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Gli Abusi intrafamiliari. Presa in Carico e protezione.

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Academic year: 2021

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INDICE

Introduzione Pag. 5

CAPITOLO 1: L’ Esperienza del Maltrattamento Pag. 8

1.1 Introduzione Pag. 8

1.2 Definizione di Maltrattamento Pag. 9

1.3 Il maltrattamento fisico Pag. 14

1.4 Il Maltrattamento Psicologico Pag. 16

1.5 Trascuratezza Pag. 17

1.5.1 Incuria Pag. 18

1.5.2 I Segni Fisici Pag. 19

1.5.3 Caratteristiche comportamentali Pag. 20

1.5.4. Discuria Pag. 22

1.5.5 L’ipercuria Pag. 24

1.6 Violenza Assistita Pag. 29

1.7 Abuso Sessuale Pag. 35

1.8 Conseguenze del maltrattamento Pag. 45

CAPITOLO 2: Abuso Sessuale e le Sue Diverse Tipologie Pag. 47

2.1 Dal complesso edipico all’incesto Pag. 47

2.2 Abuso sessuale intra-familiare ed extra-familiare Pag. 50

2.2.1 Abusi sessuali manifesti Pag. 52

2.2.2 Abusi sessuali mascherati Pag. 54

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2.3 Approccio Psicodinamico Pag. 55

2.4 Approccio Fenomenologico Pag. 58

2.5 Approccio Sistemico Pag. 59

2.6 Gli Abusi sessuali extrafamiliari Pag. 59

2.7 Conseguenze psicologiche dell’abuso sui minori Pag. 68 2.7.1 Teorie nelle epoche precedente Pag. 68 2.7.2. Conseguenze abuso sessuale negli anni recenti Pag. 71

2.8 L’aiuto ai minori e alle famiglie Pag.72

2.8.1 Il contesto di riferimento Pag. 73

CAPITOLO 3: Caso Di Abuso Sessuale Intrafamiliare Pag. 79 3.1 Caso su un abuso sessuale a carico di due sorelle Pag. 79 3.2 Il trattamento nei casi di abuso sessuale su minore Pag. 85

3.2.1 La rivelazione dell’abuso Pag. 87

3.2.2 Il coinvolgimento dei genitori e la segnalazione

al Tribunale Pag. 89

3.2.3 La fase indagine Pag. 91

3.2.4 Le misure di protezione Pag. 93

3.2.5 La valutazione di recuperabilità del Genitore Pag. 97

3.2.6 Il processo Prognostico Pag.101

3.2.7 La terapia Familiare Pag.104

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CAPITOLO 4: Rapporto Intergenerazionale Pag.116

4.1 La Trasmissione intergenerazionale Pag. 116

4.2 Variabilità nella tipologia degli Effetti Pag. 118 4.2.1 Sindrome Post Traumatica da Stress Pag. 119 4.3 Il rapporto interpersonale fra genitori e figli Pag. 120

4.3.1 I Modelli Teorici di riferimento

negli eventi traumatici Pag.125 4.4 Elaborazione e utilizzazione delle informazioni Pag. 126

4.5 Dall’Eziologia al Sintomo Pag. 129

4.6 Trasmissione intergenerazionale e transgenerazionale

della vita psichica Pag. 131

4.6.1 Perché un genitore diventa abusante? Pag. 136

4.6.2 La Resilienza Pag. 140

4.7 I Modelli Operativi interni Pag. 145

CONCLUSIONI Pag. 147

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INTRODUZIONE

In questo lavoro di tesi ho voluto esplorare il fenomeno del maltrattamento e dell’abuso sui minori delineandone, sulla base della letteratura scientifica nazionale ed internazionale, gli aspetti clinici, epidemiologici ed i fattori di rischio.

Trattare il tema dell’abuso sui minori, vuol dire porre attenzione ad un fenomeno che, presente da sempre, sta assumendo, in questi ultimi anni, aspetti sempre più allarmanti. Non sono cambiate le forme di violenza contro i minori (familiare od extrafamiliare che essa sia) né, tantomeno, se ne è intensificata la frequenza: ciò che oggi concretamente è cambiato, è la maggior puntualità con cui, quasi ogni giorno, i mass media ci informano, con dovizia di particolari e di immagini, di una realtà così raccapricciante. Valutare il fenomeno dell'abuso ai minori, le dinamiche che vi sottendono, le modalità con cui si realizza vuol dire conoscerne i protagonisti e soprattutto studiarne la personalità siano essi le vittime, gli spettatori o i carnefici.

Nel lavoro presentato, l’attenzione verte sull’abuso sessuale intrafamiliare, ma non mancano riferimenti al maltrattamento e le sue varie forme, indagando sulle conseguenze che comporta sul minore, sia fisicamente che psicologicamente. Infatti, gli effetti dei maltrattamenti subiti possono incidere negativamente sui processi evolutivi della psiche con gravissime conseguenze per l’equilibrio della personalità. Dal lavoro emerge come le conseguenze sulla normale crescita del bambino possono essere influenzate non solo da un maltrattamento fisico ma anche dalla trascuratezza e dell’incuria da parte dei curatori.

In relazione all’abuso sessuale invece, si è indagato sulla diffusione di questo fenomeno, sia intra che extrafamiliare, e come questo sia un episodio sempre più diffuso, senza distinzione di ceto sociale o di appartenenza, sulle conseguenze psicologiche che comporta questo avvenimento nello sviluppo del bambino, indagando quali siano le motivazioni del carnefice che lo spingono ad attuare un tale comportamento.

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Viene anche ripreso un caso di abuso sessuale su due sorelle, che racconta nello specifico la brutalità dell’avvenimento e la ripetitività dell’accaduto nel contesto familiare, e dal percorso terapeutico e di protezione attivato in seguito alla scoperta dell’intera vicenda.

Descrivendo le fasi del trattamento messe in atto dagli operatori, dal primo incontro con l’utente ovvero dalla rivelazione dell’abuso o del maltrattamento, attraversando le fasi del coinvolgimento del contesto familiare e della segnalazione al Tribunale dove necessario, comprendendo quali misure di protezione possono essere messe in atto in base all’entità del danno e dell’importanza di saper scegliere adeguatamente in base alle esigenze fisiche e psicologiche del minore, al fine di tutelarlo e di proteggerlo da ogni altro pericolo per la sua incolumità fisica e psichica.

Sottolineando l’importanza non solo della protezione del minore, ma anche della valutazione di recuperabilità dei genitori, componenti essenziali nella vita del minore, in quanto per rispondere correttamente ai bisogni del bambino che dev’essere informato della sorte dei suoi genitori e sulla capacità di quest’ultimi di svolgere le proprie competenze genitoriali. Questo percorso termina con la terapia familiare, intesa come ultima fase del processo di aiuto in quanto permetterebbe una presa in carico completa dell’intero nucleo familiare.

Investigando sul rapporto che intercorre fra abuso sessuale/maltrattamento, da parte di un genitore sul proprio figlio, in una relazione intergenerazionale, vale a dire l’importanza di indagare sul vissuto personale di ogni soggetto maltrattante o abusante per comprendere se vi sono dei traumi pregressi mai elaborati e che lo hanno portato a vivere attraverso uno standard di vita contrario a quello prospettato, ponendoci alcune domande, ovvero quali siano le motivazioni che spingono un genitore a diventare abusante o maltrattante.

L’ analisi della violenza fisica e dell’abuso sessuale, in questo lavoro di tesi termina sull’importanza di ciò che viene trasmesso dai genitori ai propri figlie e come questo incorporato dai bambini essendo degli attenti osservatori delle emozioni profonde dei genitori, ricercando nei loro occhi la conferma continua di essere amati e di come i figli siano disposti a tutto pur di non perdere questo

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amore fondamentale nella loro vita. Infatti, la trasmissione psichica influisce in modo determinante nella costruzione del Sé molto di più del patrimonio genetico, tutto ciò che il figlio sperimenta nella vita in comune con i genitori, attraverso le cose dette e non dette, i gesti, i comportamenti, entra a far parte della sua memoria e va ad incidere profondamente nella strutturazione della sua personalità.

Sottolineando anche il concetto di resilienza, ovvero la capacità del bambino, di cambiare il proprio vissuto e le proprie esperienza, marcando il concetto che la cattiva sorte è una ferita impressa nella storia di una persona maltrattata o abusata, ma non è un destino. Il paradigma teorico della resilienza ha introdotto un nuovo approccio al trauma psichico non più basato esclusivamente sulla rilevazione di risposte disfunzionali e di patologie, ma mirando ad indagare e valorizzare le risorse soggettive che favoriscono il superamento di esperienze traumatiche. La cura dei soggetti è orientata alla scoperta di risorse interne affettive e comportamentali, acquisite in tenera età, e di risorse esterne sociali e culturali, disponibili attorno al soggetto.

Dal lavoro si evidenzia come una possibile elaborazione di modelli operativi interni da parte dei minori abusati o maltrattati, diversi da quelli sperimentati nel contesto familiare possono realizzarsi a seguito di un intervento da parte dei servizi sociali, diventando con gli anni un adulto sicuro e capace di intraprendere nuove relazioni significative e distanzianti da quelle patologiche vissute nell’infanzia.

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Capitolo 1: L’ESPERIENZA DEL MALTRATTAMENTO 1.1. Introduzione

L’attenzione al tema all’infanzia violata, del maltrattamento e dell’abuso sessuale è maturato nel corso degli anni, diventando il perno principale di una serie di congressi, con lo sviluppo di figure apposite volte alla tutela del minore e diventando la voce dei bambini, che non potendo farsi giustizia da soli a causa della loro innocenza, hanno trovato delle apposite figure di riferimento.

Per questo motivo, l’ affiorare della denuncia nei casi di maltrattamento intra familiare o extra familiare rappresenta un bene perché riesce a far emergere questi avvenimenti rimasti nel silenzio per diversi decenni, conoscendo un retroscena del rapporto bambino-genitore non solo basato sull’affetto, sulle cure, sulla protezione e il rispetto del bambino in quanto tale, realizzando perciò una vera e propria alleanza di un legame indissolubile che si alimenta reciprocamente, ma riconoscendo che questo rapporto può essere anche caratterizzato da una profonda convinzione che si può fare qualsivoglia cosa con il figlio che è stato messo alla luce, scambiando il ruolo di educatore alle esigenze personali dell’adulto privando perciò il proprio figlio di vivere appieno la sua infanzia. La definizione di abuso sui minori è in letteratura un concetto estremamente dibattuto; non c’è pertanto uniformità tra le varie definizioni ed il termine abuso è spesso utilizzato come sinonimo di violenza o maltrattamento. Tuttavia persiste una certa tendenza comune nel considerare la violenza quanto di carattere commissivo od omissivo, volontario o meno, implichi la violazione dei diritti fondamentali degli esseri umani, connessi alla vita, alla dignità ed alla integrità di ogni individuo. La distinzione fra diverse tipologie di violenza può esser effettuata solo a livello teorico in quanto è un fenomeno che non solo investe diverse aree della persona, sopratutto se minorenne, ma il più delle volte una forma di violenza ne scaturisce inevitabilmente un’altra (basti pensare alla violenza sessuale e quella psicologica).

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La violenza, inoltre, è un fenomeno che interessa non soltanto il bambino che ne è vittima, ma, come sostiene Di Blasio (2000, 8-9), essa rappresenta il segno di una patologia che investe il funzionamento globale della famiglia, in quanto tutti i membri sono ugualmente prigionieri di un gioco disfunzionale nel quale non possono evitare di assumere un ruolo attivo.

La conclamata violenza fisica, quella tipica di chi utilizza un atteggiamento maltrattante e dominante sui propri figli, anche se non viene definita tale ma sostiene di utilizzare un metodo educativo mentre rappresenta un sistema simile all’addestramento, oppure un metodo punitivo che va oltre l’immaginazione. Un bambino che ha subito delle violenze fisiche non potrà diventare un adulto sicuro e sano se viene psicologicamente privato, spesso questo senso di onnipotenza che l’adulto esercita sul minore lo terrorizza, facendolo diventare incapace di crearsi una propria personalità.

Molti sono gli adolescenti e gli adulti che sono terrorizzati, incapaci di prendere delle decisioni, che soffrono di attacchi di ansia o di panico, perché hanno subito delle violenze psicologiche da parte dei loro genitori, e molto spesso questo tipo di violenze non viene riconosciuta come tale, possono essere definite come delle lacrime nascoste nel cuore dei bambini che tengono nascosto, fino a quando non emergono delle problematiche.

1.2 Definizione di Maltrattamento

Le prime segnalazioni della letteratura medico-legale e pediatrica risalgono a Tardieu, che nel 1852 a Parigi descrisse il caso di due bambine morte per le sevizie di un’istitutrice, pubblicando successivamente uno studio medico-legale sulle servizie e i maltrattamenti.1

Circa, venti anni dopo, nel 1874 a New York, si riparlò di maltrattamento, a seguito di un avvenimento, ovvero l’ente della protezione animali venne contatto

1 Montecchi F. “Dal bambino minaccioso al bambino minacciato, gli abusi e la violenza in famiglia: prevenzione, rilevazione e trattamento”, Franco Angeli, 2013

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a causa di continui lamenti provenienti da una casa, ma una volta arrivati presso l’abitazione compresero che i lamenti non provenivano dagli animali ma trovarono una bambina incatenata al letto ricoperta da ematomi, ferite e abrasioni su tutto il corpo. Questa scoperta spinse la vicina di casa, infermiera che aveva contatto l’ente ad indagare sulla vicenda comprendendo ben presto che il ritrovamento della bambina in quella condizione non era un avvenimento sporadico, ma un trattamento abituale da parte dei genitori. Bisogna sottolineare che all’epoca, 1800 e 1900 vigeva la concezione secondo la quale i genitori avessero dei diritti assoluti sui propri figli e considerandoli come una proprietà privata, perciò erano gli unici a stabilire le modalità per impartire l’educazione e nessuno poteva interferire nel nucleo familiare.

A seguito di questo evento, fu fondata a New York la prima società di prevenzione della crudeltà contro i bambini (Montecchi,1991,1998).

Altre segnalazioni le troviamo nel 1929 da parte di Parisot e Cassaude, fino al 1946 quando un radiologo pediatra americano, Caffey, riscontrò in vari bambini la presenza di ematomi subdurali associati di frequente a fratture multiple delle ossa lunghe dovute a cause non accidentali. Queste osservazioni furono poi confermate delle esperienze di Silverman (1953) e successivamente da quelle del pediatra americano Kempe (1962) che, con la definizione di “Battered Child Syndrome” (in italiano “Sindrome del Bambino Picchiato”)2, descrissero una precisa entità nosologica relativa alle diverse forme di maltrattamento fisico. Fu proprio questa restrizione al solo maltrattamento fisico a far ripudiare dallo stesso Kempe la sua prima proposta, sostituendola con quella più completa di “Child Abuse and Neglet” (in italiano “Abusi ed Incuria verso l’Infanzia”) che comprende l’intero quadro dei maltrattamenti, da quelli fisici, emotivi, all’incuria, all’abuso sessuale. Da questo momento in poi molte saranno le definizioni proposte e le precisazioni fatte in base alle diverse impostazioni, ma il termine, che sul piano internazionale

2 È una patologia caratterizzata da maltrattamenti reiterati nel tempo che determinano un vero e proprio stato di malattia temporanea o con postumi permanenti, o addirittura exitus, comprendendo anche deficit nutrizionali e comportamenti omissivi alla base di disturbi psichici e comportamentali.

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viene maggiormente riconosciuto e usato, è “Child Abuse” (Correra e Martucci, 1988; Colesanti, 1995).

Fra le tappe più importanti e significativi troviamo: l’approvazione nel 1959, da parte dell’Assemblea generale dell’ONU, la carta del Fanciullo, in cui sono ribaditi i diritti alla nascita, all’istruzione, al gioco, alla protezione dalle discriminazioni razziali e religiose; ripresa nella Convenzione internazionale sui

diritti all’infanzia, approvata dalle Nazioni Unite per i Diritti dell’uomo nel 1989

in occasione della sua 45ª sessione, rende nota la bozza della Convenzione sui Diritti del Bambino all'Assemblea Generale, ed il testo viene adottato senza alcun voto contrario. In occasione del decimo anniversario dell’entrata in vigore della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato due Protocolli opzionali alla medesima Convenzione concernenti, rispettivamente, la vendita e la prostituzione dei bambini e la

pornografia infantile e il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati.

Il Protocollo sulla vendita e la prostituzione dei bambini e la pornografia infantile è in vigore dal 18 gennaio 2002, mentre il Protocollo sul coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati è in vigore dal 12 febbraio 2002. Entrambi sono stati ratificati dall’Italia con la legge 11 marzo 2002, n. 46.

Tra le definizioni di maltrattamento e abuso, citiamo quella formulata dall'OMS nel 1999: «Per maltrattamento all'infanzia si intendono tutte le forme di cattiva

cura fisica e affettiva, di abusi sessuali, di trascuratezza o di trattamento trascurante, di sfruttamento commerciale o altre, che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, la sua sopravvivenza, il suo sviluppo o la sua dignità nel contesto di una relazione di responsabilità, di fiducia o di potere».

In Italia, nei primi anni ‘80 Moro afferma che: «Ogni insufficiente risposta ai

bisogni fondamentali di crescita umana del minore, ogni non sporadica ed episodica violazione dei diritti che su questi fondamentali bisogni si radicano, ogni azione che pregiudica seriamente le potenzialità naturali di crescita ed interferisce sulla loro realizzazione, costituisce un grave abuso che deve essere denunciato e rimosso» (1989, 20).

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Caffo considera il fenomeno dell’abuso sotto due aspetti fondamentali: da una parte la qualità della relazione tra genitori e figli e dall’altra la continuità di tale relazione nel tempo. Cosicché essa consisterebbe in «un continuum di

comportamenti che comprendono tutte le possibili modalità attraverso le quali i genitori possono rapportarsi ai figli» (Caffo, 1984, 20). Ad un polo di questo

continuum è collocata la relazione ottimale con i figli, all’altro, invece, la relazione più indesiderabile, comprendente il desiderio di uccidere il proprio figlio, fra i due poli si collocherebbero le varie forme di trascuratezza e di occasionale violenza che i genitori consumano sul figlio.

Seguendo tale prospettiva, a differenziare un genitore realmente abusante da uno che lo è solo potenzialmente, è la permanenza del primo intorno al polo negativo del continuum, che si manifesta con forme di violenza continuate ed intense nei confronti del figlio, mentre quello potenzialmente abusante è colui che utilizza l’uso della forza solo in determinate circostanze. Questi interventi legislativi e questo crescente interesse per la trascuratezza hanno portato ad una concezione diversa del bambino, fino a giungere ad una diversa modalità di rilevamento e di intervento.

In Italia a seguito dell’attenzione a questo tema, soprattutto intorno agli anni ‘80, hanno portato all’istituzione di linee telefoniche dedicate ai minori, come il

Telefono Azzurro, che ha avuto il merito di focalizzare l’attenzione sul problema

degli abusi dei bambini.

Un’altra iniziativa importante è stata la costruzione del CISMAI (coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia), nata nel 1993 per volontà del servizio di psichiatria e psicoterapia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, dei centri milanesi del CBM ( Centro per il Bambino Maltrattato) e del CAF ( Centro Aiuto Famiglia) insieme al servizio Numero Blu dell’amministrazione provinciale di Cagliari, essendo i primi centri ad occuparsi di abuso sessuale su minori.

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Caffo afferma che l’abuso all’infanzia consiste, quindi, in «ogni condizione che

impedisca in termini permanenti e gravi lo sviluppo delle potenzialità innate di crescita di un soggetto in età evolutiva» (Caffo,1987, 6)3.

Montecchi preferisce seguire le indicazioni del Consiglio d’Europa e assumere la seguente definizione di abuso: «gli atti e le carenze che turbano

gravemente il bambino, attentano alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino» (Montecchi, 1994,18)4.

Il Consiglio D’Europa ha precisato una differenziazione fra: • Il maltrattamento fisico;

• L’abuso sessuale;

• Il maltrattamento psicologico.

A questa suddivisione aggiungiamo anche l’incuria o grave trascuratezza, in quanto viene spesso citata come una forma di maltrattamento altrettanto grave e con conseguenze non trascurabili, e la violenza economica.

E’ opportuno precisare che tale classificazione è stata proposta dal Montecchi5 ed è anche quella che viene utilizzata particolarmente dagli esperti. Considerando che i professionisti dell’aerea sia sociale che sanitaria in questi anni si sono interessati oltre all’abuso sessuale anche alle violenze fisiche e alle carenze gravi, nutrizionali o affettive, e questo tipo di violenza viene definita con il termine di “violenze di omissione” individuabili in quella che possiamo chiamare incuria, ovvero quando i genitori non provvedono adeguatamente ai bisogni del bambino, sia a livello fisico che psicologico.

La terminologia di incuria è impropria perché attualmente si parla di diversi tipi di

“patologie delle cure”.

Montecchi classifica gli abusi sui minori dividendoli in tre tipologie, che sono:

3 Ernesto Caffo, definizione.

4 Montecchi F. “Gli abusi all’infanzia”, La nuova Italia scientifica, 1994 5 Montecchi F.,“I maltrattamenti e gli abusi sui bambini” op. cit. pag. 9

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● Maltrattamento:

- Fisico - Psicologico ● Patologie delle cure: - Incuria - Discuria - Ipercuria

- Sindrome di Münchausen per procura - Medical Shopping

● Abuso Sessuale

- Intrafamiliare - Extrafamiliare

Innanzitutto distinguiamo il maltrattamento fisico da quello psicologico; perché il primo è sempre quello più manifesto, benché non sia quello più frequente o dannoso per il bambino, a meno che non sia messa in pericolo la vita dello stesso, il secondo costituisce la forma più nascosta, ma allo stesso tempo più devastante, in quanto il bambino viene svalutato, denigrato e sottoposto a servizie psicologiche come quella di esser terrorizzato, rimproverato o respinto6

1.3 Il maltrattamento fisico

Il maltrattamento fisico, secondo il Consiglio d’Europa, si ha “quando il minore è oggetto di aggressione da parte dei familiari con conseguenze fisiche che vanno da lesioni come ecchimosi, fratture e bruciature, fino alla morte”. In

letteratura troviamo diverse definizioni che però sottolineano sempre l’intenzione non accidentale del maltrattamento: secondo Lowenthal7 (1998) il maltrattamento fisico è definito come “ogni ferita fisica non accidentale

6 Montecchi F. “Gli abusi all’infanzia”, op. cit. pag.9

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e non sessuale in conseguenza dei comportamenti dei genitori o delle persone che si prendono cura del bambino”. Secondo Cofano (1993)8 il maltrattamento fisico “ è ogni violenza o atto non accidentale che procuri dolore

o determini lesioni transitorie o danni organici o funzionali permanenti o la compromissione dello sviluppo psicofisico del bambino. Rientrano in questa categoria la violenza intenzionale, l’eccessivo uso di punizioni fisiche, la segregazione e la costrizione in spazi chiusi e la negligenza dei bisogni primari”.

Le lesioni cutanee sono senz’altro tra gli indicatori più costanti del maltrattamento fisico e possono andare da lievi ecchimosi ed escoriazioni, a lividi, lacerazioni, scottature, fratture di costole o di arti, a gravi traumi neurologici, fino alla morte. Ecchimosi, abrasioni, lacerazioni soprattutto su viso, bocca, collo, dorso, glutei, area genitale, coesistenti in diverso stadio evolutivo smentiscono spesso l’accidentalità del trauma invocata dai genitori. Le ustioni a stampo in conseguenza di sigarette o ferri da stiro, e i morsi risultano inequivocabili, come le impronte cutanee dovute a corde o fibbie di cintura. Sicuramente questa forma di maltrattamento è la più facile da individuare anche perché le lesioni sono così evidenti e frequenti che si è affermato che “parlano al posto del bambino” (Cofano, 1993).

Una volta accertata l’eziologia traumatica delle lesioni, che spesse volte sono multiple e perciò in varie parti del corpo del bambino e di varia natura, a partire dalla contusioni, ferite e ustioni, e accertata anche la differenza di databilità, queste dovranno anche essere documentate per costruire poi degli elementi che possono essere utilizzate per le indagini medico-legali successivamente, e possono essere studiate per evidenziare dov’è presenta l’azione dolosa.

Quando non sussistono delle lesioni recenti, i loro esiti con maggiore difficoltà possono essere riconosciuti nell’ambito della sindrome del maltrattamento, ad eccezioni di alcune ustioni o cicatrici localizzate in più parti del corpo.

8 C. Cofani- M. Oldoni- M.D. Poli, “Il maltrattamento infantile: percezione del fenomeno, da

parte dei pediatri e dei medici scolastici”, di Milano e provincia, in <<Ricerche di psicologia>>, vol.17 n. l.1993

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Per quanto riguarda le intossicazione, nella maggior parte sono di natura occasionale, dovuta all’ingerenza di medicinali, alcolici o altre sostanze tossiche che sono state lasciate incustodite e quindi alla portata dei bambini, ma in questi casi si procede attraverso i provvedimenti medici prestabiliti e ci si limiterà ad indicare ai genitori delle norme di comportamento atte a prevenire il ripetersi di queste situazioni pericolose e dannose per il bambino.

Invece, in caso di intossicazione da stupefacenti, ovvero quando vi è la continua esposizione a questo tipo di intossicazione anche di tipo grave, è opportuno avvisare i Servizi Sociali del comune del residente.

Quando le intossicazioni da farmaci invece si ripetono frequentemente nel medesimo paziente, si deve sospettare, una possibile incuria.

Nelle affezione conseguenti a insufficiente igiene, quali la pediculosi o la scabbia, o quelle dovute alla carenza alimentare, nella maggioranza dei casi è sufficiente istruire adeguatamente la famiglia sulla necessità del bambino, se poi la famiglia non è in grado di provvedere ai bisogni elementari del pazienti è opportuno informare i servizi sociali o di psichiatria, che prenderanno poi contatto con la famiglia, oppure si faranno carico della soluzione del problema.

1.4 Il Maltrattamento Psicologico

Questo secondo tipo di maltrattamento viene definito dal Consiglio d’Europa come “la situazione in cui il minore è oggetto di reiterata violenza verbale o di

un’attiva pressione psicologica tale da danneggiarlo”. Secondo Lowenthal

(1998) il maltrattamento psicologico, o abuso emotivo, comprende tutti i comportamenti da parte di un adulto diretti a controllare il bambino attraverso l’umiliazione, la paura, le continue critiche e la vergogna. Il maltrattamento emotivo è frequentemente accompagnato anche dall’abuso fisico o sessuale e questa forma di maltrattamento è la meno evidente, in quanto non provoca danni fisici, ma le sue conseguenze non sono meno gravi. Si parla di maltrattamento psicologico nelle ipotesi di : punizioni, minacce, insulti, critiche costanti, umiliazioni anche davanti ad altre persone, persecuzione, segregazione,

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intimidazione, squalifica, indifferenza, disinteresse, mancanza di affetto, richieste sproporzionate all’età e alle caratteristiche del bambino, coinvolgimento eccessivo nei problemi e nei conflitti dell’adulto, minacce di morte. A queste azioni verbali e non verbali, si aggiungono l’isolamento, lo sfruttamento e la corruzione (inclusione di atti che incoraggiano comportamenti antisociali e non adattivi) ed in generale azioni o comportamenti volti a danneggiare percezione di sé (percezione positiva di se stesso come individuo e come soggetto in relazione agli altri), all’apprendimento attraverso emozioni negative che ostacolano anche l’identificazione delle proprie emozioni.

Si intende, perciò una relazione emotiva caratterizzata da ripetute e continue pressioni psicologiche, ricatti affettivi, indifferenza, rifiuto, ma anche nel caso di punizioni, minacce, insulti, critiche costanti, umiliazioni persecuzione, segregazione, intimidazione, squalifica, indifferenza, disinteresse, mancanza di affetto, richieste sproporzionate all’età e alle caratteristiche del bambino, coinvolgimento eccessivo nei problemi e nei conflitti dell’adulto, minacce di morte, denigrazione e svalutazioni che danneggiano o inibiscono lo sviluppo di competenze cognitive ed emotive fondamentali quali l'intelligenza, l'attenzione, la percezione, la memoria.

1.5 Trascuratezza

Con la definizione di “Patologia delle cure” si intente la somministrazione delle cure che i genitori o i tutori del bambino dovrebbero rivolgergli ma che sono inadeguate ai suoi bisogni fisici e psichici soprattutto in relazione all’età e allo sviluppo del bambino, di conseguenza, l’incapacità delle persone responsabili legalmente dei minori di rispondere ai bisogni di quest’ultimi, si rifletterà negativamente sulla personalità del bambino e sulla sua qualità di vita.

E’ generico parlare in termini di trascuratezza, perché in questo caso si designerebbe una forma di maltrattamento ma non verrebbero considerati elementi importanti, cioè quello legato all’età e dalle fasi evolutive del

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bambino. Per questo si punta l’attenzione sulla patologia ed in particolare la somministrazione delle cure, che comprende tre differenti categorie:

• Incuria: in caso di cure carenti nei confronti dei bambini. • Discuria: in caso di cure “distorte”.

• Ipercuria: in caso di cure “eccessive”.

1.5.1 Incuria

Incuria, quando le persone legalmente responsabili del bambino non provvedono adeguatamente ai suoi bisogni sia fisici che psichici in relazione all’età e al momento evolutivo (Kempe,1978). Rientrano perciò nel caso dell’incuria anche quei casi in cui i genitori pur occupandosi dei bisogni nutrizionali del figlio non rispettano i suoi bisogni a livello affettivo, emotivo e di socializzazione, per questo motivo possiamo parlare di abuso anche dei casi di abbandono o di disinteresse per i bisogni emotivi del bambino. Vi sono le forme più gravi dell’incuria che vengono riconosciuti con una maggiore facilità rispetto a quelle forme più lievi, poiché quest’ultimi vengono riscontrate solo quando il bambino manifesta dei disturbi.

Va considerato che ogni essere umano, sviluppa la sua personalità e il suo carattere secondo diverse modalità e attraverso una serie di fasi che attraversa, per questo motivo un genitore attento deve essere in grado di riconoscere e comprendere le caratteristiche del bisogno del bambino e rispondere in un modo consono alle sue richieste. L’ incuria o il maltrattamento subentra nel momento in cui il genitore, inconsapevolmente non riesce ad adeguarsi e a rispondere al bisogno del bambino in quel determinato momento, portando perciò ad un’alterazione della qualità della vita e delle modalità di relazione del bambino con il mondo esterno, con ripercussioni sullo stato fisico, mentale e comportamentale.

È fondamentale riconoscere i segni e gli indicatori di rischio precocemente per impedire il cronicizzarsi della situazione di abuso.

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I fattori di rischio possono essere suddivisi in: a) Notizie sullo stato di salute.

b) Segni fisici

c) Segni comportamentali

Per quanto riguarda le notizie sullo stato di salute, sono delle informazioni che permettono di diagnosticare un caso di incuria dal colloqui con i genitori che hanno delle difficoltà nel raccogliere e descrivere notizie anamnestiche.

Questo avviene perché taluni genitori non sanno fornire delle informazioni dettagliate oppure delle notizie frammentarie sulla nascita e sulle tappe evolutive importanti del bambino, come ad esempio le modalità di alimentazione oppure l’epoca dell’acquisizione del linguaggio, dello sviluppo motorio.

Inoltre l’operatore dovrà accertarsi anche se sono state rispettate le vaccinazioni e i controlli di routine che deve effettuare il bambino nei primi anni di vita.

Un problema che emerge spesso riguarda quello elle patologie croniche come quelle di tipo oncologiche, neurologiche, endocrinologiche, che rappresentano un problema per quei bambini trascurati, poiché non seguono le cure costanti e non effettuano i controlli necessari. Alcune volte a causa dell’incapacità del genitori di accettare la malattia del figlio, negando il reale stato di malattia, e questa disconoscimento da parte del genitore rappresenta una modalità per difendersi dall’angoscia della malattia.

Bisogna sottolineare che nel caso vi sia la presenza di una malattia cronica vi è sempre una fase di lutto, di sofferenza che colpisce non solo il bambino in quanto soggetto malato ma anche la famiglia che necessita di tempo per rielaborare l’evento traumatico e ricostruire una propria storia per un futuro diverso da quello immaginato o idealizzato.

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1.5.2 I Segni Fisici

Il bambino trascurato indossa spesso dei vestiti che sono inadeguati all’età, al sesso e alla stagione, oppure si possono rivelare una scarsa igiene, come nel caso in cui si riscontra la scabbia o la pediculosi. Dal punto di vista clinico si possono verificare casi in cui i bambini presentano un grado di denutrizione o nel caso opposto quello di obesità. Nel primo caso, con la denutrizione si intende un quadro clinico dove il bambino non ha raggiungo il peso e l’altezza dei bambini della sua età, e la comparsa di alcune forme di anemie o l’ipotrofia.

Sono bambini che alla nascita presentano peso e altezza nella norma, ma con il passare dei mesi si assiste ad un ritardo nell’accrescimento, mentre i bambini più grandi in questi casi non possiedono un sviluppo fisico in relazione all’età perché è come se avessero paura di crescere, dovuta alla mancanza di affetto e mancano di fiducia di base, rifiutando in un certo senso la crescita.

Anche lo sviluppo psico-motorio viene ritardato nei lattanti, sempre in posizione fetale, indifferente agli stimoli che provengono dall’ambiente circostante, a ritardi più o meno marcati dell’acquisizione della posizione seduta, della deambulazione e della manipolazione degli oggetti. L’elemento allarmante sta nella capacità di questi bambini di acquistare questa capacità non appena vengono allontanate dal contesto familiare, anche in circostanze particolari come può essere un ricovero in ospedale.

1.5.3 Caratteristiche comportamentali

I bambini non curati appaiono pigri, demotivati, sempre stanchi con uno scarso rendimento scolastico, con disturbi dell’attenzione. In realtà non hanno delle mancanze a livello psicologico ma sono dei bambini tristi, che non hanno delle energie da poter investire in queste attività e per questo motivo si comportano da pseudo-insufficienti. Inoltre a questa scarsa voglia di reagire agli stimoli, sono soggetti a infortuni domestici, perché sono incapaci di percepire il pericolo, a seguito del comportamento indifferente dei genitori non hanno una esperienza di

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contenimento, perciò molti degli infortuni domestici sono dovuti ad una incuria da parte del genitore o del tutore.

Nel 1984, è stato fatto uno studio, suddividendo le morti in tre gruppi, ovvero: a) Morte occorsa in circostanze configuranti negligenza e/o maltrattamenti, e si può ritenere che il 47% dei casi appartenga a questo primo gruppo.

b) Morte occorsa, in circostanze configurabili come possibili negligenze, e in questo secondo gruppo appartengono il 25% dei casi di decesso.

c) Morte accorsa, in assenza delle precedenti condizioni, ma la morte del bambino avviene per un incidente e quindi con il concorso di una responsabilità dell’adulto e in questo caso appartengono il 72% dei casi. (Menichella, 1984). E’ possibile quindi ritenere che nella maggior parte dei casi le cause di infortunio possono essere evitate se vi fosse una sorveglianza ed una maggiore attenzione alla pericolosità, anche solo potenziale di alcune situazioni che sussistono nell’ambiente domestico.

Può anche succedere che alcuni genitori decidono di non mandare i figli a scuola perché sono più utili a casa, magari a prendersi cura dei fratelli minori oppure per le faccende domestiche, oppure nel caso estremo possono essere inseriti nel mondo del lavoro precocemente, o nelle attività illecite quale furto o spaccio. A causa della mancanza di figure genitoriali di riferimento i bambini possono assumere modelli comportamentali distorti, assumendo dei comportamenti quali un avvicinamento precoce al tabagismo, all’uso di alcolici o di sostanza stupefacenti. Un altro ruolo può essere quello in cui vi è l’inversione dei ruoli, quindi vale a dire quando il bambino diventa precocemente adulto, assumendo un ruolo genitoriale, che non gli spetta, cercando di contenere le difficoltà e i limiti dei propri familiari.

Si tratta di genitori che non hanno l’energia di prendersi cura dei propri figli, come nel caso dei genitori con disturbi psichiatrici.

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1.5.4. Discuria

Rappresenta una distorsione della somministrazione delle cure che vengono fornite al bambino, in modo inadeguato al suo momento evolutivo.

Nelle forme di discuria, molto spesso i genitori sono ignari della violenza che stanno esercitando sui proprio figli pensano di agire per il loro bene e inconsapevolmente possono causare danni maggiori. Va preso in considerazione il rapporto che viene ad instaurarsi fra genitori e bambini fin dai primi giorni di vita del bambino, è una relazione reciproca che viene ad alimentarsi nella loro interazione e per questo motivo il genitore è capace di fornire le risposte più adatte alle richieste del proprio figlio e sentirsi gratificato dalla risposta del figlio che viene appagato dalla risposta del genitore. Dall’interazione di questa relazione si determinano anche le conseguenze dei rapporti del bambino con i genitori, con la scuola, con il mondo esterno, quindi gli adulti rappresentano un punto di riferimento, un esempio da seguire e da imitare per il bambino.

Per questo motivo nella maggior parte dei casi si instaura fra questi due soggetti una relazione positiva, mentre in altri casi, il bambino non riesce ad acquisire come suoi ideali i propri genitori, o perché vi è una mancanza di amore nei rapporti oppure per cause di altro genere, sviluppando una relazione che porta alla sfiducia e all’insicurezza.

In famiglia viene riconosciuto il bisogno del bambino, perciò è sempre nel contesto familiare che il bambino soffre se questi suoi bisogni, vengono manipolati diventando funzionali a soddisfare i bisogni degli adulti.

È possibile infatti che nell’educare il proprio figlio, si sottovalutano o non si esaminano correttamente quali sono i reali bisogni del bambino, ad esempio quando il figlio viene inteso come una proprietà su cui realizzare determinati scopi, la sua crescita viene interrotta. La discuria si differenzia dal maltrattamento fisico, perché chi fa una violenza al proprio bambino riconosce o comprende che sta infiggendo del dolore al bambino, mentre nel caso di discuria il genitore, credono di mettere in atto dei comportamenti protettivi e di cura nei confronti dei propri figli ma pertanto inconsapevolmente possono causare danni maggiori,

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perciò è fondamentale imparare ad ascoltare i propri figli, insegnandoli ad esprimere la propria sofferenza, per poter anche modulare gli atteggiamenti educativi.

I tipici atteggiamenti di discuria, che si realizzano quando i genitori tendono a fornire delle risposte inadeguate, attuate in base al proprio stato d’animo o le richieste di un figlio idealizzato, portando perciò a questi comportamenti:

• Anacronismo delle cure. L'atteggiamento dei genitori sarebbe corretto se il bambino fosse in uno stadio evolutivo diverso (ad esempio un bambino di sei anni al quale la madre somministra solo dieta lattea o cibi frullati); • Imposizione di ritmi di acquisizione precoci. Raramente i bisogni del

bambino nei primi anni di vita sono in perfetta armonia con le abitudini degli adulti (ad esempio il ritmo del sonno del bambino raramente coincide con le esigenze e i ritmi di vita dei genitori).

Alcuni genitori sono incapaci di vedere nel loro bambino un soggetto immaturo che necessita di un adeguato e tutelato sviluppo per diventare adulto. Sono spesso presenti dei conflitti tra le richieste del bambino e gli impegni dei genitori, che pretendono da lui una precoce autonomia nel controllo sfinterico, nella motricità e nei ritmi alimentari;

• Aspettative irrazionali, quando i genitori richiedono ai propri figli delle prestazioni superiori alla norma o alle possibilità del bambino e vogliono che il loro figlio sia il più bravo in qualsiasi attività intraprenda.

Questi bambini sono sempre pieni di impegni (scuola, sport, inglese, pianoforte), hanno una grande competitività e non riescono a raggiungere una buona socializzazione con i coetanei. La situazione diventa ancora più grave quando il bambino presenta delle difficoltà fisiche o psichiche che rendono più profondo il distacco tra il bambino idealizzato dal genitore e il bambino reale.

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1.5.5 L’ipercuria

L’ ipercuria è una definizione che racchiude in sé tutte quelle situazioni in cui il bambino riceve cure eccessive o sproporzionate alla sua età o rispetto ai suoi bisogni evolutivi. Essa comprende:

a) Sindrome di Münchausen per procura: fu introdotta per la prima volta da Richard Ascher nel 1951 per descrivere un comportamento che colpisce uomini e donne che simulano gravi malattie e sono dei bravissimi mentitori perché malati patologici, richiedendo perciò attenzione da parte di vari medici, perciò ottengono anche degli accertamenti e delle operazione ingiustificate. Queste persone, sono convinte di essere affetti malattie, però nascondono la loro patologie psichica spostando tutta l’attenzione sulla malattia fisica. Questa sindrome, viene chiamata nel DSM-III-R (1998), “disturbo fittizio cronico” con sintomi fisici, e secondo il manuale questo disturbo implica un’alterazione psicopatologica e un serio disturbo della personalità. Infatti nelle storie che vengono raccontate dai pazienti, il sintomo varia a seconda della fantasia della persona e dalle sue conoscenze mediche. E questo tipo di disturbo viene definito cronico perché l’intera vita dell’individuo viene spesa nell’essere ammesso nell’ospedale; poi se questo scopo viene raggiunto allora il paziente si sottopone a tutti gli accertamenti e se viene scoperto scappa, abbandonando l’ospedale e si rivolge altrove, anche cambiando città se è necessario. I soggetti affetti da questo disturbo inoltre, mettono in atto comportamenti autodistruttivi, ma non giungono quasi mai al suicidio, infatti se le cure mettono a repentaglio la loro vita, guariscono miracolosamente, questo disturbo diventa pericoloso nella vita dei bambini perché spesse volte i genitori attivano dei meccanismi di proiezione sui figli, perciò il bambino contiene il delirio del genitore, e lei può essere momentaneamente liberata dalla patologia, ma in questo modo le malattie non riguardano più loro stessi ma i figli, che vengono sottoposti ad una serie di controlli e di accertamenti clinici inutili e ingiustificati.

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La sindrome di Munchausen crea imbarazzo e difficoltà negli operatori perché i genitori appaiono realmente preoccupati per la salute del loro bambino ed è difficile credere e accettare che un genitore così premuroso nei confronti del figlio, sia stato in grado di soffocarlo o avvelenarlo anche indirettamente. Oltre agli operatori anche gli stessi medici realizzano una forma di rabbia nei confronti dei genitori perché si sentono ingannati e parzialmente responsabili degli accertamenti fatti sui piccoli pazienti. Questa sindrome è definita come un abuso perché il bambino può rischiare dei danni fisici o psicologici, spesso anche la sua stessa vita.

I genitori che hanno questo disturbo non hanno nella loro intenzione iniziale di causare dei danni ai suoi figli, con il loro comportamento vogliono creare una situazione di cura e di presa in carico del bambino ma da parte degli altri e se dovesse morire il proprio figlio restano profondamente turbati dall’accaduto, essendo la morte contraria agli interessi patologici del genitore. Solitamente è la madre ad essere considerata la figura abusante, è lei che ricorre a delle cure mediche, ed è lei che spesse volte altera i risultati clinici, e sono anche quelle donne che hanno una maggiore conoscenza nell’ambito medico. Le caratteristiche delle mamme affette da questo disturbo possono essere: ansia, depressione, massiccio uso di negazione con sentimenti di ambivalenza nei loro affetti e il loro desiderio è quello di apparire come sollecitate e attente nel curare il loro bambino, e hanno una personalità di tipo narcisistico, cercando di apparire come delle mamme devote e preoccupate per la salute dei loro figli e godono se ricevono dei complimenti e ammirazione da parte del personale medico alla quale si rivolgono. Sebbene sia la madre a raccontare ai medici i sintomi del figlio, si potrebbe anche accusare il marito, che non è in grado di impedire che questa forma di abuso avvenga, negando in un certo senso questo comportamento della moglie.

Spesso i padri, lasciano stare in un certo senso affidando questa situazione solo alle madri, non chiedendo nemmeno qual’è il reale problema, perciò a causa del loro comportamento impedisce alla moglie di ammettere di aver

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commesso l’abuso. In questo quadro familiare c’è anche il ruolo del bambino che deve simulare di volta in volta il disturbo e lo stato della sua malattia inesistente per aiutare i propri genitori a nascondere le loro difficoltà psicologiche ottenendo in cambio l’affetto di cui ha bisogno. I danni per il bambino sono sia di tipo fisico che psicologico e le conseguenze del danno fisico possono essere dovute a cure o accertamenti intrusivi mentre quelli di tipo psicologico, se questo abuso non viene tempestivamente riconosciuto messe in atto le dovute precauzioni, possono verificarsi le seguenti conseguenze:

- Difficoltà scolastiche: perché il bambino si assente spesso per i controlli medici oppure per i ricoveri in ospedale

- Assenza di interazione sociale: il bambino non frequentando la scuola e trascorrendo il suo tempo all’interno dell’ospedale non ha la possibilità di instaurare un rapporto con i suoi pari e inoltre le sue continue “malattie” gli impediscono di svolgere attività sportive o ricreative.

- Percezione corporea distorta: poiché tutti trattano il bambino come un malato, lo stesso non sarà in grado di riconoscere e di percepire nel modo corretto quali sono le sensazioni che provengono dal suo corpo e se questo abuso si cronicizza il bambino non è più in grado di distinguere se i suoi sintomi sono reali, immaginati o indotti da altri. Questa patologia è presente nel 23% dei casi individuali.

- Patologie psichiatrico: sembra che questi bambini abbiano un Sè fragile e poco differenziato, presentando ansia o depressione, con un disorientamento spazio-temporale e portando anche a delle allucinazioni. Il quadro psicologico maggiormente riscontrato è quello proposto da (Winnicott nel 1975), ovvero del Falso Sè in cui il bambino contiene la confusione ideativa e la frammentazione interna assumendo comportamenti, convinzione che sono appartenenti alla figura adulta con cui è in rapporto, ovvero con la madre.

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- Malattia come protezione e punizione: La malattia diventa per il bambino un mezzo per superare o meglio per negare la paura di essere abbandonato o rifiutato dai suoi genitori, credendo che solo attraverso la malattia fisica avrà i genitori vicino e che si prenderanno ancora cura di lui senza abbandonarlo. Altri bambini invece, vivono la malattia come una punizione, dovuta a qualcosa di cattivo o di brutto che hanno fatto e perciò accettano ancora più le richieste delle madri.

b) Chemical abuse: si indica l’anomala somministrazione di sostanze farmaceutiche o chimiche al bambino, e le sostanze somministrate possono essere suddivise in 4 gruppi:

- Sostante qualitativamente prive di proprietà tossicologiche, ma che possono risultare nocive se vengono somministrate in grande quantità o con eccessive modalità, come nel caso in cui si somministra al bambino una grande quantità di acqua con conseguenti convulsioni. - Sostanze con scarsa tossicità di comune impiego come il sale da cucina.

- Sostanze con azione farmacologica dotate di media tossicità, come lassativi, diuretici, glucosio o insulina.

- Farmaci dotati di spiccata tossicità ad azione sedativa, si tratta quasi sempre di sonniferi o di altri farmaci prescritti alla madre dal medico curante e la somministrazione è inadeguata per il bambino e la conseguenza può essere anche la morte del bambino.

Questa sindrome va sospettata quando ci si torva davanti a sintomi che sono inspiegabili e che insorgono ogni qualvolta che la madre è presente.

c) Medical shopping: è un’altra forma di sindrome di Münchausen ma meno grave in quanto i genitori, temendo per la salute del proprio figlio, lo portano ripetutamente dal pediatra per farsi rassicurare, a seguito di una malattia subita dal bambino nei primi anni di vita, si

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tratta di una esagerazione della malattia, perché sono spesso le madri ad essere eccessivamente preoccupate per le condizioni fisiche del figlio, si differenzia dalla sindrome di Munchausen, perché è possibile rassicurarla sullo stato di salute del proprio bambino.

È possibile perciò delineare diverse forme di maltrattamento oltre alla trascuratezza fisica, è possibile che ve ne siano altre tipo a livello educativa, emozionale o ambientale.

• La trascuratezza Fisica, è intesa come ogni forma di rifiuto o di ritardo nel fornire elle cure mediche appropriate al minore, tale da crearne un pregiudizio per la sua salute. Questo tipo di trascuratezza comprende anche la mancanza di abbigliamento adeguato alle temperature, al sesso, all’età, le varie disattenzioni che possono esserci in casa, e il non rispondere alle esigenze del bambino, come l’alimentazione, il pianto, le cure igieniche. I bambini che vengono fisicamente trascurati, possono riportare dei ritardi nello sviluppo psicologico, dei problemi alla vista, all’udito, ai denti, frequenti infortuni domestici, che possono anche concretizzarsi con l’ingestione di sostanze tossiche e anche nella stessa difficoltà dell’adulto di riconoscere il pericolo.

• La trascuratezza educativa, è definita dall’inadempienza cronica, come la mancata iscrizione scolastica nell’età dell’obbligo oppure di altri comportamenti che impediscono al bambino di frequentare la scuola e le varie attività attinenti alla scuola, portando ad uno scarso rendimento scolastico e differenziandosi nettamente dagli altri bambini della stessa età.

• La trascuratezza emozionale, comprende una disattenzione costante e grave per le necessità affettive del bambino, l’esporlo a violenze domestiche, il rifiuto di fornirgli cure psicologiche, il non prestare soccorso a comportamenti antisociali e devianti. I bambini che vivono una trascuratezza di questo genere presentano delle problematiche nella psicomotricità, nel linguaggio, iperattività, disturbi dell’attenzione,

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inibizione, demotivazione, stanchezza cronica, difficoltà di relazionarsi con i pari, tendenza alla depressione e una mancanza di fiducia di base nei rapporti con gli altri e fiducia in sé stesso.

• Infine, possiamo delineare anche un quarto tipo di trascuratezza che è quella di tipo ambientale, vale a dire quella di far vivere il minore all’interno di un contesto sociale e culturale segnato dalla criminalità, dalla mancanza di risorse culturali e sociali positivi, perché spesso i bambini che vivono in questi contesti vanno incontro ad una condotta antisociale, ricorrendo all’uso di alcool e droghe.

1.6 Violenza Assistita

Un’ altra forma di violenza è quella di tipo assistita, in quanto è un aspetto della violenza domestica che si realizza nel caso in cui il minore è obbligato, suo malgrado, ad assistere a ripetute scene di violenza sia fisica che verbale tra i genitori o, comunque, tra soggetti a lui legati affettivamente.

La violenza assistita, è una vera e propria forma di maltrattamento psicologico, che il più delle volte è sottovalutato o addirittura ignorato, che riverbera i suoi effetti sul minore a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale. Il minore potrà subire un’esperienza diretta della detta violenza, quando viene obbligato a vedere tali soprusi, o semplicemente quando non viene tutelato adeguatamente e ne rimane irresponsabilmente spettatore. La violenza assistita, può essere anche indiretta, ovvero, quando il minore ne è messo inconsciamente o, in alcuni casi, volontariamente al corrente facendogli, in tal modo, subire gli effetti negativi delle violenze quotidiane che si perpetrano in famiglia. I minori essendo incapaci di intervenire per arginare il disagio a cui sono costretti ad assistere e di cui sono vittime, seppur già confusi ed impauriti, vengono portati a sentirsi anche in colpa, dato anche il loro senso di impotenza, per la situazione di cui sono spettatori o che percepiscono. E’ facile intuire che se tale esposizione è continua, lo sviluppo del minore è seriamente compromesso e può minare la crescita dell’individuo fino a

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fargli assumere, anche nell’età adulta, la violenza e la prevaricazione come abito mentale e strumento relazionale.

Quando la violenza assistita è vissuta dai minori in un contesto familiare dove vi è un adulto violento di solito il padre, questi cercano di evitare qualsiasi contatto con il soggetto agente, rapportandosi con lui solo in casi estremi e con molta circospezione e paura. Si cerca in tal modo di evitare qualsiasi situazione che possa sfociare in una lite, appunto perché si percepisce la propria impotenza e fragilità. Può avvenire anche, che nel minore scatti il c.d. “meccanismo di identificazione” con il soggetto violento, in modo tale che si riesce a dare dignità al genitore violento, “dipingendolo” come buono. Con tale meccanismo il minore trasferisce le colpe dell’adulto violento su su se stesso, in modo tale da poter vivere il proprio padre o la propria madre come “bravi genitori”. Tutto ciò nell’estremo tentativo di difendersi dalla situazione drammatica che sta vivendo e a cui non riesce a dare né una spiegazione, né a trovare una soluzione, scindendo, in estrema sintesi, il mondo reale da quello da lui introiettato, al fine di “sopravvivere” al trauma subito.

Si può anche assistere alla messa in atto di “alleanze” tra i soggetti coinvolti, di solito per le madri, è la relazione di coppia che vivono che le porta a cercare amore e valorizzazione fuori dalla stessa, ovvero nei figli, che utilizzano quali strumento per trovare il coraggio di allontanarsi dal compagno violento.

Il padre violento, invece, potrebbe ricercare tale alleanza, al fine di “redimersi”, di “scusarsi”, ad esempio, usando violenza contro sua moglie e giustificando tali soprusi denigrando e diffamandone la figura: “tua madre non è una brava donna...pensa solo a lei…mi tradisce…non ti vuole bene….ci vuole abbandonare… si comporta male…etc. etc.”.

Spesse volte, tale circolo di violenze e l’assuefazione a tali “giustificazioni” portano la madre a trascurare i figli, perché vivono con un forte senso di colpa e con la paura, che non le permette di affrontare la situazione in modo diverso, pertanto attua dei meccanismi di raggiro nei confronti dei figli che arrivano fino alla completa chiusura nei loro riguardi. In tal modo, venendo a rafforzare la

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posizione del padre-violento ed abusante e, quindi si consolida una situazione di stallo e di dipendenza emotiva e psicologica molto pericolosa.

Altre volte, i minori, capovolgendo lo schema naturale del rapporto genitori-figli, tendono ad assumere un ruolo protettivo nei confronti della madre, con tutte le inevitabili conseguenze, non solo di ordine psicologico ed emotivo, ma spesso anche fisico, poiché si espongono direttamente agli episodi di violenza intrafamiliare, quindi che decidono di interporsi come scudo a difesa della madre. Vi sono, inoltre dei casi in cui i genitori, per schermarsi dalle loro “debolezze”, inducano i figli a sentirsi responsabili dei loro litigi, esponendoli a sensi di colpa progressivi, oppure nel caso contrario li riempiano di regali rappresentando l’ennesimo palliativo al forte disagio che vive tutta la famiglia, quindi dei metodi attutivi temporanei e insufficienti per sostituire le attenzioni e l’amore realmente dovuti e desiderati, con dei beni materiali. Mentre per i genitori rappresentano solamente un gesto meramente compensatorio attuato con la precisa finalità di nascondere l’evidenza della loro incapacità genitoriale e i loro problemi familiari. I vari meccanismi di cui il minore è soggetto attivo o passivo, non annullano la realtà e l’ esperienza di violenza che ha subito sia direttamente o indirettamente. E’ bene ribadire che né l’età né il grado di sviluppo del bambino impediscono la percezione della violenza e le sue conseguenziali ferite psicologiche che si ripercuotono nel corso degli anni, per questo possiamo affermare che siamo di fronte ad un vero e proprio abuso primario.

Purtuttavia, tali situazioni, non trovano corrispondenza in alcuna fattispecie specifica di reato, nella quale il minore rappresenta la persona offesa per i reati che si compiono in sua presenza verso altri componenti del nucleo familiare, pertanto, saranno i comportamenti nei quali si concretizza la violenza assistita ad essere ricondotti alle varie fattispecie di reato esistenti. Ad esempio, le condotte incriminate potranno essere ben ricomprese nel reato di maltrattamenti in famiglia ex art.572 c.p.9 che punisce chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo 571 c.p., maltratta una persona della famiglia, convivente, o una persona sottoposta alla sua

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autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte.

Tale delitto viene pacificamente qualificato come un reato abituale a condotta plurima, in quanto per la sua consumazione è richiesta una reiterazione nel tempo di condotte omogenee.

Conseguentemente, dal punto di vista sanzionatorio, ex art. 282 bis10 c.p.p., il giudice potrebbe disporre a carico dell’artefice di tali comportamenti, di lasciare immediatamente la casa familiare ovvero di non farvi rientro e di non accedervi senza previa l’autorizzazione; così come prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a determinati luoghi poiché abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti.

In ambito civile, invece, si può far riferimento agli articoli 342 bis11 e 342 ter12 c.c., i quali dispongono che, qualora la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale, ovvero limita o condiziona la libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può ordinare al coniuge o al convivente la cessazione della condotta pregiudizievole disponendone, l’allontanamento dalla casa familiare, e ove ritenuto necessario, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati da coloro che hanno subito tali vessazioni. In alcuni casi, il giudice può disporre, anche l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, così come l’intervento delle associazioni che sostengono e accolgono donne e minori o altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti.

In sintesi, bisogna evidenziare che sempre più spesso, nelle aule di Tribunale, tali forme di violenza, seppur non normate nella loro specificità, assumono rilevanza pregnante e vengono trattate al pari di veri e propri abusi sui minori. Giova a tal proposito evidenziare, come esempio di tale propensione, la sentenza della Corte

10 Alalex, ex Art. 282-bis. “Allontanamento dalla casa familiare”. 11 Altalex, Art.342-bis “Ordini di protezione contro gli abusi familiari”. 12 Altalex, Art. 342-ter.“Contenuto degli ordini di protezione”.

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di Cassazione del 29 gennaio 2015 n. 433213 che richiama l’orientamento per il quale integrano il delitto di cui all'art. 572 c.p.14 non solo fatti lesivi della personalità della persona offesa, ma anche di tutte quelle condotte omissive connotate da una deliberata e volontaria indifferenza e trascuratezza verso i primari e basilari bisogni affettivi ed esistenziali della prole da tutelare.

Da ciò ne discende che, nel delitto di maltrattamenti può ben essere compresa e considerata la posizione passiva dei figli minori che siano “sistematici spettatori obbligati” delle manifestazioni di violenza, anche psicologica, di un coniuge nei confronti dell'altro coniuge.

Le ripercussioni sui minori devono essere il frutto “di una deliberata e

consapevole insofferenza e trascuratezza verso gli elementari ed insopprimibili bisogni affettivi ed esistenziali dei figli stessi, nonché realizzati in violazione dell'art. 147 c.c., in punto di educazione e istruzione al rispetto delle regole minimali del vivere civile, cui non si sottrae la comunità familiare regolata dall'art. 30 della Carta costituzionale”(cfr. C.C. 29 gennaio 2015 n. 4332).

Le diverse forme di abuso e di maltrattamento all’infanzia hanno portato i vari professionisti del settore ad individuare degli indicatori specifici che possono aiutare l’operatore nell’individuazione di situazioni a rischio tali da richiedere un intervento mirato.

Sono da ritenersi indicatori importanti: enuresi, encopresi, disturbi dell’alimentazione, bassa autostima di sé, instabilità emozionale, ridotta sensibilità emozionale, mancanza di fiducia negli altri, uso di droga, prostituzione. Ci sono delle aree di sviluppo che risultano più compromesse di altre, quali il legame di attaccamento, l’adattamento e le competenze sociali, i problemi comportamentali e l’apprendimento scolastico.

Nonostante l’efficienza degli indicatori, non è possibile sottovalutare la possibilità di incombere nella incredulità, anche degli stessi operatori, perciò è necessario dare delle prove concrete degli avvenimenti, in modo tale che nel

13 Cassazione penale, sez. VI, sentenza 29/01/2015 n° 4332.

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momento in cui si decide di procedere verso la denuncia alla magistratura è importante dimostrare che vi i fatti siano reali e concreti.

Per quanto riguarda il maltrattamento fisico, esso viene distinto in base alla gravità delle lesioni:

• Lesioni di grado lieve, quando non hanno bisogno di intervento sanitario o ricovero;

• Lesione di grado moderato quando siamo in presenza di ustioni, e traumi tali da richiedere il ricovero.

• Lesioni di grado severo quando le conseguenze della lesioni portano il piccolo alla rianimazione o alla morte.

In questi casi i principali segni fisici riscontrabili sono: • Contusioni

• Echimosi: in genere sono sospette quelle che si riscontrano in bambini molto piccoli, non ancora in grado di deambulare, o quelle localizzate nell’addome o al torace;

• Cicatrici e Lesioni scheletriche: questi elementi sono sospetti quando si presentano in diversi punti del corpo e differenti stadi di cicatrizzazione, così come le lesioni scheletriche che in genere sono numerose e a diversi stadi di evoluzione.

• Morsi

• Lesioni addominali

Si deve anche tenere in considerazione, i traumi cronici, la maggioranza dei bambini che accidentalmente cade dal fasciatoio, per esempio, non riporta danni e quando questo accade, nel 2% dei casi, in genere sono ampiamente riconoscibili.

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E’ importante osservare il comportamento dei genitori: in caso di maltrattamento i genitori presentano reazioni incongruenti rispetto la situazione e difficilmente si avvalgono di cure mediche se non in presenza di complicazioni gravi.

Inoltre, le reazioni del genitore una volta che ha deciso di rivolgersi al pronto soccorso, sono in genere molto diversi mostrando un comportamento non collaborante e spesso dando delle informazioni incongrue fra di loro, quindi non dettagliate, oppure cambiando versione ogni volta che raccontano cos’è successo, perciò bisogna osservare i seguenti elementi:

• Come i genitori riferiscono l’accaduto;

• Quanto tempo è trascorso tra il momento dell’aggressione e la sua visita; • L’atteggiamento tenuto dai genitori durante la visita, se siano manipolatori

dell’accaduto o controllori rispetto alle emozioni del piccolo; • L’atteggiamento tenuto dal bambino durante la visita;

1.7 Abuso Sessuale

L’abuso sessuale “è quel comportamento che coinvolge i bambini non

autonomi e non ancora sviluppati e adolescenti, in attività sessuali che essi non comprendono ancora completamente, per le quali non sono ancora in grado di dare risposte adeguate, o che violano i tabù sociali relativi ai ruoli familiari”15.

Il Consiglio d’Europa ne dà una definizione che esalta la tragicità del fenomeno ma allo stesso tempo anche la sua veridicità:

“Gli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino, attentando alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico ed intellettivo”.

In particolare, gli atti si traducono in: “attività sessuali possono includere le forme

di contatti oro-genitali, genitali o anali messe in atto sul bambino o dal bambino o le attività sessuali senza contatto come l’esibizionismo, il voyeurismo o

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l’utilizzazione del bambino nella produzione di materiale pornografico. L’abuso sessuale include una vasta gamma di attività che varia dallo stupro a forme fisicamente meno intrusive di abuso sessuale”16.

Questa definizione data dal consiglio d’Europa, solleva lo spinoso problema dell’accertamento e della valutazione del grado di maturità tale da consentire al minore di esprimere un libero consenso. Vi è stata perciò anche l’esigenza di fissare un’età minima al di sotto della quale vi sia una assoluta incapacità di esercitare tale consenso, incontrando interessi contrastanti: perché se da un lato, le caratteristiche vulnerabili del bambino richiedono una specifica tutela, dall’altro lato non possiamo ignorare la spiccata accelerazione nello sviluppo fisico, e la precocità della pubertà osservata negli ultimi decenni nel contesto occidentale. Inoltre, è bene fare una distinzione chiara dai “giochi sessuali” valutando se sussiste un disequilibrio nel livello evolutivo dei partecipanti e nel riscontro di un comportamento di natura coercitiva.

Le conseguenze di questi atti sui bambini possono essere talmente intrusive da poter determinare un disturbo patologico, che è stato dimostrato svilupparsi maggiormente nelle femmine che nei maschi. E’ importante, onde evitare che si sviluppano queste patologie, intervenire, riconoscendo quello che il bambino ha vissuto e che in alcuni casi continua a subire,in modo tale da fornire una risorsa da cui egli può attingere. Spesse volte sia i bambini e sia gli adolescenti per porre fine a queste violenze fisiche, tendono a esprimersi attraverso dei segnali per chiedere aiuto mediante la comunicazione oppure attraverso un linguaggio meta-comunicativo, vi sono perciò una serie di classificazioni degli indicatori di abuso sessuale che rappresentano uno strumento operativo a supporto degli operatori, facendo una differenza fra indicatori fisici primari e secondari.

Indicatori nel bambino- Indicatori fisici primari:

16 AA.VV. “Abuso e maltrattamento all'infanzia. Modelli di intervento e terapia

cognitivo-comportamentale: Modelli di intervento e terapia cognitivo-comportamentale”, FrancoAngeli,

Riferimenti

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