• Non ci sono risultati.

Il principio di proporzionalità.

L’art. 2 del d.lgs. n. 163/2006 enuncia fra i principi applicabili alla procedura di evidenza pubblica anche quello di proporzionalità198. Si ritiene comunemente che

il principio di proporzionalità abbia origini nel diritto tedesco199 ed abbia ricevuto

198 L’art. 2 del d. lgs. 163/2006 n. 163, rubricato “Principi”, stabilisce che l’affidamento e l’esecuzione

di opere e lavori pubblici, servizi e forniture deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento deve, altresì, rispettare i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché il principio di pubblicità. Risulta, quindi, evidente come, nella formulazione di tale disposizione normativa, i principi di libera concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione precedano quello di proporzionalità e si configurino, nell’ottica del legislatore, prioritari per la corretta gestione di un mercato unico, nel quale venga garantita la massima partecipazione degli operatori economici dei diversi Paesi europei mediante la tutela della concorrenza e della competitività. Questa è la ragione per cui il principio di proporzionalità, in quanto servente e funzionale ad accertare la violazione di altri principi ad esso collegato, sembra assolvere un ruolo di principio indice o rilevatore della violazione di altri principi (c.d. principio “spia”, mutuando il termine dalla dottrina che lo ha utilizzato seppur in riferimento ai “principi di sviluppo sostenibile e precauzione”: A. SANDULLI,

Proporzionalità, in Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. CASSESE, cit., 4648)

199 Secondo la formula magistrale coniata da Fleiner il principio di proporzionalità implica che “la

polizia non deve sparare ai passeri con i cannoni” o, detto, altrimenti, che le limitazioni della libertà

individuale non debbono mai superare la misura di quanto appaia necessario al raggiungimento dell’obiettivo di pubblico interesse perseguita dall’autorità. Il primo utilizzo in ambito giuridico del termine “proporzionalità” con questo specifico significato è da attribuirsi a Von Berg, che nel 1802 vi ha fatto espresso riferimento con riguardo alle limitazioni del potere statale che derivavano dalla relazione tra lo scopo dell’intervento lesivo e la misura dello stesso. E tuttavia solo un secolo più tardi il principio ha ricevuto la sua prima applicazione giurisprudenziale, con la sentenza Kreuzberg (…), nel contesto del diritto di polizia. Successivamente la giurisprudenza ha provveduto a precisare meglio i concetti e ad elevare il principio ad istituto generale del diritto amministrativo e – più in generale – del diritto pubblico tedesco. Così si esprime D.U. GALETTA, Il principio di proporzionalità, in M. A.

SANDULLI, Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2011, 111 e 112.

Al fine di una corretta ricostruzione del principio di proporzionalità nell’esperienza giuridica tedesca, appare necessario analizzare i tre elementi che rappresentano la c.d. “tecnica dei tre gradini” della sua struttura, ovverosia la congruità (o idoneità), la necessità e l’adeguatezza (o proporzionalità in senso stretto. (…) in pratica, per verificare se l’atto possa dirsi “proporzionato”, il giudice dapprima deve effettuare un controllo sull’idoneità del provvedimento adottato (in altra parte del testo l’Autrice specifica che per idoneità debba intendersi la capacità del mezzo adottato dalla pubblica autorità di perseguire lo scopo fissato dalla legge); qualora il mezzo risulti idoneo, verificherà la necessità (l’A. afferma che per necessità debba intendersi che fra le varie scelte potenzialmente idonee a perseguire il fine stabilito, l’amministrazione deve optare per quella che comporta il minor sacrificio possibile degli altri interessi in conflitto); ove il mezzo risulti sia idoneo sia necessario, valuterà la c.d. proporzionalità in senso stretto (l’A. afferma che essa impone un bilanciamento adeguato tra i vari interessi in gioco ed i pregiudizi arrecati a quelli privati (…) la relazione tra mezzi e scopo è improntata al canone della ragionevolezza). Così V. FANTI, Dimensioni della proporzionalità, Torino,

2012, 40 – 50. Interessante risulta il testo citato, in quanto l’Autrice individua nell’ordinamento giuridico italiano la nascita del principio di proporzionalità nell’opera di Gian Domenico Romagnosi:

Principi fondamentali di diritto amministrativo onde tesserne le istituzioni, del 1814. Più

attraverso l’elaborazione della giurisprudenza comunitaria200 il conio di principio

comunitario. E’ stato, infatti, successivamente inserito nei Trattati – art. 3 B, comma 3, Trattato di Maastricht; art. 5, comma 3, Trattato CE ed, infine, art. 5 del Trattato dell’UE – quale principio fondamentale dell’ordinamento comunitario che presiede l’azione dell’UE e quella degli Stati membri.

Tale principio è stato inteso quale specificazione del principio di ragionevolezza – nel duplice senso di non contraddittorietà e di adeguatezza tra mezzi e fini – la cui violazione comportava l’illegittimità delle decisioni adottate dalla stazione appaltante nelle procedure di gara. Si guardava, infatti, più alla patologia degli atti adottati che alla fisiologia degli stessi. Solo di recente la proporzionalità è stata ritenuta dalla giurisprudenza amministrativa quale principio generale dell’agere pubblico201, dalla

cui violazione deriva l’illegittimità delle decisioni adottate dalla P.A. come vizio di violazione di legge.

Tale principio, nelle sue applicazioni giurisprudenziali, è stato utilizzato come parametro di contemperamento fra i fini perseguiti con l’appalto, in primis l’interesse dell’amministrazione, e la tutela della concorrenza e la par condicio in sede di gara, permettendo di verificare il giusto rapporto dei diversi interessi e principi sottesi alla gara. Diviene, dunque, un criterio cardine dell’azione discrezionale che deve contemperare i vari interessi, attribuendo a ciascuno il giusto peso ponderale.

sacrificio della privata proprietà e libertà”; ed ancora “la prevalenza della cosa pubblica alla privata non colpisce il fine o l’effetto, ma il semplice mezzo”. Cfr. V. FANTI, op. ult. cit, per la ricostruzione

storica.

200 Per la ricostruzione del principio di proporzionalità nella giurisprudenza dei giudici comunitari si

veda il capitolo secondo: Il principio di proporzionalità nell’ordinamento dell’Unione Europea, in V. FANTI, op. ult. cit., 38 e ss.

201 V. FANTI, op. ult. cit., che nella nota 241, p. 108, indica le sentenze del giudice amministrativo che

di recente hanno affermato che il principio di proporzionalità è principio generale dell’ordinamento ed implica che la P.A. debba adottare la soluzione più idonea ed adeguata, che realizzi il minor sacrificio possibile per gli interessati. Si tratta, in specie, della sentenza del C.d.S., sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2087.

Nel diritto comunitario il principio di proporzionalità implica che le autorità amministrative non possono imporre obblighi in misura superiore a quelli necessari per il raggiungimento del pubblico interesse. Partendo da ciò, la giurisprudenza comunitaria ne ha dato attuazione in vari settori, tra i quali quello degli appalti202.

Nell’applicazione giurisprudenziale domestica, il giudice amministrativo203 ha fatto

applicazione del suddetto principio, utilizzandolo come strumento per sindacare le scelte della stazione appaltante nella previsione delle clausole di ammissione alla gara previste in bando, affermando che esse non possono ledere i principi di massima partecipazione e par condicio dei partecipanti204 . Ulteriore applicazione ha

riguardato la scelta della P.A. di accorpare l’appalto, senza suddividerlo in lotti205; la

sindacabilità dei provvedimenti di espulsione dalla gara206. Insomma, si può

202 C. Giust. CE, 14 dicembre 2004, n. 210/03; C. Giust. CE, 3 marzo 2005, nn. 21/03 e 34/03; C.

Giust. CE, 2 ottobre 2008, n. 157/06, sentenze richiamate nella nota 126 da S.S. SCOCA, op. cit., 333. 203 E’ quindi applicabile il principio, già dettato dall’art. 15 d. lgs. 24 luglio 1992, n. 358 e comunque

applicazione dei principi di proporzionalità e del favor partecipationis secondo il quale il pur necessario formalismo nello svolgimento delle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici non può giungere fino all’esclusione dal confronto di quanti abbiano presentato dichiarazioni complete ma non del tutto univoche (Cons. Stato, V, 22 febbraio 2010, n. 1038; 6 settembre 2007, n. 4674): C.d.S., sez. VI, 15 novembre 2011, n. 6031, in www.diritto.it. Ancora C.d.S., sez. V, 13 luglio 2010, n. 4510,

ivi; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 27 dicembre 2010, n. 28018, ivi.

204 T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 6 ottobre 2009, n. 2247, in www.giustizia-amministrativa.it, dove si

afferma che: “Le amministrazioni, in definitiva, ben possono richiedere alle imprese requisiti di partecipazione ad una gara d’appalto più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché però tali ulteriori prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e adeguatezza e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell’appalto (cfr. T.a.r. Lecce, III, n. 590/09)”.

205 C.d.S. 27 novembre 2006, n. 6907, dove si afferma che: “Il vero è che il valore primario della

tutela della concorrenza, laddove non incarnato da disposizioni puntuali che lo traducano in concreto per il tramite di preclusioni specifiche, consente l’accorpamento di procedure teoricamente scindibili, a patto che l’opzione sia sorretta da ragioni di interesse pubblico adeguatamente motivate e conformi al principio europeo di proporzionalità. In tali casi infatti la reductio ad unitatem si appalesa espressione di una discrezionalità non incisa da precetti puntuali piuttosto che alla stregua di un’opzione artificiosa volta ad eludere o depotenziare il principio di massima concorrenzialità”.

206 T.A.R. Sardegna, sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1537, in www.giustiza-amministrativa.it, che si esprime

in tal senso: “La combinazione del principio di proporzionalità con quello del dovere di introdurre nel processo decisionale pubblico le manifestazioni di interesse dei privati, determinano che l'esclusione dalla gara per motivi di carattere squisitamente formale deve costituire eccezione e non regola. Essa deve essere disposta solo quando appare chiaro che consentire al concorrente utili chiarimenti ai fini di un più completo accertamento dei fatti da parte dell'Amministrazione aggiudicatrice,

affermare che il principio di proporzionalità viene utilizzato come parametro per sindacare le scelte della stazione appaltante che riguardano tutte le fasi che caratterizzano il procedimento di evidenza pubblica (dalla stesura del bando alla stipula del contratto). Esso rileva, inoltre, anche per gli appalti “esclusi”, sottratti all’integrale applicazione della disciplina del codice dei contratti, per i quali la giurisprudenza207 ha affermato, ai sensi dell’art. 27 d.lgs. 163/2006, che devono

determinerebbe una lesione della par condicio tra i concorrenti”. Anche se oggi, con il soccorso istruttorio, come si è già visto nei paragrafi precedenti, si accoglie la tesi sostanzialistica.

207 Si ricorda la Plenaria, 1 agosto 2011, n. 16, che ha chiarito i casi nei quali le imprese pubbliche

sono assoggettate al rispetto della disciplina di cui al d. lgs. n. 163/2006 nell’affidamento di un contratto di appalto, fornendo una interpretazione normativa che si discosta dal precedente orientamento. Si discute dell’applicabilità o meno delle regole dell’evidenza pubblica ad un appalto affidato da Eni Servizi S.p.a. ed avente ad oggetto il servizio di vigilanza di un complesso immobiliare di proprietà di Eni S.p.a.

Chiarita la natura di impresa pubblica di entrambe le società, l’Adunanza Plenaria si sofferma sulla nozione di “settori speciali” di cui alla parte III del d.lgs. citato, ribadendo come gli appalti che rientrano in tali settori debbano essere individuati alla luce di un duplice criterio:

- sotto il profilo soggettivo, devono essere affidati da parte di un ente che opera nei settori speciali; - sotto il profilo oggettivo, devono attenere ad un servizio riferibile al settore speciale, ovvero finalizzato al perseguimento degli scopi propri o core business dell’attività, appunto, speciale espletata dal soggetto appaltante. Il Consiglio di Stato evidenzia, quindi, come le imprese pubbliche siano tenute all’osservanza della disciplina degli appalti pubblici solo nei settori speciali “mentre [le stesse] non sono in quanto tali ed in termini generali contemplate tra le amministrazioni

aggiudicatrici e gli altri soggetti aggiudicatori tenuti all’osservanza della disciplina degli appalti nei settori ordinari”.

In pratica, al di fuori dei c.d. settori speciali, esse possono agire in regime di diritto privato e non sono quindi tenute all’applicazione della parte “ordinaria” del codice appalti, come, invece, prima ritenuto dalla giurisprudenza assolutamente prevalente e consolidata.

A tale conclusione i giudici amministrativi pervengono tenuto conto di come, tra l’altro, la disciplina degli appalti nei settori ordinari, prevista dalla parte II del Codice dei Contratti Pubblici, non rechi un espresso riferimento alle imprese pubbliche in quanto tali.

Nell’ambito dei contratti “esclusi” dall’ applicazione della disciplina ad evidenza pubblica, si opera, quindi, una innovativa distinzione fra:

- appalti “esenti”, che sono quelli che “rientrano nei settori di intervento delle direttive, ma che ne

vengono esclusi per ragioni latu sensu di politica comunitaria”, con riferimento ai quali l’ente

aggiudicatore è tenuto al rispetto dei principi del Trattato CE in materia di concorrenza (economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità);

- appalti “estranei” (categoria di nuova creazione) aventi ad oggetto attività “del tutto al di fuori dei

settori di intervento delle direttive o dello stesso ordinamento comunitario” (da eseguirsi al di fuori

del territorio dell’Unione (art. 15 dir. 2004/18/CE e art. 22 dir. 2004/17/CE) ovvero aggiudicati da enti aggiudicatori dei settori speciali per fini diversi dall’esercizio delle attività nei settori speciali (ex art 217, d. lgs.163/2006) che qualora affidati da imprese pubbliche non soggiacciono alla disciplina dei settori ordinari, ma al solo rispetto dei principi civilistici.

In altri termini, l’Adunanza Plenaria esclude sia che il contratto di appalto oggetto di contestazione sia riconducibile ai settori speciali (non riguardando né direttamente uno di questi, né, comunque, un’attività riferibile al core business inerente l’attività speciale di una impresa operante in tali settori), sia che lo stesso soggiaccia al rispetto dei principi di cui all’art. 27 del codice dei contratti pubblici,

essere applicati tutti i principi di diritto interno e comunitario, quindi – come è previsto nell’indicata norma – anche quello di proporzionalità.

ovvero del Trattato CE (non riguardando una materia c.d. “esente” dianzi indicata sub a). Così M. Spatocco, La Plenaria conia una nuova categoria di appalti, ovvero quelli “estranei” al D.Lgs.

163/2006, in www.leggioggi.it alla voce appalti pubblici.

E dunque, nella scelta del soggetto cui affidare il servizio di vigilanza in oggetto – non rientrante nel settore speciale “gas” – Eni Servizi S.p.a. sarà tenuta al solo rispetto dei principi civilistici e del libero mercato. Ne consegue che, trattandosi di materia regolata dal diritto privato, difetta la giurisdizione del giudice amministrativo sulle eventuali controversie. In conclusione, il citato art. 27 impone il rispetto dei principi del Trattato a tutela della concorrenza ai soggetti tenuti al rispetto del codice appalti, in relazione ai contratti “esclusi”, ma non anche ai contratti del tutto “estranei” all’oggetto e agli scopi del codice e delle direttive comunitarie. Cfr. R. GAROFOLI, Le nuove tracce

(amministrativo), Roma, 2012, 391 e ss. Per le esclusioni, la nuovissima direttiva appalti –

2014/24/UE – dedica la Sezione , del Capo I, Titolo I “Ambito di applicazione, definizione e principi generali”.

Cfr. M.P. CHITI, I principi, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. SANDULLI, R. DE