• Non ci sono risultati.

II LA SOCIETÀ FORMATIVA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "II LA SOCIETÀ FORMATIVA"

Copied!
527
0
0

Testo completo

(1)

II

LA SOCIETÀ FORMATIVA Collana di studi e problemi di Pedagogia Sociale

diretta da

IVANAPADOAN(Direttore)

UMBERTOMARGIOTTA

(2)
(3)

Ivana Padoan

FORME DEL DISAGIO ADULTO

Con i contributi di

Isabella Adinolfi – Eugenio Bastianon – Francesca Bertoli Gianfranco Bonesso – Massimiliano Costa – Mario D’Angelo

Giuseppe Dimattia – Roberto Fini – Elhos Elame Francesca Lazzari – Rita Lemmo – Umberto Margiotta

Maria Martello – Lara Modanese – Ivana Padoan Emanuele Perilli – Luciano Puricelli Ines Testoni, Enrica Bertucci, Lucia Ronconi

(4)

© 2005 by Pensa Multimedia Editore s.r.l. ISBN 978-88-8232-560-2

Ivana Padoan

FORME DEL DISAGIO ADULTO II edizione 2008

edizione rivista e aggiornata

printed by

Pensa Multimedia Editore s.r.l. 73100 Lecce - Via A. M. Caprioli, 8 tel. 0832.230435 - fax 0832.230896

info@pensamultimedia.it www.pensamultimedia.it anno 2002/2005.

(5)

“Esiste un solo vero lusso, ed è quello dei rapporti umani” Antoine de Saint-Exupéry, Terra degli uomini

(6)
(7)

SOMMARIO

9 PREFAZIONE 13 INTRODUZIONE

FENOMENOLOGIE DELLA NUOVA MODERNITÀ di Ivana Padoan

49 LA CONDIZIONE ADULTA

AUTORI E ABSTRACT di Ivana Padoan

55 FIGURE E FORME DELL’ADULTO di Ivana Padoan

117 IL DISAGIO DELLA MENTE di Umberto Margiotta

149 IL DISAGIO COME ELEMENTO DISCORSIVO DELL’IO di Luciano Puricelli

161 MULTIIDENTITÀ E FORMATIVITÀ di Massimiliano Costa

179 IL COUNSELLING FILOSOFICO-ESISTENZIALE: UNA RISPOSTA AL DISAGIO DELL’ADULTO di Mario D’angelo

193 FORME DEL DISAGIO

AUTORI E ABSTRACT di Ivana Padoan

201 DISAGIO COMUNICATIVO E QUOTIDIANO DELL’UOMO di Massimiliano Zane

217 IL SOCCOMBENTE. NOTE A MARGINE DI UN ROMANZO DI THOMAS BERNHARD SUL DISAGIO DI VIVERE

di Isabella Adinolfi

233 L’INSIDIOSO DISAGIO DEL NORMALE VIVERE di Maria Martello

(8)

di Alberto Zatti

275 UN APPROCCIO ESISTENZIALE

AL DISAGIO NEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE di Giuseppe Dimattia

299 FIGURE DEL DISAGIO

AUTORI E ABSTRACT di Ivana Padoan

307 L’ADULTO TRA GENITORIALITÀ E GENERATIVITÀ di Emanuele Perilli

321 LUTTO E CRISI DELLA GENITORIALITÀ di Ines Testoni, Enrica Bertucci, Lucia Ronconi

337 UNA DOMANDA: ESSERE DONNA: UN DISAGIO DI GENERE? di Rita Lemmo

355 UNA RISPOSTA: DIFFERENZE DI GENERE E RECIPROCITÀ di Francesca Lazzari

363 DISAGIO E SPAESAMENTO: LA CONDIZIONE MIGRANTE di Gianfranco Bonesso

377 MIGRAZIONI IN ITALIA: UN DISAGIO O UNA RISORSA? di Elhos Elame

397 CONDIZIONI DI DISAGIO

AUTORI E ABSTRACT di Ivana Padoan

405 DISAGIO IN AZIENDA - LO STRESS OCCUPAZIONALE di Lara Modanese

431 ASPETTI DEL DISAGIO NEI CONTESTI LAVORATIVI: MOBBING E BURN-OUT

di Roberto Fini

465 BURN-OUT NEGLI AMBIENTI DI CURA di Francesca Bertoli

491 IL CASO INSEGNANTI NON SOLO BURN-OUT di Eugenio Bastianon

505 CONCLUSIONI:

LA FORMAZIONE COME RI-GENERAZIONE di Ivana Padoan

(9)

Lo spaesamento è la metafora generazionale di una società figlia di una modernità che si è trovata in pochi decenni scaraventata nell’ipermodernità quasi senza ac-corgersene, travolta dalla propria trasformazione, senza opporre resistenza, anzi diventando incoscientemente il vero moto propulsore della nuova realtà.

Le macro analisi sulla società che le diverse concezioni della postmodernità pre-sentano (società del rischio, modernità liquida, società dei non luoghi, dissoluzione so-ciale), tentano di usare le stesse chiavi concettuali per far combinare il macro cambiamento con le diverse forme di disagio delle microstrutture personali e so-ciali.

Anche se i costrutti teorici sono spesso funzionali a forme di potere utilizza-te dai decision makers della politica, dell’economia, nonché della cultura e della scienza, queste aporie teoriche mostrano di fatto, da un lato la difficoltà di rife-rimenti culturali e di strumenti concettuali per spiegare e comprendere situa-zioni vecchie e nuove, senza cadere nelle trappole epistemologiche dei modelli che si vogliono criticare; dall’altro, sottolineano i reali processi di declino, incer-tezza ed instabilità di scelte individuali, di rappresentazioni soggettive e sociali nella società attuale.

La forma estesa che ha assunto il disagio adulto è il dato di fatto più critico del nostro modello esistenziale.

In questo volume si è voluto sottolineare alcuni tra i segni più emergenti del disagio generazionale: i cambi di paradigma dell’adultità stessa; la fragilità co-gnitiva ed emozionale; le problematiche dell’identità e delle appartenenze; il vi-vere quotidiano; la sessualità; la problematica femminile; le malattie esistenzia-li; il dolore della genitorialità; la perdita, il suicidio; le problematiche del lavo-ro e della plavo-rofessionalità.

Il disagio qui rappresentato è il micro-disagio delle forme di vita, in cui con-vive lo scollamento di ritmo, quantità e qualità dei saperi, dei valori e dei

mo-Prefazione

FORME DEL DISAGIO ADULTO di Ivana Padoan

(10)

delli tramandati e nuove situazioni di criticità. Risultato: perdita di equilibrio, di armonia e serenità, di qualità del vivere, del sapere, dell’agire, forme di pato-logia incluse.

Nel corso dei secoli l’adulto è stato, per eccellenza, il modello di riferimento delle future generazioni, ed è stato il riferimento culturale, sociale e operativo della scienza e della pratica formativa. La condizione di criticità (immaturità?) dell’adulto mette soprattutto in crisi i costrutti teorici e i contesti di vita perso-nale, sociale e istituzionale dei soggetti, ma anche quelli dei modelli e dei pro-cessi formativi.

Come fare? Di fronte a una trasformazione così radicale e diffusa, come co-niugare disagio personale, cambiamento sociale e formazione?

Il disagio adulto è il disagio di chi si trova impreparato davanti alla com-plessità delle forme che la realtà propone. In una società fluida, l’impossibilità di gestire senza perdite la pluralità dei contesti interni ed esterni richiede un cambiamento dell’epistemologia personale: richiede la capacità individuale di tenuta del sé attraverso le transizioni che i diversi contesti richiedono. Questa con-dizione richiede più che mai la messa a punto di un processo formativo che sap-pia comprendere e sostenere il viaggio dell’adulto, dell’autos, nella relazione del-l’agire. La società fluida che ha incorporato l’adulto nel suo flusso, lo costringe alla vicinanza con l’alterità. Bateson sottolinea che il soggetto nel pensarsi, può solo pensarsi in termini di sé, più il contesto, e ancora qualcosa d’altro. La questione adulta pone quindi un problema più radicale: la domanda di un intervento for-mativo che, come sottolinea Margiotta, sappia rigenerare la capacità esistenziale dell’adulto nel ricostruirsi in nuove forme al mondo, in presenze capaci di com-prendere i contesti e non semplicemente di subirli. Un’autoformazione che rico-nosca e apprenda a gestire le diverse forme di condizionamento esperienziale in-terne ed esin-terne, e a riappropriarsi di sempre nuove forme di relazione con l’e-sistenza.

La domanda formativa richiede allora un cambiamento di prospettiva del proprio agire. La formazione dovrà imparare a governare il disagio, assumendo i vincoli di incertezza e di confusione che i soggetti adulti vivono. La società culturale ed economica, con la direzione della long life/wide learning, ha dato alla formazione il compito di governare il futuro dello sviluppo umano. Si trat-ta di andare oltre la pratica di insegnamento con azioni di orientrat-tamento, di ri-flessività, di counselling, di sostegno all’apprendimento. In una società plurale e differenziata in cui il sapere è diffuso e comunicativo, in cui la multi appar-tenenza è diventata la forma dell’esistenza, apprendere significa sempre di più autoformarsi.

(11)

La formazione, nell’assumere la logica autoformativa dell’adulto, ha il com-pito di agire sulla riflessività e sul cambiamento delle prospettive di senso, le so-le capaci di ridare senso all’unità che ogni soggetto persegue nella domanda di sé.

Il presente volume è costituito da quattro sezioni.

La prima sezione, la condizione adulta, presenta un quadro dell’esistenza adulta e delle sue problematiche. Ivana Padoan, Umberto Margiotta, Massimiliano Co-sta, Luciano Puricelli, Mario D’Angelo pongono il problema dell’identità e del-l’adulto come emergenza storica nella società postmoderna e della necessità di un intervento formativo esistenziale. Le ricerche e gli studi sulla fomazione adulta sono diventati da pochi decenni oggetto di riflessione storica, pratica e teorica. Culture storiche e nuove ricerche come le neuroscienze, pongono nuove pro-spettive alla mente; nuove pratiche come il counselling esistenziale sostengono l’adulto nelle difficoltà sempre più consistenti della società ipermoderna. Soste-nere il nuovo posto dell’adulto nel mondo richiede multiidentità e multi appar-tenenza. Ma non dobbiamo forse considerare il disagio anche come un compa-gno discreto del nostro cammino?

La seconda sezione analizza alcune forme del disagio adulto. Massimiliano Zane, Isabella Adinolfi, Maria Martello, Alberto Zatti, Giuseppe Dimattia si confron-tano con il disagio nella sua quotidianità e ne analizzano il sottile e potente mec-canismo distruttivo. A forme di disagio esistenziale, si accompagnano le forme legate al disagio comunicativo dell’informazione, al malessere della vita quoti-diana, al disagio del corpo e della sua esistenza, alle comprensioni di nuovi mo-delli di relazione sessuale maschile e femminile, forme di comportamento di nuovi rapporti sociali e interpersonali. Disagi che minacciano vecchie e nuove forme di identità e nuove forme di realizzazione.

La terza sezione presenta alcune nuove figure del disagio. Emanuele Perilli, Ines Testoni con Enrica Bertucci e Lucia Ronconi, Rita Lemmo con Francesca Lazza-ri, Gianfranco Bonesso, Elhos Elame, intervengono sulle emergenze più attuali del disagio attuale. Famiglia, donna, lutti e immigrazione, raccolgono le più po-tenti forme di destabilizzazione nella società postmoderna. La crisi familiare e la perdita, il protagonismo, spesso messo in disparte della donna, lo spaesamento dell’immigrato e la sua condizione di rifiutato pongono non solo queste figure ma la società stessa in condizione di disagio. Il disagio infatti non appartiene so-Ivana Padoan

(12)

lo a chi lo vive, ma è il risultato dell’impossibilità voluta e della difficoltà di re-lazione sociale.

La quarta sezione presenta alcune condizioni di disagio professionale. Lara Mo-danese, Roberto Fini, Francesca Bertoli, Eugenio Bastianon analizzano alcune tra le emergenze professionali della società attuale. Mobbing, stress, burn-out, emergenze distruttive e nello stesso tempo improduttive caratterizzano il lavoro e la professione nella società della conoscenza e della tecnica. Due sono i para-dossi che questi disagi fanno emergere. A fronte di una cultura organizzativa sempre più sofisticata troviamo una cultura umana e relazionale sempre più scar-sa e egoista. Il secondo paradosso, che queste forme presentano, pone la questio-ne di come la società della conoscenza non sia in grado di ridurre i disagi che im-pediscono lo sviluppo e la crescita che la società stessa della conoscenza si era proposta di risolvere attraverso la formazione professionale.

Di fronte al disagio, il sostegno e la cura non sono più sufficienti. Diventa ne-cessario un ripensamento dell’identità formativa e strategica,in modo primario collegata a ripensare al costruirsi di un rapporto virtuoso tra mondo umano, mondo economico e mondo sociale.

(13)

1 Comte A., (1878-1957) Corso di filosofia positiva, UTET, Torino 1979. Per Comte la scienza è la forma che rifonda l’umanità, lo strumento preciso per risolvere il disordine, l’impreve-dibile della comunità umana. L’evoluzione della società può esserci solo a due condizioni: con l’ordine, l’armonia e il progresso.

L’uomo della modernità ha conquistato nel corso dei secoli il diritto alla sogget-tività. La credenza dei premoderni in Dio e nella natura, la credenza nella co-munità, vengono sostituite dal valore delle possibilità dell’uomo, della sua ca-pacità, dei suoi diritti. Legittimato dalla ragione, l’uomo ha potuto concepire ri-sultati vantaggiosi su diversi fronti.

Innanzitutto: una rinnovata concezione dell’homo faber lo situa artefice della sua sorte. Secondo: i risultati dei suoi investimenti nell’economia di mercato, nelle rivoluzioni politiche, giuridiche e sociali, nelle opere e nelle creazioni, nel-l’educazione di massa, contribuiscono a definire un nuovo ordine sociale che tro-va, nella razionalizzazione del sistema, la riduzione della complessità, della dif-ferenza e dell’ambivalenza delle condizioni. La difficoltà di controllo degli even-ti non impedisce all’uomo moderno di ricorrere a diverse forme di contenimen-to: filiazione delle istituzioni e delle organizzazioni; strutture di ruolo e di com-pito; modelli di pensiero e di azione con lo scopo di imbrigliare gli effetti dei processi evolutivi e di cambiamento innescati dall’azione dell’uomo stesso.

È nel pensiero positivista, che la modernità trova l’appoggio per sostenere le incertezze che cominciano ad evidenziarsi in questa interpretazione progressista evolutivo-individuale dell’uomo. La concezione di una realtà fuori dal soggetto pone il problema della sua conoscenza e del potere di regolamento. Nello stesso tempo anche l’io, il soggetto, può esser analizzato e conosciuto dunque regola-mentato. Il sapere per prevedere e il prevedere per il potere di A. Comte1dà all’uomo

la sicurezza di prevedere il suo futuro e di perseguire la sua via al potere,

pen-Introduzione

FENOMENOLOGIE DELLA NUOVA MODERNITÀ di Ivana Padoan

(14)

sando così di poter controllare il suo futuro. L’idea di poter esercitare un potere sul mondo e sulle cose, ivi compresi gli altri umani, si presenta al singolo indi-viduo attraverso il suo inserimento socio-istituzionale, e si identifica nelle posi-zioni di ruolo e di responsabilità.

Potere e sapere diventano dunque, fin dall’800, l’ordine funzionale delle co-se e il controllo della governabilità delle relazioni. L’ordine, il benesco-sere e la co- sem-plificazione, diventano allora l’ideologia vincente, portatrice di un’acritica fidu-cia nell’uomo, nella sua evoluzione al di là del rischio e dell’incertezza. Il rischio e la paura del futuro precedentemente confinate nell’Altro, metafisico o fisico, diventano sì la conseguenza dell’agire umano, ma sono allo stesso tempo stimo-lo e limite al progresso. Le incertezze, le difficoltà e il disagio diventano alstimo-lora forme di uno sviluppo prevedibile e dunque “collocate entro gli schemi della funzionalità”.

Con il principio di relatività2 l’evoluzione della conoscenza sposta il suo

punto di vista. Il rapporto tra sapere, potere e soggettività diventano relativi. L’uomo, l’individuo non perde del tutto il suo potere di sguardo e di creazione del mondo, nonché di dominazione, ma ne riduce la portata al punto di vista. L’individuo stesso diventa oggetto del suo stesso guardare e cambiare. La “natu-ra doppia” del soggetto (conscio ed inconscio), t“natu-ra mondo interno e mondo ester-no, tra ragione ed angoscia, tra onnipotenza e perdita, portata dalla psicanalisi, diventa il punto di riferimento di una nuova condizione della soggettività.

Freud3, pur nel sottolineare la fondatezza della categoria dell’Io, quale

spon-da di possibilità della costituzione umana, porta a radicale concentrazione le pre-cedenti sottolineature di filosofi, letterati, scienziati ed economisti da Rousseau a Smith4, e di un intero movimento, quale quello del romanticismo, che

indivi-2 La fisica classica basava il proprio sistema sulla fissità dei concetti di spazio e di tempo. So-no state le leggi sull’elettromagnetismo di Maxwell (1831-1879) a mettere in discussione non solo i principi della fisica ma l’intero campo scientifico e culturale. Einstein (1879-1955) introduce la nozione del tempo come grandezza misurabile in relazione a un sistema preso come riferimento. Con Einstein la teoria della relatività è destinata a rivoluzionare tutto il campo della conoscenza, mettendo in crisi tutte le concezioni definite assolute.

3 Freud S. (1856-1939).

4 Rousseau J., (1712-1778), per Rousseau la società corrompe l’uomo perchè non risponde al-le necessità umane, arrivando fino a sottolineare che il progresso della conoscenza schiaccia le libertà individuali. A. Smith (1723-1790) economista classico, nella sua opera ha delinea-to il quadro delle forze che determinano le politiche economiche più appropriate. Formadelinea-to, alla teoria sulla dominanza delle passioni sulla ragione, non vi aderisce completamente,

(15)

tut-duavano nel predominio della ragione il rischio della sua stessa perdita. Non ri-conoscere e non assumere la parte debole o ridurne l’impatto, nel fervore della conquista del mondo, non può che sviluppare sofferenza, crisi, perdita.

Il ’900 rappresenta la complessità quasi esasperata del processo della sog-gettività, processo portatore di una pluralità di significati, valori, direzioni e azioni contraddittorie, che vanno dalla concezione di uomo nuovo, fino alla pre-senza di un individualismo sofferente. La coscienza di una crisi quasi irreversi-bile del potere dell’uomo razionale sul mondo e sulle cose, la perdita dei valori, ben rappresentata da Nietzsche5, pongono la coscienza dell’uomo di fronte ad

una perdita dell’identità socio-culturale ed esistenziale. La perdita di un rappor-to stabile tra l’io e le cose pone l’identità in cerca di sé, della sua coscienza, del-la sua parte interna. La crisi del rapporto con il sociale delle istituzioni porta al-l’emergere di una letteratura, di un’arte e di una filosofia concentrati sul dram-ma del soggetto e della sua intimità. Il tempo riconosce la sua imdram-materialità e prende il sopravvento sullo spazio attraverso la memoria, l’incontro, l’intuizio-ne. La parte interna prende voce riconoscendo identità, valore, linguaggio, ca-ratteristiche di conoscenza del mondo.

La coscienza, colpita dagli avvenimenti e dagli stravolgimenti sociali, econo-mici e politici, se da un lato si rifugia in un individualismo esacerbato, dall’altro ritrova nell’emergere dell’individualismo plurale, della differenza, delle comunità e delle organizzazioni, altre forme di soggettività. La rinnovata fede nel progres-so, l’idea di uomo nuovo, si accompagnano a perdite di identità ideologiche, al-l’affacciarsi di nuove identità tecnologiche, di nuove forme e figure culturali e so-ciali ma anche soggettivo-personali. Le concezioni di persona, di soggetto e di soggettività6 condizionano un nuovo modo di vedere il rapporto tra individuo,

Ivana Padoan

tavia sottolinea la complessità delle motivazioni all’origine dei comportamenti, contro la teo-ria economica delle rigide leggi naturali.

5 Nietzsche W. (1844-1900), critica i valori del progresso e della scienza in quanto mancanza di fondamento e mera finzione. Vi è in Nietzsche la paura dei valori collettivi che discipli-nano e schematizzano la vita. L’angoscia dell’uomo e di questa sua caduta, si supera nel rico-noscimento del suo valore e della sua volontà attiva (di potenza). È l’uomo stesso che da si-gnificato alla sua vita.

6 Il ’900 è segnato ulteriormente dalla filosofia personalistica (Bergson e Ricoeur), dall’esi-stenzialismo (Husserl, Sartre, Merleau-Ponty) dalla psicologia umanistica e sociale (Lewin, Maslow, Rogers) dal pragmatismo (Dewey) e dall’antropologia etnografica (da Malinowski, a Goffman e Bourdieu) che contribuiscono alla costruzione di una filosofia e di una prassi umana, senza cadere nella metafisica e nel positivismo razionale.

(16)

mondo e razionalità, declinando altre forme e figure, altre presenze culturali e so-ciali, “con un’incertezza divenuta intrinseca perché l’evoluzione e il benessere in-dotti dalla modernità profilano pure una maggiore complessità: il cambiamento cui l’individuo è chiamato non è sfidare l’ignoto, quanto la possibilità di fallire nelle scelte delle soluzioni che rendono meno incerto l’ignoto”7.

Il rischio della nuova modernità appare più minaccioso perchè “compromette le naturali capacità di adattamento a condizioni sociali e culturali sempre nuo-ve, delegittimando le istituzioni, le norme e i valori che hanno forgiato quelle capacità”8. Compromette in realtà la credenza sulle possibilità infinite

dell’uo-mo, sulla sua capacità di gestire il suo futuro. La perdita di previsione dunque innesca la perdita di potere. Il sapere non assume più quel valore universale e produttivo, che persino negli ultimi anni del secolo appena concluso la società della conoscenza continua a promuovere come dimensione efficace per l’evolu-zione e il cambiamento. Il rapporto dell’uomo con il mondo trova così la sua ade-sione in una configurazione della ragione9 a valore limitato, relativo, ragione

im-manente ad una logica delle cose come scelta possibile della condizione umana. Ciò che ha portato alla validazione della logica immanente è stata la grande por-tata della rivoluzione comunicativa, la quale, superando lo spazio del linguaggio umano, ha potuto ricreare una nuova condizione del mondo secondo un mondo logico-virtuale, entrato a pieno diritto nell’esistenza umana10.

La presenza della comunicazione come rappresentazione del mondo, relega l’esistenza e il suo valore di relazione e di legame tra gli uomini, non solo ai

sim-7 Nocenzi M., Dalla comunicazione del rischio al rischio della comunicazione: l’avvento dei media

di-gitali, in “Sociologia”, 3, 1999.

8 Nocenzi M., Dalla comunicazione del rischio... cit.

9 Gadamer da una spiegazione sull’uso del concetto di logica, sottolineando come “Logica” sia un termine greco. Quando Hegel parla di “logica” e della sua “logica trascendentale”, inten-de riferirsi al senso ampio inten-della parola “logos”, che domina la filosofia greca, da Eraclito fi-no a Platone, ad Aristotele, e oltre. È assai difficile trovare una traduzione adeguata di “lo-gos”. Gadamer ricorda che quando era studente, il senso del “logos” veniva reso da espres-sioni come “ragione” o “concetto”. Ma al momento del suo primo incontro con Heidegger, il filosofo sottolineava il significato letterale, e cioè: “linguaggio” Gadamer, Hans-Georg, La

responsabilità del pensare. Saggi ermeneutici. Vita e Pensiero, Milano 2002,

www.emsf.rai.it/ga-damer /interviste/20_logica/logica.htm

10 Alcuni autori concepiscono la rivoluzione comunicativa un cambiamento epistemico globa-le in senso ontologico, antropologico e categoriagloba-le. G. Youngblood, Il mito utopistico della

(17)

boli, ma anche ai processi che la rappresentano. La nascita di una nuova epistemo-logia logico-comunicativa e tecnologica inizia a spogliare lentamente l’uomo, il sog-getto, del proprio contesto agito in uno spazio e tempo esistenziale di ordine evolutivo-biologico e del suo ruolo di autore, di creatore di contesti, di mondi possi-bili. La perdita del “luogo antropologico, luogo identitario, relazionale e storico” a favore di un “non-luogo”11, aperto e di passaggio cambia i paradigmi del

rap-porto tra uomo e contesto, uomo e storia, uomo e potere; cambia la logica della relazione situando ambedue i termini di questo rapporto in uno spazio che si presenta come la terra di nessuno12.

L’affermarsi della comunicazione digitale – accompagnata dall’esplosione di nuove forme di economia, dalla nascita di nuove professionalità e di nuove for-me di lavoro – condiziona e costituisce lo scenario in cui macrosistemi e macro eventi interagiscono con micro ritmi, creando nuove tensioni e nuovi desideri.

Il veloce avanzamento tecnologico sembra infatti primeggiare su ogni avan-zamento culturale e umano, tanto da diventare un mezzo democratico alla portata di tutti, nemici e amici, riducendo nelle pratiche e nelle ideologie il valore di-struttivo del rapporto uomo-macchina della cultura metafisica come di quella umanistica. La mixité (commistione) uomo e tecnologia sembra governare il vivere quotidiano fin nelle relazioni più intime, così come il vivere sociale, politico, lu-dico.

Una complessità sociale in avanzamento è lo stato in luogo della nuova pro-spettiva. Il cambiamento sembra radicale. L’emergenza di nuovi fenomeni e di nuove soggettività, ampliano il campo di attenzione. Il femminismo emerge an-che con criticità sulla dominanza del potere maschile, an-che nemmeno la modernità con la sua necessità di parlare a uomini e a donne era riuscita a moderare. Il pro-blema ecologico, con l’avanzare dell’industrializzazione selvaggia e del dominio-sfruttamento, diventa un fenomeno globale e oggetto di una nuova filosofia del-lo sviluppo sostenibile. La nuova migrazione non più legata esclusivamente a fe-Ivana Padoan

11 Augè M., I non luoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 1993.

12 Arendt H., La vita della mente, Il Mulino, Bologna 1987, p. 168. “Nell’atto di pensare io non sono dove sono in realtà: non mi circondano oggetti sensibili, ma immagini invisibili a chiunque altro. E come se mi fossi ritirato in una sorta di terra di nessuno, la terra dell’invi-sibile, di cui non saprei nulla se non mi fosse data” questa facoltà di ricordare e di immagi-nare. Il pensare annulla le distanze, quelle temporali non meno delle spaziali. Posso antici-pare il futuro e pensano come se fosse già presente, posso ricordare il passato come se non fos-se scomparso”.

(18)

nomeni di povertà e analfabetismo, contribuisce a cambiare i paesaggi urbani, sociali e culturali. La dimensione interculturale della globalizzazione e della plu-ralità migrante richiede sempre una maggior attenzione ai vincoli e alle possibilità offerte dalla nuova mobilità sociale.

L’adulto diventa di nuovo il soggetto dell’attenzione sociale e formativa. Do-po un secolo di attenzione al piccolo dell’uomo, al bambino e alla conquista di una sua specificità psicologica, pedagogica e sociale, tocca all’uomo adulto, og-gi, essere riconosciuto non più in termini di umanità, ma di principale sogget-to evolutivo.

L’uomo non più a gradi, non più a stadi e livelli di maturazione, ma con una nuova identità sottoposta all’attenzione delle diverse scienze della vita e dell’e-sistenza. Accanto all’uomo nella sua adultità, l’evolversi di una nuova individua-lizzazione dei costumi fa emergere una nuova antropologia umana13e un nuovo

territorio di indagine.

La società ipermoderna:verso una mutazione antropologica?

La definizione di ipermodernità segue di poco le definizioni di postmodernità, con-vive e anticipa la seconda e terza modernità, la modernità avanzata, la modernità li-quida, definizioni che cercano di interpretare la complessità delle dinamiche so-ciali di fine ’900 e dei tempi attuali.

I diversi termini, con i quali differenti autori14leggono la natura della

so-13 Il cambiamento che sembra coinvolgere l’intero universo sociale e umano, pone di nuovo il problema: qual è l’uomo attuale, quali processi mette in campo il cambiamento? A prezzo di quali disagi? Possiamo ancora parlare di uomo o dobbiamo parlare di uomini, di donne o di altre forme? L’uomo, in generale, nella storia è sempre stato rappresentato dall’adulto, ma-schio, come raggiungimento di un compimento. Il bambino era considerato la forma imma-tura dell’adulto, l’anziano la forma della saggezza. Con gli albori dell’umanesimo nasce la ca-tegoria dell’infanzia, ma dobbiamo arrivare all’illuminismo perché cominci crescere il dirit-to e la necessità della sua educazione. Nell’’800 e nel ’900, la scienza dell’educazione e la for-mazione assumono un valore fondativo e istituzionale della forma umana per il divenire adul-to. La formazione gioca ancora un ruolo oggi, nell’evoluzione della specie umana e in parti-colare nell’adulto?

14 Le definizioni sono tutte interpretazioni del vuoto che la società moderna ha lasciato. Di fron-te a una definizione unitaria, come tutfron-te quelle che hanno rappresentato l’evoluzione della società nel corso della storia, alla fine del ’900 si assiste in brevissimo tempo a una fram-mentazione della lettura dei processi di cambiamento. La pluralità delle definizioni rispon-dono alle concezioni di postmodernità in Lyotard 1979, di postindustriale Bell 1976,

(19)

Tou-cietà nella quale viviamo, dimostra la difficoltà nel riconoscere una semantica (ma anche un’epistemologia definita) alla società complessa dei nostri tempi. Senza voler cadere nella trappola e in una disputa semantica ed epistemologica sterile, anche di fronte a interpretazioni oscure e a giochi di metafore, alcuni aspetti di queste testimonianze vanno sottolineate, nel nostro caso, perché evi-denziano caratteristiche e valori dei contesti nei quali l’uomo, il soggetto adul-to si trova a confrontarsi nella propria esistenza.

La definizione postmoderna15, oggi più frequentemente utilizzata, capostipite

delle diverse denominazioni, racchiude sotto il suo nome una complessità vasta Ivana Padoan

raine 1969, di ipermodernità in Augé 1991, di seconda modernità in Beck 1986 e Giddens 1994, di modernità liquida in Bauman 2000.

15 Lyotard J.F., nel testo La condition postmoderne, Minuti, Paris 1979, sostiene che le nostre so-cietà entrano nell’età postindustriale e la nostra cultura nell’età postmoderna. Ciò è dovuto all’attenuarsi dei processi di divisione sociale e di lotta di classe, fino a perdere ogni radica-lizzazione. Si assiste alla fine delle grandi narrazioni e della loro decomposizione. “La fun-zione narrativa perde i suoi eroi, le sue strutture, i grandi pericoli e le grandi finalità”. In questo contesto i poli d’attrazione come gli stati, i partiti, le professioni, le istituzioni e le tradizioni perdono la loro attrattiva di guida, e i processi di identificazione si fanno sempre più difficili. L’idea della postmodernità invade tutti i campi del sapere e delle azioni, dal-l’architettura alla sociologia. U. Eco 1979, nell’appello al lettore sostiene la difficoltà di in-quadrare cronologicamente il processo e lo vede piuttosto come una “categoria spirituale, un modo di operare”. Si può dire, sostiene Eco, che ogni periodo ha un suo postmodernismo”. F. Jameson 1984, di contro a Eco, sottolinea come il post modernismo, dominante culturale del capitalismo maturo, si caratterizza per la critica dei modelli del profondo, soprattutto della grande opposizione semiologica tra significato e significante. Ai modelli del profondo si sostituisce un modello di superficie anzi un modello di superfici multiple.

L’interesse del testo di Lyotard sta nell’aver introdotto la problematica tutt’ora viva sullo sta-tuto del sapere e sui processi che fissano i modi di pensare, di insegnare e di trattare l’infor-mazione nell’era digitale e dei media. Già Mc Luhan con la concezione che il medium de-termina il carattere di ciò che viene comunicato, chiarisce meglio il processo del cambia-mento e l’avvento di un nuovo tipo di società. Secondo Guattari in Chaosmose, Galilée, Paris 1994, le nuove strutture tecnologiche obbligano a considerare la dimensione macchina nel-la produzione delnel-la soggettività. La struttura tecnica, passando attraverso i media, opera al cuore della soggettività umana non soltanto operando sulle forme linguistiche, della memo-ria e della cognizione,ma anche attraversando le strutture dei sentimenti e dell’inconscio. So-lo attraverso una re-singolarizazione dell’uso, in una prospettiva di sperimentazione sociale tra individui, gruppi, macchine e scambi multipli si evita il paradigma della sottomissione. Anche Levy, in L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 1996, pur partendo da altri presupposti, mette, rispetto all’emergenza digitale, le speranze nel verificarsi di un’intelligenza collettiva che grazie alle infrastrutture dell’era postmediati-ca possa determinare un modello di democrazia in tempo reale.

(20)

di interpretazioni e approcci, spesso non comunicabili tra di loro; essa ha tutta-via il merito di centrare il problema della rottura con gli ideali della modernità. Il movimento, – postulando il declino dei grandi principi, dei grandi racconti che hanno fondato l’ideologia progressista, il razionalismo, la verità scientifica, la storia come percorso progressivo verso la modernità – sembra abbracciare tutte le scienze e le discipline, dal piano estetico, al piano filosofico e antropologico. La società si rappresenta nella dimensione simbolica plurale dei saperi, delle scienze, della cultura e delle arti: essa si nutre della prima mobilità transnazio-nale, sia sul piano umano che culturale. Per la postmodernità, la conseguenza è la perdita di senso delle grandi istituzioni, degli Stati-nazione, dei partiti, delle professioni, delle tradizioni. Diventata molto in voga negli Stati Uniti, ha inva-so la corrente dei cultural studies, analizzando la cultura dei gruppi dominati, cor-roborando le tesi multiculturaliste e comunitarie. Parole chiave come multicul-turalismo, comunitarismo, ricerca del vivere quotidiano, dell’immagine e del-l’apparenza (Baudrillard,16 in Francia, sviluppa l’analisi critica del ruolo

del-l’immagine e delle apparenze diventate un mito della contemporaneità) portano l’attenzione verso la conoscenza ordinaria del quotidiano, delle ragioni “sensibi-li”, a fronte di concetti e linguaggi generali e convenzionali della modernità. Es-sa si fonda sui flussi comunicativi, sui circuiti sociali e individuali in cui l’indi-viduo (uomo, donna, giovane, vecchio, ricco o povero, impiegato o professioni-sta) non si trova più incasellato nel suo stato, nel logos di genere, di stato, di clas-se, di ambiente, ma si pone al centro dei nodi dei circuiti comunicativi17.

Lyotard18, filosofo della postmodernità, prende in prestito il concetto di

post-16 Baudrillard J., La società dei consumi, Il Mulino, Bologna 1976.

17 La prevalenza in questo ambito, di analisi micro-sociologiche, economistico-sociologiche sul-le rifsul-lessioni filosofiche e pedagogiche, da un lato orientano l’attenzione nel tentativo di in-dividuare la logica dominante del processo di trasformazione sociale: per Weber la logica do-minante della sua epoca era la burocrazia, per Marx il capitalismo, per Durkheim la logica industriale, per la postmodernità la logica dominante sembra l’individualismo della comu-nicazione tecnologica e commerciale; dall’altro tentano di ridurre la portata filosofica e pe-dagogica a strumento di spiegazione, di counselling, di tecnica, togliendo alle discipline sto-riche il valore ontologico (“Ontologia, dal participio presente (ontos) del verbo greco einai (“essere”)

e logos (“legge”). L’ontologia si occupa dello studio dell’essere in quanto essere, ovvero al di là delle sue determinazioni particolari. L’ontologia si occupa quindi di studiare le qualità dell’esistenza delle cose nella loro caratteristica di essere cose che esistono (enti), per questo motivo, ovvero per la particolarità dell’ontologia di fare riferimento al principio primo che caratterizza l’esistere delle cose, l’ontologia vie-ne spesso identificata con la metafisica”).

(21)

modernità (1979) dall’uso di sociologi e di critici del continente americano nel designare “lo stato della cultura dopo le trasformazioni che hanno modificato le regole della scienza, della letteratura e delle arti a partire dal XIX secolo”, per definire la condizione del sapere nelle società più sviluppate. Lyotard, con il con-cetto di postmodernità, postula la crisi della legittimità della filosofia della storia e delle grandi narrazioni che hanno legittimato i grandi principi che hanno gui-dato il periodo moderno: ragione, verità, storia come progresso, paideia. La le-gittimazione del sapere attraverso la meta-narrazione, la quale implica una filo-sofia della storia, porta inevitabilmente a interrogarsi sulla validità delle istitu-zioni che governano il legame sociale, le quali richiedono, a loro volta, una le-gittimazione per validare la loro funzione. La crisi nei confronti di queste gran-di narrazioni del mondo è il risultato gran-di una grande incredulità sulla legittimità delle teorie scientifiche costrette a ricorrere alle teorie filosofiche che contrasta-no con la scienza, di cui esse socontrasta-no la rappresentazione. La natura del sapere, nel-la sua trasformazione verso una dimensione operativa, non può rimanere intatta, sottolinea Lyotard. La conoscenza tradotta in unità informative non appartiene alla stessa natura della conoscenza del sapere. Ad esempio – dice Lyotard – il principio antico del sapere, indissociabile alla formazione dello spirito (Bildung) e, lo stesso alla persona, ora, trovandosi nella condizione di fruire di un sapere prodotto per essere venduto, è costretto a cadere. “La funzione della narrazione, perdendo i grandi eroi e i grandi fini, si disperde in una nebulosa di elementi linguistici narrativi, ma anche denotativi, prescrittivi, descrittivi.., ognuno dei quali veicola esigenze pragmatiche sui generis. Ognuno di noi vive ai crocevia di molti di tali elementi. Noi non formiamo delle combinazioni linguistiche ne-cessariamente stabili, né le loro proprietà sono nene-cessariamente comunicabili”19.

La performatività del sapere, subordinato alle istituzioni, comunque alle condi-zioni di produzione, risponde alle esigenze del modello caro a Bentham20e al suo

utilitarismo sociale. La domanda del consenso universale diventa dunque ille-gittimabile, comunque obsoleta e la strada da percorrere, secondo l’autore, è di Ivana Padoan

19 Lyotard J.F., Introduzione, 1981.

20 Bentham J., Introduzione ai principi della morale e della legislazione del 1789, mirò ad ottenere per la vita umana quella certezza di cui era dotata la scienza newtoniana. Egli cercò per le azioni, e quindi per la morale ed il diritto, un criterio di decisione univoco, quantificabile ed empiricamente fondato. Tale criterio egli lo individuò nel piacere, inteso come il bene cui ir-resistibilmente, di là della loro stessa motivazione espressa, si dirigono tutti i nostri deside-ri. La razionalità della prassi consisterebbe perciò nella sua utilità, cioè nella sua attitudine a produrre piacere o a limitare, per quanto possibile, il dolore.

(22)

riconoscere l’eterogeneità dei linguaggi e degli elementi, che dà luogo a istitu-zioni e forme d’appoggio, a forme di determinismo locale.

Lyotard fa risalire l’evidenza della perdita di senso della narrazione, dell’u-niversalità, agli inizi degli anni ’50, coincidenti con il termine della ricostruzio-ne e con il momento della seconda grande industrializzazioricostruzio-ne21. Nel dare conto

dei cambiamenti, e definendone le principali caratteristiche, Lyotard intende di-segnare le conseguenze dei cambiamenti sugli individui, sui loro modi di agire, di pensare, sulle loro credenze. Di fronte alla domanda di conoscenza, pone an-che la questione delle capacità di questa conoscenza. La società possiede gli stru-menti intellettuali per comprendere il mondo che la circonda? Non diventa an-che necessario rinnovare il linguaggio filosofico o scientifico utilizzato per la comprensione? suggerisce Lyotard. Nel porre la caduta di un’epoca culturale, si evidenzia necessariamente il problema del linguaggio e della legittimazone del suo uso nell’interpretazione di nuove fasi dell’evoluzione.

Postmodernità e seconda modernità

Nel teorizzare le specificità della nostra epoca, i tentativi di Giddens (1994)22e

di Beck (1986/2000)23 sembrano quelli che hanno avuto il maggior successo.

Malgrado la loro diversa provenienza, le loro tesi si confrontano e riprendono al-cuni temi in comune.

Beck e Giddens sottolineano come la post-modernità – che chiamano moder-nità riflessiva (Giddens) o seconda modermoder-nità – corrisponda in realtà alla vera dernità. Staccandosi dalla corrente postmoderna che postula la rottura con la mo-dernità, i due autori insistono sulla continuità con la modernità: la società attuale sta vivendo la piena modernità e la rivoluzione industriale non rappresenta che una mezza modernità. La seconda modernità rappresenta la vera modernità, perché es-sa è stata capace di sostituire la tradizione antica. Secondo i due autori, la moder-nità della rivoluzione industriale e dell’illuminismo ha sposato alcune

concezio-21 Tuttavia i “postmoderni”, i sostenitori della postmodernità, fanno riferimento ad altri mo-menti di grande cambiamento, il periodo della rivolta giovanile (i movimo-menti del ’68), la ca-duta della guerra fredda (la caca-duta del muro di Berlino dell’89), per definire altre fondazio-ni del concetto.

22 Giddens A., Le conseguenze della modernità, Il Mulino, Bologna 1994. 23 Beck U., La società del rischio, Carocci, Roma 2000.

(23)

ni di modernità, come la valorizzazione della ragione, il riconoscimento dell’indi-viduo, ma allo stesso tempo, ha ricreato le forme della tradizione: la credenza del-la modernità nel progresso, neldel-la scienza e neldel-la tecnica ha sostituito del-la credenza nella dimensione religiosa, divina o naturale della società premoderna. Beck con-sidera che la struttura dominante della modernità, la concezione dello stato, del-la famiglia come elemento base deldel-la società, del del-lavoro, con del-la ripartizione dei ruoli sessuali, anche nel lavoro, sia stata una vera struttura tradizionale. Il decli-no di questa struttura dominante decli-non è avvenuto con la rivoluzione della cultu-ra tecnico industriale, ma è avvenuto sotto l’influenza di altri cambiamenti: il movimento femminista, la trasformazione economica e del lavoro, l’innovazione comunicativa, la trasferibilità sociale, la globalizzazione e il cosmopolitismo. Ma più che un reale cambiamento, i nuovi movimenti dimostrano una perdita di evidenza e di influenzamento, perché all’orizzonte non sembrano apparire nuovi valori capaci di sostituirli24.

Dunque l’epistemologia dell’illuminismo nel concetto di credenza vede lo stesso paradigma della tradizionalità che l’illuminismo, con la sua credenza nel progresso e nella scienza, voleva criticare.

Il passaggio alla seconda modernità (postmodernità), in questi autori, in partico-lare in Giddens,25si evidenzia con il paradigma della riflessività attorno ai processi

Ivana Padoan

24 Beck U., Giddens A., Lash S., Sociologie du temps présent. Modernità avancée ou postmodernité?, Colin, Paris 2004. Secondo gli autori la postmodernità (seconda modernità) può essere defini-ta società post-tradizionale, non perché non ci siano sdefini-tate trasmissioni intergenerazionali di norme e valori, ma perché i grandi elementi della modernità prima hanno perso evidenza e influenzamento più che essere sostituiti da altri movimenti. Su questo punto il dibattito è molto aperto e ha creato diverse diatribe. Si tratta di capire se il cambiamento avvenuto con il primato della ragione e del soggetto, e le derivate culturali, politiche, sociali, comunicati-ve ed economiche avcomunicati-venute, non siano sufficienti a dimostrare un cambiamento epistemolo-gico radicale, con la conseguenza che l’attualità oggi è la vera modernità, o se effettivamen-te il maneffettivamen-tenimento di alcuni paradigmi sociali culturali attraverso, ad esempio, l’istituzio-nalizzazione della famiglia e la differenza dei ruoli, ma soprattutto il mantenimento della tra-dizione, effettivamente siano stati il continuum della società tradizionale. Il dibattito pone in evidenza fondamentalmente la differenza di interpretazione epistemologica delle diverse discipline con le quali la postmodernità viene analizzata: sociologia, filosofia, economia, pe-dagogia, psicologia. Per Beck e Giddens, il rapporto con la tradizione e il mantenimento del gruppo sociale come forma di istituzionalizzazione definisce il paradigma di riferimento di un cambiamento sociale. Diventa necessaria dunque la domanda se effettivamente anche og-gi vi siano gli strumenti intellettuali adatti per comprendere il cambiamento definito post-modernità.

(24)

della società e degli individui stessi. Nel presentare la disciplina sociologica co-me la pratica di riflessività e di coscienza di sé della nuova modernità, l’autore sot-tolinea lo sviluppo dei sistemi di informazione delle società e la nuova conseguen-za del cambiamento nella società stessa26. La riflessività sociale diventa una

pras-si di cambiamento anche per il soggetto. La riflespras-sività per Giddens è forma del-la prassi del cambiamento e deldel-la conoscenza di sé27. L’impossibilità di controllo

razionale, da parte dell’individuo, nella società globalizzata, di tutte le informa-zioni che lo concernono, carica la società di un intervento di orientamento del-l’individuo e di un compito di analisi delle sue performance individuali (società riflessiva). Giddens pone dunque, accanto alle tradizionali discipline di analisi e orientamento del soggetto, come la pedagogia, la filosofia e la psicologia, il nuo-vo statuto della sociologia. La sociologia riflessiva diventa dunque il luogo di ri-flessività sulle società della seconda modernità e sui processi di orientamento e di in-fluenzamento anche della dimensione intima e personale dei soggetti28.

26 Giddens A., Conseguenze della modernità, cit. Il dinamismo della modernità deriva da tre fat-tori: la separazione del tempo dallo spazio; la disgregazione dei sistemi sociali; l’ordinamento e il riordinamento riflessivo dei rapporti sociali. Infatti, si riconosce una Fenomenologia della modernità, si intravedono alcune strutture di esperienza legate da rapporti dialettici: la di-mensione di dislocazione e riaggregazione “si altera in realtà il tessuto stesso dell’esperienza spaziale, coniugando prossimità e distanza secondo modelli che hanno poche analogie con le epoche passate” p. 138; la logica dell’ intimità e dell’impersonalitá; la domanda di compe-tenza e di riappropriazione; la fuga nel privato e l’impegno.

27 “L’esame e la revisione costante delle pratiche sociali, alla luce di nuove informazioni che con-cernono le pratiche stesse, altera costitutivamente il loro carattere”.

28 L’accentuazione di riflessività e di cambiamento e il loro rapporto di reciprocità all’interno dello statuto sociologico potrebbe far pensare a una definizione della sociologia come forma formativa. “Il sapere sociologico entra ed esce come una spirale dall’universo della vita so-ciale, ricostruendo sia se stesso che l’universo come parte integrante di questo processo”, p. 27. “Con l’avvento della modernità la riflessività […] pervade le basi stesse della riproduzio-ne del sistema, facendo in modo che il pensiero e l’azioriproduzio-ne si rifrangano costantemente l’uno sull’altro”, p. 46; “La posizione chiave della sociologia nella riflessività della modernità de-riva dal fatto di essere il tipo più generalizzato di riflessione sulla vita sociale moderna […]

La modernità stessa è profondamente e intrinsecamente sociologica”…“il sapere applicato

riflessiva-mente alle condizioni della riproduzione del sistema altera intrinsecariflessiva-mente le circostanze al-le quali originariamente riferito”, p. 60. La concezione rifal-lessiva di Giddens pone a tema la funzione metacognitiva, come forma di riflessività trasformativa, come logica immanente al processo sistemico della comunicazione globale. Siamo di fronte a una sorta di metacogni-zione che risponde a una logica sistemica strutturale, plurale, trasversale e ricorsiva, dove le soggettività si modificano, a partire dalle nuove informazioni che concernono gli aspetti stes-si stes-sia conoscitivi che pratici della transtes-sizione.

(25)

La popolarità della concezione della seconda modernità è anche rappresentata dai lavori di Beck. Anzi, Beck è stato il primo ad evidenziare con il testo La so-cietà del rischio, nel 1986, un’analisi dei cambiamenti nelle soso-cietà moderne. Pren-dendo spunto dalla catastrofe nucleare di Cernobyl, Beck sostiene che, mentre prima il rischio era una minaccia che veniva dall’esterno della società, minaccia proveniente essenzialmente dalla natura (catastrofi naturali, epidemie), ora il ri-schio proviene dall’interno della società stessa. Malattie sociali, manipolazione del vivente, intervento di trasformazione dell’equilibrio della natura, sono rischi pro-venienti dall’attività umana. L’impossibilità di escluderli dalla vita richiede la ne-cessità di gestirli, sapendo di non poter arrivare a padroneggiarli, in un contesto di crescita scientifica che, più che risolvere problemi, accresce continuamente l’in-certezza del nuovo.

Il prodotto conoscitivo della società detta moderna, sottolinea Beck, ha pro-dotto la categoria dell’expertise, dove l’azione degli esperti si muove più su batta-glie interne tra interpretazioni diverse (modello obsoleto, insiste Beck, tanto più ora che il cittadino, grazie alla diffusione delle informazioni, alla liberalizzazione comunicativa, e alla democratizzazione delle conoscenze, si trova ad aver qualco-sa da dire) che sulla comprensione che il rischio non deriva solo dalle localizza-zioni disciplinari – manipolalocalizza-zioni naturali o industriali – ma tocca tutti i com-parti della vita. L’analisi delle componenti sociali e le statistiche mostrano come il rischio si annidi in tutti i sistemi e nelle azioni dell’esistenza, allargandosi e glo-balizzandosi. Il problema del lavoro, per esempio: il precariato, la conflittualità politica e sociale, la riduzione dei matrimoni e della stabilità familiare, la dimi-nuzione delle nascite si accompagnano a difficoltà educative e dell’istruzione, al-l’aumento di crisi e malattie personali sempre più psicologiche e sociali, a crisi esistenziali. Il rischio rappresenta la condizione permanente della nostra esisten-za perché si situa là, nell’ancora a venire, s’inserisce nelle sicurezze della nostra vi-ta e si annida soprattutto nelle insicurezze, vi-tanto da far dire a Beck che le diffe-renze di classe oggi si riportano alla minor o maggior probabilità di rischio. Inol-tre, dice Beck, la crescita disordinata ma trasversale delle opportunità, la crisi del-le strutture e dei comparti della modernità razionadel-le, come la perdita del valore ag-giunto del welfare, l’accrescimento del rischio e la sostituzione con le possibilità, ivi compresa la valorizzazione del denaro, conduce alla individualizzazione delle scelte e delle opportunità. “La società della seconda modernità non tende più tanto all’omologazione quanto alla gestione della diversità, degli stili di vita, dei modi di essere, dell’anticonformismo radicale, della società contemporanea”29. Non c’è

Ivana Padoan

(26)

per Beck una crescita dell’individualismo, ma una conseguenza, una decomposi-zione e l’abbandono dei modi di vita della società industriale, sui quali “gli in-dividui nella premodernità hanno costruito, articolato e messo in scena la loro traiettoria personale”.30

Attorno alla postmodernità

L’etichetta di postmoderno, viene riconosciuta oggi, non tanto in rappresenta-zione di una dominanza, come lo è stato per le epoche precedenti, quanto piut-tosto come una corrente che assembla un insieme vasto ed eterogeneo di approcci e di lavori, alcuni con differenze sostanziali al loro interno. La sola concezione che li accomuna, è l’affermazione di una rottura/differenza con gli ideali della mo-dernità. La dominanza della riflessione sui cambiamenti sociali affermatasi in Eu-ropa31presenta marcate differenziazioni con la riflessione sui cambiamenti

so-ciali avvenuta anticipatamente in America, dove il movimento critico viene de-clinato principalmente con altre tematiche32. Bell nel 1976, (siamo ancora in

30 Privitera W., Tecnica, individuo e società, Rubettino, Soveria Mannelli 2004.

31 Da ricordare la polemica all’inizio degli anni ’80 tra Lyotard e Habermas. Per Lyotard il po-stmodernismo prende il posto di un modernismo il cui progetto è imploso (con Auschwitz), per Habermas non si tratta di postmodernismo perché la modernità inaugurata dall’illumi-nismo, non ha portato a termine il suo destino storico. In più per Habermas il modernismo contiene in sé i germi di una nuova deriva dell’irrazionale. Per diversi autori l’insostenibile leggerezza dell’essere postmoderno sarebbe la risposta all’insostenibile spettacolo della mor-te della modernità.

32 Per altri come Harvey D., La crisi della modernità, Il Saggiatore, Milano, la postmodernità, i cui inizi coincidono con quelli della società postindustriale (Bell, Touraine), è un po’ più tar-diva. I segni sono marcati dalla crisi petrolifera del 1973 e dalle sue conseguenze: la fine del-l’era di crescita e di sviluppo senza controllo e una progressiva deregulation. Qualsiasi sia la sua data di nascita, la postmodernità nasce sotto il segno della crisi. Anche dal punto di vi-sta estetico, artistico, architettonico, socio-culturale, il postmodernismo ha diverse date di origine. Più spesso la postmodernità è stata datata da due rivoluzioni scientifiche: la teoria della relatività e la diffusione, prima della televisione e poi del computer. Sotto i colpi dei la-vori di Alfred Einstein (ma anche di Kurt Godel, di Niels Bohr o di Max Plank), l’approc-cio positivistico ha finito per perdere la sua credibilità. Il discorso scientifico, relativizzan-dosi, e relativizzando l’unicità della verità, non si scinde più tanto nettamente dal racconto narrativo. Le frontiere fino ad allora separate tra scienza e letteratura sono ormai suscettibili di essere superate. In un universo relativo ogni spazio diviene connesso. A questo titolo, la scrittura, l’arte, sono riconosciuti precursori dell’epoca: Musil, Robert-Grillet. La

(27)

produzio-pieno fordismo in Europa), teorizza il passaggio ad una società post-industriale, “dando un ruolo centrale alla conoscenza e sottolineando il conflitto di valore tra la sfera produttiva, centrata sull’efficacia e sulla razionalità funzionale, e la sfera culturale, dove giocano un ruolo fondamentale l’espressione del sé e la domanda di personalizzazione”33.

Il postmodernismo ha attraversato, secondo A. Huyssen,34 tre fasi iniziali:

una fase embrionale a partire dagli anni ’50, con la crisi delle politiche dello vi-luppo; la fase emergente degli anni ’60, con la crisi delle gerarchie, l’integrazio-ne delle nuove tecnologie e l’emergere di nuove realtà sociali; la fase degli anni ’70 con l’emergere della presa di coscienza della frammentazione in corso e de-gli inizi delle forme di intimità e di nostalgia. La radicalità del postmodernismo degli ultimi decenni si trova oggi a confrontarsi con un doppio vincolo: ad una forma di apologia tecnica e comunicativa corrisponde un’altrettanta critica alla perdita di valore. E una forma di disincanto sembra essere la posizione di fine se-colo.

Il postmodernismo diventa lo scontro di aporie, come il conciliare il potere liberatorio della individualizzazione, del multiculturalismo, del dialogo e i suoi effetti perversi, ovvero un ritorno all’omogeneizzazione e alla dipendenza econo-mica, politica e ideologica.

Comincia attorno agli anni ’90 l’emergere di una riflessione complessa che s’interessa all’individuo contemporaneo e ai profondi cambiamenti di cui è pro-tagonista. I nuovi critici pongono attenzione alle modifiche del rapporto tra Ivana Padoan

ne visiva, lo spettacolo hanno fatto tuttavia il resto. La percezione della realtà, la visione in profondità del realismo lascia lo spazio alle avanguardie, per poi abbracciare la visione di su-perficie come nella performance.

33 Bonny Y.,, Sociologie du temps présent, Colin, Paris 2004. Il concetto di società postindustriale i cui autori sono D. Bell, “L’avvento della società post-industriale” (1973) e A. Touraine, La

so-cietà post-industriale, Il Mulino, Bologna 1974, evidenzia come nell’organizzazione della

soci-età gli elementi materiali primi siano subordinati agli elementi immateriali come la conoscenza e l’informazione. L’aumento delle nuove professioni non industriali soprattutto le professioni di servizio, le nuove tecnologie dell’intelligenza, e l’espansione degli esperti, l’au-mento della meritocrazia, l’integrazione delle donne nel mondo del lavoro, la fine della scar-sità, confermano secondo Bell il cambio di paradigma del concetto di industrialismo nella seconda parte del secolo. Il superamento delle necessità materiali permette dunque il pas-saggio allo sviluppo della conoscenza. Per Touraine vi è tuttavia il rischio che questi fattori, necessari allo sviluppo e all’integrazione, diventino il predominio una nuova tecnocrazia del-la conoscenza.

(28)

spazio privato e spazio pubblico tradizionalmente separato nella società moder-na. Le riflessioni si situano su diversi fronti, ma appare in primo piano l’atten-zione alla vita ordinaria dei soggetti nel loro rapporto con il mondo. L’atten-zione alla vita quotidiana non è stata una prerogativa della postmodernità. Già la modernità si era occupata del quotidiano (Taylor 1989)35. Cosciente

dell’in-fluenza di un equilibrio della risorsa umana sui costi economici e pubblici, la modernità ha sviluppato attenzione alla vita privata e al quotidiano; per la sua logica interna di mercato produttivo, l’uomo produttore è anche l’uomo che compera. Per evitare inoltre la conflittualità tra lavoro e vita privata, la moder-nità ha dato forma al privato attraverso iniziative e comportamenti destinati a mantenere in vita, il più possibile, l’equilibrio della vita dei lavoratori e dei cit-tadini. La modernità tuttavia ha eroso lo spazio di confine insinuandosi nell’in-timo del privato dei soggetti, annullando così lo stesso limite che aveva mosso. Invadendo lo spazio del privato con le nuove tecnologie, le nuove pro-duzioni e i non luoghi di estraniamento, la modernità ha ridato voce alla doman-da di una nuova soggettività.

Sennet36, infatti, sottolinea che la società sempre più impersonale ha perso il

senso della padronanza, del contenimento, del dominio delle passioni a favore di un ripiegamento nell’intimità della cerchia familiare. L’individuo, precedente-mente garantito come ruolo/identità dallo spazio pubblico, di fronte a una società più anonima, cerca sempre di più, nelle relazioni affettive, il riconoscimento del-la sua identità, arrivando a rifiutare nel pubblico ogni norma estranea aldel-la sua sog-gettività. Per molti secoli l’Occidente, secondo Norbert Elias (1969),37si è

rico-nosciuto sul valore dell’intimità come spazio privato, separato dallo spazio

pub-35 Taylor Ch., Radici dell’io. La costruzione dell’identità moderna, Feltrinelli, Milano 1993. L’affer-mazione della vita ordinaria è la seconda dimensione dell’identità moderna dopo il risveglio del sentimento di sé. Il pensiero della modernità del secolo XIX nel valorizzare il commer-cio, il lavoro, ha valorizzato l’acquisto di beni, l’esaltazione dell’uomo produttivo, della sua autonomia, dei suoi sentimenti. La posizione della cultura sul quotidiano della vita e del-l’uomo è stata una continua frattura fra le scienze filosofiche e le posizioni naturalistiche. Da Platone fino a Kant, la necessità del superamento del desiderio e dei beni materiali era la con-dizione della ricerca, da un lato del bene, dall’altro della morale. La violenza del mercato eco-nomico e culturale sul soggetto ha tuttavia portato, nel corso del tempo, alla ricerca da par-te dei soggetti di nuove intimità, di nuovi luoghi antropologici in cui costruire comunica-zioni personalizzate.

36 Sennet R., Il declino dell’uomo pubblico, Bompiani, Milano 1982.

(29)

blico. Simmel riconosce il valore dell’intimità38nel conferire autonomia e

per-sonalità all’individuo. È con il contributo della questione femminile: l’emergere della coppia, la modifica della famiglia, le relazioni intime, il corpo, la sessua-lità, i sentimenti, la cura di sé, che la postmodernità porta l’intimità allo sguardo del mondo, esce dallo spazio del privato ed entra nello spazio pubblico. Sennet inoltre sostiene che la vita intima nella società della comunicazione, della tecni-ca e dell’immagine perde la sua consistenza simbolitecni-ca a favore di una riproduci-bilità pubblica dell’intimità (l’uso di telefonini, di telecamere, di costruzioni private e pubbliche aperte allo sguardo, non garantiscono più un intimità per-sonalizzata ma un invasione dell’intimità nella sfera pubblica). Siamo forse di fronte all’esibizione dell’intimità? L’esibizione dell’intimità, la tirannia dell’inti-mità come la definisce Sennet, fa si che la sfera pubblica sia invasa dal privato. Il rischio di vivere la sfera del privato nel pubblico è lo stesso di quegli attori che assumono una parte, ma non sanno bene in che contesto si trovano, un po’ come gli autori dei blog, che nel pubblicare ciò che li sorprende o che sentono, sono dentro ad uno spettacolo, un contesto determinato da un flusso comunicativo, non definito, non differenziato, un luogo per procura, e dunque non identitario, non relazionale di luogo.

Inoltre l‘eccessiva liberalizzazione dei modelli culturali dominanti condizio-na un individualismo esasperato, un edonismo diffuso il cui primato è l’osses-sione per l’autorealizzazione. La perdita di un’identità collettiva trasforma stili e comportamenti della vita quotidiana, mettendo al primo posto valori come il culto del corpo, la pratica esasperata dell’autocoscienza, il consumismo omolo-gante e la deresponsabilizzazione sociale (Lasch 1995)39.

Ehrenberg, nel 1998, in La fatica di essere sé stessi, disegna la figura di un in-dividuo fragile e obbligato ad essere performativo, in una società che lascia a cia-scuno la cura di definire la propria vita. In un contesto in cui l’individuo è schiacciato dalla necessità di mostrarsi sempre all’altezza, la depressione, non è che la contropartita delle grandi riserve di energia che ciascuno di noi deve spen-dere per diventare se stesso. “Nella depressione, secondo l’autore, si esprime la patologia di una società in cui la norma non è più fondata sulla disciplina inte-riore ma, invece, sulla responsabilità (individuale) e sulla capacità di iniziativa: sulla autonomia nelle decisioni e nell’azione. La capacità di assumere e di realiz-zare iniziative si costituisce come un criterio decisivo al fine di misurare e di si-gillare il valore della persona. Gli aspetti sociali del discorso, questa impossibi-Ivana Padoan

38 Simmel G., Sull’intimità, Armando, Roma 1996.

(30)

40 Ehrenberg A., La fatica di essere se stessi. Depressione e società, Einaudi, Torino 1999. Prefazione di E. Borgna. Abbiamo voluto soffermarci più a fondo su quest’autore e sulle riflessioni di Borgna, perché nel corso del volume alcuni articoli sul disagio adulto testimoniano di que-sta condizione.

41 Margiotta nel testo critica abbondantemente la prospettiva bruneriana che pur di dare vita al paradigma cognitivo strumentale e anche alla prospettiva emotiva non riesce a fare altro che a sottolineare la presenza di due componenti mentali separate, destinate l’una al pensie-ro logico razionale e l’altra alla forma analogica.

lità a realizzare valori personali quando siamo immersi in una condizione de-pressiva, non possono (certo) essere contestati; e ad essi si ricollega l’esperienza della solitudine e della emarginazione, spina dolorosa e lacerante, che rende an-cora più acuta e stridente ogni depressione, di qualsiasi natura essa sia. I para-digmi sociali che sigillano la nostra cultura sono costituiti in particolare dalle nozioni di progetto, di motivazione e di comunicazione; e con queste nozioni en-tra in collisione la depressione come realtà clinica e come esperienza psicologica e umana. La depressione si definisce come una patologia del tempo (in essa si è senza futuro, senza avvenire), come una patologia della motivazione (in essa si è senza energia e ogni movimento è rallentato, nell’inerzia e nel silenzio della pa-rola). Ma, in ogni condizione depressiva, è difficile formulare progetti nel con-testo della patologia dell’azione che la contrassegna così radicalmente. L’inibi-zione, in particolare, alla quale è legata l’esperienza soggettiva di fatica e di scac-co nella realizzazione personale e sociale, si scac-costituisce scac-come una modalità di vi-vere inconciliabile, in ogni sua forma e in ogni sua dimensione clinica, con l’im-magine che la società richiede a ciascuno di noi; e la coscienza di questo crudele fallimento sul piano della responsabilità e della iniziativa dilata (amplifica) im-mediatamente i confini della sofferenza e della inadeguatezza che sono presenti in ogni depressione e che i modelli sociali dominanti rendono, appunto, ancora più dolorose e talora insanabili.40

La nuova attenzione al privato tuttavia non risponde ad un semplice senti-mento privatistico di ripiegasenti-mento sul sé, ad un solipsismo di fine ’800 e ’900, come potrebbe far pensare il cambiamento di comportamenti e di prospettiva. Essa è la conseguenza del cambiamento di prospettiva ideologica ben più profon-do. Il privato con la modernità aveva comunque perso la sua identità soggettiva ed era diventato oggetto condizionato del mercato, delle istituzioni delle orga-nizzazioni, della cultura sempre più strumentale (lo strumentalismo cogniti-vo41). L’attenzione al privato risponde a una reazione opposta e contraria di

dife-sa, da un lato nel rifiuto di un materialismo oggettivante e di una socializzazio-ne programmata, come socializzazio-nelle logiche politiche e istituzionali, dall’altro socializzazio-nella

(31)

pre-Ivana Padoan

42 Augé M., Non luoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 2005. 43 Abramovic M., 1946, performer serba, è l’emblema di questa ipermodernità. La sua ricerca spinge al massimo la spettacolarità del corpo proprio come esempio di rappresentazione di una sopraffazione del mondo sull’individuo, ma anche come ricerca del limite del singolo in-dividuo. La ricerca dell’Abramovic porta a limite estremo la riconquistata unità del corpo spingendo le frontiere del potenziale fisico e mentale.

tesa di essere soggetto. Ma siccome il singolo non può contrastare il macro, l’uo-mo sa che la sola possibilità di difendersi sta solo nel micro, solo stabilizzando-si nel micro, può ristabilire un nuovo approccio al mondo.

La postmodernità assume la veste di una nuova rinascita della soggettività; do-po l’ideologia dell‘uomo economico, del soggetto onnido-potente, le rappresentazioni dell’uo-mo senza qualità, dell’io diviso, sono in ricerca di un nuovo rapporto tra il proprio sé e il mondo. Il sé, l’identità di una nuova soggettività è ora in cammino.

L’ultima fase della postmodernità vede un certo numero di autori più liberi dalle comparazioni ideologiche con la moderna società e il loro tentativo di svi-luppare una nuova concezione della postmodernità. L’idea di ipermodernità dell’an-tropologo M. Augé (1991)42designa un mondo segnato da una dimensione di

eccessi e di de-simbolizzazione. Ipermoderna è la società che mette l’accento sul-la radicalizzazione e l’esacerbazione delsul-la modernità, sulsul-la nozione di sovrabbon-danza di presenzialismo del mondo contemporaneo. L’“ipermodernità contempo-ranea”, caratterizzata da una sovrabbondanza di eventi, avvalora e conferma le ri-cerche artistiche degli anni Novanta, molto influenzate da questi temi, utiliz-zando i molteplici segni, messaggi e oggetti che circolano ogni giorno nel mon-do, riappropriandosene e dotandoli di un nuovo significato e di nuove associa-zioni. Le performance sono un emblema di questa ipermodernità43. L’iper è un

da-to che segna l’eccesso, il troppo, l’al di là di norme e quadri di riferimenda-to. Im-plica una condizione di superamento continuo e costante, una vita al massimo, sul filo del rasoio, una situazione limite. Augè associa l’ipermodernità ai non-luo-ghi in contrapposizione ai luonon-luo-ghi antropologici che hanno la prerogativa di es-sere identitari, storici e relazionali. Fanno parte dei non luoghi tutte le installa-zioni necessarie alla circolazione accelerata delle persone e dei beni, vie rapide, aeroporti, scambi, i grandi centri commerciali, i campi di transito, gli open spa-ce. Spazi in cui gli individui, milioni di individui, si incrociano senza incon-trarsi, senza entrare in relazione. Spazi in cui le differenze convivono insieme senza integrarsi ma interrelandosi, dove lo standard identifica la qualità del rap-porto tra le persone e tra le persone e le cose, dove il ripetersi uguale a se stesso

Riferimenti

Documenti correlati

Gli approcci conservativi che ricorrono a generalità simili a leggi, o che rimangono semplicemente a livello di proprietà del sistema macroeconomico, non possono spiegare

Le variazioni delle rimanenze concorrono alla determinazione della base imponibile IRAP in misura pari all’importo stanziato nelle voci A.2, A.3 e B.11 del Conto economico.

d’impresa, nel 2017 il provento non concorre in ogni caso alla formazione del valore della produzione netta relativo al 2017 e non va indicato nella dichiarazione IRAP 2018.

COMPETENZE (2005): combinazione di conoscenze, abilità e attitudini per affrontare una situazione. particolare e appropriate

Per superare questi ed altri ostacoli legati alla necessità di fruire liberamente del piacere di leggere in ogni luogo, il Politecnico di Milano ha avviato, da

Pertanto si ritiene che in relazione allo sviluppo delle stesse ca- pacità critico-dialettiche degli studenti l’alternanza scuola lavoro sia un’opportunità di cui il docente

L’istituzionalizzazione della conoscenza, ovvero la sua individuazione, selezione, codificazione, corroborazione e infine il suo riconoscimento pubblico avviene all’interno di

Infatti, proprio la rimozione della dimensione storica della scienza (storia scientifica come serie di errori ormai corretti) e nella scienza (processi ineffabili