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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.28 (1901) n.1413, 2 giugno

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j; ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno i n n i - Voi. U H I

Firenze, 2 Giugno 1901

N. 1413

Politica ed economia

Notiamo con vera sodisfazione che 1’ attuale movimento economico, specie delle moltitudini agricole, ha prodotto nelle alte classi sociali, una grande impressione. Abituate come esse erano, quando accadevano dei conflitti, a trovare la forza dello Stato pronta in loro aiuto come se

fosse una loro, propria forza, oggi si trovano

disorientate di fronte a due nuovi fatti a cui non si attendevano: — le moltitudini che non accennano a produrre più disordini gravi; — il Governo che si mantiene severamente imparziale.

E naturale quindi che le discussioni sul nuovo e singolare fatto si facciano vive e che, specialmente gli uomini in buona fede deside­ rino di esaminare con attenta cura la nuova situazione.

Non possiamo prevedere se il movimento attuale saprà continuare così ordinato e calmo come si è manifestato da principio. Molte volte, non ostante la massima buona volontà, un inci­ dente qualunque di secondaria importanza può esser causa di un improvviso cambiamento di condotta. Auguriamo però che la calma e 1’ or­ dine si mantengano fino alla fine del conflitto, affinchè sia provato a tutti che ormai è entrata nella coscienza degli uni e degli altri che la violenza, non solo non è soluzione dei conflitti economici, ma è anzi ritardo irreparabile a pro­ curarne una qualsiasi.

E in pari tempo ci felicitiamo che le molti­ tudini italiane, industriali ed agricole, abbiano così presto percorsa quella via c h e 1 per altre nazioni fu lunga ad apprendersi; quella di tute­ lare i loro interessi senza violenza. E forse la più concludente lezione che poteva essere impar­ tita alle classi dirigenti, le quali fin qui, troppo spesso, per vincere gli ostacoli tra i quali si dibattevauo, ricorrevano alla violenza legale, quella cioè che metteva a disposizione dei loro singoli interessi le forze delio Stato, cioè le forze di tutti. E non è dubbio, vi se io sintomi evidenti dai quali apparisce che la lezione frut­ terà; la classe dei proprietari non è in Italia, nè tiranneggiatrice, nè violenta; è piuttosto poco conscia delle leggi e delle necessità economiche; ma fornita come è di quel buon senso che è la caratteristica del popolo italiano, sente nella maggior parte dei casi che una resistenza per conservare ciò che non è conservabile sarebbe

vana, e desidera solo di non essere dalle circo­ stanze sopraffatta.

Certo vi sono alcuni proprietari che da molto tempo hanno iniziati ed attuati radicali miglioramenti rei trattamento della gente agri­ cola loro soggetta, ai quali proprietari duole di essere fatti segno della stessa avversione che subiscono altri, i quali nulla hanno fatto ; ma sarà facile persuaderli che il loro lamento può essere giusto, ma esigerebbe, per essere evitato, una istruzione ed una preparazione da parte della moltitudine agricola che non si può per ora domandare.

E se i proprietari riconoscono che una parte di essi è ben lungi dall’ aver compreso i nuovi tempi e dal seguirne le necessità, e pochissima parte ha poi prevenuto queste esigenze dei tempi nuovi, — vi è da far meraviglia se le moltitudini meno istruite, più pressate dai bi­ sogni, più atte ad essere sedotte dalla propa­ ganda dei partiti, non sanno distinguere gli uni dagli altri ?

Non neghiamo che la situazione sia in molti casi difficile; la terra italiana, che per tanti se­ coli ha profusi i tesori della sua naturale ric­ chezza, è in molte regioni quasi esausta, così che senza larghi e intensi miglioramenti non può continuare a mantenere col suo prodotto un numero grande di persone. Il proprietario, che, per fatti propri o dei propri autori ha esau­ rita la potenzialità economica della sua terra dandola in ipoteca (il debito ipotecario frutti­ fero sale a circa 4 miliardi), non è in caso di gettare sulla terra i capitali che sarebbero ne­ cessari per rinforzarla così che possa accrescere il prodotto; vi è quindi, in molti casi almeno, una specie di incompatibilità tra la terra, che, non può, cosi come è, dare di più, e lo stato delle cose che vorrebbe obbligarla a mantenere più gente che non possa; d’onde la lotta tra le diverse genti per disputarsi il magro reddito.

Questa incompatibilità è sanabile soltanto con quel mezzo che noi chiamiamo il fallimento

della proprietà fondiaria e che intravediamo

inevitabile ? E molto diffìcile il presagirlo e ad ogni modo, se è necessario che la terra passi in altre mani delle attuali ad un prezzo che renda il reddito più rimuneratore, è da desiderarsi che ciò avvenga gradualmente, con le minori scosse possibili e per lento movimento.

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324 L’ ECONOMISTA 2 giugno 1901

si accerterà che la maggior parte del debito, e di gran lunga la maggior parte, che grava sulla proprietà rustica, non fu contratto per i miglioramenti delle terre, ma per soddisfare altri bisogni, che saranno stati più o meno giu­ stificati, ma che erano stranieri alla proprietà stessa.

Comunque sia, egli è certo che l’attuale con­ flitto che si manifesta nelle regioni agricole non è che il principio di un movimento che avrà a suo tempo, se non intervengono cause favorevoli ad interromperne la azione, una necessaria con­ clusione, quella di sistemare meglio la nostra agricoltura, la quale non è in caso senza vivere tisicamente di mantenere ad un tempo in modo conveniente i proprietari, i creditori, ed i colti­ vatori.

E dalle manifestazioni di diversa indole che in queste ultime settimane abbiamo potuto ac­ certare, l ’ inizio della soluzione è promettente, giacché da una parte e dall’ altra si vuol trattare senza violenza, il che vuol dire essere possibile se non facile la buona intelligenza delle cose.

Se non che a guastare l’andamento di questo principio di crise interviene, come al solito, la politica la quale, sempre unilaterale, e nei paesi a bassa coltura anche di corta vista, si frappone nel dibattito e minaccia di turbarlo.

Sta bene, dicono molti, sta bene che lo Stato non intervenga in un conflitto economico tra i proprietari e gli agricoltori ; ma qui non si tratta soltanto di un conflitto economico, sul quale possiamo anche trovarci di accordo, ma si tratta di un movimento politico, per il quale le molti­ tudini agricole sono indotte ad organizzarsi e ad agire per istigazione e per vantaggio di un par­ tito, che professa principi che sono contrari al- l ’ ordinamento attuale della società.

Questa in fondo era la sostanza della di­ scussione avvenuta in Senato sulla mozione del l’ on. Arrivabene ; e questo è quello che vanno ripetendoci spesso persone autorevoli che si sono meravigliate dei due articoli che l’Economista ha scritto sulle leghe agricole. ’ )

Orbene; avvertiamo intanto un fatto, ed è quello che se anche i partiti si servono del fatto economico per agitare quello politico, la cosa non è nè nuova, nè strana. Le classi dirigenti attuali, sono composte di persone, molte delle quali hanno contribuito a fare 1’ unità della patria servendosi di ogni ordine di fatti per quello politico. E storia cosi recente che è inutile ricordarla.

Ma la parte conservatrice insiste special- mente sul, fatto presente che il Governo essendo appoggiato dalla Estrema Sinistra, è prigioniero di quel partito e deve assecondarne, per quanto con una certa prudenza, i desideri, senza di che non otterrebbe alla Camera la necessaria mag­ gioranza.

Si potrebbe dire che questa affermazione non è esatta, perchè proprio questo ministero ha ottenuto dalla Camera la approvazione delle spese militari ed il rifiuto ad una diminuzione del dazio sul grano, contrariamente ai desideri ed alle aspi­ razioni della Estrema Sinistra. Il che farebbe ritenere che la Opposizione attuale si schiera

con-’) Vedi Economista, n. 1409 e 1410.

tro il Ministero, non per ciò che esso propone e sostiene, ma per altri motivi che escono dalla vera e sana politica, quella basata sulle cose.

Ma ad ogni modo esiste il fatto che abbiamo un Governo nominato dal Re, il quale è notoria­ mente appoggiato dalla Estrema Sinistra, la quale rappresenta gruppi parlamentari notoriamente non ossequienti alla costituzione.

Non giudichiamo se ciò sia bene o male ; crediamo che anche l’Italia debba abituarsi alla possibilità di avere il suo Millerand tra i consi­ glieri della Corona, senza che caschi il mondo o che il sole si levi ad occidente. Ma domandiamo francamente a coloro che se ne lamentano tanto e ne sono così scandalizzati : di chi la colpa ?

Siete 508 deputati, dei quali 400 costituzio­ nali, in caso quindi di fare quanti volete mini­ steri di maggioranza; ebbene? souo anni ed anni che lottate violentemente tra voi e pazienza fosse per fare, ma per non fare

Ricordate quante cose avete proposte e quante ne avete lasciate cadere?

Le abbiamo enumerate tante volte così che risparmiamo la noia al lettore di ripeterle. Siete voi costituzionali che rappresentate il governo a favore di alcuni e non capite ancora che il paese sempre più vuole il governo per tutti: — siete voi che non avete mai avuto nessun saldo convincimento ed avete rovesciato il Ministero parsimonioso e modesto, avete burlato il piede

di casa, la lesina ecc. ecc., e poi avete rove­

sciato il governo che sciupava le centinaia di milioni colla digraziata guerra d’ Africa; — siete voi che avete appoggiato le idee quasi liberali di Rudinì, e poi foste entusiasti del famoso decre­ to-legge del Pelloux, che poi vi siete rimangiati. Di chi la colpa se il governo attuale si ap­ poggia alla Estrema Sinistra, quando negli altri settori non si vede nessuna salda compagine ? E che importa un settore piuttosto che un altro se si ottenesse un Governo disposto a fare?

Ormai il paese ha giudicato e sa benissimo per la esperienza di tanti anni, che tutta la vo­ stra coscienza di uomini di stato consiste in ciò, che Sonnino non vuole stare con Rudinì, che Prinetti non vuole stare con Sonnino, che Rudinì non vuol stare con Giolitti, ecc, ecc.

Ma criteri di governo non ne avete, e le vi­ cende del Ministero Pelloux e del Ministero Sa­ racco lo dimostrano.

Se pertanto l ’ Estrema Sinistra riuscisse ad indurre, con lo stimolo suo, un governo qualunque a fare, perchè non si dovrebbe essere contenti?

Le lotte per mantenersi nella impotenza sono già state troppe.

LA QUESTIONE DI NAPOLI

v.

A n co ra ... e poi b asta... del regim e straordinario

(Nostra corrispondenza)

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2 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 325

fiducia che certe cattive abitudini si perdano, o almeno restino menomate, coll’ essere lasciate fuori di esercizio.

Mi giova dunque riferire anche qui il parere di persone autorevoli che hanno trattato la stessa materia. Sottolineo le parole che più special- mente valgono a corroborare il mio asserto.

L ’ex prefetto di Napoli, senatore Senise, che ho già citato più volte, dice in proposito : « Molta gente vive di elezioni, e non è nemmeno male p er

essa l’astinenza eli qualche anno. Cosi l’epurazione

delle liste sarà efficace e gli onesti diventeranno più fidenti ».

E l’on. Salandra dal canto suo :

« Il meccanismo elettorale è tanto e da tanto

tempo guasto in tutti i suoi congegni, è così di­

sposto a dare, anche col rispetto delle form e

legali, risultati opposti a quelli per i quali il le­

gislatore lo ha istituito, che a bonificarlo non

basta una breve sospensione e una revisione coi

mezzi ordinari della legge. Occorre, per non

breve tempo sopprimerlo. Solo così la gente,

elettori ed, eletti, perderà V abitudine di riguar­ dare il voto come uno strumento di vantaggi personali. Solo così coloro,, i quali dello eleggere, del fare eleggere e del farsi eleggere hanno fatta

una professione, cercheranno altre vie per vivere

e per salire ».

E II Saraceno, non sospetto, nè egli nè il giornale in cui scriveva, di tepido amore pei sistemi largamente democratici : « A un rimedio bisogna decidersi, anche se poco idealmente ac­ cetto. E per ora non se ne vede che uno solo : un commissario regio con lunga permanenza.

Se non farà molto, fatalmente però rap­ presenterà questo beneficio : di provocare, per

la sola opra del tempo, lo sfasciamento delle

camorre organizzate, tutte, dal più al meno, uguali ; il che equivale a ridare la libertà, o la padronanza di sè, a Napoli » *).

Potrei seguitare dell’altro a riferire sensati pareri, ma non occorre. Mi basta notare che non sono pochi nè poco motivati quelli che conclu­ dono per una sufficiente durata d’un regime ec­ cezionale, che non tanto perseguiti e colpisca le camorre elettorali e d’ogni altra specie (ciò non deve restare escluso, ma ad altri ne spetta il compito) quanto piuttosto determini la loro na­ turale disgregazione, togliendo loro occasioni e modo di esercitarsi.

Nè sarebbe ingenuità lo sperarlo. Potrei fare un paragone con le associazioni di malfat­ tori violenti, da cui sono qualche volta infestate e atterrite alcune provincie. Gli arresti in massa i processi e le condanne gravissime non arrivano mai a colpire tutti i loro membri. Parecchi rie­ scono sempre a sfuggire alla polizia e alla giu­ stizia. Ma non importa: con l’arresto e la con­ danna di molti, dei principali, 1’ associazione rimane disfatta, non opera più, non fa p.ù paura; quelli 'che hanno potuto cavarsela si dànno ad altra vita, la provincia è salva e respira... Ma meglio ancora mi soccorre il paragone con la usura, sulla quale l’Economista ha scritto assen­ natamente tante volte. Forse non v’ è diritto, senza forse non v ’ è modo di colpire con effi­

*) Il Giorno, del 5 novembre 1900.

cacia gli usurai. Per estirparli basta costringerli a cambiar mestiere per disperazione. Altro che leggi repressive! Credito a buon mercato, banche popolari, mutualità, società cooperative.

* * *

Di fronte alla situazione quale è, la cittadi­ nanza napoletana dovrebbe essere unanime nel desiderare un provvedimento un po’ ardito e ra­ dicale, che differisca da quelli altre volte spe­ rimentati senza frutto. Si fa presto a fingere di scandalizzarsi nel vedersi sottoposti a tutela e nel sentirsi giudicare da meno degli altri!... Ma c’ è serietà? c’ è buona fede? Coi fatti v ’ è poco da sofisticare, i fatti parlano. Il R. Commissario oggi in carica è il decimo della serie, il che vuol dire che in un quarantennio di vita nazionale pel Comune di Napoli si è dovuta stabilire una am­ ministrazione straordinaria, in media, ogni quattro anni. A Torino, invece, se non erro, durante lo stesso periodo di tempo, la stessa cosa ha avuto luogo una sola volta. Il confronto colpisce: si hanno due cittadinanze, di cui una dal più al meno ha saputo sempre amministrarsi, l’altra no.

Ma se il provvedimento, pur tante volte ripetuto, non bastò mai in modo durevole, do­ vrebbe a tutti apparir chiaro che occorre ripe­ terlo ancora, sì, cercando che sia per l’ ultima volta, ma dargli maggior durata e più intensa applicazione. In materia penale, pei recidivi c’ è pure un aumento... No, lasciamo stare, l’ esempio potrebbe sembrare odioso. Consideriamo piuttosto che per una data malattia, quando il medicamento non ha sortito abbastanza effetto, se sia di per se stesso indicato e d’ altronde non ve ne sia altro, si suole crescerne la dose.

Cercare che sia per l ’ ultima volta, dicevo ; e davvero ne sarebbe tempo ! Guardiamoci bene attorno e ascoltiamo le voci che ci giungono dalle altre regioni del Regno. L ’ Italia è stanca d’avere ogni poco sulle braccia una questione che concerne Napoli. Sicuro, dall’ unificazione nazio­ nale in poi, chi sappia ricordare, sotto una forma o l’ altra, a proposito d’ una o d’ un’ altra cosa, Napoli ù quasi sempre in istato di questione. Anche se tutti non ci hanno posto mente, nes­ suno potrebbe negarlo. Ciò non deve perpetuarsi non può ormai più durare. Attraverso un bel velame intessuto di frequenti dichiarazioni di fratellanza nazionale, l’ Italia, in realtà, delle crisi e malattie napoletane è stanca!

*

* *

Adopero, un’ ultima volta, la penna di An­ tonio Salandra, tanto migliore della mia. Ci gua­ dagneranno i lettori. « Alcuni mesi di buona e corretta amministrazione, con poteri limitatissimi non basteranno a riformare il personale degli uf­ fici municipali, a sistemare sopra basi compieta- mente diverse il bilancio, a modificare non sola­ mente le apparenze formali dell’ azienda muni­ cipale, ma ancora e più l’ambiente in cui essa vive ed opera e i criteri amministrativi e morali dell’ opera sua».

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32« L ’ E C O N O M IS T A 2 giugno 1901

stituisce ¡’amministrazione normale. Di fatti co­ loro che sono impazienti di vederla ristabilita, dicono elio da sei mesi a questa parte tutti i servizi pubblici vanno malissimo. Alcuni anche esclamano: oh, almeno l ’azione amministrativa, durante il regime straordinario, si fosse palesata di singolare efficacia o avesse attratto gli animi e sollevato gli spiriti con un piano bene imma­ ginato di ordinamenti e di riforme !

Sospiriamo pure (per certuni è un bisogno fisiologico), ma poi, con un po’ d'imparzialità, riconosciamo che non c’era da aspettarsi di gran boi piani, vasti e completi, da un R. Commis­ sario nominato dapprima per soli sei mesi, e di recente per altri tre ‘ ), il quale deve sbrigare gli affari ordinari e quotidiani di un Comune grandissimo e disordinatissimo. Che poi i ser­ vizi pubblici vadano meno bene di prima, sarà, e non ve lo saprei dire, ma la differenza non può esser grande, perchè la città non era già avvezza a vederli andare ottimamente. Non lo escludo, del resto, e non credo vi sia da stu­ pirsene, perchè è conseguenza consueta delle situazioni provvisorie. Ma ad ogni modo questo fatto momentaneo mi pare d’ importanza relati­ vamente piccola, di fronte alle incognite di cui la Commissione d’ inchiesta dovrà dare la solu­ zione e alla necessità di lasciare ad essa ogni agio affinchè la dia ampia e intera.

Certo è che con poteri limitati non v ’ è da fare di gran cose. Perciò, non solo il regime straordinario dovrebbe venire prolungato, ma a chi lo esercitasse dovrebbero, con apposita legge conferirsi tutti i poteri di un Consiglio Comunale. Si eviterebbero cosi, ancora per un po’ di tempo i pericoli di una agitazione elettorale, ma si avrebbe una amministrazione regolare e eom- pleta.

Da affidarsi a chi ? Il quesito richiede al­ quanta ponderazione, ma non è affatto insolubile. Un provvedimento spesso sperimentato se­ coli addietro dai Comuni italiani, fu quello di chiamare uomini di fuori a reggere la cosa pub­ blica. Onde oggi, per altro, reputo avrebbe più inconvenienti che vantaggi. Il sullodato scrittore accenna a Giunte di Notabili da nominarsi dal Re fra i migliori cittadini napoletani. Pare an­

che a me che la nomina, regia s’ intende, do vrebbe toccare a cittadini e non a forestieri; non vedo chiaro quanti quel Giunte, al plurale, ne suggerisca. Dovrebbero, se non mi inganno, bastare quei tanti, dodici o quattordici, che so gliono comporre la Giunta eletta dal Consiglio municipale nei Comuni di prim’ ordine. Cosi ognuno tra i principali rami di servizio avrebbe il suo preposto. A presiederli, nominato anche esso dal Re, dovrebbe esservi un capo, come deve esservi su ogni corpo, che verrebbe a fare le veci di Sindaco. La differenza col regime normale starebbe dunque in questo, che il po­ tere esecutivo non emanerebbe da un potere

le-i) XI R. Commissario conim. Oliala ha dato lo proprie dimissioni e verrà sostituito. Chi dice che le abbia date per motivi di famiglia, chi per contrasti con altre Autorità. Il nostro corrispondente non si occupa di ciò, nè, in genere, di persone, e fa bene. La sua non è cronaca quotidiana.

N. d. R.

gislativo, chiamiamolo così, nato da elezioni, ma avrebbe tutte le facoltà proprie dell’ uno e del­ l’altro. In fondo, sarebbero sempre cittadini che amministrano la propria città, ma con un ordi­ namento più liberale e più efficace di quello che consiste nella gerenza d’un R. Commissario.

Più liberale, trattandosi, ne convengo, an­ che qui di nomina e non d’elezione, ma almeno nomina di più d’uno, con estensione di respon­ sabilità, nomina non di persona estranea al Co­ mune, la quale, terminata la propria missione se ne va, e di ciò che ha fatto risponde solo al proprio mandante ; bensì di persone facienti parte, prima e durante e dopo, della cittadinanza, le quali hanno ogni interesse morale a servirla quanto meglio possono.

Più efficace, per le stesse ragioni. Meglio degli estranei, i cittadini conoscono i costumi e i bisogni locali. Con le attribuzioni più ripartite e tutti con equivalenza di poteri, possono ope­ rare assai più d ’ un amministratore unico, coa­ diuvato soltanto da funzionari suoi subalterni.

Nè la scelta sarebbe oltremodo difficile. Certo, dovrebbe soddisfare a parecchie condi­ zioni : persone colte, intelligenti, operose, per­ sone fin qui non pregiudicate neanche da sospetti, persone animate da caldo affetto pel proprio paese, mosse dalla sola ambizione di lasciare dell’opera propria una traccia pregevole e di meritare la fiducia dei concittadini anche quando per questi ultimi giunga il momento di ripren­ dere la veste di elettori. Volete che in Napoli non si trovino dodici o quattordici uomini co­ siffatti ? Vi sono ancora tante forze vergini da porre in azione ! tante giovani ambizioni, pure e legittime, da secondare pel bene di tu tti.

La Commissione parlamentare che propose alla Camera di consentire al Governo la pro­ roga dell’amministrazione straordinaria pel Co­ mune di Napoli per non più di sei mesi, notava giustamente esser causa di danno questa situa­ zione che priva il Comune, non della sola sua amministrazione elettiva, ma per difetto di

poteri nel R. Commissario, di ogni efficace azione amministrativa ». Anche in Parlamento,

dunque, v ’ è chi riconosce come siano necessari non poteri limitati, ma pieni poteri per reggere utilmente il Comune di Napoli. E vero che la stessa Commissione, poche righe più sotto, rac­ comandava al Governo di spiegare la propria azione come meglio può « perchè il termine pro­ rogato di altri sei mesi non debba, nè possa in modo alcuno essere superato ». Ma in ciò, come sapete, io dissento, e le ragioni, confortate an­ che da savi pareri altrui, le ho ormai fin qui abbastanza svolte.

* * :ì;

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2 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 327

e quelle speciali del caso concreto, che ammoni­ scono di fare una buona volta una cura radicale un risanamento serio, un esperimento non monco. Gli impazienti di tornare all’antico quali obbie­ zioni, non generiche, badiamo, ma succose a par­ ticolareggiate, hanno affacciate finora o sono in grado di affacciare ?

A mali speciali e gravi, speciali e coraggiosi rimedi. In Sicilia e altrove fu posto anni sono lo stato d’assedio, ma è ancora dubbio se fosse opportuno. Qui si tratta di molto meno e di op­ portunità più che palese.

D ’altra parte gli impazienti, e anche i titu­ banti, non sono mai saliti sulla vetta d’un monte? Non hanno mai osservato come quelle che da vicino si considerano alte colline, di lassù ap­ pariscano lievi ondulazioni della pianura? Non hanno mai dato uno sguardo a ritroso sui loro anni decorsi ? Non si sono persuasi che alcune, che parevano a suo tempo situazioni intollera­ bili, erano incidenti della vita, superabili con quella abnegazione che rimedia a tante cose e reca tanti premi ? Due anni passano presto — e mezzo ne è già passato — se spesi utilmente. E 1’ utilità si vedrebbe poi, se l’ inchiesta si com­ piesse scrupolosamente, gli uomini pubblici so­ spetti venissero chiaramente indicati c si difen­ dessero con ogni agio alla luce del sole, i con­ vinti di reati e di colpe fossero condannati e posti al bando dalla vita pubblica, le camorre più perniciose restassero sbaragliate e disfatte, uomini nuovi e di valore si facessero conoscere nuove e migliori abitudini di vita sociale comin­ ciassero a mettere radice.

E nel frattempo la magistratura civica prov­ visoria che succedesse al R. Commissario, for­ nita di tutti i poteri, darebbe all’ azienda comu­ nale buon ordinamento e stabile assetto. E go­ dendo più che un Consiglio comunale, la fiducia di quel Governo che l’avesse nominato, con più facilità otterrebbe quei provvedimenti di com­ petenza governativa che devono iniziare anche dal lato economico il risorgimento di Napoli.

Poiché la penso così, l’ho voluto dire. Porse di tutto questo non verrà fatto nulla e in au­ tunno avremo forse le elezioni comunali. Dio ce la mandi buona ! Ma disperarsi mai : non giova. Della questione economica, che c’ è, e molto gra,ve, bisogna occuparsi egualmente, e sarà ma­ teria per i venturi numeri dell’Economista.

E. Z.

I T I T O L I T R A F U G A T I

Legislazione francese.

Le discussioni avvenute di recerte da noi sui titoli trafugati e sugli inconvenienti che si verificano col sistema delle diffide seguito in -Italia, discussioni che si svolsero specialmente sul nostro giornale, ci hanno spinto a ricercare c^e cosa viene fatto a questo riguardo negli al- L'i Stati. Sono ricerche non facili, ma che cre­ diamo necessarie, per vedere quale può essere '1 sistema migliore, tenuto conto dell’ esperienza

nostrale e forestiera; intanto ci siamo messi in grado di far conoscere come è stata regolata in Francia la questione dei titoli al portatore trafu­ gati o rubati e quali provvedimenti sieno oggi allo studio in quel paese.

Fino dal 18 2 (legge del 15 giugno) il legi­ slatore francese s’è dato pensiero degli smarri­ menti e dei furti dei titoli al portatore ed ha preso le opportune disposizioni, perchè fosse fa­ cilitato ai proprietari dei titoli medesimi di rien­ trare nel loro possesso. E noto — scrive il sena­ tore Grivart, relatore sul progetto di modifica­ zioni alla legge del 72, — che malgrado la impor­ tanza sempre crescente che il favore del pubblico aveva loro fatto prendere nella fortuna mobiliare del paese, i titoli al portatore parevano sfuggire all’ attenzione del legislatore e che nessun’ altra legge tutelava il loro possesso, oltre quella per essi insufficiente che regge i mobili corp orali. Questa lacuna era stata segnalata nel 1862 alla tri­ buna del Senato, con forza singolare in un rap­ porto del presidente Bonjean e nel 1868 una Commissione ricevette la missione di cercare i mezzi di rimediarvi. Gli avvenimenti disastrosi del 1870 e del 1871, producenti lo spossessa- mento di un gran numero di portatori di titoli, diedero a quelle preoccupazioni un nuovo carat­ tere di attualità e di urgenza ed è per corrispon­ dere ad esse che alla fine del 1871 il Governo pre­ sentò il progetto che nel corso dell’ anno succes­ sivo l’Assemblea nazionale adottò con voto unani­ me. La legge del 15 giugno 1872 ha creato a vantaggio di coloro cui furono rubati o che hanno perduto valori mobiliari due novità di grande importanza. Essa ha loro permesso di fermare senza spese eccessive con una opposizione com­ plessiva la negoziazione dei titoli di cu: erano stati derubati e di impedire con questo mezzo che passassero nelle mani di un detentore di buoua fede, contro il quale ogni rivendicazione sarebbe forzatamente impotente. Essa ha dato loro inoltre il mezzo legale, sotto condizioni pru­ dentemente determinate e dopo un periodo di attesa, calcolato secondo l’importanza dei diritti da esercitare, di essere reintegrati malgrado il trafugamento, in tutti i vantaggi connessi al titolo e cioè quello di percepire i redditi periodici, in­ teressi o dividendi, quello di riscuotere il capi­ tale, quando sia esigibile, e quello di ottenere la consegna di un titolo nuovo per sostituire il titolo scomparso.

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328 L ’ E C O N O M IS T A 2 giugno 1901

posizione inserite nel bollettino produrrebbero effetto contro tutti, colpirebbero d’ invalidità ai riguardi dell’ opponente, qualsiasi negoziazione posteriore.

Gli effetti della legge del 1872 sono stati, al dire del senatore Grivart, eccellenti : senza creare ostacoli seri per la negoziazione dei va­ lori, egli scrive, essa ha dato ai portatori spos­ sessati dei loro titoli il mezzo di rivalersi contro i fatti accidentali o delittuosi che hanno deter­ minato lo spossessamento; essa ha reso più fa­ cile e meno pericolosa la funzione degli agenti di negoziazione, infine ponendo fuori del com­ mercio per un tempo illimitato i valori ai porta­ tori sottratti o fraudolentemente distratti, essa ha, con grande profitto della sicurezza sociale, di­ minuite in una larga misura le probabilità di guadagno che sono lo stimolo della colpevole e pericolosa industria dei ladri di titoli.

L ’ esperienza ha dimostrato però che la legge approvata dall’ assemblea nazionale in qualche punto può essere utilmente modificata, sia per mettere un termine alle varie interpretazioni im­ putabili forse alla insufficiente precisione dei testi, sia per rimediare a imperfezioni o a lacune di cui il funzionamento della legge ha fatto ri­ conoscere l’ esistenza. Ecco perchè ora è dinanzi al Senato francese un progetto che completa e modifica la legge del 1872.

Questa legge ha stabilito che il portatore di titoli trafugati o rubati debba fare due op­ posizioni, di cui ciascuna ha una utilità propria e cioè l ’ una al sindacato degli agenti di cambio a Parigi, l ’ altra allo stabilimento che li ha emessi, alla compagnia debitrice. Colla legge attuale quelle due opposizioni non sono legate tra loro e un titolo può essere colpito di opposizione allo stabilimento debitore senza la previa opposizione al sindacato degli agenti di cambio; in tal caso il portatore è senza dubbio posto nella impos­ sibilità di ricevere i pagamenti spettanti a quel titolo, ma il titolo stesso non circola meno li­ beramente, niente fa ostacolo alla sua nego­ ziazione. Gl’ inconvenienti che ne derivano consi­ gliano quindi di rendere obbligatoria la diffida al sindacato degli agenti di cambio e la sua pubblicazione nel bollettino, di farne anzi una condizione di validità della diffida notificata allo stabilimento debitore.

Inoltre la esperienza ha dimostrato che in­ sieme a diffide serie e fondate ve ne sono in gran numero di quelle fatte senza troppo riflet­ tere, sopra indizi troppo lievi o insufficiente­ mente controllati. Queste diffide senza vantag­ gio per l’ opponente apportano all’ esercizio dei diritti del legittimo proprietario un grande di­ sturbo. Si può dunque credere che il numero ne diminuirà, quando per colpire d’ interdetto un ti­ tolo non basterà più di notificare, talvolta anche con leggerezza allo stabilimento debitore la proi­ bizione di pagare. L ’ obbligo di adempire a una duplice formalità: quella di domandare anzitutto la pubblicazione della diffida nel bollettino e di pagare la spesa, potrà far riflettere quelli che non hanno la piena certezza del loro diritto e farli indietreggiare al pensiero delle responsabilità che nascono da opposizioni fraudolente od anche semplicemente inconsiderate.

Sinché il progetto stabilisce che la diffida notificata allo stabilimento debitore dovrà, sotto pena di nullità, contenere una copia certificata della quietanza rilasciata dal sindacato degli agenti di cambio per la spesa della pubblicazione da farsi nel bollettino.

Per la legge del 1872 l’opponente che vuol riscuotere gl’ interessi o i dividendi del titolo di cui è stato derubato o che ha smarrito deve, tra­ scorso il tempo fissato dalla legge, rivolgersi al presidente del tribunale civile del luogo del suo domicilio e domandargli 1’ autorizzazione neces­ saria. È questo un atto importante, perchè gli dà la facoltà non solo di riscuotere i redditi pe­ riodici del titolo, ma di invocare quell’ autorizza­ zione, trascorsi certi termini, per riscuotere il ca­ pitale se ciò è possibile o di farsi rilasciare un nuovo titolo.

Per integrare questa disposizione della legge vigente viene proposto che essa sia estesa anche al caso di titoli che non danno interesse o dividendo o che hanno cessato di procurare distribuzioni periodiche di utili. Però, mentre nel caso di titoli produttivi basta sia trascorso un anno dalla diffida, senza che sia stata fatta opposizione, perchè il Pre­ sidente del tribunale conceda 1’ autorizzazione di riscuotere i dividendi od anche il capitale che fos­ se diventato esigibile, nel caso invece di titoli che non danno diritto a dividendo o interessi occorre che trascorrano tre anni dalla diffida, sempre a con­ dizione che non vi sia stata nel contempo oppo­ sizione da parte di terzi. Questo tempo più lungo pare necessario per dare forza alla presunzione sfavorevole al portatore che resulta dal suo silen­ zio e dalla sua inazione quando una scadenza di dividendo o d’ interessi non è venuta a solleci­ tarlo a presentarsi alla sede dello stabilimento debitore.

La diffida non dev’ essere ritenuta contrad­ detta, se non è fatta da parte di un terzo la for­ male dichiarazione eh’ egli è proprietario dei ti­ toli sui quali volge la diffida.

Secondo l’ art. 15 della legge trascorsi 10 anni dall’ autorizzazione ottenuta dal presidente del tribunale chi ha diffidato il titolo ha diritto se la sua diffida non è stata contraddetta che lo stabilimento debitore gli rimetta un titolo simile a quello diffidato. Conseguentemente il titolo primitivo è colpito da decadenza e la legge di­ spone che la terza persona che lo ripresentasse dopo la consegna del titolo nuovo non avrà che una azione personale contro questi nel caso in cui la diffida fosse stata fatta senza diritto.

Siccome il titolo primitivo può ricomparire e potrebbe servire a ingannare gli acquirenti di buona fede così vi è l’ obbligo per colui che ri­ ceve il titolo duplicato di garantire la pubblica­ zione nel Bollettino del numero del titolo primi­ tivo colpito da decadenza ; ma per non protrarre indefinitamente quella pubblicazione il progetto di legge stabilisce che la pubblicazione del nu­ mero del titolo nel Bollettino dovrà essere con­ tinuata pel numero di anni pei quali può servire il foglio delle cedole unito al titolo colpito da decadenza.

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2 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 329

dichiarato che salvo il caso in cui la mala fede fosse dimostrata gli agenti di cambio non sa­ ranno responsabili delle negoziazioni fatte per loro mezzo, che in quanto le opposizioni siano state loro personalmente significate, oppure siano stato pubblicate nel Bollettino a cura del sin­ dacato. Il testo di legge era preciso, tuttavia si è formata una giurisprudenza che in casi assai usuali sottomette gli agenti negoziatori a respon­ sabilità che non implicano da parte loro alcuna colpa personale e contro le quali l’ osservanza più scrupolosa dei doveri professionali non po­ trebbe proteggerli. Per togliere questi inconve­ nienti il progetto stabilisce che contro gli agenti di cambio non avranno effetto che le diffide pub­ blicate anteriormente alla menzione sui loro libri dei numeri dei titoli venduti per conto di colui che ha dato l’ ordine di vendere e dal quale sono stati dati in consegna. Soltanto se i titoli non sono ancora stati conseguati all’acquirente è equo e conforme al diritto di permettere alla parte che fa la diffida di rivendicarli, purché offra al deten­ tore il rimborso del prezzo.

Le misure di protezione organizzate dalla legge del 1872 in favore dei portatori di titoli perduti o rubati sono state per essi un beneficio incontestabile. Ma le diffide si moltiplicano anche in Francia in modo inquietante; è quindi necessa- sario di ridurre al minimo le formalità per to­ gliere il fermo e le spese che sono necessarie. Il progetto stabilisce una procedura da seguire nel caso che la diffida del titolo sia stata data senza causa seria, procedura che ha lo scopo di affran­ care il titolo colle minori spese possibili.

Essa consiste in una intimazione notificata all’ opponente di introdurre entro il mese una domanda di rivendicazione che sarà portata da­ vanti al tribunale del domicilio del detentore at­ tuale del titolo. Se l’ opponente non prova di aver presentato una domanda di rivendicazione o se esistendo questa il detentore attuale prova che è proprietario dei valori rivendicati da un’ epoca anteriore a quella della pubblicazione della diffida il fermo viene tolto. Parimente è tolto se 1’ op­ ponente non allega in appoggio della sua riven­ dicazione alcun fatto o non produce alcun docu­ mento che renda verosimile che la sua pretesa è fondata.

Tali sono le disposizioni vigenti e quelle proposte dal governo francese e dalla Commis­ sione senatoria ed è fàcile vedere anche da que­ sta rapida analisi, come siasi regolato con grande cura un punto assai importante della legislazione sui valori mobiliari.

NOTE ED APPUNTI

Per un Bollettino di Statistica. Un nostro egregio abbonato ci scrive: « Ho letto l’ articolo pubblicato nell’ ultimo numero del-

V Economista su la legislazione e la statistica del lavoro e concordo pienamente con in ciò che esso

si dice. Ma, se permettete, vorrei aggiungere una considerazione e* fare una proposta. Sta bene che occorra organizzare un ufficio del lavoro per lo

studio delle questioni che riguardano questo es­ senzialissimo tra i fattori della produzione e che sia opportuno di avere dei consigli consultivi perchè preparino, dopo le opportune indagini sulle condizioni nostrali e dope le necessarie ri­ cerche comparative, i disegni di legge da presen­ tare al Parlamento, come fu fatto nell’ ultimo de­ cennio, ad esempio, nel Belgio. Senza farsi alcuna illusione al riguardo e pur riconoscendo che anche là dove si è seguito questo sistema non si sono avute, certo, leggi veramente ben fatte, si può am­ mettere che sarà sempre meglio di approfondire ciascun argomento, prima di sottoporlo all’ esame delParlamento, il quale non è in grado, di solito, di discutere una questione, se prima non ha avuto una larga trattazione fuori di esso. Ma prima di creare nuovi uffici, non vi pare che sarebbe utile di far funzionare meno peggio quelli che già esistono? E tale non è forse il caso della Direzione Generale di Statistica che non ha an­ cora il suo Direttore Generale che dedichi esclu­ sivamente ad essa tutto il suo tempo, tutte le sue cure? Vediamo adunque, prima di ogni cosa, di spingere il Governo a mettere alla testa del­ l’ Ufficio centrale di Statistica un uomo che per per spirito d’ iniziativa, per dottrina, p6ringegno, per zelo e amore verso la Statistica sia tale da po­ tersi dire che è thè right man in thè. righi place. Quanto alla proposta essa è essenzialmente questa: Perchè la Direzione Generale di Stati­ stica non deve avere un suo Bollettino mensile nel quale siano raccolte le indicazioni sommarie delle varie statistiche che va elaborando e pre­ parando per le stampe? Vedete un po’ quello che ora succede. I giornali pubblicano i primi risultati del Censimento, e voi pure ho visto che avete riprodotto i dati della popolazione per compartimenti, ma chi garantisce che quei dati sieno in tutto esatti, voglio dire anche nella ri­ stampa materiale?

Di

più è chiaro che ora que­ sti primi dati del censimento andranno pubbli­ cati con qualche frequenza, perchè dunque non devono essere inseriti in un Bollettino di Stati­ stica pubblicato dalla Direzione Generale di Statistica.

Sia esso mensile o bimestrale, su questo non mi fermo, vedano i preposti all’ ufficio centrale cosa conviene di fare. Ma quello che è certo è che appare cosa assai strana, che mentre il Mi­ nistero di agricoltura pubblica parecchi Bollet­

tini (di notizie commerciali, di notizie agrarie,

sul credito e la previdenza, ecc.) non abbia un Bollettino propriamente di statistica generale, nel quale potrebbero essere pubblicati i dati prov-

visori su tante materie importanti (emigrazione,

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330 L’ E C O N O M IS T A 2 giugno 1901

a che non solo si facesse quel censimento, ma si provvedesse con maggiore larghezza al servizio della Statistica Generale. Concludo che occorre più che mai battere questo chiodo fino a tanto che il nostro Parlamento si dimostrerà meno incon­ sapevole dei benefici che può rendere il servizio della Statistica, non senza pregarvi di appoggiare P idea che la Direzione Generale pubblichi un suo Bollettino di Statistica, magari sacrificandone qualcuno di quelli molto meno utili che va pub­ blicando il Ministero di Agricoltura. »

Abbiamo riprodotta integralmente la lettera che ci ha diretto l’ egregio Y. R. e non abbiamo bisogno di dire che sottoscriviamo a tutto ciò eh’ egli ha scritto a proposito del nostro articolo sulla legislazione e la statistica del lavoro. Non v ’ ha dubbio che la pubblicazione di un Bollettino

dì Statistica sarebbe- utilissima e metterebbe il

pubblico in grado di conoscere quali sono i la­ vori della Direzione Generale di Statistica e il pùnto a cui sono giunti.

Non si tratta di impiantare una grande pub­ blicazione, anzi un Bollettino semplice di poche pagine potrebbe servire benissimo, purché fosse compilato con diligenza e contenesse a mano a ma­ no i resultati delle indagini statistiche che va compiendo la Direzione Generale.

Non staremo a ripetere quello che ha detto benissimo il signor V. R. e che abbiamo già scritto noi stessi sull’ argomento. Urge migliorare il ser­ vizio della Statistica, questo ci pare fuori di di­ scussione. E senza pretendere che a proposito del censimento, la Direzione Generale pubblichi una massa di Bollettini come fanno agii Stati Uniti d’America, crediamo che i risultati della grande operazione statistica dovrebbero essere di­ vulgati appunto nel Bollettino proposto daV . R. Ci penseranno al Ministero di Agricoltura ? E quanto vedremo.

nei primi quattro mesi del 1901

Il mese di aprile è stato un mese buono per il commercio italiano poiché, sebbene la im­ portazione sia aumentata di 21.4 milioni, ove si tolga il movimento del grano, si limita cosi che nel totale dei quattro mesi rimane appena una eccedenza di 4fi milioni sui quattro mesi del l’ anno precedente; in pari tempo la esporta­ zione, che era stata, in ciascuno dei tre mesi pre­ cedenti all’ aprile, inferiore per valore a quella dei mesi corrispondenti dell’ anno precedente, nell’ aprile 1901 fu invece di 7.2 milioni superiore.

Per questo speciale movimento dell’ aprile, le cifre totali del quadrimestre si riassumono così :

1900 1901 Differenza

Importazione 557,553,626 605,375,928 4-47,822,302 Esportazione 465,888,703 464,817,112 — 1,071,591 1,023,442,329 1,070,193,040 -+- 46,750,711 Il movimento dei metalli preziosi dà diffe­ renze minime.

Scorriamo ora brevemente le categorie. 1° S piriti, bevande, oli. — Importazione : L. 18,963,122 con una diminuzione di 3.2 milioni ;

esportazione : L. 39,245,694 con una diminuzione

di 5.9 milioni.

La diminuzione della importazione e data dall’ olio di oliva di cui ne entrano 32.473 quin­ tali in meno; le altre voci si compensano nelle lievi differenze, e le più notevoli sono il vino in botti o caratelli d ie dà un aumento di 20 mila ettolitri, la birra di 2,400 ettolitri. Vi è invece diminuzione negli olii minerali pesanti di 26 mila quintali.

In quanto alla esportazione la sua diminu­ zione è data dal vino, sono circa 350 mila etto­ litri di vino usciti in meuo per un valore di quasi 11 milioni; che nel totale della categoria si riducono a quasi 6 milioni di valore per una maggiore esportazione di 4.8 milioni di lire (44 mila quintali) di olio d’ oliva. Nelle altre voci le dif­ ferenze sono lievi.

2° Generi coloniali, droghe e tabacchi. — Im­

portazione-. L. 23,284,855 con aumento di 417

mila lire ; esportazione'-. L. 3,009,727 con aumento di 162 mila lire.

Le differenze totali come si vede sono pic­ colissime, ma pure vi è un aumento di 9 mila quintali di caffè (1 milione di lire) ed l dimi­ nuita di 17 mila quintali, da 20 mila a 3 mila quintali della introduzione delia cicoria Anche la entrata dello zucchero è diminuita di 103 mila quintali (quasi 3 milioni di lire); tutte queste di­ minuzioni sono annullate e coperte da una mag­ giore entrata di 2.1 milioni di lire (19 mila quin­ tali) dal tabacco in foghe.

Nella esportazione le differenze non hanno importanza

3° P ro d o tti chim ici, generi m edicinali, resine

e pro fu m erie. Importazione: L. 34,157,183 con

aumento di 2.8 milioni; esportazione: L. 13,873,590 con aumento di poco più di 1 milione.

Accennando ai principali aumenti della im­ portazione troviamo il nitrato di sodio greggio per 2 milioni di lire (93 mila quintali) il fosfato

di rame per 1.4 milioni di lire, (22 mila quintali);

sono in lieve diminuzione la paraffina solida, la

cassia e tamarindi, ecc. ma si tratta di piccole

cifre.

Nella esportazione vi è solo da indicare una minor uscita di tartaro e feccia di vino per 22 mila quintali, circa 2 milioni di lire.

4° C o lo ri e generi per tinta e per concia. —

Importazione : L. 9,683,459 con aumento di L. 616

mila; esportazione : L. 3,239,195 con aumento di 393 mila lire.

L ’ aumento della importazione è dovuto a molte voci e perciò le differenze sono di piccola importanza, per esempio : i legni per tìnta e per

concia 356 mila lire ; V indaco per 107 mila; i co­ lori derivati dal catrame per 156 mila.

Alla esportazione quasi tutte le voci sono in aumento la maggiore: il sornmacco per 448 mila lire.

5° Canapa, lino, juta ed altri vegetali filam entosi

escluso il cotone. — Importazione : L. 12,939,172

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2 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 331

La importazione non offre variazioni che su tre voci soltanto : la canapa greggia, di cui sono entrati in più 2300 quintali per L. 205 mila; la

juta greggia di cui la entrata aumentò da 74 a

172 mila quintali ; in valore un aumento di 4.2 milioni ; ed i filati di lino semplici lisciviati o

imbianchili che diedero una minore importazione

di 4 mila quintali, cioè in valore 1.1 milioni. Nella esportazione la canapa greggia scema di 57 mila quintali, cioè quasi cinque milioni di lire ; e scemarono pure di lievi cifre il lino, la

stoppa, la juta, il crino, ecc. greggi ; qualche

diminuzione nei cordami, mentre i filati di ogni genere ed i tessuti di canapa sono in leggiero aumento.

6° C oton e. — Importazione: L. 68,937,317 con diminuzione di 2.1 milioni; esportazione: L. 20,834,153 con aumento di 3.2 milioni.

La diminuzione della importazione è dovuta specialmente al cotone in bioccoli o in massa per 1.8 milioni (14 mila quintali); in minore misura diminuisce la entrata dei filati, dei tessuti ope­

rali e delle mussole.

Alla esportazione sono lievemente aumentate quasi tutti i lavori ; la maggiore i tessuti sem­

plici greggi per 1.3 milioni, ed i tessuti lisci greggi

o tinti o stampati per 1.5 milioni.

7° Lana crino e peli. — Importazione: L. 27,756,058 con aumento di L. 350 mila; espor­

tazione: L. 5,634,084 con aumento di 1.5 milioni.

Si nota una notevole diminuzione nelle en­ trate delle lane greggie per 1.4 milioni le natu­

rali o sudicie ; 648 mila lire, le pettinate non tinte ; aumenta invece di quasi un milione la en­

trata delle lane lavate ; il rimanente dà poche variazioni se se ne eccettuino i tessuti e lavori

di lana che sono in aumento complessivo di oltre

800 mila lire.

Alla esportazione le lane naturali o cardate

o pettinate, danno in complesso una diminuzione

di 1 milione, e poi mezzo milione in meno il

crino ; per gli articoli fabbricati filati, tessuti, ecc.

tutto è in leggero aumento di esportazione, fatta eccezione dei filati di lana pettinata semplici e

greggi che danno una diminuzione di 117 mila

lire.

8° S eta. - Questa importantissima catego­ ria dà alla importazione : L. 57,815,067 con au­ mento di 7.6 mi].; ed alla esportaz.: L. 170,624,905 con aumento di 12 milioni.

I sette milioni e mezzo di maggiore impor­ tazione sono dati dalla seta tratta greggia europea, di cui entrò per 5 milioni di più; la seta tratta

semplice ha dati 1.1 milioni di maggiore entrata;

altri due milioni di aumento si hanno su quasi tutte le voci di tessuti e lavori ; tale aumento compensa anche la minore entrata per 1.1 milione di seme di bachi e di bozzoli secchi.

Nella esportazione dei dodici milioni di au­ mento, 10 sono dati dalla seta tratta addoppiata, un milione e mezzo dai tessuti lisci ; il resto sparso in molte voci che coprono anche la mi­ nore uscita di alcune specie di seta tratta, dei

cascami pettinati, e dei passamani.

9° Legno e paglia. — Importaz.: L. 23.580,856 con aumento di 3.6 mil.; esportaz.: L. 20,791,736 con aumento di 482 mila lire.

Il cospicuo aumento della importazione è dovuto a quasi tutte le voci ; la maggiore, il le­

gno comune squadrato e segato p er il lungo dà un

aumento di un milione e mezzo ; ed i bastimenti un aumento di 1.4 milioni.

Nella esportazione quasi tutte le voci sono in aumento e compensano la minore esportazione dei velocipedi (134 mila lire) e di cappelli di pa

glia per 240 mila lire.

10° Carta e libri. — Importaz.: L. 7,209,052 con aumento di 858 mila lire; esportazione: L. 5,567,758 con aumento di 684 mila lire.

Aumentano maggiormente nella importazione, la pasta dì legno per L. 810 mila, la carta per 108 mila ; le stampe, litografie o pastelli per 309 mila.

Nella esportazione diminuisce la cifra degli

stracci per 247 mila lire; aumenta la carta per

312 mila; le stampe per 198 mila; i libri per 310 mila.

{Continua).

Rivista (Bibliografica

La Fondai,ion Universitaire de Belleville. — L voi. in

12" di pag. XVIII-88 (1 fr. 50) Paris, Alcan. 1901. La fondazione universitaria di Belleville è una delle Università popolari create a Parigi nel 1900. Il segretario generale del gruppo che l’ ha fondata, il.signor Jaeques Bardoux, ha pen­ sato che fosse interessante di tracciarne breve­ mente la storia. Egli ci mostra gli sforzi collet­ tivi del gruppo di giovani che ebbero la prima idea di questa riunione, ci inizia al periodo di organizzazione e ci racconta la seduta inaugu­ rale; possiamo giudicare così i risultati materiali e intellettuali ottenuti nel primo auno. L ’ opera sociale, riassunta alla fine del libro, si presenta veramente notevole; si vede come possono es­ sere efficaci i tentativi di coloro che, dimentichi della divisione di classi, lavorano insieme per la pace e per il progresso sociale.

Una delle conterenze che sono state tenute alla Fondazione universitaria di Belleville dal prof. Gide sul lavoro intellettuale e il lavoro manuale serve d ’ introduzione a questo piccolo volume, che si legge tutto con vivo interesse. E è anche utile per una duplice ragione: potrà servire di guida ai fondatori di università popolari e in pari tempo inizierà il gran pubblico al loro fun­ zionamento e agli scopi che esse si propongono. G. A. Morelli. — La municipalizzazione dei servizi

pubblici. — Studio economico e sociale con pre­

fazione di F. Virgilii. — Torino, Bocca, 1901, pag. IX-159, (lire 3).

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332 L ’ E C O N O M IS T A 2 giugno 1901

i grandi servizi pubblici comunali, la loro indole economica, come si provvede alla loro esecuzione e come potrebbesi sostituire l’esercizio diretto municipale. Ma se la monografia del Morelli è documento di ricerche pazienti, accurate e abba­ stanza estese nel campo dei fatti, non possiamo dire che i principi teorici ai quali si appoggia siano sempre così solidi o cosi coerenti come sa­ rebbe desiderabile. E questo diciamo non tanto perchè la tendenza che rivela il libro del Mo­ relli in fatto di municipalizzazione dei servizi pubblici ci abbia sotto certi riguardi contrari, ma perché effettivamente l’Autore non dimostra in questo suo studio una precisione sufficiente nelle idee generali.

Cosi « la vera missione dello Stato è e deve essere quella di distributore equanime del benes­ sere nella collettività », « la carità, l’assistenza, la beneficenza e tutte quelle cose che per il pas­ sato assumevano l’aspetto di virtù, vanno per­ dendo il loro carattere ed assurgono ad una con­ cezione più umana e meno egoista, quella di doveri sociali. » (pag. 4).

Qui vi sarebbero alcune osservazioni da fare e non soltanto per cotesti punti. Manon vogliamo ora estenderci nella critica di un lavoro che è uno dei pochi che finora si abbiano in Italia sul- l’ importante questione ; aggiungiamo soltanto che se alcuni punti meritavano maggior svolgi­ mento e alcune opinioni contrarie alla municipa­ lizzazione richiedevano un esame più accurato, la monografia del dott. Morelli è però un contri­ buto interessante, e non privo di vari pregi, allo studio del complesso e intricato argomento. Eug'ène Fournière. — Essai sur V individuaiisme. —

Paris, Alean, 1901, pag. 188 (2 fr. 50).

« Intraprendo — così scrive l’autore — questo rapido lavoro allo scopo di costringere le menti riflessive a cessare dall’opporre l’uno all’ altro lo individualismo al socialismo. Ma questo pregiu­ dizio è talmente radicato, come tutti quelli che lusingano la pigrizia intellettuale degli scrittori e degli uomini politici che il mio compito potrà parere audace. » E che tale sia in verità lo crede­ ranno molti, anche essendo del tutto spregiudicati perchè se è vero che non ci è e non ci può es­ sere opposizione tra le due concezioni differenti dell’ individualismo e del socialismo ; tutto di­ pende dal modo come questi due sistemi s’ in­ tendono, o, forse meglio si fraintendono.

Egli risolve il problema della opposizione tra i due sistemi, col dimostrare che lo svi­ luppo dell’ individuo è un risultato della coope­ razione sociale e che il socialismo non può essere che un fenomeno di cooperazione volontaria. Va segnalato specialmente il capitolo nel quale sono esposte con prove abbondanti, le origini e i ca­ ratteri individuali del socialismo in tutti gli or­ dini dell’attività umana.

Verein für Socialpolitik. — Beiträge zur neuesten

Handelspolitik Deutschlands. — Leipzig, Duncker

und Humblot 1900-1901 (2 volumi).

L ’ Associazione p er la politica sociale ha pubblicato due pregevoli volumi di contributi alla nuova politica commerciale della Germania, che dovrebbero interessare anche gli economisti

italiani. Questi due volumi fanno onore a quella Associazione, la quale ha sempre cercato di for­ nire gran copia di elementi agli studiosi delle questioni economiche che vanno a mano a mano sorgendo, e anche questa volta ha raccolto mo­ nografie veramente importanti. Il primo volume contiene quattro studi : sulla politica commerciale degli Stati Uniti dal 1890 al 1900, sulla ridu­ zione dei dazi agrari nei trattati di commercio che la Germania ha da concludere nel 1903 ; sui tentativi di unione doganale nell’ Europa centrale nell’ultimo decennio, e sulle relazioni commer­ ciali russo-germaniche ; il secondo volume con­ tiene un lungo studio sui dazi agrari, uno breve sull’ imperialismo e la sua influenza prevedibile sulla politica commerciale del Regno Unito, uno studio sulla politica commerciale inglese alla fine del secolo X I X e infine l’esame delle rela­ zioni commerciali tra la Germania e gli Stati Uniti.

Non sapremmo dire quale sia più interessante di questi otto studi, ma è certo che quelli sui dazi agrari sono di particolare importanza e ci riserbiamo di dirne qualche cosa in seguito. In­ tanto raccomandiamo volentieri questa utilissima pubblicazione del Verein fiir Socìalpolitik.

Gr. Cauderlier. — Les lois de la population et leur application a la Belgique. —■ Paris, Gui 11 aumili,

1900, pag. 572 (fr. 20).

E questa un’opera importante di demografia che tratta di una questione del maggiore inte­ resse : della validità attuale della teoria di Mal­ thus. Sono rimasto stupito, scrive l’autore, a ve­ dere come Malthus si è avvicinato alla realtà dei fatti, malgrado il piccolo numero di dati sicuri, dei quali disponeva. In realtà se noi esaminiamo la teoria di Malthus senza occuparci delle con­ seguenze filosofiche o sociologiche che ne ha de­ dotte, noi constatiamo ch’ essa è quasi vera nelle grandi linee e che le modificazioni che bisogna farle subire non la toccano punto nei suoi prin­ cipi essenziali. Malthus diceva cha la popolazione tende a crescere secondo una progressione geo­ metrica, perchè ogni nuovo aumento è una causa di un accrescimento nuovo ; mentre che i mezzi di sussistenza non possono mai aumentare che secondo una progressione aritmetica. Egli ne traeva le tre proposizioni seguenti : la popola­ zione è necessariamente limitata dai mezzi di sussistenza; la popolazione cresce invariabil­ mente ovunque crescono i mezzi di sussistenza. Gli ostacoli ohe reprimono il potere preponde­ rante e forzano la popolazione a ridursi al livello dei mezzi di sussistenza possono tutti riferirsi a questi tre titoli: il ritegno morale, il vizio e la sventura (misery).

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2 giugno 1901 L ’ E C O N O M IS T A 333

al livello dei mezzi di sussistenza dalla emigra­ zione volontaria o no, della fecondità femminile. Tale è la correzione dell’Autore alla dottrina malthusiana, tale la tesi generale che egli ha voluto dimostrare coi suoi calcoli statistici, ana­ lizzando i tre grandi fenomeni demografici della natalità, della mortalità e della nuzialità presso le principali nazioni occidentali.

Non è possibile di seguire l’Autore nella larga e minuta trattazione ch’egli fa dei vari fatti demografici. Notiamo che per ciò che riguarda la Francia il Cauderlier attribuisce la «depopula- tion» alle cattive condizioni economiche del paese poiché egli scrive : i progressi della civiltà vi creano dei bisogni nuovi che i nuovi mezzi sono impotenti a soddisfare perchè i nuovi mezzi creati dalla civiltà sono adoperati per le nuove imposte e per colmare il vuoto fatto nella ric­ chezza pubblica dalle catastrofi finanziarie e dalla invasione della fillossera (pag. 307). Ora questo giudizio pare davvero inesatto, perchè in Francia le imposte sono certo numerose e in qualche caso gravose, ma nell’ insieme sono pa­ gate senza grande difficoltà; di più i risparmi aumentano. Forse l’autore ha voluto spiegare con fatti economici anche quello che ha radici in al­ tre condizioni sociali.

Tuttavia quest’opera è tale da meritare tutta l’attenzione degli statistici e degli economisti sia per i risultati cui perviene, sia per i procedi­ menti seguiti dall’Autore, il quale ha introdotto alcune idee originali nello studio delle nascite e dei matrimoni. Ora egli sta proseguendo i suoi studi nei riguardi della Francia e dell’ In­ ghilterra, essendosi già occupato del Belgio nell’ultima parte dell’opera che annunciamo. Au­ guriamo che il sig. Cauderlier possa condurre a termine i suoi importanti studi demografici che torneranno di molta utilità, sia sotto 1’ aspetto teorico che sotto quello pratico.

(Rivista (Economica

Una locomotiva della Società Adriatica in prova sulla Bete francese dell’ovest. — L'agricoltura in Dani­ marca. — La Cassa per le pensioni operaie in Francia. — I buoni del Tesoro a lunga scadenza.

Una locomotiva della Società Adriatica in prova sulla Rete francese dell’ ovest. — Con compiacenza abb amo rilevato nel fascicolo del

Journal des transporls del 18 maggio un articolo circa

gli eccellenti risultati offerti da una locomotiva, ap­ partenente alla Rete Adriatica, sulle ferrovie fran­ cesi, Rete dell’ ovest. La locomotiva in parola era stata dalla Società inviata all’ Esposizione univer­ sale di Parigi ed ivi attirava, per la sua forma par­ ticolare, gli sguardi dei visitatori,

Destinata a rimorchiare i pesanti diretti fra Roma e l’ Alta Italia attraversanti gli Appennini, essa dovova essere rapida in pianura, potente, agile e stabile in montagna. Dai dispositivi adottati ri­ sultò una potente locomotiva, ad alta pressione,

compound con quattro cilindri, montata su sei grandi

ruote motrici di m. 1,940 e su un carrello, che pesa in ordine di marcia tonn. 66,5, delle quali 43,5 uti­ lizzate per l’ aderenza.

L’ aspetto tipico della macchina deriva dal fatto che il carrello reclamato dalla stabilità, venne usato per porvi sopra un gran focolare, di modo che la cabina del macchinista è posta sul davanti, in

eccel-lente posizione per la sorveglianza della linea. Na­ turalmente, essendo stata rovesciata la posizione della macchina, la ciminiera e i cilindri si trovano nella parte posteriore. Ingegnose disposizioni sono state pure adottate nel funzionamento dei cilindri.

La Società dell’ ovest ritenne opportuno di speri­ mentare tale locomotiva, e col cortese permesso della Società Adriatica, la adibì per lo spazio di due mesi a rimorchiare treni regolari fra Parigi da un lato, Le Mans, Evreux e Rouen dall’ altro. La con clusione degli esperimenti è chiarissima : dopo qual­ che leggera modificazione, dovuta al fatto che la macchina non era stata in servizio prima di essere inviata alla Mostra, essa mostrò le stesse qualità della locomotiva compound ovest a tre assi accop­ piati, con potenza leggermente superiore ; stessa stabilità a velocità maggiori, spinte sino a 125 km. all’ora, e anche buona utilizzazione del vapore.

La Società della Rete Adriatica ha ordinate se­ dici di tali locomotive : gli esperimenti fatti sulla Rete dell’ ovest mostrano che la sua fiducia è ben giustificata.

L ’ agricoltura in Danimarca. — Da una recente pubblicazione che il Governo danese ha fatta compilare per esporre i meravigliosi progressi realizzati dall’ agricoltura in Danimarca, nel corso degli ultimi 30 anni, togliamo alcuni dati interessanti che possono riuscire specialmente istruttivi per il paese nostro.

Dal 1875 al 1899 il rendimento dei raccolti per unità di superficie coltivata aumentò in Danimarca del 25 per cento pel grano, del 17 per cento per la avena, del 59 per cento per le patate, del 18 per cento per i foraggi. In seguito alla estensione dell’ indu­ stria lattifera, la superficie seminata di trifoglio e di erba vi occupa oggidì un terzo di tutta la super­ ficie destinata all’ agricoltura.

Questo progresso enorme è stato ottenuto coi mezzi i più semplici che si possano immaginare

L ’ allevamento del bestiame e l’ impiego più fre­ quente di concimi artificiali hanno messo i terreni grado a grado, in condizioni sempre migliori di fer­ tilità, al quale risultato ha contribuito l ’utilizzazione più razionale del concime naturale. I lavori di dre­ naggio, di piantagione ree., fatti sistematicamente, vi hanno contribuito anche in molta parte.

Ma principalmente il progresso ha potuto essere realizzato grazie allo sviluppo della istruzione e della educazione agraria, al quale hanno contribuito potentemente e con rapido effetto le numerose scuole di agricoltura, le scuole superiori popolari, le molte società agrarie, le organizzazioni di esperienze pra­ tiche e l’ opera attiva dei Consigli agricoli.

Ed è così che 1’ agricoltura danese ha potuto, malgrado il rinvilio dei prezzi, non solo evitare un ribasso del valore in denaro dei raccolti, ma lo ha invece elevato ; poiché il valore medio dei raccolti degli ultimi cinque anni è riuscito di quasi 30 mi­ lioni di corone superiore a quello di venti anni fa. Se i prezzi del 1875 non fossero ribassati nell’ inter­ vallo, la differenza di valore in aumento sarebbe stata di quasi 150 milioni all’ anno.

La Cassa per le pensioni operaie in Francia. — E’ noto che il Governo francese aveva, da tempo, manifestato l’ intenzione d’istituire una Cassa di pensioni operaie. Ora il progetto di questa Cassa è stato presentato alla Camera francese, la quale dovrà occuparsene tra breve.

Secondo il progetto del Governo sarà creata, sotto la garanzia dello Stato, una Cassa Nazionale, la cui gestione amministrativa sarà sottoposta alla autorità del Ministro del commercio e la cui gestione finanziaria sarà affidata alla Cassa dei depositi e consegne.

La Cassa dei depositi e consegne è autorizzata a impiegare le somme versate alla Cassa pensioni operaie nell’ acquisto di fondi pubblici e in prestiti ai Dipartimenti e Comuni. La Cassa potrà anche fare, mediante il suo conto corrente col Tesòro, delle provviste di fondi sufficienti pel rimborso successivo di un certo numero di serie rendite dello Stato, e la Cassa pensioni riceverebbe dal Tesoro in pagamento delle annualità calcolate ad un saggio che non po­ trebbe discendere al di sotto di 3 per cento.

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