L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Alino X X V III - Y ol. X X X II
Firenze, 16 Giugno 1901
» . 1415
IN D IZ I D I M O V O IN D IR IZ Z O
nella politica generale italiana
Osiamo appena fondare qualche languida speranza sopra alcuni fatti che, se veri, denote rebbero che il Re non solo ha propri concetti e convincimenti sull’ indirizzo che bisogna dare al paese, ma non trascura alcuna occasione per far conoscere il proprio pensiero.
E in questi giorni, in cui la nascita di una figlia ha, non solo allietata la reggia, ma anche raccolte intorno ad essa le manifestazioni festose della grande maggioranza della nazione, sembra che si ripeta quello stesso senso di fiducia che già si è notato al primo significantissimo discorso, che il giovane Monarca disse al Parlamento, nella occasione in cui giurò fede allo Statuto.
E ’ molto difficile appurare se e quanto le frasi ed i pensieri che si attribuiscono al Re in questi ultimi giorni sieno veri e fino a che punto sieno veri; ma è già di per sè un sintomo con fortante oltre ogni dire, che quelle frasi e quei pensieri gli sieno attribuiti, imperocché da una parte dimostrano sempre quali sarebbero le spe ranze ed i desideri, dall’ altra provano che si r i tiene verosimile che il Sovrano si metta in quel- T ordine di idee.
E veramente non è possibile che chi trovan dosi a capo dello Stato ed in posizione tale da poter giudicare senza passione gli avvenimenti parlamentari, di fronte specialmente al paese, non avverta la sistemazione artificiosa che si è creata e si va mantenendo.
I nostri lettori lo sanno già, noi non siamo
a priori teneri per nessun ministero ; ma combat
tiamo e lodiamo gli atti che i ministeri compiono, senza curarci delie persone da cui sono compiuti. In questo momento, ad esempio, non possiamo che dolerci della tiepidezza colla quale sono mandati innanzi quei provvedimenti finanziari, che dovevano essere la principale ragione di esi stenza del ministero Zanardelli. Ma d’ altra parte dobbiamo anche convenire che fu il contegno inabile della stessa Opposizione quello che, a poco a poco, rese possibile non solo,, ma relativa mente non difficile, la vita del Ministero, anche indipendentemente da quelle proposte di rifor ma tributaria che dovevano essere il suo pun tello.
Sono ormai mesi e mesi che i conservatori assordano inutilmente il paese colle grida più
scomposte, pei'chè il Ministero vive coi voti della Estrema Sinistra, la quale rappresenta i partiti popolari ed è, per la maggior parte — due terzi circa — non monarchica, o perchè socialista, o perchè repubblicana.
Dapprincipio si diceva di temere che questa alleanza fosse causa delle agitazioni delle molti tudini lavoratrici, specie le rurali, e che tali agi tazioni dovessero rinnovare i disordini del 1894 e del 1898. Poi, visto che l’atteso fatto di san gue non veniva a confortare dell’attributo di pro feti gli oppositori, si disse che era l’ Estrema Sinistra quella che manteneva l ’ordine pubblico e non il Governo, e parve a molti che questo fosse un vero delitto costituzionale.
Ma anche superficialmente ragionando, c o loro che sono in buona fede, debbono riconoscere che se la politica seguita dal ministero e la sua alleanza colla Estrema Sinistra danno per effetto che le classi lavoratrici, mediante le leghe e gli scioperi, arrivino a migliorare, anche solo un poco, la loro situazione economica, quasi senza bisogno che la forza pubblica intervenga a man tener l’ordine, ma colla semplice suggestione che bisogna non provocare disordini ; questo stesso fatto è tale da rallegrare ogni buon citta dino e da metterlo in conto di un grande merito per il ministero che ha raggiunto questo eccel lente risultato.
Il recente tentativo del ministero Saracco di usare l’arbitrio contro le classi lavoratrici, ha prodotto un disastro morale per il Governo così evidente, che la grande maggioranza dei conser vatori ebbe parole severe di biasimo. Non avrebbe potuto quindi il ministero attuale seguire quella linea di condotta già condannata dal Parlamento, ed il suo vero ufficio, anche considerato nel senso più strettamente politico, era quello di mante nere l’ordine in modo rigoroso.
Che questo mantenimento dell’ordine gli sia reso più agevole perchè la Estrema Sinistra ha interesse a non dar argomento a che la vita del ministero sia turbata, non vi è dubbio ; ma non vi è ragione di addolorarsene, se cosi si sono ot tenuti tranquillamente degli assestamenti econo mici, di cui tutti, o quasi tutti, riconoscono la ne cessità e la giustizia.
356 L ’ E C O N O M IS T A
16 giugno 1901 denza che, lasciate le parti contendenti a discu
tere tra loro i loro interessi, senza l’ intervento della forza dello Stato a favore di una sola delle parti e per di più di quella abbiente, le questioni si risolvono più o meno presto, su una base di sufficiente giustizia; perchè da nessuna parte viene segnalato che le classi lavoratrici abbiano ottenuto vantaggi esorbitanti, ecces sivi, tali da costituire un’ altra forma d’ ingiu stizia.
Adunque dal lato politico e dal lato econo mico la alleanza della Estrema Sinistra col' mi nistero ha portato dei vantaggi veramente note voli ed importanti. Potrà è vero essere lamentato che un partito, il quale sostiene i Ministri nomi nati dal Re, colle assenze collettive ed ostentate nella occasione di recenti adunanze della Camera o dei ricevimenti al Quirinale, abbia dichiarato pubblicamente i suoi sentimenti non monarchici ; ma, prima di tutto, queste sono questioni di sem plice forma, le quali hanno un significato molto re lativo, e poi non si può certo accusare la Estrema Sinistra, tranne forse qualche isolata individua lità, di discutere le questioni di politica interna ed estera dal punto di vista antimonarchico.
Del resto, vogliamo osservare, che il gio vane Monarca, al quale pare che qualche ze lante abbia tentato di far comprendere il pericolo che potevano correre le istituzioni per questa tolleranza che la Corona accordava al Ministero, alleato a partiti dichiaratisi antimonarchici, — il giovane Monarca, ci dicono, abbia risposto, non solamente quello che i giornali hanno ri portato, ma ben di più.
A ll’ onorevole di parte moderata che segna lava il pericolo, e riferiva i sinceri timori dei suoi amici, il Re avrebbe fatto osservare che in molte città d’ Italia il partito monarchico moderato era alleato strettamente ai clericali, che sono nemici dichiarati della monarchia, non solo, ma anche della unità della patria, e che sono ben più forti, ben più accaniti, ben più tenaci dei partiti sov versivi.
E tra i due, avrebbe lasciato intendere il Ite, se dovessi scegliere.... si capisce che sono giovane ...
Tale colloquio sarebbe avvenuto alcuni giorni or sono ; ma se fosse avvenuto oggi, il Re avrebbe potuto ricordare al zelante deputato che soli 34 consiglieri del Comune di Roma sono andati a visitarlo, che 32, e sono 32 fino a qui alleati dei moderati, sono rimasti a casa precisamente co me molti deputati della Estrema Sinistra non an darono al ricevimento del Quirinale.
Nè certo il Re avrebbe potuto nascondere il suo stupore che nelle attuali condizioni finan ziarie^ la parte che si dice conservatrice abbia una linea di condotta negativa colla questione delle più modeste riforme tributarie.
Tutti questi sono certo piccoli sintomi, ap pena indizi di un nuovo indirizzo nella politica generale; ma è così grande il bisogno di rinno vare questo edilizio così male costruito, è così manifesta la impotenza dei vecchi partiti a fare qualche cosa che abbia anche solo la apparenza di miglioramento, e infine così grande il deside rio di vedere che si comincia ad instaurare la giustizia tra le cl ssi sociali, che ogni più piccolo
indizio infiamma gli animi e desta le speranze che erano perdute.
E se è vero che il Re mira ad entrare co- raggiosamente in una nuova via e senza disprez zare l ’ opera di nessuno sente che il suo posto è quello di essere avanti a tutti senza timore alcuno non possiamo che augurargli la forza e la te nacia necessaria per vincere le resistenze e per pi'ocedere fidente e sicuro verso la meta desiata.
L'ESERCÌZIO
ecmoiico
delle
ferrovie
s u lle tre g ra n d i re ti.Nella seduta del 29 maggio u. s. è stata presentata alla Camera la relazione dell’ on. De Nava sul disegno di legge, già approvato dal Se nato fin dal 30 gennaio u. s., per l’ esercizio eco nomico di ferrovie a traffico limitato, comprese nelle Reti Mediterranea, Adriatica e Sicula. Pur avendone discorso altre volte, crediamo utile di esaminare la relazione De Nava, perchè si tratta di questione del maggior interesse anche fina- ziario e di importanza economica e sociale, specie per certe località dove, presumibilmente, stante la limitazione del traffico, verrà introdotto il si stema dell’ esercizio economico.
Col disegno di legge di cui ci occupiamo il Doverno chiede al Parlamento la facoltà di at tuare nell’ amministrazione delle ferrovie un im portante esperimento, dai cui buoni risultati po tranno eventualmente conseguirsi non spregevoli benefici economici e finanziari.
L ’ esperimento si riduce in sostanza a que sto : diminuire nelle strade ferrate di scarso traf fico e di scarso prodotto, ove 1’ esercizio è spesso passivo, diminuire, in coteste strade ferrate, al massimo possibile, per quanto consentono la re golarità e la sicurezza del servizio, tutte le spese dell esercizio. Per converso, e per compenso, rendere assai meno costoso il prezzo del tra sporto e più facile, più frequente, più accessi bile il trasporto medesimo.
E questo un punto che merita la maggiore attenzione perchè sarebbe un grave errore il cre dere che l’ esercizio economico delle ferrovie sia suggerito soltanto dal desiderio di scemare le spese di esercizio, di resecare sugli oneri che incombono alle compagnie esercenti.
16 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 357 traffico limitato. Difetto questo che risale alla
legge del 1865 sui lavori pubblici, consacrato di poi nelle convenzioni del 1885.
In altri paesi invece si attuò su vasta scala per le ferrovie secondarie uti esercizio meno fa stoso, più spedito, più industriale, più rispon dente al fine che si vuole conseguire. In Italia l’esercizio economico se fu argomento di studi e di proposte non ebbe per quel che riguarda le linee dello Stato alcun principio di attuazione fino ai primi del maggio di quest’ anno in cui un primo esperimento, in forza di una legge spe ciale, si è tentato sulle strada ferrata Bologna- San Felice. Il 27 dicembre 1896 fu, è ben vero, emanato finalmente, dopo lunga attesa, la legge sulle tramvie a trazione meccanica e sulle fer rovie economiche disciplinante con speciali norme l’ esercizio di questa specie di strade ferrate. Ma la legge intendeva riferirsi alle ferrovie econo miche concesse ai privati e da essi esercitate, non alle ferrovie dello Stato ; tanto che all’ ar ticolo 37 fu disposto nel seguente modo : E fatta facoltà al Governo di accordare a ferrovie eco nomiche già esistenti e ad altre ferrovie pubbli che l’applicazione, in tutto o in parte, delle norme d’ impianto ed esercizio ed altre facilitazioni am messe con la presente legge.
Senonchè, tale facoltà a cui non corrispon deva alcuna disposizione circa la diminuzione delle tariffe, che rappresenta il coefficiente indi spensabile di uu vero esercizio economico, restò lettera morta, in quanto chè data la esistenza di vincoli contrattuali approvati per legge, ai quali è costretto il nostro esercizio ferroviario qualsiasi innovazione ha bisogno di una sanzione legislativa.
E così il Governo, quando gli studi furono maturi ed ebbe presi accordi in massima con le Società esercenti, presentò il 19 novembre 1899 un primo disegno di legge, che non potè essere discusso. Dopo questo progetto del ministro La cava si ebbe quello del Branca che provvide al- l’ esercizio economico della linea Bologna-San Felice. Questo disegno speciale di legge rappre senta il modello, se così può dirsi — scrive il re latore — dell’ altro disegno di legge d’ indole generale che fu ripresentato dal ministro Branca prima al Senato e poi, da questo approvato, alla Camera nella seduta del 1° febbraio ultimo scorso.
E’ bene notare che l’ esperimento della B o logna-San Felice riuscì perfettamente; si tratta però di una ferrovia a trazione elettrica e di un esperimento ancora troppò breve.
Or bene, il disegno di legge ora in esame contiene otto articoli che trattano deile modalità dell’ esercizio, delle tariffe e delle tasse. Quanto alle modalità dell’ esercizio, dopo aver prestabi lito il limite entro cui l’ esercizio economico può attuarsi restringendone l ’applicazione alle soie
linee o fratti di linee di carattere locale aventi un prodotto lordo medio non superiore, a lire 10 mila annue per chilometro e alle linee a tra zione elettrica, il disegno di legge non impone,
ma consente al Governo la facoltà di procedere gradatamente all’ esperimento economico, stabi lendo che l’ applicazione del regime economico debba essere volta per volta autorizzato con de
creto reale, dopo il parere di tutte le ammini strazioni competenti.
Le modalità dell’ esercizio non sono indicate tassativamente nella legge, esse saranno determi nate, linea per linea, come richiede appunto lane- cessità di aver riguardo alle condizioni di cia scuna linea e alla natura del traffico, caso per caso.
Si conoscono, del resto, le modalità di un esercizio economico e sono queste : riduzione del personale delle stazioni, concentrando in un solo la direzione di ogni linea, o di un gruppo di linee, che perciò avrebbe quasi, un servizio autonomo; migliore, e più intensa utilizzazione del materiale mobile; riduzione delle classi a due, limitazione del servizio di vigilanza, per quanto consente la sicurezza dell’ esercizio; istituzione dei treni leg geri, i quali permettono di non interporre un carro tra il motore e la prima vettura, di dimi nuire il personale del treno e di sopprimere oc correndo il fuochista, applicazione del telefono invece del telegrafo, ecc.
Non tutte queste modalità saranno e potranno essere attuate per ciascuna linea, e tanto meno potranno tutte applicarsi fin da principio. Ecco perchè secondo l’art. 2 spetta al ministro dei la vori pubblici di determinare le modalità e le con dizioni tecniche dell’ esercizio, stabilendo il tipo del materiale, la velocità dei treni, ecc.
L'on. De Nava osserva che « c’è qualcuno il quale si è preoccupato che l’ esercizio economico sarà attuato quasi esclusivamente in una regione d’ Italia (la meridionale), la quale finirebbe per essere quasi condannata ad un esercizio deficiente in confronto ad altre regioni. » Egli osserva, a questo proposito, che non è esatto che le linee con un prodotto inferiore a lire 10 mila, e di ca rattere locale sieno quasi esclusivamente nella regione meridionale. Ma ciò che conviene poi as solutamente rifiutare è il concetto di reputare l’ esercizio economico un esercizio deficiente.
L ’esercizio economico dev’essere un esercizio meno costoso, meno fastoso, meno appariscente, meno produttivo di impiegati; ma per natura sua dev’ essere ed è, anzi che deficiente, più utile, più accessibile, più conveniente per il commercio e la generalità del pubblico, e più specialmente poi per quel pubblico che deve servirsi delle fer rovie d’ interesse locale, piccoli agricoltori e com mercianti, contadini, operai.
Se così non lo intendessero l’amministrazione ferroviaria italiana e le società esercenti che do vranno attuarlo sotto la immediata vigilanza del Governo, verrebbero meno al loro compito, e tra viserebbero indubbiamente al fine altissimo che la legge si propone. A questo riguardo la Com missione della Camera propone che sin dopo il primo anno sia presentata il Parlamento appo sita relazione sui risultati dell’ esercizio.
358 L ’ E C O N O M IS T A 16 giugno 1901 una coppia di treni rispetto al numero cui la So
cietà è obbligata secondo le vigenti convenzioni. Tale nuova coppia di treni potrà dalla Società esercente essere soppressa, soltanto quando, dopo un anno di esperimento, il prodotto complessivo non avrà dato aumento sufficiente a compensare almeno, l’ importo del ribasso delle tariffe. Ma in ogni modo occorrerà sempre, per tale soppressio- nell’ autorizzazione del Governo.
L ’ articolo prevede inoltre la istituzione di
treni speciali economici per i suburbi delle grandi
città, per servizi locali e pei mercati, cbe si po tranno autorizzare anche per linee o tratti di li nee non esercitati a regime economico.
Delle tariffe e delle tasse ci occuperemo in altro articolo.
IL CONGRESSO DELLE CAMERE DI COMMERCIO
Da otto anni le.Camere di Commercio non si riunivano a congresso: fu l’ultima volta nel 1893 che a Milano, sotto la presidenza del se natore Pisa, le Camere riunite prestarono allo Stato l’ausilio dell’opera loro a proposito del nuovo assetto bancario : non è mestieri qui d’in dagare come e fino a qual punto giungesse al lora proficua la loro azione collettiva. In questi giorni, dal 7 al 9 Giugno, ad iniziativa di An cona e Vicenza, le Camere si sono nuovamente adunate a Milano, dove batte sempre il cuore industriale d’ Italia, sotto la presidenza dell’ in gegnere Salmoiraghi, per studiare la formazione nel loro stesso seno di un nuovo organismo che porti allo Stato, in materia economica, una coo perazione più pronta, più diretta, più continua, la quale spieghi a Roma, nella stessa sede del Governo, un’azione dove tutti gli interessi delle, provincia Italiane siano armonicamente ordinati e siano fusi e diretti ad uno stesso scopo. LaFederazione delle Camere di Commercio, che il
Congresso era chiamato a costituire, fu fondata nell’adunanza di domenica decorsa: il suo nome fu cambiato in quello di Unione, perchè si volle che anco il suo battesimo rappresentasse tutti i requisiti di una pura alleanza cordiale di Istituti amici che hanno a comune aspirazioni e inte ressi, sì volle dare all’ Ente che sorge l’ impronta di una cordialità familiare. A parte il nuovo bat tesimo, su cui la Chiesa non si pronunzierà, a , parte l’ indicazione errata di Lega di resistenza che alcuni giornali politici vollero poco oppor tunamente affibbiare all’ Istituzione in fasce, è fatto indubitato che un passo importante si è oggi compiuto nella vita delle Camere di Com mercio.
E impossibile ora prevederne gli effetti, ma si può chiedere quale sia stata la causa che ha determinato il movimento. Eu, secondo noi, la stanchezza e la disillusione di un’ opera che è troppo facilmente in contrasto fra le varie re gioni e che appunto per questo contrasto è resa sovente scarsa e inefficace, fu il risveglio cosciente di molte vigorose energie, fu l’aspirazione libera, in mezzo a tanti errori del potere centrale, verso un’ avvenire che si sente di poter conquistare,
un’aspirazione che se gli sforzi d’oggi non fa ranno vittoriosa le renderanno almeno più fàcile la conquista domani. Questi i motivi che, a senso nostro, sono apparsi dalla discussione del Con gresso. Le Camere, corpi elettivi così aspramente combattuti, hanno mostrato almeno di possedere la coscienza del proprio mandato e la vitalità della lotta, hanno mostrato di sentire come una vecchia legge ne vincoli troppo l’azione benefica che da esse dovrebbe attendersi, hanno sentito la coscienza di potere operare il bene, ma del risultato della nuova opera non possono ancora, appena sorge, dirsi certi: è questa Unione solo uno sforzo verso la giustizia, un combattimento verso la comune prosperità.
Con tali intendimenti, formata da tutte le 74 Camere di Commercio del Regno, eccetto due (cioè Bologna e Como) è stata fondata 1’ Unione
delle Camere di Commercio Italiane il di cui
scopo è chiaramente delineato dall’Art. 4 dello Statuto che ci piace di riportare:
« L ’ Unione, coordinando nel fine comune gli « studii e l’azione delle rappresentanze commer- « ciali, intende a bene interpretare le più ele- « vate e generali esigenze della vita economica « nazionale, ed a spiegare legittima influenza sul- « l’ indirizzo della politica economica del paese « in conformità alle aspirazioni della produzione « dei traffici.
« Più concretamente, l ’Unione :
« a) esamina tutte le questioni di iute- « resse generale che hanno attinenza col com- « mercio e con l’ industria;
«_6) promuove, pressoi Poteri Pubblici, « l’adozione di leggi e di ogni altro provvedi- « mento atto a favorire lo sviluppo dei traffici e « della produzione nazionale;
« c) in genere, prosegue con l’azione col- « lettiva quei resultati che in questioni econo- « miche d’ ordine generale più difficilmente si « possono conseguire con l’azione separata delle « Camere. »
Le Camere italiane all’ estero possono par tecipare al l’ Unione e già molte di esse erano rap presentate al Congresso.
L ’ Unione è retta da un Comitato esecutivo composto dei .delegati, uno per ciascuna di 25 fra le Camere aderenti e le Camere così desi gnate rimangono due anni nel Comitato che si rinnuova per metà ogni anno : sono rieleareibili (Art. 13).
16 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 359 Già la prima votazione del Congresso pel
Comitato Direttivo, ha portato il resultato se guente : le Camere elette furono Ancona, Aquila, Bari, Bergamo, Cagliari, Carrara, Eerrara, Fi renze, Genova, Mantova, Messina, Milano, Lecce, Livorno, Napoli, Palermo, Roma, Potenza, Reg gio Calabria, Salerno, Torino, Venezia, Verona, Vicenza.
Non si comprenderebbe un Comitato dove gl’ interessi degli organi più importanti della no stra vitalità economica non fossero costantemente rappresentati, non si potrebbe ammettere un Co mitato che non avesse una continuità d’ufficio : ma come riuscire a ciò se libera doveva esserne l’ elezione in seno all’assemblea? Porro unum est
necessarium.
Questa è la difficoltà nella quale si è princi palmente dibattuto il Congresso, perchè da un lato si voleva stabilire col regolamento la rappresen tanza dei centri maggiori e dall’altro non si com prendeva, nè si ammetteva, questa specie di di ritto divino. Si è ceduto dai primi obbedendo ad uno spirito di concordia che altamente onora il Congresso e lasciando ampia libertà alle assem blee nell’elezione delle Camere designate a for mare il Comitato esecutivo: si è determinato solo che l’ elezione non sia fatta ad personam, ma le Camere siano come istituto nominate e ad esse spetti delegare il proprio rappresentante. Si è così lasciato largo campo alle collettività delle Camere nel proprio giudizio e nella propria de cisione sul lavoro del Comitato : si è avuto se rena fiducia nello spirito pratico ed efficace di concordia che deve animare gli uomini di affari.
Mentre l’ Assemblea generale delle Camere non si deve ordinariamente riunire che nel mese di Aprile di ciascun anno, il Comitato esecutivo deve riunirsi almeno una volta ogni 3 mesi.
Fu pensiero ed oggetto del Congresso che da questo Comitato esecutivo, che è affatto in dipendente da ogni altro organismo economico dello Stato, che ha il prestigio della rappresen tanza delle classi produttive, che può acquistare l’autorità se avrà competenza economica, ed ar dore di opera, risulti la legittima rappresentanza viva e continua presso il Governo dei bisogni mercantili del paese. E questa Unione, secondo il pensiero degli oratori più ascoltati del Con gresso, secondo lo stesso spirito che ne informa lo Stato, deve porre in contatto l’ima dell’altra le Camere, coordinare e riunire le diverse ten denze regionali, contribuire a derimere quello spirito di rivalità o di lotta economica fra le diverse regioni e nobilmente creare ciò cui da tutte le parti si aspira con tanta intensità di pensieri e di studi ; cioè una coscienza nazio nale economica come già esiste una coscienza nazionale politica.
Fu nel Congresso ventilata l’ idea che i Con gressi delle Camere di Commercio, se convocati con frequenza e regolarità potessero ottenere uguale scopo ; ma si riconobbe che nell’ ora at tuale, mentre si afferma la tendenza a conside rare l’interesse economico, come uno dei grandi fattori del civile progresso, una riunione perma nente delle Camere che dei diversi centri d’Ita lia riassuma le osservazioni ed i lavori, discuta ea illumini le diverse teorie ed i contingenti pra
tici suscettibili di controversia, sia chiamata a rendere, per la continuità dell’ opera, dei serii servigi al paese. La competenza, T abilità negli uffici non possono improvvisarsi : fu pensiero del Congresso di creare un’ istituzione duratura, or ganica che fosse il fascio delle Camere italiane, il fascio morale di tante forze vive e generose, ma spesso dimenticate e neglette : si è creato un organismo permanente che non è nuovo nè privo d’ interesse in altre Nazioni europee. Esso somi glia a quello delle Camere germaniche (Deutscher Handelstag) costituito nel 1886.
E noto che in Germania, il numero delle Ca mere di Commercio è di 133 comprese varie R ap presentanze del Commercio e dell’ Industria, le quali portano un nome diverso, ma sono legal mente riconosciute, e tutte sono riunite da un organismo permanente che ha sede a Berlino. In Inghilterra le Camere di Commercio sono asso ciazioni libere quali le permette il costume e l’ educazione politica del Regno Unito. Esiste pertanto l’Associazione delle Camere Inglesi fon data nel 1860 (Association of Chambers o f Com merce of thè United Kingdom).
Con ciò noi abbiamo soltanto inteso di ester nare i concetti che animarono le discussioni del Congresso e prevalsero nelle sue deliberazioni.
Il nuovo Istituto sorgerà fra breve : noi lo salutiamo con la fiducia con cui si accolgono i propositi di utile lavoro promossi da uomini di buona volontà. Vengono ora subito sul terreno tre importanti problemi d’ indole generale quali il Consiglio direttivo dell’ Unione è chiamato a discutere e portarvi l’opera propria : le Conven zioni ferroviarie, i Trattati di Commercio, le Con venzioni marittime.
Ai lettori dell’ Economista, lo studio di tali problemi non è nuovo : tre argomenti poderosi che comprendono tutta l’economia nazionale : gli uomini pratici di affari, i combattenti di tutti i giorni diranno la loro parola illuminata e se rena e potrà il loro consiglio fecondare con 1’ opera 1’ avvenire economico della Nazione. Il Governo vede sorgere con occhio benevolo il nuovo istituto : ogni idea di avversione è un preconcetto errato : 1’ Unione può essere, se chi sarà preposto alla sua direzione saprà volerlo, l’ efficace educatrice del carattere commerciale italiano, la guida di ogni energia : può essere l’attenzione, lo studio, la perseveranza, ma deve avere per stemma sulla propria bandiera la pa rola d’ ordine dell’ Imperatore Severo « Labo-
remus. »
Giulio Pugna.
L A LO TTA COM M ERCIALE IN TERNAZIONALE
G E R M A N I A .
La rivale che in questi ultimi anni ha dato più spesso occasione all’ Inghilterra e a qualche altro paese di allarmarsi è stata certamente la Germania.
360 L ’ E C O N O M IS T A 16 giugno 1901 I progressi che questo paese ha fatto nel
campo commerciale e industriale, l’aumento dei capitali disponibili che hanno permesso alla Ger mania di interessarsi nello sviluppo economico di altri paesi, le imprese bancarie, finanziarie, fer roviarie che ha potuto creare in Europa e fuori di essa, il dominio coloniale che ha saputo for marsi senza grandi sacrifici, tutto questo era fatto naturalmente per suscitare gelosie, paure e anta gonismi, per invogliare coloro che amano le lotte a colpi di tariffe a sostenere che la concorrenza germanica si rende sempre più minacciosa pel le industrie degli altri paesi e che urge opporle barriere più alte e imparare dalla stessa Ger mania il modo di vincerla sui mercati.
È un fatto incontestabile che la produzione industriale germanica ha avuto un incremento notevole e che il commercio, la navigazione, tutte insomma le manifestazioni dell’attività economica della Germania hanno progredito in misura sen sibile. In Erancia, Giorgio Blondel nel suo libro su L ’essor industriel et commercial du peuple al-
lemand (3a edizione, 1900) ha fatto un quadro
assai suggestivo e preciso della formazione gra duale della potenza economica germanica dopo il 1870 e altri scrittori come Schwob, Théry, Aubert, Louis, ecc., hanno esaminato il « pericolo tedesco » e la inferiorità del commercio francese. Una massa enorme di informazioni è stata rac colta dai consoli, specie da quelli inglesi, fran cesi, belgi, sulla espansione commerciale ed indu striale della Germania e molta luce si è potuta fare così sulle cause dei progressi economici di quel paese.
II commercio speciale della Germania negli ultimi dell’anno è aumentato di una massa di scambi eguale press’a poco al traffico dell’Italia coll’estero. Nel 1899 esso ammontò a 10,152 mi lioni di marchi, ossia a 183 marchi per abitante, mentre quello dell’ Italia fu di 2,397 milioni di marchi pari a 76 marchi per abitante ’ ). L nel 1890 il commercio tedesco era stato di 7,682 milioni di inarchi, ossia minore di 2470 milioni.
Nel 1900 la statistica lo indica in nuovo au mento e tutti gli altri dati correlativi a quelli del commercio dimostrano pure che vi è stato uno svolgimento di tutta l’attività econòmica. La navigazione complessiva, il movimento dei prin cipali porti, il traffico delle ferrovie, la produ zione di materie prime, le operazioni delle grandi società di credito, le nuove imprese, tutto ciò, se venisse raffigurato con cifre, rivelerebbe il moto progressivo che ha avuto l’economia ger manica. E poiché dati su quei vari argomenti sono stati altre volte riferiti e ad ogni modo troverebbero miglior posto in uno studio sullo statistica speciale della Germania possiamo più opportunamente fermarci alle cause di cotesto, movimento ascensionale.
Victor Bérard trattando del « razionalismo tedesco » nel suo libro sull’ Inghilterra e l’ impe rialismo, scrive che l’ unità nazionale ha deter minata certamente la prosperità germanica. A l meno, egli aggiunge, l’ ha resa possibile, anzitutto permettendo al popolo di pensarvi; finché il po-i) Vedi Die deutsche Volkawirthsehaft ani Schiuse dee Jahrhunderts, Berlin 1900, (pag. 144).
polo non ebbe il suo impero fu incapace d’altro pensiero. Dal 1804 al 1866 l’ unità nazionale oc cupò tutti i suoi pensieri. Egli non potè sognare e combinare che preparativi politici o militari. Nel 1870, realizzato l’ impero, le ambizioni che la Germania d’altro tempo aveva conosciute ri presero il loro posto : la Germania anseatica e delle città libere, la Germania trafficante, riap parve dietro la Germania imperialista. Ed è in dubbiamente perchè l’ impero non la occupava più giorno e notte ch’essa potè rimettersi agli affari: prima lezione che potrebbero meditare gli imperialisti inglesi... E la Germania anseatica non riapparve che alle spese della Germania im perialista. — Senza entrare in una discussione su questo antagonismo tra l’ imperialismo e il pro gresso economico, lo studio obiettivo, spassio nato, dei fatti dimostra che se la unità politica e la posizione acquisita nel mondo politico dopo il 1871 permisero di rivolgere agli affari un pa trimonio di energie, di volontà, di mezzi che prima o non si era formato in misura si grande od era rivolto a fini esclusivamente politici, altre condizioni permisero l’incremento di vitalità eco nomica che ora allarma alcuni paesi, quali l’ In ghilterra, e la Erancia.
In un rapporto consolare inglese si legge che si può lasciar da parte tutto ciò che hanno fatto gli uomini di Stato tedeschi per aiutare e guidare l’ambizione del loro popolo.
I loro ammirabili sforzi sarebbero falliti se non avessero avuto nelle loro mani il popolo te desco, così ammirabilmente dotato per l’ intra presa commerciale e quel carattere tedesco che potrebbe definirsi con una parola: thoroughness, perfezione. Negli affari esso è completo, perfetto. È indubbiamente per la perfezione dei metodi in tutti i rami del traffico che la Germania si è elevata al primo rango dei popoli commercianti. Nella loro concorrenza col resto del mondo non sono i grandi cambiamenti che hanno dato loro la vittoria; è una massa enorme di piccoli sforzi e di piccole innovazioni... La loro prosperità in dustriale e commerciale non è che il risultato di retto della eccellenza dei loro metodi di istru zione, di produzione e di circolazione.
Certo la espansione commerciale germanica è dovuta auche alla espansione della razza. Dal 1885 a oggi la popolazione è aumentata di circa IO milioni di abitanti e la emigrazione che era stata nel 1881 di 220.902, ossia del 4.86 per 1000 ab. non fu nel 1899 che di 23,740 persone, pari a 0.43 per 1000 abit.
Ma più ancora concorsero efficacemente lo spirito di associazione, la istruzione pratica, il metodo scientifico applicato costantemente a tutto quanto riguarda l’ industria e il commercio. E’ opportuno spiegare la parte che ciascuno di quei fatti ha avuto nell’ opera di espansione commer ciale.
Lo spirito di associazione si manifesta m Germania in varie forme. Associazioni, quali (per non citare che la principale) 1’ Alldeutscher Ver-
band, sparse in tutto l’ impero procurano che
gli emigranti tedeschi conservino se non la loro nazionalità, almeno lo spirito tedesco. Altre so cietà (VAllgemeiner Deutscher Schulverein,i\ Deu-
16 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 361 re, i tedeschi verso i paesi d’ oltre mare, dove i
loro compatriotti hanno formato vere colonie. Que st’ azione a favore degli emigranti non è che una delle manifestazioni dello spirito di associazione, il quale si rivela nei sindacati, nelle unioni, nei
cartells che regolano ormai una parte non pic
cola della produzione e della vendita di molti prodotti, quali il ferro, l’ acciaio, il carbone, i pro dotti chimici, i filati di cotone eco. eco. Blondel, nel libro già citato, scrive che i tedeschi sem brano oggidì convinti che sia in una specie di equilibrio tra la concorrenza individualista e l’as sociazione che occorra cercare il vero regime eco nomico del mondo moderno. E infatti il numero dei sindacati è ormai grandissimo e tende a cre scere, perchè la concentrazione amministrativa delle imprese, se così si può chiamare, è stata applicata spesso con risultati soddisfacenti, s’in tende per gl’ intraprenditori, talvolta sopraffatti da una concorrenza interna disastrosa.
Superiore a molti altri paesi è poi la Ger mania rispetto alla istruzione. La nostra epoca si distingue forse più per i perfezionamenti che per le invenzioni e il tedesco perfeziona, inventa, sa adattare la sua produzione ai bisogni e alle esi genze di gusto, di economia, di comodità dei popoli coi quali vuol trafficare. Quindi rispetta gli usi lo cali, cerca di indovinarli, di sorprenderli, di accon tentare insomma, il più che è possibile, la pro pria clientela. Si potrebbero citare vari aneddoti a questo riguardo, i quali dimostrerebbero che men tre gl’ inglesi trascurano di tenere nel debito conto le esigenze speciali dei popoli coi quali commer ciano, e quasi mostrano di credere che i gusti e i bisogni altrui si devono adattare ai prodotti delle loro fabbriche, invece i tedeschi fanno uno studio attento e continuo delle esigenze altrui e si sforzano di adattare a quelle la loro produzio ne. L’autore del Made in Germany, Ernesto W il liams, ha raccontato come e perchè i fazzoletti rossi oblunghi che gl’ inglesi vendevano in Russia sono stati sostituiti da quelli quadrati fabbricati dai tedeschi ; perchè le donne russe li ave vano sempre chiesti invano ai fabbricanti inglesi che, per non cambiare certe macchine, non tene vano conto di quella preferenza.
Il metodo scientifico è poi quello che dà l’ impronta alla espansione commerciale germa nica. I privati non conoscono sacrifici quando si tratta dell’ insegnamento e delle ricerche scien tifiche. I consoli inglesi riconoscono che è a una massa di piccoli miglioramenti, più che a qual che grande cambiamento o miglioramento, che la Germania deve il suo graduale elevamento nel mondo industriale. Ed è proprio il caso di parlare, come fa il Bérard, del razionalismo te desco ; è un esercito permanente di uomini di scienza che ha concorso, molto più efficacemente di quello che comunemente si crede, a procurare i nuovi trionfi della Germania, non inferiori a quelli militari che le hanno procurato tanta glo ria. Le industrie dello zucchero, del carbone, dell’ acciaio, sono tre esempi tipici nei quali si vede come la Germania abbia applicato il me todo scientifico alla produzione industriale. Fino al 1870 la Francia ha il monopolio della produ zione dello zucchero di barbabietola, poco dopo la Germania si mette all’ opera e nel 1882 ottiene
in zucchero il 12 0[0 del peso lordo, mentre i fran cesi ricavano solo il 7 0[0; questo risultato è ottenuto con la coltura razionale e con la sele zione continua, le quali hanno eliminato le specie che rendevano poco zucchero. I tedeschi hanno saputo utilizzare meglio le parti inferiori della radici per la estrazione dello zucchero; il resto non è perduto, ma passa al lambicco per la distil lazione dell’ alcool. Così dopo soli 12 anni di con correnza la Francia è spogliata dell’ utile della sua scoperta.
Il carbone e 1’ alcool riuniti furono trasfor mati dai lavoratori germanici in una infinità di prodotti, cosi da avere una rivoluzione scientifica in tutte le arti applicate; nella farmacia, nella tin toria, nella drogheria, nelle vernici, ecc. Il mondo è stato inondato dalle aniline, fuchsine, alizarine, anfipirine, benzine germaniche. E su questo ter reno la concorrenza ai prodotti inglesi e francesi fu notevole.
Come l’ Inghilterra deve una parte non pic cola della sua ricchezza al vapore e al ferro, così la Germania la deve all’acciaio e alla elet tricità. I processi tecnici per ottenere l ’acciaio non li ha inventati la Germania, come essa non è stata la prima a studiare le pile, e le macchine elettriche, ma ha saputo utilizzare tutto ciò più di altri paesi e la sua produzione di acciaio, ad esempio, è oggi quadrupla di quella della Fran cia ed a breve distanza da quella dell’ Inghil terra.
Tutto ciò è dovuto allo studio minuzioso, pa ziente, instancabile, al quale non sfugge alcun dettaglio e che nondimeno riesce a ricostruire l’ insieme.
Pel commercio gli sforzi e l’opera scienti fica non sono stati minori. L ’ insegnamento com merciale è assai sviluppato; la conoscenza delle lingue straniere e della geografìa è grandemente curato.
La emigrazione dei giovani all’estero, specie in Inghilterra, per apprendervi la pratica com merciale, per conoscere la clientela, tutto questo fa del futuro commesso viaggiatore un conosci tore esatto dei processi tecnici, dei modelli, dei gusti, di tutti insomma gli elementi di un traf fico attivo e crescente.
Certo vi sono anche nel quadro luminoso della espansione industriale e commerciale della Germania le ombre che danno motivo a dubbi, a timori, a riserve, sul carattere di cotesta evolu zione. Essa è dovuta in gran parte all’opera dei privati singoli e associati. Ma lo Stato da un lato col protezionismo e dall’altro con oneri ad dossati alle industrie, spedo per le assicurazioni operaie, è intervenuto, in misura non indiffe rente, a influire sull’andamento delle industrie. Per accennare solo agli effetti del protezionismo, nessuno potrebbe negare che vi sono industrie le quali, in causa di uno sviluppo esagerato, reso possibile anche da una protezione eccessiva, sono minacciate spesso da crisi. E non è da tacere che la ricerca dei mercati, dove riversare il sovrap porsi della produzione industriale, diventa sem pre più difficile.
362 L ’ E C O N O M IS T A 16 giugno 1901 la conclusione dei trattati, non riesca a conser
vare e a rafforzare la posizione che il commer cio tedesco ha già conquistato sul mercato mon diale. Certo è che la Germania, quando, in questo ultimo decennio, ha visto; pericoli di un eccessivo protezionismo ha saputo tornare indietro e conte nere entro certi confini le bramosie smodate dei vincolisti. Oggi più che mai, questa tattica si impone alla Germania, perchè si è accentuato il suo graduale passaggio da Stato agricolo a Stato industriale.
R. D. Y.
Rivista (Bibliografica
K. T. E h eb erg .— Finanzwissenschaft. Sesta edizione migliorata e aumentata. — Leipzig, A. Deichert, 1901, pag. VIII-506 (marchi 7.80).
Jules R oche. — Les hudgets du X IX siècle et questione diverses. — Paris, Flammarion, 1901, pag. 376 (7 fr. 50).
Financial Reform Almanack. — Liverpool e Lon dra, 1901, pag. 315 (1 scellino).
Il manuale di finanza dell’ Eheberg, profes sore a Erlangen, è giunto alla sesta edizione e si capisce che trattandosi di un libro scolastico le edizioni si sieno moltiplicate in pochi anni.
Però non ci pare che l’Autore abbia saputo rendere il suo libro uno specchio fedele dello stato attuale della scienza delle finanze e il modo col quale sono trattate alcune questioni fonda- mentali e il silenzio su altre lo dimostrano ab bondantemente. Ciò che manca in questo libro è lo studio delle relazioni tra i fatti finanziari e quelli economici, è l’ indagine delle leggi re lative alla manifestazione statica e dinamica dei fenomeni finanziari, sicché, dal punto di vista teorico il libro è deficiente anzi insufficiente.
Invece dall’ aspetto degli ordinamenti tri butari può rendere qualche servigio, perchè lo Autore ha cercato di riassumere le disposizioni legislative per ciascuna imposta. Soltanto le in formazioni non sono sempre così precise ed estese come sarebbe desiderabile.
Quanto alla repartizione della materia si può dire che è la solita ; dopo la introduzione gene rale sulla scienza delle finanze l’ Autore tratta delle spese, delle entrate, delle relazioni tra le une e le altre e quindi del bilancio e del debito pubblico. E in appendice è studiata brevemente la finanza della federazione (Bundesstaat) e de gli enti locali. Sono cinquanta pagine che non mancano di interesse e di utilità accrescendo così i servizi che può rendere questo libro agli studiosi della finanza.
— Il deputato Roche ha raccolto in un volume alcuni suoi studi di carattere finanziario, politico ed economico. Non si può dire che ab biano tutti la medesima importanza, ma è certo che ciascuno di essi può dirsi interessante, per chè le questioni trattate dal Roche sono sempre discusse e in Erancia e negli altri Stati. Il primo studio, che dà il titolo a tutto il volume,
esamina la progressione dei bilanci nel secolo passato ed è uno dei più meritevoli di atten zione. « Il secolo 19 ha cominciato - egli cosi conchiude questo studio - con un bilancio di 836 milioni ; il secolo 20° comincia con un bilancio di 4030 milioni, ossia quasi cinque volte più ele vato. Se la progressione dovesse continuare, i nostri felici nipoti dovrebbero sopportare fra cento anni una spesa di quasi 20 miliardi. Il ral lentamento del commercio e della ricchezza pub blica non potrebbe mancare di arrestare ben prima 1’ espansione del bilancio.
In difetto di chiaroveggenza e di buon senso nei pastori dei popoli, le forze manche rebbero un giorno alla bestia da soma taillable
et corvéable che cederebbe sotto il carico ».
A questo primo studio sui bilanci si rian nodano il discorso sulla necessità di sopprimere la iniziativa parlamentare in materia di spese, l’articolo sulla lega dei contribuenti, perchè il Rocha è uno dei più ferventi fautori della ri forma parlamentare che lascia al governo tutta la iniziativa dello proposte di spese, come si pratica in Inghilterra. Altri studi importanti sono quelli relativi alla Banca di Erancia, al credito agricolo, alle questioni del servizio mi litare, al socialismo e all’ insegnamento.
— L ’ Almanacco della riforma finanziaria, che pubblica il sig. Oallie, è uno di quei pre ziosi libri per chi si occupa di finanza e di eco nomia che non hanno più bisogno di essere racco mandati. Chiunque ha avuto occasione di consul tarlo anche una volta sola conosce l’ utilità di questo Almanacco, che in piccola mole raccoglie tanta copia di statistiche inglesi.
Ecco un confronto tra le spese medie del periodo 1870-71 e quello del periodo 1896-901 che è veramente eloquente :
1870-74 1896-001
Lista civile e pensioni. Istruzione . . . . ■
Concorsi alle spese dei corpi locali Spese di riscossione. . Servizi speciali . steri. 6,OC9,000 » 1,6C3,000 » 2,400,C30 » 2,500,000 » 600,000 Totale servizi civili, sterline 13,100,000 Esercito e marina . . » 23,200,000 Servizi del deb. nazion. » 26,900,000
7.300.000 10,600,000 12,800,000 2.700.000 33.400.000 58.500.000 24,000,000 Totale. . steri. 63,200,000 115,900,000 L ’Almanacco contiene articoli sulle spese pubbliche, dal quale abbiamo tolte queste cifre (pag 23), sulla questione delle abitazioni, sugli armamenti e le spese relative, sulle imposte lo cali, su Londra e il valore delle case e delle co struzioni di quella metropoli, sulle colonie, sulle pensioni per la vecchiaia, sul libero scambio, snl commercio e su molti altri argomenti di interesse grande e che sono continuamente discussi. Charles Mayet. — Voyage autour de Voctroi de P a
ris, un voi. di pag. 206. — Paris, Colin editore, (2 franchi).
con-16 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 363 sumo e presentava il funzionamento eli quel
sistema con tale chiarezza e vivacità da far toccare con mano al lettore tutti gli inconve nienti di tale forma di tassazione. Il libro che ora annunciamo riproduce i detti articoli, che non hanno niente di arido perchè il sig. Mayet sa raccontare bene e interessare vivamente L ’ ul timo capitolo del libro, espone il modo col quale si potrebbe sostituire il dazio consumo in Fran cia e che consiste in questo, nel cedere ai comuni le tre contribuzioni dirette sui fabbricati, sulle porte e finestre e di patente, compensando lo Stato nella misura occorrente con imposte indi rette generali. Il libro del Mayet non è del re sto veramente interessante e originale in questa parte della riforma del dazio consumo, ma nella narrazione del meccanismo dell’ ociroi a Parigi e di tutti gli episodi che a motivo di esso si mani festano nella sua attuazione pratica.
Alessandro Groppali. — I caratteri differenziali della moralità e del diritto secondo la scuola positiva in glese. Studio storico-critico. — Padova, Druker, 1901, pag. 272 (lire 3).
L ’egregio prof. Groppali osserva che deter minare nettamente i caratteri per cui emergono distinti dalla coscienza sociale dei popoli la mo ralità ed il diritto e studiare i rapporti positivi e negativi che tra loro intercedono costituiscono ancora uno dei punti principali di discussione nei trattati di filosofia del diritto e di filosofia della morale. Quindi egli si è proposto prima di di scutere teoricamente i vari momenti che specifi cano il contenuto e la forma del diritto e della morale, di passare in rassegna quegli autori che di tale questione, nello stretto campo della filo sofia etico-giuridica ex professo si sono occupati. Siccome poi mentre le opinioni della scuola te desca sono esposte e diffuse frequentemente, così l’autore di preferenza ha voluto discorrere delle teorie della scuola inglese dall’Hobbes al- l’Hume, dal Bentham allo Spencer.
Lo studio del Groppali si divide pertanto in quattro parti: la prima illustra il sorgere ed il profilarsi del problema dei caratteri differen ziali della moralità e del diritto nella storia del l’umano pensiero, insistendo particolarmente sul- l’ indirizzo delle scuole tedesche, italiana e fran cese, la seconda tratta delle teorie dei princi pali scrittori inglesi, la terza considera lo svolgi mento di quelle teorie e la quarta ed ultima
parte, facendo tesoro dei risultati della esposi zione critica e valutativa, tenta di risolvere po sitivamente il problema accennato uniforman losi alle esigenze della scienza e del pensiero mo derno.
Questo pregevolissimo studio storico-critico è destinato specialmente ai cultori della filosofia del diritto e della morale, ma per le relazioni che passano tra la economia, la morale e il di ritto si raccomanda anche ai cultori della prima disciplina, in quanto si riferisce alle premesse della economia e a questioni generali d’ordine sociale
Edward P. Ch yn ey . — An introduction to thè indu striai and social history o f England. — New-York, Macmillan, 1901, p X-317.
La letteratura economie- inglese non manca certamente di opere di mole varia alla storia
economica dell’ Inghilterra e quindi potrebbe du bitarsi dell’utilità di un libro che in poco più di trecento pagine riprende a narrare quella storia. Ma il Cheyney, professore di storia europea nella Università di Pennsilvania, ha saputo scrivere un libro che sotto vari aspetti non trova riscontro in quelli che già si posseggono sull’argomento. La sua è una narrazione sgombra da tutto ciò che è semplice erudizione e che toglie la visione netta ed esatta degli avvenimenti e per di più è una narrazione illustrata, la qual cosa, trattan dosi di storia, è sempre un vantaggio non trascu rabile.
In dieci capitoli l’autore tratta i seguenti argomenti, che indicano le grandi linee della sua opera : sviluppo della nazione fino alla metà del 14° secolo; vita e organizzazione rurale; vita e organizzazione urbana; industria e commercio nel medio-evo; la peste nera e la ribellione dei contadini; lo sfacelo del sistema medio-evale; la espansione dell’ Inghilterra; il periodo della rivoluzione industriale ; la estensione del controllo governativo; la estensione dell’associazione vo lontaria. Il libro è veramente raccomandabile a chi voglia iniziarsi alla cognizione esatta della storia sociale dell’ Inghilterra.
Rivista (Economica
Negrologio. — I « trusts » e le comb inazioni commerciali in Europa. — L'olio italiano in California. — 1 piccoli schiavi italiani. — Il commercio della Ger mania. — Il risparmio postale.
N ecrologio. — Sa l v a t o r e Co g n k t t id e’ Ma r t i i s.
— Il dotto insegnante di economia della Università di Torino, il valente direttore della quarta serie della Biblioteca, dell’ Economista, si è spento a 56 anni nella città, dove con grande amoro e con risaltati veramente splendidi professava la scienza, alla quale si era dedicato fin dalla giovane età. Era nato a Bari, e conservava anche negli ultimi anni, nel fisico e nel morale, le caratteristiche migliori dei
f
ug-liesi. La sua carriera d’ insegnante la iniziò negli stituti Tecnici e da quello di Mantova nel 1878 passò appunto alla Università torinese. Quivi egli ebbe campo di ampliare la sua dottrina, di attingere agli studi sociologici, etnografici,_ glottologici eco., nuovi elementi e molti dati da utilizzare nelle inda gini econt miche. Ed egli le intraprese e le condusse sempre ispirandosi ai canoni del metodo positivo, rivolgendoci direttamente ai fatti, che usava studiare con grande e minuziosa cura, sia che si trattasse di questioni monetarie e bancarie, sia che le sue ricerche avessero per soggetto le società animali. Così egli potè scrivere alcune opere, che non solo rivelano una dottrina estesa e profonda, ma anche la ten denza a cercare vie nuove, a scoprire qualche verità, a coordinare le leggi economiche con quelle delle al tre discipline, che più hanno attinenze con la eco nomia.Kicordiamo specialmente Le form e primitive della evoluzione economica, Le variazioni nella vita e nella cultura economica (discorso introduttivo alla quarta serie della Biblioteca dell’ Economista), Formazione, struttura e vita del commercio (prefazione ad un vo lume di quella serie che diede occasione a un altro dottissimo studio sul baratto, del Pantaleoni ; Il so cialismo antico, Il socialismo negli Stati Uniti e tac ciamo di altri lavori minori. Va però ricordata an che la prefazione sulla Mano d’opera e il salario, che è in corso di pubblicazione.
364 L ’ E C O N O M IS T A 16 giugno 1901 altro. Il compianto professore comprese perfetta
mente che gli studi economici per progredire hanno bisogno anche di mezzi, di materiali copiosi, sopra tutto quando si voglia condurli con metodo positivo e creò a questo fine il Laboratorio di economia poli tica, dal quale sono uscite varie monografie che fanno onore alla scienza italiana.
La memoria del Cognetti, affidata a opere che testimoniano della coscienziosità delle sue ricerche, rimarrà sempre cara e onorata presso coloro che rendono omaggio alle convinzioni sincere, alla ope rosità feconda, agli insegnanti che amano la scuola e la gioventù studiosa.
I « tru sts » e le co m b in a zio n i co m m er c ia li In E u ro p a. — Col titolo accennato qui so pra, scrive l’ on. Luzzatti nell’ Ora di Palermo, il di partimento degli Stati Uniti che sopravveglia il com mercio coll’ estero ha pubblicato un prezioso volu metto, che potrebbe àiiche avere il valore di una
risposta satirica del nuovo mondo al vecchio. Ah ! voi rimproverate l’America pei suoi trusts, e gli Americani fanno eseguire un’ inchiesta sui trusts dell’ Europa!,.. La inchiesta è condotta con grande imparzialità, e, fra le altre indagini, domanda che si cerchino gli effetti di tali accordi sui prezzi sia per accrescerli, sia per diminuirli.
II rapporto comincia coll’ Austria, che ha i trusts principali sul ferro, sul petrolio, sugli zuccheri, sul l’ alcool. Quello sugli zuccheri si fondò nel 1897 e durerà fino al 1902; abbraccia tulte le fabbriche di zucchero greggio e le raffinerie. Le fabbriche di bar babietola a un prezzo fisso minimo conseguano il prodotto delle raffinerie concordate pel consumo in terno.
Ma il paese tipico dei sindacati, dei cartelli, delle combinazioni, ridotti a principiq scientifico è la Ger mania. Non sono antipatici come agli altri paesi, perchè di regola servono a regolare la produzione, a_ prevenire la speculazione e la soverchia produ zione ; danno impiego regolare agii operai. Inoltre non si circondano di mistero ; sono aperti alla pub blicità. Il popd o della Germania pare giunto alla con clusione che i sindacati e le combinazioni commer ciali siano l’ effetto necessario del processo generale delle industrie, stimolano i progressi tecnici, fo mentano il commercio coll’ estero. Però, secondo il rapporto che abbiamo percorso, nessuna grande industria tedesca ha messo in questi cartelli le formidabili coucupiscenze dei veri trusts ameri cani !
Lo stato d’animo dell’ Inghilterra riguardo a queste combinazioni è presso a poco quello della Germania. Di recente la questione dell’ indole dei trusts fu posta dinanzi alla Camera di Commercio di Glascow, e mentre un membro della Camera di Com mercio li biasimava come tendenti a costituire un monopolio virtuale, il giornale di Glascow li esami nava allegando stessi argomenti adoperati dai loro difensori e oppositori negli Stati Uniti. Il fatto è che la Camera di Commercio di Glascow respinse la pro posta di condanna di queste combinazioni e l’appello al Governo per combatterli colle leggi. E il giornale di Glascow, il Daily Mail, sosteneva la seguente tesi lodando la deliberazione della Camera di Commercio di Glascow : « Dove un grosso profitto è guadagnato « dai monopolisti, il capitale ozioso cerca un 'somi- « gliaute impiego. Se il denato è guadagnato larga- « mente dai sindacati, la concorrenza sorgerà certo « e malgrado il loro potere. Essi avranno il loro « giorno di trionfo, ma il di appresso dovranno lot- •* tare per la loro esistenza.... » Le leggi sono impo tenti, la concorrenza è il solo rimedio ai trusts in un paese libero.
Questa è l’ ultima parola di Glascow ; e gli ame ricani; i repubblicani segnatamente, grandi ordina tori di trusts assaporano questa ultima conclusione della sapienza pratica scozzese, di cui Glascow è la rappresentanza, la quintessenza.
La verità è che la concorrenza è spesso un ri medio troppo tardo, o praticamente impossibile di fronte a combinazioni gigantesche o mostruose, come quelle che ora si stabiliscono negli Stati Uniti. Ala anche l’ esperimento delle leggi speciali è stato si nora vano.
Quindi bisogna continuare a sorvegliare questi fenomeni nuovi e complicati, illuminare l’opinione pubblica, con grande serenità cercando i rimedi. I
quali sono difficilissimi per la straordinaria varietà di siffatte combinazioni che vanno dagli accordi le citi ai piu tenebrosi. E non bisogna dimenticare che i socialisti spiano al varco, e vanno già dicendo che se la libera concorrenza deve riuscire a un trusts, vai meglio allora il collettivismo.
Non vale meglio, ma è diffìcile confutare con sottigliezza di argomenti i dottori sottili del socia lismo !
L ’ olio ita lia n o in C a lifo rn ia . — La media annuale dell’ olio di oliva importato dagli Stati Uniti, dal 1883 al 1900, fu di 624 294 galloni.
Della parte presa direttamente dall’ Italia diremo soltanto che l’ olio italiano ha oramai il predominio dei mercati di quella vastissima repubblica.
L’olio d’oliva Italiano passato in California dal 1885 in poi, fu nelle seguenti quantità.
Galloni 1885 17,881 1886 19,130 1887 18.428 1883 20,615 1889 32,720 1890 49,242 1891 54,990 1892 57,017 Galloni 1893 68,875 1894 70,213 1895 73,410 1896 98,342 1897 139,558 1898 119,714 1899 123,919 1900 129,598
La gara tra l’olio d’Italia e quello di California, da noi sostenuta nel 1889, fece conoscere universal mente la superiorità del prodotto italiano, e da allora in poi il consumo fece presa anche in buona parte del popolo americano, causando un enorme aumento d’importazione.
Nel 1898 la tariffa Dingley, che portava per l’ olio di oliva un aumento eccessivo, determinò una dimi nuzione nella importazione ed un conseguente au mento nelle adulterazioni da parte di case potenti locali, non italiane, con danno non lieve dell’ olio puro nostrano.
La Camera di commercio italiana di San Fran cisco, fece ogni sforzo possibile per rimediare, almeno in parte al male, istituendo un ufficio di analisi. Ma il tentativo andò fallito, perchè in Italia non si volle fare sacrifizio di sorta per proteggere il buon nome di questo importante prodotto nazionale all’estero.
La California è la sola regione degli Stati Uniti ove si coltivi con frutto l’ olivo.
Dal 1880 al 1890 la coltivazione dell’albero prese proporzioni gigantesche, quasi da per tutto con ot timi risultati, considerando però l’ olivo come un frutto da conserva.
Sotto questo aspetto il prodotto californ’ano ha quasi completamente espulso dai mercati dell’ unione le olive di Spagna e di Francia.
Ma l’ olio che se ne estrae in California è, finora almeno, così scarso da non toccare i 5000 galloni al l’ anno, e la quantità poi è delle più scadenti.
La Camera di commercio di San Francisco, è di parere che l’ olio di olivo di California non potrà mai recar danno al prodotto italiano nei mercati ameri cani, a patto però di mettere un argine alle adulte razioni, ormai quasi generali e scandalosissime in Italia, non meno che in Francia ed in America.
I p ic c o li schiavi it a lia n i. — La Stampa ha pubblicato una lettera diretta da mons. Geremia Bo ncinelli, vescovo di Cremona, al senatore Bodio, com missario generale per l’ emigrazione. In essa mons. Bonomelli, a nome dell’ opera di assistenza dei fan ciulli italiani, addita alcuni mezzi per impedire l’ ob brobrioso incetto dei fanciulli italiani destinati ad una v ta di schiavi nelle officine estere.