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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1963, Anno 22, n.1, marzo

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Pubblicazione trimestrale Anno XXII ■ N. 1

MARZO 1963

Spedizione in abbonamento poetale Gruppo I V

RIVISTA DI DIRUTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(e RIVISTA ITALIANA DI D IR ITTO FINANZIARIO)

D I R E t L U I G I E I N A U D I

D E L L ’ U N I V E R S I T À DI T O R I N O GIAN ANTONIO MICHELI D E L L ' U N I V E R S I T À D I R O M A S E R G I O Z 1 O N E A C H ILLE D. G IA N N IN I D E L L ’ U N I V E R S I T À D I B A R I t S A L V A T O R E S C O C A AVVOCATO G E N E R A L E DELLO STATO S T E V E

D ELL’ UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO

M V U jA

PAVCIS

AG

(2)

Pubblicazione sotto gli auspici della Camera di Commercio di Pavia e dell’Istituto di diritto tributario dell’Università dì Roma

La Redazione è a Pavia, Istituto di Finanza presso l’Università e la Camera di Commercio, Strada Nuova 65. Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia. Redattore, doti. Franco Volpi.

Parte I - Redattore Capo: prof. Francesco Forte

i manoscritti vanno mandati all’Università di Torino - Laboratorio di Economia, Sezione di Finanza, Facoltà di Giurisprudenza, via Carlo Alberto 10.

Parte II - Redattore Capo: prof. Alberto Romano

i manoscritti vanno mandati a Firenze, viale Matteotti, 21. Condizioni di Abbonamento per il 1963

Abbonamento annuo . L. 4.000 E s t e r o ... » 4.500 Fascicoli separati . » 1.500 E s t e r o ... » 1.800 Annate arretrate L. 4000 (Estero L. 4500)

L ’abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti 1 numeri dell’annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all’editore, anche con versamento sul conto corrente postale 3/17986, indicando a tergo del modulo, in modo leggi­ bile, nome, cognome e indirizzo dell’abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati. Il rinnovo dell’abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno. Trascorso tale termine l ’amministrazione provvede diret­ tamente all’incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative. Le richieste di cambiamento di indirizzo devono essere accompagnate dal­ l’importo di L. 70 in francobolli.

I fascicoli non pervenuti all’abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine, non si spediscono che contro rimessa dell’importo.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l ’anno successivo. L ’abbonamento però non può essere disdetto se l ’abbonato non è al corrente con i pagamenti.

Per ogni effetto l ’abbonato elegge domicilio presso l’amministrazione della rivista.

ABBONAM ENTI C U M U L A TIV I; Gli abbonati alla Rivista di Diritto Finan­ ziario e Scienza delle Finanze, in regola con il pagamento, hanno diritto ad una riduzione del 10 % sugli abbonamenti alla Rivista dei Dottori Commercia­ listi ed a II Diritto fallimentare e delle società commerciali, edite dalla Casa Dott. A. Gluffrè.

Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all’atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’ autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 5083 del 6-10-59 Direttore responsabile: Francesco Forte

(3)

INDICE-SOM M ARIO

P A R T E P R I M A

pag.

Mabio Talamona - Problemi di teoria, e dì metodo nella programmazione

globale della Pubblica Amministrazione: il caso norvegese . . . . 3

Euclide Antonini - Profili soggettivi dell’obbligazione tributaria . . . 88 Eugenio Righi - La prescrizione del debito d’ imposta nell'ordinamento tri­

butario g e r m a n i c o...122

APPUNTI E RASSEGNE

Renato Ricci - Rassegna legislativa in materia finanziaria (secondo se­ mestre 1 9 6 2 ) ... 152

RECENSIONI

Aldo Scotto - Compendio di scienza delle finanze (S. Steve) . . . . 187 Giorgio Fu à - Lo Stato e il risparmio privato (E. Giardina) . . . . 188 C. Scailteur - Le contrìbuable et l’État. Études morales sociales et juri-

diques (L. Jona C e le s ia )...

Filippo Gazzerro - Il donneino e le notificazioni, fiscali (L. Jona Celesia) 192

RASSEGNA n i PUBBLICAZIONI R E C E N T I...194

P A R T E S E C O N D A

NOTE A SENTENZE

Nicola D ’Amati - « Percezione » del reddito sociale ai fini dell’applicazione

dell’imposta com plem entare... 3

Luigi Montesano - Impignorabilità dei crediti tributari e pìgnorabilità del

pubblico d e n a r o... 8

Gaspare Falsitta - ImpugnabiUtà avanti la Commissione centrale delle decisioni definitive emesse dalla Commissione provinciale in tema di de­

terminazione del valore nei trasferimenti della ricchezza . . . . 14

Augusto Fantozzi - Appunti sulle conseguenze sostanziali, della doppia

(4)

DECISIONI ANNOTATE

pag.

Imposta complementare - Redditi da dividendi o utili di società - Devono ritenersi percepiti nell’anno successivo a quello di produzione (Comm. Centr., 17 aprile 1961, n. 41735) (con nota di N. D ’Am a t i) . . . . 3 Imposta generale sull’entrata - Quote attribuite ai comuni -

Impignora-bilità (Trib. Catania 30 maggio 1962 (con nota di L. Montesano) . . 8 Commissioni tributarie - Decisioni definitive della Commissione provin­

ciale in tema di determinazione del valore nei trasferimenti della ric­ chezza - Ricorso alla Commissione Centrale per motivi di legittimità (difetto di motivazione) - Inammissibilità - Ricorso all’Autorità Giudi­ ziaria - Proponibilità (Cass. Sez. Un. 6 ottobre 1962, n. 2828) (con nota di G. Falsitta) ... 14 Società a responsabilità limitata - Irregolarità d’amministrazione - Doppia

contabilità - Approvazione del bilancio - Irrilevanza (App. Roma 11 gennaio 1960) (con nota di A. Fantozzi).

Società per azioni - Irregolarità d’amministrazione - Doppia contabilità - Approvazione del bilancio - Irrilevanza (App. Milano 6 gennaio 1960) (con nota di A. Fantozzi) ...33

(5)

B A N C A

COMMERCIALE

ITALIANA

BANCA DI INTERESSE NAZIONALE

Capitale sociale L . 20.000.000.000 • Riserva L . 7.450.000.000

(6)

CASA EDITRICE D O IT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

F I L I P P O G R I S O L I A

CODICE DELLE ESENZI ONI

E RIDUZIONI NELLE TASSE

E IMPOSTE SUGLI AFFARI

ALCUNI GIUDIZI SULLE PRECEDENTI EDIZIONI:

« ... L’utilità grandissima del codice è stata da tutti riconosciuta perchè in ordine alfabetico, per materia, riporta le leggi ed i decreti, le normali e parte della giurisprudenza relativa alle esenzioni e riduzioni concesse nel campo delle tasse ed imposte sugli affari. Risparmia ai contribuenti ed agli uffici una difficile ricerca sui bollettini o nelle raccolte delle leggi ed agevola l’interpretazione delle norme con opportuni richiami e con la giurisprudenza più indicativa».

da « Rassegna delle tasse e delle im­ poste indirette sugli affari» 1959/10

« ... si tratta di un volume molto prezioso, aggiornatissimo e pratico, la cui importanza è degna di rilievo sotto ogni aspetto nei vasti settori dell’agri­ coltura, credito, industria, ecc., tenuto conto che le disposizioni sono nu­ merose e riguardano agevolazioni e facilitazioni tributarie a favore di privati e di enti ».

E. Zàgara su « Giornale di Sicilia » 1959/106

Terza edizione aggiornala al 31 dicembre 1962, 16°, p. 2 2 7 6 , carta india, rii. tela, L. 6 .0 0 0 .

601

(7)

CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

S T U D I

IN O N O R E D I

ACHILLE DONATO GIANNINI

A. C. Je m o l o, L’amico A. D. Giannini. C. Al b in a n a Ga r c í a-Qu i n t a n a, La le­ gitimación activa en las reclamaciones tributaria.

R. Al e s s i, Sulla natura giuridica del­ la cosiddetta delega esattoriale.

E . Al l o r io, Breve trittico sulla irre­ troattività delle norme tributarie.

V . An d r io l i, La competenza per terri­ torio dei Tribunali regionali delle ac­ que pubbliche.

E . An t o n in i. La formulazione della legge e le categorie giuridiche : in par­ ticolare della tassa come onere.

J . E . Az z i n i, Ordenamiento financiero en las constituciones uruguayas. R. Ba c c a r i, I tributi ecclesiastici ri­ spetto al diritto dello Stato.

A Be r l i r i, Appunti sul fondamento e il contenuto dell’art. 23 della Costitu­ zione.

F . Ca f o t o r t i, Accordi internazionali sulla circolazione stradale e « Codici della strada».

B . Co c iv e r a, Sul concetto di « tributo » e sulla natura tributaria dì alcuni pro­ venti degli enti minori.

E . Co r t e s e, Intorno alla « causa impo- sitionis » e a taluni aspetti privati­ stici delle finanze medievali.

N. D ’Am a t i, Il « diritto tributario » e la tradizione giurìdico-finanziaria ita­ liana.

E . De g l i Ub e r t i, Natura del rapporto di pubblico appalto.

P. De l Pr e t e, Il regime giuridico del­ l’autostrada (Natura, costruzione e ge- strione).

M . De Lu c a, Regime « dissociato » di produzione e razionale utilizzazione del­ le risorse produttive.

A . De n i, L a p ro v a e la p re su n z io n e d e l­ l ’e s is te n z a del red d ito .

F . M . De Ro b e r t i s, La nozione di

« lavoro » nelle fonti romane. P. . De r t i l i s, Les garantìes du con- tribuable à l’égard du fise en Grèce.

A . De Va l l e s, Ineleggibilità ed incom­ patibilità al consìglio comunale.

E . Fa z z a l a r i, Diffusione del processo e compiti della dottrina.

F . Gu n t h e r, Zur Wiirdigung von Sach- verhalten im Steuerrecht.

E. Fo r s t h o f f, Der Dualismus von Rechtsstaat und Sozialstaat im Verfass- ungsrecht der Bundesrepublik Deutsch­ land.

F. Fo r t e, Su di alcune misure di po­ litica fiscale per l’industrializzazione del Sud.

P. Ga s p a r r i, Il sistema costituzionale delle fonti normative e i provvedimenti dei comitati dei prezzi.

G. Gera, L’imposizione degli incremen­ ti patrimoniali.

G . Gi a c o b e l l i, Il parcheggio (e la so­ sta) degli autoveicoli nei rapporti pub­ blicistici e nella teoria della utilizza­ zione delle strade soggette al regime della demanialità.

M. S. Gi a n n i n i, Sui mercati comunali. G. A. Mi c h e l i, Note esegetiche in tema di esecuzione esattoriale.

G . Mi n e r v i n i, A p p u n ti in te m a di ra cco m a n d a z io n e d i n a v i.

V. M. Ro m a n e l l i-Gr i m a l d i, Invalidità e validità di patti contrattuali fra Stato contraente e privato, intesi a regolare gli oneri tributari derivanti da un negozio giuridico di diritto privato. F. Sa in z d e Bu j a n d a, La personalidad y la obra de A. D. Giannini.

C . Sc a i l t e u r, Principes de la repres­ sion des fraudes fiscales.

S . Sc o c a, U n te n ta tiv o d i co d ificazio n e d e lle le g g i t r ib u ta r ie .

V. Si c a, Osservazioni sulla « Legge del bilancio » (art. 81 della Costituzione). G. St a m m a t i, Alternative all’I.G.E. A. Uc k m a r, La prescrizione delle im­ poste di registro.

V . Uc k m a r, L a p o te s t à re g o la m e n ta re in m a te r ia t r ib u t a r ia .

G . Vig n o c c h i, Piani di ricostruzione. C. Vo c in o, Iudicium vectigale. G. Zi n c a l i, Aspetti finanziari d e lla pre­ videnza-assistenza sociale.

Volume in 8°, pag. X1I-1128, rii. tela, . . . . L. 8.000 483

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

LE IMPOSTE VIGENTI

IN SVIZZERA

a cu ra d el D o t i . S I L V I O B I A N C H I CO N SULEN TE F IS C A L E IN B A S IL E A B LUGANO *

ALCUNI GIUDIZI DELLA STAMPA SULLA PRECEDENTE EDIZIONE

« ... Pubblicazione di vero ed immediato interesse, e per la materia che ne forma l’oggetto e per il modo con il quale è esposta... ».

da « N uova Rivista Tributaria »

Fase. 8-9/1960

*

« ... A nch e se dichiaratamente l’A u tore persegue intenti pratici, in realtà l’analisi ch ’egli conduce sia delle im poste federali valide in

tutta la Svizzera e sia di quelle proprie di tre Cantoni « Basilea-

Città », « Zurigo » e « Ticino », ne risulta curata e pregevole... ».

da « Rassegna di legislazione italiana nei rapporti internazionali » - Fase. 4/1 960

*

Seconda edizione, 8°, p. V I-89 , con numerose tavole, L. 1000

605

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

EZIO VAN ON I

OPERE GIURIDICHE

a cura di FRANCESCO FORTE e CESARE LONGOBARDI

I

Natura e interpretazione delle leggi tributarie Altri studi di diritto finanziario

Na t u r a e d i n t e r p r e t a z i o n e d e l l e l e g g i t r i b u t a r i e : Teoria e storia dell’interpre­ tazione delle leggi tributarie - Natura del diritto d’imposizione. Il tributo come fenomeno di scambio - Natura del diritto di imposizione. Il tributo come emana- zione deHa sovranità o della supremazia dello Stato. La causa del tributo - Carattere del diritto finanziario - I metodi_ dell’interpretazione - I mezzi dell’interpretazione - (segue) : I mezzi dell’interpretazione - I risultati della interpretazione. L’analogia. I principi generali del diritto - Le fonti dell’interpretazione.

Al t r i s t u d i d i d ir it t o f in a n z i a r i o.

Volume in 8°, pag. IX-468, rii. t e l a ... L. 3200

I I

Elementi di diritto tributario Altri saggi di diritto finanziario

J DIRI1TO t r i b u t a r i o : Teoria generale del diritto tributario : Diritto La note«?» rPoTtt0- .tl'lbuta™ J Le concezioni ciel rapporto giuridico tributario - torioP - Valore ' L obbligazione tributaria - Le fonti del diritto tribu-nel temnn T Mntì™ V3g? e tributaria nello spazio - Valore della legge tributaria la legge I poteri SscrMionali Ieggi tributarie ‘ L’amministrazione finanziaria e tributario: I soggetti attivi - Il soggetto passivo fisiche - SI ¡ o e L t t ì ‘ Natura dei .soggetti passivi - I soggetti passivi persone e la successioni ^elPnbhr p.ersonf giuridiche - La cassazione del soggetto passivo vincolo solfdaio i l ! 1 n-b -Vì k! n-<L trlbutaria - La rappresentanza e l’assistenza - Il L’azione d? relÌe<5? dTlntto tributario - Conseguenze della pluralità di soggetti. X. azione di regresso - Le esenzioni personali.

contenuto^0 T trihutaria ■ L’obbligazione tributaria e il suo tomento ' Te „khS 011.1 fare lb generale. Le obbligazioni di fare e l ’accer-mmtoUtil dei^ tribnt r i Jo- fa.re . interessanti il controllo, il prelevamento, le L’obbligazione di Ìn ro ^azioni di non fare Le obbligazioni di sopportare -di alcune fattisnee^e r -a i 118“ 1* ? el1 obbligazione -di pagare il tributo. Descrizione

t „ fattispecie tributane - I caratteri della fattispecie‘ e le esenzioni ogget-i m p o n ogget-i b ogget-i l e * T l W o T 'emogget-ieUa p.resta7Ì°.I; e trogget-ibutarogget-ia. Rogget-ilogget-ievo e qualogget-ifogget-icazogget-ione del fogget-itto

™ t r i s a c cÌ r n misurazione della base imponibile. Applicazione all’aliquota.

ALTRI SAGGI DI SCIENZA DELLE FINANZE E DI DIRITTO FINANZIARIO. Volume in 8°, p. XV-541, rii. tela .

403

L. 4200

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CASA EDITRICE DOTT. ANTONINO GIUFFRÈ - MILANO

COSTANTINO DE BONO

LA LEGGE DEL REGISTRO

Regio decreto 30 dicembre 1923 N. 3269

Aggiornata a tutto il 1° marzo 1961

È il commento più recente alla Legge del Registro, aggior­ nato al 1 marzo 1961, nel quale l’autore, con originalità di cri­ terio, segue l’evoluzione delle disposizioni del T.U. conseguente al susseguirsi delle disposizioni modificative; con equilibrio e armonia le considera dal lato dottrinario, venendo incontro alle necessità degli studiosi; e ne offre la soluzione che nella pratica quotidiana è di sommo interesse pei professionisti.

Al commento di ogni articolo di legge segue, a completarlo, la più accurata rassegna della giurisprudenza amministrativa e giudiziaria, dalla più remota alla più attuale, con l’indicazione della soluzione clie può ritenersi maggiormente accettabile.

In breve, questo lavoro contribuisce egregiamente alla cono­ scenza di una delle leggi tributarie di più diffìcile interpreta­ zione.

Un indice ben curato ne facilita la consultazione.

Volume in 8°, di pag. XXIV-679 ...L. 4000

Novità

È in distribuzione il volume secondo. TARIFFA - TABELLE - APPENDICE Aggiornata a tutto il 30 aprile 1962. Volume in 8°, p. XXVI-411, L. 3200.

452

Per acquisti rivolgersi alla Casa in Milano - c.c. postale 3*17986 - od ai suoi agenti

(11)

P A R T E P R I M A

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PROBLEMI DI TEORIA. E DI METODO NELLA PROGRAMMAZIONE GLOBALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE:

IL CASO NORVEGESE (*)

1. Introduzione e sommario.

1.1. L’esperienza acquisita da un paese occidentale di ferma tradizione democratica e socialmente progredito come la Norvegia, in tema di programmazione economica globale, dalla fine della se­ conda guerra mondiale ai giorni nostri, sembra meritare un’ atten­ zione particolare. Ciò, in primo luogo, dal punto di vista della meto­ dologia e dell’applicazione concreta di schemi di razionalizzazione delle molteplici forme d’intervento dell’ operatore globale « Pubblica Amministrazione », attraverso le quali si realizza correntemente la politica economica pubblica in sistemi a struttura « mista » di mer­ cato (1).

Nondimeno, la stessa esperienza norvegese può essere elettiva­ mente indicata come un caso rilevante, ai fini della valutazione di talune difficoltà che di fatto s’ incontrano sulla via d’ un certo tipo di programmazione economica (essenzialmente intesa come processo di razionalizzazione delle decisioni e di coordinamento degli atti del­ l’operatore pubblico considerato), quand’ anche tale processo si svolga in presenza di condizioni politiche, sociali, culturali e scientifiche senza dubbio favorevoli all’applicazione di metodi e strumenti concet­ tuali sufficientemente raffinati.

(*) Gli argomenti sviluppati nel presente saggio sono stati parzial­ mente trattati, in una prima versione provvisoria, in una relazione dell’a. alla « Riunione interna di studio sui problemi della programmazione », tenuta m Roma nei giorni 17-23 settembre 1962, presso l’Istituto Nazionale per lo Studio della Congiuntura (ISCO). L ’a. ringrazia pertanto l’ISCO per il consenso gen­ tilmente accordato a questa pubblicazione.

(1) Per un interessante schema tipologico positivo, atto alla definizione delle moderne economie «m is te » (capitalistiche o socialiste), si veda [13].

(14)

— 4

D’ altro canto, ¡’interesse che si può riservare ad un’esperienza come quella norvegese è precisamente accentuato dall’ opportunità che essa offre, di porre a confronto progressi attuati e risultati acqui­ siti con esigenze teoriche e metodologiche a più alto livello : quali si traggono, ad esempio, dallo sviluppo di ricerche condotte ormai da parecchi anni, nel campo dei rapporti fra teoria macroeconomica e programmazione matematica (2) ed, in genere, in quello della costru­ zione di modelli macroeconomici di decisione, ad opera della scuola econometrica di Oslo, diretta da Ragnar Frisch.

Pertanto, in questa sede, ci si propone segnatamente di discu­ tere, sia pur brevemente : a) dei metodi di pianificazione economica finora adottati in concreto, nel paese scandinavo ; 6) delle esigenze, vieppiù avvertite, di migliorarne il fondamento teorico, le basi em­ piriche e, conseguentemente, le procedure connesse; o) delle più am­ biziose aspirazioni ad applicare, in un futuro probabilmente non im­ mediato, una « vera analisi di programmazione macroeconomica » (nel senso del Frisch), cioè un modello normativo di pianificazione basato sull’ottimizzazione completa- delle scelte di politica economica dell’operatore «Pubblica- Amministrazione» per il sistema econo mico nel suo complesso.

Giova forse riflettere, ai nostri fini, che se mai v’ è un campo di applicazione pratica di determinate conoscenze scientifiche, caratte­ rizzato dall’ incontro e dalla necessità di cooperazione di numerose discipline interessanti le relazioni sociali, questo corrisponde di certo al tema della programmazione globale dell’ attività della Pubblica Amministrazione. Teoria economica positiva e normativa, teoria delle scelte (o prasseologia) e dei processi di decisione, teoria politica e scienze sociologiche, teoria delle comunicazioni e scienza delle finanze in senso stretto, statistica economica, matematica applicata, econo­ metrica, cibernetica, diritto pubblico in genere : non sono che alcuni fra i principali rami del sapere che, in misura maggiore o minore, concorrono direttamente ad elaborare i fondamenti scientifici di qual­ siasi attività di pianificazione razionale, riguardante la politica eco­ nomica generale dei pubblici poteri.

Le difficoltà che quest’ ultima incontra sono, del resto, connesse alla straordinaria complessità dei problemi che essa è chiamata a risolvere. Tale complessità gli economisti, da soli, mal saprebbero dominare : sebbene ad essi, sopra tutti i « tecnici » ed edotti delle

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« preferenze » dei politici, competa il massimo onere nel guidare quella medesima attività. È comunque giustificato, in siffatte condi­ zioni, ritenere degna di attenta considerazione l’ esperienza altrove mietuta — oltre che per il suo significato teorico e metodologico — per gli insegnamenti stessi, positivi o negativi, che si concluda di poterne ricavare in concreto, dal punto di vista di un paese, come l’Italia, che pure sembra avviato a procedere per strade non troppo dissimili, nel prossimo futuro (3).

1.2. La seconda parte di questo scritto (par. 2.1-2.10) tratterà pertanto dell’ esperienza concreta ottenuta in Norvegia dal 1946 in poi : per quel che concerne sia i fini ed il modello economico implici­ tamente accolto, sia la strumentazione e il controllo dei piani. Il processo amministrativo della loro preparazione (in forma di « bi­ lanci economici nazionali ») (4) merita speciale attenzione. Premessa indispensabile è, d’altronde, qualche cenno alle condizioni politiche prevalenti nel paese nel periodo considerato, nonché alla struttura ed alle « dimensioni » del sistema economico di cui si tratta.

Indicati pregi e difetti risultanti dalle vigenti procedure di pia­ nificazione, la parte successiva (3.1.-3.4.) aspira a render conto della fase di transizione in cui attualmente si trova la programmazione globale, colà. In particolare, pone l’accento sui tentativi che si com­ piono, circa l’adozione di un più completo ed esplicito modello econo­ mico formalizzato. Un certo interesse è destato, pertanto, da un mo­ dello interindustriale di produzione e consumo, descritto recente­ mente da Per Sevaldson.

Nella quarta parte (4.1. 4.9.), si accennerà succintamente alla principale linea di sviluppo teorico degli studi norvegesi sulla piani­ ficazione, intesi ad applicare modelli di programmazione compieta- niente ottimizzanti, anziché semplici modelli di coerenza. Si richia­ meranno i criteri ispiratori delle indagini svolte presso l’ Istituto di (3) L ’Italia non è di certo priva d’esperienze in questo campo: dai primi studi del 1946-49 ai modelli disaggregati ed alle matrici costruiti nel 1950-53, al «piano Vanoni» ed ai tentativi per strumentarlo, al modello econometrico aggregato della Commissione Papi. Ma limiti e difficoltà di codesti tentativi non possono essere sottovalutati : sul piano della volontà politica generale, della consapevolezza delle esigenze tecniche ed organizzative di una moderna pro­ grammazione globale, delle stesse ricerche teoriche, dell’insufficienza di osserva­ zioni empiriche, della frammentazione parziale, pluriregionale o settoriale del­ l’esperienza medesima infine,' a causa della vasta carenza in fatto di strumen­ tazione. Cfr. [9 ], parti II e III.

(16)

— 0

Economia di Oslo, sotto la guida del prof. Fri sdì e ci si riferirà som­ mariamente al « modello a canali », come esempio di modello ma­ croeconomico di decisione atto a consentire la massimazione d’ una determinata funzione di preferenza sociale dello Stato. Qualche più specifica illustrazione al riguardo, sarà data nelle Appendici I e II.

1.3. Fin d’ ora sembra tuttavia opportuno aver presenti alla mente alcune caratteristiche strutturali del sistema economico al quale si riferiscono i modelli ed i processi di pianificazione che si discuteranno in seguito.

Nel caso dell’ economia norvegese, si tratta d’ un tipico sistema economico-sociale appartenente ad un paese relativamente piccolo, dalla struttura piuttosto semplice, notevolmente specializzata dal lato produttivo, ma sufficientemente omogenea dal punto di vista del grado di sviluppo. Un sistema, pertanto, al quale risulterebbe particolarmente applicabile una programmazione globale del tipo « econometrico » (5).

Nondimeno, difficilmente si potrebbe classificare compiutamente in tal modo l’effettiva programmazione globale adottata fino al 1961 dal governo norvegese. Essa appare, piuttosto, un esempio partico­ larmente interessante di pianificazione del tipo « economico-qualita- tivo », sebbene con estese applicazioni di proiezioni quantitative (6).

1.4. Le principali caratteristiche strutturali dell’ economia nor­ vegese si possono richiamare muovendo dai dati sulla popolazione, sul territorio e sul prodotto nazionale lordo (7).

Oltre un terzo della popolazione medesima trae il proprio red­ dito dall’industria manifatturiera ; un altro terzo (ed anzi meno) dal­ l’agricoltura e dalla pesca. Il grado d’industrializzazione è elevato,

(5) Cfr. [9], p. 45. Questo tipo di programmazione si svolge intorno ad uno o più modelli econometrici assai particolareggiati e, come tali, esigenti, in fatto di rilevazioni empiriche appropriate, di disponibilità di economisti, econo­ metrici e statistici (nonché di politici) esperti ; infine, di istituzioni, anche am­ ministrative, adeguate.

(6) Anche per questa classificazione, cfr. [9 ], p. 46. La programmazione di tipo « economico-qualitativo » si manifesta con analisi qualitative e mediante consigli (norme) pure espressi in termini qualitativi, come orientamenti di massima.

(17)

— 7 —

ed il reddito lordo prò capite raggiunge all’incirca il livello della Gran Bretagna.

L’ aspetto più saliente dell’ economia norvegese (estremamente « aperta » verso il resto del mondo) si ritrova però badando ai suoi rapporti economici con l’estero. Il valore delle esportazioni, ad esem­ pio, ha toccato in media il 40 % del reddito nazionale lordo nel pe riodo considerato ; inoltre, la massima parte dei redditi provenienti da altri paesi sono guadagnati da poche industrie d’ esportazione (8).

Non bisogna poi trascurare il fatto che il volume del commercio estero norvegese è modesto in rapporto a quello mondiale; salve po­ che eccezioni, quelle correnti di scambio hanno trascurabile influenza sui livelli dei prezzi nei mercati internazionali. Questi ultimi debbono assumersi come « dati » di politica economica ; mentre le fluttuazioni nelle « ragioni di scambio » internazionali possono indurre cospicue variazioni nel reddito e nel livello generale dei prezzi all’interno, ol­ tre a causare considerevoli effetti di ridistribuzione del reddito fra settori esportatori e non esportatori ed altri gruppi sociali (9). An­ che i corrispondenti fenomeni monetari assumono, ovviamente, ana­ logo rilievo.

2. Aspetti metodologici e amministrativi della pianificazione nor­ vegese.

2.1. Trattando dell’esperienza norvegese, il primo punto sul quale è necessario soffermare l’ attenzione riguarda i presupposti e le condizioni politiche prevalenti nel paese, all’ indomani della se­ conda guerra mondiale. Dopo un ministero formato da tutti i par­ titi, le elezioni del novembre 1945 dettero alla Norvegia, stabilmente e senza interruzioni, un governo socialdemocatrico (laburista), ap­ poggiato da una solida maggioranza al parlamento (Storting), che tuttora è alla guida del paese.

(8) L ’accentuata specializzazione del commercio con l’estero, in senso lato, si basa, da una parte, sulla potente marina mercantile e, dall’altra, sulle industrie della cellulosa e della carta e su quelle minerarie, che coprono circa il 50 % delle esportazioni di merci. A ll’opposto, le importazioni sono largamente diversificate per beni e servizi, sebbene riguardino per poco meno del 90 % beni d’investimento e materie prime non prodotte all’interno (importazioni « non con­ correnziali », di cui si parlerà in seguito).

(18)

8 —

Sembrai dunque il caso di sóttolineare l’ importanza di due circo­ stanze, per giudicare di questa esperienza in fatto di pianificazione. la stabilità delle condizioni politiche generali ed il possesso del potere politico nella cornice di un’ effettiva democrazia parlamentare mo­ derna, da parte d’ un partito ideologicamente orientato verso un vasto impiego di controlli e strumenti indiretti per il raggiungimento di fini largamente condivisi dalla collettività (LO).

2.2. I fini da raggiungere mediante la pianificazione sono stati, per solito, elencati nel modo seguente :

а) piena occupazione ;

б) elevato tasso di sviluppo nel tempo, specificamente colle­ gato ad un elevato tasso d ’investimento globale;

c) attenuazione degli squilibri nella distribuzione del reddito fra classi sociali e settori d attività.

Altri fini generali meglio si descriverebbero come vincoli al rag- giugimento dei precedenti; vale a dire:

d) equilibrio monetario all’interno e lotta all’inflazione ; e) equilibrio strutturale della bilancia dei pagamenti con l’ e­ stero (11).

Qualora si prescinda dall’assenza di un obiettivo specifico di eli­ minazione di squilibri economici regionali (facilmente riassumibile.

(19)

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sa?) c), data la strattura spaziale relativamente omogenea dell’ econo­ mia norvegese), si tratta chiaramente d’ un sistema di fini del tutto corrispondente ai valori che, nelle società occidentali, configurano l’ aspirazione ad un crescente « benessere sociale » per la Collettività: più o meno condivisi, oggi, in Italia.

2.3. Un breve cenno alla scelta dei mezzi per il raggiungimento dei suddetti fini di politica economica (cioè, ai problemi connessi alla « strumentazione » dei piani economici globali) consente di precisare fin d’ora un carattere fondamentale della programmazione norvegese. Essa può classificarsi (adottata una certa terminologia) come « indicativa » : nel senso che non sopprime di fatto, nè aspira a sopprimere, un sistema economico a decisioni decentrate (12) ; seb­ bene i pubblici poteri si riservino la possibilità di limitare in varia misura le libere decisioni degli operatori privati. Si manifesta, inol­ tre, mediante norme d’imperio nell’ambito della pubblica- ammini­ strazione ; mentre nella sfera delle economie private interferisce, per solito, con « freni » ed « incentivi » e soltanto limitatamente con controlli diretti (quantunque questi ultimi non siano affatto esclusi, in linea di principio, dalla gamma dei mezzi).

In particolare, i controlli diretti sui prezzi e sulle importazioni furono gradualmente abbandonati man mano che gli obiettivi della stabilizzazione e del contenimento del disavanzo commerciale verso l’estero, negli anni postbellici, diminuirono d’ importanza rispetto ai fini di ripartizione delle risorse disponibili e di ridistribuzione dei redditi. Trattandosi peraltro di fini piuttosto « ambiziosi », si ricorse ad altri strumenti più efficaci : alla manovra, tributaria (imposizione indiretta e sussidi) per scopi distributivi; a varie forme di controllo del credito (razionamento qualitativo, fra l’altro) per scopi allocativi, ad esempio.

Il governo norvegese ha mantenuto fermo il concetto che la di­ sponibilità d’un sistema di controlli (e di incentivi e freni) altamente differenziato e molteplice costituisca una condizione indispensabile per raggiungere fini economici e sociali « ambiziosi ». Ciò corrispon­ de, del resto, all ovvia considerazione che il numero dei gradi di libertà del sistema dev’essere tanto maggiore, quanto più numerose siano le alternative di politica economica che il governo stesso

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— 10 —

deri mantenere aperte. Ciò spiega, ancora, la fiducia non eccessiva riposta nelle misure di carattere generale, puramente monetarie o fiscali.

Ma il ricorso a strumenti flessibili e selettivi fu precisamente fa­ cilitato dall’abbandono della maggior parte dei controlli diretti, so­ prattutto in materia di prezzi : che, appunto, imponevano severe re­ strizioni nella scelta dei mezzi di politica economica, specie di bi­ lancio e monetaria. Il sistema dei sussidi, collegato ad una politica di stabilizzazione dei prezzi al consumo e praticamente inoperante in assenza di licenze d’importazione e di forme di razionamento al­ l’ interno (abbandonate nel 1950), si è rivelato fra l’ altro responsabile di crescenti « errori » nella ripartizione delle risorse, dipendenti da alterazioni nei livelli dei prezzi relativi. Conseguenza, quest’ultnna, evidentemente contraddittoria con i fini di un elevato tasso di svi­ luppo, di piena occupazione e di attenuazione degli squilibri fra settori e classi sociali.

Il residuo sistema dei controlli è assai limitato ed ancora sog­ getto a qualche riduzione ; per lo più circoscritto a talune importazioni dall’ estero ed all’ edilizia residenziale. A ll’ opposto, si è andato ac­ centuando il ricorso a strumenti selettivi monetari e creditizi: ma­ novra del tasso di sconto della banca centrale e razionamento del cre­ dito, ottenuto con diverse forme d’ intervento governativo (13). An che il vincolo dell’equilibrio monetario e della lotta all’ inflazione ha dunque operato sensibilmente.

Un cenno particolare merita l’ atteggiamento del governo a pro­ posito della proprietà pubblica dei mezzi di produzione: che esso ha finora considerato soltanto come uno dei molti mezzi possibili per influenzare l’andamento dell’ occupazione e della produzione, nonché la ripartizione delle risorse e la distribuzione del reddito (14).

Il carattere « indicativo » della pianificazione norvegese può d’ altronde riassumersi nella constatazione che la programmazione (razionalizzazione della politica economica) vi si attua bensì mediante un insieme di interferenze pubbliche consapevoli assai maggiore che

(13) Persuasione, pressione, divieti veri e propri; ma, Prevaientem ente imposizione alle banche commerciali e alle casse di risparmio di acquistale considerevoli pacchetti di titoli pubblici. _ aomi-rmhhliche

(141 Di fatto la costituzione di nuove imprese pubbliche o 1

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11

nella maggior parte degli altri paesi occidentali ; e tuttavia col ri­ servare soltanto una piccola quota delle risorse alla ripartizione di­ retta dei pubblici poteri. I processi di ripartizione delle risorse, di formazione del capitale e di distribuzione del reddito si svolgono, prevalentemente, attraverso il meccanismo di mercato ; ma è questo meccanismo di mercato che il governo, sulla base di particolari pro­ grammi, non esita ad utilizzare e influenzare, agendo sulle variabili strumentali che il sistema pone a sua disposizione, in vista di deter­ minati fini.

2.4. In questo quadro generale si collocano metodi e procedure di pianificazione economica, correntemente adottati in Norvegia. Essi si basano sui cosiddetti « bilanci nazionali », come strumenti analitici per la. formulazione di una politica economica globale da attuarsi in un certo periodo di iempo.

L’ esigenza della programmazione globale, in un paese la cui struttura istituzionale ed il cui orientamento politico prevalente portano a considerare l’intervento pubblico, sia pur indiretto, come un elemento irrinunciabile di guida e di direzione dell’evoluzione economica in rapporto ai fini richiamati in precedenza (15) si è fa­ cilmente affermata sotto il profilo : a) dell’adozione di più completi e relativamente raffinati schemi analìtici (modelli di decisione, atti so­ prattutto a garantire la coerenza delle scelte macroeconomiche), ri­ spetto a metodi ad hoc-, h) di più efficaci procedure di comunicazione e coordinamento, sia verticale che orizzontale, all’interno della pub­ blica amministrazione (a sua volta decentrata) agente come .« ope­ ratore globale » in un sistema economico di mercato ; c) di più sem­ plici e razionali strumenti di controllo amministrativo ; d) infine, di una più diffusa e democratica « educazione economica » della collet­ tività nel suo complesso; della classe politica, dei pubblici funzionari, degli imprenditori, dei lavoratori, dei consumatori in special modo.

I piani economici del governo (centrale) si manifestano in due diversi tipi di documenti : a seconda che siano redatti in linguaggio « qualitativo » o « quantitativo ». I primi si compongono di direttive verbali trasmesse per via gerarchica, oppure di dichiarazioni a

ca-, „ . 1 ^ IJiJ1 punto di vista di una tipologia positiva dei sistemi economici « m n t* contemporanei, le combinazioni possibili fra elementi di « collettivi- i„ „ ,f a i * economia di mercato» possono essere efficacemente considerate vedano L del conc®ttoj,di u n a zon;l di «influenze du ali», proposto in [13]. Si

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12

ratiere politico di vario genere. I secondi costituiscono, invece, quei « bilanci nazionali », redatti annualmente o per periodi più lunghi, che meritano la denominazione di programmi economici, m senso proprio. In termini del modello normativo che ne rappresenta l'inte­ laiatura logica implicita, tali piani fanno riferimento alle variabili strumentali ivi accolte e descrivono il modo in cui quelle variabili (1 « controlli ») debbono essere manovrate nel periodo di tempo suc­

cessivo. ,

In Norvegia, accanto ai piani globali, sono stati altresì pubbli­ cati singoli piani regionali per particolari aree geografiche ; nonché piani parziali a lungo termine per settori e rami d’industria. Nei prossimi paragrafi ci sì limiterà, tuttavia, a considerare alcuni aspetti dei piani globali (16).

2.5. La preparazione del piano assume la forma d’ un processo esclusivamente amministrativo al quale partecipano numerosi rami ed uffici della pubblica amministrazione, così da palesare accentuate caratteristiche di decentramento (entro certi limiti, di « programma­ zione dal basso »). 11 « bilancio nazionale » accoglie, in sintesi, una serie di previsioni circa lo sviluppo economico ed una sene di « di­ chiarazioni d ’ intenzioni », concernenti misure di politica economica, per il tratto di tempo considerato. Previsioni e programmi sono quantificati in un sistema completo e particolareggiato di contabilità nazionale.

In questo quadro, il governo formula direttive di carattere ge­ nerale, inizialmente; e diverse singole unità amministrative pubbli­ che avanzano previsioni e suggerimenti preliminari, in rapporto a tali direttive, utilizzando informazioni particolareggiate circa l’ evo­ luzione e le prospettive di ciascun settore e ramo dell’ economia (17). Le cifre preliminari che ne risultano sono quindi esaminate ed

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raltro del concetto di investimento « a localizzazione fissa» {location fixed).

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(23)

nizzate dall’ Ufficio del Bilancio Nazionale presso il Ministero delle Finanze e dal Comitato del Bilancio Nazionale (la cui posizione isti­ tuzionale vedremo fra poco). 11 processo iterativo si rinnova, a que­ sto punto, con la formulazione di nuove e più specifiche direttive dall’alto, che tengono conto delle cifre preliminari, e nuove stime sono ancora avanzate dalle diverse unità amministrative partecipanti alla redazione del piano. Si procede così per approssimazioni suc­ cessive, con la sola limitazione del tempo disponibile.

L’organizzazione decentrata della pianificazione, e la procedura corrispondente, si spiegano con la struttura verticale della pubblica amministrazione e con le estese deleghe di autorità connesse stori­ camente con la fitta rete dei controlli postbellici. Inoltre, si spie­ gano con il desiderio di stimolare psicologicamente i singoli segmenti di tale struttura, affidando la preparazione dei piani agli uffici ed agli enti ai quali compete quindi l’ applicazione delle decisioni ; con la consapevolezza della necessità di assicurare, nel contempo, un coordinamento e un controllo delle decisioni decentrate, nella sfera pubblica, mediante definizione e discussione del piano da parte degli organi centrali : governo e parlamento. Il metodo delle appros­ simazioni successive implica, così, opposti movimenti d’ informazioni e comandi, di impulsi e reazioni, all’interno dell’ amministrazione, dall’ alto al basso e dal basso all’alto (un flusso centrifugo all’in­ segna dell’interpretazione e della specificazione ; uno, centripeto, nel segno del coordinamento, del consolidamento e della generalizza­ zione). Le caratteristiche organizzative dell’ intero processo meritano un cenno specifico.

2.6. Ad alcuni organi centrali spettano le funzioni del coordi­ namento della pianificazione e del processo decentrato di decisione, che coinvolge i singoli ministeri nella specificazione delle proiezioni relative a ciascuna voce del « bilancio nazionale » (18).

Organo supremo di coordinamento è il Comitato Interministe­ riale per gli Affari Economici, presieduto dal primo ministro. Questo è assistito dal Comitato del Bilancio Nazionale, composto di pubblici

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— 14

funzionari dei diversi rami dell’ amministrazione, presieduto dal capo del Dipartimento della Pianificazione Economica del Ministero delle Finanze, ed avente come segreteria la Divisione del Bilancio Nazio­ nale del medesimo Ministero, a.1 pari del Comitato Interministeriale (il capo del Dipartimento della Pianificazione è direttamente respon­ sabile di fronte al ministro delle Finanze).

Durante la preparazione del piano il Comitato Interministeriale adotta decisioni provvisorie (direttive), mentre le decisioni finali sono formalmente prese dal Consiglio dei ministri, collegialmente. D’ altro canto, il Comitato del Bilancio ha funzioni esclusivamente consultive, ed assicura in special modo il collegamento con i mi­ nisteri sia nella fase di elaborazione delle stime disaggregate, sia in quella del coordinamento conclusivo nel piano. Il lavoro strettamente tecnico di coordinamento spetta all’ Ufficio che funge da segretariato. Uno dei suoi compiti istituzionali è, ad esempio, quello di eliminare le frequenti incoerenze che derivano dalla tendenza dei singoli rami dell’ amministrazione ad elaborare piani per l’ impiego delle risorse che, tirate le somme, eccedono le disponibilità complessive. Ma, come vedremo, inconvenienti di questo genere dipendono, in gran paite, dalla mancata adozione d’un modello formalizzato.

2.7. A proposito della validità giuridica dei piani economici, conviene distinguere, sotto il profilo della « cogenza », quel che ri­ guarda rispettivamente il parlamento, il governo, gli organi della pubblica amministrazione ed il settore pubblico dell’ economia in ge­ nere ; nonché le imprese, gli individui ed i gruppi privati.

Il piano non vincola il parlamento, al quale è presentato in foima di rapporto e che si limita a prenderne atto (il governo non è nep­ pure obbligato per legge a tale presentazione). Lo Storting può vo­ tare leggi implicanti variazioni notevoli nelle cifre accolte nel piano medesimo : caso tipico, quello delle leggi fiscali (bilancio finanziario), che potranno all’opposto vincolare il governo, indipendentemente dalla loro « coerenza » con le decisioni affermate nel « bilancio eco­ nomico ». Quest’ ultimo, del resto, non vincola neppure il governo stesso, che ne assume da solo la responsabilità, e che non sarà pei- tanto tenuto ad evitarne successive modificazioni, nè ad attuare emendamenti proposti dal parlamento (con l’ eccezione, naturalmente, delle leggi riguardanti i bilanci finanziari).

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ammi-15 —

nistrazione ed i pubblici funzionari all’ osservanza delle direttive in esso contenute : al pari di qualsiasi altra direttiva amministrativa espressa in termini non quantitativi per via gerarchica. E tuttavia, in pratica, nè dal centro nè dalla periferia del settore pubblico il contenuto del piano è stato considerato come fonte di norme impera­ tive rigide ed immutabili. Ciò che d’ altro canto è ovvio, e non soltanto per la flessibilità che il piano stesso mantiene in vista delle frequenti revisioni : ma soprattutto per il fatto che esso costituisce, intrinsecamente, una dichiarazione circa le prospettive e le intenzioni dell’azione futura del governo ; un mezzo d’ orientamento e di diret­ tive inevitabilmente generali e suscettibili di variazioni.

Per quanto riguarda invece enti, gruppi ed individui privati, il piano non ha alcun potere vincolante, se non sotto il profilo del- l’obbligazione morale : gli manca sia la forza della legge, sia il rilievo concreto dell’ atto amministrativo. Dato il sistema dei controlli e degli strumenti di politica economica, operanti nel settore privato, il « bilancio nazionale » non è che un programma per il loro impiego e, dal punto di vista economico-quant itativo, una proiezione globale circa l’ evoluzione dell’ economia nel suo complesso.

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Sul terreno più strettamente politico, la pubblicazione del piano agevola, evidentemente, le comunicazioni fra governo ed operatori privati (organizzazioni, gruppi, imprese, consumatori) ; così come la presentazione al parlamento e la relativa discussione, di fronte all’o­ pinione pubblica, rafforzano il controllo « democratico » della poli­ tica economica pubblica.

2.8. Rimane tuttavia da affrontare, a questo punto, il pro­ blema più interessante dal punto di vista- analitico: quello che ri­ guarda il modello economico adottato finora in Norvegia, a vantaggio della pianificazione. Si è trattato peraltro, fino al 1961, di un « mo­ dello implicito » di bilancio nazionale (19), nel senso che le approssi­ mazioni successive che caratterizzano il metodo di elaborazione delle proiezioni quantitative si svolgono, più o meno « intuitivamente », nel quadro concettuale offerto dalla- struttura di un modello anali­ tico dell’economia norvegese. In altri termini, il processo sopra ac­ cennato, di determinazione per tentativi di una serie di grandezze ac­ colte in un certo sistema di contabilità nazionale, è dominato non soltanto dalle preferenze del governo, arbitrariamente formulate, bensì anche dalla considerazione d’ una serie di dati, di relazioni te­ cniche, istituzionali e di comportamento. Tenendo conto di parecchi vincoli, aspira alla determinazione di valori « ottimali » sia per le variabili strumentali, sia per quelle obiettivo. Ma codesto modello (« implicitamente » utilizzato, per l’ appunto) è largamente incom­ pleto, frequentemente irrealistico e, soprattutto, non formalizzato (20). Come si diceva, le previsioni ed i programmi particolari che en­ trano nel piano sono quantificati nel quadro d’ un particolareggiato sistema di contabilità nazionale. In questo sistema, le grandezze che rivestono il massimo interesse sono quelle che si ritengono diretta- mente correlate ai giudizi di valore del governo, in tema di « benes­ sere sociale » ; nonché quelle che si possono considerare direttamente influenzabili dall’ azione del governo medesimo (ed anzi, dei diversi organi decentrati della pubblica amministrazione) : variabili-obiet­ tivo e variabili strumentali. Naturalmente, altre grandezze

economi-(19) Così è denominato in [3 ], che rappresenta la principale fonte d'in­ formazione sugli aspetti metodologici e amministrativi dell’esperienza norve­ gese nel periodo 1947-1956.

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die sono riconosciute come importanti, in quanto influenzino le rela­ zioni fra tali due tipi di parametri. Semplificando alquanto, si può dire che il problema della programmazione macroeconomica si ri­ solve, scegliendo per le variabili strumentali valori appropriati ; che inducano, attraverso processi di reazione nell’economia, valori « ot­ timi » in quelle grandezze che influenzano il « benessere sociale », quale apprezzato dal governo. Ma, appunto, affinchè tale scelta non sia assolutamente arbitraria, deve basarsi su certe ipotesi circa le relazioni strutturali di comportamento assunte in un modello reali­ stico dell’ economia considerata.

Ora, per parecchio tempo, in Norvegia, ci si è limitati a formu­ lare esplicitamente soltanto le relazioni definitorie corrispondenti al modello di contabilità nazionale utilizzato (21). Per il resto si è tenuto bensì conto di altre relazioni economiche in qualche modo ipotizzate, durante la preparazione delle singole stime parziali (bi­ lanci particolari) da inserire nel piano : ma ciò è avvenuto più o meno esplicitamente e più o meno coerentemente. Ed è facile inten­ dere come questa circostanza possa apparire preoccupante, specie in rapporto all’elevato grado di decentramento dell’organizzazione della pianificazione finora vigente in quel paese.

2.9. Sempre per quel che concerne gli aspetti metodologici della programmazione norvegese, le lacune e le incompletezze del modello di fatto utilizzato negli scorsi anni debbono essere collegate alla sua caratteristica negativa forse prevalente : la mancata formalizza­ zione. Prima di precisare vantaggi e svantaggi della procedura con­ siderata, conviene tuttavia spendere ancora qualche parola sui prin­ cipali elementi del modello medesimo.

Accanto alle definizioni, corrispondenti al sistema della conta­ bilità nazionale, le poche relazioni di comportamento ipotizzate con­ figurano una struttura largamente incompleta ; il numero dei gradi di libertà del modello è alquanto superiore a quello delle variabili strumentali. Mentre ciò amplia evidentemente la gamma delle alter­ native aperte alle scelte di politica economica, la stessa incomple­ tezza del modello obbliga tuttavia ad avanzare ipotesi aggiuntive sostanzialmente « arbitrarie », circa un maggior numero di variabili

— L7 —

(21) Per elementari ma acute precisazioni metodologiche circa il passaggio da relazioni definitorie (identità) a relazioni di comportamento (ipotesi teo­ riche implicanti nessi causali), ad esempio, cfr. [1], p. 105 e segg.

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rispetto a quelle « spiegate » dal modello medesimo. Per conseguenza, le soluzioni alle quali si può pervenire col suo impiego (determina­ zione dei valori delle variabili strumentali e di quelle obiettivo, in presenza di certi dati), indipendentemente dalla correttezza delle re­ lazioni quantitative esplicitamente considerate, tendono a palesare, in sede storica, divergenze notevoli rispetto alla realtà (confronto tra proiezioni ed andamenti effettivi dei fenomeni economici nel periodo coperto dal piano, a parte le sue revisioni). Naturalmente le deficienze accennate risultano meno gravi nel caso di pianificazione a breve termine (annuale), anche in virtù del metodo di quantificare le partite del « bilancio nazionale » in termini di variazioni, rispetto ai dati preliminari ex post del periodo immediatamente precedente.

A proposito delle variabili-obiettivo, rammentando i fini accen­ nati sopra, basterà dire che si tratta, in genere, del prodotto nazio­ nale lordo, dei consumi pubblici e privati, dell’ investimento pub­ blico e privato, del saldo della bilancia commerciale, nonché di alcune variabili atte a descrivere la struttura, della distribuzione del reddito.

Le relazioni di comportamento esplicitamente considerate fino a poco tempo fa erano d’altro canto, in larga misura, vere e proprie relazioni tecniche od istituzionali. Tale è il caso dei fabbisogni di materiali da costruzione e delle importazioni (all’ epoca dei più estesi controlli diretti). Un’eccezione notevole era data, invece, dalle proie­ zioni dei consumi complessivi privati, che già si aggiustavano nel­ l’intervallo tra un limite inferiore ed uno superiore della propensione marginale al consumo. Soltanto di recente, come si vedrà, si è co­ minciato ad utilizzare formalmente un completo modello A’ input- output (22).

(22) Per quanto possa apparire incompleto e grossolano, non stupirà di certo che questo tipo di pianificazione richieda, in effetti, una considerevole mole di dati ed informazioni empiriche di vario genere. La base empirica di partenza è naturalmente offerta da dati ex post della contabilità nazionale, per l'anno precedente il piano. Inoltre, si fa uso d'ogni sorta di statistiche economi­ che, demografiche e sociali, nell’intento di esplorare le relazioni strutturali del « bilancio ». Come materiale ausiliario, s’impiegano informazioni concernenti piani, programmi ed attese d’imprese pubbliche e private, non di rado tratte da appositi sondaggi. Specialmente importanti, quelle sulle attese degli im­ prenditori e quelle sui programmi d’investimento.

Per lungo tempo non si sono invece effettuate indagini ad hoc sui piani delle unità di consumo.

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— 19

2.10. Per concludere rapidamente intorno all’esperienza norve­ gese dal 1946 agli anni immediatamente trascorsi, bisognerà, ram­ mentare che essa si riferisce prevalentemente alla redazione di piani annuali a breve termine (23) : sebbene si siano avuti finora quattro « bilanci » a lungo periodo (1946-50, 1948/49-1951/52, 1953-57, 1958- 61). Soltanto in questi ultimi si è cercato di delineare una sorta di programmazione dinamica, con specificazione del « sentiero tempo­ rale » delle variabili-obiettivo. D’altro canto, i piani finora pubbli­ cati hanno incluso soltanto grandezze di flusso, con esclusione di fondi e prezzi.

Richiamando quanto s’è detto sopra, i piani norvegesi si pre­ sentano essenzialmente come dichiarazioni quantitative circa i « pro­ grammi » del governo in tema di politica economica, oltre che come strumenti di coordinamento amministrativo in presenza di un ele­ vato decentramento. In quanto proiezioni di sviluppi economici fu­ turi, le singole parti del piano appaiono come specificazioni di un impegno globale ed articolato che il governo assume con se stesso, a proposito dell’impiego dei « controlli » e degli strumenti di cui dispone nel sistema istituzionale vigente. Ma questo spiega, altresì, la ragione per cui proprio il carattere « programmatico » del piano è non di rado vago ed impreciso : sia per la non sempre chiara distin­ zione fra variabili-obiettivo ed altre variabili private, sia per la debole influenza che il governo è, alla fine, in grado di esercitare sulle varia­ bili-obiettivo appartenenti alla sfera privata dell’ economia. Quan­ tunque i piani norvegesi non si limitino ad accogliere semplici previ­ sioni macroeconomiche, non v’è dubbio che il loro carattere « indi­ cativo » venga ad essere parecchio sottolineato da queste considera­ zioni.

Particolarmente sentito è, infine, quello della tempestività delle prin- P li statistiche utilizzate nel lavoro di pianificazione.

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Quanto ai pregi ed ai difetti del sistema (impliciti in ciò che s’è detto finora), i primi si riconoscono facilmente nelle vaste possibi­ lità di utilizzazione di informazioni specializzate ai diversi livelli amministrativi, nonché nello stimolo che ne deriva — per i vari organi governativi chiamati a partecipare alla preparazione del piano — a conformarsi successivamente ad esso, nell’ operare concreto.

Ma il processo di pianificazione così congegnato ha trovato ap­ punto nel decentramento (in assenza d’ un modello completo e forma- lizzato) l’ origine delle sue principali debolezze. Coloro che elaborano i particolari del piano (proiezioni settoriali e parziali) debbono ine­ vitabilmente basare le rispettive stime su ipotesi ad hoc, senza che sia possibile trar vantaggio pieno dall’intera massa delle informa­ zioni disponibili. Non v’è, poi, alcuna, garanzia che le ipotesi in tema di tendenze storiche e di interrelazioni economiche, adottate dai sin­ goli partecipanti alla preparazione del piano, siano reciprocamente compatibili ; nè che gli assunti in fatto di politica economica futura abbiano caratteristiche omogenee e corrispondenti per i diversi or­ gani. La mancanza di un’organizzazione centrale sufficientemente at­ trezzata per gli studi econometrici e guidata dall’impiego d’un mo­ dello adeguato genera, inoltre, il rischio che parecchie istanze peri­ feriche o intermedie della « piramide » governativa siano indotte a sacrificare risorse umane ed attrezzature di calcolo scarse per giun­ gere a stime delle medesime variabili-chiave, con risultati contraddit­ tori e singolarmente poco soddisfacenti.

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va-21 —

lido per l’intero processo — tale organo tecnico ignora in concreto sulla base di quali ipotizzate relazioni, di quali assunti in tema di dati e strumenti, i diversi rami ed uffici dell’amministrazione ab­ biano costruito le loro stime parziali e settoriali. Tale compito ap­ pare, quindi, arduo ed incerto nei risultati.

3. Verso l’ adozione d’ un modello plurisettoriale formalizzato.

3.1. In siffatte condizioni, si è andata affermando l’opinione che la maggior parte dei vantaggi d’ un processo decentrato di pro­ grammazione possano essere conservati, e la maggior parte dei di­ fetti eliminati, mediante la formalizzazione, in un completo modello economico, della cornice concettuale entro la quale esso si svolge.

Un tale modello, muovendo dall’ elenco di tutte le variabili accolte nel « bilancio nazionale », consentirebbe di formulare esplicitamente tutte le interrelazioni ipotizzate e di sottoporle ad un esame critico, sul fondamento di adeguate informazioni teoriche ed empiriche con­ cernenti la struttura dell’ economia. I diversi coefficienti, in parti­ colare, sarebbero stimati correttamente, utilizzando le statistiche di­ sponibili. Quantunque non si ritenga di poter giungere, in concreto, all’applicazione d’un sistema pienamente determinato in breve vol­ gere di tempo, ci si rende conto però che il margine delle previsioni « intuitive » (le « guesstimations », secondo una ironica denominazio­ ne del Frisch) sarebbe almeno ristretto alle variabili non spiegate dal modello, utilizzandosi peraltro tutte le informazioni coperte dallo schema analitico globale (24). Persino queste stime esogene sarebbero suscettibili, infine, di appropriate verifiche di coerenza.

Un esempio interessante in questa direzione è stato recentemente offerto da taluni « esperimenti » effettuati, sotto la guida del pro­ fessor Sevaldson, dall’ Ufficio Centrale di Statistica norvegese, con la collaborazione dell’ Ufficio del Bilancio Nazionale (Ministero delle Finanze) e dell’ Istituto di Economia dell’ Università di Oslo. Si tratta d’ un passo importante, verso la meta ancor lontana, rappre­ sentata da un modello completamente determinato di « bilancio na­ zionale ». Gioverà comunque precisare che la ricerca in argomento dura ormai da parecchi anni, ed ha consentito per la prima volta

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— 22

l’applicazione d’ un modello ampliato, comprendente circa 500 equa­ zioni, alla preparazione del « bilancio nazionale » per il 1961 (25). Si è giunti così all’ utilizzazione di un modello interindustriale particolareggiato della produzione, disponibile per la Norvegia (e già impiegato, a scopi di limitata informazione, per i piani annuali del 1959 e del 1960) ; nonché all’impiego sistematico di informazioni statistiche sul comportamento dei consumatori, ricavate da recenti ed ampi sondaggi sui bilanci familiari. A questo fine, si dovette natu­ ralmente formulare una serie di nuove relazioni, così da permettere l ’inserimento di tale duplice insieme di dati. Merita del resto d’ es­ sere segnalata l’opinione secondo la quale uno dei massimi risultati ottenuti da questo lavoro consiste, da un lato, nell’aver meglio as­ suefatto i funzionari e gli stessi politici a « pensare in termini di un modello » (con vantaggi intuitivi, per il processo di pianificazione) ; e nell’ aver indotto, dall’ altro, una maggior consapevolezza delle esi­ genze amministrative correnti negli specialisti di modellistica eco­ nomica operanti presso l’ Ufficio Centrale di Statistica.

3.2. Sembra opportuno descrivere brevemente il modello appli­ cato dal Sevaldson.

Per quanto concerne le relazioni strutturali, esso si compone delle seguenti parti :

A) Un modello interindustriale della produzione, articolato in 129 settori, a prezzi costanti. I coefficienti sono medie ponderate di coefficienti relativi a ben 329 processi produttivi, stimati sulla base di dati statistici disponibili, a seconda dei casi, per uno o più anni ; pesi, i volumi della produzione nell’anno precedente il periodo delle proiezioni.

B) Una relazione che determina la maggior parte (circa 2/3) del consumo privato, cioè il « consumo endogeno », in funzione sia del totale dei pagamenti per salari, sia dei redditi imprenditoriali nel settore dell’agricoltura, foreste e pesca (per il modello applicato ai « bilanci » annuali ) ; oppure in funzione del reddito nazionale lordo totale (nel caso del modello utilizzato per i « bilanci » a lungo termine). Alcune componenti dei consumi privati non sono comprese in questa relazione, e sono interpretate come « consumo esogeno ».

G) Una serie di relazioni che determinano il consumo privato endogeno di beni ottenuti da ciascun settore della- produzione e dalle

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importazioni, in funzione del consumo privato totale (si tratta di semplici elasticità, di Engel, trasformate in valori assoluti sulla base dei dati precedenti il periodo del piano).

D) Una serie di relazioni che determinano la domanda finale diretta per ciascun settore della produzione e per le importazioni in funzione delle esportazioni, dell’ investimento lordo e dei consumi pubblici, disaggregati per classi di beni. Si adotta però l’ipotesi sem­ plificatrice che la composizione relativa della domanda settoriale per ciascuna classe di beni sia costante ed uguale a quella d’ un certo anno.

E) Un sistema di indici dei prezzi, che consentono di tradurre le varie cifre dai prezzi correnti ai prezzi del modello e viceversa.

Le variabili esogene del modello sono le seguenti : а) le esportazioni, disaggregate in 68 classi di beni;

б) gli investimenti lordi in impianti ed attrezzature, per 32 classi di beni ;

c) i consumi pubblici del governo centrale, per 24 classi di beni ;

d ) i consumi pubblici degli enti locali, aggregati;

e) la produzione totale dei settori la cui attività si consideri relativamente indipendente dalle variazioni nella domanda (per « strozzature » nella capacità o per altri motivi) : nel modello per il piano annuale si tratta di 31 settori; in quello a lungo termine, di 21 settori produttivi;

f) i consumi privati d’ un certo numero di beni, diversi da quelli compresi nella precedente funzione sub B), la cui domanda si consideri relativamente indipendente dal reddito (26) ;

g) il tasso annuo d’ incremento della popolaizone economica­ mente attiva.

Nel modello a breve termine compaiono, inoltre, le seguenti va­ riabili esogene, escluse invece da quello a piò lungo periodo :

h) l’ incremento percentuale dei redditi imprenditoriali, nel settore dell’agricoltura ;

i) l’ elasticità del reddito disponibile da lavoro, rispetto al to­ tale dei redditi salariali;

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