2. IL PERIODO DEL CONVIVIO
2.1 U N INQUADRAMENTO FORMALE : L ’ ARMONICA DISPOSIZIONE DELLE FRASI SEMPLICI ENTRO LA FRASE
2.1.1 Convivio I I 1
Ma diamo voce direttamente al nostro testo:
Sì come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere [ed] è che ciascuna cosa, da providenza di prima natura impinta, è inclinabile alla sua propia perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione della nostra anima, nella quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti. (Cv I I 1)
L’exordium è un punto focale del testo secondo i dettami delle retoriche, in quanto ha il compito di «dirigere l’attenzione, la favorevole disposizione e la benevolenza del giudice [alias il lettore] alla causa di parte rappresentata nel discorso»
[LAUSBERG 1969: 31]. Il proemium svolge, così, un ruolo cardine nell’utilitas causae,
una funzione conativa implicita molto forte, per realizzare la quale D. si avvale della
soavissima di tutte le altre scienze (Cv II XIII 14), la Retorica, in quanto arte della dispositio 38: métier à cŏté du génie.
Rispetto ad altre sezioni molto più artificiose e ardite quanto alla disposizione dei membri sintattici39, l’apertura del Convivio è contrassegnata dalla compresenza di un
ordo verborum naturalis e artificialis dei costituenti e delle frasi. L’ordine naturale è da
connettere alla volontà di assicurare credibilità alle res40: basti pensare agli infiniti (sapere, essere) che seguono il verbo reggente in accordo con la Wortstellung
38 Cv II, XI 9 «l’ordine del sermone si pertiene…a li rettorici»; si veda anche BALDELLI 1978 : 138 «…l’abbellimento non è altro che il modo in cui il dicitore opera la persuasione, che è compito precipuo della Retorica […] La ricerca dell’ornatus…si propone quindi come continua e costante equivalenza della scienza-sapienza…» e la v. Retorica dell’ED.
39 Un esempio senza alcun dubbio più impegnato stilisticamente è l’esordio del trattato secondo ricco di latinismi sintattici, lessicali e di tropi: Poi che proemialmente ragionando, me ministro, è lo mio pane [nello] precedente trattato con sufficienza preparato, lo tempo chiama e domanda la mia nave uscir di porto; per che, dirizzato l'artimone de la ragione a l'òra del mio desiderio, entro in pelago con isperanza di dolce cammino e di salutevole porto e laudabile nella fine de la mia cena. Ma però che più profittabile sia questo mio cibo, prima che vegna la prima vivanda voglio mostrare come mangiare si dee. (Cv II I 1).
40
romanza41. Tuttavia, la prolessi della participiale da providenza di prima natura impinta (iperbato), con al suo interno un circostanziale agentivo che precede il verbo (anastrofe), dà spazio alla tendenza opposta, a una formulazione latineggiante del periodo. Anche nella frase complessa seguente agisce un iperbato: tra il connettivo onde e la principale è intercalata una frase circostanziale a sua volta matrice di una relativa appositiva (acciò che la scienza è ultima perfezione della nostra anima, nella quale…). Le esigenze di
perspicuitas e di credibilità sono momentaneamente derogate (il tempo che si chiuda il
breve inciso) in nome della vetustas42 e del mutamento artistico della τάξις, sì che la
piatta, monotona e uniforme distribuzione delle frasi (vulgare dicendi genus) sia scongiurata. Le figure di transmutatio (anastrofe, iperbato, incidentale, hysteron proton,
parenthesis…), infatti, in quanto causa di straniamento sintattico, suscitano attenzione,
si oppongono al fastidium del destinatario, e contribuiscono a imprimere alla struttura del periodo, di per sé lineare, quell’andamento ciclico che contraddistingue la prosa di tanto Convivio.
Come in altri casi, in Cv I I 1, D. anticipa in forma di proposizione incipitale lo scopo dimostrativo del discorso di parte43, per poi articolarlo nelle successive frasi (ossia nelle rationes della prassi sillogistica) e nella conclusio del quod erat
demonstrandum (che accetta come certo il dato provato nella argumentatio: ‘tutti
naturalmente al suo desiderio semo subietti’). L’influsso della logica aristotelica sulla
morfologia sintattica dei periodi presi in esame è fortissimo: la gerarchia semantica del sillogismo investe la gerarchia sintattica, che riproduce la catena logica nei rapporti di dipendenza grammaticale. Le due rationes risultano, infatti, incatenate alle principali semanticamente e sintatticamente: la maior, La ragione di che puote essere [ed] è…, contiene un pronome anaforico (che) che morfologicamente e pragmaticamente (non sintatticamente) è subordinante; la minor, acciò che la scienza è ultima perfezione della nostra anima, è a tutti gli effetti una subordinata causale44.
41 «Spesso l’infinito precede il verbo servile … dando un’accensione ritmica più eloquente ; e più raramente lo segue…con tono più dimesso e in funzione più piana e distensiva. Ma quando c’è un avverbio a sostegno, allora la posizione è sempre [latineggiante]» [VALLONE 1967 : 40].
42 La ricerca di una maiestas stilistica è a più riprese invocata nel corso del Convivio «…conviemmi che con più alto stilo dea, ne la presente opera, un poco di gravezza, per la quale paia di maggiore autoritade.» I IV 13.
43 ‘Tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere’, che è una citazione tout court di Aristotele: Omnes homines natura scire desiderant.
44 Si noti come la natura di rationes in un caso sia lessicalizzata 'la ragione di che’ nell'altro caso sia grammaticalizzata nella proposizione causale (‘acciò che’).
Un ulteriore influsso sulla sintassi è esercitato teoricamente dal cursus45, ossia da quelle clausole ritmiche il cui riconoscimento equivale a individuare «i precedenti e gli addentellati formalistici della nostra più antica prosa d’arte non nei modelli fissati dai classici latini, ma nella letteratura latina del medioevo…». L’epistolografia gregoriana insegnava a sacrificare la tradizionale libertà della prosa sull’altare delle severe leggi del
numerus al fine di «elevare aristocraticamente la lingua del volgo a nobile strumento
espressivo», poiché «Loqui nobis communiter datum est: solus ornatus est, qui discernit indoctos » [SCHIAFFINI 1943 : 3 e 14]. Tuttavia, la generazione di D., e probabilmente anche quella precedente (si pensi a Brunetto Latini), non ha bisogno di legittimare attraverso forzature retoriche il ricorso al volgare: «In questo clima [quello del ‘preumanesimo’ fiorentino del primo 200] il volgare, già fertile di opere narrative e divulgative e di volgarizzamenti, non è più considerato con quella forma di disdegno che ne faceva ritenere necessaria una «nobilitazione», perseguita con l’assoggettarlo a sforzi cui la sua natura si ribellava (si pensi a Guittone)» [SEGRE 1952 : 115]. Ciononostante, la prosa del Convivio ricorre occasionalmente all’artificio del cursus realizzando quel connubio di rethorica musicaque individuato nel DVE a fondamento della fictio46: in particolare il prologo, in quanto forma testuale accostabile all’epistola, presenta diverse
clausulae a breve distanza l’una dall’altra.
«Il primo periodo finisce con un velox: desiderano di sapere47; il
secondo con un trispondaicus, semo subiteti, preceduto da un cosiddetto settimo piede (tipo esse poterit non raro in D. epistolografo) desiderio, e nelle pause interne ha anche perfezione (pl) e felicitade (pl). Il terzo …» [SCHIAFFINI 1943 : 117].
Per una rilevazione esaustiva delle clausole ritmiche del Convivio rinviamo a
AGENO 1995 : 964 (I/2).
45 Il cursus, lenocinio retorico schiettamente medievale basato su una convenzionale alternanza di sillabe toniche e atone, deriva dalle clausole ritmiche della latinità classica: « … dalla clausola antica ebbe origine il cursus medievale, determinato non più dalla quantità sillabica, ma rispetto alle due ultime parole della frase, dalla situazione dei limiti delle parole e dalla collocazione dell’accento della parola. In questo modo l’ultima parola del cursus deve comprendere tre o quattro sillabe: particelle monosillabiche che lo precedono vengono considerate in questo caso come parti della parola che segue. Si distinguono quattro tipi…» velox (clausola giudicata sovranamente bella), planus, tardus, trispondaicus. [LAUSBERG : 254].
46 DVE II IV 2.
47 Quando parlavamo di influenza del cursus sulla sintassi alludevamo al fatto che la scelta dell’introduttore di all’interno dell’oggettiva desiderano di sapere, per esempio, potrebbe essere dettata da ragioni ritmiche visto che D. e l’età precedente a lui disponeva di altre due costruzioni infinitive in dipendenza di sapere: senza introduttore e con introduttore a (tutte e tre attestate nel Cv). Bisogna tuttavia riconoscere che il complementatore di è di uso maggioritario, come risulta anche dal TLIO.
L’azione della retorica è altrettanto evidente sul piano dell’elocutio, ossia al livello dei tropi (ornatus difficilis). La rete di riprese in poco più di un periodo è fittissima48: È senz’altro questo uno dei casi in cui ci sentiamo pienamente autorizzati a dire con Schiaffini che «la ripetizione di uno stesso vocabolo … ha per effetto che campeggi l’idea … la quale … ritorna e si colloca quando e dove batte l’anima dello scrittore.» [idem: 122].