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Cronache Economiche. N.111, Marzo 1952

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(1)

A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO

SPEDII. IN ABBONAMENTO

POSTALE ( I I I GRUPPO

'• N.111 - MARZ01952 - L. 250

F I E R A D E L L E I N D U S T R I E

B R I T A N N I C H E

L O N D R A E B I R M I N G H A M

(2)
(3)

LA STRUTTURA INDUSTRIALE

E COMMERCIALE DELL'ITALIA

G I A N D O M E N I C O C O S M O

1. Aspetti generali.

Molto opportuna è stata l'iniziativa dell'Istituto Cen-trale di Statistica di pubblicare in apposito volume i dati provvisori relativi ai « Primi risultati generali dei Censi-menti ». Come è noto fra il 4 ed il 5 novembre 1951 erano stati effettuati il IX Censimento generale della popolazione e rilevazione delle abitazioni e il III Censimento generale dell'Industria e del Commercio, ma occorrerà del tempo prima che i risultati defilativi e completi possano essere resi noti. Si trattò per l'Italia di uno sforzo finanziario notevole, ma che non poteva già essere procrastinato, se si considera che la legge 2 aprile 1951, n. 291, che diede il via all'esecuzione dei censimenti stanziava, ripartendoli in tre esercizi, 2.720 milioni di lire per il censimento della popolazione, 773 milioni per il censimento industriale e com-merciale su finanziamento dal Pondo-Lire ECA, più 150 mi-lioni per l'indagine sulle attività artigiane. La spesa com-plessiva contemplata dalla legge si aggira pertanto sui 3.043 milioni di lire: è però noto da tempo, che questi stan-ziamenti non saranno sufficienti. Purtroppo difficoltà di carattere finanziario non hanno — come è noto — per-messo la contemporanea effettuazione del censimento agri-colo, la cui mancanza è vivamente sentita.

È opportuno notare che la rilevazione concernente l'in-dustria ed il commercio era anch'essa un censimento e non un'inchiesta. Era di questo tipo invece il censimento indu-striale e commerciale del 1937, la cui elaborazione non è neppure terminata: l'inchiesta richiede qualche anno per l'elaborazione e soprattutto notevoli mezzi finanziari a di-sposizione per la sua realizzazione. Indubbiamente — e purtroppo ciò è un male — l'adozione di criteri diversi fra i due Censimenti non consente quella comparazione dei dati sulla situazione italiana nel 1937 e nel 1951, che sa-rebbe interessante fare.

Al 4 novembre 1951 complessivamente le ditte censite sono risultate 1.455.447 con 1.590.270 unità locali e 0.521.779 addetti. Esse si ripartiscono in 700.133 unità industriali con 4.100.254 addetti, 08.919 unità dei trasporti e comu-nicazioni con 539.191 addetti, 827.224 unità del com-mercio, credito e assicurazione e servizi vari con 1.810.334 addetti. Per quanto concerne queste ultime categorie le unità commerciali vere e proprie sono 707.022 con 1.441.594 addetti (ved. tabella n. 1).

Cade qui opportuno rilevare che l'Istituto Centrale di Statistica — contrariamente al desiderio delle categorie interessate — adottò per l'esecuzione del censimento il criterio del modulo unico e non di moduli diversi per in-dustria, commercio, credito, trasporti, artigianato. Pro-blema complesso fu quello di fornire dei questionari, che

consentissero di seguire l'articolazione delle aziende e la loro dimensione. Seguendo in generale anche qui il prin-cipio della semplificazione prevalse il concetto di

conden-Tflbella N. 1

PROSPETTO PER ATTIVITÀ ECONOMICHE

Attività Ditte N. Unità locali N. Addetti Media addetti per unità locale Attività Ditte N. Unità locali N. N. totale % Media addetti per unità locale Industriali Trasporti e commi. Commercio Credito e assicuraz. Servizi vari Totale 6.51.680 53.760 652.38* 9.379 88.244 700.133 68.919 707.622 25.285 94.317 4.166.254 539.191 1.441.594 159.838 214.902 63,9 8.3 22,1 2.4 3,3 5,95 7,K i 2,04 6,29 2,27 Industriali Trasporti e commi. Commercio Credito e assicuraz. Servizi vari Totale 1.455.447 1.596.276 6.521.779 100,0 4,08

sare in un questionario generale di ditte tutte le notizie

generali e caratteristiche dell'azienda e di raccogliere in un solo questionario d'unità locale le notizie relative al

perso-nale, attività e mezzi di lavoro delle singole unità di atti-vità, industriale, commerciale, bancaria, ecc. Dalla tabella emerge pertanto che:

a) la massima differenza fra « ditte » ed « unità lo-cali » si riscontra nel settore del credito ed assicurazione. Il che è ovvio, se si ricorda la diffusione delle filiali bancarie, cioè « unità locali », facenti capo ad un solo istituto, la « ditta » ;

b) la media di addetti per esercizio è massima nel settore dei trasporti e minima in quello del commercio. Anche ciò è naturale, ove si pensi alla struttura familiare, che è tipica di gran parte delle nostre organizzazioni com-merciali;

c) dal punto di vista dell'occupazione sono le aziende industriali, che assorbono la maggiore aliquota, e cioè il 03,9%, degli addetti in Italia ad attività economiche non agricole. Il dato appare a prima vista un poco basso, ma occorre considerare che qui non si tratta di un censimento demografico, ma bensì di una rilevazione degli addetti re-golarmente occupati in aziende: quindi il dato di 4.100.254 addetti non comprende i disoccupati dell'industria che sono intorno al milione di unità. D'altronde un certo numero di evasioni sembra concorra ad abbassare la cifra.

2. Le attività industriali.

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Tabella N. 2

ATTIVITÀ INDUSTRIALI PER PRINCIPALI SETTORI

Sorprende ad una prima analisi la bassissima media nazionale per unità locale censita di persone occupate: 5,95. La ragione di tale bassissima media dipende dal fatto che il censimento considerava fra le aziende industriali anche le piccole ditte artigiane: così ad esempio, nelle Pro-vincie economicamente meno sviluppate e dove pertanto l'attività industriale si svolge prevalentemente tramite ditte artigiane, risulta una media di addetti per esercizio notevolmente inferiore a quella nazionale di 5,95. La media risulta infatti di 2,1 addetti per i 3.336 esercizi con 7.010 dipendenti della provincia di Nuoro: analoga media di 2,1 addetti si constata per i 2.713 esercizi con 5.727 addetti nella provincia di Matera.

Si comprende pertanto che nelle Provincie a maggiore concentrazione industriale si registrino le medie più elevate. Così, ad esempio, troviamo una media di 11,8 addetti per i 53.609 esercizi con 035.002 dipendenti della provincia di Stilano ed una media lievemente più bassa di 11,5 addetti per i 29.039 esercizi con 333.960 dipendenti della provincia di Torino. La media provinciale più alta con 14,9 addetti si registra per gli 8.592 esercizi con 139.586 dipendenti della provincia di Varese, ove ovviamente concorrono ad elevare la media i grossi stabilimenti cotonieri di Gallarate e Busto Arsizio.

Per quanto concerne la ripartizione per principali settori di attività industriale al primo posto figurano le industrie manifatturiere. In queste figura al primo posto la classe delle industrie meccaniche con 118.855 ditte e 857.429 di-pendenti. Al secondo posto risultano le industrie tessili con 33.826 ditte e 635.384 dipendenti: anche analizzando questi dati emerge la deformazione per un'analisi precisa della presenza nei dati complessivi delle risultanze relative alle aziende artigiane: infatti la media di addetti per eser-cizio risulterebbe di 18,9 nella classe delle industrie tessili

e solo di 7,2 nella classe delle industrie meccaniche. In realtà dalla ripartizione di quest'ultima nelle varie sotto-classi risulta che nelle « officine lavorazioni meccaniche » in cui, come si comprende, prevalgono nettamente le aziende artigiane, son censite ben 98.532 ditte con 215.539 dipendenti. Cioè in questa sottoclasse la media di addetti per esercizio è soltanto di 2,2 mentre la media è di circa 90 dipendenti per le 1.923 aziende con 170.273 dipendenti nella sottoclasse delle ditte produttrici di « mezzi di tras-porto ».

L'accennata e pienamente giustificabile inserzione delle aziende artigiane nel censimento industriale concorre ad alterare per la tara della tendenziosità positiva i dati e quindi i raffronti: tuttavia dai primi elementi forniti emerge la grave situazione di arretratezza delle Provincie meri-dionali :

Tabella N. 3

DIVERSITÀ DI GRADO DI INDUSTRIALIZZAZIONE

Ripartizioni

Popolazione

presente Unità locali industriali censite %

ad-geografiche N. % N. Addetti

popola-geografiche N.

totale esercizi N. totale % pres.

Italia Sett.cn. Italia Centr. Italia Mcr. (a) 20.680.704 8.677.345 17.379.655 44,2 18,6 37,2 351.388 122.909 225.836 2.814.209 642.257 709.788 67,6 15,4 17,0 13,6 7,4 4,1 Totale 46.737.704 100,0 700.133 4.166.254 100,0 8,9 (a) Comprende anche le regioni dell'Italia insulare.

I dati raccolti nella tabella costruita sono di per sè tanto eloquenti che non hanno — ci pare — bisogno di alcun commento. Ancor più interessanti però sono alcuni raffronti di carattere più particolare, che sono altamente significativi. Se prendiamo ad esempio due regioni dal punto di vista demografico vicine in senso assoluto, quali il Pie-monte e le Puglie, troviamo che su una popolazione pre-sente di 3.532.886 persone al 4 novembre 1951 la prima contava 68.100 unità locali con 024.940 addetti e la seconda su una popolazione presente di 3.186.380 persone denunciava soltanto 40.750 unità con 120.458 addetti. Cioè: a) la media in Piemonte (esclusa, come è noto, la regione autonoma della Valle d'Aosta) era di 9,2 dipendenti per azienda indu-striale e si abbassava in Puglia a 3,1 ; b) la percentuale

della popolazione addetta ad attività industriale, ivi com-prese — si ripete — quelle artigiane, risultava pertanto

del 18,2% in Piemonte per abbassarsi in Puglia al 3.9 °/0 della popola-zione assoluta totale.

La regione industrial-mente più importante ri-sulta essere la Lombardia con 123.921 unità locali e 1.255.451 dipendenti; al secondo posto risulta il Piemonte con 08.100 unità locali e 024.940 di-pendenti. Terzo per ordi-ne di importanza figura il Veneto con 48.077 uni-t à e 303.843 dipendenuni-ti. Dal punto di vista delle

Provincie quella più

in-dustrializzata figura es-sere quella di Milano con 53.009 u n i t à locali e 035.002 dipendenti. Al secondo posto è quella di Torino con 29.039 unità e 333.966

dipen-Unità Addetti Media

Industrie locali

N. N. % totale addetti per unità locali

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denti. Una novità interessante del censimento è che al terzo posto figurerebbe la provincia di Roma con 23.170 unità e 161.885 dipendenti; in realtà l'accennato fenomeno della tara della tendenziosità positiva per la forte con-centrazione nella città di Roma di numerosissime aziende artigiane deforma i risultati. Che la struttura industriale della provincia di Roma non abbia quell'importanza che risulterebbe a prima vista lo si deduce chiaramente dal numero basso medio di addetti per esercizio: 7,7. La media per la provincia di Varese che figura al quarto posto per importanza era, come si è visto, di 14,9 ad-detti per gli 8.592 esercizi con 139.586 dipendenti colà censiti: elevatissima risulta la percentuale di industria-lizzazione di questa provincia demograficamente fra le minori, se si considera che su una popolazione presente di 474.532 abitanti ben il 29,0% risulta addetto ad attività industriale. A titolo di confronto giovi ricordare che nella provincia di Torino, su una popolazione presente di 1.441.500 unità, la percentuale della popolazione dedita ad attività industriali risultava del 23,2% di quella totale.

•'{. Le allivifà commerciali.

Al secondo posto per ordine di importanza risultano in base ai dati del Censimento le attività del commercio. Le ditte esistenti alla data del 4 novembre 1951 risultarono 652.384 con 707.022 unità locali e 1.441.594 addetti. Cioè il commercio occupa il 22,1% della popolazione risultata occupata nelle attività economiche oggetto della rilevazione: anche qui giova l'osservazione già fatta per l'industria che probabilmente un certo numero di evasioni concorre ad abbassare il dato complessivo degli addetti al com-mercio :

Tabella N. 4

PRINCIPALI ATTIVITÀ COMMERCIALI

R a m o l ' n l t à locali N. Addetti Media ad dett i per unità R a m o l ' n l t à locali N. N. % totale Media ad dett i per unità Commercio all'in-grosso Commero, al min. Alberghi e pub-blici esercizi . . . Attività ausiliarie Totale 70.920 473.812 126.583 36.307 238.084 846.016 28!).447 08.047 16,5 58.7 20,1 4,7 3,36 1.78 2,29 1,87 Commercio all'in-grosso Commero, al min. Alberghi e pub-blici esercizi . . . Attività ausiliarie Totale 707.622 1.441.594 100,0 2,04

La tabella consente alcune considerazioni sulla struttura della nostra organizzazione commerciale:

n) la media di addetti per unità risulta, con 3,36, massima nel settore del commercio all'ingrosso. Ciò è logica conseguenza del fatto che è in questa classe che esiste la maggiore percentuale di ditte con dipendenti stabilmente occupati, mentre nel commercio al minuto in Italia in genere fili addetti sono membri della famiglia del titolare dell'esercizio e talvolta cumulano diverse attività;

b) il numero, 2,29, assai basso, pare, della media di addetti per unità locali negli alberghi e pubblici esercizi si spiega egualmente, quando si pensi che nei centri minori anche queste aziende sono iti Italia in assoluta prevalenza a carattere familiare;

c) in attesa di conoscere i dati definitivi del censi-mento demografico, la popolazione attiva in Italia viene valutata intorno ai 21 milioni di unità. Siccome i disoccu-pati si aggirano intorno ai 2 milioni, si può concludere che un 8% della popolazione occupata in Italia si dedica ad attività di intermediazione. Tale percentuale tende cioè a salire, come del resto si verifica in altri Paesi.

Il volume non fornisce dati come per le industrie sulla divisione per regioni e Provincie delle unità locali e degli addetti, ma raggruppa in questo caso il commercio col cre-dito e assicurazione e servizi vari. Tuttavia anche con questo raggruppamento figurano sempre al primo posto con 141.020 unità locali e 350.184 addetti la Lombardia ed il secondo posto il Piemonte con 84.754 unità locali e 170.047 addetti. Per Provincie c'è invece una novità nel senso che è sempre Milano in testa con 58.241 unità locali e 182.239 addetti, ma al secondo posto non è più quella di Torino, ma bensi quella di Roma con 30.922 unità locali e 123.391 addetti. La provincia di Torino segue terza con 34.917 unità locali e 78.545 addetti.

In sostanza pertanto e riassumendo ci pare opportuno di segnalare che:

a) il Piemonte dal punto di vista demografico risulta

la quinta regione italiana dopo in ordine di importanza Lombardia, Sicilia, Campania e Veneto, ma risulta la se-conda dopo la Lombardia per attività industriali e com-merciali ;

b) la provincia di Torino per popolazione è la

quarta dopo quella (li Milano, Roma e Napoli, ma è la seconda dopo quella di Milano per attività industriali

e la terza dopo quelle di Milano e Roma per attività

commerciali.

% n n c n ft'Jtrn erica e # ì f t n t i &

SOCIETÀ PER AZIONI - Capitale versato e riserve Lit. 850.000.000

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anno un mistico potere di attrazione quelle opere degli arciV

giani medioevali nelle quali quasi si potrebbero rilevare le

impronte delle loro dita, tanto in esse scorgiamo immediato

o sforzo delle loro mani nel produrle. Quanto diversi sono gli

oggetti che la moderna tecnica ci offre: quanto distante ci appare

l'opera dall'operaio.'

C'è di mezzo la macchina, che è frutto di uno sforzo lungo e

tenace della tecnica attraverso ai secoli.

Guardate un moderno tornio, complesso, macchinoso. Quale lungo

cammino dal primo, semplicissimo, che fu opera del divino Leonardo

e sul quale si filettavano le prime viti/ La sostanziale semplicità

dello strumento rimane nel fondo, ma quali cure 1 secoli hanno

dedi-cato per perfezionarlo in ogni suo particolare, per rendere il lavoro

che da esso può trarsi sempre più perfetto, per ridurre l'energia

necessaria quasi solo a quella che necessita per asportare il truciolo/

Di questo perfezionamento sono fattori essenziali 1 cuscinetti a

rotolamento, che, posti nei suoi organi vitali, permettono oggi velocità

e precisione di lavoro che sino a poco tempo fa sembravano

irraggiungibili.

LEONARDO DA VINCI

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T R I B U N A

D D G L I

E C O N O M I S T I

L I T T L E

ECONOMIA

DEL BENESSERE

A N G I O L I N A R I C H E T T I

La politica economica è parte integrale dell'attività degli economisti. Smith e Marshall ne hanno fatto oggetto assiduo delle loro ricerche. Oggi si occupano del problema gran numero di studiosi. Un maggior benessere sociale ed una più equa ri-partizione dei beni è infatti la meta cui si tende da rutti nei tempi moderni e verso cui il progresso sospinge ineluttabilmente sia pure attraverso inevitabili errori.

Un libro che ha fatto epoca in materia, che è stato ampia-mente discusso e cui si ricorre di solito quando si desidera pro-curarsi le necessarie cognizioni sull'argomento è l'Economia, del Benessere del prof. Pigou. Per quanto sempre ricco di interesse, esso non possiede tuttavia più il sapore della novità. Tale sa-pore mantiene invece intatto A Critique of Welfare Economics di I. M. D. Little (Oxford - Clarendon Press). Recensioni su di esso si susseguono di continuo da qualche tempo sulle più importanti riviste di ogni parte del mondo; studiosi di ogni paese si schierano prò o contro le teorie del Little, tessono elogi intorno ad esse od elevano obiezioni. Su di un punto però anche i più accaniti avversari concordano, che il libro, scritto in modo brillante ed attraente, costituisce il più importante lavoro di carattere generale che sia stato pubblicato sull'economia del be-nessere dopo l'opera del Pigou.

Allorché ci si pone a studiare tale problema, subito saltano agli occhi alcuni punti principali, che è necessario chiarire pri-ma di poter procedere oltre. Innanzi tutto che cosa significhi aumentare al massimo il benessere della comunità, poi in qual modo ci si venga a trovare nelle migliori condizioni per rag-giungere tale scopo, ed infine come l'economia del benessere possa ragionevolmente bilanciarsi fra capitalismo e socialismo e le politiche economiche che ne conseguono.

Nella sua acuta disamina in materia il Little non trascura nessuno degli argomenti cui abbiamo fatto cenno, ma uno più degli altri sembra stargli a cuore, e su di esso s'intrattiene più a lungo e con maggior ampiezza, il primo. N è alcuno potrebbe negare che esso sia uno dei punti chiave dell'economia del be-nessere. N o n si può giungere infatti ad alcuna conclusione, se non lo si fissi prima in modo preciso e ben determinato.

Scopo del libro del Little è senza dubbio fornire all'umanità la possibilità di una vita migliore e più felice nelle condizioni che più si adeguano al desiderio di ognuno, vale a dire uno scopo eminentemente pratico, ma per giungere alla formulazione di quelle che dovrebbero essere le vie atte a condurre a tali risultati pratici, egli parte, come del resto anche i suoi prede-cessori da presupposti teorici. La formulazione dell'economia

del benessere è connessa infatti ad alcuni problemi filosofici, nè si può concepirla al di fuori di essi. Cosi nella prima parte del suo libro che, a giudizio di alcuni eminenti economisti, è anche la migliore, il Little passa al vaglio della critica tali problemi. Qual è il significato del benessere? Quali le sue relazioni con le scelte compiute dai singoli individui? Quale la possibilità ed il significato dei confronti che vengono istituiti fra persone diverse e la loro relazione coi giudizi sul benessere economico? Quale la parte sostenuta dalla distribuzione del reddito?

N o n vi è alcuno fra questi problemi che non sia della mas-sima importanza. Ad ognuno di essi il Little dedica la sua at-tenzione appassionata e profonda; cercando di sviscerarli in ogni particolare e di trarne conclusioni logiche ed utili, ma essi non sono i soli su cui si sofferma e di cui cerca con acuto esame e sottile lavorio la risoluzione.

Due altre domande si presentano, ad esempio, alla sua mente cui cerca una risposta adeguata, persuaso di non poter nulla risolvere se non riesce a trovarla. Ecco innanzi tutto la prima. Se gli effetti di una data politica, si chiede il Little, non si pos-sono scorgere che a distanza di tempo, mentre frattanto i gusti degli appartenenti ad una data comunità sono necessariamente andati mutando, come si può trarre da essa un giudizio esatto per ottenere un aumento del benessere?

N o n vi è chi non intenda di primo acchito l'interesse che a tale domanda è connesso. Ma non meno grande è l'interesse della seconda che il Little si pone. Come si può da un lato connettere il giudizio per l'aumento del benessere sociale a pro-posizioni etiche e dall'altro alla distribuzione della felicità fra gli individui?

Siamo sempre qui nel campo della speculazione pura e del problema astratto, ma non si potrebbe, a parere del Little, giun-gere a trattare della parte positiva e pratica dell'economia del benessere, se non ci si fosse soffermati a discutere e vagliare con

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induzioni che si traggono di solito da esse in politica non pos-sono venire accettate con la semplicità e l'incoerenza con cui in genere si suole farlo. Errata la base di partenza, devono infat-ti essere necessariamente errate anche le conclusioni che se ne traggono.

Questo il ragionamento generale del Little. Ma dal ragio-namento generale egli passa poi a quello particolare, vale a dire all'esame di un certo numero di conclusioni specifiche tratte irragionevolmente in politica, come la determinazione dei prezzi nelle imprese nazionalizzate, i criteri per compiere investimenti indivisibili e i guadagni del commercio estero. E tali conclusioni egli esamina parte alla luce dei suoi ragionamenti precedenti e parte in vista delle possibilità pratiche che si possono dedurne. Come si è avuto agio di comprendere da quanto siamo via via venuti accennando, l'autore non rifugge dall'affrontare alcune delle difficoltà inerenti all'argomento che si è proposto di stu-diare e dal meditare a lungo sopra di esse. La relazione che in-tercorre fra il benessere ed il comportamento attuale dell'indivi-duo, la necessità e difficoltà d'incorporare considerazioni distribu-tive in considerazioni politiche, le scelte che si è obbligati a fare quando non tutte le condizioni per il migliore standard di vita possono essere soddisfatte, sono realmente le vere e maggiori difficoltà per l'applicazione della teoria del benes-sere all'esistenza umana. Il solo fatto di essersene reso conto, di essere riuscito a fissare l'attenzione degli studiosi su proble-mi di cosi alta importanza, di aver acceso innumerevoli discus-sioni e polemiche sull'argomento, dice quale sia il valore del libro del Little e di quale vantaggio esso possa riuscire, anche

se non se ne debbono disconoscere alcuni difetti, come quello del tono eccessivamente polemico, di una mancanza in alcuni casi di logica rigorosa nelle conclusioni, del fatto che il suo studio riguarda l'individuo esclusivamente come consumatore e non come produttore, e che si riattacca alla tradizione nel modo di trattare l'argomento, ponendo a fondamento di ogni sua co-struzione l'ordine di scelta dell'individuo.

Più che nelle deduzioni che trae, il Little appare perciò felice nell'impostazione e nella discussione dei problemi filosofici per la formulazione dell'economia del benessere.

Come già abbiamo detto, due sono le interrogazioni princi-pali che egli si pone in questo campo. Qual è la relazione fra il lavoro che ciascuno si sceglie ed il benessere? Quale il signi-ficato della distribuzione del benessere fra gli individui? Trat-tando della distribuzione del benessere, egli cade però

senz'av-vedersene in contraddizione. Da un lato conclude infatti che il concetto di una distribuzione ideale è senza significato a causa della vaghezza del concetto stesso, d'altro lato pensa che sia possibile paragonare fra di loro due distribuzioni qualsiasi in-dipendentemente dal reddito reale totale. Dove si può però concordare pienamente con lui è quando asserisce che il be-nessere deve essere interpretato nei termini dell'uomo medio.

Vagliato così con attenzione ogni argomento, il Little cerca di stabilire sulla base della sua analisi filosofica una serie di con-dizioni sufficienti al miglioramento del benessere. Egli parte dal criterio conosciuto dagli economisti col nome di Kaldor-Hicks, cioè: si può mutare dalla situazione A alla situazione B, se vi è una redistribuzione dei beni nella seconda situazione che faccia si che ognuno si trovi meglio in essa che nella situazione B. Tale criterio, a suo parere, pecca tuttavia da due lati, primo perchè ignora la distribuzione del reddito; secondo perchè può indurre alla conclusione paradossale che talora sia giovevole muovere prima da A a B e poi di nuovo da B ad A. Perciò egli intro-duce il criterio del professor Scitovsky, criterio secondo il quale non deve mai esservi una tale redistribuzione dei beni nella si-tuazione A per cui qualcuno si trovi meglio in essa che nella situazione B. Ed infine sembra porsi tre alternative: movimento da A a B, redistribuzione del reddito in A, permanenza dello status quo.

Secondo Little otto combinazioni sono possibili, e per ognuna egli indica in un'apposita tabella, che riproduciamo, la via da seguire.

Se la via indicata dal Little sia realmente quella esatta lascia-mo giudichi ogni lettore a seconda del suo criterio personale. Ad ogni modo anche chi non consenta pienamente con lui, deve pur sempre riconoscere il valore delle sue indagini e del contributo da lui portato ad un argomento di grande importanza ed attualità nel campo politico e sociale, ed intorno al quale gli studiosi si af-faticano in gran numero nell'intento di aprire all'umanità un av-venire più prospero e migliore. Ogni passo innanzi che si compie nell'intento di fornire agli uomini un più elevato tenore di vita ed una più piena felicità nella vita stessa, anche se non fosse che un piccolo passo, merita di essere tenuto in considerazione. Certo il cammino è lento e difficile, ma la meta cui si tende merita che si faccia ogni sforzo per tentare di raggiungerla. E se non ci si perde di coraggio, il successo finisce poi sempre per coronare ogni impresa.

C A S I i 2 3 4 5 6 7 8

Criteri

Soddisfatto il criterio Kaldor-Hicks? sì sì sì no no no no

Soddisfatto il criterio Scitovsky? sì no no no no sì sì

Qualche redistribuzione del reddito? sì no sì no no sì no sì

Conclusioni

Deve esser eseguito il mutamento? sì ? no no no no no sì

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IL P R O B L E M A I R R I G U O

DELL'ALTIPIANO DI POIRINO

Studio di un progetto di massima per la sua soluzione

M A R I O Q U A G L I A

In uno studio presentato come tesi di laurea al Politecnico di Torino, a cui venne recentemente assegnato il premio destinato dalla Camera di Commercio, Industria e Agricoltura, il giovane ingegnere dott. Mario Quaglia ha affrontato un tema di grande interesse per l'economia agraria della Provincia di Torino: quello di fornire all'agro di Poirino, Villanova e Buttigliera d'Asti, Cambiano, Chieri e Riva di Chieri, una dotazione idrica su fficiente per quei miglioramenti colturali da cui si potrebbe ritrarre notevole profitto. Il problema da molto tempo è dibattuto nel campo tecnico ed economico ed ha formato e forma oggetto di ricerche e di progettazioni. La soluzione proposta e riassunta nella compendiosa relazione che viene pubblicata deve considerarsi particolarmente come un apporto al complesso esame della vitale questione che deve essere ad ogni modo considerata nella molte-plice varietà dei suoi aspetti di possibilità, convenienza, razionalità e rendimento.

S O M M A R I O

Il quesito principale, che ha servito di guida nel-l'affrontare lo studio del problema irriguo dell'Altipiano di Poirino, era di ricercare u n a soluzione la quale, superando le complesse difficoltà contro cui erano n a u f r a g a t i prece-denti tentativi, permettesse, nell'ambito di u n a regimazione idrica dell'Alto Piemonte, di estendere i benefici dell'irri-gazione ad u n a regione suscettibile di ampi miglioramenti agronomici; regione la cui economia agricola per le sfavo-revoli sue condizioni idrografiche può a t t u a l m e n t e fare affi-damento soltanto sulle scarse precipitazioni atmosferiche.

Il fondamento tecnico ed economico di detto p r o g r a m m a irriguo riposa, in primo luogo, sulle potenzialità idriche rese disponibili nell'Alto P i e m o n t e con un b u o n governo delle acque, nonché sull'affidamento di poterne usufruire quando il loro impiego risulti giustificato dalla pubblica utilità dell'opera irrigua a cui verrebbero destinate: in se-condo luogo, sulla rispondenza di questa al p r o g r a m m a irriguo con u n risultante equilibrio f r a la spesa di costru-zione e l'incremento del reddito agrario conseguente all'ir-rigazione.

Attuale situazione irrigua

della regione a sud-est di Torino. F r a le propaggini collinari della zona di Chieri a nord e quelle a sud verso Cellerengo e Pralormo, si estende u n pianoro leggermente o n d u l a t o l e , _ d a l l a linea del Po, si in-nalza g r a d u a l m e n t e fino al ciglione di S. Paolo della Valle, ove si affaccia alla valle del Rio Traversola.

È questa u n a fertile zona che si estende in destra del P o sui territori di Carmagnola e Villastellone e si insinua t r a i rilievi delle colline langhia.no-monferrine comprendendovi l'agro di Poirino, Villanova d'Asti, Buttigliera d'Asti, R i v a

di Chieri, Chieri e Cambiano. Si t r a t t a di circa 40.000 et-tari, nei quali l'irrigazione è a t t u a l m e n t e limitata nella quasi totalità ad u n a striscia corrente sul fianco destro del Po per u n a superfìcie di circa 4.000 ettari. Quivi l'irri-gazione è effettuata con derivazioni dai corsi d'acqua del-l'alta p i a n u r a piemontese e, per la maggior parte, con l'emù ngimento della, falda freatica sotterranea per mezzo di numerosi pozzi trivellati. Verso quest'ultima soluzione si orientano gli agricoltori della zona, estendendone l'appli-cazione fino ai primi rilievi collinari, limite estremo a cui perviene la falda freatica padana.

Nella regione comprendente p a r t e dei territori di Poi-rino e Cambiano e nella totalità quelli di Pralormo, Vil-lanova d'Asti, Buttigliera d'Asti, R i v a di Chieri e Chieri si pratica u n a limitata irrigazione di soccorso, raccogliendo le acque meteoriche scolanti in laghi artificiali (lago della Spina (me. 1.000.000), lago di Ternavasso (me. 230.000) nel Comune di Pralormo ed il lago di Arignano (me. 800.000, nelle vicinanze di Chieri) ed in numerosi piccoli serbatoi a corona (peschiere).

A questa zona la n a t u r a è s t a t a matrigna nel straniarla dal naturale deflusso delle acque superficiali scendenti dalla catena alpina e delle acque sotterranee correnti sotto la gran coltre diluviale della pianura dell'Alta Valle p a d a n a . Questa particolare situazione è aggravata dalla ristrettezza del bacino imbrifero locale, dalla mancanza di estese re-gioni boscose, dalla n a t u r a quasi impermeabile del terreno; condizioni naturali che conferiscono al collettore principale del bacino, il torrente B a n n a , ed ai suoi varii affluenti caratteristiche torrentizie con piene notevoli e di breve d u r a t a alternate a periodi di deflussi ridotti a p o r t a t e mi-nime. La disponibilità di acque irrigue estive si riduce per-t a n per-t o a minimi per-trascurabili.

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di agronomi insigni, di Associazioni agrarie e di Enti irri-gatori. Molti sono stati i propositi, ma i privilegi già acqui-siti sulle acque discendenti dalla catena alpina e l'onere non indifferente per la loro adduzione in tale comprensorio hanno sempre impedito la risoluzione di quest'annoso pro-blema.

P o s s i b i l i t à (li u u a r a z i o n a l e i r r i g a z i o n e .

Dall'esame dell'orografia della regione a sud-est di Torino, delle sue risorse idriche, delle soluzioni pratiche finora attuate o proposte per la risoluzione del problema irriguo, si deduce che:

— Nel triangolo Carmagnola, Yillastellone, Santena, Poirino e per breve tratto nella zona a sud della provin-ciale Carmagnola Poirino, l'irrigazione può essere effettuata mediante pozzi attingenti alla ricca falda freatica sotto-stante.

— Sull'altipiano di Chieri, Eiva di Chieri e Villanova d'Asti e sulle propaggini collinari di Poirino e Pralormo, le risorse idriche locali sono insufficienti a sopperire alle necessità dell'economia agricola di questa regione, e t u t t o

al più possono concorrervi per una quota parte mediante invasi delle acque meteoriche. Ne consegue pertanto la ne-cessità di integrare le insufficienze locali con l'apporto di acqua proveniente dalla pianura dell'Alto Piemonte.

In qual modo? Le soluzioni proposte per le quali non si potè conseguire risultato positivo, riguardano:

1) l'emungimento della falda freatica della pianura padana a mezzo di pozzi o fontanili ed impianti di solle-vamento per elevare le acque alla quota del comprensorio;

2) la derivazione di acque superficiali nel periodo irriguo dal Po o dai suoi affluenti e la loro adduzione al comprensorio che, a seconda della quota di presa, poteva avvenire a semplice gravità o con l'ausilio di un impianto di sollevamento.

Quale altra soluzione è possibile?

Si presenta al riguardo una propria proposta, resa possibile qualora concorrano due adduzioni, l'una di acque sotterranee, l'altra di acque di morbida, in forma integra-tiva fra di loro, e precisamente:

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b) la derivazione a gravità, nel periodo di morbida, di acque superficiali defluenti nei corsi d'acqua dell'alta pianura padana a quote superiori a quelle del comprensorio e loro adduzione a quest'ultimo per la formazione di invasi usufruendo della stessa condotta sopra indicata.

Con questa duplice utilizzazione di acque alte, in forma f r a di loro integrativa, si consegue un'equa ripartizione della ricchezza idrica tra una regione favorita, quale la pianura padana, ed una regione povera, quale il compren-sorio in esame. Però a tal fine la regione deficitaria deve contribuire con il completo sfruttamento delle sue risorse idriche, e cioè con invasi delle sue acque meteoriche, con-tenendo la sua richiesta di acqua alla zona di pianura nei limiti di stretta necessità.

Ciò è possibile tenendo presente che l'alta pianura pie-montese ha già impegnate nel periodo estivo e iemale t u t t e le possibilità dei suoi corsi d'acqua naturali e le re-stano disponibili solo quota parte delle acque di morbida di questi ultimi; e tenendo presente che la stessa regione può disporre ancora ulteriori utilizzazioni di acque sotterranee sempre che l'emungimento attuale di queste non si effettui a deflusso libero tutto l'anno, ma venga disciplinato in deflusso strettamente estivo.

Particolare caratteristica del progetto, che lo differenzia da altri precedentemente studiati, consiste nell'adduzione dell'acqua irrigua a mezzo della sola gravità, evitando ogni sollevamento meccanico della stessa: e ciò per garan-tire la massima funzionalità, economia ed indipendenza dell'impianto da qualsiasi onere di esercizio derivante dal-l'impiego di energia. A questo basilare concetto si uniformò la scelta del metodo irriguo ad adottarsi per la distribuzione dell'acqua alle colture, per cui f u prescelto il classico me-todo dello scorrimento, sebbene la spesa per la sistemazione dei terreni in dolce declivio riesca onerosa.

Facendo riferimento a detto sistema f u valutato il fab-bisogno irriguo unitario per ettaro ed, in base alle dispo-nibilità idriche ed alle condizioni altimetriche della regione, venne determinata la superficie su cui poteva essere estesa l'irrigazione.

Con l'utilizzazione dei deflussi locali a mezzo di invasi e con l'apporto delle acque freatiche e delle acque di mor-bida, riescirebbe disponibile un corpo d'acqua della por-t a por-t a di mc/sec 3,700 cospor-tanpor-te nel periodo irriguo, il quale permetterebbe l'applicazione dell'irrigazione ad un com-prensorio di circa 13.920 ettari di superficie, esteso ai ter-ritori di Poirino, Villanova d'Asti e E i v a di Chieri.

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/solà beltà Villanova I d'fisti IO reno 'S P&o/o /So/brito Dosino* 'O

Comprensorio irriguo - ettari 13.920 Serbatoi me. 2 0 . 7 0 0 . 0 0 0 L i m i t e j a l d a freatica — Condotta in cemento armato

TroPare/io g g ^ Pecetto Canale distributore Canali derivatori + _ d e l corsi d'acqua

>) Mor/ondo Torinese

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Disponibilità idriche

previste per l'irrigazione del comprensorio. I rilievi topografici e geognostici dimostrano la possi-bilità di creare nella fascia collinare a sud dell'abitato di Poirino, sovrastante il comprensorio irriguo, un complesso di sette serbatoi della capacità variabile fra i 2 ed i 5 milioni di me. per complessivi 20 milioni di me. circa.

D e t t a zona presenta un complesso di fattori favorevoli per la formazione di invasi artificiali e cioè: impermeabilità del suolo ; presenza in sito di materiali idonei alla formazione di dighe in terra ; configurazione ondulata del terreno a d a t t a alla formazione di cospicui invasi con dighe in terra di modesta altezza; scarsa abitabilità e produttività delle località destinate agli invasi.

Riprendendo l'esempio che ci hanno lasciato i nostri padri con opere che, quali il lago della Spina presso Pra-lormo, hanno brillantemente superato il collaudo del secolo, si è prevista la formazione di dighe in terra per la creazione dei bacini di invaso. Il movimento di terra occorrente per la loro costruzione è stato preventivato in 1 milione di me. circa. I n detti serbatoi dovranno affluire i deflussi dei bacini imbriferi loro dominanti, estendentesi su u n a superficie di

circa 53 kmq. e comprendenti i bacini di Rio Ricearello, del Rio Increna, del Rio Riretto, del Rio Verde e del Rio Venesima.

Risultando l'altezza media delle locali precipitazioni annue di 750 mm. circa, dei quali 230 mm. si hanno du-rante il periodo irriguo (da giugno a metà settembre), si sono computati i deflussi durante i periodi piovosi come i soli che possono essere invasati, e questi risulterebbero in 10 milioni di me. circa.

Per l'invaso della restante capacità dei serbatoi ancora utilizzabile, 10 milioni di me., si f a assegnamento sulla di-sponibilità delle acque di morbida della Stura di Demonte, le quali, derivate per una p o r t a t a limitata a mc/sec 1,5, permetterebbero di conseguire il corpo d'acqua richiesto in soli 78 giorni nel periodo corrente da marzo a giugno e da ottobre a dicembre: mesi in cui la p o r t a t a di detto fiume supera o eguaglia il suo valore medio di me /sec 25, per-mettendo una certa disponibilità oltre i 19 mc/sec già impegnati dalle utenze in atto sulla Stura.

Si nota che durante il periodo irriguo le acque della, Stura di Demonte sono totalmente utilizzate dalle attuali derivazioni ed anzi risultano in alcuni periodi insufficienti a sopperire alla richiesta. Il Piano in progetto per la

rego-ConJo//o Pma* = tea /Cg/cw' m. 2.620 |_Cond. Pmax'iso Kg/cm*m. 1.700 Cond. Pmdx* /so kg/cm* m. Sioà ; Cond. Pmax = 2 Kg/cml m. S 95C

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lazione dell'Alto Tanaro prevede di poter migliorare l'at-tuale situazione e rendere disponibile nel periodo irriguo un corpo d'acqua a beneficio degli utenti in sponda sinistra della Stura, e quindi anche per l'agro di Poirino. P u r non facendo affidamento su questa disponibilità di acque nel periodo irriguo, dipendente dalla realizzazione delle opere di regolazione lungo il corso del Tanaro, il programma in esame presenta, sia nelle sue origini, che nello sviluppo del tracciato, caratteristiche del t u t t o rispondenti all'utilizza-zione delle acque previste disponibili dal progetto del Piano dell'Alto Tanaro; al caso quindi potrà servirsene. Per l'adduzione di acque, durante il periodo irriguo, dalla pianura piemontese all'agro di Poirino e di Villanova, il presente studio fa riferimento alle constatazioni f a t t e dagli idraulici sulla potenzialità imponente e costante della falda idrica sotterranea nella zona fra Centallo e Savigliano, soggetta ad emungimento continuo in t u t t o il periodo an-nuale a mezzo di numerosi fontanili, dei quali i soli tribu-tarli del Canale Medea (Naviglio di Bra) hanno un deflusso di mc/sec 1,7.

Il progetto si fonda sul presupposto che la legge sulle acque, B.D.L. 11-12-1933 n. 1775, abbia a perfezio-narsi nelle « disposizioni speciali sulle acque sotterranee »,

stabilendo che, se esse vengono utilizzate a scopo irriguo, H loro deflusso venga disciplinato ammettendolo solo per d periodo estivo: si potrà così evitare lo sperpero che at-tualmente si verifica per quasi otto mesi all'anno. Prov-vedimento questo che tornerebbe quanto mai opportuno perchè il minor impoverimento della falda nel periodo iemale permetterebbe un maggior emungimento nel periodo estivo senza turbamento sensibile al regime delle acque sotterranee.

Le considerazioni esposte valgono in modo particolare per il caso in esame perchè nella zona t r a Centallo e Savi-gliano la altitudine, superiore all'Altipiano di Poirino, per-metterebbe alle acque freatiche opportunamente convo-gliate di raggiungere quest'ultimo; e la loro disciplina, anche se applicata parzialmente nella detta località, può rendere ammissibile nel periodo estivo una nuova eroga-zione di mc/sec 1,5.

I n base a questa pregiudiziale di carattere legislativo sulla disciplina dell'utilizzazione delle acque freatiche, il progetto prevede nella zona dei Sagnassi (Centallo) la tere-brazione di 25 pozzi emuntori del diametro di 400 mm. spinti alla profondità di m. 15 e distanziati f r a di loro di m. 40 circa, disposti sul fondo dei nuovi fontanili a

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MMIRAPNAWMIÉIM

Lago della "Spina" - Pralormo.

Lago di Temavasso - Pralormo.

Lago "Spina" - Pralormo.

struirsi per una lunghezza complessiva di circa 1 km. La portata dei pozzi valutabile in 1/sec 1.125 e la portata na-turale dei fontanili stimabile in 1 /sec 500 fornirebbero nel loro insieme la portata necessaria di mc/sec 1,5.

Complessivamente, considerando la durata del periodo irriguo; di 105 giorni, dal 1° giugno al 15 settembre, il quan-titativo eli acqua disponibile per l'irrigazione risulta: — Acqua invasata nei serbatoi, comprensiva

dei deflussi locali e delle acque di morbida derivate dalla Stura me. 20.000.000: quan-titativo che corrisponde per il periodo

ir-riguo ad una portata costante di . . . 1 /sec 2.200 — Corpo d'acqua derivato dai fontanili nel

periodo irriguo della portata costante di . » 1.500 da cui una portata complessiva di 1/sec 3.700

Tracciato

della condotta di adduzione. L'altimetria del comprensorio ad irrigarsi impone al-l'asta principale della rete di distribuzione dell'acqua ir-rigua, di raggiungere l'abitato di S. Paolo della Valle, al-l'estremo del terrazzo soprastante la valle Traversola, a quota m. 267. Per raggiungere tale quota una condotta a gravità proveniente dall'alta pianura piemontese deve pervenirvi dalla Sella di Bra, attraversandola a maggior

quota possibile sia nel caso le acque di morbida vi giun-gano dalla Stura, oppure dalla Maira, e le acque sotter-ranee vi arrivino dalla zona dei fontanili o con eduzione alle quote alte dei Sagnassi (Centallo), oppure alle quote basse di Savigliano.

La Sella di Bra è percorsa presentemente da un canale che ha presso a poco le stesse finalità: il Naviglio di Bra. Aperto ad opera di Emanuele Filiberto, duca di Savoia, per la derivazione delle acque dal fiume Stura a valle di Fossano, il Naviglio di Bra venne impinguato con la deri-vazione dal torr. Melica, nel quale vennero immesse in se-condo tempo anche le acque dei fontanili della regione Sagnassi di Centallo; la portata complessiva del Naviglio è circa me /sec 6 ed è destinata all'irrigazione della pianura di Bra, Sanfrè, Sommariva.

Nella sua duplice origine e nel suo sviluppo fino a Bra il Naviglio indicherebbe la traccia ideale per la condotta di adduzione delle acque destinate al comprensorio di Poirino. Oltre la Sella di Bra il Naviglio nella sua prose-cuzione verso Sommariva perde quota e quindi manca allo scopo di cui sopra; motivo per cui oltre Bra la condotta in progetto deve assumere un tracciato suo proprio dipen-dente dalla quota terminale di S. Paolo della Valle e por-tarsi quindi ai margini della collina braidese, sviluppandosi a metà costa verso Sommariva, Pralormo.

Si prevede infatti che il quantitativo di acqua emunto dai fontanili dei Sagnassi venga convogliato nel Canale Mellea e poscia nel Naviglio di Bra fino alla presa della condotta di adduzione in regione Riva di Bra (quota m. 293 s.l.m.). Così pure per convogliare le acque della Stura di Demonte si usufruirebbe del Naviglio di Bra dalla sua deri-vazione dalla Stura a valle di Cuneo sino al ciglio dell'Al-tipiano di fronte a Bra. Necessita quindi, per convogliare una maggior portata di mc/sec 1,5, l'ampliamento della sezione di detti canali.

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for-inazione di opere d'arte (ponti, canali, sifoni, ecc.) oltre che un più lungo e tortuoso percorso, quale sarebbe richiesto da un canale; inoltre riduce in notevole misura le perdite d'acqua lungo il percorso; infine non costituisce una ser-vitù per i terreni attraversati, essendo totalmente inter-rata.

Il tracciato della condotta avrà un andamento altime-trico piuttosto movimentato seguendo dapprima la bas-sura della Sella di Bra, poi il margine delle colline braidesi lungo il quale dovrà attraversare gli avvallamenti dei corsi d'acqua; e infine si addentrerà nella regione collinare a nord di Pralormo, attraversando le varie insenature susse-guentesi. L'andamento del terreno in corrispondenza del tracciato continuamente si scosta dalla linea piezometrica, determinandosi nella condotta una pressione che varia se-condo le tratte fino ad un massimo di 2,5 atmosfere.

Detta condotta progettata in cemento armato del dia-metro di m. 1,70 si estende dai pressi di Eiva di Bra fino a raggiungere il margine est dell'altipiano di Yillanova d'Asti nei pressi di Valfenera con una lunghezza comples-siva di km. 34,400; il dislivello fra le estremità di m. 21 è sufficiente a smaltire la portata prevista, in quanto la perdita di carico unitaria è risultata del 0,5 per mille.

Le constatazioni di cui sopra in merito al Naviglio di Bra, portano ad ammettere che la soluzione ovvia per la formazione del canale in progetto si abbia nel considerare questo come un tutto unico con il Naviglio di Bra nel suo sviluppo dalle duplici origini di questo sino all'altezza di Bra; e si abbia nel considerare questo come un diversivo del Naviglio la condotta in pressione nel suo sviluppo successivo dalla Sella di Bra verso Pralormo.

Tenuta Banna - Poirino.

Il comprensorio irriguo. Le principali caratteristiche pedologiche dei terreni del-l'altipiano di Poirino si possono così riassumere: avanzato stato di argillificazione, pronunciata sovra ossidazione di materiali ferriferi con formazione di ferretto, scarsa pre-senza di carbonati e silicati alterabili. Quindi ci si trova in presenza di terreni ferrettizzati di color rossiccio, privi o poverissimi di calcare, con reazione acida più o meno accentuata, nei quali la presenza di loess ne migliora alquanto le attitudini agronomiche. Per quanto riguarda la sua strut-tura fisica il terreno presenta una notevole percentuale di limo ed argilla, mentre scarso è lo scheletro sabbioso.

Facendo riferimento a dette caratteristiche pedologiche del terreno ed allo scopo che l'irrigazione si prefigge di assi-curare essenzialmente la produzione foraggiera, si sono sta-biliti i seguenti consumi idrici unitari:

— per i prati stabili un quantitativo di acqua di me. 5.000 per ettaro corrispondenti a circa me. 700 per adacquamento ed ad una dispensa continua di 0,56 1/sec.;

— per i campi destinati a colture (granoturco, bietole, ecc.) un quantitativo d'acqua di me. 2.000 per ettaro cor-rispondente a me. 400 per adacquamento e ad una di-spensa continua di 0,30 1 /sec.

Considerando che generalmente l'irrigazione ha inizio per i prati ai primi di giugno e per gli arativi ai primi di luglio, la durata del periodo irriguo può ritenersi limitata per i primi a tre mesi e mezzo, dal 1 giugno al .15 settembre, per i secondi a due mesi e mezzo, dal 1 luglio al 15 settembre. In detto periodo, poiché la natura del terreno è argillosa e quasi impermeabile, si può praticare con l'irrigazione a scorrimento un adacquamento ogni due settimane, ossia un totale di sette adacquamenti per i prati e di cinque per i campi.

Valutando che di ogni unità poderale il 72% sia posto a coltura, quali prati e arativi, mentre la restante aliquota sia adibita a campi in riposo, boschi, ecc., la suddivisione della superfìcie del comprensorio secondo le varie colture ed

Pianura di Pralormo - Ternavasso.

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il volume d'acqua spettante in base ai diversi consumi idrici unitari risultano:

C o l t i v a z i o n i r a p p o r t o p e r c e n t . % c o n s u m o idr. u n i t . m c / e t t . superficie e t t . v o l u m e ci' a c q u a o c c o r r e n t e m e . p o r t a t a c o n t i n u a f i t t i z i a 1 / s e c . M a g g e s e ( r i p o s o ) 20 % 2.785

_

C a m p i a v i c e n d a 40 % 2.000 5 . 5 6 8 1 1 . 1 3 6 . 0 0 0 1.200 P r a t i 32 % 5.000 4.454 2 2 . 2 7 0 . 0 0 0 2.500 B o s c h i , i n c o l t i , eoe 3 % — 1.113 — — 13.920 3 3 . 4 0 6 . 0 0 0 3 . 7 0 0 Il quantitativo di acqua occorrente, invasato nei ser-batoi o addotto direttamente dalla condotta durante il periodo irriguo, viene distribuito mediante un canale di-stributore principale, ohe, seguendo l'andamento delle curve di livello, abbraccia t u t t o il comprensorio. Da detto canale si dipartono i canali distributori secondari, che seguendo le linee di maggior pendio penetrano in profondità nella zona da irrigare e ad essi si innestano poi i canaletti ter-ziarii o adacquatrici, destinati a portare l'acqua sulle par-ticelle irrigue.

Il problema irriguo dell'agro di Poirino e di Villanova è stato studiato nelle sue linee generali, sia per quanto ri-guarda l'approvvigionamento idrico che l'adduzione delle acque al comprensorio. Solo uno studio più approfondito permetterà di valutare quale sistema per la distribuzione dell'acqua alle colture risulti più conveniente: quello a scorrimento, comportante l'onere della sistemazione dei terreni irrigati, oppure quello per aspersione. Quest'ultimo, pur presentando notevoli vantaggi agronomici ed un ri-sparmio di acqua, rispetto al precedente, di circa 1 /3, pur tuttavia comporta un onere non indifferente per il suo esercizio, richiedendo una rete di condotte di distribuzione in pressione ed u n impianto di pompaggio onde permettere all'acqua di giungere agli ugelli distributori con la neces-saria pressione risultando insufficiente la cadente naturale.

Problema questo soprattutto di convenienza economica, che, qualora risulti a favore dell'uno o dell'altro sistema, a scorrimento o ad aspersione, non viene ad alterare i linea-menti caratteristici del presente progetto.

Con il secondo sistema, escludendosi a priori la possibi-lità di servire un comprensorio così vasto con un'unica rete di distribuzione dell'acqua in pressione, in quanto si presenterebbero non lievi difficoltà di esercizio, si tratterà

nc/sec. P o r t a t a d e l l a S t u r a d i D e -m o n t e a V a l l e d i C u n e o . bacino imbrifero Kmq. 1165 P o r t a t a m e d i a a n n u a m e t r i -c u b i / s e -c o n d i 2 5 , 1 1 . P o r t a t e i m p e g n a t e d a l l e d e r i -v a z i o n i p r e l a t i -v e . A | M | G | L P O R T A T A D E L L A S T U R A D I D E M O N T E

di suddividere l'area del comprensorio in diversi lotti, cia-scuno dei quali sia servito da un impianto di pompaggio e da una rete di distribuzione sua propria derivante l'acqua da un canale distributore.

A tale proposito occorre notare che il costo di impianto, comprendente il gruppo moto-pompa, le linee di energia elettrica, U materiale fìsso e mobile, si aggira sulle L. 150

-200 nula per ettaro, ed il puro costo di esercizio per l'intero periodo irriguo sulle L. 15 mila per ettaro.

Contenuto il quesito in questi limiti, l'irrigazione a pioggia permetterebbe, qualora le disponibilità idriche estive risultassero maggiori di quelle previste, di estendere l'area del comprensorio anche alla zona di Pralormo, Buttigliera d'Asti e Chieri.

Preventivo di spesa e bilancio di esercizio. Per quanto riguarda l'onere finanziario derivante dalla realizzazione del complesso di opere previste dal programma irriguo, i compiti economici eseguiti con larga approssima-zione in questo studio di massima fanno ammontare l'im-porto complessivo in L. 2 miliardi circa; a cui corrispon-derebbe un costo unitario per ettaro di comprensorio irri-gato di L. 148.000, ed un costo per me. di acqua addotta annualmente al comprensorio eli L. 60.

Nel costo complessivo dell'impianto sono compresi gli oneri dovuti alle opere di raccolta e di adduzione delie aeque, alla costruzione dei serbatoi artificiali e dei canali distributori principali, non includendovi però le spese ine-renti alla sistemazione dei terreni.

Il piano finanziario prevede che l'ente preposto alla realizzazione di detto programma possa valersi di tutte le agevolazioni finanziarie offerte dallo Stato per l'esecuzione di tali opere. Presumendo il concorso Statale per il 45 % del costo complessivo • dell'impianto, vale a dire circa L. 900 milioni, per d restante capitale necessario L. 1.100 milioni è previsto un mutuo a contrarsi presso un Istituto di Credito Agrario con ammortamento trentennale, e tasso di interesse del 6 %.

Il bdancio annuo di esercizio, comprensivo dell'onere per interesse ed ammortamento del capitale mutuato e delle spese annue di esercizio, ammonterebbe a L. 100 milioni circa. Pertanto il prezzo di vendita dell'acqua espresso nelle diverse forme risulterebbe: di L. 3 circa per me. di acqua e di L. 7.300 per ettaro di comprensorio annualmente irrigato. Il programma esposto, adeguandosi nelle origini delle eduzioni e nello sviluppo delle condotte, alla forma e fina-lità di buona parte del Naviglio di Bra, troverebbe la mi-glior soluzione, meglio che con impianto suo proprio, nel-l'essere considerato come programma di ampliamento della zona di azione del Naviglio di Bra.

E d a tal fine si auspica che l'Amministrazione dei Canali Cavour, che ha l'esercizio del Naviglio di Bra, pa-trimonio demaniale, esamini con interesse la tesi svolta. Quanto a questa si può dimostrare che. dal connubio del Naviglio con il suo Diversivo in progetto, le utenze del primo non ne ricevono nocumento, e che il programma ir-riguo del comprensorio di Poirino ha fondamento economico. Lo Stato, di cui l'Amministrazione dei Canali Cavour è por t a t a ad essere la miglior interprete nel campo irriguo, non potrà rifiutare il suo appoggio per un'equa distribuzione delle risorse idriche regionali.

L'irrigazione dell'Altipiano di Poirino, Villanova d'Asti

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annata non sfavorevole alla produzione agri-cola.

L'eccezionale piovosità e la costante mi-tezza del clima, se hanno agito negativa-mente su alcune colture diminuendo legger-mente la resa normale media unitaria e in-fluendo sulle caratteristiche organolettiche e di conservabilità dei prodotti, hanno in compenso favorito in modo egregio le colti-vazioni che abbisognano di elevate disponi-bilità idriche.

Le spaventevoli alluvioni che hanno scon-volto l'economia di alcune zone italiane, non hanno risparmiato la nostra terra, ma hanno colpito superfici relativamente limitate inci-dendo solo leggermente sul complesso della produzione regionale. Il loro effetto negativo si renderà più palese nella prossima annata agraria.

Malgrado questi risultati abbastanza sod-disfacenti dal lato produttivo, persiste nelle campagne uno stato di disagio da attribuirsi principalmente al divario fra costi e prezzi che perdura dal termine della guerra.

Una leggera ripresa si è verificata nella quotazione del latte e si sono spuntati prezzi soddisfacenti per il granoturco, il foraggio e le carni, ma i prodotti agricoli fondamentali dell'economia piemontese — grano, uva e riso — non sono stati sufficien-temente remunerati.

Per contro i mezzi tecnici di produzione, le tassazioni, gli imponibili, la mano d'opera, hanno ancora accresciuto il loro peso nega-tivo sui redditi aziendali, assottigliandoli, fin quasi al limite estremo, nelle zone viticole e risicole.

Persiste la crisi nel settore montano e ne è testimonio il continuo esodo delle popola-zioni dalla terra natale e la miseria di quanti non possono trovare nel turismo rifugio e sostegno. Solo la Valle d'Aosta è in pieno risveglio e lascia prevedere un sistematico potenziamento delle risorse naturali della zona, così poco sfruttate nel passato.

In campo sindacale non abbiamo assistito in questo 1951 a gravi controversie con-trattuali, ma è tuttavia diffuso un senso di disagio per il permanere del blocco che an-chilosa i rapporti aziendali e rende difficile l'adeguamento delle capacità lavorative alle possibilità produttive del fondo, determi-nando a volte tensioni di rapporti fra ele-menti interessati che, se non giungono sem-pre alla fase giudiziale, sono pur spiacevoli e dannose.

S U L L A A N N A T A

AGRARIA 1951 E

RASSEGNA DELLE

PRODUZIONI IN

P I E M O N T E

A L D O M O R G A N D O

Il settore salariale ed avventizio non è stato turbato da scioperi. Il pericolo tut-tavia sussiste ed è conveniente e saggio eliminare quelle esche che si offrono non solo a chi tende per sistema a turbare l'ar-monia fra le diverse classi, ma anche a co-loro che aspirano a giuste rivendicazioni.

Il movimento cooperativistico è in cre-scente svilupioo nelle zone viticole, specie del Monferrato, dove ha dato vita a cantine so-ciali per la lavorazione e la vendita del vino ; tardo e inefficiente è invece in altri settori che pur sono, come la viticoltura, pressati da serie difficoltà economiche.

Il processo di penetrazione del progresso tecnico è assai lento nelle nostre campagne. Ostacolato dall'isteresi opposta da certi ceti agricoli e insufficientemente sostenuto da una capillare, dinamica e concreta opera di istruzione e da un sistema creditizio a tassi modici, è frenato dai costi troppo ele-vati dei mezzi tecnici di produzione.

Si è notato tuttavia un più generale uso di concimi e di prodotti anticrittogamici, di diserbanti nelle zone risicole, una più vasta adozione di trattori e macchine agricole e un interesse notevole per i centri di fecon-dazione artificiale e di cura della sterilità e per i Consorzi antigrandine.

L'afflusso di capitali alla terra è avvenuto con molta moderazione. Le cause sono indi-viduabili nello scarso interesse delle cate-gorie extra agricole a impiegare i loro ri-sparmi in attività a rendita modesta, nella difficoltà da parte dei coltivatori diretti e dei conduttori di realizzare redditi che per-mettano una immobilizzazione di capitale, nell'impossibilità del credito di servire con apporti adeguati in quantità e costo le mol-teplici esigenze degli agricoltori.

I lavori di sistemazione, di riattamento o di ampliamento di case rurali, stalle, portici, magazzini, che nell'immediato dopo guerra avevano assunto un ritmo tanto intenso, sono proseguiti senza eccessivo impegno.

Non pressati da immediata necessità di acqua, parecchi agricoltori hanno sopras-seduto al progettato impianto di pozzi, ciò

nonostante le trivellazioni sono state nu-merose e quasi ovunque coronate da suc-cesso.

Ancora qua e là in colle scassi e nuovi impianti di vigneti ad opera dei più otti-misti o di coloro che nella coltura dell'uva hanno la sola, se pur stentata, possibilità di vita. Anche impianti di frutteti, specie pescheti, si segnalano nelle Langhe e nel Saluzzese, mentre in tutta la collina e nelle zone pedemontane si intensificano le colture a noccioleto.

Lentissimo risulta l'infìttimento della rete elettrica a causa del suo alto costo.

Sono quasi totalmente ricostruite le opere danneggiate dalla guerra e in corso di asse-stamento i manufatti, gli impianti e le col-ture rovinati dalle alluvioni.

Il mercato dei terreni è stato in generale caratterizzato da una lieve tendenza al-l'aumento accentuatasi verso la fine del-l'anno in conseguenza dell'incerta situazione internazionale.

Le contrattazioni sono state modeste e raramente ispirate da finalità speculative, ma piuttosto dalla naturale tendenza alla possidenza da parte di chi coltiva e dallo scontento dei proprietari non coltivatori per i redditi troppo bassi e per i contratti pressoché insolubili con mezzadri e affit-tuari. Il deficiente flusso del credito per l'acquisto della piccola proprietà contadina ha rallentato, nell'ultimo scorcio dell'anno, il processo di trapasso, che per altro è stato generalmente limitato a fondi di scarso va-lore o ad appezzamenti di ridotta super-fìcie.

Questa, in rapidissima sintesi, la situa-zione agricola regionale nel passato anno, situazione, se non difficile, tuttavia lon-tana da quei risultati che le energie poten-ziali del Piemonte e le capacità produttive della sua gente certamente meriterebbero. Presentiamo ora una più dettagliata, se pur schematica, analisi dei prodotti e dei prezzi agricoli registrati nella scorsa annata.

Grano.

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Ili primavera invece le piogge frequenti ostacolarono le semine limitando a soli 680 ettari la superficie coltivata.

Abbondanza di erbe infestanti e ritardo nella maturazione furono gli elementi nega-tivi caratteristici di questa estate partico-larmente piovosa e insospettatamente mite, le cui conseguenze prevedibili furono de-ficienza qualitativa e leggera riduzione quan-titativa. I 6.380.000 quintali prodotti nel 1950 sono scesi quest'anno a 6.060.000 circa, con una riduzione di oltre 300.000 quintali pari al 5%. Ma più della variazione quanti-tativa ha inciso sfavorevolmente sul rac-colto lo scadimento qualitativo che è stato considerevole: all'ammasso obbligatorio nu-merose partite vennero rifiutate perchè do-tate di umidità superiore a 14% e peso dell'hl. inferiore a 75 kg.

Sentito è stato il contraccolpo subito dalle aziende per la determinazione del C.I.P. di stabilire in L. 6.250 q.le il prezzo di ammasso.

lìiso.

Le semine del riso non trovarono gravi ostacoli nelle piogge del marzo scorso, i trapianti invece, specie quelli su grano, vennero quasi ovunque ritardati dai pro-crastinati lavori di mietitura e di fienagione.

La fiducia mai spenta nei risicoltori ver-cellesi, novaresi e alessandrini, li indusse quest'anno a investire a riso una super-ficie ancora superiore al passato sì da toc-care quasi gli 80.450 ettari con un aumento sul 1950 di quasi 3.000 ettari.

Lento fu il processo di maturazione e qualche appezzamento, specie alle imbocca-ture, verdeggiava ancora quando già le altre pianticelle cadevano al ritmo cadenzato della lama falciante.

Temperatura, piogge e grandinate, at-tacchi parassitari, gettarono solo parzial-mente il loro peso negativo sulla bilancia: il 1951 fu in complesso un'annata normale che permise di realizzare circa 3.725.000 quintali, con una media unitaria di 46,3 quin-tali/ettaro. La leggera flessione unitaria, rispetto all'anno precedente, è più da impu-tarsi al basso peso specifico di alcune partite che non al volume della massa raccolta.

Come si sa l'Ente Risi ha elevato di 200 lire/q.le il secondo acconto versato ai con-ferenti all'ammasso, portando il prezzo prov-visorio da 5800 a 6.000 lire /q.le e riservan-dosi di pagare il conguaglio a fine stagione. Le contrattazioni sulle piazze di Novara e Vercelli si sono effettuate per il risone co-mune sulla base di 6.000 lire /q.le, per i semifini intorno alle 6.500-7.300 lire /q.le, per i fini intorno alle 7.300-8.200 lire/q.le.

Granoturco.

Pianta rigogliosa che abbisogna di fre-scura e di umidità il granoturco ha trovato quest'anno nelle frequenti piogge e nella temperatura mite, il clima ideale per il suo migliore sviluppo vegetativo.

Gli ibridi americani di importazione diretta e di produzione nazionale e le razze locali e nazionali, raggiunsero ovunque medie sod-disfacenti e punte elevatissime. Su di una superficie eguale (circa 124.000 ett.) il rac-colto ha superato di oltre un milione di quintali quello dell'anno precedente, rag-giungendo, tra colture primaverili (quintali

3.111.000) ed estive (q.li 269.000), i 3.380.000 quintali, con una media per le colture pri-maverili di 28,8 q.li/ett. e per quelle estive di 16,9 q.li/ett. Sono state le provincie di Cuneo e Torino ad investire le superfici più vaste, seguite dall'Alessandrino, ove bietole e tabacco tengono spesso il posto del mais quale coltura sarchiata.

All'elevato raccolto ha fatto riscontro l'alto prezzo : le punte minime sono state di poco inferiori alle 5.000 lire al q.le, mentre le massime hanno raggiunto e superato le 5.500 lire, con una tendenza del mercato al costante ed accentuato aumento.

Cereali minori.

Lievi contrazioni produttive si devono se-gnalare per i cosidetti cereali minori:

470.800 q.li di segale, 282.500 q.li di

avena, 26.500 di orzo-, contro i 512.000 q.li, 303.500 q.li, 32.600 q.li rispettivamente ot-tenuti nell'annata precedente.

La variazione è però da imputarsi più che a sfavorevole andamento stagionale, a ridu-zione della superficie investita che per le tre colture raggiunse complessivamente i 3.300 ettari in meno. Le medie unitarie re-gistrate sono come al solito basse: 13,4 quin-tali/ettaro per la segale, 15,1 q.li/ett. per l'avena, 14,2 q.li/ett. per l'orzo.

In compenso prezzi di gran lunga supe-riori a quelli ottenuti nel 1950. La segale, che al termine del raccolto spuntava lire 4.900-5.300 al quintale, raggiungeva nel-l'ultimo trimestre le 5.30Ò-5.660 lire al quintale, mentre l'avena passava dalle lire 4.000-4.100 dell'estate alle 4.500-4.600 di fine anno.

Patate.

Continua con impegno la lotta contro la Dorifora decemlincaia ingaggiata da agricol-tori ed Ispettorati, ma la vitagricol-toria è ancora lontana. La mancanza di tempestività dei trattamenti, la straordinaria prolificità del-l'insetto e, purtroppo, l'incuria di alcuni, acconsentono la formazione e la rapida espansione di focolai di infestazione.

I prezzi della patata, che già nel 1950 ave-vano segnato una flessione, hanno prose-guito nella loro parabola discendente sta-bilizzandosi su cifre varianti dalle 20 alle 35-40 lire il kg.

La patata primaticcia ha una coltura li-mitata (350 ett.) mentre la comune si estende su una superficie di circa 27.900 et-tari con una produzione di 2.616.000 q.li, pari a 94 q.li /ett. Continua il fenomeno dege-nerativo e poco o nulla viene fatto per sfrut-tare le nostre campagne come centri di sele-zione del prezioso tubero.

Colture industriali.

La coltura della bietola da zucchero ha con-tinuato ad estendersi superando di mille ettari la superficie investita lo scorso anno. Buone le medie unitarie (286 q.li/ett.) e tali da totalizzare una produzione di 1.208.000 quintali con un aumento rispetto al 1950 di oltre 450.000 q.li. In contrapposto il tasso di zucchero è stato modesto e il ri-tardo nel ritiro del prodotto da parte degli zuccherifici è stato grave, tanto da ridurre assai il vantaggio economico della coltura.

Nelle zone canapicole (Carmagnolese), malgrado le vicende e le delusioni subite, gli agricoltori si staccano malvolentieri dalla pianta amata e anche quest'anno 1095 ettari sono stati investiti a canapa con una pro-duzione di 12.300 q.li dei quali 6.300 da tiglio e 6.000 da seme.

Alta produzione unitaria della menta verde, modestissima la percentuale dell'essenza (anche un terzo in meno dello scorso anno) e poche le partite veramente di pregio. Gli agricoltori si sono coalizzati, per difendersi dai commercianti, distillando in proprio e vendendo l'essenza ad un mercato alquanto variabile e generalmente sostenuto.

Vaste plaghe dell'Alessandrino, e del Tor-tonese soprattutto, si sono ammantate an-che quest'anno delle regali foglie del tabacco, ma la coltura ha risentito dell'andamento stagionale e qua e là ha sofferto gli attacchi della sua più grande nemica: la grandine. La coltura del lino è quasi interamente scomparsa dal Piemonte, i pochi appezza-menti coltivati a Imo non superano i 100 et-tari e producono esclusivamente seme.

Fieno.

I foraggi quest'anno sono stati ovunque abbondanti. Anche le zone mancanti di irri-gazione hanno visto fienagioni copiose e pa-scoli ricchi e fecondi.

A 19.250.000 q.li circa si calcola la produ-zione in fieno dei prati avvicendati contro un raccolto precedente di meno di 13.000.000 di quintali. Più modesto il vantaggio totaliz-zato dai prati permanenti irrigui 10.260.000 quintali contro 8.915.000 del 1950; mentre il rendimento dei prati permanenti asciutti è stato di ben 2.710.000 q.li superiore al pas-sato e precisamente di 6.020.000 q.li contro 3.310.000 q.li. Anche i prati-pascoli e i pa-scoli hanno naturalmente superato le quote del passato anno toccando rispettivamente i 446.000 q.li e i 2.560.000 q.li. Ma dove le produzioni sono quasi triplicate per la mag-gior superficie investita e per le alte quote unitarie è negli erbai intercalari e in quelli annuali : nei primi si passa da 892.000 q.li a 2.362.000 q.li e nei secondi da 54.000 a 134.000.

II mercato, malgrado la quantità offerta, ha segnato sempre prezzi sostenuti, con netta tendenza al rialzo dopo le alluvioni dell'autunno. Il maggengo ha raggiunto le più basse quotazioni nell'estate con 1850 lire/q.le, toccando le 2150 lire/q.le a fine anno. Il fieno ricetta e terzuolo hanno re-gistrato scarti medi di 100-200 lire /q.le.

Vite.

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