LE PROPRIE
VICENDE CON ANIMO
RICONOSCENTE E
RETTO...
Luigi Veronese
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!
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Sliih.Prosperi™.
—
L.Veronese impr.il Lettore cortese
La non
attesaaccoglienza accordata a questa qualsiasi cosuccia
ècausa
della se-conda sua edizione, onde non venga meno
alle gentili
inchieste che
sene fanno.
Non apporre dunque a vanità
ciò eh' èuna pura dimostrazione di riconoscenza pel cuore non rude delV
Padova, 14 Maggio 4864
Autore.
Oggi, che(anle pietoseed utili istituzioniveggo qui attuarsi amiglioramentodeicostumi edella con- dotta dei poverelli, mi risolvo a scrivere ed a pu- blicarc la mia vita, non per vanità o per desiderio di lucro,
ma
per incoraggiare gli sventurati ed as- sicurarli che il buon volere, l'assiduità al lavoro cl'economia trionfano contro le più dure vicende.
Io naqui nel mille ottocento dodici in Torre- glia, paesello alle falde del Rua; non molto agiati,
ma
per la loro virtù rispettabili, furono i miei ge- nitori. Miamadre
spiròche ioaveasolo dieci giorni e tale sciagura fu cagione d'altre nonmeno
gravi;perchè, senza ladi leivigilanza,gliaffaridi famiglia andarono iti breve di male in peggio, talché il pa- dre fu astretto a trasferirsi in Padova, sperando di trovar
modo
più agevole a campare la vita. Allora io conlavaqualtr' anni, edessendo fallita lasperanza al genitore, dovetti in sì tenera età, mendicar un pane sulla publica via.0
cara madre, se tu fossi vissuta, anche a fronte dei rovesci della fortuna,
avresti ben preservala la tua créaturadallapiùstia-
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zinnie miseria e dai pericoli che l'accompagnano!
Come
raggiunsi i nove anni, venni accollo pelpri-mo
in qucsla pia Casa di Ricovero, ove ricevelli 1 gli indispensabili rudimenti di educazione,e fui ini- zialo nell'arie del tessitore, a cui, mio malgrado, rinunciai per debole complessione.— Rammen-
to, riconoscente, una delle poche compiacenze, che ivi m'era dalo di fruire; cioè, il pranzo, che nel giovedìgrassoci prodigava il benemerito signor Fe- lice Sinigaglia. A sedici anni, limiteassegnalo dallo Slalulo della pia Casa, ne fui licenzialo.
È
vero che avevo fornita la menle ed il cuorediqualche buon germe, e che avevo perciò molla fiducia nell'avve- nire,ma,
pur iroppo, non ero ancora pienamente alto ad un'arte, clic all'istante mi potesse frullareil giornaliero manlenimenlo. Dal padre non potevo sperare soccorso; chè ei pure n'avea bisogno, ed in lauta sventura, ho ascritto a favore l'essere ac- cettalo in qualità didomestico nelPIstitutorabbinico.
Là appresi a raccozzare qualche versoebraico,ed il signor GabrieleTrieste m'incoraggi, regalandomi un pezzo da vcnli franchi.
Fu
questo un lesorcllo, ag- giuntoalcolidiano stipendio di75centesimi, ilquale interamente risparmiavo, perchèalloraero tantoeco-nomo
da bastarmi gli avanzi dei convittori per so- stenere la vita. Accumulaleduecento lire, mi parve averne d'avvantaggio per ammogliarmi. La donna che scelsi, era lavandaiadi casa Petrocchi Ella mi procurò la non troppo invidiabilecondizionedi fac- chinoncirammiraloCaffè; ma, inello,allesoverchie9 fatiche, ammalai e passaiall'allrogrande suoemulo stabilimento, l'Ospitale civico. Risanalo, barca me- nai a grave stento,esigendo certivecchicredili,che
il fu Giacomo Lorigiola avea pressoalcunivillici di questa provincia.
Non
sarei brevequanlo il mio lettoredesidera se ad uno ad uno volessiquiesprimere i patimentifisici e morali che m' impose tale missione.Qui mi affliggeva il rossore e l'umiliazionedi oneste genli, alle quali, qualche impre veduta calamità,vietava di adempiere al loro dovere. Là l'impudenza e l'arro- ganza degli sleali,che niegavano il debito, quantun- que, senza disagio,avessero potutosodisfarlo.Ovun- que ero accollo col malumore o col dispetto, che ispirano il corvo e l'avoltojo. Talché non mi ve- niva accordala quella ospitalità della quale i pove- relli sono sempre sì prodighi coi loro simili; e mi sovviene che in una giornata didicembre avanzalo, dopo aver, quanlo essa fu lunga, calcala la neve, rifinitodalla fame, io vedeva affrettarsi la notte,ri- gida e procellosa oltre ognidire. Le mievestierano inzuppalee grondanti;
non
potevo più reggermi,e,dopo ripelule preghiere, trovai chi
mi
concesse unfienile ove ho potuto coricarmi. La stanchezza mi
fèprendere ilsonno;ma, da lìapoco,midesiaicon un brivido mortale e pel freddo sentiva mancarmi
il respiro. Protendo le braccia cercando di meglio coprirmi colfieno,e m'accorgodi giacere in mezzo
alla neve ivi spinta dalvento. L albeggiare era an- cora troppo lontano, disperai di poter reggere a
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tanto patimento, e già mi pareadi provare i sinto-
mi
della morie imminente. In tale disperazione na- luralmenlc i miei pensierisi rivolsero a Dio.Misov- venneebe quellaera appunto la notte del Natale;t meglio compresi i patimentidel nostro Redentore, e piansi amaramente, benchémen
dura della mia mi sembrasse la di Lui condizione. Io non avevo le tenere e pietose cure de' parenti, non l'alilo degli animali, che lepend rendeva il sacro presepio. Di quella nottetroppo funeste mi furono leconseguen- ze, né ancora mi sono affatto svanile. In altre sta- gioni,benebéopposte, nonmeno
gravierano le mie sofferenze. I fervidi raggi del solecanicolare mirac- cesero l'estro poetico, e questa volta ilmio
mece- nate fu sua eccellenza il conte Cittadella Vigodar- zere, clic mi donò due moneted'oro,manna
inspe- rala dalla mia famiglia.Ma
già è nolo che i carmi non assicuranonemmeno
un tozzo di pane achic- chessia; nò la mia famiglia sarebbesi appagala che io la alimentassi di gloria. Bisognava cercarediag- grapparsi alla realtà.Svelai le mieangustie a.colui, che primo mi istituì nell'arte del tessilorc; cimi
infatuò collasperanzadi poler seco vantaggiosamente ritentare la sorte. Promisedi fornire i capitali,ove, senza compenso, io mi fossi dato alla fabricazionc dei pettini necessarii al bisogno. Accolto il patto e postomi alacremente all'opera, per isfamare la fa- miglia, mi convenne implorare
un
lenuc ajulo dalla Commissionedi publica beneficenza, e non essendo- lui desso sufficiente, approfittai di quanto,congrave11
sacrifizio, polca offerirmi la sorella. Il lungo stento elemolleprivazionimifecero ricadere maialo. Sup-
plicai allora il mio socio per avere, quale anticipa- zione, un acconto sui lavori apprestali. Negòrigida- mente. Compresi eh'ci procurava di corbellarmi, e dopo varie brighe ho potuto far sì che, a lalla- zione di quanto eseguii, mi porgesse cinquanta lire italiane. Ed ecco il capitale che fecemi comparire insocietà fabricalore. 11signor Domenico Beggio
mi
diede gratuitamente un asilo, ove io mi coslrussi un iclajo ed impresi a tesser fasce, galloni ed al- tre cosuccie, che esitavo con qualche guadagno.Fu
allora che presi a pigione una casella con bollega al ponte di san Leonardo, ed amichevolmente sor- retto da Giovanni Dal Negro, con lui mi diedi a negoziare qual rigattiere.
Ma
essendo meschino l'u- tile ricavato, ci si svincolò dalla società, accon- tentandosi che io lo rimborsassi del suo capitale a merce venduta. Se ne andò intanto fra i piùco-? lui, pel quale, a cosìdura condizione, m'ero accinto a fare il fabricalore di pettini; ed appunto l'opera miadagli credi di lui mi fuceduta per quelloscarso compenso che io avea ricevuto.Consì poveri mezzi impresida
me
la fabricazione dei sacchida viaggio, recandomi qua c colà per osservarequelli falli con miglior diligenza, e per avernequalcuno a prestito, clic servir mi potesse di modello. Assistitoconassi- duità dallamia famiglia, inbrevefui in gradodi pre- sentare ai chincaglieri Navarra e Pensa diversi sac- chi,cheessi trovaronobenetessuti edeseguili, eme
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ne commiscro; eguale indulgenza e favore rinvenni poco dopo in Vicenza.Ognicosa pareva sorridermi;
lanlo è vero die avevo preso un tessitore ed un lavoratore,nonbastando piùlemiebraccia, nèquelle de'mici cari, per adempiere tulle le commissioni.
Ma
sopravenne ilmemorando
quarantotto, ed ilmio commercio neriportòdannoimproviso. lo però non mi perdetti d'animo; e, considerando ciò che allora meglio poteva abbisognare, formai capsule e con ventiquattrouomininefacevagiornalmente quin- dici mila, dalla cui vendita ritraeva duecento cin- quanta lire.Nel mille-otloccnlo-quaranla-noveripresi la mia prima industria, conotto lavoranti; la perfe- zionai e, percorrendo ilVeneto,ricevettiordinazioni per circa due mila lire. Vidi ammigliorala la mia condizione nel millc-ollocento-cinquanla, perchè ho potuto girare il capitale per ben quattro volte, ed al termine dell'anno, avere l'interesse di sei mila lire.Allora,
memore
dellepersoneche porseromodo
ad agevolarmi questa carriera, mi recai da loro ad esprimere l'animomio
riconoscente;nè pagodiciò, impiegai lire cinquanta (chè tante cosliluirono laprima scoria della mia industria) in una cornice intagliala e dorala per racchiudervi un ricamo,die- tro a cui mia figlia Francesca,coneguale mio sen- timento,spese un annodi tempo.Inquesto trapunto con leggiadro disegnosonorappresentali gliemblemi della riconoscenza, dell'industria, della coslanza; e nelle foglie diquercia stanno i
nomi
dei miei pro- tettori B. Meggioralo,G. Lorigiola, P. Pensa, F.Na*15 varrà, F. Zuccani, G.
De
Lago, Questo quadro, lagrande argentea medaglia della patria Società d'In- coraggiamento, unitamente al diploma e alla meda-
glia di cui venni onoralo alla primaEsposizione na- zionale italiana in Firenze, coli'aggiunta dell'elenco di quanti in varie guise mi beneficarono, alla mia morte intendo di lasciare al Musco patrio,
come
di- mostrazione di gratitudine e quale prova dell'amo- re, che sempre m'infervorò, pel progressodelleno- stre manifatture. La descrizionedelquadro fececlic io vi avvertissid'aver ricevuta laseconda medaglia, perme
più apprezzala, senza che io vi avessi chia- rito quali tentativime
n'abbiano fatto reputar de- gno. Sarò breve. Osservando che le stoffe prove- nienti da Germania ed Inghilterra, oltre allarobusta ed accurata tessitura, presentavano leggiadridisegni diornamenti,di paesi edi figure,mi venne in pen- siero ditentare altrettanto;ma
mimancavanoimezzi e vano sarebbe stato il desiderio e la speranza se non avessi contralta relazione col signorAndrea An- drena, di Castelfranco, chemi
esibì la sua fabrica, ove co) lavoro alimenta oltre$00
famiglie, quan- tunque ci non ne ritragga il profitto che altri po- trebbe ideare.Suo magnanimo
scoposicditornare utile alla umanità;e sequei molli,che infruttuosa- mente racchiudono Voronegli scrigni,sapessero tal- volta imitarlo,meno
funesta sarebbe questa scenadelmondo,
nò sivedrebbe la fame aguzzare l'intelletto del miseroalla frodeedalla rapina; nè l'esacerbata sofferenza slanciarsi al delitto, c questo,negli erga-14
stoliosul patibolo, punito.
—
Balzato aMilano,mer- cè un amico,mi fu possibile visitare una fabricadi tappeti,ed appresone il modo, anche questi ho po- tuto far eseguire in quella del signor Andrclta. Ec- co le raffinatezze, che oltre alla tenuità del prezzo, guadagnarono alla mia industria la medaglia sud- detta.Non
tacerò i nomi dei generosi mecenati,dai quali ebbi incoraggiamento sì di parole che di di- naro,per rendermi atto a meritare il premio diFi- renze. Questi furono Carlo Ceralo,conte Alessandro Papafava, Gabriele Trieste, conte Andrea Cittadella Vigodarzerc, conte Giovanni Cittadella, Michele Co- rinaldi,GiuseppeTreves e Giacomo Treves de'Bon-(11i, Giacomo Moschini, Bertucci Maldura, Gaetano Valvasori, Antonio Zara, G. M. fratelli Trieste, An- tonio Scalfo, Paolo Zara,
Domenico
MarilaniSartori.Non
sarci certamente in grado diesprimerele impressioni provale in Firenze,ammirando
in quelle gallerietantimiracolidelgenioedell'industria uma- na,tanti inesauribili tesori della multiforme natura.Mi aggiravo quaelà
commosso
edattonito;ditratto in trattomi
sentiva spintoda un' intensa volontàdi potermi fare uno schizzo, una memoria delle sva- riate, stupende ed utili cose che contemplavo;ma
la capacità ed il tempo mi mancavano;percui,re- stringendo le osservazioni agli oggetti della miain- dustria, anche fra questi,ho dovuto limitarelo stu- dio a quelli di cui, pel materiale impiegalo e pel prezzo,
mi
sarebbe statapiùfacilela vendita.L'ono- revole distinzione colà conseguila mi giovò, faccn-ir,
domi ampliareil cerchiodelle relazioni commerciali.
Se non che, lo slesso arridermi della fortuna mi lornò, per così dire, funesto, invogliando taluno a tentare la mia industria e con modi non plausibili!
Ho
scritta questa storiacome
promisi,nonper burbanza nèper isfogo di mal represso sdegno;ma
per convincere gli artieri che in qualsivoglia dura circostanza, il buon volere e l'onestà tornano van- taggiosi; perocché il
mondo
non è poi tanto per- versocome
da qualchcduno per mala ventura è creduto; ed ove si dimostri un po' d'ingegno ed una provata rettitudine, non riesce diffìcile il tro- varlo soccorrevole e fidente. Ciò cheavvenne ame
potrà succedere a molti altri,semprechètroppopre- sto non si stanchino nel porgere prove infruttuosa di quanto possono fare.
> . .
Padova, nell'Aprile 1864.
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