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Concessive fattuali e condizionali

Nel documento La sintassi del Convivio (pagine 160-165)

8. SUBORDINAZIONE CIRCOSTANZIALE

8.1 LA SUBORDINAZIONE NEL ‘GRUPPO CAUSALE’: FRASI CAUSALI, IPOTETICHE,

8.1.3 LA FRASE CONCESSIVA

8.1.3.1 Concessive fattuali e condizionali

…se una pecora si gittasse da una ripa di mille passi, tutte l'altre l'andrebbero dietro; e se una pecora per alcuna cagione al passare d'una strada salta, tutte l'altre saltano, eziandio nulla veggendo da saltare. E io ne vidi già molte in uno pozzo saltare per una che dentro vi saltò, forse credendo saltare uno muro, non ostante che 'l pastore, piangendo e gridando, con le braccia e col petto dinanzi a esse si parava. (Cv I XI 9-10)

Le frasi evidenziate in grassetto corrispondono alle due tipologie concessive in cui effettivamente si percepisce con forza lo stridore fra il contenuto della reggente e quello della subordinata224: le condizionali e le fattuali.

Nel primo caso (tutte l’altre saltano, eziandio nulla veggendo… ‘conc cond’), solo il contenuto proposizionale della principale deve essere vero perché l’intero costrutto sia vero. Che ci sia effettivamente qualcosa da saltare non è necessario alla verità dell’intera struttura periodica: l’azione del gregge descritta nella reggente rimane comunque vera e impregiudicata (anche se in questo caso specifico deve sottostare al condizionamento della protasi se una pecora per alcuna cagione al passare di una

definitivamente come congiunzioni (per esempio in antico italiano, ancor che, ben che, tutto che…) … la funzione concessiva si è trasferita definitivamente dal verbo alla congiunzione, la quale è da sola in grado di esprimere la relazione, cosicché l’uso dei modi può variare secondo criteri puramente stilistici.»

222 «…ci sembra importante sottolineare il notevole divario esistente…tra la Commedia e il resto della produzione poetica dantesca. Del tutto assenti nelle rime della Vn, le concessive sono rarissime, quasi eccezionali, anche nelle altre rime; mentre nella Commedia pur non raggiungendo la frequenza di altri costrutti…esse hanno una notevole diffusione e si presentano con una pluralità e varietà di tipi che non si riscontra neppure nella prosa raziocinante e intellettualmente molto elevata del Convivio.» [AGOSTINI 1978b : 390].

Per una trattazione esaustiva della fenomenologia del costrutto concessivo nella poesia della Commedia v. la tesi di dottorato di Sara Gigli, La codifica sintattica della Commedia.

223 Si v. MAZZOLENI 1988 : 751-817.

strada salta). Che si tratti di una verità universalmente assunta lo dimostra il presente

indicativo atemporale saltano, un presente non deittico, che in quanto tale non si colloca in un punto preciso della retta temporale e dunque non richiede al destinatario di aggiungere un indice al contenuto proposizionale.225

Il secondo esempio (non ostante che 'l pastore […] con le braccia e col petto dinanzi a esse si parava; ‘conc fatt’) è la conferma empirica ed autoptica (io ne vidi) del principio precedentemente esposto come evento generale. In questo caso, la condizione di verità coinvolge anche la concessiva e il contrasto non è più presentato come possibile, ma come fattuale: è effettivamente avvenuto che le pecore siano saltate entro un pozzo, tanto quanto è vera la disperazione del pastore spettatore inerme della scena. La verità del costrutto fattuale, a differenza di quella dei costrutti condizionali, viene così a dipendere da fattori contestuali, e in primis dalla localizzazione cronologica ottenuta grazie ai tempi verbali deittici226:

MA(momento dell’avvenimento) ME (momento dell’enunciazione)

Le due concessive citate presentano poi un’altra particolarità, ovvero la realizzazione sintagmatica in posposizione alle frasi reggenti, dispositio quanto meno insolita per frasi intrinsecamente tematiche: «esse non possono […] formare il rema, cioè l’autentico obiettivo della comunicazione…con una frase concessiva dipendente viene riprodotto qualcosa che non è espressamente rilevante per l’attuazione dell’avvenimento della frase principale. Un ulteriore indizio di questa struttura comunicativa della struttura frasale concessiva è data dal fatto che la frase subordinata è tendenzialmente dislocata a sinistra.» [WANDRUSZKA 1988 : 481].

Prima di prendere in considerazione altri esempi, terminiamo l’analisi di questi due casi commentandone la morfologia sintattica (anch’essa particolare oltre che rara).

225 Questo esempio è così commentato da BARBERA-MAZZOLENI-PANTIGLIONI 2000: «Il gerundio può essere accompagnato da qualche elemento avverbiale con la funzione di esplicitare il rapporto semantico (come ad esempio anche o pur in italiano contemporaneo): nel periodo considerato [Duecento] non si trovano però esempi chiari, mentre passata la soglia del trecento si hanno casi di eziandio con gerundio posposto [Cv I XI 9]…» [595].

226 Da notare la dialettica primo piano/sfondo [WEINRICH 1994 : 131] ottenuta mediante l’alternanza del perfetto (vidi) e dell’imperfetto (si parava).

Il ricorso al gerundio (nulla veggendo) per esprimere concessività non è certamente prediletto dall’Alighieri227, che ama esplicitare le relazioni sintattiche: tuttavia, anche in questo caso, apparentemente implicito, l’idea del contrasto è esplicitata dall’avverbio eziandio, che rende univoca l’interpretazione della circostanziale non finita228.

Quanto all’esempio fattuale, esso presenta un introduttore finitivizzante (non

ostante che) decisamente infrequente nel Convivio (quattro casi, di cui due in

costruzione fattuale e due in costruzione condizionale) e mai attestato nel resto della produzione dantesca. Si tratta di un modulo latineggiante, frutto della «fossilizzazione di un ablativo assoluto latino»229 [AGOSTINI 1978b : 390].

Facciamo seguire esempi fattuali (‘conc fatt’) in prolessi, ordine sicuramente non marcato alla luce della natura intrinsecamente tematica del costrutto concessivo:

E avegna che detto sia essere diece cieli secondo la stretta veritade, questo numero non li comprende tutti. (Cv II III 17)

E avegna che per ragione umana queste oppinioni di sopra fossero fornite, e per esperienza non lieve, la veritade ancora per loro veduta non fue e per difetto di ragione e per difetto d'ammaestramento… (Cv II IV 8)

E avvegna che duro mi fosse ne la prima entrare ne la loro sentenza, finalmente v'entrai tanto entro, quanto l'arte di gramatica ch'io avea e un poco di mio ingegno potea fare…(Cv II XII 4)

Lo quarto senso si chiama anagogico, cioè sovrasenso; e questo è quando spiritualmente si spone una scrittura, la quale ancora [che sia vera] eziandio nel senso litterale, per le cose significate significa de le superne cose de l'etternal gloria.(Cv II I 6).

Quest’ultimo esempio, ammesso che sia da interpretare come concessivo, è senza dubbio fattuale: il senso anagogico è per definizione istorialmente vero a differenza del senso allegorico. Tuttavia, una simile congettura non è condivisa da Cesare Segre, il quale rileva, per evidenziare la forte discontinuità tra le opere volgari di D. e un

227 «Sono rare le concessive implicite, e spesso si tratta di gerundi interpretabili anche in altro modo…» [AGENOh : 295]

228 Identica la struttura di Cv III XIII 8 (eziandio non parlando). Eziandio può introdurre anche una concessiva temporalizzata: eziandio che non mi sia chesto Cv IV XXVIII 8.

229 Risulta abbastanza stravagante la collocazione di un modulo sintattico latineggiante in un contesto così realistico come quello rustico. Altrove, invece, non ostante che potrebbe essere funzionale all’evocazione per via linguistico-stilistica di una romanitas ormai decaduta, come in Cv IV III 6: Dico dunque: Tale imperò, cioè tale usò l’officio imperiale: dov’è da sapere che Federigo di Soave, ultimo imperadore delli Romani – ultimo dico per rispetto al tempo presente, non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano…

«Latinismo vero e proprio è la congiunzione etsi attestata in Pd III 88…Secondo F. Brambilla Ageno se ne avrebbero altri tre esempi nel Cv non intesi dagli editori: Cv III I 12…III IV 9…III VIII 3» [AGOSTINI 1978b : 390].

Convivio tutto proiettato nella sfera d’influenza delle opere latine come il DVE e la Monarchia, la totale assenza della congiunzione subordinante concessiva ancorché nel

trattato filosofico e la sua frequenza nelle Rime e nella Vita Nuova. A proposito del su citato Cv II I 6, egli parla di «luogo sicuramente guasto» [SEGRE 1952 : 164].

Esempio fattuale con tutto che230, ricorrente 9 volte in tutto nella prosa del Cv, in posizione incidente:

E non è da lasciare, tutto che 'l testo si taccia, che messere lo Imperadore in questa parte non errò pur ne le parti de la diffinizione, ma eziandio nel modo di diffinire, avvegna che, secondo la fama che di lui grida, elli fosse loico e clerico grande (Cv IV X 6)

Esempio in posposizione con ben ché231:

Di retro da costui van tutti quelli che fan gentile per ischiatta altrui

che lungiamente in gran ricchezza è stata; ed è tanto durata

la così falsa oppinion tra nui, che l'uom chiama colui

omo gentil che può dicere: 'Io fui nepote, o figlio, di cotal valente’, benché sia da niente.

(Cv IV Le dolci rime, 29-37)

L’uso modesto della congiunzione subordinate benché è stato evidenziato da Francesco Agostini: «l’uso di tutto che [in prosa] in sostituzione di benché [in poesia] potrebbe far supporre che quest’ultima congiunzione fosse meno perspicua» [AGOSTINI

1978b : 388]. Rifacendosi esplicitamente all’ED, BARBERA-MAZZOLENI-

PANTIGLIONI [2000 : 582] commentano: «…dal punto di vista diacronico nel Trecento

l’uso di benché era evidentemente ancora così ‘fresco’ da meritare una glossa ed il connettore era avvertito in qualche modo come non del tutto comprensibile…».

230 L’unico caso di concessiva all’indicativo attestato nel Cv è in dipendenza di tutto che (Cv IV XII 18), congiunzione toscana della prosa del Duecento ben nota all’antico francese. Francesco Agostini commenta che questa particolarità di reggenza delle congiunzioni tutto che e con tutto che «potrebbe dimostrare che esse avessero raggiunto all’epoca di D. una maggiore chiarezza funzionale rispetto alle altre congiunzioni dello stesso tipo, tanto da non rendere obbligatorio l’uso del congiuntivo» [AGOSTINI 1978b : 388].

231 Tale introduttore nell’italiano del Duecento risulta abbastanza raro: solo 5 occorrenze nel corpus di testi selezionati per la realizzazione di una grammatica descrittiva dell’italiano antico (si v. il già citato progetto ‘ItalAnt’) «Benché, per quanto piuttosto comune nell’italiano successivo, dal Trecento fino al periodo contemporaneo, ed in particolare in un registro non particolarmente basso, si trova solo in Brunetto Latini e nel cosiddetto ‘Amico di Dante’…» [BARBERA-MAZZOLENI-PANTIGLIONI 2000 : 582].

Seguono esempi di concessiva fattuale in posposizione, tutti interpretabili come

concessive restrittive cosiddette «poiché limitano in qualche modo la validità di quanto

espresso dalla proposizione ‘sovraordinata’ precedente» [MAZZOLENI 1988 : 816]. Tale interpretazione ne spiega l’ordo marcato (in posizione rematica e di massimo rilievo

comunicativo)232. Il particolare rilievo prosodico, l’intonazione sospensiva e la pausa pragmatica sono realizzate graficamente dalla virgola:

Dico dunque: Tale imperò, cioè tale usò l’officio imperiale: dov’è da sapere che Federigo di Soave, ultimo imperadore delli Romani – ultimo dico per rispetto al tempo presente, non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano…(Cv IV III 6)

E di queste creature, sì come de li cieli, diversi diversamente hanno sentito, avegna che la veritade sia trovata. (Cv II IV 2)

Furono certi filosofi, de’ quali pare essere Aristotile ne la sua Metafisica (avegna che nel primo di Cielo incidentemente paia sentire altrimenti…(Cv II IV 3)

Li gentili le chiamano Dei e Dee, avegna che non così filosoficamente intendessero quelle come Plato… (Cv II IV 6)

Detto è che per difetto d’ammaestramento li antichi la veritade non videro delle creature spirituali, avegna che quello popolo d’Israel fosse in parte da li suoi profeti ammaestrato… (Cv II V 1)

La maggior parte delle concessive fattuali presenta come operatore di subordinazione avegna che, il più attestato nel macrotesto dantesco: «la maggior parte delle occorrenze si ha nella prosa e particolarmente in quella del Convivio (il che fa supporre che la congiunzione avesse un carattere più spiccatamente intellettualistico, probabilmente perché aveva raggiunto un grado di chiarezza e di precisione di collegamento maggiore che le altre)» [AGOSTINI 1987b : 387]. Come è emerso dagli esempi, avegna che è congiunzione diaforica, cioè potenzialmente sia anaforica che

cataforica [BARBERA-MAZZOLENI-PANTIGLIONI 2000 : 579], reggente normalmente il congiuntivo233 (probabilmente indotto dal congiuntivo cristallizzato della locuzione stessa).

Riportiamo altri esempi particolari di concessiva condizionale (‘conc cond’). Esempio prolettico con avverbiale di ripresa («pure»), che costituisce una specie di struttura coordinativa con l’operatore di subordinazione [MAZZOLENI 1988 : 810]:

232 BARBERA-MAZZOLENI-PANTIGLIONI 2000 : 581. Si legge di seguito: «in questi casi la subordinata sembra divenire la principale…o per o meno tende ad assumerne lo statuto pragmatico, indebolendo la sua ‘sovraoridinata’ invece di rinforzarla sia pur retoricamente…»

Come pure la speculativa convegna loro, pure a la speculazione di certe segue la circulazione del cielo, che è del mondo governo…(Cv II IV 13)

Esempio prolettico di modo infinito, la cui concessività è esplicitata dal correlativo pure:

Poi che non avendo di loro alcuno senso (dal quale comincia la nostra conoscenza), pure risplende nel nostro intelletto alcuno lume

de la vivacissima loro essenza (Cv II VI 17)234

Esempio con tutto che:

La terza cosa, ne la quale si può notare la pronta liberalitade, si è dare non domandato: acciò che 'l domandato è da una parte non vertù ma mercatantia, però che lo ricevitore compera, tutto che 'l datore non venda. (Cv I VIII 16)

Una frase concessiva può essere introdotta da per + infinito. L’interpretazione concessiva è favorita dalla negazione della reggente:

Lo loco nel quale dico esso ragionare sì è la mente; ma per dire che sia la mente, non si prende di ciò più intendimento che di prima, e però è da vedere che questa mente propriamente significa.

(Cv III II 10)

Nel documento La sintassi del Convivio (pagine 160-165)