzati per ospitare le truppe e che potevano avere una durata permanente oppure temporanea. Questa distinzione non è molto spesso ben deducibile dai resti archeologici e soprattutto non sarà stata nemmeno troppo netta per i legionari, con alcuni campi eretti per essere temporanei che col tempo diventarono stabili e a vedere la realizzazione di edifici che gradualmente da lignei diventarono poi in pietra e muratura. Sostanzialmente la distinzione è data dalla pratica dell’esercito romano di accamparsi durante le marce in accampamenti appositamente eretti dai legionari, che poi venivano abbandonati il giorno seguente alla ripresa del viaggio77 e denominati «camps» dagli studiosi inglesi, mentre i siti stabili, indicati

talvolta con il termine di castra stativa e chiamati «forts» nelle pubblicazioni anglosassoni, sono insediamenti realizzati per occupare in maniera duratura un dato

76 Nell’area i romani realizzarono alcune opere di canalizzazione, probabilmente per drenare le aree

pianeggianti lungo la costa e le Fenland, e di queste opere è ancora ben visibile il Car Dyke, lungo fossato artificiale che attraversa la pianura a sud di Lincoln; a riguardo cfr. Todd 1991, 48-51 e più in particolare Simmons 1979.

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25 territorio e che presentano una struttura difensiva articolata e permanente (porte, torri, terrapieni, palizzate, muri)78; spesso col passare del tempo questi siti hanno dato poi origine ad un insediamento civile. Questa divisione all’apparenza semplice risulta invece complicata da individuare e chiarire nel dato archeologico e anche fra gli stessi studiosi si è spesso fatto una certa confusione con la terminologia adottata; un elemento dirimente è stato evidenziato da H. Welfare e V. Swan nella pubblicazione dei campi romani in Inghilterra per la Royal Commission on the Historical Monuments79, sottolineando come le strutture temporanee si distinguono da quelle stabili principalmente per l’assenza di edifici all’interno del circuito delle difese80. La presenza

di questi campi temporanei in Britannia è straordinariamente ampia, si parla di oltre 130 campi sicuramente interpretati come tali81, rendendo l’isola unica al mondo per la

preservazione di questi siti che sopravvivono principalmente come cropmarks favoriti dal clima e dall’ambiente britannico. La condizione ideale per la sopravvivenza di queste tracce, che talvolta convivono con la sopravvivenza in elevato dei terrapieni difensivi, è il terreno dedicato al pascolo mentre i terreni arativi tendono naturalmente a distruggere questi segni82, anche se l’abbondante umidità della regione riesce comunque spesso a preservarli.

Le fonti scritte ci forniscono in modo disperso diverse informazioni su queste strutture, ma sono giunte a noi anche opere più specifiche che sono state di grande aiuto agli studiosi pur lasciando aperti diversi punti di discussione: la descrizione fornita da Polibio nel libro VI delle Storie, ai capitoli 27-42, quella di Flavio Giuseppe nel Bellum Iudaicum83, il De Munitionibus Castrorum, trattato di castramentazione della fine del II secolo d.C. attribuito allo Pseudo-Igino e l’Epitome Rei Militari di Vegezio, risalente al IV secolo d.C. Queste opere hanno fornito agli studiosi le basi per approcciare lo studio dei resti archeologici a disposizione e per trarre un quadro abbastanza chiaro della struttura del campo romano84. Esso si presentava con una forma quadrangolare con gli angoli tendenzialmente arrotondati per facilitarne la difesa, aveva solitamente quattro

78 Id., 109 e ss.

79 Welfare & Swan 1995. 80Id., 22.

81 Id., 3; Kaye 2013, 2-3 arriva a contarne 374, considerando anche quelli di conosciuti attraverso gli

scavi archeologici e quelli di attribuzione incerta. Come abbiamo sottolineato però, la continuità di occupazione non dà garanzie esatte sulla possibile preesistenza di un forte temporaneo.

82 Welfare & Swan 1995, 3-5. 83 Jos., BJ III, 5.1.76-78.

84 Per una descrizione interessante ed efficace suggeriamo Cascarino 2010, che tratta diffusamente le

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26 ingressi (talvolta sei) di cui i due sui lati lunghi decentrati verso il fronte del campo, mentre il retro doveva possibilmente trovarsi in posizione elevata e soprattutto presso fonti di acqua potabile e pulita che risultassero facili da raggiungere. Le difese erano formate da un fossato scavato dai legionari la cui terra andava a comporre un terrapieno rafforzato spesso da una barriera di pali che i soldati avevano in dotazione (pila muraria) e gli accessi erano tendenzialmente difesi in qualche maniera85 ma non chiusi da porte. Si è cercato di individuare una successione cronologica nell’utilizzo delle varie forme dei fossati usati per limitare gli spazi di accesso, ma in questa analisi sorgono delle difficoltà, non ultima la mancanza completa in alcuni casi di tracce degli ingressi, che non permettono di raggiungere conclusioni definitive e efficaci86. Le fonti non sono rigide sulle misure di fossato e terrapieno e anche il dato archeologico conferma una certa variazione87. All’interno il centro dell’accampamento era occupato dal praetorium,

la tenda del comandante, circondata dalle tende degli ufficiali mentre le truppe si accampavano ordinatamente divise per unità (coorti, manipoli e contubernia)88. Queste

direttive erano però spesso solo materia teorica, che doveva certamente sottostare alle restrizioni del territorio e alle esigenze del momento89. Gli autori suggeriscono inoltre come bisognasse evitare la vicinanza di luoghi sfavorevoli dal punto di vista della visibilità esterna, come pendii scoscesi e foreste, privilegiare luoghi aperti e con appunto un’altura poco elevata sul cui versante collocare il forte, e mantenersi vicini ad una fonte abbondante di acqua. Sebbene le aree boschive ormai non siano più identificabili con certezza, si può osservare come i forti cerchino spesso di seguire questi dettami e nei casi in cui non lo facciano ci presentano altre informazioni altrettanto utili sulle necessità e le scelte apportate dai costruttori90, e anche l’orientamento, ove è possibile riconoscerlo può dare ulteriori elementi di studio.

Per quanto è possibile constatare dall’osservazione topografica, le caratteristiche più rilevanti di campi e forti romani, oltre alla connessione con l’orografia locale, sono i loro rapporti con l’idrografia e con la viabilità stradale. Il consiglio come abbiamo appena visto è di collocare i campi temporanei nei pressi di sufficienti quantità d’acqua: questo dato è riscontrabile nella maggior parte dei casi ed è stato sottolineato come

85 Solitamente usando sbarramenti mobili uniti a terrapieni e/o fossati che ne restringevano l’apertura: v.

Cascarino 2010, 90-91; Welfare & Swan 1995, 18 e ss.; Jones 2012, 86 e ss.

86 Welfare & Swan 1995, 21, Jones 2012, 86. 87 Welfare & Swan 1995, 17-18.

88 Per un’analisi di queste disposizioni, soprattutto mutuata da Polibio e Igino, cfr. Cascarino 2010, 37 e

ss. e 55 ss.

89 Welfare & Swan 1995, 6-10; Jones 2012, 17-19. 90 Welfare & Swan 1995, 7 e 16-17.

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27 spesso possa essere decisivo nella scelta di una posizione91. Certamente questa disposizione è legata alla necessità di avere a disposizione acque potabili e a tal proposito si associa la disposizione degli animali fuori dal campo alla necessità di mantenere l’acqua pulita92, ed è stato calcolato che un esercito romano richiedesse

ingenti quantità di acqua potabile93. Ma è interessante sottolineare come tale associazione avesse alla base anche altri scopi e soddisfacesse altre necessità. In primis non è da ignorare la grande quantità di rifiuti e di escrementi che una gran quantità di uomini riuniti insieme può produrre. Probabilmente le serie di pozzetti che spesso si osservano nei campi temporanei erano utilizzati a tale scopo94, ma certamente la disponibilità di acqua corrente favoriva l’igiene. È stato proposto anche il calcolo della quantità di questi escrementi95 e quanto dunque fosse vitale la disponibilità di corsi

d’acqua, al punto da poter associare la posizione dei campi alla disponibilità di almeno due/tre corsi d’acqua entro il chilometro di distanza96. Un altro fattore importante della

collocazione presso i corsi d’acqua è anche l’associazione a guadi o altri punti che ne favoriscono l’attraversamento. Come vedremo questo è un aspetto che rende una posizione topografica estremamente rilevante e che si associa alla realizzazione di forti stabili o addirittura alla presenza di più forti e insediamenti romani successivi durante un certo lasso di tempo, oltre che anche a connettersi con la stessa viabilità dell’età del ferro e soprattutto romana.

Proprio la viabilità è l’altro principale elemento topografico che ci dà traccia della presenza romana in una provincia e che spesso è realizzato in associazione ai campi e ai forti, permettendo così di metterli in relazione con essa o sottolineandone altrimenti la netta indipendenza97. Talvolta è stato notato come i campi siano collocati in zone in cui insiste la viabilità di epoca romana: questo non è per forza indice di un rapporto diretto, quanto piuttosto del ruolo dell’area negli spostamenti dell’epoca. Altre volte invece i campi hanno un legame più stretto con le strade, che ne influenzano posizione e orientamento; in certi casi però, l’assenza di rapporti diretti con il sistema viario, che

91 Kaye 2013, 19 e ss. 92 Id., 16-17.

93 Roth 2012, 119-122, con vari esempi tratti dalle fonti scritte; Kaye 2013, 16-17. 94 Welfare & Swan 1995, 21-22, Jones 2012, 95-98.

95 Kaye 2013, 24.

96 Id., 21-23; l’autore propone dei parametri precisi per questa analisi, in particolare stabilendo la

necessità di acqua giornaliera pari a 0,00386 m³/s, per una quantità tipo di soldati pari a 10.000 uomini e su questa base analizza la disposizione dei campi noti e anche un metodo predittivo cui accenneremo in seguito.

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