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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.44 (1917) n.2276, 16 dicembre

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L ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Direttore : M. J

Anno XLIV - Voi. XU ÍIII

Firenze-Roma, 16 Dicembre

Il prezzo d’abbonamento è di L. 20 annue, anticipate

per l'Italia e Colonie. Per l'Estero [Unione postale) l'abbona­

mento è di L.

25 annue anticipate. Per gli altri paesi sì ag­

giungono le spese postali. Un fascicolo separato L. 1 .

Si prega di dirigere le rimesse e le corrispondenze all'

Eco­

nomista, 56, via Gregoriana - Roma.

Tornerebbe sommamente’ gradito alla Direzione à&WEconomista di poter completare ad alcuni vecchi e fedeli abbonati, che ne hanno fatto lichiesta, le loro collezioni, alle quali non si è potuto provvedere perchè esauriti presso TAmministrazione i fascicoli mancanti.

Si fa perciò cortese preghiera a coloro che possedessero i fascicoli sotto segnati, e che non volessero conservare, la intera collezione di inviarli a questa Amministrazione: faranno così opera gradita agli abbonati predetti.

Ecco l’elenco dei fascicoli che si ricercano:

N. 275 del IO agosto 1879 N. 2071 del i i gennaio 1914 » 338 » 26 ottobre 1880 » 2072 » 18 » » » 818 » 5 gennaio 1890 » 2076 » 15 febbraio » » 822 » 2 febbraio » » 2079 » 8 marzo » » 825 » 23 » » » 2080 » 15 » » » 829 » 23 marzo » )) 2083 » 5 aprile » » 860 » 26 ottobre » » 2109 » 4 ottobre » » 862 » 9 novem bre » » 2110 » i i » » » 864 » 23 » » » 2 118 » 6 dicem b. » » 869 » 28 dicem bre » » 222 7 » 7 gennaio 1915 » 883 » 5 aprile 1891 » 2228 » 14 » » » 835 » 19 » » » 2240 » 8 aprile » » 915 » 15 novem bre » » 2227 » 7 gennaio 1917 »2046 » 20 luglio 1913 » 2228 » 14 » » »2058 » 12 ottobre » » - 2234 » 25 febbraio1 » »2060 » 26 » » » 2235 » 4 marzo » »2063 » i i novem . 1913 » 2238 » 25 » » »2064 » 23 » » » 2240 » 8 aprile » »2068 » 21 dicem b. » » 2248 » 3 giugno » » 2070 » 4 gennaio 1914 » 2255 » 22 luglio » SOMMARIO : PARTE ECONOMICA. Il futuro economico.

Situazione del Tesoro e circolazione. Ricchezza Nazionale e spese dr guerra. Miscellanea :

Scam bi fra Italia e Spagna. — Made in Gennari}-. — Croce R ossa Italiana. — Sentenze straniere. Cenni sullo sviluppo agricolo in Russia. - 1,ani-ranco Maroi. NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.

Da gestione delle proprietà nem iche in Francia e in Ger­ mania. —• Rapporti econom ici fra Ita lia e Brasile. — I,e So­ cietà anonime nel 19 1 5 . — D epositi e circolazione. — Avvenire econom ico della M acedonia. — A cquisti tedeschi pel d opo guerra. FINANZE DI STATO.

Distribuzione dei profitti di guerra. — Entrate dello S ta to .— Circolazione fiduciaria in Austria. — Situazione monetaria russa. —■ Circolazione m onetaria negli Stati Uniti. — Situazione del T esoro degli Stati U niti.

LEGISLAZIONE DI GUERRA.

T ributi sui profitti di guerra. — Tributi nei paesi sgom ­ brati. -— Riassicurazioni dei rischi m arittim i ordinari. — B i­ glietti d i Banca. — B igliétti di Banca — Buoni del T esoro. — Consiglio superiore del com m ercio. •— Credito navale. — Grano per semine nel M ezzogiorno. — lim ita z io n e di rim borso d epo­ siti bancari. '

NOTIZIE — COMUNICATI — INFORMAZIONI.

Esportazione d i divise. — R isp aim i postali. — Contro il nostro credito. — lic e n z a di trasporto per le m erci dirette in Italia transitanti per l ’Inghilterra. — R a ccolti dell’Argen­ tina. — M onete d ’argento. — Casse d i risparm io ordinarie. — lib e r is m o m arittim o in Inghilterra. — Prezzi dei carboni in Italia. — M obilitazione operaia in Inghilterra. — Capitale della banca. — Prezzi del grano.

Situazione degli Istituti di Credito mobiliare —- Situazione degli Istituti di emis­ sione italiani — Situazione degli Istituti Nazionali Esteri.

Quotazioni di valori di Stato italiani — Valori bancari — Valori industriali —■ Borsa di Parigi — Borsa di Londra — Borsa di Nuova York — Stanze di compensazione.

Cambi all’Estero — Media ufficiale dei cambi agli effetti dell’art. 39 del Codice commerciale — Corso medio dei cambi accertato in Roma — Rivista dei cambi di Londra — Rivista dei cambi di Parigi.

. DE T

OHANNIS.

in]7 j FIRENZE: 31 Via della Pergola

■“ ' ( ROMA: 56 Via Gregoriana

, ____ PARTE ECONOMICA __ ___

Il futuro economico.

Fra i tanti scrittori che si affannano a ricercare il

prossimo domani economico, e cioè in quali condizioni ci

troverà la pace e quante possibilità essa sarà per aprire

alle economie delle varie nazioni, ci piace prendere in

esame brevemente ciò che scrive Q << idam sull’ «Avanti ! > (1 )

perchè assieme ad alcune verità, pare però si studi di

omettere elementi di fatto che possono considerevol­

mente modificare le sue conclusioni.

Ammettiamo pure che vi sia del vero, se non nelle

misure affermate, nella linea generale, quando lo scrit­

tore asserisce che : « nelle convulsioni degli ultimi tre

anni la ricchezza delle varie borghesie si rivelò di gran

lunga superiore a quella presunta, e, sopratutto, a quella

stimata^ dai rispettivi Governi agli effetti della tassa­

zione. E ormai pàlese che la metà almeno dei patri­

moni nazionali si nascondeva *0 si dissimulava, essen­

zialmente per timore del fisco. Dà dove si supponeva

una sostanza globale di sessanta miliardi, la prova della

guerra ne rivelò una più che doppia. Di proposito si

usava, prima del 1914, svalutare terreni, case, opifici,

rendite, per lasciare al pubblico erario un minor campo

da sfruttare e da colpire ».

Non sappiamo se Quidam sia eventualmente riuscito

a compiere dei calcoli precisi sull’ammontare della ric­

chezza nazionale prima della guerra, nel qual caso ren­

derebbe utile servizio nel farli conoscere; ciò che è

veramente saputo è, che il calcolo più difficile e più in­

certo sta appunto nello stabilire la effettiva ricchezza

di una Nazione e che per l’Italia la valutazione nel­

l'ultimo decennio ha oscillato dai 60 ai 100 miliardi.

Potrebbe allora cadere in parte la portata della illazione

che l’autore trae dalla sua premessa.

«Da qual cosa fa certo onore allo spirito di risparmio

borghese, ma non altrettanto allo spirito patriottico.

Da classe che ostentava di porre la patria in cima dei

propri! pensieri, fino al punto d’esser pronta a dare per

lei la vita, di subordinare ogni altro pensiero a quello del

bene del paese, in realtà danneggiava costantemente

lo Stato, sottraendogli parte delle tasse dovute ; e pia­

gnucolava sulla mancanza o sulla scarsezza di quei ca­

pitali, che poi trovò a decine di miliardi quando si trattò

di sottoscrivere a prestiti di guerra molto rimunerativi.

Così si videro popolazioni, le quali sembravano presso

a procombefe sotto il gravame dei tributi esistenti,

accettare senza soverchio disagio un onere senza con­

fronto più aspro. Inaspettati prodigi della finanza bel­

lica ! »

Infatti il fenomeno si è in parte avverato, ma non

certo tutto per effetto della errata valutazione delle

ricchezze, bensì, ed in misura anzi maggiore, per quel­

l'aumento temporaneo di ricchezza che si verifica in

ogni paese come conseguenza del rialzato prezzo delle

cose e per il denaro che lo Stato, onde far fronte alle

necessità della guerra, riserva nel paese stesso. Dal­

l’insieme di questi due fatti principalmente è derivato

così up considerevole aumento dell’imponibile, che ha

permesso allo Stato di prelevare in misura insperata e,

anteriormente alla guerra, imprevedibile, quella parte che

gli occorre per far fronte alle necessità di bilancio ; prima

delle quali quella pel servizio degli interessi per i pre­

stiti contratti.

Ciò premesso, ci sembra che ragionatamente lo scrit­

tore prosegua nell’affermare che « dato che la società

sèguiti, nei primi decennii successivi alla pace, a reggersi

sulle basi attuali, si può credere con fondamento che

gli scambi e i traffici riprenderanno rapidamente, anzi

non sarà meraviglia il vedere una intensità di commerci

(2)

866

L ’ E C O N O M IS T A

16 d icem bre 1917 ■— N . 2276

più elevata di quella che precedette il 1914. Ci saranno

tanti bisogni da soddisfare, tanti stocks da ricostruire,

tanti magazzini da riempire, che il traffico, specialmente

delle materie prime, assumerà per alcuni anni propor­

zioni colossali. E la produzione di quelle materie prime,

e la loro lavorazione, moltiplicheranno in modo consi­

derevole l’attività delle industrie. Cessata l’operosità

artificiale che eccitò nelle officine di tre continenti la

confezione del materiale bellico, un’altra più sana e

più durevole ne desterà la necessità di surrogare il na­

viglio sommerso in tutti gli oceani, di rifabbricare i

ponti e gli edifizi devastati, di riparare le migliaia di

chilometri di strade guastate : e i Governi andranno a

gara nell’ordinare locomotive, e vagoni, e... purtroppo

(poiché poche illusioni ci facciamo sull’avvento della

Società delle nazioni) nuove armi per la difesa e l’offesa

in terra e nelle acque e nell’aria ».

Nulla di più naturale anche per noi, che le neces­

sità del dopo guerra si manifestino quali tutti intuiamo e

quali Quidam ce le descrive, anche se, a titolo di ironia

soltanto, forse, egli abbia voluto includervi le spese per

nuovi armamenti bellici. Noi vogliamo augurare in­

vece che questa brutta voce debba se non subitamente,

gradatamente ma sollecitamente, scomparire dai bilanci

degli Stati ed a ciò, conseguire, crediamo potrebbe

dare concorso valido anche il socialismo, il quale certa­

mente avrebbe acquistato maggior titolo a contribuire

nello avvento della Società delle Nazioni, se avesse par­

tecipato alla guerra in modo uniforme nei vari paesi e

non avesse di tanto voluto abbassare la sua influenza

morale, di quanto ha sabotato quei principi e quei senti­

menti di patria, i quali possono rendere più prossima e

più realizzabile appunto una Società di nazionalità di­

verse, prima di una internazionale priva di patria

(meno che per i nostri nemici) verso la quale, se mai, la

.Società vagheggiata non potrebbe non essere un utile

ponte valido e sicuro.

Ma ritornando al domani economico si soggiunge :

« però nel bel quadro c’è un’ombra ; una sola, ma così

vasta e cupa che basta ad oscurarlo tutto quanto. È)

chiaro che la ricchezza e la prosperità privata, ormai in

parte notevolissima investita in prestiti di guerra e

in titoli di Stato, riceverebbe un colpo fierissimo e sa­

rebbe, forse, d’un tratto dimezzata quando i valori di

ogni genere — buoni del tesoro, consolidati, rendite rim­

borsabili, biglietti di Stato, obbligazioni, ecc., ecc. —

emessi dai diversi Governi perdessero, a pace fatta, il

loro valore. I calcoli più benigni valutano, alla fine del

corrente anno 1917, in quattrocento miliardi di franchi

lo ammontare della carta messa in giro dai Governi dei

paesi in guerra. Se la pace arriverà alla fine del 1918, la

cifra sarà salita a cinquecento miliardi. E se arriverà più

tardi....

Ma fermiamoci all’ipotesi media. Supponiamo che

l’anno prossimo rechi agli uomini l’ulivo, e che alla con­

clusione del conflitto i belligeranti si trovino indebitati

di cinquecento miliardi. Al peso degli interessi e dell’am­

mortamento della "mostruosa somma essi dovranno ag­

giungere quello indispensabile per il pagamento delle

pensioni e per le opere di ripristino rese necessarie da

lungo periodo di distruzione. Come faranno fronte ?

O, supponendo che facciano fronte, i Governi non si

troveranno costretti a premere con tale durezza sui gua­

dagni e sui redditi, da intralciare od ostacolare il movi­

mento di ripresa ?

Formidabili questioni, a cui o];a non risponde il

mondo occupato e distratto dalla presenza della guerra.

Ogni giorno che passa si creano nuovi stabilimenti, si

ingrandiscono gli antichi, si prepara il lavoro per il fu­

turo senza affatto curarsi di sapere che cosa sarà questo

futuro, quali condizioni di vita porterà seco, e se ancora

avranno corso in esso le vecchie regole, i vecchi dati, i

vecchi rapporti.

E invece, il meno che si possa annunziare è questo :

che il domani ci farà assistere a una immensa muta­

zione nella scala dei valori ; che, crescendo a dismisura

l’ingerenza statale nella vita dei cittadini, poco o nulla

resterà in piedi del presente diritto pubblico e privato ;

e che infine, qualunque sia l’esito del conflitto mondiale,

molte cose sono morte che non potranno mai più ri­

sorgere, e molte altre sono nate che non dovranno mai

pivi perire ».

Invero, se ad ognuno di noi possono preoccupare e

seriamente le condizioni di vita che saranno riservate

dopo la pace e sia facile preconizzare per un qualche

tempo una grave indisponibilità di capitali, un notevole

malessere derivante dalla cessazione di temporanei gua­

dagni e da incertezze di indirizzi, pure non possiamo

condividere l’opinione, forse gradita ai socialisti, che

debba ^ essere necessaria una riduzione dei valori pub­

blici. È indiscutibile che gli oneri pubblici sostenuti dalle

nazioni in guerra sono fantastici, almeno sulle previ­

sioni che si potevano fare, ma non è men vero che la

guerra sarà vinta da gli uni e perduta da gli altri con-

fendenti, ed allora non vediamo perchè non si debba e

non si possa riversare srd soccombententi il peso tutto o

la massima parte del peso degli oneri di guerra. »

Lasciare alla Germania ed ai suoi alleati una suffi­

ciente latitudine di attività economie a ed ipotecarla nello

stesso tempo per quanti anni occorrono a favore delle

nazioni vincenti, fa parte, che noi sappiamo, del più

elementare programma di pace, e non ci può fare me­

raviglia di vedere che non vi alludano i socialisti uffi­

ciali, Ma ancorché essi non vogliano adattarsi a questa

probabile verità, ci sembra che possa essere ritenuta

giusta anche da loro la punizione che graverebbe in qual­

che modo sui loro confratelli tedeschi fedifraghi della in­

ternazionale ; non riterrebbero essi infatti ima enormità, se

le sorti della guerra volgessero inverse, che sui proletari

neutralisti e pacifisti dei paesi della Intesa, venissero, alla

fine dei conti, a riversarsi le conseguenze più dure e più

durature di una guerra da essi non voluta e non vinta.

Per parte dei nemici della borghesia parrebbe anzi

dovrebbesi avere premura di fare quanto è in loro possi­

bile perchè quanto mai immutata restasse la scala dei

valori nel domani economico, onde il proletariato non

rinnegato, non tedesco, risentisse appunto il minor dan­

noso effetto dal conflitto, poiché è su esso, naturalmente,

che prima e più sentitamente si riverserebbe il males­

sere economico della borghesia e del capitalismo.

In quanto alla affermazione che la ingerenza statale

nella vita dei cittadini crescerà a dismisura e che poco

o nulla resterà in piedi del vigente diritto pubblico e

privato, siamo d’avviso che variazioni si avranno, in

qualche parte della economia nazionale ; specialmente

per quanto riguarda la distribuzione delia ricchezza, ma

non tali da abolire del tutto e repentinamente l’edificio

delle istituzioni giuridiche ed economiche dalle quali le na­

zioni sono governate, anche perchè i socialisti stessi onesta­

mente dovranno avere paura di un avvento di quella anar­

chia che fa mostra di sé in Russia, anche se non vi si

siano ancora svolte in tutta la loro ampiezza le disa­

strose conseguenze che essa avrà sul proletariato, per

effetto della cessazione immediata delle garanzie che

stanno appunto racchiuse nel diritto pubblico e nel di­

ritto privato, a vantaggio tanto della borghesia che del

proletariato. E Quidam del resto mostra nel suo articolo

di avere precisamente a cuore la sorte dei detentori di

valori pubblici, non perchè questi gli interessino in modo

specifico, ma appunto perchè egli sente anche se non

dice che il disagio e la rovina dei borghesi, è disagio e

rovina contemporanea dei proletari.

Situazione del Tesoro e circolazione.

La pubblicazione della situazione del Tesoro nella

Gazzetta Ufficiale permette di determinare in qual mi­

sura, durante il settembre scorso, il Tesoro ricorse al

credito per fronteggiare le straordinarie esigenze cui

si trova a sopperire. Il totale dei pagamenti di bilan­

cio essendo ammontati a L. 1416 milioni e le entrate

— ordinarie e straordinarie — a 1085 % milioni, si

ha uno sbilancio passivo di 330

3/4

milioni cui fu fatto

fronte con operazioni di tesoreria. L ’entrata straordi­

naria, in 871 milioni, incluse le partite di giro, com­

prende 826

7/8

milioni di nuovi debiti costituiti princi­

palmente da L.

i t i

milioni di Buoni, del Tesoro triennali

e quinquennali ; da 223

3/4

milioni di Buoni del Tesoro

speciali collocabili all’estero e da 492,100 mila lire di

crediti ottenuti presso il governo degli Stati Uniti. Si

può intanto constatare che i prestiti contratti all’estero

dal nostro governo sommarono, pel solo mese di settem­

bre, a circa 716 milioni di lire « in oro » — che tenendo

presente la media mensile di settembre del cambio su

Londra e su New York (45 per cento) è quanto dire 1038

1f¡ milioni di lire italiane carta.

Quanto ai mezzi di Tesoreria, dal conto del Tesoro

in questione si rileva che i Buoni del Tesoro ordinari,

compresi quelli rilasciati a fornitori dello Stato, collo­

cati xluran te il mese di settembre, ammontarono a L. 46

4/5

milioni ; i nuovi biglietti di Stato emessi nello stesso

mese sommarono a L. 37.900 mila.

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mi-L 'E C O N O M IS T A

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16 d icem bre 1917 •— N . 2276

lióni, si ebbe cioè, in complesso, un aumento della circo­

lazione di Stato o costituente un impegno di esso, di

L. 478 y2 milioni ; giova notare che, contemporanea­

mente, i biglietti di banca circolanti per conto del Tesoro

si erano accresciuti di oltre Pr. 550 milioni, in Francia,

e di Rb. 3800 milióni in Russia ; e i biglietti emessi dal

governo inglese di circa Ls. 6 milioni.

Non sembra, quindi, che da noi si ristesse, nel pe­

riodo accennato, dal procurare di ottenere disponibi­

lità all’estero e di contenere, nei limiti del possibile, i

ricorsi dell’emissione cartacea ; il che dà bene a sperare

per ciò che concerne l’ulteriore svolgimento del nostro

mercato dei cambi.

Invero non occorre rammentare come nella condi­

zione di cose determinatasi a seguito della guerra, seb­

bene l’entità della massa cartacea circolante nei vari

paesi non abbia mostrato di esercitare sul corso dei cambi

rispettivi azione pari a quella che si verifica in tempi

normali, sia opportuno ridurre all’indispensabile la

espansione-della circolazione, dopo gli aumenti da que­

sta subiti ovunque sin qui ; mentre è dalla massima ne­

cessità di pareggiare la maggior somma di esborsi da

eseguire all’estero mediante il ricavato di prestiti quivi

ottenuti. A quest’ultimo riguardo le notizie pubblicate

circa l’azione svolta dal nostro Governo sono di buon

auspicio, in quanto la, compensazione dei pagamenti

che lo Stato deve effettuare fuori del paese costituisce

una delle premesse di fatto indispensabili all’eventuale

adozione della centralizzazione del commercio delle di­

vise, nella quale ora si considera risiedere la soluzione

del problema. Niuno suppone che a questa possa giun­

gersi o avvicinarsi, senza introdurre limitazioni al per­

sistente regime di libertà che, anche nei paesi in più

favorevole situazione del nostro in materia di cambi,

non ha fatto certo finora buona prova ; e tanto più ap­

pare opportuna una modificazione di regime in quanto,

come pure accennammo, si è iniziato un periodo, al

pari di quel che già avvenne in Francia, nel quale il

mercato delle divise è destinato a giovarsi dei pagamenti

che truppe e governi alleati si trovano a effettuare fra

noi e che altrimenti rimarrebbero, è a presumersi, senza

effetto sulle quotazioni.

Relativamente alle variazioni subite dalla coper­

tura metallica della circolazione nel periodo della guerra,

per i principali paesi europei, vale il seguente prospetto

nel quale è calcolato il rapporto del complesso delle ri­

serve metalliche al totale delle varie forme di biglietti

emessi alla vigilia della guerra ed alla fine del 1916 :

20-23 luglio 1914 31 dicembre 1916

Inghilterra

Russia .

Germania

Francia

Italia . . .

1 3 7 - 1 9 % 1 1 . 2 6 » 9 2 .7 4 » 8 0 .2 4 » 6 6 .6 2 » 43-62 % 43-51 j> 21.74

»

3 2.2Q » 30 .0 8 »

Ricchezza nazionale e spese di guerra.

In un suo articolo a riguardo dell’onere pei debiti

di guerra e dell’aumentata ricchezza, Luigi Einaudi

così conclude le sue osservazioni, sull’argomento che

fu anche da noi studiato tempo addietro.

E un errore affermare che l’onere del debito di guerra

non sia sentito dai cittadini, perchè i maggiori interessi

dovuti dallo Stato, a cui rispondono maggiori imposte

pagate dai contribuenti, sono compensati dai maggiori

redditi ?

L ’affermazione adombra una verità suggestiva la

quale deve essere però qualificata, tenendo conto :

1) che se è vero che gli interessi annui sono cresciu­

ti in Italia da 800 a 1800 milioni di lire — e cresceranno

se la guerra finisce nel 1918 a forse 3000 milioni di lire

—- noi non sappiamo di quanto siano cresciuti i red­

diti annui degli Italiani oltre i 14 miliardi di prima della

guerra. Se fossero aumentati, per causa del rialzo dei

prezzi medi al minuto di tutte le merci e di tutti i ser­

vizi, nella stessa proporzione, ossia a 31.5 miliardi di

lire, il debito di guerra non avrebbe prodotto alcun

nuovo relativo peso reale sui cittadini. Se la somma dei

redditi risulta supériore a 31.3, il peso dei debiti, vecchi

e nuovi, sarebbe effettivamente e proporzionalmente

meno grave; se inferiore, il peso sarebbe cresciuto. Forse

la verità è quest’ultima : la massa dei redditi è bensì

cresciuta, ma non nelle stesse proporzioni dell’aumento

dell’onere dei debiti ; sicché l’incremento di peso netto

non è quale risulterebbe dal confronto di 1800 ad

800, ma non è del tutto irrilevante. Trattasi però di una

pura impressione, che non saprei giustificare con nes­

suna prova concreta;

2) che l’aumento di reddito essendo diversamente

distribuito tra le varie classi sociali, vi è chi sopporta

l’aumentato onere delle imposte dovuto al debito di guerra

con la stessa agevolezza di prima — e sono coloro i cui

redditi crebbero precisamente nelle stesse proporzioni

dell’aumento dalle imposte e delle altre spese —

ci è

chi sopporta un peso proporzionalmente minore, e vi

è chi lo sopporta maggioe ;

3) che noi non sappiamo quanto durerà l’aumento

dei prezzi col conseguente aumento dei redditi. Se,

finita la guerra, si mantenesse l’attuale altó livello di

prezzo o quel più alto a cui si potrà giungere negli

ultimi mesi di lotta, l’onere degli interessi del debito

pubblico sarebbe sostanzialmente meno grave di quello

che potrebbe sembrare dal semplice confronto dei de­

biti ante e post-bellici. Se invece i prezzi e i redditi

scenderanno al livello del 1914, poiché gli interessi ri­

marranno fissi ai saggi convenuti, così essi premeranno

fortemente su redditi scemati. Si possono invero pagare

senza grande fatica 1800 milioni di interessi su 31.5

miliardi di reddito, o anche su 25 ; ma la pena, il sacri­

ficio crescerebbero a dismisura se gli stessi 1800 milioni

si dovessero, dopo la guerra, pagare su una massa di

redditi nuovamente discesa a 14 miliardi.

In verità, basterebbe che -i redditi rimanessero per­

manentemente, per il livello generale cresciuto dei

prezzi, superiori ai 14 miliardi di prima di quei 20 3

o 4 miliardi che sarà, a seconda della sua durata, l’onere

risultante dalla guerra, perchè in via assoluta il mag­

gior peso degli interessi non fosse sentito.

Prudenza consiglia a supporre che i prezzi, dopo un

periodo intermedio di sostenutezza abbiano a ridiscen­

dere, per il graduale eliminarsi di parecchie delle circo

stanze che hanno provocato l’aumento (aumento della

circolazione cartacea, guerra dei sottomarini, ecc. ecc.).

Forse i redditi non ritorneranno in Italia al livello dei

14 miliardi ; o almeno è augurabile che le abitudini di

più intenso lavoro formatesi durante la guerra conti­

nuino a produrre benefici effetti anche dopo la guerra.

La prudenza di Ssato consiglierebbe perciò a profittare

di questo periodo intermedio di prezzi e redditi anco­

ra artificiosamente ingrossati, per spingere le imposte

sino alla loro produttività massima, così da poter non

solo fare il servizio degli interessi, ma rimborsare an­

che una parte del capitale del debito di guerra. Fa­

rebbe d’uopo, almeno, nel periodo di riassestamento

rimborsare le più perniciose forme di debito, quelle

in biglietti di banca e di Stato, in vaglia del tesoro a

brevissima scadenza. Sicché, quando i prezzi e i red-

diti scendano, sia diminuito altresì l’onere degli interessi,

il credito dello Stato siasi rafforzato, e possa il Tesoro,

quando giungerà l’istante convenuto coi creditori,

procedere a conversioni dei debiti a un saggio minore

di interesse.

Imposte e poi imposte e poi ancora imposte ; ecco

quale deve essere il grido di tutti coloro che amano il

paese. Naturalmente, siano impeste ben ripartite, gra­

vanti correttamente su tutti i redditi e principalmen­

te su quei redditi che dalla guerra sono stati beneficati

Miscellanea.

Scambi fra Italia e Spagna.

— Nelle tabelle che

espongono, ora complessiva e ora particolareggiata, l’en­

tità degli scambi tra i vari popoli, il traffico dellTtalia

con la Spagna è stato sempre rappresentato da numeri'

assai modesti. La cosa si spiega facilmente e con più

d ’un motivo. Nè l’uno nè l’altro paese è stato fin qui dei

più largamente produttori, nè l’uno nè l’altro dei più in­

traprendenti ; e di tutti e due la marina mercantile ha

avuto da lunghi anni vita piuttosto gracile, e tutti e due

hanno dovuto vedere.il proprio commercio esercitato

per una parte notevole dagli stranieri. Ma la ragione più

fondamentale è questa : che entrambi hanno per indu­

stria principale l’agricoltura, e che i prodotti di essa, stante

la conformità di giacitura e di clima delle due grandi pe­

nisole, sono in complesso molto analoghi, nè v ’è quindi

bisogno di scambiarseli. E Italia e Spagna hanno avuto

invece ciascuna come clienti assidui, e rispettivamente

come larghi fornitori, i paesi dell’Europa Settentrionale,

meno agricoli di loro, o in altro modo, e più manifattu­

rieri.

(4)

1

/

E C O N O M IS T A

16 d icem bre 1917 — N. 2.276

Previsioni esatte non se ne possono fare, ma è quasi certo

che nel commercio generale si vedranno •

spostamenti

non piccoli. Le relazioni di scambioitalo-spagnole possono

benissimo diventare assai più attive, solo che cosìsivogiia

dalle due parti. Gli elementi non mancherebbero.

La capacità e l’esercizio industriale sono, tutto som­

mato, maggiori in Italia che in Ispagna. La guerra ha

dato fra noi fcrti impulsi di movimento e di perfeziona­

mento. Numerose imprese industriali sono state o si sono

ingrandite, che oggi lavorano bensì a scopi bellici, ma che

dopo la pace dovranno trasformarsi ma non vorranno

già perire. Sembra possibile che d’una certa quantità e

d ’alcune qualità di prodotti industriali, pei quali la Spagna

non lavora è ch’essa deve importare dall’estero, l'Italia

sappia farsi sua fornitrice.

Anche piu evidente è la probabilità che all’Italia, per

mantenere la sua operosità crescente, convenga prov­

vedersi in Ispagna di materie prime : non di quelle che

provengono dalla coltivazione della terra ma di quelle

che formano oggetto d ’industria estrattive. Gli spagnoli

dicono d’essere ricchi di giacimenti carboniferi. Può

darsi, ma è certo che finora non hanno saputo sfruttarli,

tanto è vero che il carbón fossile devono farlo venire di

fuori. Intanto però il loro suolo è indubbiamente e no­

toriamente ricchissimo di metalli : di ferro, anzitutto,

e anche di rame e di piombo. Da sè soli non sanno trarne

partito fuorché in limitata misura; ma al di più provve­

dono gli stranieri. L ’Inghilterra specialmente ha fortis­

simi capitali impiegati nelle miniere spagnole. Adesso

la guerra ha promosso in Ispagna un grande sviluppo

delle industrie siderurgiche. Nuove Società si stanno co­

stituendo per lo stesso ramo di lavoro ; e vi è chi sug­

gerisce al capitale italiano di prendervi parte. Davvero

non sarebbe male. Dovrebbe anzi convenire grandemente

a quei capitali nostrali che sono già investiti con lar­

ghezza nelle antiche e nuove industrie siderurgiche e

meccaniche italiane, d’interessarsi nella proprietà di

quei metalli che al nostro paese scarseggiano e di richia-

marveli mediante importazione diretta da luoghi non

molto lontani e per quella via marittima che è meno co­

stosa delle altre.

Made in Germany.

— Entrando in un negozio e

chiedendo una data merce, accade spesso di sentirsi ri­

spondere : Non ne abbiamo ; era roba che veniva di Ger­

mania, e ora con la guerra non ne viene più. ì$ doloroso,

ma necessario a sapersi : lo stesso litornello si ripete

nella nostra colonia di Libia dai mercanti indigeni. Come

mai ?

Gli è che anche in Libia la Germania aveva saputo

esercitare la sua opera d ’ infiltrazione commerciale con

molta avvedutezza. In Bengasi, per esempio, risiedeva

un rappresentante di Società di navigazione e di molte

case industriali tedesche, con funzioni anche di Agente

consolare. Egli non si lasciava sfuggire occasione d’accon­

tentare i suoi numerosi clienti indigeni, e le ditte indu­

striali del suo paese fabbricavano qualunque oggetto

venisse loro richiesto. Sulle merci esportate e dirette in

Libia imprimevano spesso la Mezzaluna, la figura del

Sultano e versetti arabi. Le tabacchiere di legno, tanto

in uso fra gli indigeni, erano di fabbricazione tedesca, e

tedeschi erano i profumi.... orientali, le aniline occor­

renti per parecchie industrie locali, i piccoli vetri rotondi

multicolori occorrenti per le collane, ornamento molto

comune tra le donne indigene e per rabbellimento delle

stuoie, giocattoli, chincaglierie, tessuti, filati, utensili

domestici di ferro smaltato, telerie, cristallerie, cordami

vari, inchiostri, penne arabe, cuoiami, carta, fazzoletti,

seterie, copricapo arabi, strumenti musicali, ecc. ecc.

Ma ciò che più importa notare si è che una parte di

coteste merci venivano fabbricate in Italia, passavano

poi in Germania, ove non si faceva altro che apporvi

la marca tedesca, e di là erano spedite in Libia. Oggi i

mercati della Libia ne sono in gran parte sprovvisti nè

vi è chi pensi a rifornirli.

Tutti questi particolari provengono da buona fonte,

cioè da un italiano residente in Bengasi, il Sig. Guglielmo

Narducci, il quale ne ha fatto oggetto d’una Relazione

presentata al Convegno Coloniale tenuto in Napoli nella

scorsa primavera. Con molta opportunità egli richiama

su ciò l’attenzione dei produttori italiani in questo mo­

mento di crescente sviluppo industriale del nostro paese.

E prevedendo gli venga chiesto di quali prodotti sia il

caso d’iniziare l’esportazione diretta, lamenta che troppi

ignorino esservi in Italia una preziosa istituzione, l’Isti­

tuto degli Scambi Internazionali di Genova, dalle cui

raccolte copiose si può imparare questo e altro. L’Isti­

tuto di Genova, dice, dà 'visione concreta del come si

vestano gli indigeni, e come si nutrano e si armino, quali

ne siano insomma le abitudini e quali i bisogni affinchè i

nostri produttori possano appunto a quelle abitudini ed

a quei bisogni ispirare la loro lavorazione.

Croce Rossa Italiana.

— Due anni fa, la Croce

Rossa Italiana, in un suo opuscolo illustrato di propa­

ganda, informava il pubblico sull’opera di soccorso pre­

stata nella guerra libica, nel terremoto calabrese del 1905,

in quello calabrese e siciliano del 1908, nonché sull’opera

di cure igieniche contro la malaria, svolte per più anni

nell Agro Romano, nelle Paludi Pontine e altrove. Ivi

era deplorata la scarsa e tepida partecipazione dei cit­

tadini italiani, presi in complesso, che impediva all’Isti­

tuzione di adoperarsi, come avrebbe voluto, anche nella

lotta contro l’alcoolismo, la tubercolosi, la lue, la pellagra,

le malattie professionali. Il popolo italiano (vi si leggeva),

che ha un anima ardente e geniale, si è sempre unito

all’Associazione in ogni circostanza di dolore e di bisogno

ina poi m tempi normali la Croce Rossa non può sperare

che su poche contribuzioni straordinarie per attuare le

sue belle iniziative. Il largo concorso del pubblico è tem­

poraneo ; gli aderenti fedeli rappresentano un numero

assai limitato. Risultava infatti che il patrimonio so­

ciale, per l’attività in tempo di guerra, era non maggiore

di L. 8,740,092, per quella in tempo.di pace di L. 338,983,

e 1 soci in Italia erano soli 26.725, e aggiuntivi quelli delle

delegazioni all’estero, in tutto 32.146. A riscontro di

che, figurava il magnifico sviluppo della Croce Rossa nel

Giappone con oltre un milione e mezzo di soci, in Francia

con 130 mila soci e oltre 23 milioni di patrimonio, in

Austria Lungheria con quasi 100 mila soci e 14 milioni di

corone, in Prussia con più di 100 mila soci, nella piccola

Svizzera con 33 mila.

Oggi, anche presso di noi le cose sono grandemente

mutate in meglio. Non poteva essere diversamente, per

effetto della tremenda guerra che ora si combatte. In

una recente riunione del Consiglio Direttivo della Croce

Rossa Italiana ,è stato riferito dal Presidente che l’As­

sociazione ha potuto raccogliere in obbligazioni e per

mezzo di alcune particolari iniziative la somma di

L. 24.139.720, le quali sono state tutte impiegate nell’as­

sistenza ai feriti e malati di guerra. Aggiungendo a questa

somma i propri capitali in danaro già preesistenti, i ma­

teriali che aveva accumulato e quelli ricevuti in dono,

nonché i versamenti dei soci pel triennio di guerra e il

valore presuntivo degli immobili, nei quali ha sistemato

le proprie unità, è risultato che il concorso economico

della Croce Rossa Italiana alle spese di guerra ha rag­

giunto, fino al 31 ottobre u.s., la cospicua somma di

I,. 43.118,720.

Sono numeri che devono produrre un effetto conso­

lante su ogni persona che abbia sensi di patriottismo

Qualcuno, più alieno dall’ottimismo, potrà osservare

che a comporli contribuiscono- per buona 'parte quelle

oblazioni straordinarie che non è affatto probabile in­

tervengano anche dopo la guerra nella stessa misura.

Onesto è vero, ma si è conseguito egualmente un grande e

valutabile progresso. Di fatti la Commissione centrale di

propaganda ha reso conto del lavoro che ha compiuto,

in seguito al quale sono molto cresciute le rappresentanze

dell Associazione all’interno e all’estero, e adesso i soci

oltrepassano il numero di 300 mila, ai quali sono da ag­

giungersi altri 100 mila soci ferrovieri. Tutti costoro for­

meranno anche in avvenire, prevediamo, la schiera di

quegli aderenti fedeli che la Croce Rossa invocava ; schiera

che potrà sempre crescere, anche se con aumento meno

rapido. L’abbrivo oramai sembra preso.

Sentenze straniere.

— Già da un anno sta dinanzi

alla Camera dei Deputati un disegno di legge approvato

dal Senato del Regno fino dal 12 diembre 1916, concer­

nente modificazioni dell’art. 941 del Codice di procedura

civile. Il suo scopo è quello ili disciplinare il giudizio di

delibazione delle sentenze straniere delle quali si chiede

1

esecutorietà in Italia, con alcune disposizioni che sot­

traggano i cittadini italiani all’assoluto arbitrio delle

autorità giudiziarie di altri Stati.

Lo studio di coteste modificazioni è stato accuratis­

simo e la Relazione, con la quale il senatore Garofalo

ejDDC^ a. presentare all alto Consesso le proposte elle di tale

studio sono il frutto, è lavoro di gran pregio. Ci propo­

niamo di farne una breve analisi in un prossimo fascicolo.

Frattanto non sapremmo astenerci dall’esprimere il vivo

desiderio che anche la Camera prenda in esame la que­

stione e la risolva. In essa, pur prevalendo i caratteri

strettamente giuridici, ve ne è inoltre uno politico di gran

rilievo, il quale nell’ora che volge assume un'importanza

che non si deve disconoscere e che della proposta riforma

determina l’urgenza.

(5)

i6 dicem bre 1917 ■— N. 2276

L 'E C O N O M IS T A

869

Cenni sullo sviluppo agricolo della Russia. (0

Non v ’è studio economico sulla Russia che non dia

la principale importanza a quel che rappresenta l’espor­

tazione dei prodotti alimentari sul bilancio commer­

ciale di-quel paese. Sono infatti più di 2 miliardi che

ogni anno la Russia riceve in cambio dal suo grano, della

sua segala, del suo orzo, della sua avena, del suo bestiame,

dei suoi latticini.

Commercio dei prodotti alimentari fra la Russia e l'estero [in m'iionì di franchi).

Medie annuali Aumenti medi 1898-1902 1908-1912 Totali ’ % E sportazioni . . . . . . lm p o r t a z io :.i... 1 .95.6 3 !2 -4 2 -3 15 .7 519 .6 1 .2 0 .1 207.2 93-7 66.3 Eccedenza delle eportazioni 883.2 1 .796.1 9 12 .9 103.4

Ed è principalmente la Germania, fra gli Stati d’Eu­

ropa, quella che in maggior misura usufruiva delle im­

portazioni alimentari della Russia.

Una buona metà del commercio di esportazione dei

prodotti alimentari è diretta infatti verso la Germania,

la quale, malgrado gli imponenti progressi agricoli, non

ha raggiunto ancora nè raggiungerà forse mai il sogno

di von Biilow di un’agricoltura sufficiente ai bisogni

interni.

Tra i fatti notevoli che caratterizzano lo sviluppo

economico attuale della Russia non bisogna trascurare

dal far cenno dell’estensione e del perfezionamento delle

colture industriali di ogni genere ; poiché la situazione

di queste culture contiene la promessa di un rapido

progresso di quelle branche della produzione cui esse

forniscono la materia prima. « On peut affirmer — dice

il Machat (2) — que presque toutes contribuent puis­

samment à hâter la transformation agricole du pays,

en orientant les entreprises vers des procédés généraux

de plus en plus modernes, et vers le souci d’obtenir dans

l’ensemble des rendements de plus en plus considérables ».

La coltura della barbabietola deve mettersi al primo

posto fra le piante industriali i cui prodotti servono al-

Í’alimentazione. Coltivata sino dalla fine del sec. X V III

aumentò di importanza dopo che nel 184a venne proi­

bita l’importazione dello zucchero per le frontiere euro­

pee e gravata di dazi nei porti. Mentre fino al 1885 la

raccolta era appena sufficiente per il consumo interno,

i progressi .realizzati dopo quella data hanno posto la

Russia in uno dei principali posti per la produzione com­

plessiva se non per la intensità della produzione. La su­

perficie coltivata è passata da ago.000 ha. nel 1890 a

557-537 nel 1901 e 776.591 ha. nel 1912 e la produzione

da 82.641.161 q. nel 1901 a 135.443.953 q. nel 1912.

La media esportazione dello zucchero che se ne ricava

ha aumentato da 48 milioni di ir. pel quinquennio 1898-

1902 a 102 milioni pel quinquennio 1908-1912, pur es­

sendo aumentato in misura notevole il consumo interno,

il quale prova come il benessere delle classi lavoratrici

si vada ogni giorno accrescendo.

_ . Si può prevedere che la cultura della barbabietola

industriale eserciterà la maggiore influenza sullo sviluppo

non solo agricolo ma economico e generale del paese.

Anche la coltivazione del tabacco si va facendo sempre

più estesa e la produzione più abbondante. Mentre prima

soltanto la Crimea e la Bessarabia avevano qualche

piantagione importante, oggi la Tauride ,

1

a Bessarabia

ed il Caucaso sono le regioni, che con i sistemi più per­

fezionati di coltura, forniscono il reddito più abbondante.

I 49,059 ettari coltivati nel 1901 erano diventati

56.848 nel 1910 e 66.180 nel 1912 ; la superficie media

coltivata del periodo 1907-1911 ha superato del 18,8 %

quella del quinquennio 1898-1902. Anche la produ­

zione è maggiore di quella di tutti gli altri Stati di

Europa: dal 1901 ad oggi si è più che raddoppiata:

da 564,235 quintali metrici è passata nel 1911 a 1,263.769

q. '397-733 di qualità superiore e 866.030 di qualità in­

feriore) con un’esportazione netta di 5.900.000 rubli e

cioè di 15.750,000 fr.

(1 ) Vedi continuazione Economista del 2 dicembre 19 13 , N. 2275, pag. 852.

(2) I. Ma c h a t. Le développement économique de la Russie. Colin, 1902, p. 1 5 7 .

Ir’allevamento del bestiame occupa uno dei posti più

importanti nell’economia rurale russa, ed importante

non solo per l’utilità che ne ricava la coltivazione, ma

ancora per i prodotti che, in larga quantità esportati,

costituiscono una fonte meravigliosa di ricchezza del

paese. Eppure bisogna riconoscere che le condizioni

naturali della Russia europea, specialmente per quel

che riguarda il clima, non sono come quelle degli Stali

Uniti, della Repubblica Argentina, dell’Australia, le

più favorevoli a tale industria. Si è stabilita , come dice

il Machat (1), quasi una concorrenza fra le varie colture

e quella dell’ allevamento del bestiame, con effetti

meno favorevoli per quest’ultima. Ed infatti il pas­

saggio verso un nuovo stadio di cultura intensiva,

che portò alla riduzione delle praterie e dei pascoli na­

turali, produsse un contraccolpo all’industria dell’al­

levamento, la quale ora però va riprendendo il suo an­

tico sviluppo. Ecco le cifre effettive del bestiame dei

paesi della Russia europea :

Classificazione / 1895 1905 I9IO I9I2 Cavalli... B ov in i, ... Ovini e capre . . S u i n i ... 1 8 .226.000 2 7 .359.000 4 2 .365.000 1 0 .421.000 2 4 .323.294 39-453 556 53-437 5 12 I 2 -2 75-73I 2 4 ,148.829 3 7 .368.968 4 5 .629.229 1 1 .584.230 2 3 .860.378 34 -547 -348 42.735-567 i r .944.568

Il censimento del 1912 dava per la Russia di Asia

i seguenti risultati i

Cavalli... 9-309-525 B o v in i... . 1 3 .348.888 O v i n i ... 3I-330.597 S u i n i ... 1 .564.055

In seguito ad una crisi assai grave di trasformazione

l’allevamento del bestiame bovino, dopo aver raggiunto

un alto grado di perfezionamento, va facendosi su scala

sempre più larga ; nelle provincie Baltiche, nella Polonia

e nella Finlandia, l’allevamento di bestiame di razze

perfezionate viene fatto nelle migliori condizioni ; ed

anche la Siberia ha conseguito grandi progressi special-

mente in vista della produzione del latte e del burro :

nel 1911 la quantità di burro spedito dalla Siberia fu,

malgrado le poco favorevoli condizioni, a car;sa dei rac­

colti, di pudi 4.363.000 mentre nel 1910, anno più favo­

revole, era stato di pudi 3.917.000.

Nessun altro paese del mondo possiede un così gran

numero di cavalli come la Russia: secondo il censimento

del 1912 i 23.860.178 della Russia europea stanno di

fronte ai 23.015.902 degli Stati Uniti, ai 4.523.059 della

Germania, ai 3.222.140 dell’Inghilterra, ai 7.531.37!?

dell’Argentina. Anche il miglioramento della razza va

progredendo : i cavalli del Don, dei Kalmuki, dei Kir-

kisi e dei Turc.omanni sono forti e resistenti.

Per quanto riguarda gli ovini, è sviluppatissimo l’al­

levamento del montone che presenta in Russia*un grande

interesse pel commercio internazionale specialmente

nella produzione -della lana.

L ’esportazione non solo degli animali vivi ma delle

carni macellate fresche e salate e del burro segna dei me­

ravigliosi crescendi. Dall’esportazione degli animali vivi

si ricavavano 26.623.000 fr. nel quinquennio 1898-902

e 41.131.000 nel quinquennio 1908-12; delle carni 4.560.000

fr. nel primo quinquennio e 13.246.000 nel secondo, e

del burro rispettivamente 43.801.000 e 152.235.000 di

franchi. L ’esportazione delle uova ha prodotto nel 1912,

84.665.000 di rubli e cioè 226 milioni di franchi.

La cliente più diretta è stata sempre la Germania, la

quale di queste derrate alimentari ne produceva in quan­

tità inferiore ai propri bisogni ; ma tutta l’Europa è

andata diventando sempre più consumatrice oltre che

di cereali anche di uova, di latticini, di carni importate

dalla Russia.

La Russia, oltre lo sviluppo dell’agricoltura, non

trascura nè lo sviluppo della silvicultura nè la coltiva­

zione delle piante tessili che ripromettono i migliori pro­

gressi industriali.

La Russia è il paese più ricco di foreste : la superficie

totale è di circa 382.000.000 di deciatine (417.335.000

ettari) delle quali 105.o r i.000 e cioè 114.724.517 ettari'

nella Russia europea, 80.000 nella Polonia, 4.964.000

nel Caucaso, 221.270.000 nella Siberia e 14.799.000 nel­

l’Asia Centrale. La diversità del suolo e dei climi

(6)

®7°

I/’

E C O N O M IS T A

16 dicem bre

1917

■— • N . 2276

pero Russo favorisce lo sviluppo delle qualità più sva­

riate. La maggior parte delle foreste appartengono allo

Stato, il quale, con opportuna legislazione, Ila stabilito

un vero piano di coltivazione razionale tanto riguardo

ai tagli che al rimboschimento. La diversità delle condi­

zioni economiche nelle varie regioni, il diverso stadio di

sviluppo industriale, e la irregolare distribuzione dei

mezzi di comunicazione contribuiscono a determinare

un consumo molto inferiore alla produzione. Nel 1910,

nota il Castagna, mentre i tagli disponibili nelle foreste

dello Stato erano calcolati di circa 160.000.000 metri

cubi, la quantità del legname venduto, comprese le ven­

dite di favore e il legname ceduto gratuitamente, non rag­

giunse che soli 65.000.000 metri cubi, e cioè il 63 % del

disponibile nella Russia Europea, il 20 % del disponi­

bile nel Caucaso e P8 % del disponibile nella Russia Asia­

tica.

Negli ultimi anni un sensibile aumento di consumo

nell’interno si è accompagnato ad una esportazione sem­

pre maggiore, sì che il legname presto non mancherà di

occupare uno dei principali posti nel mercato europeo e

mondiale.

_ Era gli elementi più notevoli che caratterizzano lo

sviluppo economico attuale della Russia, occupano un

posto sempre più importante l’estensione ed il perfezio­

namento delle colture industriali in genere.

La produzione del lino occupa il terzo posto nel mondo

è la coltivazione nellTmpero dà la più grande superficie

fra le colture industriali : 1.487.781 ettari nella Russia

Europea e 199.465 ettari nella Russia Asiatica, più del

quarto cioè della superficie mondiale coltivata a lino ; e

la produzione ammontava nel 1914 a 6.209.780 quintali

nella Russia Europea e a 825.112 nella Russia Asiatica,

superata soltanto da quella' dell'Argentina. <i)

La coltivazione del cotone va avviandosi a divenir

sempre più estesa allo scopo di fornire la materia prima

necessaria ai bisogni interni. Sino ad oggi l'industria co­

toniera si è alimentata per metà di cotone estero, e ciò

perchè il clima della Russia europea non permetteva la

coltivazione di questo prezioso tessilè ; ma ora un pro­

getto grandioso schiude nuovi orizzonti a questo ramo

dell’agricoltura destinato a portare una vera rivoluzione

nel campo industriale. 0

11

Turkestan presenterebbe

difatti — scrive il Pettinato (2)— tutti i requisiti ne­

cessari per divenire un centro cotonifero non inferiore

agli Stati Uniti d ’America. È) caldissimo, ha un livello

igrometrico minimo ,è bagnato da sette grandi fiumi, dei

quali l’Amu-Dar, l’Oxo degli antichi, trasporta non meno

acqua che il Nilo e i quali potrebbero, insieme, fecondare

almeno tre milioni di ettari. Oggi solo quattrocento nula

ne sono piantati a cotone, poiché il resto dell’area col­

tivabile serve a produrre i cereali necessari al paese (3),

ma quando la ferrovia dell’Altai, prossima a compi­

mento, avrà messo a portata del Turkestan i grandi ser­

batoi granari della Siberia Meridionale, tutte o quasi

tutte-queste terre potranno, a misura che la Compagnia

d ’irrigazione testé sorta verrà eseguendo i propri lavori,

essere dedicate al cotone, offrendo impiego utile a un ca­

pitale di almeno settecento milioni di rubli. Le conse­

guenze mondiali, gli effetti immediati locali dell'attua­

zione di un progetto simile si intuiscono. Industrialmente

i nove milioni di fusi giranti oggi nelle officine tessili russe

salirebbero a cifre triple o quadruple, il solo consumo

nazionale offrendo ancora prospettive larghissime...

So-(1) Sulla coltura del lino c f r : Je a n Go r r in i, La Rassis d'au- jord’hui et les intérêts ttaliens Turin, 19 1 5 , p. 33-37.

Iv a n Gr in e n k o, I l Uno russo e il suo posto nella produzione,, nel commercio e nell'industria mondiale del lino in « M onitore Italo- R u sso» Gennaio 1 9 1 7 .

(2) Op. cit. p.' 87- 88. .

(3) E cco le statistiche esatte delle coltivazioni al Turkestan: (in m igliaia d i deciatiue) (1 deciat = ettari 1 .0925).

Territori Superficie irrigata

Superfici coltivate in Rapporto della superficie coltivata in cotone Frumento Cotone Transcaspia... 100 30 28 % S y r-D aria... 640 339 Samarkand . . . 625 272 22 F ergana... 890 375 300 33-7 Totale . . . 2.255 I.OII 379 16.8

cialmente il cosidetto proletariato assumerebbe propor­

zioni ragguardevoli. Oggi le industrie tessili raccolgono

già ottocento mila operai, i due quinti della classe. Lo

sfruttamento del Turkestan darebbe lavoro per lo meno

ad altrettanti... ».

Bisogna riconoscere del resto che i progressi della

coltivazione del cotone russo nella Transcaucasia, e nelle

regioni di Pergana, Boukara, Klfiva sono rilevantissime

come appare dal seguente quadro :

Cotone grezzo impiegato dall’industria cotoniera in Russia (in m ilioni di pudi) (un pudo == 16,38 kil.).

Anni prodotto Cotone al Turkestan Cotone importato dall’ estero Totale del cotone impiegato Proporzione dèi cotone russo 1903 . . . 5.698.000 12.302.OOO 18.000,000 % 3 1-7 1904 . . . 6.657.OOO 1 1.584.000 18.241.000 36.5 1905 . . . 6.831.000 9.852.000 l6.683.OOO 4°)9 1906 . . . 8.639.000 9,441.000 18.080.000 47.8 190 7 • ■ • IO.i33.OOO 9.361.000 19.494.OOO 52.0 1908 . . . 8.192.000 ï 2.959.OOO 2 1.15 1,0 0 0 38.7 1909 . • • 10.765.000 10.509.000 2i.274.OOO 50.6 19 10 . . . II.240.000 IO.846.OOO 22.086.000 50.9 Differenze ira il 1903 e e il 1910. Totali. . . + 5.542.000 + 97-3 % — 1.456.000 — 1 1 .3 % + 4.086.000 + 2 2.7 %

In 8 anni, dunque, il cotone grezzo adoperato dal­

l’industria russa, è aumentato del 22.7 % e sul totale

di quello consumato nel 1910, circa 37 milioni di quintali,

la proporzione del cotone russo è stata del 50,9 mentre

era appena del 31,7 nel 1903. Si è calcolato che nel 1910

la Russia abbia risparmiato circa 300 milioni di lire di

cotone americano e l’industria inoltre non abbia pagato

116 000.000 di lire di tassa che avrebbe dovuto pagare.

Nel 1912-13 la superficie complessiva coltivata a co­

tone era di ettari 536.913 di fronte ai 171.448 del 1906

e la produzione di quintali 1.450.659. È certo che fra noh

molti anni la Russia si renderà indipendente dall’estero,

e dovrà tutto al più chiedere solo all’Egitto il poco co­

tone che le abbisogna pei filati fini.

Anche il baco da seta rappresenta una coltivazione

destinata a progredire. E sopratutto nel Fergana e nella

provincia di Samarkanda che la bachicultura è fiorente.

La produzione di bozzoli nel 1912 è stata di 10.237.500

chilogrammi.

Da questa rapida rassegna dei principali indici del

progresso agrario russo traggo ima breve conclusione.

Al proprio sviluppo agricolo senza dubbio la Russia

deve l’aver potuto sopportare e superare le difficoltà

create dalla guerra del 1904 e dagli avvenimenti politici

che ne misero a dura prova le finanze con un aggravio

complessivo di circa 13 miliardi di lire; ed all’uíteriore

sviluppo che seguirà senza dubbio la messa in valore

del suo immenso territorio essa dovrà la sua maggiore

potenza in futuro.

È appena da pochi anni che si cominciano infatti a

sentire i benefici effetti della riforma agraria. L ’opera di

riorganizzazione cominciata nel 1906 abbracciava alla

fine del 1912, una superficie di 22 milioni di ettari, con

un costo di 253.650.000 milioni; ci vorranno ancora 20

anni prima che i 130 milioni di ettari ceduti ai Mirs nel

1861 si siano trasformati in proprietà individuale ; come

parecchio tempo ancora dovrà passare prima che i nuovi

terreni siano assorbiti da una popolazione rurale stabile e

sottoposti ad una completa ed efficiente coltura. È) per

questo che le risorse agricole della Russia si presentano

veramente grandiose. L ’evoluzione economica mentre

altrove comincia a trovare ostacoli naturali in una

coltivazione già intensiva dei suoli, che non permette di

trarre da questo ulteriori benefici, in Russia si basa ancora

principalmente sulla terra la quale conserva nascoste nel

suo seno ricchezze tali da poter costituire la miglio

fortuna avvenire del paese.

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