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Il magnifico corteo sulle macerie: José Tolentino Mendonça e Pier Paolo Pasolini: due poetiche sulle orme di San Paolo

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI LINGUE, LETTERATURE E CULTURE STRANIERE

Il magnifico corteo sulle macerie

José Tolentino Mendonça e Pier Paolo Pasolini:

due poetiche sulle orme di San Paolo

Francisco Maria Leote de Almeida Dias

matr. 16942

Relatore: Chiarissimo Professore Giorgio de Marchis

Coordinatore Dottorato: Chiarissimo Professore Francesco Fiorentino

Dottorato di Ricerca in CULTURE E LETTERATURE COMPARATE

Ciclo: XXVIII

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só a beleza pode descer para salvar-nos

quando as barreiras levantadas

permitirem

às imagens, aos ruídos, aos espúrios sedimentos

integrar o magnífico

cortejo sobre os escombros

José Tolentino Mendonça “O esterco do mundo” in A estrada branca, 2005.

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3 INDICE  Riassunto - parole-chiave 8  Abstract - key-words 9  Dedica 10  Ringraziamenti 11  PREMESSA 13

I. JOSÉ TOLENTINO MENDONÇA – profilo bio-bibliografico 19

I. I Origine e formazione

I.I.I L’inizio 20

I.I.II Angola 22

I.I.III La famiglia 24

I.I.IV “Ritornato” 27

I.I.V La Bibbia orale e scritta 29

I.I.VI Il Seminario 32

I.I.VII Herberto Helder, Photomaton & Vox 33

I.I.VIII Lisbona 37

I.I.IX 1990 39

I. II Os dias contados 41

I. III La prima Roma

I.III.I Arrivo a Roma 51

I.III.II Ordine sacerdotale 53

I.III.III Figuratività e figurazione 54

I.III.IV Professore e Saggista 56

I. IV Longe não sabia 58

I. V A que distância deixaste o coração 70

I.VI Baldios 74

I. VII Nuovo millennio

I.VII.I Biennale Internazionale del libro di Rio de Janeiro 91

I.VII.II Teixeira de Pascoaes 92

I.VII.III 2001 94

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4

I. IX Progressione intellettuale, professionale e sociale

I.IX.I Rettore del Pontificio Collegio Portoghese di Roma 113 I.IX.II La costruzione di Gesù, premio P.E.N. Clube Português 114

I.IX.III Attività accademica e pastorale 121

I. X A estrada branca 129

I.XI Perdoar Helena 148

I.XII Tábuas de pedra 153

I.XIII La notte apre i miei occhi – A noite abre os meus olhos

I.XIII.I La fiera del libro di Torino 159

I.XIII.II Antologia italiana 161

I.XIII.III A noite abre os meus olhos 165

I. XIV O viajante sem sono 174

I.XV Testi letterari, contesti morali

I.XV.I Cristina Campo e Etty Hilleum 196

I.XV.II A leitura infinita e O hipopótamo de Deus 202

I.XV.III “Poéticas do viver crente” 208

I.XV.IV New York 213

I.XVI Benedetto XVI e pubblicazioni di carattere religioso

I.XVI.I Incontri con Benedetto XVI 216

I.XVI.II Pontificio Consiglio della Cultura 222 I.XVI.III Altre pubblicazioni di carattere religioso 224

I.XVII Estação central 233

I.XVIII O estado do bosque 249

I.XIX Tolentino sotto i riflettori

I.XIX.I Vice-Rettore dell’Università Cattolica Portoghese 261 I.XIX.II Uno dei 100 portoghesi più influenti 263 I.XIX.III “Que coisa são as nuvens” / “Che cosa sono le nuvole” 264 I.XIX.IV Roma, giornata mondiale della poesia 2014 266

I.XIX.V Gli ultimi aggiornamenti 267

I.XIX.VI Lisbona vista dalla luna 271

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II. RICEZIONE di PASOLINI in PORTOGALLO 284

II.I Portogallo anni ’60 285

II.II I primi intellettuali portoghesi che parlano di Pasolini 287

II.III O Evangelho segundo São Mateus 292

II.IV Uma vida violenta 293

II.V Vádios 297

II.VI Il Portogallo dei garofani 301

II.VII Eugénio e Pier Paolo, sole e ombra 304

II.VIII Pasolini, poeta 311

II.IX Luterani e corsari 317

II.X Empirico ed eretico 326

II.XI Nudi sul palcoscenico 330

II.XII Alla Gulbenkian di Lisbona, 10 anni dopo 336 II.XIII Jorge Silva Melo, Artistas Unidos e Cotovia 343 II.XIV Luís Miguel Cintra e il Teatro da Cornucópia 349

II.XV Petrolio 359

II.XVI Trentennale della morte di Pasolini 362 II.XVII Produzioni straniere del teatro pasoliniano in Portogallo 369

II.XVIII John Romão 373

II.XIX Un portoghese dipinge Pasolini sulle mura di Roma 382

III. SAN PAOLO e DUE CONCETTI PAOLINI 385

III. I La figura, il pensiero, la produzione scritta

III. I. I L’apostolo dei gentili 386

III. I. II Le Lettere e il pensiero paolino 392

III. I. III Moralità e Chiesa 386

III. I. IV La Prima lettera ai Corinzi 398

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III. II Primo concetto operativo: SCANDALO

III. II. I Scandalo 402

III. II. II Lo scandalo paolino 403

III. II. III Studi paolini di Badiou 405

III. II. IV La vita scandalosa di Paolo 407

III. II. V Scandalo per Giudei e Pagani 411

III. III Secondo concetto operativo: VASO D’ARGILLA

III. III. I Ancora Badiou sul “vaso d’argilla” 415 III. III. II Un vaso d’argilla per portare il tesoro 416

III. III. III Studi paolini di Agamben 418

III. III. IV L’inversione dei valori: la fragile argilla diventa forte 420 III. III. V La fede rende l’argilla infrangibile 422

IV. PASOLINI PAOLINO 425

IV.I Si riprende Badiou per accennare ad un “Paolo pasoliniano” 426 IV.II La sceneggiatura pasoliniana su San Paolo 429 IV.II.I Trasporre la vicenda di Paolo ai nostri giorni 434 IV.II.II Assoluta fedeltà al pensiero di Paolo 436 IV.II.III 1ª trasposizione: il conformismo 438 IV.II.IV 2ª trasposizione: la toponomastica 439 IV.II.V 3ª trasposizione: la realtà storico-sociale 441

IV.II.VI 4ª trasposizione: le domande 442

IV.II.VII «tragedia episodica» 443

IV.III Un Paolo doppio 447

IV.III.I Prete e santo 447

IV.III.II Il doppio di Pasolini 451

IV.III.III Fuori del tempo storico 455

IV.IV Altri percorsi paolini nell’opera di Pasolini 460 IV.IV.I L’Usignolo della Chiesa Cattolica 460

IV.IV.II Trasumanar e organizzar 465

IV.IV.III Teorema 471

IV.IV.IV “Corsaro” e “Luterano” 474

IV.V Impurità e purezza 477

IV.V.I La bellezza nell’atroce 479

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V. TOLENTINO PASO-PAOLINIANO 485

V.I Tolentino paolino 486

V.I.I Il centro fisso di un pensiero mobile 486

V.I.II Scrivere su San Paolo 490

V.I.III L’arte comunica Cristo 498

V.I.IV Paolo e Pier Paolo sullo “scandalo” 508

V.II Tolentino pasoliniano 511

V.II.I Il centro mobile di un pensiero fisso 511

V.II.II Un “maestro” come Pasolini 515

V.II.III Un “impuro” come Pasolini 519

V.II.IV Pier Paolo e Paolo su un “vaso d’argilla” 525

V.III Tolentino paso-paoliniano 529

V.III.I Poesie paoline di Tolentino 530

V.III.II Poesie pasoliniane di Tolentino 540

V.III.III Tolentino su Tolentino: poesie paso-paoliniane 559

V.IV “O poema” 573

V.IV.I La voce poetica tolentiniana 575

V.IV.II “O esterco do mundo” 587

V.IV.III Post-scriptum: un altro magnifico corteo sulle macerie 598

PER CONCLUDERE, un terzo concetto estemporaneo 601

APPENDICE

1. Una conversazione com José Tolentino Mendonça, a Roma, il 19 novembre 2015. 610

2. Cronologia tolentiniana 623

3. Lista completa e ordinata cronologicamente per volume di tutte le poesie pubblicate da José Tolentino Mendonça, con indicazioni propedeutiche a una critica genetica tolentiniana e riferimento ai componimenti tradotti e pubblicati in Italia. 629

4. Indice della bibliografia pasoliniana appartenente a José Tolentino Mendonça. 644

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI 648

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Riassunto - parole-chiave

La presente tesi ha come primo obiettivo analizzare la produzione letteraria di José Tolentino Mendonça, in cui la cultura italiana, in generale, e la lezione di Pier Paolo Pasolini, in particolare, hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione di una originalissima esperienza lirica, portoghese ed europea, oggi pienamente riconosciuta. La sensibilità pasoliniana del poeta portoghese gode, però, nella mediazione universalista di Paolo di Tarso, figura decisiva per entrambi gli autori e presente più volte in diversi momenti delle loro opere. Il “folgorato di Damasco” emerge come il portatore di un annuncio fondamentale per l’etica e per l’estetica di ambedue: quello di non conformarsi alla mentalità del mondo in cui vivono (Rom 12, 2), frantumando convenzioni («scandalo») e valorizzando ciò che il pensiero dominante ha disprezzato come follia o debolezza («vaso d’argilla»). Da questo senso di missione e di vita in lotta, in cui risalta, a ogni momento, la tensione del binomio Dio-Uomo / Uomo-Dio, si definisce un terzo denominatore comune in queste tre biografie: il tormento creativo. Il lavoro è corredato da un capitolo che integra storicamente l’operare di José Tolentino di Mendonça nell’ambito della diffusione della figura, dell’ideologia e dell’opera di Per Paolo Pasolini in Portogallo.

José Tolentino Mendonça Poesia tolentiniana Pier Paolo Pasolini

Fortuna pasoliniana in Portogallo Paolo di Tarso

Lettere paoline Dialogo inter-artes

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Abstract - key-words

This dissertation has the primary objective to analize the literary production of José Tolentino Mendonça. The Italian culture and in particular the lesson of Pier Paolo Pasolini were fundamental in the development of his original lyrical experience, with a strong Portuguese and European nature, now fully recognized. The pasolinian feeling of the Portuguese poet has, however, the universalist mediation of Paul of Tarsus, central figure for both authors and present several times in different aspects of their works. The “damascene fulgurated” emerges as the announcer of a fundamental message for ethics and aesthetics of both Tolentino and Pasolini: the declaration of not conforming to the mentality of the world in which they live (Romans 12: 2), shattering conventions («scandalo») and appreciating what the dominant thought despised as weakness or madness («vaso d’argilla»). From this sense of mission and life in struggle, in which stands out, every time, the tension of the binomial God-Man / Man-God, a third common denominator can be established in these three biographies: the creative torment. This work is completed by a chapter that integrates historically the work of José Tolentino Mendonça as one of the propagators of the figure, ideology and work of Pier Paolo Pasolini in Portugal.

José Tolentino Mendonça Tolentinian poetry Pier Paolo Pasolini Pasolinian culture in Portugal

Paul of Tarsus Pauline Epistles Inter-artes dialogue

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DEDICA

Questo lavoro

dedico-o aos meus Pais, por tudo, lo dedico a Giulio, per ogni cosa,

lo dedico alla Professoressa Giulia Lanciani, per la grande fiducia che ha sempre avuto nelle mie capacità e per avermi dato le opportunità giuste perché io le sviluppassi e giustificassi la fiducia in me riposta,

dedico-o ao Padre Tolentino, cuja amizade de catorze anos é um dom dos mais preciosos. A minha homenagem no seu meio século de vida.

Francisco de Almeida Dias

A Roma, il 5 dicembre 2015, giorno del 50º compleanno di José Tolentino Mendonça.

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RINGRAZIAMENTI

Pur sapendo che sarà sempre lacunosa, anche la più completa lista di persone che dovrei qui ringraziare, non voglio ommettere il nome di coloro che mi sono stati più vicini in questi tre anni di lavoro.

Ringrazio innanzitutto il mio tutor, Professore Giorgio de Marchis, e la squadra di Portoghese della Facoltà di Lettere di Roma Tre. I cari amici del settore amministrativo del Dipartimento di Letterature Comparate, più che efficienti: dedicati; insieme alla Professoressa Isabel Drumond Braga dell’Università di Lisbona e al Notaio Carlo Giubbini Ferroni - sono loro che devo ringraziare per la risoluzione di ogni problema burocratico che rischiava di vanificare la mia candidatura. Autore di una delle lettere di presentazione e presenza costante e molto amica, il Professor Gaetano Sabatini. La Professoressa Stefania Parisi, con chi ho avuto una importante conversazione sul cinema di Pasolini, per i riferimenti che mi ha dato.

Ringrazio in forma particolare il primo traduttore di Pasolini poeta in Portogallo – Professore Manuel Simões – per l’immediata disponibilità nel darmi informazioni e per la grande simpatia dimostratami.

In Portogallo ho contato sull’aiuto prezioso di mia cugina Maria Madalena da Costa Lima. Ringrazio la dottoressa Graça Afonso della Direção Municipal de Cultura - Departamento de Ação Cultural del Comune di Lisbona, per il gentile, veloce ed esauriente resoconto sul “Premio Cidade de Lisboa” e il fotografo Vicente Moreira Rato, co-autore con Tolentino dell’opera A que distância

deixaste o coração. La Professoressa Maria João Reynaud del Dipartimento di Studi Portoghesi e

Romanzi della Facoltà di Lettere dell’Università di Porto, per l’illuminante scambio di idee, prima che questa tesi fosse un progetto scritto.

Nella “retroguardia di difesa”, l’appoggio affettivo e concreto della mia famiglia – fratelli, nipoti, zii, cugini – e dei miei amici Isabella Padellaro, Massimo Angeloni, Giuseppina Barbieri, Andrea Caporuscio, Lucia di Gioia, Federica Guida, Paolo Darra, Antonella Lattanzi, Elisa Fiorenza, Federica Mendaia, Ivana Bartolini, Eros Olivieri, Carolina Zaccarini (e la sua bellissima famiglia). A Lisbona, Maria Amélia Correia Frade, Leonor Bettencourt Rodrigues e Rui Costa Lopes, Wilma Magalhães e António Marques, Carlos Morgado. A Rio de Janeiro, Ana e Nuno Bello.

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Ringrazio Matteo Canale, per i buoni consigli e per il prezioso aiuto nella revisione del testo.

Le mie colleghe di dottorato Sandra Paoli (e il suo marito, Guido Moltedo) Angelica Fei e Ilaria Aletto. Il personale dell’Istituto Portoghese di Sant’Antonio in Roma, a cominciare dal suo Rettore, Rev. Mons. Agostinho Borges; Dott. Antonio Cimini, Sig.ª Cidália Matos Pereira, Diana Carvalho e Licínio José Carneiro.

Ringrazio la mia ex-alunna Alessandra P. Bucci Vafiadis, autrice nel 2010 della tesi di laurea «José Tolentino Mendonça: “Procurar uma sílaba”, il ruolo mutevole delle parole» di cui sono stato correlatore in questo stesso ateneo – che mi ha dato l’opportunità di rileggere Tolentino con occhi critici e che mi ha fatto pensare come sarebbe interessante approfondirne l’opera poetica.

Con molta “saudade”, ringrazio anche le due amiche che sono scomparse prima che il mio dottorato arrivasse alla sua conclusione, ma che mi sono state davvero molto vicine – e che non dimenticherò: Maria Grazia Ceccaroni Morotti Cambi Voglia (02.05.1924 - 21.11.2014) e Maria Helena de Portugal Barchiesi (09.08.1923 - 21.08.2015).

Ringrazio per la sua preziosa, costante, intelligente assistenza, il mio medico, Dott.ssa Laura Napolitano.

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13 PREMESSA

La presente tesi dottorale nasce da un interesse profondo e cementato negli ultimi quattordici anni nei confronti dell’opera del poeta portoghese José Tolentino Mendonça. Nato nell’isola di Madeira nel 1965 e trascorsa l’infanzia in Angola, Tolentino scoprirà ancora adolescente la sua vocazione religiosa, entrando in Seminario e trasferendosi a Roma, dove abiterà per sei anni, proseguendo gli studi presso il Pontificio Istituto Biblico, dopo la sua ordinazione sacerdotale. Parallelamente alla sua formazione culturale e religiosa, la sua voce poetica – che si afferma precocemente, prima ancora del soggiorno italiano, nel 1990, con la pubblicazione di Os dias

contados – riceverà un’importante influenza della cultura letteraria e dell’ambiente del paese e della

città che lo accolgono in questi anni decisivi. Sono, in effetti, visibilissimi gli echi italiani nei volumi che pubblica negli anni a seguire - Longe não sabia (1997), A que distância deixaste o coração (1998), Baldios (1999), De igual para igual (2001), A estrada branca (2005) – che culminano nella prima antologia poetica, pubblicata in Italia nel 2006, con traduzione di Manuele Masini: La notte

apre i miei occhi.

L’idea iniziale era dunque quella di indagare sul carattere contemporaneo ed europeo dell’opera tolentiniana in chiave intertestuale e comparatistica, in rapporto ad altri testi, antichi e moderni, sacri e profani, individuando la poligenesi della sua scrittura nelle arti visive, performative e musicali, che, oltre a quelle letterarie, Tolentino frequenta con visibile gusto, sensibilità e conoscenza. Il titolo stesso del primo progetto, «José Tolentino Mendonça: e la parola si fece immagine, musica, poesia»,

faceva riferimento a quell’interesse di base, vale a dire, alla simbiosi continua tra gli elementi - guardare e vedere, sentire e ascoltare, leggere e capire - che si fondono in un unico istante e sono il collante della sintesi poetica che l’autore opera.

C’era, però, da una parte, il pericolo dell’ambito sconfinato a cui si andava incontro e in cui certamente ci si sarebbe persi e, dall’altra, la coscienza che, oltre ai riferimenti espliciti a Pier Paolo Pasolini nell’opera del poeta portoghese, l’intertestualità e l’intercodificazione individuavano in Tolentino un sentimento pasoliniano che intuisce e concretizza la parola come sintesi di “universi distinti”. Abbiamo allora colto l’opportunità per restringere e approfondire la lettura comparata di queste due personalità artistiche, di per sé poliedriche: Tolentino poeta (e teologo, e filosofo, e

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filologo) e Pasolini poeta (e regista, e saggista, e polemista) si sono, così, rivelati come un argomento più adatto alla nostra indagine, e a ciò si aggiungevano due interessanti ricorrenze.

Il 2015 segnalava il quarantennale della morte del “poeta delle ceneri”, e tutte le commemorazioni attinenti, che avrebbero significato nuove edizioni, coinvolto studiosi in convegni scientifici e mostre rievocative, tutto uno sforzo di aggiornamento intento a far riemergere un Pier Paolo Pasolini aggiornato e rivisto, di cui questo lavoro ha la pretesa di voler essere un contributo originale nella sua marginalità. D’altro canto, il 2015 segnalava anche i cinquant’anni di vita di José Tolentino Mendonça e i suoi 25 anni di produzione poetica.

Tradotto in varie lingue, incluso tra i più grandi autori portoghesi in diverse antologie di poesia contemporanea, spesso chiamato a rappresentare il suo paese in certami letterari internazionali, più volte premiato in Portogallo – Prémio Cidade de Lisboa de Poesia (1998), Prémio PEN Clube Português (2004), Prémio Literário da Fundação Inês de Castro (2009)1 –, José Tolentino Mendonça è stato considerato uno dei 100 portoghesi più influenti nel 2012, anno in cui diventa simultaneamente vice-Rettore dell’Universidade Católica Portuguesa e consultore del Pontificio Consiglio della Cultura, indicato dal Cardinale Gianfranco Ravasi. Questo era, dunque, il momento per dar corso ad uno studio approfondito e complessivo della sua opera, fin qui indagata solo in modo parziale.

La tesi guadagnava così una macrostruttura in due parti principali: la prima, più informativa e storica, sulla vicenda umana e letteraria del poeta portoghese e la seconda incentrata su dei concetti teorici sui quali poter basare una lettura comparata dell’operato di José Tolentino Mendonça e di Pier Paolo Pasolini. Prontamente, però, si è verificata la convenienza e l’interesse di corredare la parte iniziale con un nucleo complementare: oltre a un aspetto più prettamente biografico, ci sembrava di grande importanza aggiungere una sorta di recensione generale dell’opera, ove verificare anche la maturazione poetica, le influenze intercodificate della sua produzione e in particolare, naturalmente, le risonanze pasoliniane in Tolentino. Si è deciso di inframezzare questa informazione con quella che riguarda la vita e l’evoluzione culturale e sociale del poeta, per riprodurre due evoluzioni che procedono in modo intrecciato e non indipendentemente. Da qui è nato il voluminoso primo capitolo, un profilo bio-bibliografico, in cui a una proposta di periodizzazione delle varie fasi della vita corrispondono, cronologicamente, la pubblicazione dei suoi dieci volumi di poesia, della sua antologia poetica e delle due pièce teatrali che, insieme alla poesia, riguardano l’ambito più strettamente letterario della sua opera2.

1 Alla fine del 2015 il merito letterario di Tolentino è stato anche riconosciuto in Italia: vince il “Premio Letterario Res

Magnae 2015”, nella sezione “Cultura dell’Incontro”, attribuito al suo libro La mistica dell’istante, Tempo e Promessa, pubblicato lo stesso anno in Italia dalla casa editrice Vita e Pensiero, il 19 novembre.

2 Perché non direttamente attinenti al nostro proposito di analisi letteraria, e per motivi di economia di spazio, abbiamo

integrato l’informazione sulla vastissima produzione saggistica di ambito religioso nei sottocapitoli sulla vicenda personale di José Tolentino Mendonça.

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La riflessione sulla vita e sull’opera di Tolentino hanno reso evidente che, oltre a essere un “debitore” confesso della lezione pasoliniana, lui stesso è diventato negli anni un vero divulgatore della figura e dell’opera di Pier Pasolini in Portogallo. Inoltre non esisteva fino ad oggi alcun resoconto storico della ricezione di Pasolini in Portogallo. Questa lacuna ci ha spinto ad aggiungere alla prima parte un secondo capitolo complementare, che ha una valenza autonoma. Anche qui una bella sorpresa ci è venuta incontro: Tolentino ha usato, almeno una volta, uno pseudonimo – Francisco Roda – per firmare l’introduzione della più recente edizione portoghese dei pasoliniani Escritos

corsários, cartas luteranas (Assírio & Alvim, 2006).

Certi di essere ormai in possesso di tutto il bagaglio necessario per un viaggio nell’universo paso-tolentiniano, ci siamo accorti che un terzo nome affiorava in tutte le nostre indagini, quasi a volersi introdurre in questa lettura. Inoltre ci sembrava carente la definizione della personalità artistica e dell’umanità poetica di Tolentino come “pasoliniana” tout court, di forte assonanza epigonale. La terza figura di dimensione universale, che sembrava mediare le linee di forza comuni tra le opere dei due poeti, era chiaramente quella di San Paolo – e dunque, da due, siamo passati alla lettura comparata di tre grandi autori. Il messaggio di Paolo trovava, infatti, perfetta aderenza sia nella vita, ideologia e opera di Pasolini, che in quelle di Tolentino e, d’un tratto, tutta la nostra tesi è parsa potersi sintetizzare nel versetto della lettera ai Romani: «Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente» (Rom 12, 2).

Dalla lettura delle opere di Tolentino e di Pasolini appare evidente che le linee di forza in comune tra loro riguardano sempre il binomio Dio-Uomo e Uomo-Dio e, naturalmente, per poterle sviluppare, diventava necessario trovare dei concetti operativi che dovevano essere presi dalla lezione paolina, nell’ottica della triangolazione che ci eravamo proposti. E così sono stati individuati i termini «scandalo» e «vaso d’argilla», conformati teoricamente sulle letture fondamentali di Alain Badiou3 e

Giorgio Agamben4, associate a testi complementari ed illuminanti di Guy Scarpetta5, Giuseppe Conti Calabresi6, Marco Antonio Bazzocchi7, Tomaso Subini8 e di alcuni interessanti articoli come quelli di Silvia Giuliani9, Francesca Parmeggiani10, tra altri.

3 A. Badiou, San Paolo, la formazione dell’universalismo, Napoli, Cronopio, 2010.

4 G. Agamben, Il tempo che resta, Un commento alla Lettera ai Romani, Torino, Bollati Boringhieri, 2013.

5 G. Scarpetta, L’Impuro, letteratura, musica e pittura: analisi della creatività contemporanea, Milano, SugarCo Edizioni,

1990.

6 G. Conti Calabresi, Pasolini e il Sacro, Milano, Jaca Book, 1994.

7 M.A. Bazzocchi, I buratini filosofi, Pasolini dalla letteratura al cinema, Milano, Bruno Mondadori, 2007.

8 T. Subini, La necessità di morire, Il cinema di Pier Paolo Pasolini e il sacro, Roma, Fondazione Ente dello Spettacolo,

2007.

9 S. Giuliani, San Paolo secondo Pasolini: ascesi e organizzazione, “Cahiers d’études italiennes”, Grenoble, Université

Stendhal, 9, 2009, pp. 115-125.

10 F. Parmeggiani, Pasolini e la parola sacra: il progetto del "San Paolo", “Italica”, Indiana, American Association of

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Di «scandalo» ci parla San Paolo in questi termini: «noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani» (1 Cor 1, 23). L’universalismo del messaggio paolino è basato sul fatto che l’evento della morte e resurrezione del figlio di Dio ha eliminato tutte le differenze tra gli uomini: tutti si collocano allo stesso livello davanti ad un avvenimento che sconvolge ogni regola e ogni legge sulla quale il vecchio mondo era fondato. Per estensione possiamo considerare uno scandalo di uguale portata quello di Tolentino e di Pasolini, che, non conformandosi «alla mentalità di questo secolo», propagano con le loro opere altre idee di scandalosa universalità: Tolentino ci dice che il messaggio di Dio è per tutti, credenti e non credenti; Pasolini considera l’effettività del messaggio cristiano, al di là del proprio ateismo; in Pasolini, quella lezione che Tolentino dichiara, rivendica e ripropone, di vedere il sacro con occhi profani e il profano con occhi sacralizzanti.

Portando al limite questo primo concetto, ritroviamo l’idea tanto cara a Pasolini e più volte da lui citata che «Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato per ridurre a nulla le cose che sono» (1 Cor 1 – 28). Da una parte, sono state ridotte al nulla tutte le barriere e ciò costituì «scandalo»; dall’altra, siamo catapultati verso il secondo concetto: la scelta di «ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato» – è stato scelto il «vaso d’argilla» per trasportare il tesoro.

«Ma questo tesoro l’abbiamo in vasi d’argilla, perché tale potenza straordinaria sia di Dio e non venga da noi» (2 Cor 4,7) significa, di nuovo e scandalosamente, quello che Badiou chiama la «destituzione dei criteri mondani della gloria» operata dal discorso paolino: la forza di una verità è immanente a ciò che, per i discorsi dominanti, è debolezza o follia. Niente di più adatto a due poetiche dell’impurità, come quelle di Pasolini e di Tolentino, che questo discorso: in entrambi l’elevazione dello scarto a un ruolo preminente nella produzione artistica, in esso ritrovando la possibilità di un linguaggio nuovo, più efficace, nel riproporre una nuova spiritualità, fino ad arrivare ad una definizione quale: «O poema não alcança aquela pureza que fascina o mundo. O poema abraça precisamente aquela impureza que o mundo repudia»11.

La definizione di questi due concetti operativi, «scandalo» e «vaso d’argilla», è stata sviluppata nel terzo capitolo della tesi, dopo una necessariamente breve, ma fondamentale, rievocazione della figura, del pensiero e della produzione scritta di colui che è passato alla storia come l’«apostolo dei Gentili», Paolo di Tarso - meravigliosamente dipinto da uno degli autori fondamentali del XX secolo portoghese, che, essendo anche uno degli scrittori più vicini a Tolentino (tanto da dedicargli alcuni studi12), è stato qui convocato: Teixeira de Pascoaes.

11 «La poesia non consegue quella purezza che affascina il mondo. La poesia abbraccia precisamente l’impurità che il

mondo ripudia.» J.T. Mendonça, La notte apre i miei occhi: antologia poetica, Pisa, ETS, 2006, p. 95.

12 Tra essi, quello introduttorio della riedizione di Teixeira de Pascoaes, O pobre tolo: prosa e poesia, Lisboa, Assírio &

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Il corpus della nostra tesi si centra, dunque, nel quarto e nel quinto capitolo, in cui si è potuto individuare un Pasolini paolino – ricorrendo a parte della sua produzione, più direttamente collegata all’autore delle Lettere: la sceneggiatura del film mai realizzato su San Paolo, in primis, e poi ad altre evocazioni paoline quali le poesie di L’Usignolo della Chiesa Cattolica e Trasumanar e Organizzar, la sceneggiatura e il film Teorema e le giornalistiche “epistole” pasoliniane di Scritti corsari e Lettere

luterane. Dalla nostra indagine, sono emersi non solo un San Paolo doppio, ma anche un Paolo doppio

di Pier Paolo e la grande tematica pasoliniana della «bellezza nell’atroce» e il suo scandalo, di radice paolina.

Lo schema dell’ultimo capitolo, «Tolentino paso-paoliniano», evolve individuando un carattere programmaticamente paolino nello «scandalo» tolentiniano e una sensibilità fedelmente pasoliniana nella tensione tra la fragilità e la forza del «vaso d’argilla», proposta dal poeta portoghese. La sintesi delle due lezioni l’abbiamo individuata ricorrendo all’analisi concreta di alcuni componimenti poetici, scelti con la duplice intenzione di illustrare i due concetti e di ripercorrere l’intero arco dei venticinque anni di produzione letteraria di José Tolentino Mendonça, dagli esordi

madeiresi agli ultimi, straordinari e sorprendenti esperimenti lirici, basati sulla forma dell’haiku

giapponese.

Di questo percorso, in costante evoluzione, durato tre anni, siamo arrivati infine a delle conclusioni, che hanno oltrepassato le nostre aspettative e i due concetti scelti come programma di lavoro. Oltre alle due linee paoline, che permettono una lettura intersecata fra Pasolini e Tolentino, emerge un’altra questione interessante ed importante per Tolentino - che, in qualche modo, le riassume e le supera: l’identificazione del martire della chiesa primitiva, dell’apostolo dei gentili, con Pier Paolo Pasolini. E tale identificazione, se parte certamente da un mero livello biografico - «caduto da sempre» dalla sella del cavallo13 - può essere più efficacemente stabilita attraverso una dimensione affettiva, probabilmente più coinvolgente per il poeta portoghese: quella del tormento.

Questo terzo concetto estemporaneo, in cui riemerge il centrale binomio Dio-Uomo e Uomo-Dio, è legato al dolore e al coraggio di Paolo e di Pier Paolo – in una parola, alla loro umanità, così profondamente intuita e compatita (nel suo senso etimologico, συμπάϑεια, “sopportare, soffrire insieme”) da Tolentino. Se tale concetto è stato solo sfiorato in un breve testo di chiusura, esso è stato sufficientemente sviluppato dall’autore stesso, nel corso di un’intervista informale che generosamente ci ha concesso nel novembre scorso, durante il suo soggiorno a Roma, in occasione

13«Non sono mai stato spavaldamente in sella (come molti potenti della terra, o molti miseri peccatori): sono caduto da

sempre, e un mio piede è rimasto impigliato nella staffa, così che la mia corsa non è una cavalcata, ma un essere trascinato via, con il capo che sbatte nella polvere e sulle pietre. Non posso né risalire sul cavallo degli Ebrei e dei Gentili, né cascare per sempre sulla terra di Dio.» Lettera a Don Giovani Rossi del 27 dicembre 1964, in P.P. Pasolini, Lettere 1955-1975, Torino, Einaudi, 1988, p. 577.

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della premiazione del suo libro La mistica dell’istante, tempo e promessa. Questa conversazione, la cui trascrizione siamo stati autorizzati a pubblicare in appendice, è la “chiave d’oro” con cui concludo il mio lavoro.

Sulla strada di San Paolo, dunque, ha camminato Pier Paolo Pasolini e cammina José Tolentino Mendonça, collocando a volte i piedi sulle orme del poeta italiano, che a sua volta ha seguito da vicino le tracce lasciate dal folgorato di Damasco. Quando coincide con Pasolini-uomo, Tolentino sente il «tormento»; quando invece ciò succede con Pasolini-opera, il nostro poeta ritrova un «vaso d’argilla»; e ogni qual volta si ferma su Pasolini-idea, eccolo sull’orma dello «scandalo». In conclusione, Tolentino prova un interesse essenzialmente paolino per Pasolini.

Ed è giustamente a tale interesse che si riferisce il titolo scelto per questo lavoro di ricerca - parole prese in prestito da una poesia di Tolentino, analizzata a mo’ di conclusione del quinto capitolo. “O esterco do mundo” rievoca, giustamente, San Paolo, intrecciandolo con due autrici novecentesche molto care al poeta – e che, metonimicamente, possiamo considerare l’immagine del suo universo culturale, nel quale spicca Pier Paolo Pasolini. «Il magnifico corteo sulle macerie»: magnifico, rappresentando l’aspetto che diventa «scandalo», in relazione con i due sostantivi che lo seguono;

macerie, la spazzatura, la rudezza, l’umiltà prefigurata dal «vaso d’argilla»; e corteo, quello dei tre

apostoli di una stessa verità (quella che causa scandalo, quella affine allo scarto, del vaso d’argilla): Pier Paolo Pasolini, José Tolentino Mendonça e, a capo dei due, Paolo di Tarso.

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I. José Tolentino Mendonça – profilo bio-bibliografico

Sinto-me uma obra dos outros no sentido em que sou construído pela ternura, pela confiança, pela esperança dos outros. Sinto-me muito amparado pela amizade dos outros.14

14 «Mi sento un’opera degli altri nel senso che sono costruito dalla tenerezza, dalla fiducia, dalla speranza degli altri. Mi

sento molto sostenuto dall’amicizia degli altri.». A. Mota Ribeiro, Padre Tolentino Mendonça: «Vivo da partilha dos

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20 I.I Origine e formazione

I.I.I L’inizio

Em tão pouco cabe a extensão de uma vida os olhos perdemos no vasto norte

afinal em nós sempre estiveram fixos recolheram o volume das ilhas presos a nós que nada sabemos eu só dizia:

foge comigo desce também o rio escuro salgueiro15

José Tolentino Mendonça, all’anagrafe José Tolentino de Calaça Mendonça - il suo secondo nome, quello con cui il poeta è più semplicemente conosciuto, sembra la memoria antica e perduta nei secoli di un legame tra il lontano Portogallo e l’Italia, o almeno della devozione lusitana per il santo marchigiano, che visse tra XIII e XIV secolo.

Tolentino è nato a Machico, comune situato nell’estrema parte orientale dell’isola di Madeira - dove sono arrivati per la prima volta gli scopritori portoghesi João Gonçalves Zarco e Tristão Vaz Teixeira, tra il 1418 e il 1420. Una lunga costa bagnata a nord, est e sud dall’Oceano Atlantico, con un profilo montagnoso che cade violentemente sulle acque. L’isola che, insieme a Porto Santo e ad altre cinque isole minori disabitate forma l’arcipelago, oggi famoso e arricchito soprattutto grazie al turismo, basava tradizionalmente la sua economia nell’agricoltura e nella pesca - settore in cui si inquadra la famiglia di Tolentino.

Nasci numa ilha, a Madeira. A maternidade onde nasci foi derrubada, nos anos 90, quando se fez a ampliação da pista do aeroporto. Mas sei que nasci ali. Porque recordo minha mãe, ocupada entre as flores. E meu pai, que me trazia de presente, das longas viagens marítimas, um pássaro. Porque me recordo de ter lido, numa falésia, não longe de minha casa, um livro de Herberto Helder.16

15 «In così poco si misura l’estensione di una vita / gli occhi perdiamo nel vasto orizzonte / alla fine in noi sono sempre

rimasti fissi / hanno raccolto il volume delle isole / attaccati a noi che nulla sappiamo // io solo dicevo: / scappa con me / scende anche il fiume / scuro salice»: “Biografia” in J.T. Mendonça, Longe não sabia, Lisboa, Presença, 1997, p.37.

16 «Sono nato in un’isola, Madeira. L’ospedale dove sono nato è stato buttato giù, negli anni 90, quando si è ampliata la

pista dell’aeroporto. Ma so che sono nato lì. Perché ricordo mia madre occupata tra i fiori. E mio padre che mi portava come regalo, dai lunghi viaggi marittimi, un passero. Perché mi ricordo di aver letto, in una falesia, non lontana da casa mia, un libro di Herberto Helder.» J. Ribeiro, Tenho de me levantar cedo, Jornal de Letras, Artes e Ideias, 28 dicembre 2011 -10 gennaio 2012.

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Sarebbe interessante pensare nel significato che potrebbe avere per Tolentino essere un poeta isolano, alla forza simbolica che questo dato possa avere nel suo immaginario come poeta, dato che, come sappiamo, l‘isola rappresenta l’ordine cosmico (coscienza, pace e ragione) in contrapposizione al mare dell’irrazionalità e del caos; al suo carattere primario di rifugio si aggiunge quello di divisione e allontanamento dagli altri individui. Anche se l’idea dell’isola richiama la fuga dalla realtà per ritrovare il proprio “centro” - e questo sembra essere una costante nella poesia introspettiva di Tolentino - così come costante è la presenza dell’isola, di Madeira, il poeta afferma in un’intervista:

Qual é o traço mais forte da sua memória de infância?

Penso que o que me marcou mais na infância foi o espaço. A dimensão da Terra. Lembro-me de ser muito miúdo e de estar à janela a olhar, simplesmente. Lembro-me de ser muito miúdo e de estar na cama a ouvir bater o mar. Lembro-me de ser miúdo e de estar no pequeno cais da minha terra a ver os barcos que chegavam, a olhar um ponto distante. A dimensão do espaço vazio, dos baldios.

Que vieram mais tarde a ser titulo de um dos seus livros.

Penso que isso de certa forma é o começo.

Já com a noção de insularidade presente ou a ideia de que estava numa ilha ainda não existia?

O mundo é um lugar muito insular. O mundo, em si.

Podemos é não ter consciência disso, se à nossa volta for tudo horizonte.

Penso que a ideia de insularidade nasce já num estádio mais avançado da consciência, quando temos determinadas necessidades a que um certo espaço ou uma certa sociedade não consegue responder. Aí, sentimos a insularidade. A insularidade é uma experiência de tipo psicológico. Podemos estar numa ilha pequena e sentir a vastidão daquele lugar. Retorno aos lugares da minha infância e sinto-os como lugares de grande vastidão.

Ainda hoje?

É interessante porque uma infância passada numa ilha - e uma ilha pequena como é a Madeira - podemos pensar que é uma infância muito limitada. Mas eu descrevo a minha infância como, sei lá, as aventuras de Marco Polo ou coisa assim. Porque descobrimos no pequeno espaço portas e possibilidades e parece que a terra se desdobra e que é ilimitada.17

Prevale, dunque, una nozione dello spazio, della grandezza dello spazio, più che l’idea dell’isola nel poeta. Ciò può essere anche attribuito al fatto che Tolentino non abbia potuto assorbire nella prima infanzia, tranne che in modo indiretto (attraverso la famiglia), tale sensibilità e tali valori

17 «Qual è il tratto più forte della sua memoria dell’infanzia? Penso che quello che mi ha segnato più nell’infanzia è stato

lo spazio. La dimensione della terra. Mi ricordo di essere molto piccolo e di guardare dalla finestra, semplicemente. Mi ricordo di essere molto piccolo e di rimanere a letto ad ascoltare il rumore del mare. Mi ricordo di essere bambino e di essere nel piccolo molo del mio villaggio vedendo le barche che arrivavano, a guardare un punto distante. La dimensione dello spazio vuoto, delle terre di nessuno (“baldios”). Che più tardi è diventato il titolo di uno dei suoi libri. Penso che ciò in un certo senso sia l’inizio. Già con la nozione di insularità presente o l’idea di essere in un’isola non esisteva

ancora? Il mondo è un luogo molto insulare. Il mondo in se stesso. Ma possiamo non averne la coscienza, se intorno a noi è tutto orizzonte. Penso che l’idea dell’insularità sia nata in un momento più avanzato della coscienza, quando abbiamo

determinate necessità a cui un certo spazio o una certa società non riesce a rispondere. A quel punto sentiamo l’insularità. L’insularità è una esperienza di tipo psicologico. Possiamo essere in una piccola isola e sentire la vastezza di quel luogo. Ritorno ai luoghi della mia infanzia e gli sento come luoghi di grande vastezza. Ancora oggi? È interessante perché un’infanzia passata in un’isola - e un’isola piccola come Madeira - possiamo pensare sia un’infanzia molto limitata. Ma io descrivo la mia infanzia come, che ne so, le avventure di Marco Polo o qualcosa del genere. Perché scopriamo nel piccolo spazio porte e possibilità, e sembra che la terra si raddoppi e che sia illimitata.» C. Vaz Marques,A fé é claramente nocturna, “Ler”, dicembre 2009.

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isolani, per così dire - dato che con meno di un anno di vita si sposta insieme alla famiglia in Angola, dove rimarrà fino all’età di nove anni. E, nonostante questo, lui scrive in apertura della prima poesia, nel suo primo libro18:

No princípio era a ilha embora se diga o Espírito de Deus abraçava as águas (...)19

Tolentino è il quarto figlio di una famiglia che arriverà ad averne cinque e nasce il 15 dicembre 1965. Il padre, pescatore, avrà avuto certamente difficoltà a mantenere una famiglia così numerosa e decide di emigrare per Angola, chiamando in un secondo momento la famiglia vicino a sé.

I.I.II Angola

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, la dittatura salazarista inizia una lunga e lenta agonia che si protrae fino alla rivoluzione dell’aprile del 1974. Segno di un malessere generalizzato è il movimento migratorio, che ha un secondo momento di espansione tra il 1963-1964 fino al 1973-1974:

De Portugal saiu-se fundamentalmente das regiões a norte do Tejo e dos arquipélagos dos Açores e da Madeira (...) A relação entre origem e destino da emigração varia da seguinte forma: a Europa é quase exclusivamente destino de emigrantes portugueses com origem no continente; a África do Sul, a Venezuela, os EUA e o Canadá são o destino preferencial da emigração insular.20

Il tasso migratorio annuale di Funchal, il capoluogo dell’isola di Madeira, sale al 2,32% negli anni tra 1960 e 197021 e, nello stesso decennio, tra il 20 e il 30 % di questo numero di emigranti lavorano nel settore primario - come il padre e gli zii di Tolentino22.

18 “A infância de Herberto Helder” in J.T. Mendonça, Os dias contados, Funchal. SREC, 1990, pp.9-10.

19 «In principio era l’isola / sebbene si dica / lo Spirito di Dio / abbracciava le acque (...)» J.T. Mendonça, La notte apre i

miei occhi, antologia poetica, Pisa, ETS, 2006, p.7.

20 «Dal Portogallo si partiva fondamentalmente dalle regioni a nord del Tago e degli arcipelagi delle Azzorre e di Madeira

(...) Il rapporto tra origine e destino dell’emigrazione varia nel seguente modo: l’Europa è quasi esclusivamente destinazione degli emigranti portoghesi di origine continentale; il Sudafrica, il Venezuela, gli Stati Uniti e il Canada sono la destinazione preferenziale dell’emigrazione isolana.» F. Martins, Emigração: A imensa debandada in História de

Portugal, a cura di José Mattoso, v.7, O Estado Novo (1926-1974), Lisboa, Estampa, 1994, p.421.

21 Ibidem.

22 «Com um ano de idade, fiz uma viagem com a minha mãe, no navio Príncipe Perfeito. Fomos para Angola, onde o meu

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Potrà forse sembrare strano che la famiglia abbia scelto l’Angola, un territorio in guerra, come destinazione. Però tale scelta si deve al “miracolo economico” che l’Angola conosce tra il 1963 e il 1973, dopo anni di una politica keynesiana di sviluppo dei settori agricolo ed estrattivo soprattutto mirando ai mercati esteri.23 Ed è anche necessario ricordare che dopo la revisione dell’Atto Coloniale nel 1951 (parte integrante della Costituzione Portoghese del 1933) si era mantenuto inalterato il carattere unitario del territorio ultramarino portoghese - e dunque, l’Angola era ancora Portogallo.

Non avendo ancora compiuto un anno di vita, José Tolentino Mendonça arriva con la madre ed i tre fratelli a Lobito, comune della provincia di Benguela, con il piroscafo portoghese “Príncipe Perfeito” della Compagnia Nazionale di Navigazione24. I suoi primi ricordi sono, dunque di questa

lunga distesa oceanica, situata nell'Angola centro-occidentale, sviluppatasi nei secoli grazie alla sua posizione - uno dei migliori porti naturali sulla costa atlantica dell'Africa25:

De Angola, tenho memórias do espaço, um espaço a perder de vista, de todos os caminhos serem caminhos longos, de haver um silêncio da própria paisagem. Como se a paisagem nos pedisse um tempo mais vagaroso, mais paciente, mais demorado para a contemplação. E guardo dentro de mim a memória dessa imensidão. Lembro-me de, às vezes, ir de barco com o meu pai que era pescador. Tinha cinco, seis, sete anos, e lembro-me de olhar para o fundo do mar ou para a costa, e de estar completamente extasiado com a poesia do mundo. Essa contemplação espontânea acabou por me dar uma capacidade de perceber o grande que habita o mínimo, que habita o escasso. E nesse sentido, marcou-me muito.26

Tuttavia, l’Angola non compare mai in modo diretto nella sua produzione poetica, così come i riferimenti famigliari scarseggiano. Forse perché, come dichiara il poeta:

casas eram grandes. Os espaços onde brincávamos livremente eram enormes. O meu pai, os meus tios: uma família de pescadores.» A. Mota Ribeiro, art. cit.

23 «Abstraindo dos efeitos que a guerra teve na destruição de importantes sectores da sociedade e economia tradicionais

africanas em Angola e Moçambique (...) é possível afirmar que ambas as colónias, embora bem mais Angola do que Moçambique, tendo em conta a estrutura do tecido produtivo das suas economias, as potencialidades em matérias primas de ambos os territórios, a riqueza agrícola e a pressão demográfica, conheceram um claro processo de desenvolvimento entre 1950 e 1970, ainda que largamente assente, em termos sociais e políticos, na marginalização e sobreexploração das populações africanas.» F. Martins, op.cit., p.493.

24 La sua rota partiva da Lisboa verso l’Africa Ocidental e Oriental, facendo scala a Funchal, São Tomé, Luanda, Lobito,

Moçâmedes, Cidade do Cabo, Lourenço Marques e Beira.

25 Lobito è il porto principale dell'Angola con un molo di circa 5 km di lunghezza.

26 «Dell’Angola ho memorie dello spazio, uno spazio a perdita d’occhio, di tutte le lunghe strade, di un silenzio proprio

del paesaggio. Come se il paesaggio ci chiedesse un tempo più lento, più paziente, più dilungato per la contemplazione. E conservo dentro di me la memoria di tale dismisura. Mi ricordo, a volte, di partire in barca con mio padre che era pescatore. Avevo cinque, sei, sette anni e mi ricordo di guardare il fondo del mare o la costa ed esserci completamente estasiato con la poesia del mondo. Tale contemplazione spontanea mi ha dato la capacità di capire il grande che abita il minimo, che abita lo scarso. E in questo senso mi ha segnato molto.» Grande Entrevista: José Tolentino Mendonça, “Estante”, 10 aprile 2014.

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A infância interessa-me não como um território que deixei, e a que só em memória posso regressar, mas como projeto. Aquilo que Jesus diz no Evangelho: «Se não fordes como crianças, não entrareis no reino dos céus». Penso muitas vezes no que é ser uma criança.27

I.I.III La famiglia

In “Reconhecimento dos laços”, poesia dedicata “ai miei genitori, per tutte le ragioni”, troviamo una evocazione sottile di tale universo dal profumo marino:

agora as tuas mãos estranhas ao medo procuram um brilho mais puro, o lume agora o tempo se mede por búzios e os nomes flutuam mais leves que as algas28

Eccezioni a questo riserbo, che coinvolge la vita famigliare - ma, diciamolo, tutta la vita intima del poeta, la cui produzione in tale aspetto si colloca in netto contrasto con quella di Pasolini - li troviamo in due poesie, una dedicata alla nonna e l’altra dedicata al padre:

É muito bela esta mulher desconhecida que me olha longamente

e repetidas vezes se interessa pelo meu nome

eu não sei

mas nos curtos instantes de uma manhã ela percorreu ásperas florestas

estações mais longas que as nossas a imposição temível do que desaparece

e se pergunta tantas vezes o meu nome é porque no corpo que pensa

aquela luta arcaica, desmedida se cravou: um esquecimento magnífico

repara a ferida irreparável do doce amor29

27 «L’infanzia m’interessa non come un territorio che ho lasciato e al quale solo con la memoria posso ritornare, ma come

un progetto. Quello che Gesù dice nel Vangelo: «Se non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli». Penso molte volte a ciò che significa essere bambino.» A. Mota Ribeiro, art. cit.

28 «ora le tue mani estranee alla paura / cercano un brillo più puro, il fuoco / ora il tempo si misura in conchiglie / e i nomi

galleggiano più leggeri che / le alghe»: “Reconhecimento dos laços” in J.T. Mendonça, Os dias cit., p. 21.

29 «È molto bella questa donna sconosciuta / che mi guarda lungamente / e ripetute volte si interessa / del mio nome // io

non lo so / ma nei corti istanti di una mattina / lei ha percorso aspre foreste / stagioni più lunghe delle nostre / l’imposizione temibile di ciò che / scompare // e se domanda tante volte il mio nome / è perché nel corpo che pensa / quella lotta arcaica, smisurata si è conficcata: / un oblio magnifico / ripara la ferita irreparabile / del dolce amore»: “A mulher desconhecida” dedicato a “Maria Matias, mia nonna” in J.T. Mendonça, Baldios, Lisboa, Assírio & Alvim, 1999, p.17.

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In questo componimento, la nonna, alla quale il poeta è molto legato affettivamente, è una donna che ha perso la memoria. E lo struggimento poetico è tanto più forte, quanto è stata proprio la nonna materna, Maria Matias, la prima responsabile dell’incontro del poeta con la letteratura. E lo è stato in modo magico - per via orale, dato che non sapeva leggere ne scrivere:

Foi muito importante a figura da minha avó materna, uma contadora de histórias. Ela sabia alguns romances orais de cor. Uma das coisas que me comovem muito: numa recolha recente que se fez do romanceiro oral da Madeira, uma das pessoas que estão lá é a minha avó. A minha avó que não sabia ler nem escrever. (...)

Comove-me porque a minha avó foi a minha primeira biblioteca. Tive a sorte de receber a grande literatura — ela sabia um romance medieval — através da voz humana, através do embalo da minha avó. Um encantamento. Depois [esse encantamento] aconteceu na poesia do Herberto Helder. E em poéticas como a de Ruy Belo, Eugénio de Andrade, Sophia de Mello Breyner, o Pasolini traduzido pelo Manuel Simões. Fui encontrando um caráter — como dizer? — polifónico dentro de um mundo encantado. Era como se estivesse dentro de um instrumento musical cósmico que aquelas vozes me traziam. Isso misturado com os cromos do futebol, com as brincadeiras, uma vida completamente normal. (...)

Ninguém sabe, já, aqueles romances de cor. Estão num romanceiro, na minha estante. Mas nunca vou esquecer que tive a fortuna de os ter escutado. Como quem ouve uma música. A Sophia disse que o poema já estava feito, e que se nos sentássemos quietos o podíamos ouvir. Os poemas estavam feitos. Se me sentasse perto da minha avó, podia ouvi-los30.

Ecco invece l’immagine del padre:

O meu pai é pescador e essa relação com uma vida artesanal e próxima dos elementos primeiros acabou por determinar também um certo tipo de olhar ou uma disponibilidade para.31

La seconda eccezione, la seconda porta aperta sull’intimità domestica di Tolentino, riguarda il chiaro riferimento al padre, o meglio, alla assenza del padre, scomparso precocemente e la cui perdita è stata molto sentita dal poeta:

30 «È stata molto importante la figura della mia nonna materna, una narratrice di storie. Lei sapeva alcuni romanzi orali a

memoria. Una delle cose che mi commuovono molto: in una recente raccolta che si è fatta del romanziere orale di Madeira, una delle persone che sono citata è mia nonna. La mia nonna non sapeva né leggere né scrivere. (...) Mi commuove perché la mia nonna è stata la mia prima biblioteca. Ho avuto la fortuna di ricevere la grande letteratura - lei conosceva un romanzo medievale - attraverso la voce umana, attraverso il cullare della mia nonna. Un incantamento. Dopo (tale incantamento) è successo con la poesia di Herberto Helder. E in poetiche come quella di Ruy Belo, Eugénio de Andrade, Sophia de Mello Breyner, Pasolini tradotto da Manuel Simões. Ho trovato un carattere - come dire? - polifonico dentro un mondo incantato. Come se io stessi dentro ad uno strumento musicale cosmico che quelle voci mi portavano. E questo era mescolato alle figurine del calcio, ai giochi, ad una vita completamente normale. (...) Nessuno conosce più quei romanzi a memoria. Sono in una raccolta, nella mia libreria. Ma non dimenticherò mai di aver avuto la fortuna di averli ascoltati. Come chi ascolta una musica. Sophia (de Mello Breyner Andresen) ha detto che il poema era già fatto e che se ci sedessimo in silenzio lo potevamo ascoltare. I poemi erano fatti. Se mi sedessi vicino a mia nonna, li potevo ascoltare.» A. Mota Ribeiro, art. cit.

31 «Il mio padre è pescatore e tale rapporto con una vita artigianale e vicina agli elementi primordiali alla fine ha

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A experiência do luto é sempre um naufrágio. A morte do meu pai foi uma experiência de desamparo, de interrogação muito forte. Mas uma vez fui ao cemitério, estive lá muito tempo. Estava sentado a olhar para o túmulo, numa conversa silenciosa. E ao meu lado puseram-se dois gatos. Aquilo fez-me muito bem. 32

L’immagine del padre associata all’idea della casa stessa e il vuoto della sua assenza, è espresso poeticamente in una poesia dal titolo “la casa dove a volte ritorno”33:

A casa onde às vezes regresso é tão distante da que deixei pela manhã

no mundo

a água tomou o lugar de tudo reúno baldes, estes vasos guardados mas chove sem parar há muitos anos durmo no mar, durmo ao lado do meu pai uma viagem se deu

entre as mãos e o furor

uma viagem se deu: a noite abate-se fechada sobre o corpo

tivesse ainda tempo e entregava-te o coração34

È interessante notare, innanzi tutto, l’elemento acquatico - o, per meglio dire, acquoso - del testo, sapendo che tale elemento significa nella produzione tolentiniana e, in una linea assolutamente tradizionale per opposizione al fuoco, un segno dello scioglimento, dello spegnimento, della fine. A comprovarlo è il verso “a água tomou o lugar de tudo”, aggiungendo a questi aspetti un carattere invasivo.

Ad un padre pescatore, vissuto gran parte della sua vita nel mare, l’acqua sembra l’elemento più facile da accostare. Aggiunge il fatto dell’orizzonte eternamente oceanico - prima in Angola, poi a Madeira - che associa naturalmente l’acqua al ricordo infantile e giovanile di Tolentino. Un padre pescatore e emigrante, un padre in costante viaggio per via marittima. Ma ora che “uma viagem se deu / (...) / uma viagem se deu: a noite abate-se fechada / sobre o corpo”, l’acqua è convocata per assumere la rappresentazione di tale estremo viaggio.

32 «L’esperienza del lutto è sempre un naufragio. La morte del mio padre è stata un’esperienza di abbandono, di

interrogazione molto forte. Ma una volta sono andato al cimitero, sono rimasto lì molto tempo. Ero seduto a guardare la tomba, in una conversazione silenziosa. E accanto a me si sedettero due gatti. Quello mi ha fatto molto bene.» A. Mota Ribeiro, art. cit.

33 “A casa onde às vezes regresso” in J.T. Mendonça, A que distância deixaste o coração, Lisboa, Assírio & Alvim, 1998,

p.25.

34 «La casa dove a volte ritorno è così distante / da quella che ho lasciato di mattina / nel mondo / l’acqua ha preso il posto

di tutto / riunisco recipienti, questi bacini conservati / ma piove senza cessare da molti anni // dormo nel mare, dormo accanto a mio padre / un viaggio è accaduto / tra le mani e il furore / un viaggio è accaduto: la notte si abbatte chiusa / sul corpo // avessi ancora tempo e ti consegnerei / il cuore». J.T. Menonça, La notte cit., p.51.

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27 Tolento ricorda:

Lembro-me de uma viagem que fiz com o meu pai. Na minha cabeça ia também pescar. Dei comigo, para lá dos enjoos típicos de um iniciante pelo mar fora, na borda do barco, a olhar as paisagens. Praias que ainda não tinham sido exploradas, rochedos, o azul do mar, o fundo do mar. Eu teria sete, oito anos. Essa contemplação despertava em mim uma emoção enorme, enorme. Ficava boquiaberto. Como se aquela vida intacta, da paisagem do mundo, tivesse em mim um impacto que não sabia expressar. Mas guardava aquelas imagens, colecionava-as dentro de mim. (...)

Era o mundo em si. O mundo como lugar encantatório, uma pureza original. Lembro-me daquele pequenino mundo, tão vasto, onde, sem saber, nos estamos a construir. De uma forma quase eventual. 35

Dunque, il ricordo del padre, biblicamente pescatore, è associato a quel primo laboratorio che Tolentino allestisce, accumulando le esperienze che dopo diventeranno la materia dei suoi esperimenti poetici. Di quest’epoca importa anche ricordare l’immagine della condizione umile di questa famiglia, i cui ritmi si associano alla natura con la quale vivono a stretto contatto. Un grande Portogallo “inventato” nell’oltremare dove la grandezza stessa del paesaggio è la promessa di una migliore condizione di vita, nonostante la guerra. E questo bambino che cresce sulla spiaggia fino all’età di otto anni.

Anche se, come dicevamo, l’Angola non è mai direttamente presente nella sua opera, il mare è naturalmente un elemento essenziale e ricorrente. Anche se la sua evocazione parte da Madeira e non da Lobito, l’oceano è lo stesso.

I.I.IV “Ritornato”

La rivoluzione democratica del 25 aprile pone fine al governo totalitario ereditato da Salazar ma anche a un decennio di guerra africana con ingenti costi umani per il Portogallo. Mezzo milione di portoghesi sono stati reintegrati nel territorio e nella società tra l’estate del 1974 e l’estate seguente in un trasferimento di popolazione unico, che è passato alla storia come il movimento dei “retornados”, l’ultima generazione a vivere nelle colonie. La famiglia di Tolentino fa parte di questo movimento e, com’è successo nella grande maggioranza dei casi, ritorna alla terra di origine: Madeira.

35 «Mi ricordo di un viaggio che ho fatto con mio padre. Nella mia testa venivo pure a pescare. Mi sono ritrovato, al di là

delle nausee tipiche di un neofita nelle cose di mare, a bordo della barca, a guardare i paesaggi. Spiagge che non erano state ancora esplorate, rocce, l’azzurro del mare, il fondo del mare. Io avrò avuto sette, otto anni. Tale contemplazione svegliava in me un’emozione enorme, enorme. Rimanevo a bocca aperta. Come se quella vita intatta, del paesaggio del mondo, avesse in me un impatto che non sapevo esprimere. Ma conservavo quei paesaggi, gli collezionavo dentro di me. (...) Era il mondo in se stesso. Il mondo come luogo incantatorio, una purezza originale. Mi ricordo di quel piccolo mondo, così vasto, dove, senza sapere, ci costruiamo. In un modo quasi eventuale.» A. Mota Ribeiro, art. cit.

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Tale ritorno è stato vissuto nel seguente modo dal nostro poeta:

Senti que me estava a despedir daqueles lugares. Fui com o meu cão, sozinho. Digo que foi (um dramatismo) literário porque quis chorar, abraçado ao cão, sentindo que era a última vez que estava ali. Mas não tinha lágrimas verdadeiras. Tinha uma dor. Uma dor que um miúdo de nove anos pode ter, mas não eram lágrimas. Chorei lágrimas que não tinha. Essa despedida, talvez encenada, marcou-me. (...)

Para os meus pais, para pessoas como eles, que perderam determinado enquadramento do mundo e uma estabilidade económica, (o regresso à Madeira) foi traumático. Mas os pais conseguem sempre colocar-nos, como no filme A Vida é Bela, [noutra realidade]. Passamos pelo campo de concentração como se fosse por um jardim. As coisas, que hoje relembro e que percebo que provocaram uma ansiedade enorme nos meus pais, foram vividas como uma aventura. Uma aventura no porão de um barco, numa cidade desconhecida. (...)

Recebi isso (ausência de medo) dos meus pais. Mantinham uma atitude de confiança que nos ajudou muito. Mesmo na escassez, na pobreza. Olhávamos para o dia de amanhã, para o futuro, com uma enorme confiança. Hoje pergunto-me: confiança em quê? Porquê? Confiança. Confiança na vida. Eram também pessoas religiosas. Confiantes na proteção de Deus, que o tempo ia ser melhor, e ao mesmo tempo muito gratos; apesar de tudo, estávamos todos juntos, ninguém se tinha perdido pelo caminho, não tinham acontecido coisas irrecuperáveis. E isso deixava um lastro de confiança que nos fazia olhar para a vida com serenidade. 36

E aggiunge:

A Madeira, como os lugares da infância, não são lugares de desencantamento. Uma pequena ilha, a terra dos meus pais, dos meus avós, em condições muito difíceis. Mas a infância não sofreu uma fratura, nem sobressaltos. Essa capacidade de transformar as dificuldades em possibilidades — no fundo, uma enorme capacidade de sobrevivência que a vida da infância tem — protegeu-me. Quando penso na infância, nem por uma vez me lembro de medo, de ansiedade. Recordo o embate do espaço da ilha. Tudo era diferente. Os cheiros. A forma como as coisas estavam organizadas. As ruas. As pessoas. Um admirável mundo novo para descobrir. 37

36 «Ho sentito che salutavo quei luoghi. Sono andato col mio cane, da solo. Dico che è stato (una drammaticità) letteraria

perché ho voluto piangere, abbracciando il mio cane, sentendo che era l’ultima volta che mi sarei trovato lì. Ma non avevo lacrime vere. Avevo un dolore. Un dolore che un ragazzino di nove anni può avere, ma che non sono lacrime. Ho pianto lacrime che non avevo. Tale saluto, forse teatrale, mi ha segnato. (...) Per i miei genitori, per le persone come loro, che hanno perso un determinato inserimento nel mondo e una stabilità economica, (il ritorno a Madeira) è stato traumatico. Ma i genitori riescono sempre a collocarci, come nel film La vita è bella, (in altra realtà). Passiamo attraverso il campo di concentramento come fosse un giardino. Le cose, che oggi ricordo e che capisco abbiamo provocato un’immensa ansia nei miei genitori, sono state vissute come un’avventura. Un’avventura nella stiva di una nave, in una città sconosciuta. (...) Ho ricevuto (l’assenza di paura) dei miei genitori. Mantenevano un atteggiamento di fiducia che ci ha aiutato molto. Anche nella ristrettezza, anche nella povertà. Guardavamo il giorno di domani, il futuro, con una immensa fiducia. Oggi mi domando: fiducia in cosa? perché? Fiducia. Fiducia nella vita. Erano anche persone religiose. Fiduciose nella protezione di Dio, che il tempo sarebbe diventato migliore, e allo stesso tempo grate.; nonostante tutto, eravamo tutti insieme, nessuno si era perso per strada, non erano successe cose irrecuperabili. E ciò lasciava una scia di fiducia che ci faceva guardare alla vita con serenità.» A. Mota Ribeiro, art. cit.

37 «Madeira, come i luoghi dell’infanzia, non è luogo di disincanto. Una piccola isola, la terra dei miei genitori, dei miei

nonni, in condizioni molto difficili. Ma l’infanzia non ha sofferto una frattura, né scosse. Tale capacità di trasformare le difficoltà in possibilità - in fondo, una grandissima capacità di sopravvivenza che la vita dell’infanzia possiede - mi ha protetto. Quando penso all’infanzia, neanche una volta ricordo la paura, l’ansia. Ricordo l’impatto dello spazio dell’isola. Tutto era diverso. Gli odori. La forma come le cose erano organizzate. Le strade. Le persone. Un ammirevole nuovo mondo da scoprire.» Ibidem.

(29)

29 I.I.V La Bibbia orale e scritta

In intervista a Carlos Vaz Marques, Tolentino racconta l’incontro con quello che ha dichiarato più volte essere il libro della sua vita: la Bibbia:

Como é que se fez a sua educação poética?

Fez-se pela Bíblia, pela leitura da Bíblia.

A Bíblia foi o primeiro livro com que conviveu?

O primeiro grande livro, sem dúvida. Na polifonia das suas vozes, na intensidade dos seus registos, na singularidade ardente dos vários escritores que nela estão presentes, a Bíblia foi sem dúvida a minha grande escola acústica. Acho que a Bíblia fez o meu ouvido.

Diz «acústica» por ter começado a ouvi-la antes ainda de a ler?

«Acústica» no sentido de que a leitura é sempre também uma audição. (...)

A minha pergunta deveu-se ao facto de, para muita gente, a Bíblia começar por uma experiência de transmissão oral, antes de eventualmente se tomar uma experiência de leitura. No seu caso não foi assim?

Em parte, sim, sem dúvida. Há uma tradição litúrgica onde me inscrevo. Mas foi sobretudo uma experiência de leitura e de estudo. E depois umas coisas levam às outras: quem se apaixona pelo profeta Isaías ou pelo Cântico dos Cânticos, ou pelo Livro de Job necessariamente apaixona-se por Camões ou por Fernando Pessoa ou por Herberto Helder. Ou por Eliot ou por Pavese. Ou por João da Cruz. É uma questão de sermos consequentes. (...) Lembro-me de ter ouvido pela primeira vez o Cântico dos Cânticos e de ter ficado absolutamente colado ao chão. Ouvi-o de uma mulher que era analfabeta e que nem sabia que estava a recitar um livro bíblico. Ela sabia de cor um dos cantos do Cântico e eu pedi-lhe várias vezes que mo repetisse. Uma das grandes surpresas da minha vida foi encontrar mais tarde aquele texto escrito. De maneira que essa marca da oralidade é algo que penso que me dá uma abertura muito grande e que é também uma marca de ouvido. No sentido de que sei que antes de existirem os livros há a conversa humana A literatura tem também de ser fiel à conversa humana. Àquela conversa que nós fazemos em segredo, que as gerações transmitem. À conversa que marca os grandes ritos de passagem. À conversa que são as palavras que servem para dizer o medo e o amor, a dor e a eloquência de estarmos sobre a Terra.38

38 «Come si è fatta la sua educazione poetica? Si è fatta attraverso la Bibbia. Attraverso la lettura della Bibbia. La Bibbia

è stato il primo libro col quale ha convissuto? Il primo grande libro, senza dubbio. Nella polifonia delle sue voci,

nell’intensità dei suoi registi, nella singolarità ardente dei vari scrittori che in essa sono presenti, la Bibbia è stata senz’altro la mia grande scuola acustica. Penso che la Bibbia abbia definito il mio orecchio. Dice «acustica» per aver cominciato a

sentirla prima ancora di leggerla? «Acustica» nel senso che la lettura è anche sempre un ascolto. (...) La mia domanda è dovuta al fatto che, per molte persone, la Bibbia inizia per essere una esperienza di trasmissione orale, prima di eventualmente diventare una esperienza di lettura. Nel suo caso non è stato così? In parte sì, senza dubbio. C’è una

tradizione liturgica dove mi inserisco. Ma è stata soprattutto un’esperienza di lettura e di studio. E dopo le cose portano ad altre cose: chi si innamora del profeta Isaia o dal Cantico dei Cantici, o dal Libro di Giobbe, s’innamora necessaria di Camões o di Fernando Pessoa o di Herberto Helder. O di Eliot o di Pavese. O di Giovanni della Croce. È una questione di essere coerenti. (...) Mi ricordo di aver ascoltato per la prima volta il Cantico dei Cantici e di essere rimasto assolutamente esterrefatto. L’ho ascoltato da una donna che era analfabeta e che non sapeva nemmeno di recitare un libro biblico. Lei sapeva a memoria uno dei cantici del Cantico ed io gli ho chiesto varie volte di ripetermelo. Una delle grandi sorprese della mia vita è stata trovare più tardi quel testo scritto. Così questa caratteristica di oralità è qualcosa che penso mi dia una apertura molto grande e che è anche una marca di orecchio. Nel senso che so che prima che esistessero i libri c’era la conversazione umana. La letteratura deve essere anche fedele alla conversazione umana. A quella conversazione che facciamo segretamente, che le generazioni trasmettono. La conversazione che segna i grandi riti di passaggio. La conversazione che sono le parole che servono per dire la paura e l’amore, il dolore e l’eloquenza di essere sulla Terra.» C. Vaz Marques, art.cit.

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