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Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1963, Anno 22, n.2, giugno

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S ped izione i n abbonamento postate Gruppo IV

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

(e

RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

D I R E

f L U I G I

E I N A U D I

D E L L ’ U N I V E R S I T À D I T O R I N O

GIAN ANTONIO MICHELI

D E L L ’ U N I V E R S I T À D I R O M A

S E R G I O

Z I O X E

ACH ILLE D. GI ANNI NI

(2)

e dell’Istituto di diritto tributario dell’Università di Roma

L a Redazione è a P avia,

Istituto di Finanza

presso

l’ Università e la

Camera di Commercio,

Strada Nuova 05. A d essa debbono essere inviati

bozze corrette, cambi, lib ri per recensione in duplice copia.

Redattore,

p rof. Franco Volpi, l.d. U niversità di Pavia.

Redattore Capo:

p rof. Francesco Forte - U niversità di Torino

L aboratorio di Econom ia, F a coltà di G iurisprudenza, via C arlo A lberto, 10.

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Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all’atto del licenziamento delle bozze verranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell’autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 5083 del 6-10-1959 Direttore responsabile: Francesco Forte

(3)

P A R T E P R I M A

Gustavo Ingrosso - Sistema giurid.ico del bilancio e teoria economica

Gordon Tu llo o k - Public Debt - Who Bears thè B u rd en f...

Gaspare Falsitta - Natura ed accertamento della responsabilità dei liqui­ datori per il mancato pagamento delle imposte dirette dovute dagli enti tassabili in base a bilancio...

Ugo De Leone - Perquisizionei e ricerca nelle leggi tributarie .

197 207

214 274

APPUNTI E RASSEGNE

Costantino De Bono- Trattamento tributario delle successioni per diritto di rappresentazione a seguito di rinunzia all’e r e d ità ... 281

Renato Ricc i - Rassegna legislativa in materia finanziaria (Primo tri­ mestre 1963) ...287 RECENSIONI

Gardiner C. Means - Pricing Power and the Public Interest. A Study Based on Steel (R. R e v i g l i o ) ...

Sabino Cassese - Partecipazioni pubbliche ed enti di gestione (M . S.

G i a n n i n i ) ... ALTRE OPERE RICEVUTE ...

RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI

P A R T E S E C O N D A NOTE A SENTENZE

Antonio Ba s c iu - Alcuni spunti per un riesame dei problemi relativi alla obbligazione tr ib u ta r ia ... ...

Paolo Bisogno- In tema di tassazione degli avanzi di gestione di consorzi e sulla natura degli enti di categoria costituiti da commercianti per la riscossione ed il pagamento di t r i b u t i ...

Benedetto ( 'ociyekaf- Detrazione di debiti verso pubbliche Amministra­ zioni ai fini dell’imposta di su ccession e...

Alberto Ravazzoni - In tema dì fideiussione per obbligazione sospensiva-mente condizionata ed imposta di r e g i s t r o ...

Francesco Valenziano - In tema di imposta ipotecaria e di registro sulla controgaranzia dell’Istituto case popolari al C om u ne...

89

110 125 143

(4)

R M . - Procedimento dinanzi le commissioni tributarie ed azione giudizia­ ria - Rapporti - Fattispecie.

Tasse e imposte in genere - Imposte dirette - Mancata notificazione dell'ac­ certamento tributario - Successiva iscrizione a ruolo - Poteri del giu­ dice ordinario (Casa., Sez. I, 10 agosto 1961, n. 1949) (con nota di A. Ba s o iu) ... ...

R.M. - Omesso ricorso contro il ruolo - Ripetizione dell’indebito dinanzi l’autorità giudiziaria - Ammissibilità (Comm. Centr., Sez. I, 2 marzo 1962, n. 55443) (con nota di A. Bascitj) ...

R. M. - Consorzio macellai - Spesa acquisto autofurgoni con avanzi di ge­ stione - È spesa e non reddito (Comm. Centr., Sez. II, 23 ottobre 1961, n. 48831) (con nota di P. Bisogno) ...

Imposta sulle successioni - Detrazione di passività - Debiti d’imposta - Im­ poste complementari - Contestazione non definita all’apertura della successione - Indetraibilità (Cass., Sez. I, 16 gennaio 1962, n. 67) (con nota di B. C o c iv E a iA )... Imposta sulle successioni - Detrazioni - Imposta complementare di registro

- Inammissibilità (Cass., Sez. I, 2 novembre 1961, n. 2536) (con nota di B. Cocivera) ... ... Registro - Fideiussione di obbligazione principale sospensivamente condi­ zionata - Tassa graduale - Applicabilità (Trib. Genova, 25 gennaio 1962) (con nota di A. Ravazzoni) . ... Edilizia popolare - Mutui - Garanzia del Comune - Controgaranzia del­

l’Istituto case popolari al Comune - Imposta fissa (Cass., Sez. I, 20 luglio 1962, n. 1976) (con nota di F. Valenziano) ...

(5)

E TEORIA ECONOMICA (*)

1.

La celebrazione del centenario, dalla unificazione del Regno,

della Corte dei conti che ha come sua primaria funzione costituzionale

il controllo del bilancio dello Stato, è evento che deve indurre gli

studiosi e gli esperti di amministrazione e di finanza pubblica a chia­

rire le proprie idee e quelle altrui circa il tentativo scientifico, cui

si assiste, di inserire il bilancio dello Stato e degli enti pubblici

minori nella contabilità economica nazionale.

Questa — che non mi pare abbia ancora raggiunto l’ organismo

di disciplina autonoma e che può considerarsi un nuovo capitolo

della scienza economica —, come è noto, prende in osservazione il

reddito nazionale nel suo ammontare globale e nelle sue componenti,

tra le quali pone le entrate e le spese pubbliche.

La dottrina, la prassi amministrativa, ia tecnica contabile degli

organi governativi finanziari sono dominate ora da questo indirizzo,

e dominate ne sono di riflesso le discussioni e gli atti parlamentari.

È un fatto, che si avverte tutti gli anni, che sia la esposizione finan­

ziaria del Ministro del Bilancio sia quella del Ministro del Tesoro

vertono principalmente sul conto economico che viene presentato al

Parlamento alla stessa epoca in cui è presentato il bilancio di pre­

visione, che viene chiamato ora usualmente bilancio « finanziario »,

per differenziarlo dal conto economico, il quale a sua volta viene de­

finito bilancio economico.

A

quest’ ultimo sono ri

se

ivate più che al

primo gli onori della discussione generale sulla economia e sulla fi­

nanza pubblica.

Nelle mie Istituzioni di diritto finanziario — I t olume che risale

al 1935 — dopo avere esposto la teoria giuridica del bilancio, così

scrivevo : « La legge del bilancio è anche regola della vita economica

« e sociale della nazione. Tra la economia finanziaria dello Stato e

(») Questo scritto consegnato per la stampa l'ottobre 1962, fa parte della Raccolta di studi per il centenario della Corte dei conti di prossima pubbli- cazione.

(6)

« le economie delle collettività minori e singole corrono numerose

« vie di compenetrazione, che non si svelge più soltanto, come una

« volta, attraverso il contributo pecuniario o la prestazione di cose

« o opere da parte dei privati, ma anche mercè l’ intervento dello Stato

« nella produzione e nella distribuzione della ricchezza, ed, in ispe-

« cial modo nel mercato monetario. L’economia finanziaria e in ter-

« mini più lati, l’ azione amministrativa dello Stato aderisce troppo

« strettamente all’ organismo sociale perchè non si debba affermare

« che il bilancio è strumento giuridico della conservazione e dello

« sviluppo dello Stato ed insieme della società nazionale ». No­

tavo inoltre : « l’ azione dello Stato per essere utile ed efficace deve

« adeguarsi costantemente ai bisogni collettivi lungo la via ascen-

« dente del loro sviluppo e della loro trasformazione. La legge del bi-

« lancio segue, accompagna, e non di rado sprona l’ attività dei ser-

« vizi pubblici adattandola alle nuove forme di vita della società

« in cui essi operano » (1).

Ma non si tratta di riconoscere o negare la funzione che il bilan­

cio dello Stato compie nella economia nazionale. Il solo porre la

questione è un assurdo. Trattasi invece di accettare la validità per­

durante dei principii fondamentali che compongono il sistema giu­

ridico del bilancio. E da questo punto di vista è forza ammettere che

la odierna teoriai economica in materia sia soggetta a revisione o per

lo meno a congrue precisazioni.

2.

Quale ne sia il concetto ispiratore, il filo conduttore emerge

dal seguente brano del Doti.

Carlo Marzano,

Ragioniere Generale

dello Stato.

«... Mentre le teorie tradizionali derivanti dalle concezioni clas-

« siche dell’ economia consideravano l’attività di prelievo e di spen-

« dita dello Stato più dal punto di vista del perseguimento di de­

ci terminati fini di conservazione e di difesa dell’organismo sociale

« (difesa interna e dall’estero, giustizia, istruzione, sanità, viabilità,

« ecc.), trascurando o considerando marginalmente gli effetti che

« tali attività esercitano sulla economia nazionale presa nel suo in-

« sieme, gli odierni orientamenti sulla condotta economica dello Sta-

« to tendono invece a porre sempre più in risalto le conseguenze che

« dall’intervento finanziario dello Stato derivano sul livello e sulla

« composizione del reddito nazionale e, in particolare sulla

(7)

« zione, sulla stabilità economica e sugli altri fenomeni rilevabili

« globalmente » (2).

Sulla base di questo presupposto, di metodo e di principii, il

Marzano

costruisce una classificazione economica delle spese pub­

bliche, articolata su due grandi categorie, spese correnti e spese in

conto capitale evidentemente ispirata alla etimologia della contabilità

nazionale.

Altra classificazione economica delle spese, anzi del M ando è

quella enunciata dal Prof.

Cesare Cosciani,

ordinario di Scienza della

finanza e di diritto finanziario nell’Università di Roma, in uno scrit­

to più impegnativo quanto alla concezione dei rapporti fra bilancio

pubblico e contabilità nazionale (3). Prendendo le mosse dalla no­

zione classica del bilancio, egli afferma che, considerati i nuovi com­

piti assegnati agli Stati moderni, è necessario che il bilancio statale

possa venir impiegato come uno strumento di conoscenza, « per sa­

ie pere se e in qual modo il governo se ne è servito correttamente per

« esercitare una giusta e sana influenza sull’ economia nazionale al

« fine di conseguire le finalità fondamentali di ogni Stato moderno,

« quanto meno nei confronti di una politica di stabilità e di sviluppo

« economico del paese ».

« In altre parole — soggiunge il prof. Cosciani — il bilancio

« deve venir congegnato in modo da- poter essere come base nella gui-

« da del programma degli investimenti economici e finanziari». Per­

tanto egli rifiuta la impostazione attuale del bilancio sulla base dei

servizi amministrativi. Rifiuta anche perchè superficiale ai fini di

una analisi economica la classificazione cosi detta funzionale delle

spese elaborata dalla Ragioneria Generale dello Stato non sulla base

di servizi amministrativi, ma delle funzioni da essi compiute (difesa

nazionale, giustizia ed ordine pubblico, relazioni internazionali, istru­

zione e cultura, azione ed interventi nel campo sociale, azione ed in­

terventi nel campo economico). In sostituzione adotta una classifi­

cazione che egli chiama economica così come quella del

Marzano,

ma più ampiamente e più organicamente costruita. Per rendere pos­

sibile l’inserimento, l’ innesto del bilancio nella contabilità nazio­

nale, la classificazione del bilancio deve rispondere a quattro

con-(2 ) C. Marzano, Gli effetti economici delle spese pubbliche, Bologna, Za­ nichelli, 1961, p. 3.

(8)

dizioni : 1) deve distinguere i pagamenti e gli incassi correnti, cioè

le spese ed i proventi del bilancio pubblico che contribuiscono a for­

mare il reddito corrente di un paese o che ad esso si attengono, dai

proventi ed incassi in conto capitale, cioè spese che concorrono a

formare risparmio nazionale o rivolte a creare investimenti diretti

o indiretti, o prelievi del bilancio pubblico dal risparmio nazionale;

2) bisogna formare il bilancio consolidato del bilancio pubblico : que­

sto bilancio consolidato comprenderà le contabilità della totalità di

tutti i bilanci pubblici, quello statale, quelli degli enti pubblici mi­

nori, territoriali ed anche istituzionali ; 3) bisogna soddisfare alla

esigenza della uniformità vale a dire contabilizzare le entrate e le

spese del bilancio consolidate riducendole in categorie omogenee;

4) il periodo di contabilizzazione economica delle entrate e delle spese

deve essere annuale cosi come quello della contabilità pubblica.

3.

Sarà lecito, prima di considerare nel fondo queste posizioni

concettuali della odierna teoria economica, esprimere una riserva circa

il giudizio che nel brano sopra riprodotto del libro del

Marzano è

formulato « sulla concezione della economia classica dei compiti dello

Stato, in riferimento alla partecipazione dello Stato medesimo al

processo produttivo nazionale ». Il giudizio — che per la verità non

è

esclusivo di quell’ Autore, ma forse comune alle nuove generazioni

di studiosi in materia —

è

in anticipazione confutato dalla lettera­

tura economico-ñnanziaria dell’ ultimo decennio del secolo scorso e

del primo trentennio del presente. Questa letteratura trovava ispi­

razione ed insieme conferma nell’ambiente economico, sociale, poli­

tico in sui sorgeva. E invero sul piano della realtà storica non

è

nuo­

vo, particolare della economia finanziaria posteriore alle due guerre

mondiali, specialmente alla seconda — come si ritiene generalmen­

te —- l’ intervento diretto dello Stato nel processo di produzione del

reddito nazionale. Per accennare all’argomento dominante dirò che

quelle che ora si chiamano spese di investimento (delle quali, come

risulta dalle pubblicazioni ufficiali della Eagioneria Generale dello

Stato, il maggior contributo

è

costituito dalle spese per opere pub­

bliche), allora erano definite appunto spese di produzione, ovviamente

del reddito nazionale anche globale. Di esse basterà ricordare le

spese per la^ bonifica' integrale di non lieve onere per il bilancio sta­

tale.

(9)

la consistenza degli effetti sulla formazione dell'ammontare progres­

sivo del reddito nazionale globale e sulla sua distribuzione. Questo

nuovo indirizzo di rilevazione e di elaborazione statistica non è tale,

mi sembra, da incidere profondamente nella interpretazione degli svi­

luppi della economia finanziaria di oggi giorno, pur tenuto conto

della maggiore ampiezza in estensione e della maggiore intensità

in profondità dell’ intervento dello Stato nella economia nazionale.

Queste sono considerazioni marginali, ma le più adatte a pre­

disporre lo studioso a intendere i nuovi prodotti delPindagine teorica,

collaudandoli nel quadro della continuità permanente, sarei per dire

immanente, degli istituti. Ed è appunto a questa continuità che oc­

corre richiamarsi quando si vuole inserire il sistema del bilancio

pubblico nell’ ordito teorico e pratico della contabilità nazionale.

Le posizioni concettuali del

Marzano,

del

Cosciani,

tutta la na­

scente dottrina della contabilità nazionale, circa i rapporti fra questa

medesima e i bilanci pubblici sono impostate su un equivoco che

sembra di parole, ma che è di sostanza. Si adotta il termine « bi­

lancio », mentre più proprio sarebbe il termine « conto ». In finanza

pubblica la parola bilancio significa sempre e solo bilancio di pre­

visione : così per il bilancio dello Stato (Costituzione art. 81, e legge

di contabilità generale dello Stato) come per i bilanci degli enti

pubblici minori (legge comunale e provinciale, legge sulle istituzioni

di assistenza pubblica, eec.). Ti termine conto significa sempre e solo

documento che dimostra i fatti di gestione compiuta in esecuzione

del bilancio ; nell’ordinamento finanziario statale è denominato Ren­

diconto generale dello Stato (Costituzione art. 81 ; legge sulla con­

tabilità dello Stato;. Da pochi anni a questi due documenti si è ag­

giunto il conto economico che è un documento semplicemente stati­

stico. E schemi statistici sono appunto gli schemi proposti ed ela­

borati dalla contabilità nazionale.

(10)

Ciò posto, si presenta razionalmente inattuabile non direi sol­

tanto l’innesto del bilancio pubblico nella contabilità nazionale, ma

perfino il coordinamento dell’ uno con l’ altra per la eterogeneità degli

elementi costitutivi dei due sistemi. Questa inattuabilità o, magari,

difficoltà di inserimento o di collegamento presenta anche il conto del

bilancio detto anche conto finanziario o, impropriamente, bilancio

finanziario (come è noto è quella parte del rendiconto generale dello

Stato che dimostra i risultati della gestione del bilancio anteriore

chiuso, l’altra parte essendo il conto del patrimonio). Esso presenta

risultanze di atti ed operazioni compiute ; tuttavia pur dagli scrit­

tori di contabilità nazionale si ritiene che eluda le esigenze di una

corretta rilevazione ed illustrazione dei risultati di una gestione eco­

nomica secondo i criteri della contabilità nazionale (4).

Queste riserve della stessa teoria economica nei riflessi del conto

del bilancio aprono la strada a considerarne i limiti rispetto alla

teoria giuridica del bilancio.

4.

Sull’argomento sarà utile, se non proprio necessario, una

precisazione di concetti. Non

è

facile seguire il

Cosciani

in quella

specie di trittico nel quale presenta la concezione, da lui detta

classica, e che

è

poi la concezione giuridica e politica del bilancio.

Tale concezione, secondo l’ esimio economista « considera il bilancio

dello Stato sotto un triplice punto di vista: come uno strumento

amministrativo per una migliore e più consapevole gestione di un

servizio pubblico; come uno strumento legislativo nel senso che in­

tende vincolare l’attività del potere esecutivo a certi limiti finan­

ziari, che il potere legislativo pone con la legge che approva il bi­

lancio ; come uno strumento politico in quanto consente alla collet­

tività di raccogliere elementi di giudizio sulla attività svolta dal

Governo » (5).

Per la verità storica sia lecito osservare che la teoria così espo­

sta del bilancio risponde ai prodotti della copiosa letteratura sul-

l’ argomento. La dottrina si è accentrata e concentrata nello scopo

e nello sforzo di definire la natura giuridica del bilancio o, meglio,

(4) A. Mabcantonio (prof, di economia delle imprese pubbliche dell’Uni­ versità Bocconi di Milano), Aspetti contami della tipizzazione dei bilanci degli enU nazionali di protezione sociale, in Atti della IV riunione m e »tifica del- VIstituto italiano di studi della protezione sociale e del lavoro, Roma , G. La Volpe (ordinario di economia politica nell’Istituto universitario di Venezia)

La protezione sociale nel processo economico e nel sistema della contabilita nazionale, ivi.

(11)

d ella legge del b ila n c io , se cio è essa sia leg g e in senso mate 1 iale, vale a d ire co n co n te n u to n o rm a tiv o , op p u re legge in senso fo rm a le con co n te n u to di a tto a m m in istra tiv o em esso dal P a rla m e n to e p r e ­ cisam ente d i autorizziamone a l G ov ern o. Q u ale ch e sia la sce a ia le due a ltern a tiv e, resta ferm o ch e il b ila n c io è a tto che, seeom o la lettera e lo sp irito d ella C o stitu zio n e , è, a n n o per a n n o, p rin c ip io e reg ola d e ll’ azione del G overn o e d e lla P u b b lic a A m m in istra zio n e .

È una visione incompleta quella che nella legge del bilancio rav­

visa la sola funzione di vincolare l’ azione del Governo. È una vi­

sione, aggiungo, antistorica ; perchè risale indietro alle origini dello

Stato costituzionale, quando il bilancio fu il primo strumento di

limitazione del potere assoluto del Monarca. Da allora - nel tempo

che di tanto distanzia l’ attuale Stato parlamentare e democratico

da quelle origini, e nella coscienza politica e sociale dei popo i

1

bilancio è divenuto legge che organizza ogni anno tutta intera la vita

dello Stato e con essa quella, dei cittadini, e che e necessario alla

conservazione della Costituzione medesima.

Alla stregua di questa sua complessa e vasta funzione decisiva

per la esistenza della società nazionale bisogna darsi ragione de a

struttura interna del bilancio; la quale può variare da paese a paese

quanto alla distribuzione delle sue parti, ma risponde sempre e

comunque, ad un unico criterio base: la ripartizione per servizi.

Il bilancio prevede e autorizza l’adempimento di funzioni am­

ministrative e finanziarie, di tutte le funzioni amministrative e finan

ziarie che compongono l’azione dello Stato e che sono opera di uf­

fici, o in termine finanziario, servizi.

Ora la nozione di ufficio, servizio, consta di due elementi : uno,

oggettivo, è la funzione o il gruppo di funzioni che esso adempie;

l’altro, soggettivo, è l’ organo che è formato di persone (funzionari,

pubblici ufficiali, impiegati, agenti, ecc.) che la funzione o

1

gruppo

dì funzioni adempiono, ed è portatore di diritti, doveri responsa­

bilità. Sintesi di questi due elementi è la competenza (dell ufficio).

che risulta così essere il motivo razionale della struttura è e

i anuo

e il ce n tro m otore del suo esercizio.

(12)

comma. Pertanto si può dire che la struttura del bilancio, distribuita

in categorie giuridiche (uffici, servizi, ministeri, ecc.) deriva il suo

fondamento dalla Costituzione.

5.

Inquadrato il bilancio in questo sistema — che dunque, ripe­

tesi, è essenzialmente, se non soltanto, giuridico — ne emerge la ete­

rogeneità di contenuto e di merito che differenzia la. classificazione

economica dalla classificazione antica, costante del bilancio in servìzi

amministrativi. La prima è elencazione di poste, di voci che esprimono

grandezze quantitative rappresentanti fatti compiuti o supposti come

compiuti. La seconda è elencazione di poste, di voci (capitoli degli stati

di previsione), che esprimono atti amministrativi o operazioni finanzia­

rie in fieri, più propriamente facoltà o obbligo di adempiere atti am­

ministrativi o operazioni finanziarie, per le quali è stabilita, una gran­

dezza in quantità, come limite che ne condiziona la esecuzione. Da ciò

discende la impossibilità razionale di inserire il bilancio dello Stato

negli schemi della contabilità nazionale.

Non aderisce al sistema del bilancio nemmeno la classificazione

funzionale delle spese. Essa — pure richiamandosi alla ripartizione

del bilancio in servizi amministrativi — fa perno esclusivo dell’ e­

lemento oggettivo delle funzioni ; ignora l’ elemento soggettivo, di­

sintegrando così il concetto di competenza che è unitario e frustrando

il motivo costituzionale della legge del bilancio.

Appaiono in tal modo ben definiti e distinti i rispettivi domini

della teoria economica e della teoria giuridica del bilancio ; e — per

riferirsi a documenti concreti dell’ attività operante nell’ordine eco­

nomico e finanziario — rimangono separati e distinti il bilancio e il

conto economico. Separati e distinti, ma. non estranei l’ uno all’ altro.

Qui è il punto di collegamento, nella realtà dell’azione statale,

del bilancio con la dinamica del processo produttivo dell’economia

nazionale. Il conto economico serve al Governo per fare il punto

sulla situazione economica e sociale generale del paese, e gli per­

mette di impostare la formazione del bilancio sulla base della inter­

pretazione e della valutazione delle prospettive che lasciano intrav-

vedere i risultati dell’anno decorso. Alla stregua di tale interpreta­

zione e valutazione il Governo prevede gli stanziamenti alla entrata

e gli stanziamenti alla spesa; cioè formula la sua politica, del bilan­

cio, della quale dunque il conto economico si dimostra strumento

(13)

È proprio per questa aderenza che la politica del bilancio ha

e deve avere alle forze economiche nazionali che formano l’ ambiente

in cui esso è gestito — forze in moto di sviluppo o, eventualmente,

di recessione — che non pare infondata la critica, fatta al Costi-

tutente del 1947 per aver voluto imprimere alla legge del bilancio

carattere di legge vincolante (Costituzione art. 81, terzo comma).

6.

Il breve cenno fatto sopra (n. 4) alla evoluzione della- nozione

del bilancio dalle origini dello Stato costituzionale ad oggi potrà

aver indotto il lettore a pensare che io abbia lasciato in ombra un

elemento essenziale legato appunto alle sue prime applicazioni negli

ordinamenti costituzionali : il controllo. Mi sono riservato invece di

parlarne da ultimo precisamente per la sua importanza.

Quando si parla di controllo del bilancio si ha presente alla

mente il sindacato parlamentare e, attraverso questo, il sindacato

della pubblica opinione, cosa peraltro incerta e fluida. Ora il sin­

dacato parlamentare è controllo politico, non giuridico. La esposizione

del Ministro del Bilancio al Parlamento alla presentazione del conto

economico dà, come si è detto, il la alla discussione sul conto stesso,

discussione che può risolversi in un sindacato dell’opera politica o

della condotta economica del Governo, ma rimane sempre astratta.

Discussione vera e propria sul bilancio è quella che si svolge sugli

stati di previsione; ma essa è una palestra oratoria nella quale De­

putati e Senatori si occupano in termini generali dell’indirizzo am­

ministrativo del Governo, della Pubblica Amministrazione nel set­

tore dei servizi pertinenti allo stato di previsione che è oggetto di

discussione. In questa sede non manca- loro occasione di segnalare

atti e provvedimenti del Governo o della Pubblica Amministrazione

suscettibili di critica, oppure di proporre emendamenti ai capitoli

o di fare raccomandazioni. Ma non si potrebbe dire sicuramente che

questo sia un controllo. Controllo è revisione di atti deliberativi o

di operazioni finanziarie portante ad approvazione o non approva­

zione dei medesimi per lo scopo concreto della loro esecuzione. Un

controllo di simile genere è addirittura incompatibile con il carattere

e la funzione giuridica di previsione del bilancio.

(14)

che accompagna la presentazione del rendiconto alle due Camere con

una sua relazione, si conclude con una legge di approvazione. Ma per

le sue possibili sanzioni nei confronti del Governo rimane sempre un

sindacato politico.

Vero e proprio controllo giuridico è quello che cade sugli atti

della gestione del bilancio, durante la gestione medesima e che è più

particolarmente il controllo preventivo della spesa (quello sulla en­

trata svolgendosi in sede di applicazione delle leggi relative alle sin­

gole entrate).

Il controllo preventivo sulla spesa — mentre è riprova perma­

nente sperimentale del carattere giuridico del bilancio, che si mani­

festa infatti in forme, procedimenti, deliberazioni, rapporti che

sono, per usare una formula riassuntiva, la messa in moto dei poteri

e degli obblighi conferiti dalla legge del bilancio al Governo — ga­

rantisce al tempo stesso la conservazione e il regolare funzionamento

dell’ ordine finanziario dello Stato, che è presidio anch’ esso della Co­

stituzione. L’ espansione dell’ attività della Pubblica Amministrazione,

che consegue all’ intervento progressivo dei poteri politici nei set­

tori delle forze economiche e sociali della Nazione, richiede senza dub­

bio più libertà di movimento nella sua azione ; ma non è questo motivo

valido che autorizzi Governo, Parlamento e Paese a consentire o a

desiderare e tanto meno a propugnare una flessione di rigore nel

regime giuridico del bilancio.

La esperienza del passato e del presente sta a- dimostrare che

più si accresce e si articola la spesa pubblica, più si rafforza, la ten­

denza degli Stati più avanzati sulla via del progresso economico e

politico a rinvigorire i poteri degli istituti giuridici addetti al con­

trollo preventivo sulla spesa medesima. In Italia dopo la Liberazione

parve in un certo momento che questa tendenza subisce una rever­

sione involutiva. Ma la Corte dei conti in Sezioni Riunite adottò

(12 marzo 1946) una Risoluzione, presentata alla Costituente, con la

quale rivendicò in pieno il mantenimento delle sue funzioni istitu­

zionali e in particolare del suo controllo preventivo e successivo sulla

gestione del bilancio.

La- Costituzione repubblicana (art. 100) accolse integralmente

i voti del glorioso Istituto : anzi ne aumentò il prestigio.

Gustavo Ingrosso

(15)

WHO BEARS THE BURDEN?

A few years ago almost all economists, at least in the Anglo-

Saxon countries, agreed that the real burden of a domestically held

public debt was represented by the withdrawal of private goods and

services from the community made necessary when the borrowed

funds were spent. The line of reasoning upon which this view was

based depended critically upon the apparent fact that the total amount

of goods and services available to the economy was not changed (1)

by government bond issues. Thus, if the government built an aircraft

carrier the private share of the total national product was reduced

and the government share increased, regardless of whether the money

to pay for the carrier was raised by taxation or by borrowing.

Economists five or six years ago not only were generally agreed

on this view of the burden, they also normally were quite proud of

the difference between the professional viewpoint and that of the

common man. The « orthodox » opinion of the economically unso­

phisticated common men, of course, held that public borrowing was

just like private borrowing. It resulted in obtaining funds now in

return for agreeing to repay them with interest in the future.

In

other words, it shifted the costs of the aircraft carrier onto future

taxpayers. Dwight Eisenhower was merely expressing this common

opinion when he warned against governmental borrowing as placing

a burden on posterity.

In 1958, Professor James Buchanan published a book (2) con­

tending that almost all economists (3) had been wrong and that

(1) For the purposes o f the discussion the countercyclical possibilities of deficit financing were assumed away. This was not through ignorance; indeed the bulk o f the economists who were advocates of countercbclical policies held the view we are discussing. The argument was that the burden o f « real » borrowing was felt at the time the money was spent. Countercyclical borro­ wing, with its effect on the money supply raised quite different issues.

(16)

President Eisenhower was fundamentally right. The startling nature

of this thesis, together with the cogency of the arguments offered for

it, created a small crisis for many economists.

The idea that the

common man was more sophisticated on a. rather important point

than the economics profession was not only intellectually, but emo­

tionally disturbing. The consequence has been a continuing debate

in which a group of young « radicals » defending Buchanan have

been opposed by older and more conservative scholars in the field

of public finance. The debate has surely generated more heat than

light, but is has served to illuminate a number of dark corners (4).

In the course of this debate, however, there has been some shift

away from the issues raised by Buchanan and toward a discussion

of other problems. Vickrey and Modigliani (5) have agreed that debt

financing of governmental expenditures may reduce the income of

future generations, but through a completely different mechanism

than that suggested by Buchanan. Although they seem not to realize

it, their position does not contradict, but supplements that of Buch­

anan. Briefly, Vickrey and Modigliani argue that most of the money

raised by government bond sales would otherwise have been invested

in the private sector. Most of the money raised by taxation on the

other hand, woud probably have been spent on consumption.

Go­

vernment borrowing, therefore, results in the total capital supply

of the society being less than if the same funds were raised by taxation,

and hence results in future incomes being smaller.

(4) The student interested in getting the general tenor o f the conflict can do so by examining one battle. Bowen. Davis and Kopf published « The Public Debt: A Burden on Future Generations?» in the American Economic Review, September 1960 (pp. 701-706). This attracted no less than three critical comments by William Vickrey, Tibor Scitovsky, and James Elliot which were published in the March 1961 issue of the Review (pp. 132-141). Bowen, Davis and Kopf replied briefly in the same issue (pp. 141-43). Abba Lener then published « The Burden o f the Debt » in the May 1961 issue o f the Review of Economics and Statistics (pp. 139-41) and Bowen Davis and Kopf replied with « The Distribution o f the D ebt: A Reply » in the February 1962 issue (pp. 98-100). In this particular case the difference between the ages of the proponents and opponents o f Buchanan’s view is particularly striking.

The following other discussions of the problem may also be o f interest:

Abba Lekner, Journal of Political Economy, 47, April 1959, pp. 203-06; Earl

Ro lph, American Economic Review, 49, March 1959, 183-85; Alvin Hansen,

Review o f Economics and Statistics, 41, June 1959, pp. 377-78.

(17)

No one doubts the correctcness of this position of Vickrey and

Modigliani, but it neither contradicts nor proves Buchanan’ s basic

point, and hence serves to divert attention from the original problem.

The same may be said about discussions of the « Fiscal Illusion ».

That this is an important problem, and a difficult one has been clear

since the time of liicardo. The controversy set off by Buchanan has

served to shed some light in this rather murky area, but this should

be thought of as a byproduct, not as a direct part of the debate.

When Bowen. Davis, and Kopf published their article in 1961,

they made no claim to theoretical originality, they simply said Buch­

anan’s position had been widely misunderstood, and they proposed to

introduce a new model to clarify his position (6). Since the debate

has continued to be confused, and since Buchanan’s position is still

not clear to many scholars in the field, I intend in this article to

follow their example. For this purpose I also will introduce a sim­

plified model in the hopes of making the situation clearer.

I will

make use of a little science fiction, but my model will be no less rea­

listic than many other economic models (7).

Suppose that a scientist has invented a remarkable machine. It

will, on a strictly temporary basis, create gold bars. If it is set pro­

perly, gold bars in unlimited quantities will pour out of the machine.

There is, however, a limitation on the use of this machine. The gold

must be returned to the machine within twenty years or certain

conservation laws will be violated, and there will be an unimaginable

catastrophe. If 100 gold bars are produced by the machine, 100 gold

bars must be put back in. The bars returned to the machine simply

disappear.

The machine is already in existence in the scientist’s

laboratory and its operation is costless.

The scientist, being patriotic, offers the government exclusive use

of this device for purposes of governmental finance. After the death

by apoplexy of several senators, the scientist’ s proposal is accepted.

A bill is passed providing that a certain quantity of gold bars is to

be temporarily produced and sold to the public, the proceeds to be

(6) In view o f this fact it is notable that none o f the older economists who attacked the article referred to Buchanan’s book. Two o f them, Scitovsky and Elliot, credit the three young men with contributions which clearly origi­ nated with Buchanan.

(18)

used to cover various governmental expenditures. The bill also obli­

gates the governmen t twenty years in the future to buy back the gold

and return it to the machine. Who bears the burden of the govern­

mental expenditures?

Clearly, no one is in any way injured at the time the expenditure

is made (8). There is, then, no burden at that time. Twenty years

later, however, it will be necessary to tax people for this purpose and

hence there will be a burden. What has happenend is that the total

wealth of the nation has been temporarily increased by the machine.

Later, when the gold bars are returned to the machine, the national

wealth will be reduced and the only burden felt by anyone is the

result of this decrease.

It would be inconvenient, however, for the gold bar salesmen to

carry around large stocks of heavy gold bars.

Suppose then that

when an individual purchases a gold Far from a government represen

tative, he is given a receipt. The government undertakes when the

receipt is presented at the laboratory, to turn on the machine, produce

a gold bar, and give it to the receipt holder.

Different people, of

course, would present their receipts at different times. It would be

absurd, however, to assume that this changed things particularly.

Mr. A pays a salesman and receives his his receipt.

He promptly

rushes to the laboratory and gets his gold bar. Lazy Mr. B., on the

other hand, pays a salesman on the same day as Mr. A, but puts

off his visit to the laboratory until the following week when he will

be in that part of town on another errand. Suppose that the govern­

ment spends the money that it has received from Mr. A and Mr. B

during the interval. Does this make any difference? Surely, it would

be obsurd to say that a burden is imposed on the « present genera­

tion » when the government spends the money Mr. B has paid in but

not when it spends that paid in by Mr. A. Further, this would require

assuming that the burden somehow vanished when Mr. B actually

got his gold to reappear twenty years later.

Having a bar of gold around the house is, in some ways, incon

venient. It might be that some of the buyers of gold would decide to

simply keep their receipt until such time as they actually needed the

gold for some purpose Clearly, since they consciously choose to hold

(19)

the receipt instead of converting it into gold, they are in no way

disadvantaged by the fact that they have no gold. To say that their

choice in this matter somehow imposes a burden on their « genera­

tion » which would not have existed had they decided to exchange

their receipt for gold seems ridiculous. Surely, the only person effec­

ted by the choice would be the chooser, and he cannot be assumed to

be .« burdened » by the results of his free choice.

The same conclusion would apply if some purchasers chose to keep

his receipt for the full twenty years, with the consequence that the

gold bar never even came into existence. Still, it is clear that no one

suffers any' burden when the government makes its sale and spends

the proceeds.

There is, however, a real burden on the taxpayers

when the gold or certificates are repurchased. If the government chose

to pay people who kept their certificates instead of converting them

into gold a small sum of money each year (9), this also would not

change the situation. No person would bear any burden at the time

the government expenditure was made, but there would be a burden

when the certificates had to be bought back. The interest charges,

also, would impose a burden on the taxpayer. But here we clearly'

have a simple sale of government bonds, and it does shift the burden

forward in time.

We can make the resemblance to government bonds even plainer

by a few additional assumptions. Suppose the government produces

the gold, but keeps it in its own vaults, selling only warehouse receipts

on it to the public. If it were necessary to return the identical gold

bars to the machine this might well be a sensible precaution. If the

government paid small amounts each year to the holders of the

warehouse receipts, then they would differ hardly at all from bonds.

The same thing would be true, of course, if the government contracted

with a bank to store the gold instead of keeping it in its own vaults.

Another alternative would be to sell the gold bars, but subject to

the restriction that the purchaser, or his assigns, must preserve the

individual bars and resell those specific bars to the government in

twenty years. Since the purchaser would be providing storage for

the gold, regular payments to him for this service would be sensible,

(20)

thus the gold bars themselves would have a remarkable economic

resemblance to bonds.

We can make a still further change. One of the advantages of

an imaginary machine is that we can easily make changes in its

design.

Suppose, then, that the gold produced by the machine is

rather peculiar in its nature. The process of making the gold has

an aftereffect which leads the gold bars to expand at the rate of 4 %

per year for the full twenty years that they can continue to exist.

The government could sell these bars to the public, and would then

be completely free of any obligation for twenty years. The expansion

of the bars, however, would give the holders a net return from the

mere act of keeping them. At the end of the twenty year period,

of course, the government would have to buy back all the gold,

including that which had grown from the original bars, and this

would be equivalent the discounted cost of paying 4 % interest over

the period. This would appear a particularly clear case of shifting

burdens to the future Present taxpayers would pay nothing for the

benefits they derive from the government expenditure, while the

taxpayers of twenty years in the future, quite a different group of

people, would pay a whopping fee for which they received nothing.

Its economic effect on both individuals and the government, on the

other hand, would be substantially identical with that of twenty

year government bonds similar to the « E Bonds » which were so

important in the financing of the American participation in World

War II.

All of this may seem simply playing with an unreal system, but

it does serve to clarify the situation. None of the assumed sets of

circumstances raises any problem for the economists who assumes

that borrowing money rather than raising the same sum through

taxation transfers the burden of the expenditure to the shoulders

of future taxpayers. The economist who believes that such transfers

do not take place, on the other hand, has great difficulty in dealing

with these cases. Since some of the assumed sets of circumstances

are economically identical with bond issues, this would seem to

demonstrate that the « shifting » hypothesis is the correct one.

(21)

original expenditures disappears.

If the burden was transferred

twenty years into the future, then it is still two years in the future

at the time this machine is developed, and no problems are raised.

If, however, the burden was borne by the economy when the gold

bars were first produced, then it is eliminated retroactively, which

is absurd.

University of Virginia.

Gordon Tullo ck

Assistant professor of Economics

(22)

LIQUIDATORI PER IL MANCATO PAGAMENTO DELLE IM­

POSTE DIRETTE DOVUTE DAGLI ENTI TASSABILI IN BASE

AL BILANCIO

So m m a r i o: 1. Premessa. — 2. Pretesa insopprimibilità del procedimento di li­ quidazione. — 3. La responsabilità degli amministratori in carica all’atto dello scioglimento senza liquidazione. — 4. L’apertura della liquidazione e gli adempimenti relativi : il bilancio annuale. — 5. La chiusura della li­ quidazione e il bilancio finale. — 6. La cancellazione della società e il problema delle sopravvenienze. — 7. Il soddisfacimento delle passività no­ te ed ignote, elemento della fattispecie estintiva. — 8. Le sopravvenienze costituite da imposte dirette insolute. —• 9. La notifica dell’« avviso di accertamento » dopo la cancellazione della società. — 10. I presupposti della responsabilità: a) esistenza di imposte dirette erariali insolute m capo alla società; 6) esistenza di attività sociali; c) distrazione di tali attività da parte del liquidatore. — 11. L’elemento soggettivo nella fattispe­ cie dell’art. 265. — 12. Qualificazione giuridica della responsabilità sancita dalla norma in esame. — 13. Carattere aquiliano della responsabilità del liquidatore: conseguenze che ne derivano. — 14. Incombenza dell onere della prova dei presupposti della responsabilità. — 15. A chi spetta la competenza ad accertare la responsabilità. — 16. Dimostrazione che tale competenza appartiene all’Intendente di finanza. 17. Regole procedu­ rali e rimedi contro il provvedimento intendentizio che accerta la respon­ sabilità dei liquidatori.

1.

L’ art. 265 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sotto la rubrica « re­

sponsabilità dei liquidatori », recita testualmente :

I liquidatori dei soggetti tassabili in base al bilancio che non

adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione,

le imposte dovute dal soggetto per il periodo della liquidazione e per

quello anteriore rispondono in proprio del pagamento delle imposte

stesse.

« La disposizione contenuta nel precedente comma si applica

agli amministratori in carica all’ atto dello scioglimento della società

o dell’ ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori » (1).

(1) Riteniamo utile ricordare le norme, già regolanti la subietta materia, che sono state assorbite (e abrogate) dall’art. 265 t.u. n .645.

(23)

L’interpretazione e l ’inquadramento dogmatico di codesta dispo­

sizione offre luogo a non poche difficoltà, rese più gravi dal fatto che

la dottrina non ha dedicato mai, alla disamina di essa, quell’atten­

zione che la fattispecie indubbiamente meritava. Nè si dica, a giu­

stificazione di tale disinteresse, che la norma riveste una importanza

marginale, poiché è vero, piuttosto, il contrario.

In questi ultimi anni si è assistito, nel nostro Paese, ad una

straordinaria fioritura di piccole società (generalmente costituite allo

scopo di eludere l’ eccessività di talune imposte), la cui attività nel

campo della produzione si svolge in un lasso di tempo relativamente

breve, quando addirittura non difetti completamente lo svolgimento

di qualsiasi attività produttiva. Basti pensare alle così dette « so­

cietà immobiliari », sorte a migliaia e costituite ordinariamente al

fine di curare la costruzione di un solo fabbricato ovvero l’ acquisto,

la gestione temporanea e la rivendita di singoli cespiti immobi­

liari (2). Conclusa la singola operazione in vista della quale furono

costituite, queste società vengono immediatamente poste in liquida­

zione e quindi, esperiti gli incombenti della liquidazione, cancellate

dal registro delle imprese (3). Allorché, successivamente, l ’ ufficio di­

strettuale competente procede all’accertamento dei redditi maturati

della liquidazione stessa e sono responsabili in proprio di tali imposte quando non adempiono a siffatto precetto.

Ai liquidatori sono estesi gli obblighi cbe la presente legge impone agli amministratori di società, e sono ad essi applicabili le sanzioni contenute negli articoli 15, 16, 18, 20 e 22».

' Art. 52, legge 5 gennaio 1956, n. 1 : « La disposizione contenuta nel pri­ mo comma dell’art. 45 del t.u. 17 settembre 1931, n. 1608, si applica agli am­ ministratori in carica all’atto dello scioglimento della società se non si prov­ vede alla nomina dei liquidatori ».

È opportuno ricordare, inoltre, che l’art. 45 sopra citato aveva modificato e sostituito l’art. 14 del R.D. 28 gennaio 1929, n. 360, che era così concepito : « I liquidatori delle società sono responsabili in proprio delle imposte dovute dalle società stesse in seguito ai risultati della liquidazione, e sono anche re­ sponsabili in proprio delle imposte dovute dalle società pel periodo anteriore alla liquidazione solo quando con la loro azione od omissione abbiano in tutto o in parte compromessa, per la finanza, la riscossione di queste ultime impo­ ste. Ai liquidatori sono anche estese, in quanto siano applicabili, le disposi­ zioni degli articoli 2, 3 e 4 della legge 9 dicembre 1928, n. 2834, e 13 del pre­ sente decreto ».

(2) Sul trattamento fiscale delle società immobiliari e sui problemi re­ lativi cfr. Cola.tanni-Za m m It t i-Ricc ia r e ll i, Le società immobiliari nell’impo­ sizione diretta e indiretta, Milano, Consulente delle aziende, 1961.

(24)

in dipendenza dell’operazione svolta, e alla conseguente iscrizione a

ruolo delle imposte relative, non esistono più beni sociali su cui il

fisco possa soddisfare le proprie pretese, Bimane solo la possibilità

di agire contro i liquidatori (4). È evidente, dunque, che di fronte

ad un fenomeno di tal fatta, dalle proporzioni imponenti (in quanto

esso non concerne solo le società immobiliari, ma anche

seppure

meno frequentemente — molte medie e piccole società di produzione),

la norma che sancisce la responsabilità personale dei liquidatori fini­

sce per acquisire una notevole rilevanza pratica.

D ’altra parte il problema in discussione riveste non trascurabile

interesse teorico, non foss’ altro perchè consente di sperimentare, al

vaglio di questioni di rimarchevole importanza pratica, la fonda­

tezza di alcune delle più significative e controverse concezioni che

da tempo affaticano sia la dottrina trihutaristica che quella com­

mercialistica.

2.

Prima di procedere all’esame degli elementi costitutivi e

alla qualificazione giuridica della responsabilità sancita dall’ art. 265,

appare indispensabile, anche per avere una più chiara cognizione

delle questioni che affronteremo nei successivi paragrafi, trattando

direttamente della responsabilità fiscale dei liquidatori, richiamare

in questa sede le disposizioni del codice civile, relative alla chiusura

della liquidazione delle società per azioni, che più stretta attinenza

e correlazione presentano col problema che ne occupa. Queste dispo­

sizioni, come è noto, si applicano anche alle società a responsabilità

limitata (art. 2497, primo comma, c.c.), in accomandita per azioni

(art. 2464 c.c.), alle imprese cooperative (art. 2516 c.c.) e alle mutue

assicuratrici (comb. disp. degli artt. 2516 e 2547 c.c.), ossia alla più

gran parte dei soggetti tassabili in base al bilancio.

Tralasceremo, invece, di prendere in esame le norme che regolano

la liquidazione e la cancellazione dei tipi sociali diversi dalla società

per azioni, sia per la considerazione che nella sistematica del codice

civile vigente le norme sulla liquidazione e la cancellazione della so­

cietà per azioni costituiscono una regolamentazione autonoma e

(25)

dale, sia, soprattutto, perchè l’ art. 265 del t.u. è dettato solo nei

confronti dei liquidatori dei soggetti tassabili in base al bilancio.

Sotto questo profilo esiste una sostanziale differenza tra l’art. 45

del t.u. 17 settembre 1931, n. 1608 e l’art. 265 t.u. i.d. : il primo si

riferiva genericamente ai « liquidatori delle società », senza distin­

guere tra società tenute alla formazione e pubblicazione del bilancio

e tassabili in base alle risultanze di questo e società tassate con gli

stessi metodi valevoli per le persone fisiche. Il nuovo testo unico ha-

preferito restringere la responsabilità ai soli liquidatori dei soggetti

tassabili sul bilancio. A determinare questa modificazione ha sicura­

mente influito la constatazione che il fenomeno delle liquidazioni ef­

fettuate in violazione delle pretese fiscali e cioè lasciando insoddi­

sfatti i debiti per imposte dirette della società si verifica esclusiva-

mente nei confronti delle società e degli enti forniti di personalità

giuridica. Nelle società di persone la responsabilità illimitata e per­

sonale dei soci per tutte le obbligazioni della società costituisce una

garanzia sufficiente per il fisco. Per questo motivo, vigente l’ art. 45

del t.u. n. 1608, pur essendo la responsabilità estesa ai liquidatori

delle società di qualsiasi specie, in pratica la sanzione veniva concre­

tamente applicata solo nei confronti dei liquidatori delle società mu­

nite di personalità giuridica. Il nuovo testo unico non ha fatto che

prendere atto di ciò. Per tanto, da un lato ha limitato l’ambito di

applicazione della sanzione alle sole società tassabili in base al bi­

lancio (5) ; per un altro verso ha esteso l’ eflieacia dell’art. 265 anche

(5) L’art. 2312, cpv., c.c., che si riferisce alla liquidazione delle società in nome collettivo (ed è applicabile anche alle società in accomandita semplice, ex art. 2324 c.c.), afferma che « dalla cancellazione della società i creditori so­ ciali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei con­ fronti dei soci, e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi ». Tale disposizione è in tutto identica a quella contenuta nel capoverso dell’art. 2456. Il codice civile assegna ai liquidatori delle società di persona la identica responsabilità prevista per i liquidatori delle società di capitale. Nonostante tale identità di trattamento, il legislatore tributario non ha ritenuto necessario estendere la speciale responsabilità di cui all’art. 265 anche ai liquidatori delle società di persone e ciò proprio per le considerazioni messe in luce nel testo. È opportuno ricordare, inoltre, che a mente dell’art. 104 t.u.i.d. le imprese commerciali non rientranti fra i sog­ getti tassabili in base al bilancio possono optare per la tassazione in base al bilancio, dandone comunicazione scritta all’ufficio delle imposte prima dell’ini­ zio dell’esercizio.

(26)

dichiara-alle persone giuridiche, che pur non essendo società, siano tassate

in base al bilancio (associazioni e fondazioni) e in generale a tutti i

soggetti tassabili in base al bilancio, qualunque sia la loro natura, ivi

comprese le società di capitali costituite all’ estero, che hanno la sede

dell’amministrazione o l’ oggetto principale dell’ impresa nel terri­

torio dello Stato (6).

La legge stabilisce che gli amministratori, quando si è verificato

un evento che determina lo scioglimento della società, devono, nel

termine di trenta giorni, convocare l’ assembla per le deliberazioni re­

lative alla liquidazione. La nomina e la revoca dei liqudatori avviene

a norma dell’ art. 2450 c.c. ; i poteri, gli obblighi e le responsabilità

dei liquidatori sono disciplinati dall’ art. 2452 c.c. (7). Vigente l’abro­

gato codice di commercio si è discusso se il procedimento di liqui­

dazione, così come disciplinato dalla legge, costituisse una fase indi­

spensabile al fine della estinzione dell’ ente. L’ opinione pressoché

unanime era nel senso che le norme dettate dal codice non avessero

carattere inderogabile e potessero essere sostituite da norme diverse,

dettate dall’assemblea, libera, nella sua autonomia privata, di de­

terminare modalità differenti di liquidazione (8). Codesta opinione

si appoggiava sul disposto dell’ art. 197 cod. comm., secondo il quale

si doveva ricorrere alla liquidazione nelle forme fissate dalla legge

zioni normative, non estenda l'efficacia delle predette disposizioni anche alle imprese che hanno optato per la tassazione in base al bilancio (si cfr., i proposito, a titolo esemplificativo, gli artt. 105, 112, capv. e 118,J ^ o n d o c p -, t u i d ) Nell’art. 265 manca qualsiasi espresso richiamo ai soggetti di cui al l'art 104 t u i quali devono, per tanto, ritenersi non assoggettabili alla san­ zione di che trattasi. D’altra parte, proprio per quelle considerazioni prece­ dentemente lumeggiate, che hanno indotto il legislatore ad escludere 1 appli­ cabilità dell’art. 265 alle società personali, non v’era ragione di derogare a tale impostazione limitatamente a quelle società personali che avessero optato ^ w ’ T ' t a i ' à l X o ' i . “ “ ? « . 2505 c.c. »»e st. società « soco soggette, anche per i requisiti di validità dell’atto costitutivo, a tutte le disposizioni della

legge E n a T l n sede di liquidazione esse devono, per ciò osservare le norme

che regolano lo scioglimento e la liquidazione della società per azioni

m La liquidazione delle persone giuridiche è regolata dagli artt. 30 e segg c c L nch è dagli artt. 11-21 disp. att. c.c. Di queste disposizioni in parte divergenti da quelle relative alla società per azioni, terremo conto nel corso deila csposizione delie norme sulla liquidazione, vigente il codice di commercio v. Vivan te, Trattato di diritto commerciale, voi. II,

M ila n o 1929 p 486 e segg.; Sraffa, La liquidazione delle società commerciali, F ire n z e /1888, n. 14; Rocco, Sulla liquidazione delle someta commerciali in Studi di diritto commerciale ed altri scritti ¿an l l l n 9 :

Sotgia, La liquidazione delle società commerciali Milaño 1936 cap. IIL m 9

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