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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1974, Anno 33, n.3, settembre

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SETTEMBRE 1974 Pubblicazione trimestrale Anno X X X III - N. 3

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A DE L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(

e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E Z I O N E

GIAN ANTONIO M IC H EL I - GIAN NIN O P AR R AVIC IN I

C O M IT A T O S C IE N T IF IC O

ENRICO ALLO RIO - ENZO CAPACCIOLI - CESARE COSCIANI FRANCESCO FORTE - EM ILIO G ER ELLI - ALDO SCOTTO

SERGIO STEVE

Ì

m v lta

I

(2)

P u b b licazion e sotto gli au spici d ell’Is titu to di F in an za d ell’ U niversità, della Cam era di Com m ercio di P a v ia e d ell’Is titu to di d iritto pubblico

della F a co ltà di G iurispru denza d ell’ U n iversità di R om a

La Direzione è in Pavia, Is titu to di F in an za presso l’ U n iversità e la Cam era di Com m ercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze

corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

I manoscritti dei lavori giuridici devono essere inviati al prof. Gian Antonio

Mic h e li, Via Scipione Gaetano, n. 13 - 00197 Roma.

R e d a tto r e : prof. Alberto Majocchi, Prof. Incaricato nell’Università di Pavia. R ed a ttore C a p o : prof. Em il io Gerelli, Direttore dell’Istituto di Finanza del­

l’Università di Pavia.

L ’Am m in istrazio n e è presso la Casa Editrice Giuffrè, 20121 - Milano, Via

Statuto, 2 - Telefoni 652.341/2/3.

Ad essa vanno indirizzati le richieste di abbonamento (c.c. postale 3/17986) e di pubblicità, le comunicazioni per mutamenti di indirizzo e gli even­ tuali reclami per mancato ricevimento di fascicoli.

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anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l’ anno successivo. L’ab­ bonamento però non può essere disdetto se l ’abbonato non è al cor­ rente con i pagamenti.

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Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dall’im­ porto di L. 200 in francobolli e trasmesse con specifica comunicazione raccomandata al competente Ufficio Codificazione Clienti.

Per ogni effetto l’abbonato elegge domicilio presso l’Amministrazione della rivista. Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie

supplementari eventualmente richieste all’atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1966 Direttore responsabile: Em ilio Gerelli

Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 70 %

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INDICE-SOMMARIO

P A R T E P R I M A

pag. Gilberto Muraro - L ’im piego dei su ssidi p e r la reg ola zion e d elle d ise­

con om ìe estern e con p a rticola re rigua rd o all’ inquinam ento . . . 381 Gian Antonio Micheli - R ed d ito di im presa e im p ren d itore com m ercia le 396 Giancarlo Romoli Venturi - B r e v e storia di quindici anni di lavori nel

cam po d ell’arm on izzazion e d elle im p o s te della Com unità eu ro p ea . 419 Baldassarre Santamaria - L a p erq u isizion e in m a teria trib u ta ria . . 451 A P P U N T I E R A S S E G N E

Franco Osculati - N ota su alcu ne p r o p o ste rela tiv e agli stru m en ti

fiscali p er una p olitica a m b i e n t a l e ...469 Alfonso Maria Rossi Brigante - Gli a g en ti con tab ili n ei d iv ersi se tto r i

d ella P u b b lica A m m in istra zion e secon d o la G iurispru denza della C orte d ei C o n t i ...475 Raffaele Sera - L a disciplina del con ten zioso trib u tario in n an zi alla

C orte C o s t i t u z i o n a l e ...508 Maurizio Gaddi- C on sid era zion i sulla n a tu ra giu rid ica e su l tra tta m en to

trib u ta rio d ella a ttiv ità d el n otaio n ella leva ta del p r o te s to . . . 539

R E C E N S IO N I

Ignazio Manzoni L 'im posta su l v a lo re aggiu nto - L e d eviazion i dalla n eu tra lità d el m od ello ita lia n o (F. Reviglio) ... 553 R A S S E G N A D I P U B B L IC A Z IO N I R E C E N T I ...55«

P A R T E S E C O N D A

Gianni Marongiu - P rofili p olitico-costitu zion a li del n u ov o p ro cesso tri­

butario ...157 SE N TE N ZE A N N O T A T E

Tributi in genere - Revisione del contenzioso - Questioni non manife­ stamente infondate di costituzionalità (Trib. Genova, ord. 5 aprile

1974) (con nota di G. Marongiu) ... 157

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G I U F F R È

E D I T O R E

M I L A N O

ISTITUTO DI ECONOMIA AZIENDALE

DELL’UNIVERSITÀ’ COMMERCIALE « L. BOCCONI » - Milano

Fondatore: Gino Zappa D irettore: Giordano Dell’Amore

Serie V ili - N. 11

FRANCESCO ARCUCCI

ASPETTI

FONDAMENTALI

DELLA MORFOLOGIA

DEI SISTEMI BANCARI

Introduzione - La funzione del sistema bancario nell’evo­ luzione dei generi monetari e nel processo di formazione del mercato del credito - Le circostanze che incidono sulla evoluzione delle caratteristiche strutturali e funzionali dei sistemi bancari - L’incidenza della funzione monetaria sulla morfologia dei sistemi bancari - I riflessi della funzione di intermediazione finanziaria sulla morfologia dei sistemi bancari - Gli effetti dell’evoluzione della politica finanzia­ ria dello Stato sui sistemi bancari - Lo sviluppo degli in­ termediari finanziari non bancari come determinante delle caratteristiche dei sistemi bancari.

1974, volume in 8°, p. XIX-105, L. 2.000

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G I U F F R È

E D I T O R E

M I L A N O

GIORGIO FOSSATI ALBERTO PORRO

IL FACTORING

ASPETTI ECONOMICI,

FINANZIARI E GIURIDICI

Nella prima parte dell’opera, curata dal Prof. Fossati, dopo brevi cenni sulle origini e sull’evoluzione storica dell’isti­ tuto, ne vengono presi in considerazione i molteplici aspetti economici e finanziari, attraverso un approfondito esame delle diverse funzioni che esso assolve, quale moderna tec­ nica di finanziamento delle imprese.

Nella seconda parte, a cura dell’Avv. Porro, è stata appro­ fondita l’analisi del contenuto negoziale dell’istituto stesso, in un tentativo di costruzione dottrinale della sua natura giuridica, e con particolare riferimento ai problemi teorici e pratici che esso pone all’interprete.

In appendice sono stati raccolti alcuni precedenti giurispru­ denziali italiani e francesi, oltre ad esempi di contratti di società nazionali e straniere.

ASPETTI ECONOMICI E FINANZIARI DEL FACTOR­ ING: Storia del factoring - Il contratto di factoring - Il factoring e l’economia d’impresa - Il factoring in Italia. ASPETTI GIURIDICI DEL FACTORING: Legislazione del factoring in alcuni stati esteri - Struttura giuridica del factoring in Italia - Problemi nell’ambito delle norme sulla cessione dei crediti. Appendici.

1974, volume in 8°, p. XII-254, L. 4000

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G I U F F R È E D I T O R E

- M I L A N O

UNIVERSITÀ’ DI CATANIA

PUBBLICAZIONI DELLA FAC O LTA’ DI GIURISPRUDENZA 72

SALVATORE ENRICO BATTIATO

LA TASSAZIONE

DEI TRASFERIMENTI

DELLA R IC C H E Z Z A

A TITOLO GRATUITO

N ATU RA ED EFFETTI ECONOM ICI DELL’ IMPOSTA SUC­ CESSORIA:

Natura e funzioni dell’imposta successoria - Il teorema dell’equi­ valenza tra imposte annuali commisurate ai redditi patrimoniali o al patrimonio e imposte successorie - Incidenza e traslazione dell’imposta successoria - Gli effetti economici dell’imposta suc­ cessoria sul « de cuius » - Gli effetti economici dell’imposta suc­ cessoria sull’erede - Il pagamento dell’imposta successoria e i problemi di liquidità ad esso connessi - Gli effetti dell’imposta successoria sul reddito nazionale - Effetti dell’imposta successoria sulla distribuzione della ricchezza privata.

LA SCELTA DEL TIPO DI IM POSIZIONE SULLE SUCCES­ SION I:

L’imposta sull’asse globale - Forme speciali di imposta sull’asse - L’imposta sull’asse in concorso con l’imposta sulle quote - L’im­ posta sulle quote: Grado di parentela tra de cuius ed erede -

Stato civile e di famiglia dell’erede - Età dell’erede - Differenza di generazione tra de cuius ed erede - Qualità della ricchezza

del de cuius - Condizioni finanziarie dell’erede - Aliquota in fun­

zione del complesso delle donazioni e dei lasciti ricevuti dal be­ neficiario.

CO NSIDERAZIO N I CONCLUSIVE.

1974, volume in 8°, p. 416, L. 6.000

611

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G I U F F R È

E D I T O R E

M I L A N O

collana :

ISTITUTO PER LA SCIENZA DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

Dipartimento di economia e fin a n za pubblica

L’EVOLUZIONE

E LA POLITICA

DELLE RETRIBU ZIO N I

NELL’IMPIEGO LOCALE

IN ITALIA

Introduzione Nota metodologica

Lo stato delle ricerche (Da n i e l a Ma f f i o l i)

Evoluzione della massa salariale delle amministrazioni re­ gionali provinciali e comunali (So f i a Ma n n a z z i)

Analisi delle retribuzioni del personale delle amministra­ zioni comunali (En r ic o Ci c i o t t i)

Analisi delle retribuzioni del personale delle amministra­ zioni provinciali (En r ic o Ci c i o t t i).

1974, volume in 8°, p. XVIII-263, rii. tela, L. 520 0

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E D I T O R E

M I L A N O

LA DIMENSIONE

D ’IMPRESA

NELL’ECONOMIA

CONTEMPORANEA

IX Riunione Scientifica

SOCIETÀ ITALIANA DEGLI ECONOMISTI

Roma, 5-6-7 novembre 1968

Presentazione.

Giuseppe Di Nardi: Saluto e presentazione del tema

generale. RELAZIONI:

Giuseppe Di Nardi: Dimensioni e struttura funzionale

del sistema (Relazione introduttiva).

Giancarlo Mazzocchi: Prezzi e struttura dei finanziamenti

in relazione alle crescenti dimensioni d’impresa. Appen­ dice: 32 tavole.

Siro Lombardini: Ricerca e dimensioni d’impresa. Mario Bandini: Tendenze delle strutture agrarie.

Pierpaolo Luzzatto Fegiz: Dimensione d’impresa e strut­

tura dei servizi distributivi.

Giulio Capodoglio : L’impresa cooperativa ed i possibili

sistemi di cogestione delle imprese.

INTERVENTI - REPLICHE AGLI INTERVENTI. COMMEMORAZIONE:

Giancarlo Mazzocchi: Francesco Vito.

1974, volume in 8°, p. 244, L. 3600

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E D I T O R E

M I L A N O

R O B E R T O

R U O Z I

COME

FINANZIARE

LE

AZIENDE

ITALIANE

Il fabbisogno finanziario aziendale - Il ca­ pitale proprio - Costituzione della società e azioni ordinarie - Aumenti di capitale a pa­ gamento, gratuiti e misti - Diritto di opzione e sovrapprezzo - Le azioni privilegiate e quelle a voto limitato - Le azioni postergate e quelle a voto plurimo - Le azioni a favore dei prestatori di lavoro - Le azioni di godi­ mento - Azioni nominative e azioni al por­ tatore - L’autofinanziamento e la politica dei dividendi - L’indebitamento: le obbligazioni - Le obbligazioni convertibili - I mutui a medio e a lungo termine - Il credito banca­ rio a breve termine - Il credito di fornitura - Fondi di quiescenza e risparmio dei dipen­ denti - Forme ibride di finanziamento: Il leasing - Il factoring.

1973, volume in 8°, p. 156, L. 2500

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M I L A N O

FACO LTÀ DI GIURISPRUDENZA DELL’UNIVERSITÀ DI RO M A Istituto di Economia e Finanza

STUDI DI ECO N O M IA POLITICA 20

LUIGI PAGANETTO

Teoria e realtà

del comportamento imprenditoriale

Introduzione.

La polemica sul marginalismo.

Impresa e teoria neoclassica del valore.

Obiettivi e motivazioni dell’impresa oligopolistica. Teoria e realtà dell’impresa. Bibliografia.

1974, volume in 8°, p. IV-133, L. 2.800 343

FACO LTÀ DI GIURISPRUDENZA DELL’UNIVERSITÀ DI ROM A ISTITUTO DI EC O N O M IA E FIN A N ZA

Studi di economia politica 21

MICHELE BAGELLA

SQUILIBRIO O EQUILIBRIO

DI SOTTOCCUPAZIONE

Osservazioni sulla reinterpretazione della teoria keynesiana

Introduzione. Motivi di confronto nella Teoria Monetaria - L’in­ terpretazione neo-classica della Teoria G en erale - La disoccupa­ zione come fenomeno di squilibrio.

Appendici I - II - III.

1974, volume in 8°, p. 135, L. 3.000

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L’IMPIEGO D E I SU SSID I P E R LA REGOLAZIONE DELLE DISECONOMIE ESTERNE

CON PARTICOLARE RIGUARDO A L L ’INQUINAMENTO (*

Somm ario : 0. Sintesi dei risultati. — 1. Ambito e finalità della nota. — 2. Il

sussidio come premio alla depurazione. — 9. La controversia sull’effi­ cienza del premio. — 4. La jiossibilità di un’efficiente combinazione di tassa sull’inquinamento residuo e di premio alla depurazione. — 5. Schemi redistributivi basati sulla combinazione tassa-premio. — 6. Conclusioni.

0. La presente nota si inserisce nel dibattito in corso circa la regolazione delle diseconomie esterne mediante sussidi, intesi questi ultimi come « premi », ossia come veri e propri prezzi pagati per la riduzione delle diseconomie stesse. Facendo costante riferimento esemplificativo aU’inquinamento, si dimostra che un impiego effi­ ciente dei sussidi non implica un esorbitante costo di informazione per l’operatore pubblico, pur rimanendo il metodo in esame più one­ roso, da questo punto di vista, di quello basato sulla tassazione. Si dimostra altresì la possibilità di un’efficiente combinazione della tassa e del sussidio, il che apre la prospettiva di una regolazione del­ l'inquinamento collegata ad uno schema redistributivo interno al set­ tore inquinante. Si illustrano due versioni di tale sistema di regola­ zione con redistribuzione : la prima conserva l’automatismo tipico dei metodi economici e risulta basata su una specie di tâtonnement con due variabili di aggiustamento, la tassa e il sussidio unitari; la se­ conda implica invece un intervento discrezionale dell’operatore pub­ blico. Si sostiene, infine, la rilevanza concreta dell’impiego combi­ nato della tassa e del sussidio come soluzione capace, in numerosi casi, di superare le obiezioni politiche che hanno sin qui provocato il rifiuto della semplice tassazione sostenuta dalla letteratura eco­ nomica, e di rendere quindi più efficiente l’attuale politica contro l’inquinamento.

(*) Ringrazio Italo Magnani e Wolfgang Kunggaldier per gli utili com­ menti fornitimi.

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1. L ’analisi che segue si riferisce esplicitamente all’inquina­ mento, ma vale per tutte le diseconomie esterne che, al pari dell’in­ quinamento, siano caratterizzate da una diffusione tale da rendere inoperante l’approccio volontaristico — implicante un accordo di­ retto tra soggetti attivi e soggetti passivi della diseconomia — e da postulare quindi una regolazione pubblica.

È noto che buona parte della letteratura economica, seguendo l’impostazione pigouviana, invoca una regolazione basata su impo­ ste correttive, dirette ad uguagliare in ogni punto del tempo e dello spazio il costo privato e quello sociale delle attività umane.

Nello specifico campo dell’inquinamento l’impostazione che sem­ bra godere attualmente i maggiori favori degli studiosi è quella di Baumol, in cui l’imposta correttiva è trasformata in un prezzo de­ stinato a razionare la risorsa scarsa « qualità dell’ambiente » (1). Rispetto alla tesi di Pigou l ’impostazione di Baumol è variata in questo senso : si riconosce l’impossibilità pratica di valutare il danno sociale marginale provocato dagli inquinatori, e si ripiega pertanto su un piano di subottimizzazione, in cui viene fissato politicamente un certo obiettivo di qualità ambientale per una determinata zona e in relazione ad una determinata causa d’inquinamento (accertando che ad esso corrisponda un miglioramento del benessero sociale ma senza pretendere di individuare 1’« ottimo paretiano ») e si ripartisce in modo efficiente tra gli operatori economici la limitata facoltà di in­ quinamento implicita nell’obiettivo, utilizzando, appunto, un comune prezzo di razionamento (che dal punto di vista formale potrebbe configurarsi come una tassa di concessione) (2). In questo modo si massimizza il beneficio connesso ad una data possibilità di scarico, ovvero, se si preferisce porre il problema duale, si minimizza il costo totale della produzione di un certo livello di qualità ambientale.

Purtroppo i suggerimenti della teoria economica, sia nella ver­ sione di Pigou che in quella di Baumol, hanno ben pochi riscontri

(1) Cfr. Baumol W .J., Ora T a x a tio n and th è C on trol o f E x te rn a lities, in

A m erica n E con om ie R ev iew , 1972, pp. 307-322. La tesi di Baumol, pienamente

analizzata nel suddetto articolo, era già stata enunziata in BaumolW .J. e Oates

W .E., T h e Use o f Standards and P r tces f o r P r o tectio n o f th è E n viron m en t, in

T he S w ed ish J ourn al o f E oon om ics, 1971, pp. 42-54.

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empirici. È vero che molti governi —- in particolare quelli dei paesi membri della Comunità Europea e dell’OCSE — hanno formalmente accettato il principio « chi inquina paga », che rappresenta la con­ dizione permissiva per l’applicazione del sistema di razionamento eco­ nom ico; ma di fatto detto principio è applicato mediante strumenti amministrativi e non economici (essenzialmente attraverso l’imposi­ zione di limiti di accettabilità agli scarichi); inoltre, la stessa appli­ cazione è largamente deficitaria, poiché sono numerosi i casi in cui viene elargito qualche sussidio al disinquinamento (3).

La presente nota intende contribuire a colmare simile divario tra teoria e politica concreta, analizzando la fattibilità e l’efficienza di un sistema di controllo dell’inquinamento che si avvalga anche dello strumento dei sussidi (4).

2. Preliminare all’analisi è il chiarimento del significato del termine sussidio. Nelle inevitabili interazioni tra linguaggio della prassi operativa e linguaggio degli studi teorici, detto termine è di­ ventato ambiguo, essendo indifferentemente usato per denotare due concetti che vanno tenuti ben distinti : il primo è quello del « prezzo negativo » della depurazione, ossia del « premio » che viene dato a chi disinquina, in perfetta simmetria con la tassa che grava sull’in- quinatore; il secondo è quello tradizionale dell’incentivo concesso allo svolgimento di un’operazione onerosa, qual’è nel caso speci­ fico la depurazione, diretto a diminuire le resistenze allo svolgi­ mento dell’operazione stessa ma incapace, di per sé, di rappresen­ tare una fonte di guadagno netto (5). La nostra analisi è dedicata

(3) Il principio ufficialmente recepito dall'OCSE e dalla CEE implica soltanto che l'inquinatore deve pagare le spese per il disinquinamento stabilito dall’operatore pubblico, senza stabilire una precisa preferenza per gli stru­ menti economici o per quelli amministrativi di regolazione. Le medesime or­ ganizzazioni, poi, hanno ufficialmente ammesso le eccezioni a detto principio nell’ambito del periodo iniziale della disciplina contro l ’inquinamento e di po­ litiche particolari a favore di territori e settori depressi.

(4) Il divario è accentuato dalla posizione fortemente critica assunta dagli «economisti dell’ambiente» nei riguardi della politica in atto. Si veda, a titolo esemplificativo, Kneese A.V., E n viron m en ta l P o llu tio n : E con om ica and

P olicy, in A m erica n E con om ie R e v ie w - P apera and P roceed in g s, 1971, pp. 153-

166, in particolare p. 162; Fbeeman A.M. e Haveman R., R esid u a i C h arge f o r

P ollu tion C on trol: A P o licy E v a lu a tion , in S cien ce, luglio 1972.

(5) Solo una piccola parte della letteratura anglosassone ha curato di eliminare l’ambiguità, riservando il termine su b sid y alla sovvenzione parziale della spesa e chiamando pa ym en t o b rib e il sussidio-premio.

Si veda, ad esempio: Kneese A.V. e Bower B.T., M anagin g W a te r Q u a lity :

Econom ica, T ech n ology, In stitu tion s, Baltimore, The Johns Hopkins Press

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al primo concetto, e per evitare equivoci useremo esplicitamente, nel seguito della nota, il termine « premio ».

3. Il concetto del premio alla depurazione deriva direttamente da quel gruppo di analisi teoriche sulle diseconomie esterne, che è stato introdotto dal famoso articolo di Coase sul costo sociale e che ha trovato una compiuta formalizzazione nei contributi di Bucha­ nan e Stubblebine e di Turvey (6). La tesi comune a queste analisi è che la distribuzione dei diritti tra i due soggetti della relazione creata dalla diseconomia esterna è indifferente ai fini del raggiun­ gimento dell’efficienza paretiana, sicché l’identificazione del danneg­ giato obbedisce soltanto ad un giudizio di valore. Con riferimento al problema in esame, tale tesi implica che il riconoscimento del diritto di inquinare, anziché di quello di non subire l ’inquinamento, dovrebbe avere solo effetti distributivi e non anche sulla ripartizione delle risorse.

La conclusione va intesa nei limiti usuali dell’economia del be­ nessere, cui simili studi appartengono, ossia nei limiti dell’analisi statica (7). Ma anche entro tali limiti detta tesi è stata sottoposta a critiche.

(6) Vedi Coasf. R.H., T h e P rob lem o f S ocial Cost, in T h e Journ al o f L a w

and E con om ies, 1960, ristampato in Breit W . e Hochman H.M. (eds.), R ea d m g s

in M icroecon om ies, New York and London, Holt, Rinehart and Whinston,

1968, pp. 423-456; Buchanan J.M. e Stubblebine W .C„ E x te rn a lity , in E co n o ­

m ica, 1962, pp. 1-14 e Turvey R., Ora D iv erg en ce s b etw een S ocia l Cost and

P r iv a te C ost, in E con om ica, 1963, pp. 309-313. Coase sostiene più precisamente

la tesi della doppia tassazione (a carico cioè di ambedue le parti implicate nella diseconomia esterna), ma tale tesi presuppone quella da noi enunciata, come d’altronde dimostra l’analoga interpretazione da parte di Turvey.

(7) Riprendiamo il termine «sta tic o » dalla nota rassegna critica di Mishan, in cui esso viene ad assumere il seguente significato : « Non c’è cre­ scita e non c’è innovazione, non esiste incertezza e i gusti individuali riman­ gono inalterati. Inoltre, la forza di lavoro è fissa e, in un certo senso, piena­ mente occupata » (vedi Mishan E.J., A S u rv ey o f W e lfa r e E con om ics, 1989-

1959, in S u rv eys o f E con om ie T h eory, New York, Macmillan, 1967, voi. 1,

pp. 154-222; citazione p. 155). Per un più approfondito esame dei termini cor­ rentemente usati nell’analisi economica con molte ambiguità (statico, dina­ mico, periodo breve, periodo lungo) si veda Montesano A., L a n ozion e di e c o ­

nom ia dinam ica, in G iornale d egli E con om isti e A nn ali di econom ia, 1972,

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— 385 —

Un primo gruppo di obiezioni nega che l’assegnazione dei di­ ritti sia irrilevante, sottolineando la possibilità che muti l’utilità marginale del reddito nel campo di variazione interessato alla dise­ conomia esterna ; da ciò consegue che per uno stesso soggetto la legge di scambio è diversa a seconda che essa sia una legge di offerta o di domanda, ossia a seconda che il soggetto debba pagare o debba ricevere per ridurre la diseconomia esterna. Il rilievo è senz’altro valido se inteso come un avvertimento a controllare sul piano em­ pirico l’ipotesi di costanza dell’utilità marginale del reddito ; è molto meno valido se inteso come contributo teorico, come era inteso in effetti nel complicato articolo di Dolbear, poiché si tratta di un’evi­ dente rimasticatura del noto « paradosso di Scitowsky » circa il cri­ terio di benessere basato sull’indennizzo potenziale (8).

Un secondo tipo di obiezioni, formulato da Kneese pure pren­ dendo ad esempio l ’inquinamento, è più interessante, innanzitutto perché si mantiene inalterato anche in presenza delle ipotesi più comode alla teoria che combatte, quale l’ipotesi di costante utilità marginale del reddito, e in secondo luogo perché si pone già in una visione operativa in cui è presente l’operatore pubblico in veste di arbitro delle diseconomie esterne (9). Precisamente l’argomentazione di Kneese si basa sul costo delle informazioni necessarie per assi­ curare una regolazione ottimale degli effetti esterni, costo che rap­ presenta l’elemento strategico per giudicare se e come lo Stato debba intervenire a tale riguardo. Essa sostiene che detto costo è diverso a seconda che esista il diritto all’ambiente pulito — e quindi lo Stato gravi l’inquinatore di una tassa di concessione sul versamento degli scarichi — o esista invece il diritto ad inquinare e quindi lo Stato, come rappresentante della collettività inquinata, paghi agli inquinatori un premio per la depurazione.

regime giuridico si ripercuoterebbe immediatamente sulla liquidità delle imprese stesse.

(8) Vedi Dolbear F.T. Jr„ Ora th e T h e o ry o f O ptim um E x te r n a lity , in

A m erica n E con om ic R ev iew , 1907, pp. 90-103, il relativo commento critico di Mishan E.J., Ora th e T h eo ry o f Optim um E x te r n a lity : Com m ent, in A m erica n

E con om ic R ev iew , 1968, pp. 523-527, e la risposta di Dolbear nello stesso numero,

pp. 529-531. Sullo stesso tema ricordiamo che sono apparsi anche i seguenti contributi, che abbiamo trovato citati da Kneese ma che non siamo riusciti a consultare: Bramitale D.F. e Mills E.S., A N ote on th e A sy m m etry b etw een

F e e s and P a ym en ts, in W a te r R eso u rces R esea rch , 1966, pp. 615-16; Kamien

M.J., Schwartz N.L. e Dolbear F.T. Jr., A sy m m etry b etw een B rib es and

Charges, in W a te r R eso u rces R esea rch , 1966, pp. 147-57.

(9) Cfr. Kneese A.V., T h e E con om ics o f R eg ion a l W a te r Q u a lity M ana­

gem ent, Baltimore, The Johns Hopkins Press, 1964. Si veda meglio l’edizione

(16)

— 386 —

Nel primo caso è necessario e sufficiente conoscere il livello di scarico, che è un dato facilmente osservabile; nel secondo caso, in­ vece, sostiene Kneese, per calcolare la depurazione attuata è neces­ sario definire per ogni scarico, oltre al livello di inquinamento resi­ duo potenziale, anche quello dell’inquinamento che può essere atten­ dibilmente calcolato solo con onerose analisi sulla unità inquinatrice. Non solo; ma vi possono essere unità potenziali talmente inquinatrici da dover essere eliminate nella situazione ottimale qualora si costi­ tuissero; e coerenza vuole che ad esse venga pagato un premio affin­ ché non entrino nel mercato ; ma come individuare tali unità e il rela­ tivo premio? e come evitare il rischio di imprese che si costituiscano al solo scopo di « vendere depurazione » ?

Argomenti tecnici di tal genere sono sufficienti, secondo Kneese, a negare la pretesa equivalenza dei sistemi giuridici, e in particolare ad invalidare il sistema di controllo basato sui premi alla depura­ zione, prescindendo da ogni giudizio di valore sul sistema medesimo. Per evitare i più paradossali effetti di tale sistema, quelli cioè collegati al premio ad imprese potenziali, Abba Lerner ha proposto di limitare il premio alle imprese già esistenti al momento dell’in­ troduzione della disciplina a favore dell’ambiente, sottoponendo in­ vece le imprese successive all’usuale onere sugli inquinatori (10). Con­ siderata a se stante, la proposta risulta autonoma e di indubbio inte­ resse; ma ai fini della discussione che stiamo svolgendo essa appare come un corollario della tesi di Kneese sull’impossibilità di attivare un sistema generalizzato ed efficiente di premi alla depurazione.

Ma prima di accettare tale tesi, conviene analizzare meglio co­ me operi il sistema dei sussidi; ci si accorgerà allora che, in deter­ minate ipotesi, il sistema può funzionare senza un intollerabile ag­ gravio dei costi di informazione per l’operatore pubblico. Si consi­ deri dunque un’impresa inquinante cui lo Stato offra di pagare un premio s per unità d’inquinamento eliminato. Tale impresa si pro­ porrà di massimizzare la funzione

W = S(9.) - C(e.) con qe = q0 - qr dove:

qe è la depurazione attuata, vale a dire la differenza tra inquina­ mento potenziale q0 e inquinamento residuo qr;

(10) Cfr. Lebneb A., T he 19~1 R e p o r t o f th e P r esid en t’s Council o f E co ­ n om ie A d v is e r s : P r io rities and E fficien cy, in A m erica n E con om ic R ev iew ,

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— 387 —

S(Qt) = s • qe è il premio totale ricevuto;

C(a<) è la funzione del costo di depurazione, che si assume abbia derivata prima positiva e crescente; per semplicità espositiva si suppone inoltre che la parte fissa del costo sia trascurabile. Dalla condizione di primo ordine per la massimizzazione di TF si ottiene che nel punto di ottimo deve essere s = C(a,> dove c(qr) è il costo marginale di depurazione (la condizione di secondo ordine è sicuramente soddisfatta nell’ambito delle ipotesi assunte). Tale rela­ zione indica che sul livello di depurazione, e quindi sul livello di in­ quinamento residuo, influisce solo il valore del premio unitario e non anche il punto di partenza, ossia l’inquinamento potenziale (diverso sarebbe il caso in cui il costo fisso k fosse rilevante: occorrerebbe al­ lora che si verificasse anche TF(Sf> S k, altrimenti l’impresa rifiute­ rebbe il sussidio e non attuerebbe alcuna depurazione) (11).

Per dimostrare ad abundantiam la tesi, si può aggiungere che il premio totale pagato alTinquinatore-depuratore si compone di un premio forfettario accompagnato da un premio negativo, ossia da

una tassa, sull'inquinamento residuo; infatti:

8 = s ■ qe = s • (q0 — ir) = s • io — s • Sri

è evidente allora che l’effetto regolatore è esercitato da tale premio negativo variabile e non da quello positivo forfettario. Si può anzi osservare di sfuggita come tale espressione analitica rappresenti im­ mediatamente il sistema della tassazione (con il livello monetario della tassa | t | = s) quando si ponga q0 = 0.

Si pone ora il quesito: è necessario che il livello di riferimento per il premio sia l’inquinamento potenziale q j La risposta è negativa, poiché la condizione necessaria e sufficiente perché il sistema operi è che detto livello, che definiamo qA , sia tale da rendere valida la re­ lazione :

= B t u - u > Ctt._ tfr) (12)

(11) La tesi in esame è stata già sostenuta da Freeman I I I A.M., B rib es

an d C h a rges: Som e Com menta, in W a te r R eso u rces R esea rch , 1967, pp. 287-

288 e da Lerner A., op. cit., p. 530.

(12) Per una precedente affermazione in tal senso vedasi l’articolo di Freeman, appena citato, in cui si sostiene che la parte forfettaria del sus­ sidio può essere stabilita a « qualsiasi conveniente (o forse arbitrario) valore »

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— 388 —

Occorre e basta, in altri termini, cbe il guadagno netto sulla de­ purazione premiata compensi l’eventuale costo della depurazione non premiata. Ma simile risultato può essere ottenuto, per un dato livello di s, anche con un qA inferiore a q0 . Per esemplificare, nel caso che

G abbia derivata prima crescente linearmente e che non contenga

parte fissa, basta che 1

9.a ^ ' ( l o i r ) + i r >

ossia qA può al limite essere inferiore a g„ di un valore pari alla metà della depurazione (g0 — gr) indotta dal premio unitario s (13). Ciò significa, oltre tutto, che tanto più restrittiva è la politica contro l’in­ quinamento e quindi tanto più elevato è s, tanto più basso può es­ sere qA rispetto a q0 in valore assoluto.

Sul piano operativo il problema si pone in questi termini: fis­ sare qA ad un livello non inferiore al livello minimo, in modo da as­ sicurare il funzionamento del sistema, ma sufficientemente basso da rendere trascurabile il pericolo di un’impresa fasulla che si costituisca per vendere la depurazione (sia detto per inciso che a nostro parere tale pericolo e stato troppo sottolineato da Kneese e Lerner ; non basta, infatti, un guadagno netto sulla depurazione per indurre a costituire l’impresa: occorre che esso copra anche il deficit dell’attività inquinante). Per risolvere il problema dovrebbe bastare conoscere una limitata tipologia di unità inquinanti e di relativi costi di depura­ zione; e ciò implicherebbe un costo di informazioni molto inferiore a quello richiesto da una esatta identificazione del livello di inquina­ mento potenziale di ciascuna unità.

Possiamo dunque concludere sulla controversia in esame come segue: è vero che in astratto il metodo dei sussidi implica un mag­

(13) Tale qA minimo, infatti, risulta dalla relazione:

s ■ (9a — q ,)' — 6 (0r) = - i - • ■ (q„ — q r)

dove C(,r) è, come si è detto, la derivata prima di C, Ma ci„ > = s, e quindi

la suddetta relazione diventa: r

8 • (9U - qr) = S • (q0 - qT) SU = - y - (2. - qr) + qr •

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— 389 —

gior costo di informazione rispetto a quello della tassa, ma in pra­ tica la differenza non sembra rilevante, innanzi tutto perché è con­ cesso un ampio margine di errore nella fissazione dei livello-base da cui parte la depurazione premiata, in secondo luogo perché è comune ai due metodi la necessità di un processo iterativo allo scopo di de­ terminare il livello ottimale del parametro unitario (tassa o sussi­ dio), e simile processo iterativo fornisce gratuitamente alcune infor­ mazioni sulle funzioni di costo di depurazione utili anche per la fissazione dei livelli-base.

Si aggiunga che di fatto i sistemi economici di razionamento do­ vrebbero pur sempre convivere, anche in un contesto di ottimizza­ zione, con un minimo di ordini amministrativi, emanati nei riguardi di quei trattamenti depurativi ai quali viene attribuito un beneficio altissimo oppure che sono noti per aver un costo sicuramente infe­ riore al conseguente beneficio (si potrebbe sempre impiegare il conge­ gno economico, ma esso è reso superfluo, e quindi inutilmente costoso, dalla conoscenza acquisita) ; già tali ordini possono permettere talora di individuare un accettabile livello-base per la depurazione da pre­ miare, e quindi ridurre ulteriormente lo svantaggio tecnico del me­ todo dei sussidi.

4. Ciò che è più importante a fini operativi, tuttavia, non è tanto la possibilità di applicazione autonoma del sistema del sussi­ dio-premio, che si scontrerebbe all’atto pratico con un diffuso giudizio di valore che nega il pieno diritto all’inquinamento, quanto piuttosto la possibilità di combinare il premio alla depurazione con la tassa sull’inquinamento residuo.

Ammesso che sia t la tassa unitaria ottimale, che riduce l’inqui­ namento presso una determinata unità operativa a livello qr cui cor­ risponde un costo marginale di depurazione c{qr), si dimostra imme­ diatamente che identico risultato è assicurato da qualsiasi combina­ zione di e S j, tale che tL + s1 = t — c(qr).

Infatti la funzione da massimizzare diventa:

^ l < „ > = ^ ( Q A - ì r ) *1 ' i r — , - q, )

= si ‘ 0.A ~ s i ' 2r — h ' 9V —

(20)

— 390

La condizione di primo ordine per la massimizzazione di WX(Vr) impone che

— si — h + c(q,) = 0

ossia

si + h = c(q,) ~ t = Oq,)

Il risultato è intuitivo, poiché nel nuovo sistema il costo margi­ nale di opportunità dell’inquinamento — da contrapporre al bene­ ficio marginale rappresentato dal risparmio di c — è composto dal pagamento di tx e dalla perdita di s , , la cui somma si è posta per ipotesi uguale alla tassa ottimale (o al sussidio ottimale).

5. Il sistema combinato tassa-premio apre interessanti prospet­ tive in tema di efficiente tutela dell’ambiente, collegata ad una redi­ stribuzione finanziaria all’interno del settore inquinante.

Per studiare tali prospettive, adottiamo come punto di partenza la versione dell’intervento a protezione dell’ambiente illustrata da Baumol. Supponiamo dunque che in un certo ambiente si versino n scarichi di una sostanza inquinante additiva (ad esempio, una so­ stanza chimica indecomponibile) e che l’inquinamento ambientale q sia misurato e controllato ad un certo punto critico rispetto al quale sia irrilevante la collocazione spaziale dei singoli scarichi.

Supponiamo ancora, con un’ipotesi realistica, che l’operatore pub­ blico possa conoscere in modo attendibile la funzione aggregata del costo marginale di depurazione per l’inquinamento complessivo, la quale risulta dalla somma orizzontale delle singole e sconosciute fun­ zioni di costo individuali (14).

Avendo deciso, in sede di decisione politica, che l’ambiente non deve avere più di qr di inquinamento, si identifica il costo marginale di depurazione Cqr) che corrisponde a tale livello. Tale costo dovrà essere uguale presso tutte le unità inquinatrici, per assicurare la mi­ nimizzazione del costo totale per l’intero sistema, e ciò si può otte­ nere ponendo uguale a c ^ la somma della tassa e del sussidio unitari, secondo quanto dimostrato in precedenza. In piu si pone ora il

vin-(14) Non c’è contraddizione tra l’ipotesi di conoscenza della funzione ag­ gregata e quella di ignoranza delle funzioni individuali: la prima può essere stimata, con un’approssimazione sufficiente a fini operativi, mediante indagini statistiche campionarie, la cui effettuazione è, allo stesso tempo, possibile ed essenziale nell’ambito di qualsiasi schema di regolazione dell’inquinamento,

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391 —

colo redistributivo, secondo cui la tassazione deve dare un fondo esat­ tamente uguale all’ammontare dei premi erogati.

Noi possiamo pensare ad una prima versione di questo metodo di intervento che permette un perfetto automatismo del sistema e ad una seconda versione che postula invece interventi discrezionali. Le illustriamo entrambe, senza giudicarne per il momento le reali possibilità applicative.

La versione « automatica » consiste nello sdoppiare il sistema, effettuando prima la regolazione mediante tassa e poi, partendo dai risultati di questa, la regolazione mediante premio, sempre sotto il vincolo di perfetta redistribuzione. Per chiarire, si immagini che sia stata posta una certa tassa unitaria t che riduce l’inquinamento to­ tale al livello qt (con qt = g<); a questo punto l’operatore pub­ blico misura i livelli individuali di inquinamento così raggiunti ed offre un premio unitario s per ogni ulteriore riduzione a partire da quei livelli; alla fine la tassa totale effettivamente pagata dai singoli inquinatori non sarà più commisurata agli iniziali livelli di tipo q\ ma ai livelli qlr che si verificano dopo che il sussidio ha operato. Oc­ corre dunque determinare t, s, qt in modo da rispettare il vincolo distributivo e da fornire il risultato finale qr = q\.

Il modo di operare del metodo in esame è illustrato in fig. 1, con riferimento a due inquinatori. In termini algebrici il sistema da risol­ vere, che risulta determinato, è il seguente :

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— 392 —

Per meglio comprendere come si è arrivati a determinare il si­ stema, conviene osservare che tutti i valori di inquinamento e di costo di depurazione che figurano in esso si riferiscono ad un’unica fun­ zione che si è supposta nota, precisamente alla funzione aggregata del costo marginale di depurazione. Rispetto ad essa c’è una sola coppia di t e s che assicura il livello complessivo di inquinamento desiderato, rispettando il vincolo distributivo; inoltre, dato che essa è nota, è possibile calcolare il livello di q„ che è la base di partenza nel calcolo dei sussidi. Ora, poiché tale funzione è la somma « oriz­ zontale » delle funzioni individuali

(<hc) = 2 (e)),

i=l

è garantito che il risultato su di essa ottenuto vale anche per l’insieme degli inquinatori.

A ben vedere, si tratta di un tâtonnement sui generis, con i livelli

q\ che rappresentano valori virtuali: l’operatore pubblico fa da ban­

ditore-verificatore e da cassa di compensazione, senza alcun potere decisionale.

Per introdurre ora la seconda versione dell’intervento, quella che prevede decisioni discrezionali dell’operatore pubblico, si immagini che questi abbia calcolato i valori ottimali di t e s secondo la versione precedente ma che ora voglia trattenere presso l’erario parte della somma ricavata con la tassazione, sempre però raggiungendo una configurazione efficiente. Simile risultato è possibile perché, per in­ durre un inquinatore a depurare, basta pagare la depurazione a par­ tire da un livello di riferimento inferiore a quello potenziale; nel caso specifico per indurre l’f-mo inquinatore, sottoposto alla tassa t, a pas­ sare da q] a qlr non è necessario che il livello base per il premio sia q[\ esso può essere un valore arbitrario q\ < q\ tale che

* • t ò - il) > C W -ì.o

A livello aggregato pertanto basta al limite riservare per l’ero­ gazione dei premi la somma

s ‘ {<La - ?r) =

mentre resta all’erario la somma

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— 393 —

Un’efficiente distribuzione della somma, però, presuppone la co­ noscenza di tutte le funzioni di costo individuali, mentre è proprio la mancanza di simile conoscenza che giustifica il ricorso all’automa­ tismo dei congegni economici. Il caso limite appena descritto non ha quindi rilevanza empirica.

Ma si immagini che l’operatore pubblico rinunci a parte, o ad­ dirittura a tutta la somma che intendeva trattenere per l’erario (e nulla vieta di estrapolare il caso fino a contemplare un’uscita netta dall’erario a favore degli inquinatori). Lo spazio di manovra diventa allora più ampio per l’operatore pubblico che può procedere alla di­ stribuzione dei premi senza molti timori di violare il limite di errore concesso, ossia di erogare alcuni premi insufficienti a far funzionare il sistema. Le sue decisioni, poi, non devono necessariamente essere sempre numerose quanto le unità inquinatrici : queste ultime possono spesso essere convenientemente raggruppate in un numero limitato di classi, ad esempio, per dimensione, per territorio, ecc., riducendo in corrispondenza anche le decisioni sul valore di riferimento q‘A e per­ mettendo inoltre di collegarle a qualche parametro, quale, appunto, il territorio o la dimensione, che appare significativo per la più vasta politica economica e sociale.

Il tipo di intervento discrezionale appena illustrato ha mero va­ lore esemplificativo, poiché — dato che il sistema è per definizione analiticamente indeterminato — si possono immaginare infiniti modi di determinazione esogena delle variabili in gioco.

6. Quanto sin qui detto costituisce un’analisi euristica, con al­ cune digressioni sulla rilevanza empirica dei problemi e sulla fatti­ bilità delle soluzioni, ma senza una valutazione di merito sulla bontà delle soluzioni stesse. In sede di conclusioni ci sembra ora doveroso fornire, seppure in via di prima approssimazione, una valutazione del genere. È da premettere che in linea generale siamo favorevoli alla tassazione dell’inquinamento, anche se in un precedente lavoro ab­ biamo cercato di « smitizzare » tale sistema, mostrando come in al­ cuni casi una diretta regolamentazione amministrativa possa essere altrettanto efficiente con costi di controllo inferiori (15). Il problema

(15) Vedi Muraro G., A n ti-P ollu tion P o lic y and C ost A llo c a tio n : T h e Issu es in P ra ctice, in O.E.C.D., P rob lem s o f E n viron m en ta l E con om ics, Paris,

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394

è che l’operatore pubblico sta seguendo tutt’altre vie, sotto la spinta delle più svariate pressioni (da quelle dell’industria ostile alla tassa­ zione a quelle della burocrazia favorevole alla regolazione ammini­ strativa e a quelle di settori e/o territori in crisi che invocano aiuti) ; si osserva così che nella maggioranza dei casi sono stati dettati pre­ cisi standards per gli scarichi, vuoi uniformi — ignorando quindi la differenza nei costi di depurazione delle varie unità inquinatrici — vuoi differenziati — tenendo conto di tale differenza in modo molto grossolano e comunque attivando una procedura di autorizzazione lunga e costosa — ; e che nei rari casi in cui è stata messa in opera qualche forma di tassazione, vedi la Francia e l’Olanda, questa è ac­ compagnata da un sistema di contributi parziali alle spese di depu­ razione che sono fonte di distorsioni (privilegiando, ad esempio, la depurazione in senso stretto rispetto al mutamento delle tecniche pro­ duttive, e le tecniche depurative con forti costi fissi rispetto a quelle con prevalenti costi di esercizio) (16).

È in simile contesto che ha senso proporre uno schema combi­ nato di tassa e di sussidio. Esso, infatti, appare capace di realizzare quel piccolo progresso che R.N. McKean ha definito come « il passag­ gio dall’esistente ottimo di ennesimo grado ad un ottimo di (n — l ) mo grado », e che, a detta dello stesso autore, è spesso l’unico risultato realistico che gii economisti si possano proporre.

La proposta è specialmente pertinente nei casi in cui la redistri­ buzione rappresenta una scelta politica ormai compiuta ma viene at­ tuata in modo inefficiente, ossia in Francia e in Olanda. Per quanto riguarda in particolare il caso francese, si noti che già esiste una struttura organizzativa, l’Agenzia di Bacino, che riunisce gli inqui­ natori dell’acqua di fronte all’operatore pubblico per una decisione concordata sull’ammontare della tassa e sulla redistribuzione dei fondi sotto forma di contributi alla depurazione; in tale situazione, pertanto, si può pensare ad un’accettabile applicazione addirittura dello schema automatico del tâtonnement (ovviamente sempre che non prevalgano considerazioni equitative che conducano a discriminazioni politiche tra gli inquinatori, il che però non sembra essersi finora ve­ rificato in Francia, dove la gestione delle acque appare prevalente­ mente ispirata da esigenze di efficienza).

(16) Per un’estesa analisi delle esperienze francese ed olandese si veda

Barde J.P., E ssa i d’a n a lyse du p rin cip e P o llu eu r-P a y eu r à p a rtir d’ étu des de cas, O.E.C.D., Paris, 1972, (ciclostilato, n.o. A E U /E N V A.72.6 del 18 di­

(25)

— 395

Negli altri casi lo schema in esame, nella sua variante discrezio­ nale, può rappresentare un accettabile punto di incontro tra la cor­ rente pratica amministrativa e le inascoltate proposte di tassazione : giova ripetere che ci sarebbe comunque un progresso poiché in tale schema, a differenza del sistema degli standards alle emissioni, le de­ cisioni pubbliche riguarderebbero dei semplici valori di riferimento, che non precluderebbero il raggiungimento dell’esito ottimale.

Gil b e r t o Mu ra r o

Incaricato di Economia Applicata

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REDDITO D ’IMPRESA E IM PRENDITORE COMMERCIALE (*)

I.

1. Secondo Pari. 51 D .P.R . 29 settembre 1973, n. 597 è reddito di impresa « quello che deriva dall’ esercizio di imprese commercia­ li ». Sembrerebbe pertanto che sia accolta — per la definizione del reddito di impresa — la nozione di imprenditore commerciale seguita dall’art. 2195 il cui disposto è infatti richiamato nel I I comma del medesimo art. 51. Ma non è interamente così. Secondo quest’ ultima disposizione « per esercizio di imprese commerciali si intende l ’ eser­ cizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali di cui all’art. 2195 anche se non organizzate in forma di impresa ».

Va osservato anzitutto che la legge fiscale specifica, meglio della legge civile, la nozione di professionalità dell’imprenditore, aggiun­ gendo alla parola « professionale » l’aggettivo « abituale », ma con la specificazione « ancorché non esclusiva », del resto secondo le precisa­ zioni accolte dalla dottrina commercialistica (1) nell’interpretazione degli artt. 2082, 2195 cod. civ. La legge fiscale non affronta il pro­ blema se per aversi esercizio di impresa commerciale debba esistere lo scopo di lucro, ma considera direttamente se c’ è o no un reddito. Ora il « possesso di un reddito, in denaro o in natura » (art. 1 D .P.R. n. 597) costituisce il fatto imponibile, ma non può essere qualifi­ cante l ’impresa commerciale, poiché detto reddito può essere conti­ nuativo od occasionale e l ’ imposta lo colpisce, indipendentemente dalla circostanza che l’ imprenditore commerciale si fosse prefisso o meno lo scopo di lucro.

La considerazione tributaria dunque non incide perciò, a mio avviso, sulla soluzione civilistica della questione (2), con l’avvertenza

(*) Questo saggio, destinato ad una raccolta di studi in onore di Sal­ vatore Pugliatti, riprende e svolge idee esposte ad un Convegno, organizzato a Roma dal Banco di Roma, il 10-12 dicembre 1973.

(1) Per la quale v., ad es., Ferrara, Gli im p ren d itori e la società , 3* ed., (1971), p. 40.

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peraltro che il D .P .R . 29 settembre 1973, n. 598, dopo aver elencato i soggetti passivi dell’ imposta sulle persone giuridiche, specifica, al- l’art. 19, che gli enti pubblici e privati non aventi per oggetto esclu­ sivo o principale l’esercizio di attività commerciale, sono tassati con la predetta imposta per il reddito complessivo formato, oltre che dai redditi fondiari o di natura fondiaria, dai redditi di capitale, anche « dai redditi derivanti dall’esercizio anche occasionale di attività

commerciali, ovunque prodotti e indipendentemente dalla loro desti­

nazione ». In questo modo si assume come reddito di impresa com ­ merciale il reddito conseguito da chi non è imprenditore commer­ ciale (3).

A l fine di giungere a questo risultato, lo stesso comma dell’arti­ colo 51 cit. considera, come s’è visto, reddito d’impresa pure quello conseguito attraverso attività commerciali (ai sensi dell’art. 2195) « anche se non organizzate in forma di impresa ». In altri termini, è considerato reddito di impresa anche quello prodotto da soggetti che non sono imprenditori, se è vero che la mancanza dell’organiz- zazionè fa venir meno la stessa impresa (4). In questo modo il legi­ slatore tributario mostra da un lato di attribuire al fattore organiz­ zativo un valore determinante per la nozione di impresa, secondo la prevalente dottrina commercialistica, ma dall’altro estende la no­ zione di reddito di impresa anche alla ipotesi in cui non si ha im ­ presa e perciò considera, in definitiva, imprenditore chi esercita pro­ fessionalmente un’attività economica, diretta alla produzione di beni o di servizi, anche se non esiste un’ organizzazione, in tal modo giun­ gendo a risultati simili a quelli cui è pervenuta una parte della dot­ trina commercialistica che ha negato l ’ esistenza del requisito dell’or-(3) Si ricordi che, rispetto agli enti pubblici, il Mossa, T ra tta to dir c o m m ,

n. 250, aveva prospettato la figura dell’imprenditore commerciale, non com­ merciante. Questa formula può rappresentare il fenomeno, di cui anche oltre nel testo, di sottoposizione di certo soggetto alla tassazione di un reddito di impresa, anche se non esiste un’impresa commerciale, in modo di colpire tutti i redditi, anche se essi non si inquadrano in alcuna delle categorie stabilite dalla legge.

(4 ) ^ V. sul punto Oraziani, M anu ale di d iritto com m ercia le, 6“ ed. (1961)

p. 17. L’espressione di attività « organizzata in forma di impresa » si' ritrova nell art. 2238 cod. civ. per l’ipotesi di esercizio di una professione, su cui v. Asquini, P rofili d ell’im presa, in R iv . dir. com m ., 1943, I, 7 ; che poi l ’azienda

costituisca un elemento essenziale dell’impresa è controverso (v. Casanova L e im p rese com m erciali, p. 76 e nota 5), anche perché la nozione di azienda viene talora dilatata fino a comprendere il lavoro altrui o addirittura la destinazione unitaria di mezzi finanziari all’esercizio di un’attività. D ’altra parte è stato posto in evidenza che intanto un complesso di beni assurge ad azienda, in quanto sia unificato dall’attività organizzatrice dell’imprenditore

(Ferri, M anu ale d ir. com m ., p. 26).

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ganizzazione o meglio facendo coincidere quest’ ultima con la profes­ sionalità (5), e perciò con l’autoorganizzazione del lavoro autonomo.

È da chiedersi, a questo punto, se ed in quale modo l’ organizza­ zione « in forma di impresa » debba estrinsecarsi, perché l’ organizza­ zione stessa acquisti un rilievo giuridico, anche ai fini fiscali. Ed a questo effetto, non mi pare che si possa fare capo all’ iscrizione nel registro delle imprese dato che per l ’art. 100 disp. attuazione cod. civ. l ’ obbligo dell’iscrizione nei registri della cancelleria (in seguito alla mancata attuazione del registro delle imprese) è previsto, ri­ spetto all’imprenditore individuale, solo rispetto ad alcuni atti tipici ed è previsto in misura più generale rispetto agli « atti e fatti », con­ cernenti le società.

È pure da dubitare che siano sicuri elementi di esteriorizzazione dell’impresa l’ esistenza di locali di esercizio, l ’ uso di una ditta, nel senso dell’art. 2563 (potrà infatti bastare il solo cognome) ; mentre sembra necessaria quanto meno l’ esistenza di collaboratori od ausi­ liari, in quanto l’ impresa è fondata proprio sul principio della colla­ borazione (arti. 2086, 2094 cod. civ), il che implica una diversifica­ zione di lavoro e perciò l ’adozione di procedimenti del lavoro con la conseguente eventuale adozione di congegni appositi, di macchine, di attrezzature ecc.

Un elemento dell’impresa, e quindi dell’ organizzazione in forma di impresa, è costituito dall’ esercizio dell’attività in nome dell’ im­ prenditore il quale si assume perciò i rischi dell’impresa stessa, tal­ ché il di lui patrimonio risponde nei confronti del fisco delle obbli­ gazioni derivanti dall’esercizio dell’impresa o di quelle attività che sono equiparate dalla legge tributaria, ad attività imprenditoriale. Vedremo (n. II) che questa regola ha un’importante deviazione ri­ spetto a quelle società di persone in cui il reddito (di impresa) è ri­ ferito ai soci, anche se il presupposto unitario per l’ imposizione si ve­ rifica nei confronti della società stessa ; in altri termini l ’autonomia patrimoniale di quelle entità, che ha conseguenze rilevanti nel di­ ritto civile, non ne ha rispetto al tributo sul reddito delle persone fisiche (v. artt. 2268, 2304 cod. civ.), mentre ne ha rispetto all’ ILOE

(art. 2 D .P.E . 29 settembre 1973, n. 599).

Uno spostamento della responsabilità si verifica anche in altre ipotesi (che vedremo sul II) con l ’estensione della responsabilità in

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399 —

capo ad un soggetto (capo-famiglia) per redditi di impresa percepiti da membri della famiglia.

2. Torniamo ora al I I comma dell’art. 51 la cui « ragion fi­ scale » è di raggiungere con l’imposizione sul reddito soggetti che svolgono attività produttive di beni o di servizi, senza essere organiz­ zati ad imprese anche se non rientrano nelle figure tradizionali del lavoro autonomo.

La disposizione va messa in rapporto con l’art. 49 il cui I I com ­ ma mi pare abbia già il fine di colpire tutte le attività che non rien­ trano nei redditi di impresa e nei redditi fondiari, nonché con l’arti­ colo 76 ; entrambe le disposizioni concernono attività variamente ri- ferentisi a quelle indicate nell’art. 2195, svolte senza l ’ organizzazione di una impresa.

A llo stesso fine, proprio di ogni disposizione a carattere resi­ duale, si indirizza anche il terzo comma dell’art. 51 per il quale si « considerano commerciali se organizzate in forma di impresa », « le

attività di prestazioni di servizi a terzi », non rientranti nell’art. 2195

cod. civ. Non è facile ipotizzare attività di prestazioni di servizi che non possano essere riportate a una di quelle indicate nei nn. 1, 2, 3, 4, e 5 deli’art. 2195, ma che tuttavia siano « organizzate in forma di impresa » e che cioè non sono imprese commerciali, non già per mancanza di organizzazione, bensì per la natura dell’attività pre­ stata.

In questi casi l’organizzazione d’ impresa attrae la qualificazione del soggetto tra gli imprenditori commerciali, anche quando manchi il requisito dell’attività specifica indicata dalla legge civile.

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— 400

l ’immobile affittato, ma si estendono alla pulizia dei singoli alloggi, alla stiratura e lavatura di biancheria, al ristorante, allora si ha un reddito d’impresa, poiché il proprietario offre utilità in più anche se non derivano dall’ organizzazione ad impresa giusta l’art. 2195.

Non si può dire peraltro che il II e il I I I comma dell’art. 5 in­ troducano nell’ ordinamento una nozione di imprenditore « fiscale » che diverge dall’imprenditore civile. Quelle disposizioni allargano ai soli fini fiscali le categorie di soggetti assimilati agli imprenditori commerciali striato jure civili. In relazione alla produzione di una utilità nuova che consegue da un’attività produttiva, anche se non può essere qualificata come attività di impresa commerciale.

In proposito è da rilevare una differenza tra il I I e il I I I comma dell’art. 51, poiché in quest’ ultimo si ha una pura e semplice equi­ parazione all’imprenditore commerciale di chi non lo è, sempre che quest’ ultimo soggetto ponga in essere un’ organizzazione « come se » fosse imprenditore commerciale, purché svolga un’attività di presta­ zioni di servizi a terzi, anche se tali prestazioni non rientrano in quelle indicate nell’art. 2195 cod. civ. Rispetto al II comma dell’ar­ ticolo 51 invece si intende come « esercizio di imprese commerciali » anche se l ’esercizio di attività commerciali di cui a ll’art. 2195 « non è organizzato in forma di impresa », e cioè anche se manca l ’elemento saliente per l ’esistenza dell’impresa.

Nel primo caso, si pone l ’accento sul fattore « organizzazione » per qualificare come produttive di reddito d’impresa attività che non rientrano fra quelle « commerciali », ai sensi del codice civile. Nel se­ condo caso, al contrario, sono considerati come soggetti passivi del­ le imposte sul reddito d’impresa soggetti che svolgono attività com­ merciali, anche se non organizzate « in forma di impresa » La nor­ ma tributaria, in altre parole, si preoccupa di colpire formazioni di reddito, anche se non sono prodotte da imprenditori commerciali, bensì da soggetti che esplicano attività « obiettivamente commercia­ li » (si sarebbe detto una volta) che esplicano attività civili (per così dire) però nella forma di organizzazione ad impresa.

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