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La sintassi del Convivio

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Academic year: 2021

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(1)

INTRODUZIONE: IL METODO DELL’ANALISI SINTATTICA DEL CONVIVIO. ... 1

1. LA STRUMENTAZIONE INFORMATICA. UNA SINTESI. ... 18

1.1LACODIFICA ... 18

1.2ILLINGUAGGIOXML... 19

1.3ILFORMALISMOTEI... 21

1.4LEGENDADEISIMBOLI... 22

1.5 IVALORIDELL’ATTRIBUTOFUNCTION... 23

1.6IVALORIDELL’ATTRIBUTOTYPE... 23

1.6.1 Per le principali: ... 23

1.6.2 Per le coordinate a una principale: ... 24

1.6.3 Per le subordinate:... 25

1.6.4 Per le coordinate a una subordinata: ... 27

1.6.5 Per le parentetiche o le coordinate a una parentetica:... 29

1.7UNESEMPIODICODIFICA:TEIHEADER E CV II1. ... 30

2. IL PERIODO DEL CONVIVIO. ... 41

2.1UN INQUADRAMENTO FORMALE: L’ARMONICA DISPOSIZIONE DELLE FRASI SEMPLICI ENTRO LA FRASE COMPLESSA TRA RETORICA E PRAGMATICA... 41

2.1.1 Convivio I I 1... 43

2.1.2 Convivio IV IX 5-8... 46

2.1.3 Convivio II VIII 11 ... 48

3. FRASE SEMPLICE E FRASE COMPLESSA... 51

3.1CRITERIDIDEMARCAZIONE... 51

3.2LAFRASESEMPLICE. ... 52

3.2.2 Le strutture sintattiche monofrasali ... 55

3.2.2.1 La costruzione fattitiva... 55

3.2.2.2 La ristrutturazione... 59

3.2.2.3 La teoria del controllo... 61

3.2.2.4 Frasi fattitive e frasi a ristrutturazione: dalla sintassi alla morfosintassi. ... 62

3.2.2.5 Le perifrasi aspettuali. ... 63 3.2.2.5.1 Perifrasi durative ... 64 3.2.2.5.2 Perifrasi incoative ... 66 3.2.2.5.3 Perifrasi continuative ... 66 3.2.2.5.4 Perifrasi risolutive... 67 3.2.2.5.4 Perifrasi abituali ... 67

3.2.2.6 L’infinito come testa del sintagma nominale... 67

4. TRATTAZIONE DELLE FRASI PRINCIPALI ... 71

4.1FRASIDICHIARATIVE. ... 71 4.1.1 Dichiarative apofantiche... 72 4.1.2 Dichiarative illocutive... 75 4.1.3 Dichiarative e diatesi ... 78 4.1.4 Dichiarative al condizionale ... 80 4.2FRASIIUSSIVE... 81 4.2.1 Iussive dirette ... 81 4.2.2 Iussive indirette ... 83 4.2.2.1 Iussive augurative ... 83 4.2.3 Iussive perifrastiche ... 83 4.2.3 Struttura profonda... 85 4.3FRASIINTERROGATIVE... 89

4.3.1 Interrogative di tipo x e interrogative alternative ... 89

4.3.2 Interrogative retoriche ... 89

4.3.3 Frasi interrogative fra struttura-s e struttura-p ... 90

4.4FRASIESCLAMATIVE... 93

(2)

4.5LAFRASEOTTATIVA... 97

4.6FRASIRELATIVEGIUSTAPPOSTE... 97

4.6.1PRO-FRASE RELATIVA... 99

5. TRATTAZIONE DELLE STRUTTURE COORDINATE ... 101

5.1COORDINAZIONE CONGIUNTIVA... 101

5.1.1COORDINAZIONE CONGIUNTIVA DEITTICA... 102

5.2COORDINAZIONE ZEUGMATICA (GAPPING) ... 102

5.3COORDINATE A UNA SUBORDINATA... 103

5.4COORDINAZIONE ASINDETICA... 104

5.4.1 Coordinazione asindetica fra subordinate ... 105

5.5COORDINAZIONE DISGIUNTIVA... 105

5.6COORDINAZIONE AVVERSATIVA... 106

5.6 Coordinazione avversativa fra subordinate ... 107

5.7 Altri operatori di coordinazione avversativa ... 107

5.7COORDINAZIONE CORRELATIVA... 108

5.8COORDINAZIONE CONCLUSIVA... 111

5.9COORDINAZIONE ESPLICATIVA... 112

6. TRA COORDINAZIONE E SUBORDINAZIONE ... 114

6.1 COMPLEMENTAZIONE POLIVALENTE ... 114

6.1.1 Il che dichiarativo-esplicativo e il che di ripresa... 114

6.1.2 Un altro che polivalente (pseudo-relativo) ... 116

6.2 LA FRASE RELATIVA... 118

6.2.1 FRASI RELATIVE CON ANTECEDENTE... 118

6.2.2RELATIVA APPOSITIVA... 119

6.2.3RELATIVA RESTRITTIVA... 121

6.2.3.1 Relative restrittive pragmaticamente marcate... 123

6.2.3.2 La frase relativa al congiuntivo...124

6.2.4LA FRASE RELATIVA IMPLICITA... 126

6.2.5RELATIVEINDIPENDENTI... 126 7. LE FRASI SUBORDINATE ... 128 7.1SUBORDINAZIONEARGOMENTALE... 128 7.1.1LAFRASESOGGETTIVA... 129 7.1.1.1 Soggettive a sollevamento ... 133 7.1.1.2 Soggettive prolettiche... 134 7.1.2LAFRASEPREDICATIVA. ... 136 7.1.3LAFRASEOGGETTIVA... 136

7.1.4FRASECOMPLETIVAOBLIQUAEDEPESEGETICA ... 138

7.1.4.1 Frase completiva infinitivizzata ... 138

7.1.4.2 Frase completiva temporalizzata ... 140

7.1.4.3 Frase epesegetica... 141

7.1.5LAFRASEINTERROGATIVAINDIRETTA. ... 142

7.1.5.1 Interrogative di tipo x... 142

7.1.5.2 Interrogative alternative... 144

8. SUBORDINAZIONE CIRCOSTANZIALE... 146

8.1 LA SUBORDINAZIONE NEL ‘GRUPPO CAUSALE’: FRASI CAUSALI, IPOTETICHE, CONCESSIVE, CONSECUTIVE, FINALI... 146

8.1.1LAFRASECAUSALE ... 146

8.1.1.1 Frasali causali metalinguistiche (ad introduttore ché) ... 147

8.1.1.2 Perché e sì come... 148

8.1.1.3 Però che ... 149

8.1.1.4 Con ciò sia cosa che... 150

8.1.1.5 Frasi causali finitivizzate con introduttori tipicamente temporali o finali... 151

(3)

8.1.1.1 Il gerundio coordinato... 152

8.1.1.2 La frase limitativa causale. ... 153

8.1.2ILCOSTRUTTOCONDIZIONALE ... 153

8.1.2.1 Ipotetiche bicondizionali e biaffermative ... 153

8.1.2.2 Ipotetiche controfattuali ... 156

8.1.2.3 Le apodosi ... 157

8.1.2.3 La doppia dipendenza, posto che e pur che... 158

8.1.2.3 Ipotetiche infinitivizzate ... 158

8.1.3LAFRASECONCESSIVA... 159

8.1.3.1 Concessive fattuali e condizionali ... 160

8.1.3.2 Concessive acondizionali ... 165

8.1.4LAFRASECONSECUTIVA... 166

8.1.4.1 Consecutive con antecedente... 166

8.1.4.2 Consecutive libere ... 168

8.1.4.3 Consecutive ellittiche ... 169

8.1.5LAFRASEFINALE... 170

8.1.5.1 Frase finale infinitivizzata... 170

8.1.5.1 Frase finale temporalizzata... 171

8.1.6LAFRASETEMPORALE... 173

8.1.6.1 Ordine deittico del legame temporale pragmatico e deittico/non deittico del legame temporale sintattico. Il rapporto di anteriorità. ... 173

8.1.6.2 Cronodeissi... 175

8.1.6.3 Posteriorità e contemporaneità. Le relative indipendenti temporali... 176

8.1.6.3 Frasi temporali non finite... 178

8.1.7FRASEMODALEEFRASECOMPARATIVA ... 178

8.1.7.1 La comparazione di grado e di proporzione ... 179

8.1.7.2 La comparazione ipotetica ... 181

8.1.7.3 Le modali argomentali e le modali circostanziali ... 182

8.1.7FRASESTRUMENTALE,DIMANIERA,ESCLUSIVA... 190

8.1.8FRASEECCETTUATIVA... 195

8.1.8.1 Frasi subordinate in contesto eccettuativo... 195

8.1.9FRASELIMITATIVA ... 195

9. FRASI PARENTETICHE ... 198

9.1PARENTETICHE MODALIZZANTI: DI FRASE, DI PAROLA, DI SINTAGMA... 198

9.2PARENTETICHE CON VALORE DI SUBORDINATA... 200

CONCLUSIONE ... 201

(4)

INTRODUZIONE: Il metodo dell’analisi sintattica del Convivio.

Questo lavoro si propone di fornire una descrizione il più possibile puntuale ed un’esplicazione quanto più convincente della macrosintassi di un prototipo della nostra prosa d’arte delle origini, il Convivio.

Il solo tentativo di dare un presupposto teorico e metodologico professionale alla nostra ricerca non è stato affatto semplice: come poter analizzare la sintassi di un’opera scritta in un contesto linguistico-culturale in cui la grammatica non esiste più, o se si vuole non esiste ancora? Come presumere di misurare scarti e deviazioni rispetto a una norma che ci rimane in parte ignota?

«…nel Medioevo manca una vera e propria codificazione della sintassi. Le scuole del tempo si limitavano alla presentazione e illustrazione di passi di autori latini assunti come modelli. Si tenga presente il compito assegnato alle artes dictandi nella didattica della lingua scritta. L’esercizio della lettura e del commento dei testi, l’esecuzione e la correzione degli esercizi non erano accompagnati dalla formulazione precisa di definizioni grammaticali e di regole.» [DARDANO 1992 : 14].

Le artes dictaminis, dunque, si limitavano a fornire al lettore formule stilistiche e sintattiche e raccolte di massime già pronte e buone ad ogni uso, le regole dell’ornato ed alcuni giri frastici di sapore latineggiante, ma certo non sapevano insegnare a costruire saldamente un periodo. Tale decadimento della grammatica intesa come constructio del periodo è attribuibile al «…declinare dell’interesse per i fattori logici e strutturali di fronte al prevalere di una mentalità solo attenta ai valori esteriori di più facile applicazione didattica…» [SEGRE 1952 : 60].

Prendendo atto di quanto appena riportato e del generale impantanamento nello studio della sintassi letteraria1, la soluzione speculativamente più convincente ci è sembrata anzitutto quella di ignorare il più possibile la tensione normativa della grammatica tradizionale, che a lungo ha trovato espressione nel logoro concetto di pleonasmo e in quello altrettanto logoro e anacronistico di anacoluto2. Complementare a questa pars destruens (destinata da sola a risultare povera e improduttiva) e vero perno della nostra ricerca è stata la prospettiva sincronica, la parsmetodologicaconstruens.

1

A questo proposito si v. le riflessioni di Paolo D’Achille [1990 : 14 e sgg.].

2 SEGRE 1952 : 131 parla ancora di pleonasmi, ma in SCHIAFFINI 1954 : 283 «…i termini ‘pleonasmo’ o ‘anacoluto’ esprimono il fenomeno quale era sentito in un periodo molto inoltrato nella storia dell’evoluzione sintattica.»

(5)

Su questo tema si sono espressi Paolo D’Achille, Maurizio Dardano, Marcella Bertuccelli Papi, Alberto Varvaro con argomentazioni probanti e dimostrazioni convincenti. Dardano ha analizzato connettivi e ripetizioni nei testi della prosa media alla luce degli attuali studi sul parlato, concludendo che «un simile trasferimento di esperienze [contemporanee] può avvenire … nello studio della sintassi e della testualità dell’antica prosa.» [DARDANO-TRIFONE 1995 : 45]. Marcella Bertuccelli Papi ha studiato il che paraipotattico e il gerundio sospeso alla luce del concetto (formulato dalla scuola praghese) di tematizzazione lineare, partendo dal presupposto che « … se non ‘l’unico e vero’ … almeno uno dei punti di osservazione possibili per l’indagine del passato [è] la realtà presente…» [BERTUCCELLI 1995: 55]. Alberto Varvaro, invece, ha analizzato la koiné linguistica siciliana alla luce di contemporanei studi sociolinguistici: «Potremmo…identificare ed illustrare qualche indagine sociolinguistica contemporanea che, per l’analogia delle situazioni o per la congruenza dei metodi, possa gettare luce su qualche problema della Romània medievale» [VARVARO 1979: 30].

Sotto l’egida di risultati così soddisfacenti e confortati da sperimentatori così autorevoli, abbiamo analizzato la sintassi del Cv con una prospettiva ‘altra’: abbiamo assunto a modello di riferimento «il principio che la grammatica generativa ha ereditato da Saussure e dagli strutturalisti, che lo studio diacronico presuppone logicamente lo studio degli stati di lingua, in sincronia» [RUWET 1979 : 6] 3. Il nostro obiettivo è stato dunque quello di scrivere una grammatica generativa4, che ci permettesse di ricostruire la competence di Dante a partire da «un’ipotesi sulla struttura della lingua, ipotesi che si può giustificare solo in un secondo momento, con una procedura di valutazione» [idem : 68]. Le ipotesi sincroniche, desunte in gran parte dalla Grande grammatica italiana di

consultazione a cura di Lorenzo Renzi, Giampaolo Salvi e Anna Cardinaletti, ma anche

da Sintassi di Giorgio Graffi e da Che cos’è la pragmatica di Marcella Bertucceli Papi, sono state di volta in volta testate sulla performance dantesca, cioè sul testo nella sua

3 «Con la rivoluzione saussuriana, in base alla quale vengono distinti chiaramente i due punti di vista distinti e complementari sincronico e diacronico, e al primo viene data priorità logica, la situazione si rovescia. Ora il primo oggetto di studio è la lingua moderna.» [RENZI 2000a : 538].

«Il fine fondamentale di Saussure era fondare lo studio sincronico, e sottolineare al massimo la sua originalità in rapporto allo studio diacronico allora prevalente. Si trattava per lui prima di ogni cosa di sottolineare il carattere di sistema della lingua (a livello sincronico), di mostrare che esso consiste in una serie di valori, definiti unicamente dalle loro relazioni reciproche.» [RUWET 1979 : 47].

4 «Una grammatica generativa non è … nient’altro che una grammatica esplicita, che enumera esplicitamente tutte e sole le frasi grammaticali di una lingua (oltre…alle loro descrizioni strutturali) … generare significa semplicemente ‘enumerare esplicitamente per mezzo di regole’». [idem : 24].

(6)

integrità e più in particolare su un corpus digitale costituito dai primi due trattati dell’opera dottrinaria 5.

Tuttavia, trattandosi di ricostruire una competenza diacronicamente differente dalla nostra, ci siamo più volte chiesti con Lorenzo Renzi se «…possiamo scrivere una grammatica di una lingua di cui non siamo parlanti nativi, di cui non possediamo la piena ‘competenza’» [RENZI 2000a : 539-40] 6. Questo studio intende suggerire che la risposta può essere senz’altro positiva a patto di lunghe letture e molto studio, ma soprattutto di un corredo sufficientemente solido di conoscenze linguistico-filologiche: dal momento che l’unico modo per poter analizzare la langue di Dante è testare ipotesi sulla sua parole, cioè dal momento che non è possibile avvalerci dell’intuito del parlante nativo («la competenza dei soggetti comporta la conoscenza intuitiva di regole e di relazioni» [RUWET 1979 : 22]), non potevamo rischiare di fraintendere l’esecuzione e di ricostruire così un quadro grammaticale approssimativo ed impressionistico7.

5 Con Chomsky (Aspects of the theory of syntax, Cambridge, Mass., MIT Press, 1965, pp. 41-258) intendiamo per competence il sapere linguistico implicito dei soggetti parlanti, ovvero il sistema mentale di regole interiorizzato dai soggetti e soggiacente ai loro atti di parole concreti; per performance l’esecuzione, l’attualizzazione o la manifestazione di questo sistema in una quantità di atti concreti, sempre diversi.

«È l’esecuzione che fornisce i dati di osservazione –corpus di ogni specie, scritti o orali (conversazioni registrate, interviste, racconti, articoli di giornali, testi letterari, ecc.)– che permettono di affrontare lo studio della competenza.» [RUWET 1979 : 9]. Tuttavia, Nicolas Ruwet continua: «gli atti di parole dei soggetti non dipendono soltanto dalla loro competenza linguistica; essi variano ugualmente in funzione di un gran numero di fattori, come la memoria, l’attenzione, il grado di interesse nei confronti dell’oggetto del discorso, il bisogno di espressività, l’emotività, ecc. In altre parole, se vogliamo isolare dei fatti relativi al sistema grammaticale (alla competenza), che non si prestano a una semplice classificazione di dati d’osservazione, se vogliamo approfondire la nostra conoscenza del meccanismo del linguaggio, dobbiamo formulare delle ipotesi che, necessariamente, rappresentino una certa astrazione rispetto ai dati immediati dell’esecuzione…Di qui la priorità dello studio grammaticale (della linguistica della langue…) sullo studio dell’esecuzione (sulla linguistica della parole)» [RUWET 1979 : 10].

6 Lorenzo Renzi continua: «Anni fa, ponendomi anch’io questo genere di quesiti, cioè se sia possibile lavorare sulle lingue antiche come su quelle moderne, mi dicevo che il professore di Liceo che corregge con la matita rossa e blu i compiti di latino dei suoi allievi, possiede la ‘competenza’ di quella lingua. Ancora più la possiedono quelle che ne scrivono una grammatica, nella misura in cui sanno dirci non solo cosa c’è in una lingua, ma anche (complemento necessario, dovuto a Chomsky) cosa non c’è: cioè cosa si poteva e cosa non si poteva dire. Tale genere di competenza, meno solida e più soggetta a dubbi di quella che abbiamo della lingua che parliamo, si acquisisce con lunghe letture e molto studio, e a furia di porsi domande e cercare risposte. Ma si acquisisce».

7 Lorenzo Renzi, nell’illustrare il progetto ‘ItalAnt’ che consiste nel trasferire gli studi della Grande grammatica italiana di consultazione all’analisi dei testi del Duecento fiorentino, afferma: «…finora lo studio dell’italiano antico è stato una riserva dei filologi, anche se tra di loro ci sono stati dei linguisti filologi (o filologi linguisti) come un’Ageno, un Ambrosini, uno Stussi. Nella lista dei collaboratori dell’impresa ci sono invece molti linguisti-linguisti. Sarà proficuo questo spostamento? La scommessa è che i linguisti-linguisti siano capaci di mettere in azione nell’italiano antico quelle strategie di studio che già hanno saputo impiegare sull’italiano moderno. L’italiano antico verrebbe illuminato in un altro modo, speriamo, come da un faro più potente, dai linguisti. E’ possibile

(7)

Ecco perché non abbiamo potuto (né voluto) assegnare priorità in toto allo studio sinconico, ma abbiamo spesso fatto linguistica della parole, corredando le nostre analisi di commenti filologico-linguistici (e stilistici).

Questo connubio insolito di studio storico e sincronico ci ha permesso di rilevare le singole specificità e l’alterità di un paradigma della lingua del Trecento. Detto diversamente, per illuminare l’italiano antico come da un faro più potente [RENZI

2000b : 728] senza equivocare il testo e attraverso la ricchezza di spunti offerti dalla grammatica generativo-trasformazionale e dalla pragmatica8, abbiamo sentito la necessità euristica di restituire il Convivio alle sue coordinate storiche:

- al mediolatino

- a un latino preumanisticamente classicheggiante, se è vero che la prosa del

Cv vede «assimilata l’esperienza della latinità classica e di quella scolastica

in una sintassi periodica di ampio respiro…rivolta non a scopo ornamentale ma ragionativo» [MIGLIORINI 1960 : 187-8]

- all’esigua tradizione dottrinale volgare facente capo principalmente a Guido Faba, Guittone d’Arezzo e Brunetto Latini9, cui D. paga comunque il suo debito storico, pur distanziandosene in senso forte: in DVE II VI 7 ai guittoniani è rivolta l’accusa di non essere mai «in vocabulis atque costructione plebescere desuetos» 10.

Il nostro corpus è stato allestito grazie al prezioso supporto offerto dalla linguistica computazionale: frase dopo frase, mediante il linguaggio di marcatura XML naturalmente un altro inconveniente. Nonostante si sia spesso sostenuto (anche l’Ascoli lo ha scritto!) che non c’è vero stacco tra italiano antico e moderno, di differenze ce ne sono, e il linguista ha molto meno confidenza con queste che il filologo – o non ne ha nessuna. Il senso di singoli elementi gli può talora sfuggire o, peggio, può interpretare una parola, un sintagma, una frase, in senso sbagliato. Questo è possibile, ma è il prezzo da pagare per l’esperimento. Oggi una competenza completa linguistica e filologica non si trova normalmente più: bisogna quindi che lo studioso la ricostruisca con il suo lavoro.» [RENZI 2000b : 727-8]

8 Sull’estensione all’analisi dei testi antichi del metodo della linguistica testuale e alla pragmatica si confronti in particolare il volume DARDANO-TRIFONE 1995.

9 Le tappe di questa tradizione prosastica sono ripercorse da SCHIAFFINI 1943 e da SEGRE 1952. 10 Tale disprezzo nei confronti di una prosa guittoniana artificiosa e farraginosa ci dà ragione del «preumanesimo di Dante» [SEGRE 1952 : 51], lo stesso preumanesimo che in DVE II IV 4 aveva portato il poeta a formulare esempi di construnctio attraverso la prosa latina (e non quella volgare!): «…D. sarebbe stato, di fatto, in imbarazzo dovendo offrire esempi di prosa nei tre volgari: e in particolare di prosa illustre italiana, data l’esiguità, da lui riconosciuta, di una tradizione valida in questo settore.» [MENGALDO 1978 : 364] Quella di Mengaldo è chiaramente solo una delle interpretazioni relative a DVE II IV 4. Si v. a proposito anche AUERBACH 2005 : 45 e sgg.

(8)

abbiamo codificato i tipi sintattici (con relativi livelli di coordinazione e subordinazione) dei primi due trattati del Convivio, in modo da poter disporre, a lavoro ultimato, di una campionatura sufficientemente ampia dei dati linguistici da valutare.11

Spesso, come era prevedibile, l’adozione di una marca dedicata a una tipologia frastica ci ha permesso di isolare costruzioni storicamente pregnanti o afferenti a tradizioni culturali precise:

- Alla polarità di un latino classico preumanisticamente vagheggiato rinviano, ad esempio, costrutti come quello dell’accusativum cum

infinitivo12 (in quanto variante, stilisticamente marcata in senso alto, di un’oggettiva o di una soggettiva tout court), e come un nesso relativo di tipo difficilior, conosciuto oggi come doppia dipendenza o concorrenza del

relativo [CINQUE 1988 : 473]. Questo nesso si pone in rapporto di forte discontinuità con una tradizione orale intrinsecamente paratattica, introdotto com’è in proposizioni secondarie prolettiche in modo da

congiungere il periodo di cui esse fanno parte con il precedente [SEGRE

1952 : 178]. Come vedremo nel capitolo dedicato alla subordinazione argomentale (cap. VII), le infinitive con soggetto espresso sono state marcate ‘sogg aci’ e ‘ogg aci’ (soggettiva/oggettiva ad accusativum cum infinitivo); per la doppia dipendenza abbiamo usato una doppia marca: la prima individua la subordinata vera e propria (‘fin’ per finale, ‘ipo’ per ipotetica, ‘man’ per subordinata di maniera), la seconda indica la giustapposizione del relativo (‘rel giust’).13

- Alla polarità del mediolatino afferiscono invece moduli scolastici del tipo delle formule perifrastiche passive (si pensi ai logori e stereotipi è da

sapere, è da notare) marcate ‘pred’14 e della limitativa-causale marcata ‘lim caus’ (in quanto è la «forma tipica dell’elucidazione dottrinaria»

[AMBROSINI 1978a : 785]).

11 Per una sintesi del lavoro di codifica si confronti il capitolo I.

12 Si noti che Segre [1952 : 177] connette questo costrutto anche all’uso scolastico.

13 «La quale proseguendo, dico che…» (Cv I X 5 man rel giust); «Dico che di tutti questi ordini si perderono alquanti tosto che furono creati, forse in numero de la decima parte; alla quale restaurare fu l'umana natura poi creata.» (Cv I V 12 fin rel giust); «Lo qual vocabulo se oggi si togliesse da le corti, massimamente d'Italia, non sarebbe altro a dire che turpezza.» (Cv II X 8 ipo rel giust).

(9)

- Sempre nel solco della tradizione latamente latina, sono stati rilevati alcuni moduli sintattici pregnanti per il loro valore storico di cimeli linguistici, relitti diacronici di un gerundio preposizionale latino: in esponendo (Cv I II 1), in camminando, in soggiornando (Cv IV XIII 11) (‘man gerundioprep’…). Struttura concorrente al gerundio preposizionale, in quanto flessione nominale dell’infinito, è l’infinito preposizionale del tipo

impossibile a fare (‘sogg infinitoprep’). Tali gerundi e infiniti

preposizionali sono frequenti anche nelle scritture documentarie; il che dimostra la loro appartenenza a una ‘tradizione popolare ininterrotta’, piuttosto che a una riesumazione preumanistica di costrutti classici.15

In questo modo, riteniamo di aver esplicitato gli impieghi coscienti dei moduli sintattici più stilisticamente impegnati, il ricorso a quelli connessi a un gusto determinato di limpidità e di armonia, o a una marca di genere, a una consapevole elaborazione personale, o semplicemente a un valore storico. Non solo: così facendo, i tipi sintattici rinvenuti sono stati assunti a fenomenologia del mosaico di tradizioni culturali innestate nel Convivio.

Da questi brevi cenni ad alcune delle tipologie frasali rilevate si evince un ricorso massiccio a etichette tradizionali (v. finale, ipotetica, oggettiva, relativa, soggettiva…). Ciò non è affatto in contraddizione con l’ispirazione sincronica del nostro lavoro, cioè con la tendenza della grammatica generativa a «…stabilire un certo numero di principi astratti, e mostrare poi come questi siano attivi nelle diverse parti, e ai diversi livelli della lingua. I concetti della grammatica tradizionale vi compaiono perciò a titolo di puro materiale, da illuminare alla luce di una considerazione più astratta: e tuttavia, da questa considerazione i concetti tradizionali escono riveduti, riformulati…» [RENZI 2001 : 23].

Abbiamo introdotto alcune marche per descrivere tipi sintattici ascrivibili a un gusto e a una grammatica squisitamente volgari:

15 Citiamo per tutti: in conoscendo nello «Statuto senese« del 1309; che è a fare lo furto e che è a fare lo bene in Giordano da Pisa. Per ulteriori esempi rinviamo al sito dell’Opera del Vocabolario Italiano http://ovisun198.ovi.cnr.it.

(10)

- l’uso, sempre più sporadico ed occasionale all’altezza del Cv, della cosiddetta paraipotassi16, un punto di discontinuità notevole fra Rime e Vn da una parte e Cv dall’altra, poiché Dante in questa stagione poetica evita tale costrutto (probabilmente sentito come appartenente a giri sintattici elementari, contrari all’uso latino);

- il nesso relativo inserito in frasi principali o coordinate (‘rel giust’), che, a differenza di quel nesso relativo da noi chiamato difficilior, non costituisce affatto un modulo dotto, ma è del tutto equivalente a et + dimostrativo in tutta la tradizione volgare, prosaica e documentaria [DARDANO 1992 : 317] e non ha ovviamente potere subordinante [BERTUCCELLI 1998 : 251].

- i che ‘tutto fare’, per i quali, sembrandoci anacronistico e sterile ogni tentativo di disambiguare un valore paraipotattico intrinsecamente generico17 o blandamente ipotattico, abbiamo adottato la marca dedicata ‘compl pol’ (complementatore polivalente) di cui daremo ragione nei capitoli dedicati alle costruzioni in between. Anticiperemo soltanto che questa tipologia sintattica ci ha necessariamente indotto ad esautorare la tradizionale polarità coordinazione vs. subordinazione, a tutto vantaggio di una three-way dinstinction fra coordinazione, ipotassi e subordinazione con

embedding18.

L’effetto più concreto di questo studio è stato lo svecchiamento della descrizione sintattica contenuta nell’Appendice all’Enciclopedia dantesca, per forza di cose soggetta

16 La sequenza cosiddetta paraipotattica, frequente nelle opere in prosa di Brunetto Latini, ricorre solo in sporadici esempi del III e del IV trattato: Che se lo figlio del villano è pur villano, e lo figlio sia pur figlio di villano (Cv IV XIV 4). Per una trattazione esaustiva della paraipotassi del Cv rinviamo a AGENO 1978p : 441.

17 «Il fatto che i valori di ‘che’ negli antichi testi romanzi non siano facilmente riconoscibili e che molti passi si prestino a interpretazioni soggettive è strettamente connesso con questa sua caratteristica fondamentale di subordinante generico, e quindi impreciso, indistinto, che è il risultato della sua stessa storia. Esso corrisponde in prospettiva diacronica al punto di arrivo del processo di disgregazione del sistema subordinativo latino, l’ultima soglia, per così dire, tra l’ipotassi e la paratassi, e insieme il principale punto di partenza per la ricostruzione del sistema ipotattico romanzo» [AGOSTINI 1978b : 371].

18 Per questa triplice suddivisione dei legami sintattici si v. HOPPER-TRAUGOTT 1993 e BERTUCCELLI 1998. Per ipotassi si intende una subordinazione debole, per subordinazione con embedding il massimo della dipendenza.

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ad obsolescenza, ma sempre e comunque monumentale ed imprescindibile19. L’arricchimento sincronico (ma non solo sincronico) ha riguardato l’introduzione di nuove categorie di studio desunte dalla Grande grammatica italiana di consultazione a cura di Lorenzo Renzi come:

- le frasi a ristrutturazione, - le frasi scisse,

- le frasi a sollevamento,

- le relative indipendenti temporali, - le relative indipendenti modali,

- le soggettive specificative e identificative, - le predicative,

- le esclamative dipendenti, - le esclusive,

- le limitative,

- i costrutti ipotetici bicondizionali e biaffermativi,

- i costrutti concessivi fattuali, condizionali e acondizionali - le parentetiche ecc.

Abbiamo inoltre compattato (con relative sottodistinzioni) le frasi iussive sparse nell’ED tra Congiuntivo [AGENO 1978d] e Imperativo [AGENO 1978f], le coordinate a una principale o a una subordinata, le interrogative dirette inserite nell’ED all’interno delle svariate voci (singole congiunzioni coordinanti o introduttori interrogativi), e tutte le subordinate distribuite, a secondo della forma temporalizzata o finitivizzata, tra

Condizionale [AGENO 1978e], Congiuntivo [AGENO 1978d], Gerundio [AGENO

1978h], Infinito [AGENO 1978g], Indicativo [AGENO 1978c], e Proposizioni

subordinate [AGOSTINI 1978b]. Abbiamo analiticamente trattato tipi sintattici trascurati come le strutture monofrasali, le dichiarative (prive di una trattazione autonoma nell’ED) e le frasi interrogative (distinguendo in interrogative totali, parziali e retoriche). Abbiamo rinvenuto tipi frastici (come le consecutive prolettiche) la cui occorrenza nel

19 Il capitolo Lingua e stile dell’Appendice all’Enciclopedia dantesca è ancora oggi guardato con ammirazione e rispetto: «La più completa di queste grammatiche è quella contenuta nel volume di Appendice dell’Enciclopedia Dantesca¸di diversi autori, tra i quali Franca Ageno, Riccardo Ambrosini e altri…» [RENZI 2000b : 720].

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Convivio risultava negata. Infine, abbiamo pertinentizzato altre tipologie di frase sulla

base di costanti formali e/o lessicali20.

In questa scommessa di riconduzione della sintassi dantesca ai paradigmi della grammatica generativo-trasformazionale, ci siamo avvalsi, a mo’ di punto di riferimento esemplare, della codifica sintattica della Commedia effettuata come tesi di dottorato da Sara Gigli, distanziandocene opportunamente laddove ci sembrasse più pertinente adottare parametri descrittivi differenti.

Ma anche sul piano teorico-speculativo l’adozione di una prospettiva a valle si è rivelata particolarmente fruttuosa: pur ricorrendo la nostra indagine sistematicamente alla nozione di frase, ne abbiamo riconosciuto costantemente l’appartenenza a una sintassi ingenua, e ce ne siamo serviti come unità operativa di comodo, cui preferire, quando il testo l’avesse richiesto, una più congrua prospettiva testuale o l’approccio teorico dello schema X-barra21.

Tanta strada è stata fatta dalla generica definizione di frase contenuta in Diomede

compositio dictionum consumans sententiam remque perfectam significans o da quella

perfettamente sinonimica di Prisciano ordinatio dictionum congrua sententiam

perfectam demonstrans, fino alla progressiva delegittimazione della sintassi come teoria

della frase:

« “la frase è la più ampia unità di descrizione grammaticale” esprime sì, con sufficiente precisione l’effettiva realtà di quel rispetto che noi tutti in genere abbiamo nutrito sino a pochi anni fa per la frase, considerata come la più alta unità linguistica di riferimento: ma dove sta il motivo di una tale affermazione? Io non trovo un solo argomento inconfutabile per cui si possa assegnare alla frase -ma cos’è di preciso la frase?- necessariamente, nel corso di un’indagine linguistica, una tale posizione privilegiata. La frase, a quanto pare, non è né la più grande, né la più piccola unità di un’espressione linguistica, bensì, tutt’al più, un’unità di lunghezza media, qualcosa all’incirca fra il testo e i suoi fonemi o i suoi tratti distintivi…Nell’indagine che segue si

20 Un esempio per tutti, l’individuazione, all’interno della macrocategoria delle comparative, di comparative limitative introdotte da (sì) come (=secondo quanto) più un verbo del tipo di scrivere, dire, credere, volere, sapere, vedere, avvenire distinte dalle comparative modali anch’esse introdotte da (sì) come, ma prive di accezione limitativa, a loro volta distinte dalle pure e semplici comparative di uguaglianza prive di valore modale o limitativo introdotte ad esempio da tanto…quanto (mai dal comparativo come). Rinviamo al capitolo dedicato alla subordinazione circostanziale (8.1.7).

21 Per la chomskyana teoria X-barra si v. GRAFFI 1994 : 185 e sgg e i nostri 4.2.3 (frase iussiva) e 4.3.3 (frase interrogativa).

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negherà alla frase e ai suoi limiti ogni forma di particolare rispetto. I punti in questione prenderanno invece l’avvio dai testi, e il metodo applicato si potrà quindi considerare una “linguistica testuale”22.» (WEINRICH 2004: 17-8)

Cosa significa dare priorità all’approccio testuale piuttosto che a quello frasale? Significa poter studiare più adeguatamente, soprattutto laddove non esista o non agisca una rigida codificazione sintattica (come nell’italiano antico o nel parlato contemporaneo), fenomeni linguistici come l’incerto confine delle frasi e il mutamento di costruzione all’interno della stessa frase. L’etichetta anacronistica di anacoluto, frutto di una concezione normativa della grammatica, è stata spesso ricondotta a una spiegazione pragmatica: si pensi alla coordinazione di un indicativo e di un congiuntivo, legata alla volontà di ripetere ostinatamente l’informazione della subordinazione, oppure al fenomeno opposto dell’indipendentizzazione di una coordinata a una subordinata, espressione piuttosto di una ‘sovraordinazione’ informativa o della ricerca di un effetto comunicativo più fluido e immediato23.

Dopo il Weinrich degli anni 70, Giorgio Graffi nella sua Sintassi (1994) non parla più, in sede teorica, di frase, ma di sintagma della flessione o sintagma del complementatore (concetti chomskyani sui quali insisteremo all’interno della trattazione delle frasi iussive, 4.2.3, e delle interrogative, 4.3.3).

***

22 il testo citato continua « La linguistica testuale costituisce una fase ulteriore di sviluppo della linguistica strutturale. Per strutturale intendo, secondo l’accezione corrente in campo scientifico, quella linguistica che, sulla base del Cours de linguistique générale (1916) di Ferdinand de Saussure, studia i segni di una lingua nel loro valore posizionale all’interno del più ampio complesso strutturale del codice della lingua o di uno dei suoi sottoinsiemi, senza esaminarli isolatamente o in una prospettiva puramente storica (diacronica).».

23 Come esempio di coordinazione di un indicativo a un congiuntivo riportiamo Cv II VI 9: E però che li raggi non sono altro che uno lume che viene dal principio de la luce per l'aere infino a la cosa illuminata, e luce non sia se non ne la parte de la stella, però che l'altro cielo è diafano, cioè trasparente… Si v. anche Cv II VI 6, II VI 10, III VII 10, III XI 1, IV V 4, IV XXI 2, IV X 2, IV XVII 2, IV XIV 7.

Come caso di indipendentizzazione di coordinata a una subordinata: Questo sarà quello pane orzato del quale si satolleranno migliaia, e a me ne soverchieranno le sporte piene. (Cv I XIII 12) : secondo una grammatica tradizionale si tratterebbe di un anacoluto, la cui costruzione ‘corretta’ sarebbe stata ‘questo sarà quello pane orzato del quale si satolleranno migliaia, e del quale a me soperchieranno sporte piene’. Il clitico ripresa, il ne genitivo (tipico delle costruzioni inaccusative come questa), indipendentizza quella che avrebbe dovuto essere una congiuntiva relativa e ne fa una congiuntiva iussiva.

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Studiare la sintassi di un testo antico significa, inoltre, fare i conti con la punteggiatura, la cui distribuzione secondo certi criteri piuttosto che altri può determinare, è risaputo, non solo interpretazioni completamente diverse, ma anche danni ermeneutici irreparabili.

Stabilire una corretta punteggiatura diventa complicatissimo, se pensiamo che tale operazione per essere quanto più raffinata possibile richiede di «… risalire alla situazione comunicativa in cui il testo è nato ed è stato accolto dal pubblico del suo tempo. Tale ricerca è resa più difficile dal fatto che un testo medievale è di norma soggetto a più esecuzioni (o rimaneggiamenti): dal confronto dei manoscritti risultano differenze che riguardano … la punteggiatura (che prima dell’invenzione della stampa serviva tra l’altro a segnalare pause, intonazioni, rapporti tra parti discorsive e narrative), nonché la sintassi del periodo e la testualità. In breve, gli aspetti linguistici del testo fanno spesso corpo con gli aspetti materiali del manoscritto …» [DARDANO 1995 : 23-4].

Detto diversamente: «La punteggiatura medievale non era finalizzata ad esplicitare le articolazioni della trama sintattica. La prassi medievale è assai più parca nell’uso e nel numero dei segni…e s’informa prevalentemente a criteri estetico-retorici più che sintattici…» [DURANTE : 1981, 111].

Tale iato, per noi inconcepibile, tra punteggiatura e articolazione sintattica complica non poco la vita all’editore di un testo antico e ha come immediata conseguenza che la punteggiatura tramandataci dai testimoni e quella che l’editore di oggi appone al testo rappresentano «due modi di strutturazione del testo non confrontabili tra loro. La prima…rappresenta un’evoluzione delle distinctiones proprie dell’arte oratoria del latino classico e corrispondenti a vari tipi di pause. La seconda è sostanzialmente il prodotto di un’analisi logica e grammaticale, mirata a rappresentare il rapporto sia delle proposizioni tra loro sia dei componenti di ciascuna proposizione (Buridant 1980)» [DARDANO 1995: 32].

È evidente, dunque, che la punteggiatura apposta dall’editore è il frutto di un’interpretazione, e in quanto tale soggettiva. Essa, infatti, per quanto possa aspirare a scientificità e obiettività metodologica riflette l’idea che il soggetto si è fatto del testo in questione, rischiando di snaturarne ora la forma ora il contenuto: «changer la ponctuation d’un texte c’est, d’une certaine façon, le modifier, intervenir dans sa forme

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linguistique: distinguer plusieurs phrases là où il n’y en avait qu’une, ou l’inverse, c’est, implicitement, avoir un certaine idée, une certaine théorie de la forme que prenait la langue, des unités signifiantes qu’elle séparait» [citato in idem 31-2].

La ripercussione sullo studio della sintassi è patente. Ci sovviene un esempio commentato da Mario Medici:

Potrebbe alcuno dicere: Come è morto e va? (Cv IV VII 14)

Così stampa l’edizione dell’ED mentre in Busnelli-Vandelli e in Ageno l’interrogativa è sdoppiata: Come? È morto e va?.

«Con questo sdoppiamento della domanda si viene a dare all’obiezione che con essa si suppone fatta un tono soverchiamente e, vorremmo aggiungere, troppo modernamente drammatico...» [MEDICI 1978a : 366].

È evidente l’assoluta identità dei due enunciati dal punto di vista segmentale, ma anche la loro divergenza quanto all’intonazione (fenomeno soprasegmentale) e alla presenza, nel secondo esempio, di una pausa (fenomeno paralinguistico): ‘Come? ∆ È morto e va?’ 24

È, dunque, sufficiente confrontare due edizioni diverse del Convivio per rendersi conto delle vistose divergenze presenti sin dai primi commi. Riportiamo di seguito un caso tratto da Convivio I I 11-2 per mettere a confronto l’edizione di Maria Simonelli 1966 (sostanzialmente riprodotta da Giorgio Inglese 1993) e quella della Ageno 1995 da noi adottata25:

«Per che ora, volendo loro apparecchiare, intendo fare un generale convivio di ciò ch'i' ho loro mostrato, e di quello pane ch'è mestiere a così fatta vivanda, sanza lo quale da loro non potrebbe esser mangiata; e ha questo convivio, di quello pane degno, cotale vivanda qual io indarno intendo essere ministrata.» [Edizione SIMONELLI]

«Per che ora volendo loro apparecchiare, intendo fare un generale convivio di ciò ch'i' ho loro mostrato, e di quello pane ch'è mestiere a così fatta vivanda, sanza lo quale da loro non potrebbe esser mangiata. Ed ha questo convivio di quello pane degno, co[n] tale vivanda qual io intendo indarno [non] essere

ministrata.» 26[Edizione AGENO]

24 «La pausa opera spessissimo in combinazione con l’intonazione.» [SIMONE 1990 : 121]. Il simbolo ∆ indica la pausa.

25 D. A., Il Convivio, a c. di Giorgio I., Introduzione e testo, Rizzoli, 1993, Milano (seconda edizione 2004). D. A., Il Convivio, a c. di Franca Brambilla A., Le Lettere, Firenze, 1995, III.

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L’esempio è probante e pertinente: se adottassimo la punteggiatura della Simonelli la frase marcata in grassetto sarebbe una coordinata; viceversa, l’edizione dell’Ageno ne fa piuttosto una principale. E questo è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero addurre di pressoché totale arbitrio delle scelte editoriali in assenza di un

usus scribendi dell’autore ricostruito con una certa fedeltà: «il confine tra i periodi

(soprattutto quelli avviati dalla congiunzione e) si può definire solo in rapporto ad un esame della configurazione complessiva del testo, come ha mostrato Jean Rycher nella sua analisi delle articolazioni narrative del romanzo La mort le roi Artu» [DARDANO

1995 : 33].

Non disponendo di una nostra configurazione complessiva del testo, non ci siamo sentiti legittimati a scegliere tra le due interpretazioni, e abbiamo deciso di adottare quasi sempre tout court le scelte editoriali della Ageno. Di volta in volta discuteremo le sporadiche deviazioni dall’edizione di riferimento.

***

Un’ulteriore complicazione allo studio della sintassi del Convivio è rappresentata dalla qualità della tradizione manoscritta: «È noto da tempo che tutta la tradizione del

Convivio, i [45] manoscritti e l’editio princeps pubblicata a Firenze nel 1490 da

Francesco Buonaccorsi, dipende da una copia –archetipo- già corrotta e ampiamente lacunosa» [INGLESE 2004 : 28-9] di mano aretina. Le numerose lacune d’archetipo vanno così a compromettere lo svolgimento architettonico ed euritmico del periodo dantesco, che spesso è inframmezzato da emendationes ope ingenii e da cruces

desesperationis. Basti per tutti l’esempio a seguire:

«Non è secondo [lo Filosofo impossibile, sì come dice ne la Fisica al libro secondo], a una cosa esser più cagioni efficienti…» [Edizione

SIMONELLI Cv I XIII 4]

«Non è secondo [………] a una cosa esser più cagioni efficienti…»

[Edizione AGENO ibidem]

La congettura della Simonelli presuppone un errore meccanico di saut du même

au même, frequentissimo nel Convivio e, a quanto pare, giudicato emendabile per

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ripetizione armonica e simmetrica di parole, dei costituenti, dei cola, delle frasi che informa tutta la prosa dottrinaria. È una congettura che permette di ricostruire i nessi sintattici e i livelli di subordinazione, ma non è condivisa dalla Ageno che riproduce la lacuna astenendosi dal divinare. La nostra codifica ha attinto al senso proposto dalla Simonelli, facendo di a una cosa esser un infinito preposizionale soggettivo che traduce un residuo del gerundio preposizionale latino (‘sogg infinitoprep’), abbastanza frequente nell’opera dottrinaria.

Abbiamo dato un modesto saggio della ricostruzione fortemente ipotetica del testo che oggi siamo in grado di leggere e di come ogni edizione proponga una sua approssimazione a un testo ideale; approssimazione che, per quanto possa essere asintotica, non riduce mai il margine, anche infinitesimale, di incertezza. Tale incertezza, pur proiettandosi inevitabilmente nel nostro lavoro di analisi e di codifica sintattica, non lo ha mai (o quasi mai) caratterizzato in senso scettico e rinunciatario. La nostra ricerca, invece, irrobustita da questa consapevolezza di relativismo, è andata avanti più accorta e più avveduta.

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1. LA STRUMENTAZIONE INFORMATICA. UNA SINTESI. 1.1 LA CODIFICA

La codifica dei testi (textencoding) è una disciplina tecnica che per dare i suoi frutti deve necessariamente essere modellata e guidata da elevate competenze letterarie, linguistiche, filologiche.

In quanto operazione informatica, essa non è altro che la rappresentazione di un testo su un supporto digitale mediante un codice; in quanto applicazione ai testi umanistici, essa consiste nella selezione di tratti (siano essi fonetici, morfosintattici, semantici, retorici, letterari…) considerati pertinenti in relazione a un preciso progetto ermeneutico. Codificare un testo significa, cioè, sovrapporre alla fluidità testuale uno sguardo discreto che circoscriva gli oggetti da investigare e sia capace di esprimere la prospettiva di analisi adottata:

«This process of making explicit we call markup or encoding» [SPERBERG-McQUEEN – BURNARD 2002 : 2].

Tutto questo in netta contrapposizione al tradizionale e ancora duro a morire pregiudizio umanistico nei confronti dell’applicazione alle lettere di strumenti elettronici; in assoluta antitesi con i sospetti nutriti nei confronti delle novelle metodologie (ripetutamente accusate di imbrigliare l’irreducibilità dei testi entro rigidi e precostituiti parametri interpretativi).

Nonostante gli appelli all’illiceità di ‘meccanizzare’ le idee, l’informatica ha timidamente, ma progressivamente fatto il suo ingresso nelle facoltà umanistiche, dispiegando tutte le proprie potenzialità al servizio di settori scientifici (come la linguistica generale, la linguistica italiana, la storia della lingua, ma non solo) desiderosi di dotarsi di una base empirica (corpus) il più possibile ampia e affidabile su cui condurre ricerche sempre più raffinate ed esaustive.

Un linguaggio di codifica, infatti, «non è dotato di semantica, ma solo di sintassi» [CIOTTI 1999 : 16]: la semantica è il codificatore a imprimerla, in base alla propria visione e percezione dei dati testuali (il cosiddetto modello di codifica) attraverso uno sfruttamento personalizzato di una sintassi più o meno rigida, mediante l’elaborazione di marche personalizzate. La strumentazione informatica standardizzata, dunque, sfruttata in modo consapevole e intelligente, non riduce minimamente il raggio

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di libertà concesso al codificatore, il quale, potendo scegliere a piacimento e senza restrizioni di sorta i fenomeni da rilevare, non subisce nessuna coartazione dal lavoro di marcatura. Un lavoro di cui, invece, potrà sfruttare tutti i vantaggi:

- la possibilità di creare un modello di codifica che rispecchi fedelmente la propria interpretazione e sul piano della struttura e su quello del formato e su quello del contenuto27;

- la possibilità di interrogare rapidamente ed efficacemente il proprio corpus mediante un motore di ricerca;

- la possibilità di maneggiare con estrema facilità quantità di dati abbastanza onerosi da gestire attraverso documenti cartacei;

- la simmetrica possibilità di mettere il proprio lavoro a disposizione della ricerca scientifica.

1.2 IL LINGUAGGIO XML

Di tutti questi vantaggi e di altri ancora potrà usufruire, come anticipavamo, il codificatore che adottasse un formalismo universalmente condiviso, non soggetto a obsolescenza, cioè uno standard: un linguaggio indipendente dall’hardware (cioè supportato da qualunque tipo di computer), indipendente dal software (interpretabile cioè da qualunque editor testuale: notetab, word…), autonomo dal sistema di codifica dei caratteri (non è richiesto un particolare set di caratteri), autonomo dalle tipologie di elaborazione (usabilità per diversi fini: stampa, memorizzazione…).

Nello specifico, ci siamo avvalsi dello standard dichiarativo28 XML (eXtensible

Markup Language), che, al pari di HTML (HyperText Matkup Language), costituisce

una implementazione di SGML (Standard Generalized Markup Language), il più importante dei linguaggi elaborati per rappresentare testi e documenti in formato digitale. SGML è un metalinguaggio (markup language) impiegato per descrivere altri linguaggi attraverso delle norme contenute nella DTD (Document Type Definition), una

27«È…importante tener distinte, almeno a livello teorico, le diverse categorie delle caratteristiche che

si vogliono codificare in un testo; tali caratteristiche possono essere raggruppate in tre macrocategorie: 1. struttura: individuazione delle partizioni strutturali del testo … 2. formato: riproduzione dell’aspetto fisico di un determinato documento, vale a dire grassetti, corsivi…3. contenuto: riconoscimento di vari aspetti contenutistici, vale a dire ad esempio…funzioni narrative…strutture sintattiche…» [PIERAZZO : 2005]

28 un linguaggio cioè improntato alla comprensione del testo (text oriented) piuttosto che, come nel caso dei linguaggi procedurali, alla sua visualizzazione. Le istruzioni di elaborazione del documento stilato in linguaggio descrittivo stanno spesso nel fogli di stile.

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grammatica che regola l’utilizzo della sintassi all’interno del documento. Il controllo della validità del documento rispetto alla DTD avviene mediante un parser, ossia mediante un’analisi sintattica automatica in grado di verificare la congruità della

caratterizzazione alle dichiarazioni astratte e generalizzate (Generalized) contenute nella

grammatica.

XML nasce nel 1998 dalla necessità di semplificare il più complesso SGML, senza pervenire a un anarchico e ibrido HTML: ibrido in virtù di un connubio poco ortodosso fra istruzioni di tipo dichiarativo e di tipo procedurale; anarchico alla luce della possibilità offerta dai browser di non rispettare la grammatica né la logica gerarchica e ordinale su cui poggia SGML29.

L’unità base della sintassi XML è l’elemento, ossia l’unità che si sceglie di codificare. Esso consta di uno start tag (il generic identifier, ovvero il nome dell’elemento racchiuso entro parentesi uncinate), di un contenuto (ciò che è stato propriamente marcato), un end tag (la ripetizione del GI all’interno delle parentesi uncinate; la parentesi di apertura è preceduta da uno slash).

Segue un esempio tratto dal Tei Header30 della nostra codifica: <title>Convivio</title>

Lo start tag è <title>, l’end tag è </title>, il contenuto è Convivio. Questo tipo di marcatura, essendo dichiarativa e non procedurale, nulla dice su come il titolo Convivio verrà visualizzato.

È evidente che un modello di codifica sufficientemente articolato, come quello che si propone di descrivere la sintassi di un testo, deve ricorrere a strategie di taggatura più complesse per dare ragione della pluralità di tipologie e sottotipologie degli elementi da codificare. Così si spiega il ricorso agli attributi, i quali permettono di descrivere una sfumatura di un elemento. La loro sintassi è: nome=“valore”.

Riportiamo un esempio tratto dalla codifica vera e propria del Cv (I I IV):

<s><cl0 function="princ" type="dich">Di fuori dall'uomo possono essere similemente due cagioni intese,<cl1 function="subord I" type="rel app antec"> l'una delle quali è induttrice

29 «In generale, dati due elementi obbligatori a e b può darsi uno e uno solo di questi casi: a contiene b; a è contenuto da b; a precede b; a segue b» CIOTTI 1999 : 25 In altre parole sono ammesse soltanto disposizioni in sequenza (a a b b) o annidamenti (a b b a), mai sequenze del tipo a b a b (overlapping).

30 «…un frontespizio elettronico che contiene ogni sorta di informazione sulla fonte utilizzata per il formato elettronico , sulle modalità della codifica e sulla responsabilità della stessa» [PIERAZZO 2005 : 75]

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di necessitade,</cl1><cl1 function=”coord I” type=”cong asind rel app antec”>l'altra di pigrizia.</cl1></cl0></s>

È possibile riconoscere, nel breve passaggio riportato, tre elementi (<s>, <cl0>, <cl1>) e sei attributi (function="princ", type="dich", function="subord I" type="rel app antec",

function=”coord I”, type=”cong rel app antec”), nonché la disposizione in sequenza di due

elementi <cl1> e l’annidamento di <cl1> entro <cl0> che a sua volta è annidato entro <s>. La disposizione in sequenza e/o annidamento è garanzia di rispetto delle relazioni gerarchiche e ordinali della sintassi XML (come del resto di quella SGML) che non tollera casi di overlapping31.

1.3 IL FORMALISMO TEI

Elementi e attributi non sono stati inventati dalla presente codifica: avrebbero potuto esserlo, dal momento che XML non costringe gli utenti a dichiarare nelle DTD elementi aprioristicamente determinati, ma abbiamo preferito non cadere nel tranello teso da una ricerca di libertà tanto strenua quanto inutile. E così, per non ostacolare lo scambio di risorse con la creazione di una DTD ex nihilo, abbiamo aderito agli schemi di codifica TEI, a un modello standard per la marcatura dei testi.

La Text Encoding Initiative, nata nel 1986, è frutto delle tre principali associazioni mondiali di informatica umanistica, la Association for Computers and the

Humanities (ACH), la Association for Computational Linguistics (ACL) e la Association for Literary and Linguistic Computing (ALLC), che, coordinate dagli studiosi Carl

Michael Sperberg McQueen e Lou Burnard, hanno pubblicato nel 1994, dopo precedenti tentativi in parte falliti, una monumentale e stabile DTD: Guidelines for Text Encoding

and Interchange, sottoposta a successivi aggiornamenti32.

Come anticipavamo, obiettivo prioritario della TEI è la creazione di uno standard di markup sufficientemente ampio, articolato e flessibile, tale da poter divenire grammatica di base e vocabolario di riferimento del maggior numero di studiosi; un manifesto di omogeneità e condivisione di criteri destinato a favorire e incrementare lo scambio di documenti e testi digitali («the common core of textual features be easy shared» [SPERBERG-McQUEEN – BURNARD 2002 : 2]).

31 «Gli elementi non possono intrecciarsi (overlapping) gli uni agli altri» [PIERAZZO 2005 : 45]. 32 Sul sito TEI http://www.tei-c.org è disponibile la versione elettronica delle Guidelines.

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Il nostro modello di codifica, nello specifico, ha attinto in modo consistente a quello elaborato da Sara Gigli per la sua tesi di dottorato La codifica sintattica della Commedia. Tale imitazione è stata voluta e strategica, poiché soltanto il ricorso ad un medesimo ‘codice’ avrebbe permesso di rendere confrontabili le due codifiche. A nostro avviso, infatti, la possibilità di istituire un confronto fra la sintassi ardua e ieratica del

Convivio e quella più sciolta e agile della Commedia (ma non meno solenne) non è da

sottovalutare: sembrano piuttosto aprirsi nuovi orizzonti di ricerca.

Sulla scia della Gigli, abbiamo scelto di modificare parzialmente il tag che nella DTD TEI individua la frase semplice (clause, <cl>), aggiungendovi un numero progressivo per ogni livello di innestamento: il motore di ricerca, XCDE, su cui attualmente è interrogabile la nostra codifica, non avrebbe supportato un formalismo con un <cl> entro un medesimo <cl>, ma un <cl3> entro un <cl2>, un <cl2> entro un <cl1>, un <cl1> entro un <cl0>.

Abbiamo, invece, rivendicato un ampio margine di libertà per quanto attiene alla semantica e dunque alla scelta teorica e pratica di cosa codificare con un determinato formalismo. I capitoli a seguire daranno ragione di questa rivendicazione di autonomia.

1.4 LEGENDA DEI SIMBOLI

Per maggior chiarezza elenchiamo i simboli TEI di cui la nostra codifica si è avvalsa:

- <s> e </s> sono rispettivamente i tag di apertura e di chiusura della frase complessa.

- <cl> e </cl> sono rispettivamente i tag di apertura e chiusura della frase semplice (con l’aggiunta di un numero progressivo)

- type = è un attributo dell’elemento <cl> che indica il tipo sintattico. - function = è un attributo di <cl> che indica il livello di subordinazione. - id = è un attributo tanto di <s> quanto di <cl> che serve a stabilire una

cross-reference.

- next = è un attributo tanto di <s> quanto di <cl> che serve a stabilire una cross-reference.

- &quot; = è un’entità interna (ossia una stringa di caratteri che sta al posto di un’altra stringa di caratteri) che sostituisce le virgolette “

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- &agrave; = è un’entità interna che sostituisce à - &egrave; = è un’entità interna che sostituisce è - &eacute; = è un’entità interna che sostituisce è - &igrave; = è un’entità interna che sostituisce ì - &ograve; = è un’entità interna che sostituisce ò - &oacute; = è un’entità interna che sostituisce ó - &grave; = è un’entità interna che sostituisce ù

1.5 I VALORI DELL’ ATTRIBUTO FUNCTION. princ = principale

coord = coordinata a una principale

coord I = coordinata a una subordinata di I livello coord II = coordinata a una subordinata di II livello coord III = coordinata a una subordinata di III livello coord IV = coordinata a una subordinata di IV livello subord I = subordinata di I livello

subord II = subordinata di II livello subord III = subordinata di III livello subord IV = subordinata di IV livello subord V = subordinata di V livello subord VI = subordinata di VI livello parent = parentetica

1.6 I VALORI DELL’ATTRIBUTO TYPE 1.6.1 Per le principali:

dich = dichiarativa

dich ill = dichiarativa illocutiva esclam = esclamativa

int altern = interrogativa alternativa int x = interrogativa di tipo x

int x ret =interrogativa di tipo x retorica iuss dir = iussiva diretta

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iuss indir = iussiva indiretta iuss aug = iussiva augurativi

iuss dir perifr = iussiva diretta perifrastica ott libera = ottativa libera

rel giust = relativa giustapposta (nesso relativo)

1.6.2 Per le coordinate a una principale: avv dich = coordinata avversativa dichiarativa

avv int x = coordinata avversativa interrogativa di tipo x avv iuss dir = coordinata avversativa iussiva diretta avv iuss indir = coordinata avversativa iussiva diretta cong dich = coordinata congiuntiva dichiarativa

cong dich ill = coordinata congiuntiva dichiarativa illocutiva cong esclam = coordinata congiuntiva esclamativa

cong int x = coordinata congiuntiva interrogativa di tipo x cong iuss dir = coordinata congiuntiva iussiva diretta cong iuss dir = coordinata congiuntiva iussiva diretta cong asind dich = coordinata asindetica dichiarativa

cong asind int x ret = coordinata asindetica interrogativa di tipo x retorica cong asind iuss dir = coordinata asindetica iussiva diretta

cong asind iuss indir = coordinata asindetica iussiva indiretta cong concl dich = coordinata conclusiva dichiarativa

cong concl iuss dir = coordinata conclusiva iussiva diretta

cong concl iuss dir perifr = coordinata conclusiva iussiva diretta perifrastica cong cons dich = coordinata consecutiva dichiarativa

cong cons post = coordinata consecutiva posposta cong corr dich = coordinata correlativa dichiarativa

cong corr sogg infinitoprep = coordinata correlativa soggettiva a infinito preposizionale cong espl dich = coordinata esplicativa dichiarativa

disg dich = coordinata disgiuntiva dichiarativa

disg int altern = coordinata disgiuntiva con valore di interrogativa alternativa disg corr dich = coordinata disgiuntiva correlativa dichiarativa

(25)

rel giust = coordinata mediante nesso relativo giustappositivo (coordinata relativa giustapposta)

1.6.3 Per le subordinate: caus = causale

comp disug = comparativa di disuguaglianza

comp disug ipo = comparativa ipotetica di disuguaglianza comp ug = comparativa di uguaglianza

comp ipo = comparativa ipotetica comp lim = comparativa limitativa comp mod = comparativa modale

compl pol = complementatore polivalente conc acond = concessiva acondizionale conc cond = concessiva condizionale conc fatt = concessiva fattuale

cons antec = consecutiva con antecedente cons ell = consecutiva ellittica

cons libera = consecutiva libera

cons libera fin = consecutiva libera finale eccett = eccettuativa

epes = epesegetica esclus = esclusiva fin = finale

fin rel giust = concorrenza del relativo in frase finale int altern = interrogativa alternativa

int disg = interrogativa disgiuntiva int x = interrogativa di tipo x

int x ret = interrogativa di tipo x retorica ipo = ipotetica

ipo biaff = ipotetica biaffermativa

ipo obl = ipotetica con valore di completiva obliqua ipo rel giust = concorrenza del relativo in frase ipotetica ipo sogg = ipotetica con valore di soggettiva

(26)

lim = limitativa

lim caus = limitativa causale

lim caus eccett = limitativa causale in contesto eccettuativo li meccett = limitativa in contesto eccettuativo

man = di maniera

man gerundioprep = di maniera a gerundio preposizionale man rel giust = concorrenza del relativo in frase di maniera mod = modale (gerundio coordinato)

obl = completiva obliqua ogg = oggettiva

ogg aci = oggettiva ad accusativum cum infinitivo pred = predicativa

rel app antec = relativa appositiva con antecedente

rel app antec caus = relativa appositiva con antecedente con valore o in costrutto causale rel app antec comp disug = relativa appositiva con antecedente in costrutto comparativo (di disuguaglianza)

rel app antec comp ug = relativa appositiva con antecedente in costrutto comparativo (di uguaglianza)

rel app antec cons = relativa appositiva con antecedente con valore consecutivo rel app antec lim = relativa appositiva con antecedente in costrutto limitativo

rel app antec fin cons = relativa appositiva con antecedente con valore finale-consecutivo

rel app antec eccett = relativa appositiva con antecedente in costrutto eccettuativo rel impl = relativa implicita

rel impl deon = relativa implicita deontica rel ind = relativa indipendente

rel ind acond = relativa indipendente acondizionale rel ind ipo = relativa indipendente con valore di ipotetica rel ind mod = relativa indipendente modale

rel ind temp = relativa indipendente temporale rel restr antec = relativa restrittiva con antecedente

(27)

rel restr antec caus = relativa restrittiva con antecedente in costrutto o con sfumatura causale

rel restr antec comp disug = relativa restrittiva con antecedente in costrutto comparativo (di disuguaglianza)

rel restr antec comp mod= relativa restrittiva con antecedente in costrutto modale-comparativo

rel restr antec cons = relativa restrittiva con antecedente con valore consecutivo rel restr antec lim = relativa restrittiva con antecedente in costrutto limitativo rel restr antec eccett = relativa restrittiva con antecedente in costrutto eccettutativo sogg = soggettiva

sogg aci = soggettiva ad accusativum cum infinitivo sogg id = soggettiva identificativa

sogg infinitoprep = soggettiva a infinito preposizionale sogg soll = soggettiva a sollevamento

spec = specificativa

spec aci = specificativa infinitivizzata con soggetto espresso spec infinitoprep = specificativa a infinito preposizionale strum = strumentale

temp = temporale

1.6.4 Per le coordinate a una subordinata: avv caus = coordinata avversativa causale

avv comp ug= coordinata avversativa comparativa di uguaglianza avv fin = coordinata avversativa finale

avv ogg = coordinata avversativa oggettiva

avv rel app antec = coordinata avversativa a una relativa appositiva con antecedente avv rel restr antec = coordinata avversativa a una relativa restrittiva con antecedente avv rel giust = coordinata avversativa a una relativa giustapposta

avv rel ind temp = coordinata avversativa relativa indipendente temporale avv sogg = coordinata avversativa soggettiva

cong caus = coordinata congiuntiva causale

cong comp disug = coordinata congiuntiva comparativa di disuguaglianza cong comp ipo = coordinata congiuntiva comparativa ipotetica

(28)

cong comp lim = coordinata congiuntiva comparativa limitativa cong comp mod = coordinata congiuntiva comparativa modale cong comp ug = coordinata congiuntiva comparativa di uguaglianza

cong cons antec = coordinata congiuntiva a una consecutiva con antecedente cong cons caus = coordinata congiuntiva consecutiva causale

cong cons post = coordinata consecutiva posposta cong epes = coordinata congiuntiva epesegetica cong fin = coordinata congiuntiva finale

cong int x = coordinata congiuntiva interrogativa di tipo x cong ipo = coordinata congiuntiva ipotetica

cong lim = coordinata congiuntiva limitativa cong man = coordinata congiuntiva di maniera

cong obl = coordinata congiuntiva completiva obliqua cong ogg = coordinata congiuntiva oggettiva

cong rel app antec = coordinata a una relativa appositiva con antecedente cong rel ind = coordinata a una relativa indipendente

cong rel ind ipo = coordinata a una relativa indipendente ipotetica cong rel ind mod = coordinata relativa indipendente modale

cong rel ind temp = coordinata a una relativa indipendente temporale cong rel restr antec = coordinata a una relativa restrittiva con antecedente cong sogg = coordinata congiuntiva soggettiva

cong spec = coordinata congiuntiva specificativa cong strum = coordinata congiuntiva strumentale cong temp = coordinata congiuntiva temporale cong asind caus = coordinata asindetica causale cong asind ogg = coordinata asindetica oggettiva

cong asind polivalente = coordinata asindetica a subordinate polivalente

cong asind rel app antec = coordinata asindetica a una relativa appositiva con antecedente

cong asind rel restr antec = coordinata asindetica relative appositiva con antecedente cong asind temp = coordinata asindetica temporale

(29)

cong corr fin = coordinata correlativa finale cong espl ogg = coordinata esplicativa oggettiva

cong espl rel app antec = coordinata esplicativa a una relativa appositiva con antecedente cong espl rel ind mod = coordinata esplicativa relativa indipendente modale

disg epes = coordinata disgiuntiva epesegetica disg esclus = coordinata disgiuntiva esclusiva

disg int altern = coordinata disgiuntiva con valore di interrogativa alternativa disg obl = coordinata disgiuntiva obliqua

disg ogg = coordinata disgiuntiva oggettiva

disg rel ind = coordinata disgiuntiva relativa indipendente

disg rel restr antec = coordinata disgiuntiva a una relativa restrittiva con antecedente disg sogg = coordinata disgiuntiva soggettiva

disg temp = coordinata disgiuntiva temporale

1.6.5 Per le parentetiche o le coordinate a una parentetica:

cong asind subord = coordinata asindetica a una parentetica con valore di subordinata modaliz = modalizzante

subord = valore di subordinata

La nostra codifica (per quanto attiene ai primi due trattati del Convivio) è disponibile in rete, in un file interrogabile per mezzo del motore di ricerca XCDE nel sito delle opere lemmatizzate di Dante ideato dal Prof. Mirko Tavoni e realizzato dalla dott. Elena Pierazzo (http://dante.di.unipi.it).

(30)

1. 7 UN ESEMPIO DI CODIFICA : TeiHeader e Cv I I 1.

<?xml version="1.0" encoding="utf-8"?>

<!DOCTYPE TEI.2 PUBLIC "-//TEI Consortium//DTD TEI P4//EN" "d:/Programmi/sgml/dtds/tei/tei2.dtd" [

<!ENTITY % TEI.prose 'INCLUDE'> <!ENTITY % TEI.linking 'INCLUDE'> <!ENTITY % TEI.figures 'INCLUDE'> <!ENTITY % TEI.analysis 'INCLUDE'> <!ENTITY % TEI.XML 'INCLUDE'>

<!ENTITY % ISOlat1 SYSTEM "d:/Programmi/xml/dtds/tei/iso-lat1.ent">

%ISOlat1;

<!ENTITY % ISOlat2 SYSTEM "d:/Programmi/xml/dtds/tei/iso-lat2.ent">

%ISOlat2;

<!ENTITY % ISOnum SYSTEM "d:/Programmi/xml/dtds/tei/iso-num.ent">

%ISOnum;

<!ENTITY % ISOpub SYSTEM "d:/Programmi/xml/dtds/tei/iso-pub.ent"> %ISOpub; ]> <TEI.2> <teiHeader type="text"> <fileDesc> <titleStmt> <title>Convivio</title> <author>Dante Alighieri</author> <respStmt> <resp>Codifica sintattica</resp> <name>Francesco Fiumara</name> </respStmt>

(31)

</titleStmt>

<publicationStmt>

<publisher>Francesco Fiumara</publisher>

<pubPlace>Dipartimento di Studi Italianistici Universit&agrave; di Pisa</pubPlace> <date>2006</date> </publicationStmt> <sourceDesc> <bibl> <title>Convivio</title> <author>Alighieri, Dante</author>

<editor id="ed" role="editor">Brambilla Ageno, Franca</editor> <publisher>Le Lettere</publisher> <pubPlace>Firenze</pubPlace> <date>1995</date> </bibl> </sourceDesc> </fileDesc> <encodingDesc>

<projectDesc><p>La codifica sintattica s'inserisce nel mio progetto di tesi di laurea specialistica 'La sintassi del Convivio' guidato dal Prof. Mirko Tavoni. La

responsabilit&agrave; di quanto dichiarato &egrave; integralmente mia.</p></projectDesc>

<samplingDecl><p>L'edizione digitale &egrave; quella del progetto Biblioteca Italiana, a cura di Elena Pierazzo e di Marta Zanazzi, liberamente accessibile per uso personale o scientifico in base a quanto stabilito dalla Licenza d'uso BibIt

(<xref>http://www.bibliotecaitaliana.it/license</xref>. Alla sintassi xml originale sono state apportate lievi

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