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Le direttive e i loro effetti diretti.

Prima di illustrare le novità delle nuove direttive – in particolare quella Appalti – 2014/24/UE – occorre chiarire l’efficacia delle direttive in generale.

Come si è visto, la disciplina dei contratti pubblici è stata e continua ad essere innovata attraverso l’uso di tale fonte normativa. Si è illustrato nel primo capitolo la motivazione che sorregge tale scelta. Occorre, ora chiarire la loro efficacia al fine di comprendere l’incidenza che le stesse hanno nel nostro ordinamento.

La direttiva è un atto normativo generale destinato essenzialmente al ravvicinamento delle legislazioni e alla costruzione di sistemi giuridici omogenei.

Esse hanno la caratteristica di vincolare gli Stati membri al raggiungimento del risultato indicato, lasciandoli liberi nella scelta della forma e dei mezzi necessari per conseguirlo85. Tale discrezionalità non è piena. Infatti, la Corte di giustizia europea è

più volte intervenuta a porre dei limiti al potere di scelta degli Stati. Essa ha, infatti, previsto che lo strumento normativo da adottare per il recepimento delle direttive debba avere lo stesso rango del provvedimento da modificare86; che le disposizioni

formulate debbano essere chiare, certe e rese pubbliche in modo da permettere ai singoli una facile accessibilità e un pronto utilizzo in eventuale giudizio87.

Gli Stati membri, inoltre, nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore delle direttive e il termine assegnato per il recepimento, non possono adottare misure contrarie88 allo scopo in esse prefissato (principio di leale collaborazione, art. 10

TCE)89.

Tali essendo i caratteri generali dello strumento in esame, occorre dare atto che nell’ordinamento comunitario si è diffusa la prassi di adottare direttive dettagliate che lasciano ben poca discrezionalità agli Stati membri nella scelta delle modalità di attuazione, in quanto formulate in modo chiaro, preciso ed incondizionato.

85 L’effetto creato dalla direttiva è normalmente un obbligo di risultato e riguarda tutti gli organi dello

Stato.

86 C. di Giust., 11 giugno 1981, C-307/89, citata nel Manuale di diritto privato europeo di C.

CASTRONOVO e S. MAZZAMUTO, Milano, 2007, 89.

87 Corte di Giustizia, sentenze 6 maggio 1980 C-102/79; 15 marzo 1983 C-145/82; 26 maggio 1994 C-

381/92, in C. CASTONOVO – S. MAZZAMUTO, op. cit.. V. anche G.STROZZI, Il sistema normativo, in

Trattato di diritto amministrativo europeo, M.P.CHITI –G.GRECO, I, Milano, 2007, 159.

88 Si vedrà più avanti gli interventi legislativi che dono stati adottati dopo le nuove direttive appalti

2014.

89 R.CHIEPPA R.GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2012, 28 e ss.. G. DI

Il ricorso, infatti, a questa tipologia di direttive è stato fortemente criticato dagli Stati, ma la Corte di giustizia90 ne ha riconosciuto la legittimità quando la loro attuazione è

necessaria per conseguire le finalità previste nel Trattato.

Quindi, fermo restando, di norma, la non diretta applicabilità della direttiva, ci sono dei casi in cui la stessa può produrre un effetto diretto nei confronti dei singoli, implicando un immediato obbligo per i nostri giudici e per la P.A. di disapplicare la legge nazionale eventualmente in contrasto91. La Corte di giustizia, in applicazione

del principio dell’effetto utile, ha ritenuto che un atto debba essere interpretato in modo tale da raggiungere lo scopo per il quale è stato emanato. Conseguenza di ciò è il riconoscimento in capo ai singoli della possibilità di far valere innanzi al giudice o alla P.A. (efficacia diretta verticale92) le disposizioni di una direttiva, rivolta agli

Stati membri, non attuata. Ciò può aversi in tre casi93.

Il primo si ha per le direttive, o meglio per le parti di direttive, che prevedono un obbligo negativo agli Stati membri di non adottare certe misure. Trattandosi di

90 C. di Giust. 14 luglio 1994, Faccini Dori, C-91/92, in ww.giurcost.org.

91 Con la sentenza Granital, n. 170 del 1984, la Corte Costituzionale ha riconosciuto il diritto del

giudice nazionale di disapplicare la norma interna contraria a quella comunitaria, senza attendere alcuna pronuncia della corte di Giustizia ex art. 234 CE. Si afferma, dunque, la primazia del diritto comunitario con il limite dei “controlimiti”, ossia i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona umana.

Si ricorda la sentenza Fratelli Costanzo, C. di Giust., 22 giugno 1989, causa 103/88, in eur-

lex.europa.eu. Nella citata sentenza la Corte chiarisce l’effetto diretto, affermando che le persone

possono far valere, dinanzi al giudice nazionale, un diritto conferito loro da una direttiva inattuata ed imponendo a tutti gli organi dell’amministrazione l’obbligo di applicare la direttiva, disapplicando, qualora sussista, la normativa interna incompatibile.

92 L’effetto diretto verticale è da distinguersi dall’effetto diretto orizzontale, escluso per le direttive.

Esso si ha quando i privati possono far valere l’effetto della norma comunitaria nei loro reciproci rapporti. Tale esclusione è stata motivata dalla Corte di Giustizia (Ceg 26 febbraio 1986 C-152/84 e 14 luglio 1994 C-91/92) richiamando l’art. 249 del Trattato laddove prevede “la direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo”.

93 Si tratta delle direttive self executing. Il leading case in argomento C. Giust. CE 4 febbraio 1963, n.

26/62, Van Gend en Loos, secondo cui “se è vero che i regolamenti, in forza dell’art. 189, sono direttamente applicabili e quindi atti, per loro natura, a produrre effetti diretti, da ciò non si può inferire che altre categorie di atti contemplate dal suddetto articolo non possano mai produrre effetti analoghi. Sarebbe in contrasto con la forza obbligatoria attribuita all’art. 189 alla direttiva escludere, in generale, la possibilità che l’obbligo da essa imposto sia fatto valere dagli eventuali interessati”, in

norme che non necessitano di un intervento dei destinatari, permettono agli interessati di invocarne il rispetto anche se la direttiva sia priva di efficacia diretta. Sono le direttive che prevedono al loro interno obblighi negativi.

Il secondo riguarda quelle direttive che non innovano il sistema, ma confermano la portata di norme già previste nel Trattato. Si tratta delle cosiddette direttive ripetitive. Il terzo concerne le direttive “dettagliate”, le più importanti, che possono, nel loro complesso, essere portate immediatamente ad esecuzione a condizione che sia decorso infruttuosamente il termine per la loro attuazione e prevedano obblighi avente un contenuto sufficientemente chiaro, preciso e incondizionato94 tale per cui

non vi è spazio per l’esercizio del potere discrezionale degli Stati in sede di determinazione delle forme e dei mezzi per il raggiungimento del risultato voluto. Esse devono, inoltre, creare dei diritti a favore dei singoli.

Si comprende come l’efficacia diretta di una direttiva non è stabilita in astratto e in via generale, ma occorre esaminare in concreto le parti della stessa che siano suscettibili di essere applicate direttamente senza l’intervento attuativo dello Stato95.

94 Nella sentenza Marshall, del 26 febbraio 1986, causa 152/84, in http://old.eur-lex.europa.eu, la

Corte di Giustizia, in afferma che le disposizioni delle direttive producono effetti diretti qualora presentino le stesse caratteristiche della chiarezza, precisione e carattere incondizionato, richieste affinché le disposizioni del Trattato producano i medesimi effetti. La Corte precisa che per le direttive il carattere incondizionato si riferisce innanzitutto alla circostanza che sia decorso il termine per l’attuazione delle stesse. Inoltre, sottolinea l’esigenza che la disposizione contenuta in una direttiva sia suscettibile di poter essere applicata dai giudici nazionali senza che sia necessario adottare norme interne che ne integrino il contenuto.

95 L’efficacia diretta delle direttive è stata portata alle sue estreme conseguenze dalla Corte di

Giustizia per enfatizzare il primato del diritto comunitario. Ciò ha fatto sì che si affermasse la responsabilità dello Stato per mancata attuazione delle direttive anche qualora non abbiano i caratteri per l’efficacia diretta. Cfr. sentenza Francovich, Corte di Giustizia 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, in curia.europa.eu.