S ped izione i n abbonamento postate Gruppo IV
RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO
E S C I E N Z A D E L L E F I N A N Z E
Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI
(e
RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)
D I R E
f L U I G I
E I N A U D I
D E L L ’ U N I V E R S I T À D I T O R I N O
GIAN ANTONIO MICHELI
D E L L ’ U N I V E R S I T À D I R O M A
S E R G I O
Z I O X E
ACH ILLE D. GI ANNI NI
e dell’Istituto di diritto tributario dell’Università di Roma
L a Redazione è a P avia,
Istituto di Finanza
pressol’ Università e la
Camera di Commercio,
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P A R T E P R I M A
Gustavo Ingrosso - Sistema giurid.ico del bilancio e teoria economica
Gordon Tu llo o k - Public Debt - Who Bears thè B u rd en f...
Gaspare Falsitta - Natura ed accertamento della responsabilità dei liqui datori per il mancato pagamento delle imposte dirette dovute dagli enti tassabili in base a bilancio...
Ugo De Leone - Perquisizionei e ricerca nelle leggi tributarie .
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APPUNTI E RASSEGNE
Costantino De Bono- Trattamento tributario delle successioni per diritto di rappresentazione a seguito di rinunzia all’e r e d ità ... 281
Renato Ricc i - Rassegna legislativa in materia finanziaria (Primo tri mestre 1963) ...287 RECENSIONI
Gardiner C. Means - Pricing Power and the Public Interest. A Study Based on Steel (R. R e v i g l i o ) ...
Sabino Cassese - Partecipazioni pubbliche ed enti di gestione (M . S.
G i a n n i n i ) ... ALTRE OPERE RICEVUTE ...
RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI
P A R T E S E C O N D A NOTE A SENTENZE
Antonio Ba s c iu - Alcuni spunti per un riesame dei problemi relativi alla obbligazione tr ib u ta r ia ... ...
Paolo Bisogno- In tema di tassazione degli avanzi di gestione di consorzi e sulla natura degli enti di categoria costituiti da commercianti per la riscossione ed il pagamento di t r i b u t i ...
Benedetto ( 'ociyekaf- Detrazione di debiti verso pubbliche Amministra zioni ai fini dell’imposta di su ccession e...
Alberto Ravazzoni - In tema dì fideiussione per obbligazione sospensiva-mente condizionata ed imposta di r e g i s t r o ...
Francesco Valenziano - In tema di imposta ipotecaria e di registro sulla controgaranzia dell’Istituto case popolari al C om u ne...
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R M . - Procedimento dinanzi le commissioni tributarie ed azione giudizia ria - Rapporti - Fattispecie.
Tasse e imposte in genere - Imposte dirette - Mancata notificazione dell'ac certamento tributario - Successiva iscrizione a ruolo - Poteri del giu dice ordinario (Casa., Sez. I, 10 agosto 1961, n. 1949) (con nota di A. Ba s o iu) ... ...
R.M. - Omesso ricorso contro il ruolo - Ripetizione dell’indebito dinanzi l’autorità giudiziaria - Ammissibilità (Comm. Centr., Sez. I, 2 marzo 1962, n. 55443) (con nota di A. Bascitj) ...
R. M. - Consorzio macellai - Spesa acquisto autofurgoni con avanzi di ge stione - È spesa e non reddito (Comm. Centr., Sez. II, 23 ottobre 1961, n. 48831) (con nota di P. Bisogno) ...
Imposta sulle successioni - Detrazione di passività - Debiti d’imposta - Im poste complementari - Contestazione non definita all’apertura della successione - Indetraibilità (Cass., Sez. I, 16 gennaio 1962, n. 67) (con nota di B. C o c iv E a iA )... Imposta sulle successioni - Detrazioni - Imposta complementare di registro
- Inammissibilità (Cass., Sez. I, 2 novembre 1961, n. 2536) (con nota di B. Cocivera) ... ... Registro - Fideiussione di obbligazione principale sospensivamente condi zionata - Tassa graduale - Applicabilità (Trib. Genova, 25 gennaio 1962) (con nota di A. Ravazzoni) . ... Edilizia popolare - Mutui - Garanzia del Comune - Controgaranzia del
l’Istituto case popolari al Comune - Imposta fissa (Cass., Sez. I, 20 luglio 1962, n. 1976) (con nota di F. Valenziano) ...
E TEORIA ECONOMICA (*)
1.
La celebrazione del centenario, dalla unificazione del Regno,
della Corte dei conti che ha come sua primaria funzione costituzionale
il controllo del bilancio dello Stato, è evento che deve indurre gli
studiosi e gli esperti di amministrazione e di finanza pubblica a chia
rire le proprie idee e quelle altrui circa il tentativo scientifico, cui
si assiste, di inserire il bilancio dello Stato e degli enti pubblici
minori nella contabilità economica nazionale.
Questa — che non mi pare abbia ancora raggiunto l’ organismo
di disciplina autonoma e che può considerarsi un nuovo capitolo
della scienza economica —, come è noto, prende in osservazione il
reddito nazionale nel suo ammontare globale e nelle sue componenti,
tra le quali pone le entrate e le spese pubbliche.
La dottrina, la prassi amministrativa, ia tecnica contabile degli
organi governativi finanziari sono dominate ora da questo indirizzo,
e dominate ne sono di riflesso le discussioni e gli atti parlamentari.
È un fatto, che si avverte tutti gli anni, che sia la esposizione finan
ziaria del Ministro del Bilancio sia quella del Ministro del Tesoro
vertono principalmente sul conto economico che viene presentato al
Parlamento alla stessa epoca in cui è presentato il bilancio di pre
visione, che viene chiamato ora usualmente bilancio « finanziario »,
per differenziarlo dal conto economico, il quale a sua volta viene de
finito bilancio economico.
Aquest’ ultimo sono ri
seivate più che al
primo gli onori della discussione generale sulla economia e sulla fi
nanza pubblica.
Nelle mie Istituzioni di diritto finanziario — I t olume che risale
al 1935 — dopo avere esposto la teoria giuridica del bilancio, così
scrivevo : « La legge del bilancio è anche regola della vita economica
« e sociale della nazione. Tra la economia finanziaria dello Stato e
(») Questo scritto consegnato per la stampa l'ottobre 1962, fa parte della Raccolta di studi per il centenario della Corte dei conti di prossima pubbli- cazione.
« le economie delle collettività minori e singole corrono numerose
« vie di compenetrazione, che non si svelge più soltanto, come una
« volta, attraverso il contributo pecuniario o la prestazione di cose
« o opere da parte dei privati, ma anche mercè l’ intervento dello Stato
« nella produzione e nella distribuzione della ricchezza, ed, in ispe-
« cial modo nel mercato monetario. L’economia finanziaria e in ter-
« mini più lati, l’ azione amministrativa dello Stato aderisce troppo
« strettamente all’ organismo sociale perchè non si debba affermare
« che il bilancio è strumento giuridico della conservazione e dello
« sviluppo dello Stato ed insieme della società nazionale ». No
tavo inoltre : « l’ azione dello Stato per essere utile ed efficace deve
« adeguarsi costantemente ai bisogni collettivi lungo la via ascen-
« dente del loro sviluppo e della loro trasformazione. La legge del bi-
« lancio segue, accompagna, e non di rado sprona l’ attività dei ser-
« vizi pubblici adattandola alle nuove forme di vita della società
« in cui essi operano » (1).
Ma non si tratta di riconoscere o negare la funzione che il bilan
cio dello Stato compie nella economia nazionale. Il solo porre la
questione è un assurdo. Trattasi invece di accettare la validità per
durante dei principii fondamentali che compongono il sistema giu
ridico del bilancio. E da questo punto di vista è forza ammettere che
la odierna teoriai economica in materia sia soggetta a revisione o per
lo meno a congrue precisazioni.
2.
Quale ne sia il concetto ispiratore, il filo conduttore emerge
dal seguente brano del Doti.
Carlo Marzano,Ragioniere Generale
dello Stato.
«... Mentre le teorie tradizionali derivanti dalle concezioni clas-
« siche dell’ economia consideravano l’attività di prelievo e di spen-
« dita dello Stato più dal punto di vista del perseguimento di de
ci terminati fini di conservazione e di difesa dell’organismo sociale
« (difesa interna e dall’estero, giustizia, istruzione, sanità, viabilità,
« ecc.), trascurando o considerando marginalmente gli effetti che
« tali attività esercitano sulla economia nazionale presa nel suo in-
« sieme, gli odierni orientamenti sulla condotta economica dello Sta-
« to tendono invece a porre sempre più in risalto le conseguenze che
« dall’intervento finanziario dello Stato derivano sul livello e sulla
« composizione del reddito nazionale e, in particolare sulla
« zione, sulla stabilità economica e sugli altri fenomeni rilevabili
« globalmente » (2).
Sulla base di questo presupposto, di metodo e di principii, il
Marzanocostruisce una classificazione economica delle spese pub
bliche, articolata su due grandi categorie, spese correnti e spese in
conto capitale evidentemente ispirata alla etimologia della contabilità
nazionale.
Altra classificazione economica delle spese, anzi del M ando è
quella enunciata dal Prof.
Cesare Cosciani,ordinario di Scienza della
finanza e di diritto finanziario nell’Università di Roma, in uno scrit
to più impegnativo quanto alla concezione dei rapporti fra bilancio
pubblico e contabilità nazionale (3). Prendendo le mosse dalla no
zione classica del bilancio, egli afferma che, considerati i nuovi com
piti assegnati agli Stati moderni, è necessario che il bilancio statale
possa venir impiegato come uno strumento di conoscenza, « per sa
ie pere se e in qual modo il governo se ne è servito correttamente per
« esercitare una giusta e sana influenza sull’ economia nazionale al
« fine di conseguire le finalità fondamentali di ogni Stato moderno,
« quanto meno nei confronti di una politica di stabilità e di sviluppo
« economico del paese ».
« In altre parole — soggiunge il prof. Cosciani — il bilancio
« deve venir congegnato in modo da- poter essere come base nella gui-
« da del programma degli investimenti economici e finanziari». Per
tanto egli rifiuta la impostazione attuale del bilancio sulla base dei
servizi amministrativi. Rifiuta anche perchè superficiale ai fini di
una analisi economica la classificazione cosi detta funzionale delle
spese elaborata dalla Ragioneria Generale dello Stato non sulla base
di servizi amministrativi, ma delle funzioni da essi compiute (difesa
nazionale, giustizia ed ordine pubblico, relazioni internazionali, istru
zione e cultura, azione ed interventi nel campo sociale, azione ed in
terventi nel campo economico). In sostituzione adotta una classifi
cazione che egli chiama economica così come quella del
Marzano,ma più ampiamente e più organicamente costruita. Per rendere pos
sibile l’inserimento, l’ innesto del bilancio nella contabilità nazio
nale, la classificazione del bilancio deve rispondere a quattro
con-(2 ) C. Marzano, Gli effetti economici delle spese pubbliche, Bologna, Za nichelli, 1961, p. 3.
dizioni : 1) deve distinguere i pagamenti e gli incassi correnti, cioè
le spese ed i proventi del bilancio pubblico che contribuiscono a for
mare il reddito corrente di un paese o che ad esso si attengono, dai
proventi ed incassi in conto capitale, cioè spese che concorrono a
formare risparmio nazionale o rivolte a creare investimenti diretti
o indiretti, o prelievi del bilancio pubblico dal risparmio nazionale;
2) bisogna formare il bilancio consolidato del bilancio pubblico : que
sto bilancio consolidato comprenderà le contabilità della totalità di
tutti i bilanci pubblici, quello statale, quelli degli enti pubblici mi
nori, territoriali ed anche istituzionali ; 3) bisogna soddisfare alla
esigenza della uniformità vale a dire contabilizzare le entrate e le
spese del bilancio consolidate riducendole in categorie omogenee;
4) il periodo di contabilizzazione economica delle entrate e delle spese
deve essere annuale cosi come quello della contabilità pubblica.
3.
Sarà lecito, prima di considerare nel fondo queste posizioni
concettuali della odierna teoria economica, esprimere una riserva circa
il giudizio che nel brano sopra riprodotto del libro del
Marzano èformulato « sulla concezione della economia classica dei compiti dello
Stato, in riferimento alla partecipazione dello Stato medesimo al
processo produttivo nazionale ». Il giudizio — che per la verità non
èesclusivo di quell’ Autore, ma forse comune alle nuove generazioni
di studiosi in materia —
èin anticipazione confutato dalla lettera
tura economico-ñnanziaria dell’ ultimo decennio del secolo scorso e
del primo trentennio del presente. Questa letteratura trovava ispi
razione ed insieme conferma nell’ambiente economico, sociale, poli
tico in sui sorgeva. E invero sul piano della realtà storica non
ènuo
vo, particolare della economia finanziaria posteriore alle due guerre
mondiali, specialmente alla seconda — come si ritiene generalmen
te —- l’ intervento diretto dello Stato nel processo di produzione del
reddito nazionale. Per accennare all’argomento dominante dirò che
quelle che ora si chiamano spese di investimento (delle quali, come
risulta dalle pubblicazioni ufficiali della Eagioneria Generale dello
Stato, il maggior contributo
ècostituito dalle spese per opere pub
bliche), allora erano definite appunto spese di produzione, ovviamente
del reddito nazionale anche globale. Di esse basterà ricordare le
spese per la^ bonifica' integrale di non lieve onere per il bilancio sta
tale.
la consistenza degli effetti sulla formazione dell'ammontare progres
sivo del reddito nazionale globale e sulla sua distribuzione. Questo
nuovo indirizzo di rilevazione e di elaborazione statistica non è tale,
mi sembra, da incidere profondamente nella interpretazione degli svi
luppi della economia finanziaria di oggi giorno, pur tenuto conto
della maggiore ampiezza in estensione e della maggiore intensità
in profondità dell’ intervento dello Stato nella economia nazionale.
Queste sono considerazioni marginali, ma le più adatte a pre
disporre lo studioso a intendere i nuovi prodotti delPindagine teorica,
collaudandoli nel quadro della continuità permanente, sarei per dire
immanente, degli istituti. Ed è appunto a questa continuità che oc
corre richiamarsi quando si vuole inserire il sistema del bilancio
pubblico nell’ ordito teorico e pratico della contabilità nazionale.
Le posizioni concettuali del
Marzano,del
Cosciani,tutta la na
scente dottrina della contabilità nazionale, circa i rapporti fra questa
medesima e i bilanci pubblici sono impostate su un equivoco che
sembra di parole, ma che è di sostanza. Si adotta il termine « bi
lancio », mentre più proprio sarebbe il termine « conto ». In finanza
pubblica la parola bilancio significa sempre e solo bilancio di pre
visione : così per il bilancio dello Stato (Costituzione art. 81, e legge
di contabilità generale dello Stato) come per i bilanci degli enti
pubblici minori (legge comunale e provinciale, legge sulle istituzioni
di assistenza pubblica, eec.). Ti termine conto significa sempre e solo
documento che dimostra i fatti di gestione compiuta in esecuzione
del bilancio ; nell’ordinamento finanziario statale è denominato Ren
diconto generale dello Stato (Costituzione art. 81 ; legge sulla con
tabilità dello Stato;. Da pochi anni a questi due documenti si è ag
giunto il conto economico che è un documento semplicemente stati
stico. E schemi statistici sono appunto gli schemi proposti ed ela
borati dalla contabilità nazionale.
Ciò posto, si presenta razionalmente inattuabile non direi sol
tanto l’innesto del bilancio pubblico nella contabilità nazionale, ma
perfino il coordinamento dell’ uno con l’ altra per la eterogeneità degli
elementi costitutivi dei due sistemi. Questa inattuabilità o, magari,
difficoltà di inserimento o di collegamento presenta anche il conto del
bilancio detto anche conto finanziario o, impropriamente, bilancio
finanziario (come è noto è quella parte del rendiconto generale dello
Stato che dimostra i risultati della gestione del bilancio anteriore
chiuso, l’altra parte essendo il conto del patrimonio). Esso presenta
risultanze di atti ed operazioni compiute ; tuttavia pur dagli scrit
tori di contabilità nazionale si ritiene che eluda le esigenze di una
corretta rilevazione ed illustrazione dei risultati di una gestione eco
nomica secondo i criteri della contabilità nazionale (4).
Queste riserve della stessa teoria economica nei riflessi del conto
del bilancio aprono la strada a considerarne i limiti rispetto alla
teoria giuridica del bilancio.
4.
Sull’argomento sarà utile, se non proprio necessario, una
precisazione di concetti. Non
èfacile seguire il
Coscianiin quella
specie di trittico nel quale presenta la concezione, da lui detta
classica, e che
èpoi la concezione giuridica e politica del bilancio.
Tale concezione, secondo l’ esimio economista « considera il bilancio
dello Stato sotto un triplice punto di vista: come uno strumento
amministrativo per una migliore e più consapevole gestione di un
servizio pubblico; come uno strumento legislativo nel senso che in
tende vincolare l’attività del potere esecutivo a certi limiti finan
ziari, che il potere legislativo pone con la legge che approva il bi
lancio ; come uno strumento politico in quanto consente alla collet
tività di raccogliere elementi di giudizio sulla attività svolta dal
Governo » (5).
Per la verità storica sia lecito osservare che la teoria così espo
sta del bilancio risponde ai prodotti della copiosa letteratura sul-
l’ argomento. La dottrina si è accentrata e concentrata nello scopo
e nello sforzo di definire la natura giuridica del bilancio o, meglio,
(4) A. Mabcantonio (prof, di economia delle imprese pubbliche dell’Uni versità Bocconi di Milano), Aspetti contami della tipizzazione dei bilanci degli enU nazionali di protezione sociale, in Atti della IV riunione m e »tifica del- VIstituto italiano di studi della protezione sociale e del lavoro, Roma , G. La Volpe (ordinario di economia politica nell’Istituto universitario di Venezia)
La protezione sociale nel processo economico e nel sistema della contabilita nazionale, ivi.
d ella legge del b ila n c io , se cio è essa sia leg g e in senso mate 1 iale, vale a d ire co n co n te n u to n o rm a tiv o , op p u re legge in senso fo rm a le con co n te n u to di a tto a m m in istra tiv o em esso dal P a rla m e n to e p r e cisam ente d i autorizziamone a l G ov ern o. Q u ale ch e sia la sce a ia le due a ltern a tiv e, resta ferm o ch e il b ila n c io è a tto che, seeom o la lettera e lo sp irito d ella C o stitu zio n e , è, a n n o per a n n o, p rin c ip io e reg ola d e ll’ azione del G overn o e d e lla P u b b lic a A m m in istra zio n e .
È una visione incompleta quella che nella legge del bilancio rav
visa la sola funzione di vincolare l’ azione del Governo. È una vi
sione, aggiungo, antistorica ; perchè risale indietro alle origini dello
Stato costituzionale, quando il bilancio fu il primo strumento di
limitazione del potere assoluto del Monarca. Da allora - nel tempo
che di tanto distanzia l’ attuale Stato parlamentare e democratico
da quelle origini, e nella coscienza politica e sociale dei popo i
1bilancio è divenuto legge che organizza ogni anno tutta intera la vita
dello Stato e con essa quella, dei cittadini, e che e necessario alla
conservazione della Costituzione medesima.
Alla stregua di questa sua complessa e vasta funzione decisiva
per la esistenza della società nazionale bisogna darsi ragione de a
struttura interna del bilancio; la quale può variare da paese a paese
quanto alla distribuzione delle sue parti, ma risponde sempre e
comunque, ad un unico criterio base: la ripartizione per servizi.
Il bilancio prevede e autorizza l’adempimento di funzioni am
ministrative e finanziarie, di tutte le funzioni amministrative e finan
ziarie che compongono l’azione dello Stato e che sono opera di uf
fici, o in termine finanziario, servizi.
Ora la nozione di ufficio, servizio, consta di due elementi : uno,
oggettivo, è la funzione o il gruppo di funzioni che esso adempie;
l’altro, soggettivo, è l’ organo che è formato di persone (funzionari,
pubblici ufficiali, impiegati, agenti, ecc.) che la funzione o
1gruppo
dì funzioni adempiono, ed è portatore di diritti, doveri responsa
bilità. Sintesi di questi due elementi è la competenza (dell ufficio).
che risulta così essere il motivo razionale della struttura è e
i anuo
e il ce n tro m otore del suo esercizio.comma. Pertanto si può dire che la struttura del bilancio, distribuita
in categorie giuridiche (uffici, servizi, ministeri, ecc.) deriva il suo
fondamento dalla Costituzione.
5.
Inquadrato il bilancio in questo sistema — che dunque, ripe
tesi, è essenzialmente, se non soltanto, giuridico — ne emerge la ete
rogeneità di contenuto e di merito che differenzia la. classificazione
economica dalla classificazione antica, costante del bilancio in servìzi
amministrativi. La prima è elencazione di poste, di voci che esprimono
grandezze quantitative rappresentanti fatti compiuti o supposti come
compiuti. La seconda è elencazione di poste, di voci (capitoli degli stati
di previsione), che esprimono atti amministrativi o operazioni finanzia
rie in fieri, più propriamente facoltà o obbligo di adempiere atti am
ministrativi o operazioni finanziarie, per le quali è stabilita, una gran
dezza in quantità, come limite che ne condiziona la esecuzione. Da ciò
discende la impossibilità razionale di inserire il bilancio dello Stato
negli schemi della contabilità nazionale.
Non aderisce al sistema del bilancio nemmeno la classificazione
funzionale delle spese. Essa — pure richiamandosi alla ripartizione
del bilancio in servizi amministrativi — fa perno esclusivo dell’ e
lemento oggettivo delle funzioni ; ignora l’ elemento soggettivo, di
sintegrando così il concetto di competenza che è unitario e frustrando
il motivo costituzionale della legge del bilancio.
Appaiono in tal modo ben definiti e distinti i rispettivi domini
della teoria economica e della teoria giuridica del bilancio ; e — per
riferirsi a documenti concreti dell’ attività operante nell’ordine eco
nomico e finanziario — rimangono separati e distinti il bilancio e il
conto economico. Separati e distinti, ma. non estranei l’ uno all’ altro.
Qui è il punto di collegamento, nella realtà dell’azione statale,
del bilancio con la dinamica del processo produttivo dell’economia
nazionale. Il conto economico serve al Governo per fare il punto
sulla situazione economica e sociale generale del paese, e gli per
mette di impostare la formazione del bilancio sulla base della inter
pretazione e della valutazione delle prospettive che lasciano intrav-
vedere i risultati dell’anno decorso. Alla stregua di tale interpreta
zione e valutazione il Governo prevede gli stanziamenti alla entrata
e gli stanziamenti alla spesa; cioè formula la sua politica, del bilan
cio, della quale dunque il conto economico si dimostra strumento
È proprio per questa aderenza che la politica del bilancio ha
e deve avere alle forze economiche nazionali che formano l’ ambiente
in cui esso è gestito — forze in moto di sviluppo o, eventualmente,
di recessione — che non pare infondata la critica, fatta al Costi-
tutente del 1947 per aver voluto imprimere alla legge del bilancio
carattere di legge vincolante (Costituzione art. 81, terzo comma).
6.
Il breve cenno fatto sopra (n. 4) alla evoluzione della- nozione
del bilancio dalle origini dello Stato costituzionale ad oggi potrà
aver indotto il lettore a pensare che io abbia lasciato in ombra un
elemento essenziale legato appunto alle sue prime applicazioni negli
ordinamenti costituzionali : il controllo. Mi sono riservato invece di
parlarne da ultimo precisamente per la sua importanza.
Quando si parla di controllo del bilancio si ha presente alla
mente il sindacato parlamentare e, attraverso questo, il sindacato
della pubblica opinione, cosa peraltro incerta e fluida. Ora il sin
dacato parlamentare è controllo politico, non giuridico. La esposizione
del Ministro del Bilancio al Parlamento alla presentazione del conto
economico dà, come si è detto, il la alla discussione sul conto stesso,
discussione che può risolversi in un sindacato dell’opera politica o
della condotta economica del Governo, ma rimane sempre astratta.
Discussione vera e propria sul bilancio è quella che si svolge sugli
stati di previsione; ma essa è una palestra oratoria nella quale De
putati e Senatori si occupano in termini generali dell’indirizzo am
ministrativo del Governo, della Pubblica Amministrazione nel set
tore dei servizi pertinenti allo stato di previsione che è oggetto di
discussione. In questa sede non manca- loro occasione di segnalare
atti e provvedimenti del Governo o della Pubblica Amministrazione
suscettibili di critica, oppure di proporre emendamenti ai capitoli
o di fare raccomandazioni. Ma non si potrebbe dire sicuramente che
questo sia un controllo. Controllo è revisione di atti deliberativi o
di operazioni finanziarie portante ad approvazione o non approva
zione dei medesimi per lo scopo concreto della loro esecuzione. Un
controllo di simile genere è addirittura incompatibile con il carattere
e la funzione giuridica di previsione del bilancio.
che accompagna la presentazione del rendiconto alle due Camere con
una sua relazione, si conclude con una legge di approvazione. Ma per
le sue possibili sanzioni nei confronti del Governo rimane sempre un
sindacato politico.
Vero e proprio controllo giuridico è quello che cade sugli atti
della gestione del bilancio, durante la gestione medesima e che è più
particolarmente il controllo preventivo della spesa (quello sulla en
trata svolgendosi in sede di applicazione delle leggi relative alle sin
gole entrate).
Il controllo preventivo sulla spesa — mentre è riprova perma
nente sperimentale del carattere giuridico del bilancio, che si mani
festa infatti in forme, procedimenti, deliberazioni, rapporti che
sono, per usare una formula riassuntiva, la messa in moto dei poteri
e degli obblighi conferiti dalla legge del bilancio al Governo — ga
rantisce al tempo stesso la conservazione e il regolare funzionamento
dell’ ordine finanziario dello Stato, che è presidio anch’ esso della Co
stituzione. L’ espansione dell’ attività della Pubblica Amministrazione,
che consegue all’ intervento progressivo dei poteri politici nei set
tori delle forze economiche e sociali della Nazione, richiede senza dub
bio più libertà di movimento nella sua azione ; ma non è questo motivo
valido che autorizzi Governo, Parlamento e Paese a consentire o a
desiderare e tanto meno a propugnare una flessione di rigore nel
regime giuridico del bilancio.
La esperienza del passato e del presente sta a- dimostrare che
più si accresce e si articola la spesa pubblica, più si rafforza, la ten
denza degli Stati più avanzati sulla via del progresso economico e
politico a rinvigorire i poteri degli istituti giuridici addetti al con
trollo preventivo sulla spesa medesima. In Italia dopo la Liberazione
parve in un certo momento che questa tendenza subisce una rever
sione involutiva. Ma la Corte dei conti in Sezioni Riunite adottò
(12 marzo 1946) una Risoluzione, presentata alla Costituente, con la
quale rivendicò in pieno il mantenimento delle sue funzioni istitu
zionali e in particolare del suo controllo preventivo e successivo sulla
gestione del bilancio.
La- Costituzione repubblicana (art. 100) accolse integralmente
i voti del glorioso Istituto : anzi ne aumentò il prestigio.
Gustavo Ingrosso
WHO BEARS THE BURDEN?
A few years ago almost all economists, at least in the Anglo-
Saxon countries, agreed that the real burden of a domestically held
public debt was represented by the withdrawal of private goods and
services from the community made necessary when the borrowed
funds were spent. The line of reasoning upon which this view was
based depended critically upon the apparent fact that the total amount
of goods and services available to the economy was not changed (1)
by government bond issues. Thus, if the government built an aircraft
carrier the private share of the total national product was reduced
and the government share increased, regardless of whether the money
to pay for the carrier was raised by taxation or by borrowing.
Economists five or six years ago not only were generally agreed
on this view of the burden, they also normally were quite proud of
the difference between the professional viewpoint and that of the
common man. The « orthodox » opinion of the economically unso
phisticated common men, of course, held that public borrowing was
just like private borrowing. It resulted in obtaining funds now in
return for agreeing to repay them with interest in the future.
In
other words, it shifted the costs of the aircraft carrier onto future
taxpayers. Dwight Eisenhower was merely expressing this common
opinion when he warned against governmental borrowing as placing
a burden on posterity.
In 1958, Professor James Buchanan published a book (2) con
tending that almost all economists (3) had been wrong and that
(1) For the purposes o f the discussion the countercyclical possibilities of deficit financing were assumed away. This was not through ignorance; indeed the bulk o f the economists who were advocates of countercbclical policies held the view we are discussing. The argument was that the burden o f « real » borrowing was felt at the time the money was spent. Countercyclical borro wing, with its effect on the money supply raised quite different issues.
President Eisenhower was fundamentally right. The startling nature
of this thesis, together with the cogency of the arguments offered for
it, created a small crisis for many economists.
The idea that the
common man was more sophisticated on a. rather important point
than the economics profession was not only intellectually, but emo
tionally disturbing. The consequence has been a continuing debate
in which a group of young « radicals » defending Buchanan have
been opposed by older and more conservative scholars in the field
of public finance. The debate has surely generated more heat than
light, but is has served to illuminate a number of dark corners (4).
In the course of this debate, however, there has been some shift
away from the issues raised by Buchanan and toward a discussion
of other problems. Vickrey and Modigliani (5) have agreed that debt
financing of governmental expenditures may reduce the income of
future generations, but through a completely different mechanism
than that suggested by Buchanan. Although they seem not to realize
it, their position does not contradict, but supplements that of Buch
anan. Briefly, Vickrey and Modigliani argue that most of the money
raised by government bond sales would otherwise have been invested
in the private sector. Most of the money raised by taxation on the
other hand, woud probably have been spent on consumption.
Go
vernment borrowing, therefore, results in the total capital supply
of the society being less than if the same funds were raised by taxation,
and hence results in future incomes being smaller.
(4) The student interested in getting the general tenor o f the conflict can do so by examining one battle. Bowen. Davis and Kopf published « The Public Debt: A Burden on Future Generations?» in the American Economic Review, September 1960 (pp. 701-706). This attracted no less than three critical comments by William Vickrey, Tibor Scitovsky, and James Elliot which were published in the March 1961 issue of the Review (pp. 132-141). Bowen, Davis and Kopf replied briefly in the same issue (pp. 141-43). Abba Lener then published « The Burden o f the Debt » in the May 1961 issue o f the Review of Economics and Statistics (pp. 139-41) and Bowen Davis and Kopf replied with « The Distribution o f the D ebt: A Reply » in the February 1962 issue (pp. 98-100). In this particular case the difference between the ages of the proponents and opponents o f Buchanan’s view is particularly striking.
The following other discussions of the problem may also be o f interest:
Abba Lekner, Journal of Political Economy, 47, April 1959, pp. 203-06; Earl
Ro lph, American Economic Review, 49, March 1959, 183-85; Alvin Hansen,
Review o f Economics and Statistics, 41, June 1959, pp. 377-78.
No one doubts the correctcness of this position of Vickrey and
Modigliani, but it neither contradicts nor proves Buchanan’ s basic
point, and hence serves to divert attention from the original problem.
The same may be said about discussions of the « Fiscal Illusion ».
That this is an important problem, and a difficult one has been clear
since the time of liicardo. The controversy set off by Buchanan has
served to shed some light in this rather murky area, but this should
be thought of as a byproduct, not as a direct part of the debate.
When Bowen. Davis, and Kopf published their article in 1961,
they made no claim to theoretical originality, they simply said Buch
anan’s position had been widely misunderstood, and they proposed to
introduce a new model to clarify his position (6). Since the debate
has continued to be confused, and since Buchanan’s position is still
not clear to many scholars in the field, I intend in this article to
follow their example. For this purpose I also will introduce a sim
plified model in the hopes of making the situation clearer.
I will
make use of a little science fiction, but my model will be no less rea
listic than many other economic models (7).
Suppose that a scientist has invented a remarkable machine. It
will, on a strictly temporary basis, create gold bars. If it is set pro
perly, gold bars in unlimited quantities will pour out of the machine.
There is, however, a limitation on the use of this machine. The gold
must be returned to the machine within twenty years or certain
conservation laws will be violated, and there will be an unimaginable
catastrophe. If 100 gold bars are produced by the machine, 100 gold
bars must be put back in. The bars returned to the machine simply
disappear.
The machine is already in existence in the scientist’s
laboratory and its operation is costless.
The scientist, being patriotic, offers the government exclusive use
of this device for purposes of governmental finance. After the death
by apoplexy of several senators, the scientist’ s proposal is accepted.
A bill is passed providing that a certain quantity of gold bars is to
be temporarily produced and sold to the public, the proceeds to be
(6) In view o f this fact it is notable that none o f the older economists who attacked the article referred to Buchanan’s book. Two o f them, Scitovsky and Elliot, credit the three young men with contributions which clearly origi nated with Buchanan.
used to cover various governmental expenditures. The bill also obli
gates the governmen t twenty years in the future to buy back the gold
and return it to the machine. Who bears the burden of the govern
mental expenditures?
Clearly, no one is in any way injured at the time the expenditure
is made (8). There is, then, no burden at that time. Twenty years
later, however, it will be necessary to tax people for this purpose and
hence there will be a burden. What has happenend is that the total
wealth of the nation has been temporarily increased by the machine.
Later, when the gold bars are returned to the machine, the national
wealth will be reduced and the only burden felt by anyone is the
result of this decrease.
It would be inconvenient, however, for the gold bar salesmen to
carry around large stocks of heavy gold bars.
Suppose then that
when an individual purchases a gold Far from a government represen
tative, he is given a receipt. The government undertakes when the
receipt is presented at the laboratory, to turn on the machine, produce
a gold bar, and give it to the receipt holder.
Different people, of
course, would present their receipts at different times. It would be
absurd, however, to assume that this changed things particularly.
Mr. A pays a salesman and receives his his receipt.
He promptly
rushes to the laboratory and gets his gold bar. Lazy Mr. B., on the
other hand, pays a salesman on the same day as Mr. A, but puts
off his visit to the laboratory until the following week when he will
be in that part of town on another errand. Suppose that the govern
ment spends the money that it has received from Mr. A and Mr. B
during the interval. Does this make any difference? Surely, it would
be obsurd to say that a burden is imposed on the « present genera
tion » when the government spends the money Mr. B has paid in but
not when it spends that paid in by Mr. A. Further, this would require
assuming that the burden somehow vanished when Mr. B actually
got his gold to reappear twenty years later.
Having a bar of gold around the house is, in some ways, incon
venient. It might be that some of the buyers of gold would decide to
simply keep their receipt until such time as they actually needed the
gold for some purpose Clearly, since they consciously choose to hold
the receipt instead of converting it into gold, they are in no way
disadvantaged by the fact that they have no gold. To say that their
choice in this matter somehow imposes a burden on their « genera
tion » which would not have existed had they decided to exchange
their receipt for gold seems ridiculous. Surely, the only person effec
ted by the choice would be the chooser, and he cannot be assumed to
be .« burdened » by the results of his free choice.
The same conclusion would apply if some purchasers chose to keep
his receipt for the full twenty years, with the consequence that the
gold bar never even came into existence. Still, it is clear that no one
suffers any' burden when the government makes its sale and spends
the proceeds.
There is, however, a real burden on the taxpayers
when the gold or certificates are repurchased. If the government chose
to pay people who kept their certificates instead of converting them
into gold a small sum of money each year (9), this also would not
change the situation. No person would bear any burden at the time
the government expenditure was made, but there would be a burden
when the certificates had to be bought back. The interest charges,
also, would impose a burden on the taxpayer. But here we clearly'
have a simple sale of government bonds, and it does shift the burden
forward in time.
We can make the resemblance to government bonds even plainer
by a few additional assumptions. Suppose the government produces
the gold, but keeps it in its own vaults, selling only warehouse receipts
on it to the public. If it were necessary to return the identical gold
bars to the machine this might well be a sensible precaution. If the
government paid small amounts each year to the holders of the
warehouse receipts, then they would differ hardly at all from bonds.
The same thing would be true, of course, if the government contracted
with a bank to store the gold instead of keeping it in its own vaults.
Another alternative would be to sell the gold bars, but subject to
the restriction that the purchaser, or his assigns, must preserve the
individual bars and resell those specific bars to the government in
twenty years. Since the purchaser would be providing storage for
the gold, regular payments to him for this service would be sensible,
thus the gold bars themselves would have a remarkable economic
resemblance to bonds.
We can make a still further change. One of the advantages of
an imaginary machine is that we can easily make changes in its
design.
Suppose, then, that the gold produced by the machine is
rather peculiar in its nature. The process of making the gold has
an aftereffect which leads the gold bars to expand at the rate of 4 %
per year for the full twenty years that they can continue to exist.
The government could sell these bars to the public, and would then
be completely free of any obligation for twenty years. The expansion
of the bars, however, would give the holders a net return from the
mere act of keeping them. At the end of the twenty year period,
of course, the government would have to buy back all the gold,
including that which had grown from the original bars, and this
would be equivalent the discounted cost of paying 4 % interest over
the period. This would appear a particularly clear case of shifting
burdens to the future Present taxpayers would pay nothing for the
benefits they derive from the government expenditure, while the
taxpayers of twenty years in the future, quite a different group of
people, would pay a whopping fee for which they received nothing.
Its economic effect on both individuals and the government, on the
other hand, would be substantially identical with that of twenty
year government bonds similar to the « E Bonds » which were so
important in the financing of the American participation in World
War II.
All of this may seem simply playing with an unreal system, but
it does serve to clarify the situation. None of the assumed sets of
circumstances raises any problem for the economists who assumes
that borrowing money rather than raising the same sum through
taxation transfers the burden of the expenditure to the shoulders
of future taxpayers. The economist who believes that such transfers
do not take place, on the other hand, has great difficulty in dealing
with these cases. Since some of the assumed sets of circumstances
are economically identical with bond issues, this would seem to
demonstrate that the « shifting » hypothesis is the correct one.
original expenditures disappears.
If the burden was transferred
twenty years into the future, then it is still two years in the future
at the time this machine is developed, and no problems are raised.
If, however, the burden was borne by the economy when the gold
bars were first produced, then it is eliminated retroactively, which
is absurd.
University of Virginia.
Gordon Tullo ck
Assistant professor of Economics
LIQUIDATORI PER IL MANCATO PAGAMENTO DELLE IM
POSTE DIRETTE DOVUTE DAGLI ENTI TASSABILI IN BASE
AL BILANCIO
So m m a r i o: 1. Premessa. — 2. Pretesa insopprimibilità del procedimento di li quidazione. — 3. La responsabilità degli amministratori in carica all’atto dello scioglimento senza liquidazione. — 4. L’apertura della liquidazione e gli adempimenti relativi : il bilancio annuale. — 5. La chiusura della li quidazione e il bilancio finale. — 6. La cancellazione della società e il problema delle sopravvenienze. — 7. Il soddisfacimento delle passività no te ed ignote, elemento della fattispecie estintiva. — 8. Le sopravvenienze costituite da imposte dirette insolute. —• 9. La notifica dell’« avviso di accertamento » dopo la cancellazione della società. — 10. I presupposti della responsabilità: a) esistenza di imposte dirette erariali insolute m capo alla società; 6) esistenza di attività sociali; c) distrazione di tali attività da parte del liquidatore. — 11. L’elemento soggettivo nella fattispe cie dell’art. 265. — 12. Qualificazione giuridica della responsabilità sancita dalla norma in esame. — 13. Carattere aquiliano della responsabilità del liquidatore: conseguenze che ne derivano. — 14. Incombenza dell onere della prova dei presupposti della responsabilità. — 15. A chi spetta la competenza ad accertare la responsabilità. — 16. Dimostrazione che tale competenza appartiene all’Intendente di finanza. 17. Regole procedu rali e rimedi contro il provvedimento intendentizio che accerta la respon sabilità dei liquidatori.
1.
L’ art. 265 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sotto la rubrica « re
sponsabilità dei liquidatori », recita testualmente :
I liquidatori dei soggetti tassabili in base al bilancio che non
adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione,
le imposte dovute dal soggetto per il periodo della liquidazione e per
quello anteriore rispondono in proprio del pagamento delle imposte
stesse.
« La disposizione contenuta nel precedente comma si applica
agli amministratori in carica all’ atto dello scioglimento della società
o dell’ ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori » (1).
(1) Riteniamo utile ricordare le norme, già regolanti la subietta materia, che sono state assorbite (e abrogate) dall’art. 265 t.u. n .645.
L’interpretazione e l ’inquadramento dogmatico di codesta dispo
sizione offre luogo a non poche difficoltà, rese più gravi dal fatto che
la dottrina non ha dedicato mai, alla disamina di essa, quell’atten
zione che la fattispecie indubbiamente meritava. Nè si dica, a giu
stificazione di tale disinteresse, che la norma riveste una importanza
marginale, poiché è vero, piuttosto, il contrario.
In questi ultimi anni si è assistito, nel nostro Paese, ad una
straordinaria fioritura di piccole società (generalmente costituite allo
scopo di eludere l’ eccessività di talune imposte), la cui attività nel
campo della produzione si svolge in un lasso di tempo relativamente
breve, quando addirittura non difetti completamente lo svolgimento
di qualsiasi attività produttiva. Basti pensare alle così dette « so
cietà immobiliari », sorte a migliaia e costituite ordinariamente al
fine di curare la costruzione di un solo fabbricato ovvero l’ acquisto,
la gestione temporanea e la rivendita di singoli cespiti immobi
liari (2). Conclusa la singola operazione in vista della quale furono
costituite, queste società vengono immediatamente poste in liquida
zione e quindi, esperiti gli incombenti della liquidazione, cancellate
dal registro delle imprese (3). Allorché, successivamente, l ’ ufficio di
strettuale competente procede all’accertamento dei redditi maturati
della liquidazione stessa e sono responsabili in proprio di tali imposte quando non adempiono a siffatto precetto.
Ai liquidatori sono estesi gli obblighi cbe la presente legge impone agli amministratori di società, e sono ad essi applicabili le sanzioni contenute negli articoli 15, 16, 18, 20 e 22».
' Art. 52, legge 5 gennaio 1956, n. 1 : « La disposizione contenuta nel pri mo comma dell’art. 45 del t.u. 17 settembre 1931, n. 1608, si applica agli am ministratori in carica all’atto dello scioglimento della società se non si prov vede alla nomina dei liquidatori ».
È opportuno ricordare, inoltre, che l’art. 45 sopra citato aveva modificato e sostituito l’art. 14 del R.D. 28 gennaio 1929, n. 360, che era così concepito : « I liquidatori delle società sono responsabili in proprio delle imposte dovute dalle società stesse in seguito ai risultati della liquidazione, e sono anche re sponsabili in proprio delle imposte dovute dalle società pel periodo anteriore alla liquidazione solo quando con la loro azione od omissione abbiano in tutto o in parte compromessa, per la finanza, la riscossione di queste ultime impo ste. Ai liquidatori sono anche estese, in quanto siano applicabili, le disposi zioni degli articoli 2, 3 e 4 della legge 9 dicembre 1928, n. 2834, e 13 del pre sente decreto ».
(2) Sul trattamento fiscale delle società immobiliari e sui problemi re lativi cfr. Cola.tanni-Za m m It t i-Ricc ia r e ll i, Le società immobiliari nell’impo sizione diretta e indiretta, Milano, Consulente delle aziende, 1961.
in dipendenza dell’operazione svolta, e alla conseguente iscrizione a
ruolo delle imposte relative, non esistono più beni sociali su cui il
fisco possa soddisfare le proprie pretese, Bimane solo la possibilità
di agire contro i liquidatori (4). È evidente, dunque, che di fronte
ad un fenomeno di tal fatta, dalle proporzioni imponenti (in quanto
esso non concerne solo le società immobiliari, ma anche
seppure
meno frequentemente — molte medie e piccole società di produzione),
la norma che sancisce la responsabilità personale dei liquidatori fini
sce per acquisire una notevole rilevanza pratica.
D ’altra parte il problema in discussione riveste non trascurabile
interesse teorico, non foss’ altro perchè consente di sperimentare, al
vaglio di questioni di rimarchevole importanza pratica, la fonda
tezza di alcune delle più significative e controverse concezioni che
da tempo affaticano sia la dottrina trihutaristica che quella com
mercialistica.
2.
Prima di procedere all’esame degli elementi costitutivi e
alla qualificazione giuridica della responsabilità sancita dall’ art. 265,
appare indispensabile, anche per avere una più chiara cognizione
delle questioni che affronteremo nei successivi paragrafi, trattando
direttamente della responsabilità fiscale dei liquidatori, richiamare
in questa sede le disposizioni del codice civile, relative alla chiusura
della liquidazione delle società per azioni, che più stretta attinenza
e correlazione presentano col problema che ne occupa. Queste dispo
sizioni, come è noto, si applicano anche alle società a responsabilità
limitata (art. 2497, primo comma, c.c.), in accomandita per azioni
(art. 2464 c.c.), alle imprese cooperative (art. 2516 c.c.) e alle mutue
assicuratrici (comb. disp. degli artt. 2516 e 2547 c.c.), ossia alla più
gran parte dei soggetti tassabili in base al bilancio.
Tralasceremo, invece, di prendere in esame le norme che regolano
la liquidazione e la cancellazione dei tipi sociali diversi dalla società
per azioni, sia per la considerazione che nella sistematica del codice
civile vigente le norme sulla liquidazione e la cancellazione della so
cietà per azioni costituiscono una regolamentazione autonoma e
dale, sia, soprattutto, perchè l’ art. 265 del t.u. è dettato solo nei
confronti dei liquidatori dei soggetti tassabili in base al bilancio.
Sotto questo profilo esiste una sostanziale differenza tra l’art. 45
del t.u. 17 settembre 1931, n. 1608 e l’art. 265 t.u. i.d. : il primo si
riferiva genericamente ai « liquidatori delle società », senza distin
guere tra società tenute alla formazione e pubblicazione del bilancio
e tassabili in base alle risultanze di questo e società tassate con gli
stessi metodi valevoli per le persone fisiche. Il nuovo testo unico ha-
preferito restringere la responsabilità ai soli liquidatori dei soggetti
tassabili sul bilancio. A determinare questa modificazione ha sicura
mente influito la constatazione che il fenomeno delle liquidazioni ef
fettuate in violazione delle pretese fiscali e cioè lasciando insoddi
sfatti i debiti per imposte dirette della società si verifica esclusiva-
mente nei confronti delle società e degli enti forniti di personalità
giuridica. Nelle società di persone la responsabilità illimitata e per
sonale dei soci per tutte le obbligazioni della società costituisce una
garanzia sufficiente per il fisco. Per questo motivo, vigente l’ art. 45
del t.u. n. 1608, pur essendo la responsabilità estesa ai liquidatori
delle società di qualsiasi specie, in pratica la sanzione veniva concre
tamente applicata solo nei confronti dei liquidatori delle società mu
nite di personalità giuridica. Il nuovo testo unico non ha fatto che
prendere atto di ciò. Per tanto, da un lato ha limitato l’ambito di
applicazione della sanzione alle sole società tassabili in base al bi
lancio (5) ; per un altro verso ha esteso l’ eflieacia dell’art. 265 anche
(5) L’art. 2312, cpv., c.c., che si riferisce alla liquidazione delle società in nome collettivo (ed è applicabile anche alle società in accomandita semplice, ex art. 2324 c.c.), afferma che « dalla cancellazione della società i creditori so ciali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei con fronti dei soci, e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi ». Tale disposizione è in tutto identica a quella contenuta nel capoverso dell’art. 2456. Il codice civile assegna ai liquidatori delle società di persona la identica responsabilità prevista per i liquidatori delle società di capitale. Nonostante tale identità di trattamento, il legislatore tributario non ha ritenuto necessario estendere la speciale responsabilità di cui all’art. 265 anche ai liquidatori delle società di persone e ciò proprio per le considerazioni messe in luce nel testo. È opportuno ricordare, inoltre, che a mente dell’art. 104 t.u.i.d. le imprese commerciali non rientranti fra i sog getti tassabili in base al bilancio possono optare per la tassazione in base al bilancio, dandone comunicazione scritta all’ufficio delle imposte prima dell’ini zio dell’esercizio.
dichiara-alle persone giuridiche, che pur non essendo società, siano tassate
in base al bilancio (associazioni e fondazioni) e in generale a tutti i
soggetti tassabili in base al bilancio, qualunque sia la loro natura, ivi
comprese le società di capitali costituite all’ estero, che hanno la sede
dell’amministrazione o l’ oggetto principale dell’ impresa nel terri
torio dello Stato (6).
La legge stabilisce che gli amministratori, quando si è verificato
un evento che determina lo scioglimento della società, devono, nel
termine di trenta giorni, convocare l’ assembla per le deliberazioni re
lative alla liquidazione. La nomina e la revoca dei liqudatori avviene
a norma dell’ art. 2450 c.c. ; i poteri, gli obblighi e le responsabilità
dei liquidatori sono disciplinati dall’ art. 2452 c.c. (7). Vigente l’abro
gato codice di commercio si è discusso se il procedimento di liqui
dazione, così come disciplinato dalla legge, costituisse una fase indi
spensabile al fine della estinzione dell’ ente. L’ opinione pressoché
unanime era nel senso che le norme dettate dal codice non avessero
carattere inderogabile e potessero essere sostituite da norme diverse,
dettate dall’assemblea, libera, nella sua autonomia privata, di de
terminare modalità differenti di liquidazione (8). Codesta opinione
si appoggiava sul disposto dell’ art. 197 cod. comm., secondo il quale
si doveva ricorrere alla liquidazione nelle forme fissate dalla legge
zioni normative, non estenda l'efficacia delle predette disposizioni anche alle imprese che hanno optato per la tassazione in base al bilancio (si cfr., i proposito, a titolo esemplificativo, gli artt. 105, 112, capv. e 118,J ^ o n d o c p -, t u i d ) Nell’art. 265 manca qualsiasi espresso richiamo ai soggetti di cui al l'art 104 t u i quali devono, per tanto, ritenersi non assoggettabili alla san zione di che trattasi. D’altra parte, proprio per quelle considerazioni prece dentemente lumeggiate, che hanno indotto il legislatore ad escludere 1 appli cabilità dell’art. 265 alle società personali, non v’era ragione di derogare a tale impostazione limitatamente a quelle società personali che avessero optato ^ w ’ T ' t a i ' à l X o ' i . “ “ ? « . 2505 c.c. »»e st. società « soco soggette, anche per i requisiti di validità dell’atto costitutivo, a tutte le disposizioni della
legge E n a T l n sede di liquidazione esse devono, per ciò osservare le norme
che regolano lo scioglimento e la liquidazione della società per azioni
m La liquidazione delle persone giuridiche è regolata dagli artt. 30 e segg c c L nch è dagli artt. 11-21 disp. att. c.c. Di queste disposizioni in parte divergenti da quelle relative alla società per azioni, terremo conto nel corso deila csposizione delie norme sulla liquidazione, vigente il codice di commercio v. Vivan te, Trattato di diritto commerciale, voi. II,
M ila n o 1929 p 486 e segg.; Sraffa, La liquidazione delle società commerciali, F ire n z e /1888, n. 14; Rocco, Sulla liquidazione delle someta commerciali in Studi di diritto commerciale ed altri scritti ¿an l l l n 9 :
Sotgia, La liquidazione delle società commerciali Milaño 1936 cap. IIL m 9