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L’evidenza pubblica fra diritto interno e comunitario

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Giurisprudenza

Dottorato di ricerca in Dottrine Generali del Diritto

XXVII CICLO

L’evidenza pubblica fra diritto interno e comunitario

Tutor: Chiar.ma Prof.ssa Vera Fanti

Dottorando: Rosaria Russo

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Dottorato di ricerca in Dottrine Generali del Diritto

XXVII CICLO

Tesi di Dottorato:

L’evidenza pubblica fra diritto interno e comunitario

Introduzione

pag. Capitolo Primo

L’evidenza pubblica e le sue fonti

1. L’evidenza pubblica 10

1.1 Segue: L’impatto della normativa comunitaria sull’evidenza pubblica 12

2. Le fonti 15

2.1 Le direttive di prima generazione 18

2.2 Le direttive di seconda generazione 21

3. Il perché della scelta delle direttive 24

4. Le principali novità delle direttive 2004/17 e 2004/18 26

5. Il quadro normativo vigente alla vigilia del recepimento delle nuove direttive del

2004 27

6. Il codice degli appalti pubblici 30

7. Il ritorno dell’approccio formalistico 33

7.1 Segue: La crisi economica e i conseguenti interventi legislativi 34 8. Legislazione interna: riparto di competenza tra Stato e Regioni 38

(3)

8.1 Segue: Gli spazi di competenza delle Regioni definite dalla

giurisprudenza della Corte Costituzionale 39

8.2 Segue: La potestà legislativa delle Regioni a Statuto speciale e delle

province autonome. 45

9. Il nuovo diritto europeo sui contratti pubblici. 47

10. Conclusione: La concorrenza quale principio comunitario che deve sorreggere

l’agere pubblico. 49

Capitolo Secondo

Le principali novità delle direttive appalti

1. Le direttrici che hanno spinto il legislatore europeo ad intervenire nuovamente in

materia di appalti. 51

2. La semplificazione nelle nuove direttive Appalti e Utilities. 54

3. La qualità. 57

4. L’innovazione. 59

5. La flessibilità procedurale. 61

6. La tutela dell’ambiente, del sociale e del lavoro. 63

7. Le novità della direttiva “settori speciali”. 65

(4)

Capitolo Terzo

La “mediata” precettività della nuovissima direttiva Appalti alla luce delle ultime novità legislative nazionali

1. Le direttive e i loro effetti diretti. 71

2. Gli effetti delle nuove direttive. 75

3. I principi dell’evidenza pubblica. 78

3.1 Segue: Il favor partecipationis e la par condicio. 80

3.2 Segue: Diretta applicabilità dell’art. 56, par. 3, direttiva appalti

pubblici. 89

3.3 Il favor partecipationis alla base del maggior accesso delle PMI. 91 4. Il principio di pubblicità e trasparenza nell’evidenza pubblica. 98

4.1 Segue: Ancora sul principio di trasparenza. 113

5. Il principio di proporzionalità. 118

6. I principi di economicità e di tempestività. 123

6.1 Le centrali di committenza. 125

6.2 Il principio di economicità e la sua recessività. 130

6.3 Segue: La rilevanza del fattore ambientale. 132

(5)

Capitolo Quarto

L’immediata applicabilità dell’art. 12 direttiva Appalti

1. L’in house e i suoi requisiti. 138

1.1 Segue: Il controllo analogo. 140

1.2 Segue: L’elemento funzionale. 146

2. L’in house: modello generale alternativo alla gara o modello eccezionale? 149

3. La tipizzazione normativa dell’in house. 155

4. L’immediata applicabilità dell’art. 12 della direttiva sugli appalti pubblici –

2014/24/UE. 157

5. Il criterio della prevalenza come specificato nella direttiva appalti. 158 5.1 Il calcolo del criterio quantitativo della prevalenza. 161

6. Conclusioni. 163

Conclusione 165

(6)

Introduzione

Il quadro normativo che disciplina i contratti pubblici è connotato da diverse diposizioni nazionali a cui si devono aggiungere le non poche direttive comunitarie in materia.

Quelle di maggior rilievo sono state le direttive n. 2004/17/CE (settore speciale) e n. 2004/18/CE (settore ordinario) che hanno previsto disposizioni specifiche per l’affidamento e/o l’esecuzione di contratti pubblici.

Il legislatore italiano con delega, conferita dall’art. 25 della legge 18 aprile 2005 n.62, ha previsto la portata del decreto delegato come “volto a definire un quadro normativo finalizzato al recepimento” delle predette direttive.

Il frutto del lavoro del Governo si è concretizzato con l’emanazione del “Codice dei Contratti pubblici”, ossia il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Si è così cristallizzato un diverso modo di intendere la disciplina degli appalti pubblici, quale disciplina volta a tutelare, non solo e non in primis, l’interesse “patrimoniale” della pubblica amministrazione ma anche, e in via principale, l’interesse “pubblico” delle imprese con l’apertura degli appalti al mercato transfrontaliero.

Nell’intento di rendere sempre più realizzabile tale interesse il legislatore nazionale è varie volte intervenuto, cercando di eliminare i fenomeni di corruttela, attraverso una disciplina dettagliata volta ad imbrigliare l’azione della pubblica amministrazione.

Il quadro normativo continua tutt’oggi ad essere in continuo fermento. Infatti, a circa dieci anni dall’approvazione del Codice De Lise (d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163)

(7)

il panorama legislativo del diritto dei contratti pubblici è ancora lontano dal potersi dire consolidato.

Dal 12 aprile del 2006 si è assistito, come anzidetto, ad alluvionali interventi legislativi, talvolta disorganici, spesso recanti disposizioni correttive al codice, che hanno reso difficile il lavoro degli operatori del settore.

Le ultime novità normative hanno ri-cambiato il volto dell’evidenza pubblica, da strumento per realizzare il principio di concorrenza, così come intesa dal diritto europeo, in strumento utile per risolvere i problemi di spesa nazionale.

In tale contesto, la materia è in continuo mutamento tra direttive europee, che si susseguono e pongono elementi di cambiamento che influenzano l’assetto normativo di ogni Paese membro, e la normativa nazionale, voluta dal nostro legislatore che si preoccupa, da un lato, di utilizzare gli investimenti pubblici che accompagnano gli appalti per favorire lo sviluppo economico e sbloccare la crisi economica e, dall’altro, di contenere la spesa pubblica per rientrare negli accordi presi in ambito europeo. Dal trend evolutivo sembrerebbe emergere che la via prescelta è quella di “legiferare” in modo continuo, quantitativamente abbondante ma qualitativamente scadente, sottraendo spazi alla discrezionalità amministrativa nelle scelte concrete che, invece, nelle ultime direttive in materia di contratti pubblici il legislatore europeo tende ad ampliare.

L’indagine che si intende svolgere è di individuare, attraverso l’analisi dei principi ispiratori sanciti dal legislatore comunitario, ma che già erano insiti nel nostro ordinamento, e delle ultime novità del legislatore nazionale, quale sia l’effettiva incidenza che oggi le nuove direttive europee in materia di contratti pubblici – 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE – hanno nel nostro ordinamento, cercando un possibile punto di equilibrio come base di conoscenza e classificazione

(8)

della materia degli appalti pubblici che possa essere il riferimento per una (relativa) stabilità della disciplina.

Sulla base di quanto premesso, la tesi si svilupperà secondo una struttura razionale suddivisa in due parti. La prima è composta da due capitoli nei quali vengono illustrate le fonti che disciplinano la materia dei contratti pubblici. Nella seconda parte, invece, si approderà al risultato della ricerca in una coppia di capitoli finali nei quali la trattazione diviene più accentrata sulla questione dell’incidenza delle nuove direttive appalti nel nostro ordinamento con l’analisi dei principi che permeano la materia e le ultime novità legislative nazionali.

In particolare, nel primo capitolo si analizza il cambiamento che ha subito il procedimento di evidenza pubblica, da procedimento volto alla realizzazione dell’interesse (patrimoniale) della P.A. a procedimento volto alla realizzazione del principio di concorrenza, dal quale è derivata una situazione anomala, in quanto sono elevati ad interessi generali di preminente rilevanza non solo l’interesse di cui è portatrice l’amministrazione, ma anche gli interessi dei partecipanti (par condicio, trasparenza, pubblicità, favor partecipationis). L’evidenza pubblica di matrice comunitaria, quindi, diventa l’emblema di tutta l’attività negoziale della P.A.

Nel secondo capitolo, invece, si analizzano le principali novità delle ultime direttive appalti, evidenziando la maggiore flessibilità che il legislatore europeo conferisce alla P.A. e la primazia del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa che consentono di utilizzare la materia degli appalti per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, garantendo l’uso efficiente dei finanziamenti pubblici e, conseguentemente, il superamento della crisi che sta attraversando l’intero sistema.

(9)

Nel terzo capitolo, attraverso l’analisi dei principi dell’evidenza pubblica, ci si chiede se le recenti direttive, non essendo self-executing, producano qualche effetto giuridico nel nostro ordinamento. E si prova a dare una soluzione, prospettando la “mediata” precettività delle stesse.

Su questa linea nel quarto capitolo viene analizzata la questione dell’immediata applicabilità dell’istituto dell’in house, come formulato per la prima volta dal legislatore europeo.

(10)

Capitolo Primo L’evidenza pubblica e le sue fonti

SOMMARIO: 1. L’evidenza pubblica – 1.2 Segue: L’impatto della normativa

comunitaria sull’evidenza pubblica – 2. Le fonti – 2.1 Le direttive di prima generazione – 2.3 Le direttive di seconda generazione – 3. Il perché della scelta delle direttive – 4. Le principali novità delle direttive 2004/17 e 2004/18 – 5. Il quadro normativo vigente alla vigilia del recepimento delle nuove direttive del 2004 – 6. Il codice degli appalti pubblici – 7. Il ritorno dell’approccio formalistico – 7.1 Segue: La crisi economica e i conseguenti interventi legislativi – 8. La legislazione interna: riparto di competenza tra Stato e Regioni – 8.1 Segue: Gli spazi di competenza delle Regioni definite dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale – 8.2 Segue: La potestà legislativa delle Regioni a Statuto speciale e delle province autonome – 9. Il nuovo diritto europeo sui contratti pubblici – 10. Conclusione: La concorrenza quale principio comunitario che deve sorreggere l’agere pubblico.

1. L’evidenza pubblica.

Giannini1 descriveva l’evidenza pubblica come una categoria procedimentale

che nasce tra l’autorità contrattante e l’autorità che su di essa esercita il controllo

1 M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1997, I, 677.

“In genere quando si parla dei contratti delle pubbliche amministrazioni si fa riferimento ai contratti di evidenza pubblica, non perché di necessità i più importanti, bensì perché i più vistosi, date le complesse procedure escogitate per la loro conclusione. Si tratta in sostanza di una procedura di conclusione negoziale accompagnata da una serie di procedimenti amministrativi di controllo. Così

(11)

attraverso le motivazioni di pubblico interesse che sorreggono la scelta di addivenire ad un contratto ed a selezionare il contraente. E’ per l’Autore una categoria contraddistinta da una particolare procedura di conclusione che, dal punto di vista sostanziale, può essere applicata ai contratti ordinari, speciali e ad oggetto pubblico2.

Nella giurisprudenza3 il concetto di evidenza pubblica assume un significato più

ampio. Viene, infatti, evidenziato che ogni segmento del procedimento è sottoposto ai relativi controlli – interni ed esterni - anche giurisdizionali qualora venga lesa la posizione soggettiva del privato (interesse legittimo - nella fase pubblicista - diritto soggettivo - nella fase negoziale).

L’evidenza pubblica è, dunque, caratterizzata da una sequenza procedimentale preordinata alla stipula di un contratto con il miglior contraente e tale sequenza deve essere sorretta dai principi di libera concorrenza, della par condicio, della legalità, dell’imparzialità, del buon andamento che trovano l’ancoraggio normativo nell’art. 97 Cost. e nell’art. 2 d. lgs. 163/2006. In sintesi, l’espressione “evidenza pubblica” indica quella procedura attraverso cui si forma e si manifesta la volontà della P.A. di addivenire alla stipula di un determinato contratto, con l’evidenziazione dei motivi sottesi alla conclusione dello stesso. Motivi che per effetto dell’influenza abbiamo la deliberazione di contrattare e i suoi controlli; la gara con l’aggiudicazione e i suoi controlli; la conclusione del contratto e i suoi controlli”. Rileva, F.P. PUGLIESE, Voce: Contratti della

Pubblica Amministrazione, in Treccani Giuridica, 2.

2 I contratti ordinari sono i contratti di diritto comune (vendite, locazioni, ecc…), sono quei contratti

che qualunque soggetto può concludere, usando la propria autonomia contrattuale. Essi non subiscono alcuna variazione dovuta al fatto che una delle parti è una P.A. I contratti speciali sono contratti disciplinati da disposizioni particolari che derogano ai principi generali dei contratti. I contratti ad oggetto pubblico, anch’essi come i contratti speciali, vengono stipulati da amministrazioni pubbliche, ma si differenziano in quanto costituiscono un complemento necessario di alcuni provvedimenti amministrativi (come le convezioni che accedono a concessioni di beni pubblici) e parte di tali contratti può essere solo la pubblica amministrazione. Sulla classificazione Cfr. M.S. GIANNINI,

Diritto amministrativo, op. cit., I, 670.

3Cass. S.U., 26 luglio 1984, n. 4342, in Giur. Civ. Mass. 1985, 1333 e 5 aprile 2005 n. 6992, in Foro

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comunitaria nella regolamentazione delle procedure di evidenza pubblica - non corrispondono più all’esigenza - almeno in via prioritaria - di concludere il contratto a condizioni di prezzo favorevoli per la stazione appaltante, ma a ragioni di ordine pubblico-economico, cioè la procedura ad evidenza pubblica risponde all’esigenza che sia assicurato il dispiegarsi del meccanismo concorrenziale.

1.1 Segue: L’impatto della normativa comunitaria sull’evidenza pubblica.

Prima dell’intervento legislativo comunitario, i contratti passivi (contratti che hanno ad oggetto esborso di denaro pubblico), così come i contratti attivi (contratti produttivi di una entrata)4, venivano disciplinati dalla legge di contabilità di Stato e

dal relativo regolamento5.

Tale normativa era finalizzata ad evitare eventuali abusi da parte dell’amministrazione nella scelta del contraente. Infatti, le disposizioni contenute nelle indicate leggi prevedevano meccanismi attraverso i quali poteva dedursi che la scelta dell’amministrazione fosse stata la migliore possibile e che il procedimento, col quale si giungeva alla scelta del contraente, fosse controllabile in qualsiasi momento da chiunque ne avesse interesse. Il legislatore attraverso tale penetrante controllo garantiva una gestione corretta ed efficiente delle risorse pubbliche.

Già, allora, dunque, l’attività della P.A. non era libera e gli interessi dei partecipanti erano garantiti – di riflesso - da una serie di meccanismi di controllo previsti.

4La classificazione ha valore ai fini della contabilità pubblica ed ai riflessi immediati sul bilancio,

così O. SEPE, Contratti della pubblica amministrazione, in Enciclopedia del diritto, IX, Milano, 1961, 987.

5 R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 e R.D. 23 maggio 1924, n. 827. Le norme sull’esecuzione di opere

pubbliche erano contenute nel R.D. 8 febbraio 1923, n. 442. Cfr. M. STOLFI, Appalti pubblici, in

(13)

La disciplina contabilistica, avendo come obiettivo l’equo utilizzo delle risorse pubbliche, non poteva non avere come principale scopo, nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica, quello di garantire l’interesse dell’amministrazione al conseguimento della migliore prestazione, alle condizioni economiche più favorevoli6. Ne era anche conseguita, in quell’ottica, la qualificazione dell’interesse

dei concorrenti nella valutazione delle loro offerte come interesse legittimo (occasionalmente protetto) e, quindi, irrisarcibile.

A partire dagli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, col recepimento delle direttive europee - fino ad arrivare al Codice dei contratti pubblici – cambia il volto della procedura ad evidenza pubblica. Essa si pone l’obiettivo di aprire il mercato degli appalti alla concorrenza a livello europeo e nazionale, in attuazione delle libertà di circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali, nonché della libertà di stabilimento. Vengono, quindi, introdotte regole volte a promuovere la pubblicità dei bandi di gara, la trasparenza della procedura e la par condicio. L’apertura, dunque, al mercato implica una regolamentazione meno formalistica a favore di un modello più flessibile, caratterizzato da momenti di confronto tra P.A. e imprese. Si pensi al dialogo competitivo e alle forme di partenariato pubblico privato. Nell’ottica europea la discrezionalità dell’amministrazione non è considerata in senso negativo, come sospetto di probabile turbativa della procedura di gara, ma come elemento che consente alla stessa di valutare al meglio le offerte, valorizzando gli elementi qualificativi delle stesse.

6 Questi obiettivi venivano perseguiti per mezzo di una serie minuta di regole formali e procedurali

relative alla gara pubblica (si pensi alla presentazione delle offerte in buste sigillate, alla tempistica dell’asta, e cosi via) volte a limitare la discrezionalità dell’amministrazione e, quindi, i fenomeni collusivi e corruttivi tra imprese e funzionari pubblici. Non a caso nel codice penale sono inseriti i reati di turbativa d’asta e l’astensione dagli incanti (artt. 353 e 354 c.p.). M. CLARICH, Manuale di

(14)

La ratio, dunque, che sorregge la nuova normativa degli appalti non è soltanto quello di tutelare l’interesse dell’amministrazione (migliore qualità al minor prezzo), ma altresì di garantire il “diritto” delle imprese ad accedere alle commesse pubbliche7.

Questo mutamento di prospettiva, in effetti, risulta in linea con i recenti studi della teoria economica che si avvale della teoria dei giochi8, secondo la quale si è

dimostrato che non esiste in astratto lo stato ottimale sul criterio di aggiudicazione o sul procedimento di gara, ma la scelta più efficace dipende dal caso concreto, ossia dalle condizioni di mercato e dalle caratteristiche del bene da aggiudicare. Quindi, il primo approccio formalistico e rigido adottato dal nostro legislatore si porrebbe in contrasto con quanto avviene effettivamente nelle gare.

7Si rinvia alla sentenza della Corte Costituzionale n. 401/2007, che si esaminerà in prosieguo (punto

6.7). In tale sentenza la Corte facendo perno sull’art. 117, comma 2, lett. e) Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la tutela della concorrenza, ha ritenuto superata la concezione contabilistica della disciplina dei contratti pubblici. Cfr. E. FOLLIERI, La prospettiva

amministrativistica sugli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, in Foro amm. Tar, fasc. 9,

2004, 2761 e ss., dove l’A. rileva che “…per liberalizzare il mercato ed aprirlo alla concorrenza degli imprenditori dei Paesi che formano il mercato europeo, la normativa comunitaria, recepita anche dalla nostra legislazione, ha posto regole nell’interesse delle imprese, pur convivendo con quelle poste nell’interesse dell’amministrazione. Ne è derivata una situazione che, di solito, non si verifica nel procedimento amministrativo: qui sono resi pubblici dalle leggi – e, quindi, tutelati nell’esercizio del potere della p.a. volto a scegliere il contraente – non solo l’interesse che fa capo al soggetto pubblico, ma anche gli interessi di cui sono portatori le altre parti. In particolare, sono pubblici sia l’interesse (patrimoniale) della stazione appaltante che gli interessi delle imprese alla par condicio, alla concorrenza, alla trasparenza, ecc.”. Le imprese sarebbero portatrici di interessi pubblici di matrice comunitaria.

8 G. URBANO, La disciplina dei contratti pubblici tra tutela della concorrenza e misure anticrisi, in

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2. Le fonti.

Chiarito il concetto di evidenza pubblica, occorre illustrare le fonti che ne hanno cambiato il “volto”.

La materia degli appalti pubblici riguarda non solo i rapporti tra pubbliche amministrazioni dei Paesi membri dell’UE e i cittadini dei rispettivi Paesi, ma anche i rapporti tra le singole autorità amministrative di uno Stato membro e le imprese di altri Stati membri.

Quindi, diventa fondamentale la conoscenza per queste ultime delle regole che governano la suddetta materia anche al fine di esercitare le libertà fondamentali, tutelate dal Trattato.

Si pensi, infatti, ai trattati istitutivi della CECA e della CEE, riuniti nel Trattato istitutivo della UE, già intrisi del principio di concorrenza e dell’economia di mercato9. Tali principi, insieme alle c.d. quattro libertà economiche fondamentali

sancite da quello che è divenuto il Trattato sul funzionamento dell’U.E., e più precisamente libera circolazione delle merci (art. 34 e ss. già art. 28 e ss.), libera prestazione di servizi (art. 56 e ss. già art. 49 e ss.), diritto di stabilimento (art. 49 e ss. già art. 43) e libera circolazione di capitali (art. 63 ess già art. 57 e ss.), costituiscono la pietra angolare dell’integrazione e della creazione di un mercato dove le risorse economiche possono fluire senza ostacoli. Risulta chiaro come questi principi siano strettamente collegati con la materia dei contratti pubblici, creando le migliori condizioni per l’apertura degli appalti pubblici a tutti gli operatori del mercato.

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Il Trattato CE, art. 2, ripreso dal Trattato UE, art. 3, rileva come sia fondamentale, per la creazione di un mercato comune, l’apertura del mercato dei contratti pubblici ad una concorrenza libera e non falsata, nel prevedere la creazione di un mercato comune. In dottrina10 vi è chi ha affermato che l’assenza del richiamo in tali trattati

di specifiche regole in materia di appalti pubblici sia dovuta non da una scelta dei fondatori, ma dalla semplice ragione che sul punto non si trovò l’accordo.

La Corte di Giustizia ha, comunque, più volte evidenziato il collegamento esistente nella materia dei contratti pubblici con le anzidette libertà.

Tale importanza viene, infatti, invocata nel caso CONAME dove l’Avvocato generale 11 ha rilevato che, data l’importanza, anche quantitativa dei public procurement, la garanzia delle libertà di circolazione non può dar spazio a delle

limitazioni, così come avvenne nel caso RI.SAN12.

10 Come rileva G. CORSO, Gli appalti nel diritto europeo, in Scritti in onore di Vincenzo Spagnuolo

Vigorita, Napoli, 2007, 336.

11 C. giust. CE, 21 luglio 2005 (in causa C-231/03), Coname, punto 27 delle conclusioni, in Riv. it. dir.

pubbl. comunitario, 2005, 1421, con nota di M. BALDINATO, Breve nota alla sentenza Coname:

alcune interessanti affermazioni della Corte di giustizia sull’applicazione del principio di trasparenza negli appalti pubblici. Nella citata sentenza l’Avvocato Generale Stix Hackl ha rilevato che: “si dovrebbe stare in guardia contro una dogmatizzazione dell’approccio scelto nella causa RI.SAN. Proprio nella disciplina degli appalti, che mira ad aprire i mercati nazionali, non può infatti ritenersi determinante la circostanza che in un concreto procedimento di aggiudicazione e/o nel procedimento di controllo nazionale ad esso collegato tutti i partecipanti provengano dallo stesso Stato membro dell’autorità aggiudicatrice. Ciò potrebbe, infatti, anche considerarsi come indizio del fatto che non sia stata precisamente data la necessaria pubblicità all’apertura della procedura di aggiudicazione e che, pertanto, non abbia potuto parteciparvi alcun imprenditore straniero. Questo vale non solo per le direttive sugli appalti, bensì per le libertà fondamentali in causa. Si devono infatti tutelare non solo gli imprenditori che hanno effettivamente partecipato alla procedura di aggiudicazione, bensì anche i potenziali offerenti. Il potenziale coinvolgimento di imprese di altri Stati membri è pertanto già sufficiente a configurare una fattispecie che varca i confini nazionali e con esso ricorre pertanto un presupposto per l’applicazione delle libertà fondamentali”.

12 C. Giust. CE, 9 settembre 1999 (in causa C-108/98), RI.SAN., in Riv. it. dir. pubbl. comunitario,

2000, 1419, con nota G. GRECO, Gli affidamenti “in house” di servizi e forniture, le concessioni di

pubblico servizio e il principio della gara. In particolare, la Corte di Giustizia negò l’applicazione

delle disposizioni sulle libertà in fattispecie in cui gli elementi sono tutti confinati all'interno di un solo Stato membro (stazione appaltante e concorrenti appartenevano allo stesso Stato membro), ritenendo dunque che il caso in esame non presentasse alcun nesso con una delle situazioni considerate dal diritto comunitario nel settore della libera circolazione delle persone e dei servizi.

(17)

Lo stesso orientamento viene ripreso dalla Corte di Giustizia nel famoso caso

Parking Brixen, nel quale, a fronte dell’eccezione secondo cui non potevano

applicarsi le disposizioni di fonte europea perché la fattispecie di cui si trattava era interamente interna ad un solo Stato membro, ha affermato che “non si può escludere

che, nella causa principale, imprese stabilite in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana potessero essere interessate a fornire i servizi di cui si trattava”13.

Al fine di creare un mercato unico, l’UE ha dato avvio ad una serie di direttive volte a disciplinare le procedure di selezione del miglior offerente, costruendo un grande mercato interno retto dai principi “di non discriminazione in base alla nazionalità, libertà di circolazione delle merci, libertà di stabilimento e libertà di prestazione dei servizi” che “concorrono a formare la cornice costituzionale al cui interno si colloca la copiosa normativa sugli appalti pubblici europei”14.

13 C. giust. CE, 13 ottobre 2005 (in causa C-458/03), Parking Brixen, punto 25, in Urbanistica e

appalti, 2006, 31, con nota di P. LOTTI, Concessione di pubblici servizi, principi dell’in house

providing e situazioni interne.

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2.1 Le direttive di prima generazione.

La comunità europea (oggi UE) nasce per garantire a tutti gli operatori economici di qualsiasi Stato membro la possibilità di esercitare le loro attività in tutto il territorio comunitario. Al fine di creare questo spazio unico economico la Comunità ha posto la concorrenza come superprincipio, che attraversa il complesso normativo che si è succeduto negli anni fino ad arrivare alle due direttive 2004/17 e 2004/18, attuate a seguito della delega conferita al governo dalla legge comunitaria n. 65 del 2005 con il d.lgs. n.163/2006, e, da ultimo, le direttive 23/2014, 24/2014 e 25/2014.

Il raggiungimento di tali finalità, cioè la possibilità di partecipare agli appalti pubblici in condizioni di parità con le imprese dello Stato membro in cui viene indetta la gara, è stato espressamente previsto nell’art. 130 F del Trattato CEE, introdotto dall’Atto Unico Europeo del 17 febbraio 1986, ratificato in Italia con legge 23 dicembre 1986 n. 909, che ha posto alla Comunità l’obiettivo di garantire alle imprese la possibilità “di sfruttare appieno le potenzialità del mercato interno

alla Comunità grazie, in particolare, all’apertura degli appalti pubblici nazionali”15.

Così la ratio degli anni settanta, in particolare le direttive del 17 dicembre 1969 (70/32) della Commissione sugli appalti di forniture e del 26 luglio 1971 (71/304/CEE) prevedevano la soppressione delle restrizioni volte ad impedire “ai

beneficiari di poter fornire prestazioni alle stesse condizioni e con gli stessi diritti stabiliti per i cittadini del singolo stato”; la direttiva del 26 luglio 1971

15 Così G. MORBIDELLI – M. ZOPPOLATO, Appalti pubblici, in Trattato di diritto amministrativo

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(71/305/CEE) era stata emanata per coordinare le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, per importi superiori a 1 milione di Ecu. Dopo pochi anni seguiva la direttiva del 21 dicembre 1976 (77/62/CEE) che coordinava le procedure per l’aggiudicazione dei pubblici appalti di forniture.

Secondo un giudizio diffuso16, i primi interventi del legislatore comunitario non

realizzarono il risultato sperato, ma questo non deve stupire data l’incidenza delle stesse su attività rilevante dei pubblici poteri.

Viene, poi, predisposto dalla Commissione europea il Libro Bianco del 198517 in

vista dell’Atto unico europeo del febbraio 198618 che individuava nell’apertura degli

appalti pubblici l’obiettivo principale per la realizzazione di un mercato interno. Detto atto unico: introduce gli organismi di diritto pubblico, sottoposti ad una regolamentazione pubblica; prefigge l’adozione di direttive nei settori esclusi o

utilities (acqua, energia, trasporti e telecomunicazioni); rafforza le previsioni in

materia di trasparenza e pubblicità, e chiarisce il calcolo delle soglie comunitarie19 .

Si dà, dunque, avvio ad una seconda generazione di direttive emanate alla fine degli

16 Così R. CARANTA, I contratti pubblici, II ed., Torino, 2012, 65.

17 L'obiettivo di creare un "mercato interno" viene sostenuto dai governi degli Stati membri in

occasione del Consiglio europeo di Bruxelles del marzo 1985. La Commissione europea presenta un Libro Bianco - approvato nel giugno 1985, in occasione del Consiglio europeo di Milano, che contiene circa 300 provvedimenti legislativi necessari al completamento del mercato interno da adottare, da parte delle istituzioni europee, entro il 31 dicembre 1992. V. F. ASTONE, Il diritto

comunitario degli appalti pubblici, in Il nuovo codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Commentario sistematico, a cura di F. SAITTA, Padova, 2008, 7.

18 L'Atto unico europeo si prefigge quale principale obiettivo il rilancio del processo di costruzione

europea al fine di portare a termine la realizzazione del mercato interno. Ciò appariva tuttavia difficilmente realizzabile sulla base dei trattati in vigore, in particolare per via del processo decisionale in seno al Consiglio che imponeva il ricorso all'unanimità per l'armonizzazione delle legislazioni, in www.europa.eu.

19 Si ricorda che le direttive comunitarie vengono applicate per gli appalti sopra-soglia comunitaria, in

quanto si ritengono non rilevanti dal punto di vista sovranazionale gli appalti sotto-soglia. Anche se in ambito nazionale il legislatore ha ritenuto di non dare rilevanza alla soglia degli appalti, equiparandoli e sottoponendoli alla medesima disciplina. Si vedano gli artt. 121 e ss. codice dei contratti pubblici.

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anni ’80 e all’inizio degli anni ‘9020.

20 In particolare, si tratta delle direttive n. 88/255 del 22 marzo 1988 che modificava la direttiva sugli

appalti pubblici di forniture, n. 89/440 del 18 luglio 1989 che modificava la direttiva sugli appalti pubblici di lavoro, n. 92/50 del 18 giugno 1992 che interviene a trattare il settore dei servizi, poi modificata dalla direttiva 97/521 del Parlamento e del Consiglio.

(21)

2.2 Le direttive di seconda generazione.

Le direttive di seconda generazione apportano delle modifiche ai testi già esistenti21 e intervengono per il coordinamento delle procedure di aggiudicazione nei

c.d. settori esclusi, oggi speciali22, e delle procedure di aggiudicazione dei servizi.

Si copre, così, tutta la materia dei contratti passivi della P.A. con la disciplina europea, volta a garantire un’effettiva concorrenzialità nelle procedure di aggiudicazione. Al fine di assicurare ciò, il legislatore comunitario prevede una serie di rimedi in caso di violazioni del diritto di fonte europea degli appalti pubblici, adottando la direttiva 89/665/CEE23 .

21 La direttiva n. 71/305/CEE venne novellata dalla direttiva n. 89/440/CEE; la direttiva 77/62/CEE

fu modificata dalla direttiva n. 88/295/CE, in R. CARANTA, op. cit., 66.

22 Questi settori sono spesso caratterizzati in senso soggettivo dall’azione di soggetti privati con fine

imprenditoriale piuttosto che di pubbliche amministrazioni tradizionali. In senso oggettivo, si tratta di ambiti strategici e di consistente valore economico che, per la loro importanza strategica ed economica, sono stati originariamente “esclusi” dalla disciplina dell’evidenza pubblica comunitaria e soggetti al retaggio del protezionismo statale. Così, F.CARINGELLA – M. GIUSTINIANI, Manuale di

diritto amministrativo, IV. I contratti pubblici, Roma, 2014, 20, dove alla nota 6) richiama S.

CADEDDU – S. FIENGA, Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in M. CLARICH, Commentario

al Codice dei contratti pubblici, Torino, 2010, 1000-1001, secondo cui la ratio dell’esclusione,

ufficialmente, era legata al fatto che i soggetti pubblici e privati si sarebbero trovati soggetti a diversi regimi. In realtà proprio il valore economico e strategico di tale settore, continuano F.CARINGELLA –

M. GIUSTINIANI, è alla base della resistenza all’apertura dei relativi mercati.

23 Corte di Giustizia, procedimento C-314/09, in http://www.associazionethemis.it: “La direttiva del

Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata”. Infatti, i consideranda terzo e sesto della direttiva

89/665 enunciavano quanto segue:

«(…) l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e (…) occorre, affinché essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto; (…)

(22)

Nel 1993 vengono adottate una serie di direttive volte al consolidamento di quelle precedenti per assicurare la par condicio, il favor partecipationis, la trasparenza, la pubblicità, l’apertura del mercato, rendendo la concorrenza24 quanto più efficace

possibile.

(…) considerando la necessità di garantire in tutti gli Stati membri procedure adeguate che permettano l’annullamento delle decisioni illegittime e l’indennizzo delle persone lese da una violazione».

24 M.A. SANDULLI, L’oggetto, in Trattato sui Contratti Pubblici, I, a cura di M.A.SANDULLI, R. DE

NICTOLIS R. GAROFOLI, Milano, 2008, pag. 10, dove nella nota (11) richiama delle decisioni

importanti: Corte Cost. 23 novembre 2007 n. 401 e Corte dei Conti, 17 luglio 2006 n. 447.

Si tratta in particolare di sentenze che mettono in luce in modo evidente la prevalenza che, nel nuovo quadro normativo comunitario, assumono la tutela della concorrenza e della libera circolazione dei servizi e dei prodotti rispetto a quella dell’interesse particolare dell’amministrazione appaltante. Nella sentenza della Corte Cost. al par. 6 si legge, infatti, che “…questa Corte abbia già avuto modo di affermare che la nozione di concorrenza, riflettendo quella operante in ambito comunitario, include in sé sia interventi «di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto», sia interventi mirati a ridurre gli squilibri attraverso la creazione delle condizioni per la instaurazione di assetti concorrenziali (sentenza numero 14 del 2004; vedi anche, tra le altre, le sentenze numeri 29 del 2006 e 272 del 2004). Rientrano, pertanto, nell’ambito materiale in esame le misure di garanzia del mantenimento di mercati già concorrenziali e gli strumenti di liberalizzazione dei mercati stessi.

In questa sede viene, però, soprattutto in rilievo l’aspetto della tutela della concorrenza che si concretizza, in primo luogo, nell’esigenza di assicurare la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici del settore in ossequio ai principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi (articoli 3, paragrafo 1, lettere c e g; 4, paragrafo. 1; da 23 a 31; da 39 a 60 del Trattato che istituisce la Comunità europea, del 25 marzo 1957).

Si tratta di assicurare l’adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza.

Sul piano interno, l’osservanza di tali principi costituisce, tra l’altro, attuazione delle stesse regole costituzionali della imparzialità e del buon andamento, che devono guidare l’azione della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost. Deve, anzi, rilevarsi come sia stata proprio l’esigenza di uniformare la normativa interna a quella comunitaria, sul piano della disciplina del procedimento di scelta del contraente, che ha determinato il definitivo superamento della cosiddetta concezione contabilistica, che qualificava tale normativa interna come posta esclusivamente nell’interesse dell’amministrazione, anche ai fini della corretta formazione della sua volontà negoziale”. (…) “In sintesi, la nozione comunitaria di concorrenza, che viene in rilievo in questa sede e che si riflette su quella di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., è definita come concorrenza “per” il mercato, la quale impone che il contraente venga scelto mediante procedure di garanzia che assicurino il rispetto dei valori comunitari e costituzionali sopra indicati. Ciò ovviamente non significa che nello stesso settore degli appalti, soprattutto relativi ai servizi a rete, non sussistano concomitanti esigenze di assicurare la cosiddetta concorrenza “nel” mercato attraverso la liberalizzazione dei mercati stessi, che si realizza, tra l’altro, mediante l’eliminazione di diritti speciali o esclusivi concessi alle imprese (vedi considerando n. 3 della direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/17/CE)”.

Nella sentenza della Corte dei Conti viene individuato il “danno alla concorrenza”, che consiste nella violazione delle norme di evidenza pubblica. La Corte chiarisce, quindi, che la concorrenza nel settore degli appalti pubblici è garantita dalla legalità dell’azione amministrativa. Ossia da una azione amministrativa rispettosa dei principi di imparzialità e trasparenza, “conformata ai canoni di concorsualità”. L’azione amministrativa violativa di questi canoni dà vita ad una responsabilità amministrativa contabile per il costo sociale che essa genera.

(23)

Tra le direttive un ruolo pilota viene assunto da quella dei lavori25che estende l’area

dei soggetti pubblici cui trovava prima applicazione la disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici. L’art. 1, lett. b), della direttiva suddetta prevedeva quale amministrazioni aggiudicatrici, oltre allo Stato e agli Enti locali, anche i c.d. organismi di diritto pubblico26 e le associazioni costituite sia dagli Enti locali che

dagli organismi di diritto pubblico medesimi.

Nel 1996 la Commissione, mossa dall’esigenza di riconsiderare le scelte legislative comunitarie, pubblica il Libro Verde, intitolato “Gli appalti pubblici nell’Unione Europea: spunti di riflessione per il futuro”. Essa fu spinta dalle esigenze, lamentate dagli imprenditori, di una semplificazione dell’assetto normativo esistente e di un miglior adattamento all’evoluzione del mercato, in termini di flessibilità e di modernizzazione. Grazie ai contributi forniti da tutte le parti interessate in materia di appalti pubblici, la Commissione nel maggio del 2000 presentò due proposte di direttive: l’una mirante al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, servizi e lavori27 (c.d. “direttiva classica”), l’altra

mirante al coordinamento delle procedure di appalto degli erogatori di acque, di energie, e di fornitori di servizi di trasporto28 (la c.d. “direttiva settori”).

Tali proposte, dopo i pareri del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale, sfociano in due nuove direttive del Parlamento e del Consiglio, la 2004/17/CE, che coordina le procedure di appalto nei “settori” speciali, e la 2004/18/CE, che coordina le procedure di appalto nei settori ordinari o “classici”.

25Direttiva 93/37/CEE.

26Cfr. M.P. CHITI, Impresa e organismi di diritto pubblico: nuove forme di soggettività giuridica o

nozioni funzionali?, in Organismi e imprese pubbliche, a cura di A.M. SANDULLI, 2004, 67. 27 COM(2000) 275 final.

(24)

3. Il perché della scelta delle direttive.

Il legislatore comunitario, come si nota, ha scelto lo strumento normativo delle direttive per realizzare l’omogeneizzazione della disciplina sugli appalti negli ordinamenti nazionali degli Stati membri. Con tale strumento si è voluto e si vuole guidare in modo preciso l’attuazione delle direttive da parte degli stessi, prevedendone, in caso di mancato o errato recepimento, la responsabilità dello Stato29. Tale scelta è dovuta anche dall’accentuata diversificazione delle legislazioni

vigenti nei vari Stati membri che creavano dubbi sulle norme da applicare ai contratti transfrontalieri, sempre in continuo aumento. Si spiega così l’intervento comunitario nella materia esaminata tramite le direttive, in quanto, data la differenziazione tra le varie normative nazionali, sarebbe stato inadatto il regolamento che avrebbe imposto una disciplina immediatamente vincolante. L’obiettivo, quindi, della Comunità era, e continua ad essere, quello di realizzare uniformità nelle discipline nazionali tramite il recepimento negli ordinamenti degli Stati membri dei principi e dei meccanismi procedurali di natura europea attraverso il coordinamento e non la diretta sostituzione delle stesse. Estranea alle finalità della Comunità è, invece, la trasformazione o modificazione delle strutture politico-amministrative competenti in materia di appalti, in quanto non funzionali al primario obiettivo della Comunità della realizzazione di un mercato unitario. Tuttavia alcuni aspetti della normativa comunitaria hanno influenzato l’organizzazione amministrativa interna,

29 Si ricorda la storica sentenza “Francovich”, Corte di Giustizia 19 novembre 1991, cause riunite

C-6/90 e C-9/90, nella quale veniva stabilito il principio che il mancato recepimento di una direttiva

comunitaria entro la data ultima stabilita nel provvedimento poteva determinare, a certe condizioni, una condanna dello Stato e un obbligo di risarcimento del cittadino che fosse risultato leso dall’inadempiente comportamento; in curia.europa.eu.

(25)

evidenziandone le carenze. Si pensi alla rilevanza data dalle direttive al dato tecnologico nella regolazione dei requisiti tecnici, finanziari ed economici di partecipazione e qualificazione e nei criteri di aggiudicazione.

(26)

4. Le principali novità delle direttive 2004/17 e 2004/18.

Le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE introducono nuovi strumenti contrattuali e si adeguano alla modernizzazione del mercato.

In particolare, vengono previsti nuovi meccanismi di affidamento dei contratti, quali l’accordo quadro, il sistema dinamico di acquisizione, il dialogo competitivo, la contrattazione tramite centrali di committenza. Per gli appalti di lavori è previsto un oggetto più ampio, consistente o nella sola esecuzione, oppure nell’esecuzione e nella progettazione e, ancora, nella realizzazione con qualsiasi mezzo. Si ammette l’utilizzo di strumenti informatici sia per le pubblicazioni30e comunicazioni, che per

attività di contrattazione31. Si potenziano gli strumenti per garantire un’effettiva

concorrenza, mediante un maggior rigore nell’utilizzo dei criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e mediante un articolato contraddittorio con l’impresa che ha presentato un’offerta anomala.

Si valorizzano le esigenze sociali ed ambientali durante l’affidamento dell’appalto e l’esecuzione dello stesso, prevedendo criteri ambientali nella valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la possibilità di esigere condizioni ambientali e sociali durante l’esecuzione del contratto e la possibilità di creare procedure speciali per la realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica.

Per i settori speciali, la direttiva prevede l’uscita dal suo ambito di applicazione del settore delle telecomunicazioni, ritenendolo aperto alla concorrenza negli Stati membri, e, invece, dà ingresso al settore postale.

30Si pensi alla pubblicazione di avvisi e capitolati sul profilo del committente, che è il sito informatico

della stazione appaltante, alla trasmissione di bandi e avvisi alla Comunità europea per via elettronica.

(27)

5. Il quadro normativo vigente alla vigilia del recepimento delle nuove

direttive del 2004.

Prima del recepimento delle due direttive, il diritto nazionale32 degli appalti

era caratterizzato da tre distinti decreti legislativi che avevano attuato le precedenti direttive. Si trattava dei d.lgs. n. 335/1992, d.lgs. n. 157/1995 e d.lgs. 158/1995 che disciplinavano rispettivamente gli appalti, di valore pari o superiore alla soglia comunitaria, di forniture, servizi e lavori, servizi e forniture nei settori speciali. Gli appalti di lavori tanto sopra quanto sotto la soglia comunitaria erano disciplinati dalla legge n. 109 del 1994 (c.d. Legge Merloni) e successive modificazioni ed integrazioni e relative normative secondarie di attuazione ed esecuzione che prevedevano particolari restrizioni all’autonomia della stazione appaltante. Restrizioni poste per tutelare la materia degli appalti da una prassi particolarmente “allegra”33 nella realizzazione di lavori pubblici e nella spendita delle risorse ad essi

destinate. In particolare, il legislatore limitò il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa34, alla trattativa privata e all’introduzione di

varianti; separò l’attività di progettazione da quella di esecuzione dei lavori e abolì l’istituto della revisione dei prezzi. Ciò pose il problema della compatibilità di tali

32 La fase antecedente all’integrazione comunitaria in materia di appalti pubblici era prevista in

origine nella legge di contabilità di Stato, il Regio Decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e dal suo regolamento di attuazione, Regio Decreto 23 maggio 1924, n. 827. Tale corpo normativo mirava a garantire in via principale l’interesse della P.A. a selezionare il miglior contraente, cioè colui il quale offriva le condizioni economicamente più vantaggiose per l’amministrazione. L’interesse, invece, del partecipante era tutelato di riflesso dall’applicazione delle disposizioni in materia di conti pubblici.

33Il termine è usato da M.A. SANDULLI, in op. cit., 15.

Dall’esasperato irrigidimento delle procedure in funzione anticorruttiva conseguì un vero e proprio blocco del settore, tant’è che successivamente fu necessario l’intervento legislativo. A tal riguardo cfr. d.l. 3 aprile 1995, n. 101, convertito in legge 2 giugno 1995, n. 215 (Merloni-bis) e con legge 18 novembre 1998, n. 415 (Merloni-ter).

(28)

previsioni con le allora vigenti direttive. La Corte Costituzionale35, investita della

questione della compatibilità delle rigide prescrizioni imposte dal legislatore statale in ambito regionale, ha affermato che la legge n. 109 del 1994, prevedendo metodi di selezione del contraente cui affidare la realizzazione delle opere in modo più ristretto e rigoroso di quanto non preveda la normativa comunitaria, assicura in modo ancor più esteso la concorrenza e non determina una lesione del diritto comunitario.

Gli appalti di forniture sotto soglia erano disciplinati dal d.P.R. n. 593 del 1993, quelli di servizi, il cui valore non raggiungeva la soglia comunitaria, invece, rimanevano assoggettati alla disciplina della contabilità di Stato del 1923 – 1924. Le stesse regole valevano pure per i contratti sotto soglia affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici nei settori speciali. I privati operanti in tale settore, invece, erano vincolati al rispetto delle regole dell’evidenza pubblica nei limiti delle previsioni comunitarie; quindi, per i contratti sotto soglia essi applicavano le regole civilistiche. Per gli affidamenti in economia erano previste specifiche disposizioni normative, quali il d.P.R. n. 394 del 2001 per i servizi e le forniture; il d.P.R. n. 554 del 1999 per i lavori. Gli appalti pubblici relativi ai beni culturali e all’affidamento di grandi infrastrutture erano regolati rispettivamente da d.lgs. n. 30 del 2004 e d.lgs. n. 1990 del 2002, novellato dal d.lgs. n. 189 del 2005.

Come si può notare la materia degli appalti erano regolata da una disciplina frastagliata ed eterogenea. Il quadro si complica ulteriormente con la modifica del titolo V della Costituzione, introdotta con l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3. Scompare la materia “viabilità, acquedotti, lavori pubblici di interesse regionale” assoggettata alla potestà legislativa regionale di tipo concorrente e viene affidata alle regioni

(29)

medesime, la competenza nel provvedere a dare attuazione ed esecuzione agli atti dell’U.E.. Spetta, inoltre, alle regioni la competenza, in via residuale, in ogni settore non espressamente compreso nell’elenco predefinito di materie affidate alla potestà normativa dello Stato, ma nell’elenco di competenza di quest’ultimo rientra la materia della concorrenza36 e, quindi, dei contratti pubblici.

36 In prosieguo si tratterà del riparto di competenza tra potestà legislativa statale e regionale in materia

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6. Il codice degli appalti pubblici.

Il legislatore italiano con l’art. 25 della legge 18 aprile 2005 n. 62 (legge comunitaria 2004) ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi volti a definire un quadro normativo finalizzato al recepimento delle suddette direttive, fissando al riguardo quattro criteri direttivi:1) compilazione di un “unico testo normativo”37 recante le disposizioni legislative in materia di procedure di

appalto disciplinate dalle due direttive, coordinando anche le altre disposizioni in vigore, nel rispetto dei principi del Trattato Istitutivo dell’Unione Europea; 2) semplificazione delle procedure di affidamento (che non costituiscono diretta applicazione delle normative comunitarie), finalizzata a favorire il contenimento dei tempi e la massima flessibilità degli strumenti giuridici; 3) conferimento all’autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, in attuazione della normativa comunitaria, dei compiti di vigilanza nei settori oggetto della presente disciplina; 4) adeguamento della normativa alla sentenza della Corte di Giustizia del 7/10/04 nella causa c-247/0238.

37 “L’espressione “unico testo normativo” è nuova nel linguaggio legislativo, che conosce gli

strumenti del testo unico e del codice. Tale espressione può essere intesa o nel senso di lasciare al Governo la scelta se redigere un testo unico ovvero un codice, ovviamente nel rispetto dei criteri di delega, o nel senso di ipotizzare un tertium genus, ovvero una sorta di ibrido a metà tra codice e testo unico”, così R. DE NICTOLIS, in Manuale dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture,

Roma, 2010, 96.

38Corte di Giustizia UE , 07 ottobre 2004 - C-247/02, che si è pronunciata in riferimento al criterio di

aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici mediante procedure di gara aperte o ristrette, ritenendo che l'imposizione da parte di una legge nazionale, in termini generali ed astratti, alle amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere unicamente al criterio del prezzo più basso contrasta con l’art. 30, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE. La Corte UE ha censurato l’art. 21, comma 1, della legge n. 109/1994 nella parte in cui non permette alla pubblica amministrazione di poter considerare anche altri elementi oltre a quello del prezzo. Tale previsione, infatti, priva le amministrazioni aggiudicatrici della possibilità di tener conto delle caratteristiche peculiari di ciascun appalto, soprattutto se relativo alla realizzazione di opere complesse. La possibilità di scegliere criteri di aggiudicazione oggettivi, come quelli indicati a titolo esemplificativo nell'art. 30 n. 1 lett. b) della direttiva, non solo garantisce lo sviluppo di una concorrenza effettiva, ma assicura la selezione della

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Il frutto del lavoro del Governo si è concretizzato con l’emanazione del “Codice dei Contratti”, ossia il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il quale all’art. 2, rubricato i “Principi”, stabilisce quali sono i principi a cui deve informarsi la materia. Si tratta, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità39.

Le innovazioni40 del codice non determinano una rivoluzione in relazione alla

preesistente disciplina normativa dei lavori pubblici contenuta nelle leggi Merloni, anche se ciò sarebbe potuto accadere ove il testo approvato fosse stato quello preparato dalla Commissione De Lise, appositamente costituita presso la Presidenza del Consiglio, nel quale figuravano alcune norme (sul tetto dei lavori in economia, sulla procedura ristretta semplificata, sulle procedure negoziate nei vari settori e sull’affidamento degli incarichi di progettazione sotto la soglia di rilevanza comunitaria) che contenevano forti elementi di flessibilità e semplificazione, espressivi di un disegno di completa discontinuità rispetto al quadro precedente. Vi è abrogazione solo formale della normativa Merloni, poiché rimangono vigenti la maggior parte delle sue disposizioni e sono eliminate solo quelle incompatibili con le nuove direttive e con i criteri della delega. In particolare, la legge in questione migliore offerta, in www.altalex.it

39 Cfr. L. PERFETTI, Codice dei contratti pubblici, Commentario, Milano, 2013, 21 e ss.; F.

CARINGELLA – M. PROTTO, Codice dei contratti pubblici, Roma, 2010, 12 e ss.; A. CARULLO – G.

IUDICA, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2009, 2 e ss. 40Il codice ha apportato alcune modifiche alla normativa precedente di ordine lessicale. Si pensi al

pubblico incanto definito procedura aperta, alla trattativa privata definita procedura negoziale, alla licitazione privata definita procedura ristretta. Infine, per definire l’appalto integrato e l’appalto concorso si parla di appalto di progettazione ed esecuzione. Tra le modifiche di ordine sostanziale si ricorda l’equiparazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa con il prezzo più basso. Si prevede la possibilità di fare ricorso con più libertà all’appalto di progettazione ed esecuzione. Viene recepito l’istituto dell’avvalimento, istituito il c.d. dialogo competitivo, riconosciuto alla P.A. il potere di stipulare accordi quadro e previsto il ricorso all’asta elettronica.

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conteneva la clausola di resistenza di cui all’art.1, secondo cui le sue disposizioni potevano essere abrogate solo con espressa previsione. Orbene tale disposizione è stata rispettata poiché essa parla di disposizione e non di legge, per cui è stato possibile effettuare l’abrogazione delle disposizioni incompatibili con il decreto legislativo. Quest’ultimo è composto di 257 articoli che sono pochissimi in relazione alla materia disciplinata da oltre cinquanta testi normativi, e cioè i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, contratti sopra e sotto soglia, nei settori ordinari e nei settori speciali.

Tale codice, in una prospettiva sostanzialistica, persegue l’ottica di apertura della materia appalti alla concorrenza. In un’ottica istituzionale, già il termine “Codice”, dà l’idea di una stabilizzazione della disciplina. Purtroppo o per fortuna, questa stabilizzazione è stentata e stenta ad arrivare. Infatti, forse il susseguirsi dei cambiamenti della compagine politica e di elezioni politiche all’insegna dell’alternanza, ha creato un effetto destabilizzante anche sulla disciplina dei contratti pubblici. Effetto aggravato dal ritardo nella emanazione del regolamento attuativo che è stato adottato nell’ottobre del 2010 (d.p.R. 10 ottobre 2010 n. 207). Con la direttiva ricorsi (2007/66/CE), recepita con il d. lgs. 28 marzo 2010 n. 5341, il

codice subisce ulteriori modifiche.

Sembrava che la disciplina sugli appalti si fosse assestata, ma il quadro economico-politico del nostro Paese ha indotto il legislatore nazionale ad intervenire nuovamente al fine di fronteggiare la crisi economica e promuovere lo sviluppo.

41Tale disciplina, confluita nel codice del processo amministrativo, approvato il 2 luglio 2010 con

d.lgs. n. 104, incide sulle regole procedurali del ricorso giurisdizionale e sui poteri del giudice, rendendo più effettiva la difesa. Cfr., E. FOLLIERI, I poteri del giudice nel decreto legislativo 20

marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, 2010, 1447 e ss.

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7. Il ritorno dell’approccio formalistico.

Non sembra del tutto sradicata la cultura contabilistica dalla disciplina appalti pubblici, in quanto essa riappare negli ultimi interventi legislativi e anche nelle decisioni dei giudici amministrativi42. In particolare, a seguito della crisi economica

degli ultimi anni, si sono succeduti diversi interventi legislativi43 che hanno

modificato il Codice dei contratti. Si tratta, specificatamente, di interventi volti a regolare ogni aspetto della gara pubblica, riducendo i poteri di apprezzamento e di intervento volti a calibrare le regole della gara in relazione ai casi concreti. Si realizza un eccesso di regolazione che collide con il principio di semplificazione dell’azione amministrativa. Si pensi all’inserimento - sotto il Governo Monti - del comma 01 dell’art. 97, secondo il quale “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione Europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”. Tale comma costituisce l’emblema dell’invertito rapporto tra le regole e i principi del diritto amministrativo e quelli della contabilità pubblica che costituisce il fil rouge dell’azione amministrativa.

42 Cfr. R. RUSSO, Applicazione del principio di pubblicità nella seduta di apertura delle offerte

tecniche, commento a sentenza C.d.S., Ad. Plen., 22 aprile 2013, n.8, in Urbanistica e appalti, 2014,

205 e ss..

43 Cfr. il d.l. 13 maggio 2011 n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011 n. 106 – c.d. Decreto Sviluppo;

d.l. 13 agosto 2011 n. 138; d.l. 28 maggio 2012 n. 70; d.l. 6 luglio 2012 n. 95; d.l. 7 maggio 2012 n. 52; d.l. 9 agosto 2013 n. 98; L. 6 novembre 2012; d.lgs. 9 novembre 2012; d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33; d.l. 24 giugno 2014. I riferimenti normativi testè indicati sono stati oggetto di diversi commenti: E. FOLLIERI, Il diritto amministrativo alla prova delle riforme “Monti”, in www.giustamm.it; S. LAZZINI,

Dossier sulle due manovre di spending review e gli appalti pubblici, in www.diritto.it; A.P. OLIVERI,

Guida rapida alla nuova disciplina dei lavori pubblici, in Appalti & contratti, 2013. Cfr. G.M.

ROCCA, Ius Publicum – Report on Italian Public Contracts (first part), in Urbanistica e Appalti, 2012,

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“Questa è un’inversione che pone al primo posto l’economia cui tutti gli altri valori sono subordinati e che, sul piano degli studi, assegna un rilievo preponderante alla contabilità pubblica cui il diritto amministrativo si deve adeguare”44.

7.1 Segue: La crisi economica e i conseguenti interventi legislativi.

La crisi economica, dunque, ha inciso su varie disposizioni del codice dei contratti pubblici. Nell’ottica della riduzione dei costi delle opere pubbliche, il legislatore45 è intervenuto nella fase civilistica di esecuzione del contratto d’appalto,

stipulato a seguito della procedura di evidenza pubblica. Si tratta, in particolare, delle modificazioni, integrazioni apportate al codice degli appalti: limitazione di iscrivere riserve - art. 240 bis; introduzione di un tetto di spesa per le varianti - art. 132, comma 3; introduzione di un tetto di spesa per le opere c.d. compensative - art. 165, comma 3); riduzione di spesa per gli accordi bonari - art. 240, comma 5; contenimento di spesa per la compensazione nel caso di variazioni dei prezzi dei singoli materiali di costruzione - art. 133, commi 4 e 5.

Come si può chiaramente evincere, la direttrice utilizzata dal legislatore è quella di restringere la possibile lievitazione dei costi dell’affidamento, evitando anche le prassi volte a mascherare affidamenti senza gara, con la modifica dell’oggetto degli stessi in corso di esecuzione. Dall’altro, però, questo ritorno alla logica contabilistica di rigidità potrebbe pregiudicare l’interesse pubblico alla migliore funzionalizzazione

44Così, E. FOLLIERI, in op.ult. cit.

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dell’opera, provocando l’eventuale fuga di capitali privati e la distorsione del mercato concorrenziale, con probabile riduzione della qualità dell’opera pubblica. Altri interventi legislativi hanno riguardato la fase della realizzazione delle opere pubbliche e delle procedure, realizzando una riduzione dei tempi della prima e una maggiore semplificazione delle seconde. In quest’ottica si ricordano gli interventi estensivi relativi all’ambito di applicazione della finanza di progetto anche con riguardo al leasing in costruendo - art. 153, commi 19 e 20, d.lgs. 163/2006; gli interventi estensivi dell’autocertificazione per la dimostrazione dei requisiti richiesti per l’esecuzione dei lavori pubblici - art. 48, d.lgs. 163/2006. Per la semplificazione si citano le seguenti modifiche: l’obbligo di scorrimento della graduatoria in caso di risoluzione del contratto - art. 140, comma 1, d.lgs. 163/2006; la razionalizzazione e semplificazione del procedimento per la realizzazione di infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale - artt. 161 e ss., d.lgs. 163/2006; l’innalzamento dei limiti di importo per l’affidamento degli appalti di lavori nella procedura negoziata – artt. 56, comma1, lett. a), 57, comma 2, lett. a), 122, d.lgs. 163/2006 - e per l’accesso in quella semplificata ristretta - art. 123, d.lgs. 163/2006.

Si tratta, dunque, di disposizioni che dovrebbero snellire gli obblighi procedimentali previsti per le imprese e rendere più efficace l’azione realizzativa anche attraverso l’introduzione di nuove forme di partenariato pubblico-privato che garantiscono l’ingresso di capitali privati. Tali norme non sembrano porre delle criticità per la concorrenza, purché vengano sempre rispettati i principi comunitari e nazionali (libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità). Tra i principi, al fine di favorire l’accesso delle piccole

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