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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1416, 23 giugno

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L'ECONOM ISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XXVIII - Voi. XXXII

Firenze, 23 (lin e o 1901

N. 1416

LA LOTTA PARLAMENTARE

Mentre nella Camera dei deputati si scam­ biano tra i diversi settori le più vivaci accuse, e la discussione si accalora al punto che il senso del giusto sfugge, così che vengono rim­ proverati acerbamente gli interruttori al discorso dell’ on. Sonnino da coloro stessi che il giorno dopo furono interruttori del discorso dell’ on. Giolitti, cerchiamo, se è possibile, di ricavare dagli informi resoconti qualche idea che valga a farci comprendere le tendenze dei diversi partiti.

Apparentemente, la Camera si divide in quattro parti : due estreme e due centri. La Estrema Destra che per bocca di alcuni oratori ha esposte idee di Governo, che non sono più dei nostri tempi e che instaurerebbero, se at­ tuate, un regresso politico ed economico. Si è giunti, non tanto a chiedere leggi straordinarie ed eccezionali, ma a domandare che il Governo intervenga colla forza pubblica a far rispettare i contratti. Cioè, si vorrebbe che quando i con­ tadini interrompono un lavoro od abbandonano il terreno, rompendo i patti dei contratti in corso, la forza pubblica, carabinieri e soldati, interve­ nisse a far rispettare la esecuzione dei con­ tratti stessi.

Basta riflettere un momento su questo con­ cetto per comprendere che esso racchiude non solamente una assurdità politica, ma anche una enormità giuridica. I contratti agricoli come qua­ lunque altro contratto, appartengono alla materia civile ; conoscere le lesioni del diritto civile spetta alla magistratura, e la forza pubblica non può, in tal caso, che essere chiamata a far ese­ guire le sentenze del magistrato. Questo prin­ cipio costituisce un punto fondamentale delle libertà assicurate dallo Statuto. Contravvenire sotto qualsiasi forma a tale principio, sarebbe costituire uno stato di cose rivoluzionario.

I sostenitori di quel concetto, sono gli ul­ timi rimasugli di quel Governo di classe, che deve a poco a poco sparire, per sostituirlo col Governo di tutti.

Dal lato opposto l’ Estrema Sinistra ha di­ mostrato che non è libera ancora dai recenti, ma ormai vecchi pregiudizi ; e mentre si agitava una grossa questione politico-economica impli­ cante tutto intero un indirizzo di Governo, non ha saputo resistere alla tentazione di fare delle professioni di fede antimonarchiche, rimpiccio­

lendo cosi il grave dibattito che riguarda un problema ben più alto, ben più comprensivo, ben più importante della semplice forma di Governo. E se 1’ on. Bovio non avesse, dopo il discorso dell’ on. Giolitti, esposto in modo più concreto il pensiero della Estrema Sinistra, dichiarando che essa, qualunque sia il suo pensiero, non può a meno di appoggiare il Ministero più liberale, e di opporsi quanto può all’ avvento di un Mini­ stero meno liberale, la Estrema sinistra non avrebbe certamente portato nell’attuale dibattito quell’utile contributo che dalle persone intelli­ genti che la compongono poteva attendersi.

E apparso in questa circostanza che non può l’Estrema Sinistra, diventata numerosa, man­ tenersi in un atteggiamento unicamente negativo, senza rendere infecondo il lavoro parlamentare. Essa aveva molto chiaro davanti a sè ed al paese il programma da sostenere nell’ attuale momento politico : appoggiare il Ministero Za- nardelli, perchè e colle dichiarazioni e coi fatti si mostrava più liberale di quello che non lo fossero certamente coloro che sostennero il Mi­ nistero che precedette quello dell’ on. Saracco.

Ma tolte queste due parti della Camera, Estrema Destra ed Estrema Sinistra, le quali insieme, se fosse possibile metterle insieme, non costituirebbero una maggioranza; il vero dibat­ tito si svolse fin qui tra i due centri, quello ca­ pitanato dall’on. Sonnino e quello che segue gli on. Zanardelli-Giolitti. Tutti e due questi partiti sont, non occorre dirlo, monarchici, e malgrado le violenti accuse di una parte della stampa di opposizione, nessuno pensa sul serio che Zanar- delli o Giolitti sieno antimonarchici.

Ma se su questo punto sono d’accordo, si trovano invece in estrema opposizione nelle ten­ denze di governo.

L’ on. Sonnino, il cui discorso è stato senza dubbio notevolissimo, in sostanza ha asserito :

1° che non vorrebbe leggi eccezionali (però ha accennato che le se leggi attuali non bastano, altre se ne dovrebbero proporre);

2° che non vuole impedire gli scioperi, nè sciogliere le leghe dei contadini;

3° che solo vorrebbe che il Governo eser­ citasse una influenza morale per impedire che il movimento economico avesse una tendenza poli­ tica, che teme e crede contraria alle istituzioni.

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372 L ’ E C O N O M IS T A le plebi agricole hanno buone ragioni per do­

mandare il miglioramento nella loro condizione e se la resistenza ad accordare tali miglioramenti viene da parte dei proprietari?

Mai in Italia vi furono in così breve periodo tanti scioperi come in questo semestre; e bisogna pure riconoscerlo, in paragone al numero degli scioperanti, alle vaste regioni dove avvennero gli scioperi, alla diversa coltura della classe che sciopera, mai come in questo periodo furono minori i disordini e le violenze per quantità e per intensità.

Ma, si afferma, vi sono i deputati della Estrema Sinistra od i loro amici che approfitta­ no delle circostanze per fare la loro propaganda e per eccitare i contadini a stringersi in leghe e ad abbandonare il lavoro. E in molti casi sarà benissimo; — ma come può avvenire altrimenti se intanto che i socialisti si fanno in mezzo al po­ polo agricolo e lo catechizzano perle loro dottrine, i grandi proprietari o fanno interpellanze al Se­ nato o scrivono articoli nella Nuova Antologia, per dimostrare che le condizioni delle classi agri­ cole, per quanto sieno miserrime, non possono essere migliorate, senza la jattura della pro­ prietà; proclamando così una irreparabile incom­ patibilità tra i proprietari ed i lavoratori ?

In verità che se il Governo, come tale, deve esercitare una qualche influenza, è quella di far vedere più chiaramente che sia possibile che le istituzioni in questi conflitti stanno neutrali; ma se mai una influenza morale possono esercitare, essa deve essere rivolta verso i miseri.

Un altro punto è stato sostenuto ed è quello della libertà del lavoro ; si asserisce, ed è cer­ tamente vero, che molti contadini furono indotti ad abbandonare il lavoro, non perchè questo fosse nel loro desiderio, ma perchè vi furono costretti dalla violenza morale dei loro compa­ gni. Si vorrebbe quindi che il Governo eserci­ tasse la sua influenza, qui non si dice morale, per far rispettare la libertà del lavoro.

Lasciamo stare che nessuno ha detto con qual metodo si possa impedire la violenza mo­ rale, il boycotaggio ; ma pare che coloro, i quali si maravigliano di questa forzata adesione di alcuni allo sciopero dei molti, dimentichino che la disciplina di corpo, di classe, di ufficio, di partito, è uno dei principii che più si è istillato colla parola e coll’esempio alle moltitudini.

Ohe forse gli onorevoli Saracco e Sonnino non sarebbero usciti dal Gabinetto Crispi, quando intraprese la infausta guerra d’Africa, se lo spi­ rito di partito non li avesse costretti a rima­ nervi fino alla fine.

Che forse oggi l’on. Wollemborg sarebbe ancora Ministro delle Finanze, se la disciplina di partito non lo obbligasse a restare al po­ tere ?

Che forse gli ondeggiamenti dell’on. Di Ru­ di ni tra Sonnino e Zanardelli non rappresentano una lotta che egli sostiene tra il suo pensiero liberale e la disciplina di parte ?

Perchè adunque questo stesso spirito di corpo o di classe si pretende che non si esplichi tra le moltitudini che discutono i loro interessi collettivi ?

L ’on. Sonnino vuole un Governo forte, ed

23 giugno 1901 ha ragione; ma un Governo per essere forte ha bisogno di avere una forte maggioranza; e perchè vi sia una forte maggioranza bisogna che i Capi dei diversi gruppi imparino ad allearsi tra loro quando non sono divisi da grandi diffe­ renze di convincimenti. E allora l’on. Sonnino deve riconoscere che egli stesso non potrebbe avere una maggioranza forte, finché mantiene delle incompatibilità personali cogli uomini che non hanno un pensiero politico gran fatto diverso dal suo; perchè sono appunto queste incompati­ bilità personali che lo obbligano poi ad una linea di condotta affatto personale la quale è la ne­ gazione del concetto di una grande maggio­ ranza.

A chi ben guarda, tra il discorso dell’onore­ vole Sonnino e quello dell’ on. Giolitti non vi è una differenza sostanziale di principii; sono due uomini (non vogliamo ora giudicare la loro atti­ tudine al Governo) che non sono divisi da con­ cetti molto diversi. In questo momento si tratta specialmente della attitudine del Governo di fronte agli scioperi; l’uno e l'altro riconoscono la libertà dello sciopero; l’ uno e l’ altro riconoscono il diritto delle plebi agricole di riunirsi in leghe; l’ uno e l ’ altro ammettono che occorrono dei miglioramenti alle classi agricole; —- soltanto tutti questi punti comuni l’ uno li attuerebbe con tendenza meno liberale dell’ altro; non vi è dun­ que un disaccordo stridente. Ma ciò che è invece stridente è il diverso significato del nome dei due uomini!

Sopra queste delicate questioni che impli­ cano il giusto rispetto delle leggi e la intelli­ genza dello spirito dei nuovi tempi, l’ on. Sonnino ha a suo favore dei bei libri che lo indichereb­ bero come un economista umanitario e liberale; ma ha a suo carico tutto ciò che ha detto e fatto fare di mostruoso durante il Ministero Pelloux. Può esserne pentito; ma per cancellare quella pagina di storia occorre molto tempo.

L ’ on. Giolitti ha a suo danno la debolezza colla quale si condusse nel Ministero da lui pre­ sieduto durante la crisi delle Banche; ma ha a suo vantaggio la sua attuale linea di condotta, per la quale riuscì a mantenere l’ ordine pub­ blico, sebbene tante agitazioni di vario genere si succedessero, che in altri tempi hanno dato luogo a dolorosi e sanguinosi conflitti.

Più adunque che nei due discorsi, le due tendenze si imperniano nel significato che, a torto od a ragione, vien dato ai due nomi; ed il signi­ ficato dell’ uno è molte diverso da quello del- 1’ altro per ciò che riguarda l’ indirizzo della po­ litica interna generale.

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23 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 373

LA QUESTIONE DI NAPOLI

vi.

Mediocrità economica e morale.

(Nostra corrispondenza)

E ora, mentre il nuovo R. Commissario, comm. Chiaro, succeduto al comm. Gl-uala, va compiendo atti di cosciente e illuminata, si, ma viva e rapida energia, (continui, continui, commen­ datore, che ce n’ è un bisogno!....) sarebbe il caso di dare un’ occhiata alle condizioni economiche di Napoli. Ci spingerebbe a indagini importan­ tissime di per se stesse, ma frattanto porrebbe in luce il nesso strettissimo che v’ è tra lo Stato economico e quello morale della cittadinanza, la relazione di dipendenza reciproca che intercede tra i due elementi.

Consentitemi una breve giustificazione per­ sonale. É tutt’ altro che estranea al nostro tema. Nella mia prima corrispondenza dissi che il problema economico prevale, perchè più fonda- mentale, più antico, più permanente; e prima di terminare mi venne fatto di ripetere che la questione economica è più antica dell’altra e du­ rerà più a lungo.

Questo aggettivo antica mi ha procacciato, in via privata, osservazioni da parte di persone autorevoli ed egregi amici. Bada, mi hanno detto, tu sbagli: la malattia morale è più antica assai del disagio economico, l’ ambiente morale della città di Napoli, e della regione di cui essa è cen­ tro, è guasto da secoli. Ciò è tanto vero che, a suo tempo, alcuni uomini di Stato piemontesi, per paura del contagio, avversarono l ’ annessione. I rimedi economici, che pur ci vogliono, non ba­ sterebbero.

E che non bastino, io devo esserne persuaso quanto chicchessia, se in più d ’ una lettera ho tanto insistito sulla necessità (adesso riconosciuta, pure) che l’ inchiesta sia larghissima ed esauriente, e sull’ altra necessità od utilità somma (pur troppo invece non abbastanza presa in considerazione) che per Napoli il regime eccezionale e non elet­ tivo abbia una durata più lunga di quella con­ sueta. Riguardo poi alla maggiore o minore an­

zianità rispettiva dei due malanni napoletani

che ci occupano, convengo di non essere stato felicissimo nello esprimermi. Io per altro non in­ tendevo risalire, non dirò alla creazione del mondo, ma neppure al tempo della costituzione del Regno d’ Italia. In quel momento prescindevo da quei difetti di educazione civile e pubblica, non an­ cora scomparsi, che sono funesto retaggio del pessimo regime politico dei borboni, e avevo solo presenti al pensiero i gravi fatti che furono og­ getto di sdegno universale e di scandalo. E poi­ ché delle agitazioni clamorose contro l’ immora­ lità delle amministrazioni locali, disgi iziatamente siamo tutt’ altro che alla prima, intendevo allu­ dere solo a quella che anche oggi perdura, o al­ meno alle più recenti.

Entro questi limiti, non credo inesatto l’ af­ fermare che la questione economica è più antica di quella morale, massime nel senso che gli clementi di una e quelli dell’ altra hanno bensì

tutti, come succede nei circoli viziosi, il doppio carattere di causa e di effetto, ma i primi, se­ condo me, sono specialmente causa, i secondi specialmente effetto, e non viceversa.

Il piccolo fatto personale è esaurito. *

* *

Ma non l’ indagine sul da farsi. Einchè ci si limita al quesito se in origine furono le con­ dizioni economiche della città quelle che pro­ dussero le sue condizioni morali, o se la cosa andò per il verso opposto, potrà anche avere ragione Pasquale Villari di notare che è sem­ pre difficile dire chi nacque prima, 1’ uovo o la gallina. La questione cambia aspetto quando si venga alla ricerca dei rimedi.

Che i primi provvedimenti d’ indole morale (inchiesta e sospensione, pur troppo breve, del regime elettivo) dovessero avere la precedenza, era naturalissimo. Non saranno, io credo, i più efficaci, ma erano i più urgenti. Erano d’ altronde i più facili ad attuarsi. Avranno quel risultato che a suo tempo vedremo e per ora giova spe­ rare che non sia per essere tanto piccolo. Ma non sarebbe durevole — insisto su questo punto — se nel frattempo, cioè fino da ora, subito, non si iniziassero anche provvedimenti economici. Senza di essi non si fa nulla di fruttuoso. L ’ in­ chiesta sarà più diligente e più rigorosa di altre, ma non è ormai più la prima. Il regime straordi­ nario sarà durato un po’ più del solito, ma lo si applica già per l’ undecima volta. Ci saranno destituzioni in via amministrativa, anche processi e condanne penali, crolleranno riputazioni male usurpate, saranno esclusi dalla vita pubblica al­ cuni e magari parecchi de’ peggiori, e sarà bene. Resteranno più o meno lacerati i tessuti di certe dannose clientele, più o meno disfatti i nuclei di certi interessi loschi, e sarà benissimo. Ma gli uni e le altre si formeranno di nuovo e gli inetti e i disonesti torneranno a prevalere, se la mag­ gior parte della popolazione non avrà acquistato o non sarà sulla via d’ acquistare quel sufficiente grado di indipendenza e forza economica, che oggi le manca e che è l’ elemento primo di in­ dipendenza e forza morale.

Demolire sta bene : bisognava cominciare di lì, si è cominciato coi provvedimenti presi e me ne compiaccio. Ma è il meno : bisogna an­ che riedificare, con disegno più razionale e con materiali più saldi e di miglior qualità; ed in questo deve consistere l ’ opera multiforme del risorgimento economico.

*

* * i

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374 L ’ E C O N O M IS T A 23 giugno 1901 pubblica, all’oceorrenza il magistero penale ; per

gli altri no, e ci vuole qualcosa che modifichi notevolmente e in meglio le condizioni di vita della gran massa numerica di cui fanno parte.

Per acquistare aderenti promettendo inde­ biti favori, per comprar voti con danaro contante, sono sempre i pochi che hanno bisogno dei mol­ tissimi, ma non riescono a trovarli fuorché quando e dove siano moltissimi coloro che per campar la vita alla meglio non possono fare si­ curo e stabile assegnamento sulle proprie forze. In caso diverso, siamo giusti, per fortuna non sono i più gli individui sempre disposti a vendere sé stessi, a porsi in una condizione di dipendenza a far getto assoluto della propria dignità. Ma pur troppo il bisogno è un cattivo consigliere. Fate che possano guadagnare tre lire al giorno tanti padri di famiglia che oggi non le guada­ gnano, e il numero dei sollecitatori, che di con­ tinuo ingombrano le scale e le anticamere del Municipio, diminuirà. Fate che possano guada­ gnarne cinque o sei tanti altri, e diminuirà il numero non solo degli agenti e galoppini elet­ torali, ma di quegli elettori che per dieci lire vendono il proprio voto. Lo so, non spariranno del tutto nè gli uni, nè gli altri: la perfezione non è di questo mondo. Ma ci saranno meno brighe, quando ne sia scemata, dirò così, la materia prima ; ci sarà meno compra-vendita di voti, anche perchè la borsa dei candidati non è inesauribile, quando un voto non costi più 5 o 10 lire soltanto, ma 50 o 100.

E quello che si dice a proposito di corru­ zione elettorale, si potrebbe applicare a tante altre forme di sudditanza economica, dalla caccia infaticabile ai più meschini impiegucci, fino alla più disarmata dedizione alle voracità dell’usura.

La causa prima è sempre una : scarseggia grandemente, in confronto coll’ imponente numero della popolazione, il lavoro libero e produttivo, 11 lavoro costante e rimuneratore. E scarseggia per tutti, veh! cominciando dalle più umili classi della cittadinanza, che sono le più numerose, è su su fino a quelle che vorrebbero essere, ma poco possono e sanno essere dirigenti.

Ora, non solo il lavoro, qualunque ne sia la natura, è grande moralizzatore e migliora, sotto ogni rispetto, l’uomo che vi attende ; ma, come dicevo poc’anzi, molte pessime abitudini che qui deturpano la vita sociale, non si possono note­ volmente mutare, fuorché per virtù d’un graduale aumento di agiatezza in tutte o quasi tutte le classi della popolazione napoletana.

Che il disagio economico sia così generale, pophi, fuori di qui, lo sanno o sono propensi a crederlo. In un’ altra lettera guarderemo le cose più da vicino ; poi verremo a dire dei rimedi possibili.

E. Z.

LA DIFESA DEI DIRITTI

D E G L I OBBLIGAZIONISTI

La difesa degli interessi comuni degli ob­ bligazionisti è sempre un tema di attualità, per­ chè ancora non si è trovato un modo facile, lo­

gico e senza inconvenienti, per tutelare quella massa di creditori delle Società per azioni che prestano per milioni e milioni a un interesse fisso, senza alcuna garanzia speciale. Se in pas­ sato, quando i titoli di credito e quindi anche le obbligazioni erano poco diffusi fra il pubblico, si poteva comprendere che la legge non si desse pensiero di ordinare una tutela speciale degli ob­ bligazionisti; ai nostri giorni essa diventa invece una necessità e un provvedimento giusto e logico. Le obbligazioni, specie in certe categorie di im­ prese esercitate da Società anonime, tendono a crescere di importanza numerica e di valore complessivo ; e ciò perchè non di rado il capitale azionario preferisce ricorrere alla emissione di obbligazioni, anziché all’ aumento di capitale, onde riservare i maggiori utili sperati al capitale iniziale.

Sta in fatto che gli obbligazionisti non pos­ sono da noi e in altri paesi in alcun modo riu­ nirsi per provvedere alla difesa dei loro inte­ ressi e se anche tutti potessero accordarsi intorno a una linea di condotta richiesta dalle contin­ genze, non riescirebbero a esercitare un’ azione pronta, facile ed efficace. Invece in Germania con una legge recente, or non è molto analizzata da un giurista francese, il prof. Lyon-Caen, alla Società di legislazione comparata (Bollettino del febbraio u. s.), si è tentato di risolvere 1’ impor­ tante problema economico e giuridico della tu­ tela dei diritti degli obbligazionisti.

La nuova legge imperiale germanica ha cer­ cato di proteggere gl’ interessi comuni degli ob­ bligazionisti con due mezzi che si riannodano tra loro; dapprima essa organizza obbligatoriamente le assemblee di portatori di obbligazioni, delle quali determina i poteri, poscia conferisce a quelle assemblee la facoltà di scegliere uno o più rappresentanti.

Le assemblee di obbligazionisti sono im­ poste da questa legge soltanto quando le obbli­ gazioni raggiungono la cifra di 300 ed esse am­ montino a 300,000 marchi. Quando in seguito ai rimborsi le obbligazioni scendono al disotto di, 100 e il loro ammontare diventa inferiore ai 100,000 marchi, non e’ è più assemblea, nè rappresen­ tanti di obbligazionisti, la qual cosa è abbastanza strana, ma lasciando da parte questa particolarità e data l’ ipotesi nella quale l’ assemblea degli ob­ bligazionisti sia imposta dalla legge, vediamo come si svolgono i fatti.

Spettaal mutuatario,ossia alla Società, di convo­ care questa assemblea. Ma bisognava prevedere il caso, possibilissimo, in cui la Società non si mo­ strasse punto pronta a fare questa convocazione ; il legislatore tedesco vi ha provveduto. Gli ob­ bligazionisti rappresentanti un ventesimo almeno delle obbligazioni in circolazione o il rappresen­ tante degli obbligazionisti, se c’ è, possono do­ mandare la convocazione dell’ assemblea. E que­ sta convocazione è chiesta dapprima alla Società, poi al tribunale, se la Società non fa ragione alla domanda che le è stata rivolta. Quando la Società è soggetta alla sorveglianza dell’ ammi­ nistrazione questa ha il diritto di convocare essa stessa l’ assemblea o di farla convocare dalla Società.

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23 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 375 prendere che dei portatori di obbligazioni, le

quali conferiscano i medesimi diritti, sia dal punto di vista del saggio dell’ interesse, sia da quello dell’ ammontare del rimborso. Sicché se vi fos­ sero obbligazioni, ad esempio, 2 lp2, 3, 3 1[2 0]0 o 3 0|0 nuove e 3 0[0 vecchie, ciascuna catego­ ria di obbligazionisti formerebbe delle assemblee distinte. L ’ assemblea così costituita ha il potere di prendere le decisioni che crede su tutte le que­ stioni di interesse comune, alla maggioranza as­ soluta dei voti. Tuttavia, in ragione della loro gravità, certe decisioni non possono essere prese che a condizioni eccezionalmente rigorose; ad esempio, quando si tratta di ridurre l’ interesse e di concedere la moratoria al mutuatario per evi­ targli la cessazione dei pagamenti o la dichiara­ zione di fallimento, la maggioranza dev’ essere dei 3j4 dei voti emessi e rappresentare una parte importante del totale delle obbligazioni.

L ’ assemblea degli obbligazionisti, essendo tenuta per deliberare e non per agire, deve no­ minare uno o più rappresentanti, se occorre av­ viare delle trattative con la Società o intentare azioni contro terzi, eco. Questo rappresentante può essere nominato per un dato atto o per agire in generale in nome degli obbligazionisti secondo ciò che giudicherà utile. La legge tedesca tut­ tavia gli accorda un potere importante, quello di assistere alle assemblee della Società, che ha preso capitale a prestito, e di prendere parte alle deliberazioni; riceve inoltre comunicazione di tutti i documenti che sono presentati ai membri di quelle assemblee. Questo rappresentante de­ gli obbligazionisti può essere revocato, ma sono prese delle precauzioni perchè non lo sia troppo facilmente. Bisogna avvertire che salvo stipula­ zione contraria, l’ esistenza di questo rappresen­ tante non sopprime punto l’ esercizio dei di­ ritti individuali degli obbligazionisti. Se i poteri del rappresentante possono essere più o meno estesi, secondo ciò che decidono gli obbligazio­ nisti, non è a dire lo stesso dei poteri conferiti dalla legge a questi ultimi riguardo alla Società. La legge, avendo per scopo di proteggere gl’ in­ teressi comuni degli obbligazionisti, le sue di­ sposizioni sono imperative. Così non potrebbe essere validamente stipulato fra le condizioni di un prestito, che non si farà l’ assemblea degli obbligazionisti, che questa assemblea non potrà eleggere il rappresentante o che questo rappre­ sentante non potrà assistere alle assemblee de­ gli azionisti della Società.

La rappresentanza degli obbligazionisti è sopratutto utile nel caso di fallimento della so­ cietà debitrice; c’ è infatti allora gran vantaggio che un rappresentante degli obbligazionisti possa sorvegliare il fallimento per conto di tutti e vo­ tare in nome di tutti nelle assemblee della massa dei creditori.

La legge tedesca ha considerato questo caso speciale. Essa dispone che quando il mutuatario è in fallimento, l’assemblea degli obbligatari deve essere immediatamente convocata per decidere se è il caso di nominare un rappresentante, dato che non ve ne sia già uno. Il diritto di doman­ dare la convocazione degli obbligazionisti, in questo caso di fallimento, appartiene non sol­ tanto a questi, ma anche al sindaco e ai credi­

tori controllori. Le convocazioni sono fatte dal tribunale che ha dichiarato il fallimento. Il giu­ dice che presiede le assemblee della massa dei creditori ha pure la presidenza delle assemblee obbligatorie.

Tale è, nelle grandi linee, il sistema adottato dal legislatore tedesco per la protezione e la di­ fesa degli interessi comuni dei portatori di ob­ bligazioni. Se l’opera sua solleva qualche critica, si tratta sopratutto di critiche di dettaglio e si deve riconoscere che questa legge evita di con­ siderare gli obbligazionisti come dei soci; per essa non sono che dei mutuanti. Questo è l’es­ senziale, perchè il contrario sarebbe una viola­ zione flagrante del diritto e sarebbe anche dan­ noso alle società per azioni.

Di questo problema della difesa degli ob­ bligazionisti si sono occupati anche altri Stati, ma in modo non perfetto. Nel Belgio, ad esempio, si trovano alcune disposizioni legali che inte­ ressa conoscere, specialmente quella che accorda agli obbligazionisti la facoltà di assistere alle assemblee degli azionisti con voto consultivo e l’altra che permette loro di studiare i documenti di cui la comunicazione agli azionisti è prescritta dalla legge. È press’a poco tutto quello che si trova nel Belgio, ma è pure qualche cosa. Del resto una Commissione extra-parlamentare, no­ minata dal Ministro della giustizia, ha elaborato un progetto di legge relativo « alle obbligazioni e ai diritti dei titolari delle obbligazioni emesse dalle società commerciali ». Senza esaminarlo ora, diremo solo ch’osso crea una individualità giuri­ dica detta sindacato, che rappresenta tutti i por­ tatori di obbligazioni di una stessa emissione fin dal collocamento anche parziale dei titoli e che nasce ipso facto. In Inghilterra non c’ è legge che organizzi la difesa degli interessi comuni degli obbligazionisti ; ma l’uso ha dato loro al­ cune facilitazioni, e in Francia, anzi, alcuni giu­ risti credono che senza ricorrere a una legge nuova la legislazione francese permetterebbe di accordare agli obbligazionisti delle garanzie ana­ loghe a quelle che essi hanno ora al di là della Manica.

In Francia, del resto, la giurisprudenza ha recato negli ultimi tempi qualche miglioramento alla situazione degli obbligazionisti riconoscendo specialmente che un terzo qualsiasi può gerire gli affari degli obbligazionisti e ch’esso può ot­ tenere una ipoteca a profitto degli obbligazionisti, l’ indicazione del nome dei creditori non essendo secondo la giurisprudenza francese sostanziale e la sua omissione privando solo la iscrizione ipo­ tecaria di certi effetti. La Corte di Cassazione ha facilitate le cose autorizzando il gerente di affari a designare se stesso nella inscrizione per rice­ vere le notifiche che dovranno essere fatte ai creditori. Ma è chiaro che questo è insufficiente e che la vera organizzazione degli obbligazio­ nisti manca ancora in Francia.

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376 L ’ E C O N O M IS T A 23 giugno 1901 diritti e nominare dei rappresentanti, senza per

questo che si abbia una confusione di poteri e di attribuzioni, che sarebbe assai nociva agl’inte­ ressi delle società per azioni. Bisogna andare assai cauti nel dare facoltà agli obbligazionisti, perchè da quelle potrebbero venire ostacoli gravi al funzionamento dell’azienda sociale; ma qualche cosa si può certo fare per la loro tutela; e la legge tedesca può dare, a tale riguardo, qualche utile indicazione.

L’ EVOLUZIONE ECONOMICA DEL SECOLO H I

Su questo interessantissimo argomento l ’egre­ gio avv. Edoardo diretti ha tenuto or non è molto una conferenza, che ci piace riassumere, perchè presenta idee e fatti che meritano la maggiore considerazione.

Egli esordì col mettere in rilievo il grande fatto che si iniziò al principio del secolo X I X e che tutto lo domina.

Questo fatto è il passaggio successivo dalla piccola alla grande industria, dal regime della produzione isolata alla divisione del lavoro, alla in­ ternazionalizzazione, alla unificazione dei mercati. La macchina a vapore e la libertà del lavoro sono stati i grandi agenti e propulsori del pro­ gresso economico del secolo scorso.

L ’ avv. Giretti fece una rapida e sintetica decrizione dello stato delle industrie e dei com ­ merci nel regime della produzione isolata, finito colla invenzione della macchina a vapore e cogli assalti portati dagli Economisti e dagli Enciclo­ pedisti al sistema delle Corporazioni, alla Monar­ chia feudale. Queste istituzioni, non più adatte alle nuove condizioni di fatto, erano degenerate e diventarono nocive dopo essere state necessarie ed utili.

La scoperta di ^,Vatt aumentava in modo prodigioso la facoltà produttiva degli uomini. Essa avverava la previsione di Aristotile che la schiavitù sarebbe cessata il giorno in cui il mar­ tello e la spola avrebbero potuto lavorare da soli. Fu di moda di imprecare alle macchine. Non mai accusa fu più infondata ed ingiusta. Certo ogni progresso umano dà luogo a sofferenze ed a dolori. Così fu del passaggio dalla piccola alla grande industria.

I mali isolati, passeggeri non ci devono però far dimenticare il miglioramento grandissimo che ne è seguito, specialmente per ciò che concerne le condizioni della vita del maggior numero de­ gli uomini.

Anche se non si voglia tener conto che la popolazione del mondo è piu che raddoppiata nell’ ultimo secolo, devesi tenere presente che l’ operaio d’ oggigiorno si nutre, si veste meglio che l’ operaio di cento anni or sono.

Molte cose che erano un lusso pei nostri nonni sono un conforto comune per noi, saranno pei nostri nipoti un consumo di prima necessità. Di ciò noi andiamo debitori alle macchine. Esse anche moralmente, hanno migliorato le condi­ zioni delle classi lavoratrici, trasformandole da

agenti bruti della produzione in menti diret­ trici.

Non siamo che al principio della accennata evoluzione, ma checché ne paia a certi pessimi­ sti per carattere o per professione il passato è caparra di un avvenire migliore.

Non mancano per vero le ombre del quadro. Anche senza essere pessimista non si può non constatare con dolore che il progresso morale non è andato di pari passo col materiale. Un senso di sconforto invade chi senza partito preso si fa a confrontare i progressi meravigliosi con­ seguiti nella produzione della ricchezza con quelli infinitamente minori che si riscontrano nella sua distribuzione e nel suo consumo.

Osservando però bene le cose si scorge come questi inconvenienti sono lontani da essere in­ sanabili. Essi sono la conseguenza di superstiti pregiudizi, della rapidità stessa con cui i pro­ gressi della industria si sono compiuti e si stanno compiendo sotto i nostri occhi.

I popoli di Europa soffrono di una malattia di opinioni. Nel regime della grande industria e della libertà e solidarietà crescente degli inte­ ressi mondiali essi continuano a vivere come vi­ vevano nel vecchio regime dell’ isolamento econo­ mico, delle monarchie assolute, delle diffidenze e gelosie internazionali.

Così si spiega lo stato di militarismo e di protezionismo nel quale ci ostiniamo a rimanere, che è la negazione del progresso, della scienza, delle leggi economiche naturali che portano di più in più gli uomini ad essere fratelli, avvinti come sono dai vincoli di un grande e solo inte­ resse comune.

Fortunatamente questi sforzi regressivi com­ piuti nell’ interesse cieco ed egoista delle classi dominanti sono destinati all’ insuccesso finale. La legge di internazionalizzazione è più forte di tutti gli ostacoli che essa trova sulla sua strada.

Gli Economisti del principio del secolo X IX lo avevano perfettamente capito. G. B. Say aveva detto a ragione che la legge degli scambii e de­ gli sbocchi avrebbe finito per capovolgere radi­ calmente la vecchia politica del mondo, fondata sulla dominazione, sull’ odio dello straniero e pro­ ducente dei debiti, degli abusi dei tiranni e delle rivoluzioni. La nuova politica economica procu­ rerà invece, colla attrattiva di una convenienza reciproca, degli amici. Essa estenderà il circolo delle relazioni utili e darà origine ad una pro­ sperità durevole, perchè naturale.

Non è possibile studiare la evoluzione eco­ nomica del secolo X I X senza dare almeno uno sguardo rapidissimo ai movimenti sociali che ne sono risultati e che hanno assunto ai giorni no­ stri una ampiezza non mai prima veduta.

Anche per chi crede che la maggior parte dei principii del moderno socialismo siano eco­ nomicamente un regresso e socialmente una pe­ ricolosa utopia è dovere di rendere omaggio alla purezza ed alla onestà degli intenti, alla fermezza delle convinzioni, alla innegabile buona fede del maggior numero dei capi ed alla ammirevole di­ sciplina dei gregari socialisti.

(7)

23 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 377 vece accogliere e propugnare, perchè conforme

ai propri principii, quasi completamente quello politico, del quale fanno parte la cessazione delle guerre e del militarismo, la Eederazione degli Stati inciviliti, lo innalzamento civile e morale della donna colla uguaglianza dei diritti fra i due sessi.

Qui 1’ avv. Giretti passò a confutare il pro­ gramma economico dei socialisti che egli consi­ dera in opposizione alla legge di progresso na­ turale, che per dirla collo Spencer, tende di più in più a sostituire il contratto libero degli indi­ vidui all’ atto di volontà sovrana, la associazione spontanea alla coatta.

I teorici del socialismo a difesa del loro pro­ gramma dicono che questo è la conseguenza na­ turale del movimento di concentrazione indu­ striale che si manifesta dappertutto al momento in cui siamo.

E falso che questo movimento sia una vit­ toria del socialismo sull’ individualismo. È invece il contrario.

Tolta ogni ingerenza nociva delio Stato (da- zii protettori od altro privilegio da esso accor­ dato) questo movimento si compie spontanea­ mente per le sole forze naturali. Esso quindi risponde ad una necessità, ma rispetta la libertà e la volontà degli individui.

Tale movimento è facilitato in modo prodi­ gioso dalla crescente mobilitazione dei capitali. La proprietà mobiliare è la forma democratica per eccellenza della proprietà. Suo è l’ avvenire, come il passato fu della proprietà immobiliare, fondiaria.

Nella proprietà mobiliare e nelle infinite forme di cui essa sarà suscettibile, appena la legge sempre in arretrato sulle conquiste della scienza e della industria avrà cessato di ostaco­ larla ed impedirla, si uniscono meravigliosa­ mente integrandosi e fecondandosi a vicenda i due principii dell’ « individualismo » e della « as­ sociazione » o, come diceva Mazzini, della « li­ bertà » e della « associazione ».

Tutta la storia economica del secolo X I X è là per dimostrarci che ogni progresso ottenuto è stato il risultato di una piccola dose di libertà strappata a chi aveva l’ interesse e la forza di negarla.

Si è, parlato di una pretesa bancarotta della libertà. E invece il vincolismo, il despotismo che ha fatto e farà sempre più fallimento.

Lo vediamo specialmente per ciò che si ri­ ferisce al lavoro.

Esso non ha conseguito che assai tardi quel poco di libertà che ora e non dappertutto pos­ siede. I paesi nei quali la piena libertà del la­ voro è rigorosamente sancita e protetta sono an­ cora una infima minoranza. Essi però sono gli antesignani del progresso ed hanno dato una com­ pleta smentita alla teoria marxista della inferio­ rità incurabile delle classi lavoratrici nella con­ correnza economica, alla pretesa legge della « proletarizzazione crescente » della società.

II Giretti esaminò brevemente le limita­ zioni nei varii paesi apportate al diritto di scio­ pero e di coalizione pacifica.

Provò coll’ esempio dell’ Inghilterra come la

migliore cura ed il migliore preservativo dello sciopero è la piena libertà ad esso lasciata.

Nella libertà lo sciopero andrà gradata­ mente sparendo. Alle Associazioni di resistenza gli operai troveranno interesse di sostituire le Associazioni commerciali di lavoro secondo la formula insegnata pel primo dall’ illustre econo­ mista de Molinari e che un altro economista, il Guyot, ha ora ripresa facendone l’ oggetto di una viva ed indefessa propaganda.

E questa la vera e sana forma delle Coope­ rative di lavoro, di cui abbiamo in Italia un esempio pratico nelle utilissime Associazioni di braccianti delle Romagne e dell’ Emilia.

Ricavando il succo delle cose esposte, il conferenziere disse di credere sinceramente che le previsioni dell’ avvenire sono più liete che tristi. Le ragioni a sperare, a suo avviso, preval­ gono e di molto sulle contrarie.

Ma è necessario ed urgente di sopprimere gli abusi che fanno torto alla civiltà attuale.

Essi hanno due forme speciali : il militari­ smo ed il protezionismo. Queste due forme si possono comprendere in una sola: « la schiavitù politica ».

Se cessasse la schiavitù politica delle mag­ gioranze a benefizio delle minoranze privilegiate, la società civile vedrebbe tosto aumentare in modo straordinario il grado di agiatezza e di be­ nessere di cui gode.

Il De Molinari ha fatto il calcolo dei danni enormi che producono il militarismo ed il pro­ tezionismo. Questi due mostri divoratori assor­ bono almeno la metà del reddito della moltitu­ dine che vive del proprio lavoro quotidiano. « Sotto il regime della schiavitù la moltitudine lavorava tre giorni alla settimana pel signore. Essa lavora oggi altrettanto per il governo ed i suoi puntelli privilegiati, benché i servizii che essa riceve in cambio valgano appena una mezza giornata ».

Socialisti ed individualisti, pur differendo profondamente nei mezzi, hanno un ideale co­ mune. Questo ideale si può definire in due parole:

abbondanza e giustizia.

Tutta la storia del secolo X I X ci dimostra che ad ogni aumento delle pubbliche e private li­ bertà è jorrisposta una maggiore dose pratica di questo ideale.

Dunque non bisogna disperare, ma bisogna avere fede nella forza e nella virtù della li­ bertà.

Essa è l’ unico mezzo efficace per mettere freno al diffondersi delle utopie pericolose e delle teorie sovversive.

La reazione e la persecuzione avevano creato o rese potenti le sette anarchiche e socialiste- rivoluzionarie.

La libertà le va a poco a poco modificando e correggendo.

Sotto la benefica influenza della libertà il socialismo si va rapidamente trasformando ed evolvendo.

(8)

378 L ' E C O N O M IS T A 23 giugno 1901 rare che diventerà presto « liberale ». Già da

tempo si nota come molti scrittori socialisti vanno nuovamente accostandosi alla Economia politica, di cui avevano principiato per rinne­ gare i « dogmi », ponendosi con essa in diretta ed eperta antitesi.

Non impediscano i governi con folli e dan­ nose repressioni questa benefica evoluzione del

socialismo. . ...

Lascino tutte le idee libere di manifestarsi, di combattersi.

Lascino ai fautori delle più opposte teorie il diritto di fare legale e completa propaganda in loro favore.

Ne risulterà la vittoria definitiva dello « in­ dividualismo democratico e liberale » e nello stesso tempo la vittoria della « pace » e della solidarietà universale ».

Così il secolo X X potrà continuare e com­ piere l’ opera del secolo X I X . Già tra i neri nu­ voloni squarciati dell’ ora presente appare qua e là lo splendido sole di un giorno magnifico. Il secolo X X , del quale pur ieri abbiamo salutato la nascita, avvererà la previsione di Bastiat, « che il tempo non è più lontano, in cui l’ unione ed il benessere dei popoli saranno fondati sopra una base immutabile: la libera e fraterna comunica­ zione degli uomini di tutte le regioni, di tutti i climi, di tutte le razze ».

L’ ESERCIZIO ECONOMICO DELLE FERROVIE

sulle tre grandi reti *)

Due vantaggi pel pubblico deve procurare l’esercizio economico delle strade ferrate: la mag­ gior frequenza dei treni e la riduzione sensibile, nonché la semplificazione delle tariffe. Il tema delle tariffe ferroviarie, come nota giustamente l’on. De Nava, è uno dei più gravi e maggior­ mente degni di attenzione, in relazione a tutto l’ordinamento economico del paese. Egli crede anzi, che un contributo importante alla risoluzione del problema agricolo dell’ Italia, e più partico­ larmente delle regioni meridionali, potrebbe darlo appunto una trasformazione audace e geniale delle nostre tariffe e di tutto il sistema dei nostri tra­ sporti e delle nostre comunicazioni per l’ interno e per l’estero. Intanto, conviene notare che l’espe­ rimento della sensibile riduzione delle tariffe, nelle linee dove può attuarsi l’esercizio econo­ mico, potrà servire di utile ammaestramento e speriamo anche di riprova delle previsioni se­ condo cui la perdita che si avrà in principio sugli introiti dovrebbe essere sollecitamente compen­ sata dall’aumento dello sviluppo del traffico.

Il disegno di legge (art. 5) indica il limite massimo della media riduzione, in rapporto alle attuali tariffe generali e speciali approvate con la legge del 1885; e questo limite varia, con un concetto economicamente e industrialmente giusto, a seconda dell’ importo del prodotto di ciascuna linea, essendo conveniente una maggior riduzione

») Vedi il numero precedente AeW Economista.

sino al 40 °/0, ' n me(Iia. in quelle linee dove il prodotto è minore, e dove si spera con sensibili riduzioni di attuare e sviluppare il commercio ed allettare i viaggiatori.

Un tipo di siffatta tariffa, ridotta e sempli­ ficata, è quello che fu allegato al disegno di legge sul servizio economico della ferrovia Bologna- San Felice, facente parte della Rete adriatica.

Or bene, mentre secondo le tariffe normali le basi del prezzo del trasporto dei viaggiatori per l’andata semplice e per la l a classe è di cent. 11.6 (compresa l’imposta erariale del 160, escluso il bollo), per la 2a classe di 8.02 e per la 3 di 5.22 invece sulla ferrovia Bologna-San Felice, i prezzi sono di cent. 5.4 per la l a classe e 2.7 per la 3“, la seconda essendo stata abolita. Sicché la ridu­ zione unitaria risulta di cent. 5.9, 2.5 e 2.39 per le tre classi pari rispettivamente al 51.21, 31.64 e 46.95 per cento. Vi sono poi altre riduzioni sui biglietti di andata e ritorno e per le concessioni speciali. La tassa minima per l’andata semplice, è di 0.20 in 1* classe, di 0.10 in 3a classe, per l’an­ data e ritorno 1“ classe 0.30 e 3a classe 0,20. E naturalmente le riduzioni si estendono anche ai trasporti di merci, valori, bestiame, ecc.

Quanto alle tasse, l’attenzione della Commis­ sione è stata particolarmente richiamata su co- testo argomento per la importanza che ha assunto, specie negli ultimi tempi. E noto che sui tra­ sporti ferroviari pesano due imposte: 1° l’imposta erariale del 13 % sulla grande velocità e del 2 % sulla piccola velocità, aggravata dalla sopratassa per l’ istituto di previdenza che è rispettiva- menle del 3°/0 e dell’l u/o> ^ bollo uniforme di 5 centesimi per ogni biglietto di viaggiatore e per ogni riscontro di trasporto e consegna di merci e bagagli e di 50 centesimi pei biglietti di abbonamento.

Non sono nuove, uè ingiuste, dice il relatore, le critiche a tali imposte: alla prima per la sua gravezza, alla seconda per l’evidente sperequa­ zione, riuscendo eccessivamente pesante e spro­ porzionata ai piccoli costi.

Gli studi per trasformare la tassa di bollo da fissa in proporzionale per tutte le ferrovie, durano da un pezzo; nè pare possa temersene danno allo erario, poiché la trasformazione, se generalmente applicata, non dovrebbe diminuire i proventi, ma renderebbe soltanto più equo, più razionale e più proporzionato il carico.

È chiaro che se la necessità di tale riforma è invocata per tutte le linee, a maggior ragione s’ impone per queste, dove si va ad applicare l’esercizio economico, perchè riducendosì per esse a prezzi bassissimi il costo del biglietto, a brevi distanze (si può arrivare, come si è visto, anche a 10 centesimi) crescerebbe a dismisura l’eccesso e la sproporzione della tassa fissa del bollo.

(9)

23 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 379 Il Governo, anzi, coglie questa occasione per

chiedere la facoltà (art. 7) di procedere a tale trasformazione, d’ accordo con le Società eser­ centi su tutte le strade ferrate esercitate per conto dello Stato, e per le ragioni suddette e perchè, ripetesi, non è a temere di gravi danni al bilancio, la Commissione non può che con­ sentirvi.

Quanto all’ imposta erariale ed alle sovra- tasse per gli istituti di previdenza, si propone di ridurre senz’ altro queste ultime a 0,50 per cento del prodotto lordo e si chiede la facoltà di ridurre la prima dal 13 fino al minimo del 2 0[0. È stato opportunamente osservato come questa disposizione si riscontra già nelle Con­ venzioni ferroviarie, dove è ammesso che ai pro­ dotti dei treni viaggiatori per servizi suburbani e locali, e con treni composti della classe infe­ riore, con velocità non eccedente i 30 chilometri all’ ora e speciali modalità, invece di quella del 13 OiO possa applicarsi l’ imposta erariale del 2 per cento, stabilita pei trasporti a piccola velo­ cità. E questo è pure concesso, in dati casi, dal- l’ art. 36 della legge sulle ferrovie economiche.

Ad ogni modo è certo, diremo col relatore, che se l’ esperimento del nuovo servizio, mediante possibili ribassi di prezzi, vuol tentarsi, con pro­ babilità di successo, nel fine di conseguire, mercè siffatta innovazione, un accrescimento notevole del traffico, non si può prescindere dal diminuire eziandio l’ imposta erariale, che costituisce un aggravio non lieve sui trasporti, e che mante­ nuta nelle attuali proporzioni eserciterebbe, senza dubbio, una azione deprimente sullo sviluppo, che si vuole con ogni mezzo attivare.

Senonchè questa riduzione di tasse ha fatto sollevare una questione da parte delle ferrovie private, le quali invocano trattamento eguale a quello che col disegno di legge in esame si fa a tutte le strade ferrate in genere dello Stato per quanto ha tratto alla tassa di bollo, ed alle sole ferrovie esercitate economicamente, per quanto ha tratto alla imposta erariale. Nel progetto Branca, era concessa alle ferrovie private la fa­ coltà, consenziente il Governo, di procedere alla trasformazione della tassa di bollo fissa, in tassa proporzionale, con l ’ obbligo però alle Società di corrispondere del proprio l’ eventuale differenza in meno, tra il prodotto delle sopratasse pro­ porzionali e il prodotto della tassa di bollo, cal­ colato sulla media dell’ ultimo triennio.

Varie Società ferroviarie, cioè la Società della ferrovia Nord Milano, la Società Veneta per costruzioni ed esercizio di ferrovie seconda­ rie, l’ Unione delle ferrovie italiane di interesse locale, appoggiate anche dalla Camera di Com­ mercio di Torino, rivolsero petizioni al Senato, chiedendo in sostanza di estendere anche ad esse le disposizioni del progetto. Il Senato si inte­ ressò della questione che riguarda più di due­ mila chilometri di ferrovie (escludendo la rete Sarda, di più di 1000 chilometri, che vive sotto il regime di speciali convenzioni) e credè anzi di aderire, se non in tutto, in gran parte ai de­ siderati manifestati da quelle Società, proponendo, col consenso del Governo, di concedere a questi la facoltà di estendere anche alle ferrovie pri­ vate le disposizioni di questa legge, a due con­

dizioni però : la prima, che si tratti di linee non concorrenti alle linee dello Stato; la seconda (più importante e che riguarda più specialmente la questione delle imposte) che le Società assi­ curino un provento non inferiore a quello in corso per la tassa di bollo e per l’ imposta sui trasporti.

Il ministro proponente non crede ammissi bile che lo Stato favorisca a danno delle proprie linee ferroviarie nelle quali non ha interesse di­ retto e che se lo Stato s’ induce per le proprie linee a rinunziare a parte dei proventi delle tasse, ciò avviene perchè esso è direttamente in­ teressato alla riuscita dello esperimento, in quanto che i risultati che se ne otterranno potranno ser­ vire di norma pel futuro ordinamento ferroviario, mentre tale interesse non si riscontra nel caso delle ferrovie secondarie private.

Le Società ferroviarie private insistono però nel chiedere che sieno tolte quelle due condizioni, perchè osservano essere illusorio il beneficio quando si subordina alla condizione di assicurare il gettito attuale delle imposte.

Quanto alla imposta erariale sui trasporti esse notano non essere equo che si conceda la riduzione alle ferrovie dello Stato, e non alle al­ tre, creando così una ingiusta disuguaglianza, mentre il minore introito del bilancio potrà es­ sere largamente compensato da un maggiore get­ tito di altre imposte, per l’ aumento del traffico creato dalle nuove facilitazioni, e per l’ aumento di prosperità della regione servita dalla ferrovia economica. Per quel che riguarda poi la tassa di bollo esse si contenterebbero di ottenere la fa­ coltà di trasformarla in proporzionale, sia pure alla condizione di aumentare poi la percentuale, qualora il provento riuscisse inferiore all’ at­ tuale.

In conclusione, Governo e Commissione, con­ siderando che si tratta di un esperimento, pur ammettendo che le ragioni delle Società abbiano un certo valore, non hanno creduto di modificare il disegno di legge e quindi le due accennate condizioni rimangono immutate. Soltanto i mini­ stri competenti dichiararono che avrebbero preso impegno di presentare, entro un termine da pre­ figgersi, un apposito disegno di legge per rego­ lare tutt\ questa materia delle tasse.

E noi crediamo che questo sia stato buon consiglio, perchè si tratta, da un lato di solleci­ tare l ’ approvazione di una legge che è ormai necessaria e vivamente desiderata, dall’ altro di sistemare meglio una questione, quella delle tasse ferroviarie, che per le sue relazioni con la finanza e l’ economia va studiata con cura e risoluta con criteri generali, sicuri e ben definiti.

Rivista (Bibliografica

Georges Villain. — Le fe r , la houille et la métallur­

gie a la fin du X IX siècle. — Paris, Colin,

pag. XVI-342.

(10)

380 L ’ E C O N O M IS T A 23 giugno 1901 grande attività, subiscono una crisi economica,

della quale il sig. Villain ha voluto studiare le cause e accertare la importanza. In un lavoro veramente documentato e in base a statistiche laboriosamente raccolte in Francia e all’ estero, egli espone la situazione della produzione fran­ cese, le difficoltà che fa nascere la rarità del combustibile in Francia, nel Belgio, in Germa­ nia ; l’ azione degli uffici (comptoirs) metallur­ gici e dei sindacati di vendita tanto in Francia che negli altri paesi, specie in Germania; la po­ tenza di queste associazioni, ciò che esse hanno fatto per rimediare al rinvilio dei prezzi, alla sovrabbondanza dei prodotti, ma anche gli abusi che loro si possono rimproverare, gl’ inconve­ nienti che la loro onnipotenza può creare per gli interessi del consumatore.

Quantunque sieno assolutamente fondati sulle cifre, pure gli studi del Villain non hanno niente di arido ; egli è riuscito a far vedere chiaramente la situazione, a farne prevedere le conseguenze pro­ babili, ad appoggiare i suoi ragionamenti ad esem­ pi dimostrativi raccolti sul posto in tutti i centri metallurgici d’ Europa. Nè gli sono ignoti i fatti recenti dell’ industria americana, come il gigan­ tesco trust dell’ acciaio, sicché il libro è un qua­ dro istruttivo dell’ andamento recente dell’ indu­ stria metallurgica.

Ettore Zoccoli. — / gruppi anarchici degli Stati Uniti

e V opera di Max Stirner. — Modena, G-. T. Vin­

cenzi e nipoti, 1901, pag. XV1-2-15 (lire 3,50). E da avvertire che l ’ Autore si propone di scrivere, per incarico avutone da un editore in­ glese, una esposizione critica delle dottrine anar­ chiche. Intanto, col materiale, specie giornalistico, che ebbe motivo di procurarsi, il signor Zoccoli ci presenta i gruppi anarchici degli Stati Uniti, c’ informa sulla loro attività letteraria, sui loro metodi di propaganda e in modo speciale con­ sidera i gruppi di Boston e di Paterson, forse anzi certo, perchè sono quelli di cui si è maggior­ mente occupata la stampa italiana dopo l’ ultimo assassinio dovuto all’ anarchismo. Ma la parte principale del libro è nelle centotrenta pagine nelle quali lo Zoccoli studia la posizione dottri­ nale di Max Stirner e il suo individualismo anar­ chico.

E’ questo uno dei migliori studi che si pos­ seggono sullo Stirner ed esso ci fa sempre più desiderare che l’ autore possa darci l ’ opera pro­ messa sulle dottrine anarchiche, di cui abbiamo ora soltanto un frammento. Le ultime settanta- einque pagine di conclusione, trattano della co­ scienza anarchica, dell’ azione politica e della po­ sizione dell’ Italia nel movimento internazionale. Vi sono qui riflessioni acute che lasciano molto indietro quelle spesso cervellotiche fatte alcuni anni sono dall’ Hamon a proposito della sua in­ chiesta sulla psicologia dell’ anarchia socialista. Lo Zoccoli ritiene che l’ anarchismo ha biso­ gno, prima di fare appello ad un turbamento della coscienza, di suscitare una cerebrazione ra­ pida, complessa, torbida. Esso ha bisogno di sol­ leticare l’ amor proprio dell’ intellettualità latente di chi non ha potuto o voluto armarsi di almeno quella media coltura che è sufficiente per sve­ gliare, se non per acuire il senso dell’ errore. Egli

crede inoltre che l’ idea anarchica internazionale non sia che una grande manifestazione patologica di egoismo. E su questo punto lo Zoccoli scrive parecchie pagine che sono frutto di osservazione e studio profondo e dimostrano un intelletto acuto. Del resto tutto il libro è un contributo ec­ cellente allo studio del fenomeno dell’ anarchismo. Paul L o u is — La guerre économique. — Paris, Edi-

tions de la « Kevue Bianche », 1900, pag. 347 (3 fr. 50).

L ’ autore si è proposto di presentare la con­ dizione economica dei principali Stati dei due emisferi. Egli ha voluto mostrare quali cambia­ menti sono intervenuti nell’ equilibrio economico generale dopo la esposizione del 1889 e quali enormi zone di azione la grande industria ha conquistato in questi ultimi anni. A questo scopo egli ha studiato la decadenza commerciale della Francia, la crise commerciale del Regno Unito, l ’impero britannico, lo sviluppo economico della Germania, le condizioni dell’ Europa latina e di alcuni piccoli Stati, lo svolgimento industriale della Russia, dell’ Argentina, del Transvaal, la grandezza degli Stati Uniti, 1’ estremo Oriente e l’ evoluzione economica del globo. E nella trat­ tazione di questi vari e importanti argomenti il Louis ha modo di presentare cifre, considerazioni e critiche del maggiore interesse, non sempre accettabili a dir vero, anche perchè l’ autore, es­ sendo socialista, è portato a vedere le cose at­ traverso la lente delle teorie e, diciamolo pure, dei pregiudizi della scuola alla quale appartiene. Così, ciò che il Louis scrive dell’ Italia (pag. 155 a 169) non è scevro di errori. L ’ industria ita­ liana, egli scrive, è rimasta in generale rudimen­ tale e anemica, per mancanza di comunicazioni e sopratutto per la mancanza d’ impulso collettivo, la penisola non ha sviluppato che pochi rami della sua produzione. Ora è noto che le cause sono altre e che la questione è molto più com­ plessa. Ma anche non condividendo taluni giudizi dell’ autore, il suo libro rimane degno di atten­ zione, perchè è un quadro abbastanza completo, dalle tinte vivaci, della presente lotta economica internazionale.

Rivista (Economica

L ’ Ufficio del lavoro. — La Commissione di vigilanza sugli Istituti d’ emissione.

(11)

indù-23 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 381 striali e commerciali e non meno di dieci altri scelti

fra operai secondo le norme da stabilirsi al regola­ mento. L’ articolo terzo del disegno di legge dice: Il Consiglio superiore del lavoro è chiamato ad esa­ minare tutte le questioni concernenti i rapporti fra padroni ed operai; a suggerire i provvedimenti da adottarsi per il miglioramento delle condizioni degli operai ; a proporre gli studi el e indagini da compiersi dall’ ufficio del lavoro ; ad esprimere parere sopra i disegni di legge attinenti alla legislazione del lavoro e sopra ogni altro oggetto che il Ministro sottoponga al suo studio. Dal Consiglio superiore sarà eletto un Comitato permanente, il quale, per un certo senso, dovrà funzionare da Giunta esecutiva. Ai membri del Consiglio e del Comitato permanente che non risiedono in Roma saranno corrisposte le indennità di viaggio nella misura che sarà poi stabilita. L’ uf­ ficio del lavoro, secondo le disposizioni dell’ arti­ colo 6, pubblicherà ogni mese un apposito bollettino nel quale si raccoglieranno le notizie delle condizioni della produzione, del lavoro e dei lavoratori. Gli altri articoli del progetto riguardano il funzionamento dell’ ufficio e del Consiglio superiore. Queste, anche troppo sommariamente, le linee generali del disegno di legge, a cui aggiunge valore la perspicua rela­ zione premessavi dall’ onor. Zanardelli. Su di essa, come sul progetto, torneremo colla meritata atten­ zione, compiacendoci fin d’ ora che di questi grandi problemi moderni diano così solenne prova di studio e di interessamento i nostri governanti.

La Commissione di vigilanza sugli Isti­ tuti d’ emissione. — 11 12 corrente si è radunata la Commissione permanente di vigilanza sugli Isti­ tuti d’ emissione e sulla circolazione, con intervento del Ministro del tesoro, che ne è il presidente.

Questi, salutando gli intervenuti, richiamò la loro attenzione specialmente sulla relazione sull’ an­ damento degli Istituti nel 1900 e su quella relativa all’ ispezione straordinaria triennale.

A questo proposito egli ha pregato la Commis­ sione ad esaminare se il regime in vigore in questa materia debba rimanere immutato.

Ha osservato che dalle ispezioni triennali gene­ rali, per quanta buona volontà pongano i commissari nominati, l’ Ufficio d’ ispezione e gli stessi Istituti uel fornire tutti gli elementi por compierle, i risul­ tati non possono essere noti che dopo un lungo pe­ riodo, come nel caso attuale che non sono noti che dopo oltre un anno ; onde pregò studiare se non sia il caso di apportarvi qualche mQdificazione, limitan­ dola forse anche al solo accertamento delle immobi­ lizzazioni.

Ha poi avvertito come da più parti si fa cenno alla convenienza di modificare qualche parte delle leggi bancarie, onde ha rivolto preghiera alla Com­ missione di esaminare tale quesito alla stregua dei risultati dell’ ispezione triennale.

Dopo ciò pregò il senatore Boecardo ad assumere la presidenza, e si è ritirato.

La Commissione ha discusso la relazione sull’ an­ damento degli Istituti nel 1900, e l ' ha approvata, richiamando l’ attenzione del Governo sul numero degli effetti cambiari superiori a 50,000 lire, che per somma rilevante presenta il Banco di Napoli, per vedere se si tratta di effetti commerciali o di comodo, nonché sulle sofferenze verificate nel Banco di Sicilia.

Il senatore Vacchelli ha insistito formalmente perchè si chiarisse la situazione reale del credito fondiario del Banco di Napoli, intendendo che ognuno assuma la propria responsabilità.

La Commissione si è riserbata di provvedere quando gli sarà comunicata la relazione sul credito fondiario della Commissione per 1’ ispezione triennale.

Per questa relazione fu nominata una Sottocom­ missione, composta del senatore Lancia di Brolo, del comm. Magaldi e del comm. Martuscelli, perchè 1’ esamini e riferisca alla Commissione in adunanza da stabilirsi.

Infine, in conformità alla domanda della Banca d’ Italia, se i censori presso le sedi abbiano diritto a concorrere alla nomina dei componenti del Consi­ glio superiore, la Commissione, su conforme parere della Banca e del Ministero del tesoro, ha risposto negativamente.

LA SITUAZIONE DEL TESORO

al 31 Maggio 1901

Il Conto di Cassa del Tesoro al 31 maggio 1901 dava i seguenti risultati :

Fondo di Cassa al 31 maggio 1901... » 248,574,275.48

» » alla chiusura dell’eserc... L . 204,272,787.24 Differenza in più L. 89,801,488.19

Pagamenti di Tesoreria dal 1° luglio 1910 al 31 mag­ gio 1901.

Per spese di b ila n cio...L. 1,358,036,160.73 )

Debiti e crediti di T esoreria .. . 3,227,717,029. 61 [ 4,585,961,628. 77 D ecr. Minist. di scarico... 208,438.43 )

Incassi di Tesoreria dal 1° luglio 1900 al 31 mag­ gio 1901.

Per entrate di bilancio... L. 1,609,463,622.24 )

Per debiti e cred. di Tesoreria. 3,015,799,494.72 \

Eccedenza dei pagamenti sugli i n c a s s i .. ... . L.

4,625,263,116.96 39,301,488.19

Le situazione dei debiti e cred. di Tesoreria al 31 maggio 1901 risulta dai seguenti prospetti :

al 30 al 31

Debiti giugno maggio

1900 1901

migliaia migliaia di lire di lire

Buoni del Tesoro...L. 294,585 295,551 Vaglia del T e s o r o ... ... 27,689 11,898 Banche, Anticipazioni statutarie . . . — — Ammin. Debito Pub. in conto cor. infruttifero. 211,889 177,319

Id. Fondo Culto id. id. 19,850 22,607 Ammin. Debito Pub. in conto cor. fruttifero . 18,500 21,464 Altre Amministraz. in conto cor. infruttifero. 37,402 50,463 Buoni di Cassa... 20,665 J 2,511 Incassi da regolare...

Biglietti di Stato emessi per 1’ art. 11 della

55,340 15,678 legge 3 marzo 1898, u. 47... 11,250 11,250 Totale debiti L. 697,174 618,743 al 30 ai 28 Crediti giugno 1900 maggio 1901 migliaia migliaia rii lire di lire

Valuta presso la Cassa Depositi e Prestiti ar­ ticolo 21 della legge 8 agosto 1885. . . L. Araminis„razione del Debito Pubblico per

91,250 91,250

pagamenti da rim borsare... Amministrazione del fondo per il Culto. . .

62,663 17,246

155,326 17,609 Altre amministrazioni... 47,185 60,820 Obbligazioni dell’ Asse E cclesiastico...

Deficenze di Cassa a carico dei contabili del

12 — T e s o r o ... 1,933 1,933 Diversi... 14,801 41,640 Totale dei crediti L. 235,092 368,580 Eccedenza dei debiti sui c r e d it i ...» 462,081 250,163 Totale come e contro L. 697,174 618,743

La eccedenza dei debiti sui crediti al 31 maggio 1901 era di milioni 250.1 ed al 30 giugno 1900 di mi­ lioni 462.

Il totale dell’ attivo del Tesoro formato dal fondo di Cassa e dai crediti risulta al 31 maggio 1901 di milioni 612.1 contro 439,3 alla chiusura dell’ eser­ cizio.

I debiti di tesoreria ammontavano alla fine di maggio a 618.7 milioni contro 697.1 alla chiusura dell’ esercizio.

Vi è quindi una eccedenza delle passività per mi­ lioni 6.6 alla fine di maggio contro 257.8 al 30 giu­ gno ossia una differenza attiva di milioni 251. 2.

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