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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.44 (1917) n.2275, 9 dicembre

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L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FER R O VIE, IN T E R E SSI PR IV A TI Direttore: M. J. DE Jo h a n n i s.

Anni XLIV - Voi.' W ill

Flrenze-Rma, 9 Dicembre 1917 | E E f « v J ^ £ S . £ '* 0,‘

». 2275

Il prezzo d’ abbonamento è di L. 20 annue, anticipate

per l'Italia e Colonie. Per l ’Estero (Unione postale) l’abbona­ mento è di L. 25 annue anticipate. Per gli altri paesi si ag­ giungono le spese postali. Un fascicolo separato L. 1.

Si prega di dirigere le rimesse e le corrispondenze all’ Eco­ nomista,“56, via Gregoriana - Roma.

Tornerebbe sommamente gradito alla Direzione dell’iiconowisia di poter completare ad alcuni vecchi e fedeli abbonati, che ne hanno fatto richiesta, le loro collezioni, alle quali non si è potuto provvedere perchè esauriti presso l’Amministrazione i fascicoli mancanti.

Si fa perciò cortese preghiera a coloro che possedessero i fascicoli sotto seguati, e che non volessero conservare la intera collezione di in v iarli a questa Amministrazione: faranno così opera grad ita agli abbonati predetti.

Ecco l’elenco dei fascicoli che si ricercano :

N. 275 del IO agosto 1 8 7 9 N. 2063 d e l 1 1 no vem . 1 9 1 3

-»- 338 » 26 o tto b re 1880 » 2 0 64 » 23 » »

» 818 » 5 g e i n a i a 18 90 » 2068 » 2 1 d ic e m b . » » 822 » 2 feb b ra io » - » 20 70 » 4 g en n aio 1 9 1 4

» 825 » 23 » » » 2 0 7 1 » 1 1 » »

» 829 » 23 m arzo » » 2 0 7 2 » 18 » »

» 860 » 26 o tto b re » » 20 76 » 1 5 feb b raio »

» 862 » 9 n o vem b re » » 20 79 » 8 m arzo »

» 864 » 23 » » » 2080 » 1 5 » »

» 869 » 28 d ice m b re » » 20 8 3 » 5 a p r ile »

» 883 » 5 a p r ile 1 8 9 1 » 21 0 9 » 4 o tto b re »

» 835 » 19 » » « 2 1 1 0 » 1 1 » »

» 9 1 5 » 15 no vem bre » « 2 1 1 8 » 6 d icem b. » »2046 » 20 lu g lio 1 9 1 3 « 2 2 2 7 » 7 g en n a io 1 9 1 5 »2 0 58 » 12 o tto b re » » 22 28 » 1 4 » » »2060 » 26 » » » 2240 » 8 a p r ile » SOMMARIO: PARTE ECONOMICA. La situazione. Passaggio sottomarini. Commercio delle divise e cambi. Protezionismo e liberismo.

Cenni sullo sviluppo agricolo in Russia. - Dan fran co Ma r o i.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE. _ ______

Altri lamenti contro lo statismo. — Nuovo regime doganale turco. — Costo della vita e salari in Francia. — Problema delle abitazioni in Milano. — Coltivazione durante la guerra.

FINANZE DI STATO.

Anticipi della Francia ai Governi alleati. — Imposta generale sul reddito in Francia.

LEGISLAZIONE DI GUERRA.

Esportazioni di valori. — Dò zi interni. •— Pagamento di dazi doganali. — Proposta di legge agraria per i soldati che hanno combattuto.

NOTIZIE — COMUNICATI — INFORMAZIONI.

Sedi degli Istituti veneti di credito. — Congresso tecnico in­ dustriale in Francia. — 1/ Inghilterra per il dopo guerra. — Esenzione di tassa di bollò — Prezzi dei principali consumi. — Camere di commercio. — Monete divisionali. — Previsioni tributarie. — Memoriale dei lavoratori della terra. — Pel mer­ cato dell’argento. — Azienda giornalistica. — Milano. — Isti­ tuto italiano di Credito Fondiario. — Germania e materie co­ loranti. — Produzione del carbon fossile in Russia. — Produ­ zione granaria.

Situazione degli Istituti di Credito mobiliare — Situazione degli Istituti di emis­ sione italiani — Situazione degli Istituti Nazionali Esteri.

Quotazioni di valori di Stato italiani — Valori bancari — Valori industriali — Borsa di_Parigi — Borsa di Londra — Borsa di Nuova York — Stanze di compensazione.

Cambi all’Estero — Media ufficiale dei cambi agli effetti dell’art. 39 del Codice commerciale —'Corso medio dei cambi accertato in Roma — Rivista dei cambi di Londra — Rivista dei cambi di Parigi.

PARTE ECONOMICA

L A SITUAZIONE.

Abbiamo esaminato nella settimana decorsa la situa­ zione interna, che è rimasta invariata, si può dire, ad ec­ cezione della nuova resistenza spiegata dal nostro eser­ cito ai furiosi ed energici attacchi nemici i quali hanno così dovuto rallentare la loro calata al piano.

Da prossima riapertura della Camera potrebbe dare opportuna occasione di ripetere alcune considerazioni, che ci furono però censurate nell’ultimo fascicolo ; sa­ rebbe perciò vano che volessimo insistere contro una forza che pur non apparendo logica, non può essere superata.

- Tra i fatti che più caratterizzano la situazione esterna, richiama la nostra attenzione la Conferenza interalleata di Parigi o meglio il comunicato ufficiale che riassume i risultati di quella riunione. Non possiamo fare a meno di rilevare che la Sezione del blocco nello studio compiuto per esaminare le misure da prendersi pet assicurare il vettovagliamento dei paesi invasi, ha dimenticato, a quanto pare il Friuli. Infatti gli Alleati hanno dichiarato di dare la precedenza ira tutti i loro approvvigionamenti al vettovagliamento delle popolazioni belghe e francesi invase sulla base del programma della C. R. B., quale fu precisato nel corso delle conferenze tenute a Eondra tra la C. R. B. ed il Governo Britannico. È) bensì vero che la porzione di territorio italiano invaso è di gran lunga meno vasta e meno popolosa di quella del territorio belga e francese ; pur tuttavia ci sarebbe piaciuto che, anche per un senso di semplice eguaglianza di tratta­ mento, fossero stati considerati anche quei connazionali d’oltre Piave, i quali, dimenticati in tal modo, entrano nella categoria dei Montenegrini, dei Serbi, dei Rumeni, di cui nessuno ha nè tempo, nè modo di occuparsi. In sostanza non vediamo ragioni per le quali le popolazioni del glorioso veneto invaso demeritino delle preoccupazioni e delle attenzioni dei popoli civili e alleati che combattono, in confronto agli egualmente valorosi ed ammirevoli belghi e francesi del nord. Forse la occupazione essendo di data più recente, non sono ancora giunte ufficialmente alte le grida di sofferenza cui anche i nostri connazionali saranno sottoposti in materia di vettovagliamento.

Wilson ha nuovamente e lungamente parlato della guerra. Oramai egli ha scelto il motivo principale delle sue argomentazioni ed intorno a quanto già aveva detto nei precedenti messaggi, non può che ricamare variazioni di tonalità diverse, ma legate alla stessa orditura. Sem­ brerebbe che ormai gli Americani, i quali partecipano con tanto ardore e tanta sentita alacrità ai preparativi della loro guerra, dovessero essere anche ben persuasi e pie­ namente convinti delle ragioni di essa; così non appare però, se il loro Presidente ha sentito il bisogno di insi­ stervi tanto lungamente ed persistentemente.

Ignoriamo se questa volta Wilson si sia, come aveva promesso, messo d’accordo prima di parlare colle nazioni alleate ; forse possiamo dubitarne se pensiamo al giusto valore di queste sue espressioni : « Gli enormi danni « commessi nella guèrra dovranno essere, naturalmente, « riparati, ma non possono, nè debbono essere riparati « commettendo danni analoghi contro la Germania ed « i suoi alleati ».

Non giungiamo francamente a comprendere il valore del danno analogo e ci auguriamo che al momento della pace i tedeschi e loro alleati, non si valgano troppo lar­ gamente, come di una promessa, dell’affermazione con­ tenuta nelle parole sopra riportate dal Presidente della Confederazione Americana, i cui membri forse non ade­ rirebbero tutti come un sol uomo a non recare nessun danno, analogo o no, alla Germania vinta, dopo quanto di male essa seppe fare al mondo intero. j¡s

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850 1/ ECO N O M ISTA

9 dicembre 1917 — N. 2275 toccato dal Wilson, il quale, anzi, meglio voleva chiarire

quanto aveva in altre occasioni affermato:

« Quando dissi nel gennaio che le nazioni del mondo « avevano diritto non soltanto alla libertà dei mari, ma « anche ad un accesso sicuro e senza molestia a questa « libertà, pensai e penso anche ora non soltanto alle più « piccole e piti deboli nazioni che hanno bisogno del no- fi stro appoggio, ma anche alle nazioni grandi e potenti « e al nostro nemico attuale come ai nostri attuali asso- fi ciati nella guerra. Pensai e penso anche ora all’Austria- « Ungheria stessa, fra gli altri, come alla Serbia ed alla « Polonia ».

Queste frasi, che, ripetiamo, ci sembrano di colore oscuro, richiamano la nostra mente alle nostre aspira­ zioni sull’Adriatico

c e n s u r a

Fino dall’evento della rivoluzione Russa scrivemmo, ed a più riprese, che oramai l’Intesa si predisponesse a non contare ulteriormente su alcun aiuto militare da parte della nuova Repubblica. Era evidente che le preoc­ cupazioni interne avrebbero o prima o poi tolto a quella nazione ogni possibilità di adibire le sue energie in van­ taggio dell’Intesa, la quale bene avrebbe operato adattan­ dosi fin dal primo momento al concetto di dover consi­ derare la guerra come se più non esistesse il fronte orien­ tale. I fatti recenti addimostrano come quello fosse provvido avviso e come ormai sia, malgrado le insistenti affermazioni di qualcuno, vano sperare in una o prossima o lontana possibilità di ripresa.

* * *

In Francia il nuovo ministero risente della forza e dell’energia dell’uomo vigoroso che lo presiede e che possiamo ben invidiare alla nostra consorella latina

Passaggi sottomarini.

Nella Revue des Deux Mondes del 15 settembre il Sig. A. Sartiaux lia trattato con ampiezza la questione del passaggio sottomarino della Manica. L ’anno scorso fu da noi esposta in queste colonne la detta questione (.1), sicché non staremo adesso a ripeterne i dati principali’ quali sono la spesa prevista, il tempo calcolato suffi­ ciente per eseguire la galleria sottomarina, le dimensioni di essa, i validi argomenti che vengono contrapposti a chi ne teme l’invasione in caso di guerra, i vantaggi, valutati in tempo e in danaro, che un tale lavoro "ar­ recherebbe alle comunicazioni tra due grandi paesi e al loro traffico. Chi non conoscesse abbastanza questo tema interessantissimo; potrà leggere con utilità e di­ letto l’articolo poc’anzi indicato.

Esso può dirsi completo, giacché contiene la storia dei vari progetti, la spiegazione minuta del piano tecni­ co finora ritenuto migliore, e del modo di eseguirlo non­ ché importanti calcoli finanziari ed economici. Per par­ lare di tutto ciò, l’autore è competente quanto nes­ sun altro, o pochissimi. Il Signor Sartiaux infatti è Amministratore Delegato della .Società Francese per la Ferrovia sottomarina tra .la Francia e l’Inghilterra. Codesta Società è costituita fino dal 1875, ha vita giuri­ dica, possiede terreni, paga tasse, ha ' fatto numerosi lavori d’assaggio, prosegue sempre gli opportuni studi.

Anche di là dalla Manica ce n’è una analoga, gli ef­ fetti del cui lavoro sono però assai meno avanzati dal lato legislativo. Il Parlamento inglese non ha fin qui ancora dato la sua approvazione all’esecuzione del pro­ getto : questione che quello francese ha invece già ri­ solta da più di 40 anni. Gli è che in Inghilterra l’opi­ nione degli uomini più autorevoli non è su questo punto affatto unanime, benché là propaganda a favore della grande opera vada sempre guadagnando terreno. Ades­ so la decisione viene rinviata a dopo la guerra. Difatti il 16 agosto scorso, avendo il Bonar Law interrogato su ciò il Governo, gli fu risposto che il Governo stesso, dopo udito il parere dei suoi consiglieri militari e navali! giudica cosa non opportuna portare innanzi la questione finché la guerra dura.

I! Sartiaux afferma che la galleria sotto la Manica sarebbe utilissima per tutti, s’intende, e in prima linea pei due Stati i cui territori essa verrebbe a congiungere

(1) Economista del 5 novembre 1916.

ma però per l’Inghilterra anche più che per la Francia. E spingendo lo sguardo sull’Europa futura e sugli altri continenti, non solo preconizza la Londra-Bagdad in sostituzione del sogno germanico d’una Amburgo-Bagdad, ma intravede in Londra il centro d’irradiazione di "tutte le principali grandi vie mondiali. Fra quelle ch’egli enumera, una ne notiamo, che passerebbe per Roma e Brindisi.

Come già detto altra volta, è più che probabile che 1 Inghilterra, subito dopo la pace, si decida finalmente a permettere l’esecuzione del lavoro di cui si tratta, ed anche a darvi opera da parte sua con quella alacrità e potenza di mezzi, che suol porre in ogni atto ch’abbia, dopo lunga ponderazione, deliberato. È prevedibile ch’essa finisca anzi per giudicare d’essere in ciò la mag­ giore interessata, e che sappia esserlo, così come fece a suo tempo pel Canale di Suez, dopo avere lungamente osteggiato il taglio dell’istmo. Di gran cose, a lei, come a tutti deve avere insegnato la presente guerra ! A propo­ sito di che, viene in taglio ricordare il giudizio emesso molti anni or sono dal maresciallo Moltke, ispirandosi agli interessi politici e militari della sua patria : Biso­ gna opporsi al progetto della galleria, perchè per un attacco all’Inghilterra non servirebbe, e in caso di guerra colla Germania sarebbe funesta a quest’ultima.

* * Hs

L ’argomento, per associazione d’idee, fa pensare, come possibilità e come utilità, a un passaggio che pri­ ma o poi si volesse scavare sotto lo Stretto di Messina. L ’idea, per quanto non possa dirsi che sia stata in complesso molto coltivata, non è però nuova. Anni addietro venne autorevolmente sostenuta, se non er­ riamo, da Federico Gabelli, in un suo libro assai prege­ vole sulle strade ferrate italiane. Le sue conclusioni furono dipoi combattute da altri competenti, secondo i quali la galleria non può costruirsi, perchè , sotto lo stretto la natura geologica del suolo è tale da non la­ sciar trovare un conveniente strato impermeabile. Ove così sia in modo assoluto, sembra inevitabile far tacere ogni desiderio, per impossibilità di soddisfarlo. Su un tal punto, affatto tecnico, certo non abbiamo veste per interloquire. Non crediano per altro cadere nel torto del sutor ultra crepidam, col mettere in dubbio che gli studi fatti siano proprio esauriti. Non staremo a ricor­ dare che anche il taglio degli istmi di Suez e di Panama, per un pezzo e per più e diverse ragioni, venne da molti ritenuto impossibile, e che lo stesso fu a lungo opinato e sentenziato per l’aviazione. Guardiamo piuttosto il lavoro preparatorio per la galleria della Manica. Il Sartiaux fa sapere che sono stati eseguiti, ben inteso durante il corso di più anni, 7674 scandagli, nientemeno, dei quali 3000 hanno dato una certezza geologica! Qualora nello Stretto di Messina non fosse stato fatto altrettanto, o giù di lì, perchè astenersene, perchè rinun- ziarvi ?.

Supponiamo (è un’ipotesi) che la cosa fosse fattibi­ l e . E superfluo dilungarsi a porre in rilievo l’utilità immensa che avrebbe una via di comunicazione sotto­ marina tra la Sicilia e il continente italiano. In caso di guerra, la Sicilia, delle spiaggie ricche, portuose, folte città, se le vede quasi indifese, non essendo certo che possa bastare a difenderle sempre e tutte la flotta da guer­ ra, per numerosa e valida che sia. Se bloccata e assalita, la Sicilia può trovarsi tagliata fuori dal resto dell’Italia! senza che vi sia modo di mandare dah continente uo­ mini, armi e munizioni in suo soccorso. — E anche in tempi di pace, una diretta comunicazione ferroviaria che non menoma, punto quelle marittime e apre una comoda e rapida via di più, darebbe un impulso stra­ grande al trasporto di persone e di cose, e toglierebbe la Sicilia da una tal quale lontananza, da un tal quale- suo isolamento rispetto al resto della patria comune con vantaggi, oltreché economici, intellettuali, morali, insomma nazionali, più che evidenti.

Non sarà questa prova una delle belle e degne que­ stione di vita italiana, da riesaminare dopo la guerra ?

_________ . E. Z.

Commercio delle divise e cambi.

I commenti intorno al decreto 25 novembre 1917 sul commercio delle divise, che più innanzi riportiamo nel nostro periodico, si succedono e dànno in genere modo di riconoscere la sua opportunità.

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9 dicembre 1917 — N. 2275 1/ e c o n o m i s t a 851

che l’espressione valori usata dal decreto, nel mondo bancario e commerciale, si adopera per significare fon­ di pubblici, mentre evedentemente il decreto intendeva invece riferirsi ai cambi, ossia alle « divise ». Infatti l’esportazione di valori potrebbe supplire alla deficien­ te esportazione di merci, e gioverebbe ugualmente a creare dei erediti all’estero e quindi ad abbassare il livello dei cambi.

Già in addietro, ecL anche sulle colonne del « Sole » fu deplorato che in Italia fossero assai scarsi i valori esteri ed il nostro paese non potesse, al pari della Fran­ cia e dell’Inghilterra, procurarsi grandi masse di cambi con le vendite di titoli. E appunto per facilitare il realizzo di quelli posseduti, essi furono accettati in pagamento delle sottoscrizioni al Prestito consolidato 5% 1917.

Se v ’è ancora da noi chi possiede valori stranieri, sarebbe assurdo vietarne l’esportazione che dovrebbe essere invece con tutti i mezzi favorita. Se poi l’esporta­ zione potesse effettuarsi su titoli di Stati nemici (Ren­ dite ungherese e turca furono acquistate largamente in tempo di pace), il venderli in paese neutrale avrebbe tre effetti utili :

i G creazione di cambi ;

4° entrata in Italia di denaro liquido che potrebbe essere investito in Prestiti nazionali od altri titoli di Stato ;

30 aumento di offerta e quindi diminuzione del prezzo nei titoli deglì-Stati nemici con danno del loro credito. D ’altro canto nei possessori italiani il corso del cambio diminuirebbe in parte la perdita che debbono subire nel prezzo.

Escluso però che la parola valori sia stata adoperata nel decreto luogotenenziale del 25 corrente nel senso di titoli, sembra che avrebbe potuto dirsi con maggior semplicità e chiarezza : è vietato l’acquisto di divisa estera o di crediti sull’estero se non abbia per scopo il pagamento di merce, ecc.

Non si potrà pertanto mai raccomandare abbastan­ za che si formulino leggi e decreti in maniera da evitare incertezze od errori nella loro applicazione.

Ma giova altresì notare che il nr.ovo provvedi­ mento legislativo anzitutto: viene a integrare il p re -, cedente decreto luogotenenziale in data 4 settembre, col quale l’on. Carcano introduceva fra noi il così detto repertorio dei cambi esistente in Francia in quanto si stabilisce che coloro cui è fatto obbligo di tener tale registro debbono esplicitamente menzionare in esso la destinazione delle divise da loro cedute, negando quelle che non abbiano per scopo il pagamento di merci di cui sia consentita e prossima l’importazione, o la estinzione di debiti scaduti o il soddisfacimento dei bisogni ele­ mentari di persone aventi i loro beni nel Regno e che risiedono all’estero.

In sostanza con più rigorose e tassative disposizioni si impone ai commercianti in divise estere di osservare quel principio che avrebbe da tempo dovuto informare la condotta della totalità di essi — e che, per certo al­ l’estero, se non da noi, non si può dire che sin qui la in­ formasse -— secondo cui il tornaconto personale ha da armonizzarsi con l’interesse della nazione in un momento in cui la immane guerra odierna esige che tutte le attivi­ tà tendano con sforzo mai prima tentato ad un unico scopo.

La limitazione ai casi di evidente necessità e legitti­ mità della cessione di cambi può considerarsi, sotto un certo aspetto, come il complemento dell’altra non recente disposizione — il decreto luogotenenziale 30 aprile 1916 (n. 277) — mediante la quale, fra l’altro, era proibita l’importazione di titoli di Stato che non risultassero in possesso, fin da prima dell’entrata in guerra dellTtalia, di persone od enti di nazioni alleate 0 neutrali.

È) certo che quest’ultimo decreto non deve essere stato sin qui applicato con quel rigore nella determina­ zione dell’effettivo possesso che si rendeva indispensa­ bile ad un paese come il nostro, sì forte debitore dell’estero per valori di Stato e non, già collocati su mercati stra­ nieri, e perciò esposto, fin dal principio della guerra, al riafflusso in patria dai paesi amici, neutrali e alleati di nemici, di titoli indigeni, che veniva a gravare così pesantemente sulla parte passiva della nostra bilancia dei pagamenti con l’estero, e quindi sul cambio.

L ’interesse principale del decreto 25 novembre di cui si tratta risiede forse nella sua ultima parte, nella quale si subordina la esportazione delle merci all’obbligo di stipulare il prezzo nella valuta del paese acquirente o di destinazione, con facoltà pel Tesoro di riservare la ces­ sione dei relativi cambi a sè stesso, o. a un ente da esso indicato, contro pagamento di valuta cartacea.

Si tratta qui di una eventuale applicazione del si­ stema della centralizzazione delle divise, il quale, nella situazione creata al commercio internazionale dalla pre­ sente guerra, costituisce la soluzione teorica del problema dei cambi. Infatti, ogni nazione ha attualmente due distinti generi di fabbisogno di mezzi di pagamento all’estero da soddisfare : quello governativo — di gran lunga il maggiore — al quale, in teoria, per il regime ormai creato da convenzioni finanziarie internazionali, si farebbe fronte unicamente con crediti ottenuti dallo Stato in paesi alleati o amici, cioè con-prestiti governati­ vi all’estero, e quello dei privati, originato dalle loro importazioni di prodotti stranieri indispensabili al pae­ se e dalle necessità loro di pagamenti all’estero per estin­ zione di preesistenti debiti in capitale o interessi, il quale soltanto teoricamente costituisce la domanda sul mercato delle divise. Convogliate che fossero le valute estere via via disponibili , sul "mercato verso un organismo gover­ nativo che, d’altro lato, raccoglie e vaglia le richieste private di cambi, sarebbe possibile di- precisare a volta a volta la eccedenza o il deficit del disponibile rispetto alle domande, e quindi accantonare la prima per succes­ sivi bisogni ovvero pareggiare il secondo con prestiti supplementari all’estero dello Stato, che cede al pubblico, al prezzo di costo, la moneta straniera procuratasi. Eliminata, per tal modo, l’azione delle ragioni di debito e di credito di un paese verso l’estero, rimarrebbero in giuoco i soli fattori del cambio costituiti dalla posi­ zione finanziaria dei singoli Stati, dall’elemento psico­ logico, etc.

Ma dalla teoria alla pratica corre tratto non breve, come lo mostra l’esperienza dei paesi che, durante la guerra, tentarono la centralizzazione di cui si tratta.

Nondimeno ove si ottenesse di pareggiare i pagamenti dello .Stato all’estero con prestiti si libererebbe il mer­ cato dei cambi dalle saltuarie ma prevedibili richieste governative di valute, le quali, nelle condizioni in^ cui trovasi ormai ovunque il commercio d’importazione privato, sono tutt’altro che indifferenti per le quota­ zioni. À tale riguardo in Italia l’applicazione del decre­ to luogotenenziale 8 marzo 1917 (n. 360) che impone­ va alle amministrazioni dello St,ato di non stipulare contratti o assumere impegni per acquisti all’estero senza il previo consenso del Tesoro cui spetta di provve­ dere i mezzi di pagamento — e che ignoriamo quale pratica esecuzione abbia avuto sin qui — valendo a stabilire esattamente il fabbisogno governativo di di­ sponibilità sull’estero, mirava appunto a fornir la base della misura in cui il Tesoro deve via via procurare di contrar prestiti fuori del paese. Ove questi potessero essere commisurati anche ai pagamenti che i fornitori del Governo debbono eseguire all’estero per materie prime e prodotti che non sieno loro provveduti dallo Stato, il problema sarebbe, probabilmente, assai sem­ plificato. Escluse dal mercato dei cambi le richieste che non rispondono al carattere insito all’offerta, quello di costituire il risultato di transazioni puramente pri­ vate, può presumersi che lo stato di squilibrio che attual­ mente si osserva ovunque verrebbe sensibilmente ridotto, orientandosi in più propizio modo il mercato stesso.

Raggiunto che fosse tale condizione di cose fra noi i freni ora introdotti e più, la minaccia di una monopo­ lizzazione del commercio delle divise, potrebbero giovare assai efficacemente a ridurre l’influenza, non trascu­ rabile, della speculazione.

Protezionismo e liberismo.

« Messo il paese in condizioni di produrre ciò che prima non produceva per diminuire le sue importazioni ; e messo il paese in condizioni di aumentare le sue vi­ genti naturali produzioni, onde aumentare le sue espor­ tazioni ; l’esito più o meno favorevole di queste due par­ tite in dare ed avere dipenderà dal regime doganale che il paese dovrà e potrà adottare », scrive ilSenatoreTanari.

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protezione-852 1/ ECO N O M ISTA

9 dicembre 1917 •— N. 2275 Come tra gli uomini : chi è più forte vuole essere libero

per ottenere tutti i vantaggi della propria forza, chi è debole vuole essere protetto.

Ad ogni modo, per le industrie di un determinato paese, non si è mai liberi di adottare questo o quel si­ stema ; che viene sempre limitato per corrispondenti ragioni dalle esigenze protezioniste o liberiste degli altri popoli coi quali si è in rapporti commerciali. Dovremo quindi adottare caso per caso, in relazione dello svi­ luppo di questa o quell’industria, quel regime doganale che per reciproche compensazioni meglio risponda alle finalità sopra enunciate. »

Noi ci permettiamo domandare al valoroso pole­ mista : dato un paese che abbia una ricchezza prevalen­ temente agricola, la quale dia prodotti esuberanti al consumo interno, sarà mettendo dei forti dazi protet­ tori a favore di industrie non naturali in quel paese, che si potranno ottenere libertà di smercio per i prodotti agricoli esuberanti?

E qui, a nostro vedere, che bisogna decidere la que­ stione : per poter esportare fiori frutta, ortaglie, pomidori, agmmi, olio, vino, seta, ecc., i quali sono i prodotti italiani che fino ad un certo punto (attenti alla Spagna !) possono stare in concorrenza con quelli di altri paesi, sui mer­ cati esteri, converrà non imbattersi in barriere doganali proibitive di quelle esportazioni; come allora si potranno ottenere porte aperte, se vorremo chiuderle alle impor­ tazioni estere del ferro, delle macchine, dei coloranti, ecc. ? Ma il Senatore Tanari ha già risposto neH’ultimt) periodo che abbiamo riportato.

Cenni sullo sviluppo agricolo della Russia. tò

Ed ora continuiamo l’esame dello stato dell’agricol- tura russa anteriormente alla guerra.

Sarebbe ingiusto il disconoscere che l’opera del go­ verno non si è arrestata ad attuare nelle sue grandi linee la riforma agraria, ma non ha mancato di profondere t u r * 16 mani soccorsi Per 11 miglioramento

deir

agrieoi-L ’insegnamento tecnico agricolo, che era poco svi­ luppato prima .della riforma agraria del 1906, è andato solidamente organizzandosi, sì che mentre il numero degli allievi era di 9.300 nel 1907 era aumentato a 15 000 nel 1911 ; inoltre più di 300.000 coltivatori seguono i corsi pratici che si impartiscono principalmente nei di­ partimenti agricoli della Russia.

Alla scarsezza dei capitali era dovuta la lenta e sten­ tata produzione agricola russa, come ha ampiamente pro­ vato il Yermolofi nella sua Russie agricole devant la cnse agmzre (Hachette, 1907) : oggi il credito agricolo m Russia dispone di mezzi tali da promuovere una in­ tensificazione meravigliosa nella coltivazione del suolo • il numero delle società agricole è più che triplicato fra il 1906 ed il 1911 : da 1000 a 3.700 ; le associazioni agricole che hanno per oggetto la vendita di prodotti e l’acquisto di materiali agricoli, raggiimgono il migliaio ; le asso- dazioni di credito da 1.680 nel 1905 ammontavano al i° gennaio 1912^ a y.gy8 ; il numero delle cooperative costituite per gli aiuti all’agricoltura, anche senza con­ tare gli aggruppamenti più modesti, era di 22 mila al prin­ cipio del 1912 di cui 4 200 create solo nel 1911 (2).

Focili Stati di Europa hanno, come la Russia un credito agricolo così saldamente costituito, specialmente ove si aggiunga l’opera di molteplici banche, fra cui la Banca fondiaria della nobiltà, la Banca fondiaria dei contadini e la Banca Imperiale. Ouest’ultima, che è la principale riservà finanziaria dello Stato, è ancora im­ portantísim a forza per ogni sviluppo industriale ed agricolo. E impossibile stabilire statisticamente quanto essa faccia a pro’ dell’agricoltura, quantunque recenti calcoli facciano ammontare a quasi 300.000.000 di franchi gli anticipi fatti agli agricoltori ; è certo però che scon­ tando biglietti all’ordine, riscontando effetti alle banche private che impiegano una parte delle loro disponibilità 111 operazioni agricole, facendo prestiti garantiti sui pro­ dotti, specie sui cereali, la Banca Imperiale è quella che ha avuto la maggiore influenza nella trasformazione agricola del paese.

Il progresso dell’agricoltura appare poi evidente dal suo risoluto cammino verso l’industrializzazione.

Iv accresciuto uso di macchine e strumenti agricoli (1) Vedi continuazione Economista del 2 dicembre 1913 N 2274 pag. 834.

(2) Cfr. Sulle cooperative di credito in Russia, il « Boll, delle ist. econ. e sociali», agosto e nov. 1914 e le ricche fonti ivi citate.

attesta questo nuovo indirizzo: l’importazione che si elevava a 20.700.000 rubli nel 1906, aveva raggiunto 57.500.ooo rubli nel 1911 e nello stesso periodo di tempo il valore della produzione nazionale di queste macchine e strumenti si è quasi triplicato, raggiungendo nel 1911 un valore di 61.500.000 rubli.

1 Quantunque la riiorma agraria sia di data ancora recente perchè abbia potuto mettere in piena efficienza la maggior parte del territorio agricolo, pur tuttavia le cifre della produzione, come vedremo, segnalano un aumento che non si è verificato in nessun altro Stato europeo. Di quale enorme sviluppo sia suscettibile la superficie agricola (1) in Russia lo mostrano intanto le seguenti cifre paragonate con quelle corrispondenti per la Francia :

Terre coltivate Russia (2)

Agricoltura . . Prati e pàscoli . Foreste . . . . Altre colture. . Totali . . 1 19.462.000 39.025.000 455-* 2 333-00° 86.922.000 700.642.000 % r7-°5 5-57 64.97 I2.4I Francia (3) 23.927.092 10.062.860 9.329.I93 6.718.243 50.037.388 47.8 20.1 18.7 13 4 Territorio totale . .

% delle terre coltivate 2.243.000.000 3 1 . 2 4 % 9 4 . 5 %53.680

Mentre la Francia dunque ha messo in valore quasi tutto il suo territorio agricolo, (e quasi la stessa è la con­ dizione degli altri principali Stati agricoli avendola Ger­ mania una superficie produttiva del 94,6 %, l’Austria del 94,3 %, l’Ungheria del 96.2 %: il Belgio 'dell’87,8 % , l’Italia del 92 % , l’Inghilterra dell'84 %) la Russia com­ plessivamente ne_ ha utilizzato finora solo il 31.24 % : essa possiede quindi una riserva enorme di territorio coltivabile che renderà sempre più imponenti la col­ tivazione dei terreni ed_ i progressi agricoli del paese. . Nè è a credere che i sistemi di coltura russa siano rimasti stazionari : l’impiego sempre maggióre di con­ cimi chimici e l’uso sempre più largo di macchine agrarie hanno notevolmente accresciuta la sua produzione uni­ taria, la quale, pur essendo inferiore ancora a quella di parecchi Stati europei, è sulla via di continuo aumento. Ficco alcuni rapporti significativi tratti àaWAnnuaire international de statistique agricole :

Germania Francia Austria Ungheria Russia . . Rumenia Stati Uniti Canadá Argentina

Iva Germania, come si vede, supera tutti gli altri Stati del mondo, ma la Russia, date le precedenti condizioni agricole, ed il tempo relativamente recente della inten­ sificazione della sua produzione, ha raggiunto propor­ zioni elevate e promettenti.

In base ai dati dell’ « A nnuaire international de statis­ tique agricole » possiamo formare il seguente quadro corn­ il) he sterminate superfici arabili della Russia sono, come nota il Castagna, di natura ben differente e di ineguale valore. I,a loro situazione ed i coniini delle varietà dipendono da cause principal­ mente naturali. be regioni sterili dominano al nordest ed al sud-est. « B nell’intervallo che separa i fanghi ghiacciati della tundra, gli altipiani spesso rocciosi e gli innumerevoli laghi della Finlandia dalle sabbie e dalle argille salate della depressione del Caspio che si succedono in mezzo a foreste più o meno folte, alle praterie delle steppe, i terreni che alimentano la vita economica del popolo russo. Iye regioni più fertili sono nel centro e al sud ove si trova la famosa « terra nera» che possiede una fertilità straordinariamente grande».

(2) Per la Russia: Théry, La transformation économique de la Russie.

(3) Per la Francia: Annuaùe international de statistique 1911

et 1912, de l’Institut international d’agriculture, Rome, 1914. 1 annuale dei cereali

(1913-14)

per ettaro :

Grano Segala Orzo Avena

(5)

9 dicembre 1917 — N, 2275 L ’ ECO N O M ISTA 853 parativo per alcuni importanti Stati della superficie

media coltivata a cereali per i quinquenni 1901-05 e 1908-12. :

Che *cosa rappresenti, in rapporto alla produzione mondiale, la produzione russa dei cereali può dedursi da quest’altra importante statistica:

Frumento Segala Orzo Avena Mais

media media media media media media media media media media

1901-1905 1910-1914 1901-1905 1910-1914 1901-1905 1910-1914 1901-1905 1910-1914 1901-1905 1914-1914 G erm an ia . . . . 1.8 2 9 . 1 5 0 1.9 6 2 . 6 1 1 6.0 4 4 .8 7 0 6.2 6 0 .7 4 8 1.6 9 2 . 8 1 8 1-5 9 6 .2 5 5 4.2 4 5 .9 6 7 4.3 6 6 . 1 6 9 3 3 6 .8 1 7 A u s t r i a ... 1.0 8 4 .7 8 5 1.2 2 5 . 4 6 9 1.8 3 9 .0 7 9 2.0 1 9 . 5 1 6 1.2 0 0 .8 4 6 1.0 8 9 .0 5 9 1.8 3 3 .2 2 6 1.8 7 0 .6 8 1 4 8 2 .3 7 6 3 0 1 . 0 7 5 F r a n c i a ... 6.5 7 4 - 9 6 5 6.5 1 7 . 7 8 4 1.3 1 6 . 6 0 6 1.1 9 3 - 9 6 6 7 0 9 ^ 2 8 3 7 6 1 . 1 6 7 3.8 4 1 . 6 8 2 3.9 7 2 . 9 2 2 5 0 9 .8 5 9 4 6 8 . 9 7 2 R u m a n ia ... 1.6 8 1 .4 6 8 1.9 3 6 . 5 2 7 1 6 7 .4 2 3 1 1 7.5 1 1 5 2 0 . 7 3 6 5 3 7 4 8 8 3 6 2 .6 8 4 4 3 5 -9 4 3 2.0 8 9 .5 7 3 2.0 7 2 . 6 5 3 U n g h eria ... 3.6 7 2 . 3 6 6 3.7 0 1 . 7 5 8 1.1 2 9 . 2 1 7 1.1 4 2 . 2 5 7 1 0 9 5 ,8 5 6 1.1 7 0 . 3 9 2 I.IOO. 1 9 4 1.1 7 6 . 5 3 8 2-5 3 5 - 2 0 7 2.8 7 2 . 1 0 9 S t a t i U n iti. . . . 1 9.2 2 2 . 1 5 5 1 9.8 1 0 .6 2 8 7 5 5 0 4 0 9 3 2 . 9 7 2 1 . 9 5 8 0 2 9 3.0 7 2 . 7 3 0 1 1.3 8 9 .7 3 2 1 5.3 8 3 .8 0 5 3 7.2 0 9 . 5 1 0 4 3.5 8 9 . 4 1 4 A rg e n tin a . . . . R u s s ia eu ro p e a ed 4-3 7 7 - 9 6 5 6.5 8 0 .6 3 4 2 . 6 7 2 4O. 1 2 1 3 8 .5 4 1 IO I.2 9I 5 1 - 9 1 5 1.0 8 7 . 0 1 4 2.0 6 2 .3 5 6 3.7 6 4 .4 5 0 a s ia t ic a . . . . 2 3 - 3 H - 9 I 9 3 2.1 6 6 . 7 1 0 2 9.9 1 2 . 7 7 2 2 9 -5 9 3 -5 31 9.2 6 i.i o£1 2.8 6 4 . 1 3 9 1 7.9 0 1 . 4 3 1 2 9-2 9 9 - 1 5 7 1,3 6 9 . 6 1 9 2.0 7 7 . 0 6 0 I progressi della Russia, Ira i principali paesi del

mondo produttori di cereali sono evidenti, specialmente per quanto riguarda la produzione del irtunento.

Indicando x 00 la superficie a frumento di detti Stati nel 1901, ecco i numeri indici della superficie stessa col­ tivata nel 1910 : Germania . . . 122.9 Austria . . . . 1 1 3 4 Francia . . . . 96.5 Rumenia . . . 129.0 Ungheria . . 105.7 Stati Uniti . . . gi.6 Argentina... 189.7 Russia d’Europa 126.3 Russia di Asia . 168.4

La Russia occupa il secondo posto nel mondo dopo l’Argentina, colla differenza che i risultati della Russia sono ottenuti vincendo continue difficoltà derivanti dalla ancora incompleta applicazione della riforma agraria.

Si può dire che tutta la vita e l’economia russa d i­ pendano dall’agricoltura, la quale occupa ancora l ’86_% della popolazione : un’annata buona aumenta la quantità delle esportazioni, fa quindi entrare in paese molto oro e la circolazione si accelera e gli affari migliorano, mentre un’annata scarsa o cattiva fa risentire le sue conseguenze su tutti i rami di attività e specialmente il. coiìunercio ne riporta i maggiori danni, e danni gravissimi talvolta ove si consideri che in tempi normali il valore della pro­ duzióne agricola del paese sale fino a 9 miliardi di rubli e cioè a 24 miliardi di franchi !

Per quanto riguarda la produzione dei cereali la Russia può chiamarsi veramente uno dei principali gra­ nai del mondo ; e che cosa essa rappresenti per i bisogni di tutta l’Europa si comprende in questo periodo di guerra, durante il quale nella maggior parte è impedita l’esportazione delle immense riserve di grano destinate a riempire i vuoti del consumo di quasi tutti gli Stati europei.

La produzione media del frumento da 117.547.000 quintali nel quinquennio 1898-1902 è salita a 161.706.433 - in quello 190S-1912 ; un aumento di 44 milioni 155.433 quintali, e cioè del 38 per cento circa. Ecco riunita in un quadro la produzione dei cereali nella Russia europea, da cui appare evidente l’enorme aumento conseguito in appena un decennio :

Produzione dei cereali in Russia (in milioni di quintali metrici)-.

Prodotti

Medie annuali Aumenti medi

1908-1902 I908-I9I2 Totali % G rano ... 1 1 7 - 5 1 6 1 . 7 4 4 .2 37-5 S e g a la . ... 2 0 9 .9 2 1 5 . 0 5- 1 2 .4 Orzo ... 57-4 93-7 3 6 .3 6 2 .2 A ven a ... I I I . 2 134-5 2 3.3 2 0 .9 M a i ... 1 7 .2 5-3 4 4 .8 T o ta le c e re a li . . . 5 0 7 - 9 6 2 2 . 1 1 4 4 .2 2 2 .5 P a t a t e ... 2 5 0 .0 3 2 9 . 1 7 9 . 1 3 1 . 6 B a r b a b i e t o l e ... 74-5 1 0 5 .8 31-3 4 2 .2

Produzione mondiale dei cereali nel 1912

{in migliaia di quintali metrici):

Cereali Produzionemondiale della RussiaProduzione 0/o/

F ru m en to ... 1,116 222 20 S e g a la ... 503 269 53 O r z o ... 405 108 27 A v e n a ... 756 163 22 M a i s ... I-I95 24 2 T o ta li . . . 3-975 786 23

Il 23 %, dunque, della produzione mondiale dei ce­ reali è dato dalla Russia, mentre dagli altri Stati di Europa •principali produttori di cereali non è fornito che il 13 %

dalla Germania, il 5 per cento circa dalla Francia, il 3,5 dall’Austria, il 3.7 dall’Ungheria b il 2 per cento circa dall’Italia. L a Russia è superata solo dagli Stati Uniti la cui produzione rappresenta il 25.5 di quella mondiale.

Quantunque la popolazióne russa sia in continuo aumento (negli ultimi dieci anni si è accresciuta del 23 %) e quindi siano in proporzione aumentati i bisogni del paese, pur tuttavia di questa enorme quantità di beni alimentari la Russia fa larga esportazione.

Come ogni paese nuovo, che si trova a passare da uno stadio di economia arretrata ad uno stadio di eco­ nomia più sviluppata, essa è largamente debitrice di capitali, ma v i compensa ad esuberanza con i suoi pro­ dotti agricoli : « Per ogni cedola una manata di grano » scriveva U. Ancona. Certo che col frumento e colle altre derrate la Russia paga le sue rendite e i suoi debiti col­ l’estero.

È stata calcolata, in un recente rapporto pubbli­ cato dal Ministro dell’agricoltura di Ungheria, la quantità dei cereali che la Russia potrebbe mettere a disposizione del mondo. Ecco la statistica :

Cereali Produzione annuale Stok prima della raccolta Totale Bisogni del consumo russo Quantità disponibile pel mercato mondiale (in m igliaia di quintali)

F ru m en to . . . 222 6 .0 2 2 8 1 7 0 5 8 S e g a la . . . . 2 6 9 1 . 4 2 7 0 2 4 0 3 0 O r z o ... 1 0 8 3-2 I I I 7 0 4 1 A v e n a . . . . 1 6 3 0 .8 1 6 4 145 1 9 M a i s ... 2 4 0 .2 24 1 8 6 T o ta li . . . 7 8 6 1 1 . 6 7 9 7 6 4 3 154

Questi dati relativi alla raccolta del 1912 provano, che una volta provveduti i bisogni interni nella maniera più larga, 154 milioni di quintali di cereali sono disponi­ bili per il consumo mondiale e quasi tutti in effetto espor­ tati.

(6)

854 L ’ ECON OM ISTA

9 dicembre 1917 — N. 2275

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE

Altri lamenti contro lo Statismo,

— Nel quarto anno di guerra, gli organi rappresentativi dell’industria e del commercio dei vari paesi — i quali si erano imposti per il passato il massimo riserbo ed un assoluta rinuncia al diritto di critica in fatto di provvedimeli governativi intesi a regolata l ’attività commerciale, hanno ripreso la parola iniziando contro lo « Statismo » una campagna rispettosa nella forma, per quanto acerba nella so­ stanza. Il 12 luglio 1917 la Commissione dei negozianti di Londra ha presentato un rapporto alla Camera di commercie che — accettato in massima lai Consiglio della Camera di commercio londinese — è sintomatico per una valutazione dello stato d’a­ nimo di quell’assemblea. Crediamo opportuno di riportarne in­ tegralmente la traduzione :

1. La Commissione dei commercianti della Camera di commercio, visti i rapporti pervenuti dai diversi rami del commercio circa l ’in­ gerenza del Governo, studiando specialmente la vendita e la distri­ buzione dei principali articoli di consumo quotidiano, si peimette di esporre lo stato attuale delle cose.

2. Al principio della guerra, il Governo ha avuto i poteri di rego­ lare l’approvvigionamento e il consumo di tutte le merci necessarie alla difesa del Regno, alla continuazione efficace della guerra (ter­ restre, marittima e aerea) da parte dell’Impero britannico e dei suoi alleati, nonché il vettovagliamentodellapopolazionecivile. ì$dolo­ roso che il Governo non abbia cercato di raggiungere lo scopo con la cooperazione sistematica di negozianti che avessero una speciale conoscenza delle fonti di approvvigionamento e del meccanismo di esse, mentre e appunto quella conoscenza che ha consentito agli Stati Uniti di divenire il deposito generale della produzione mon­ diale. Per motivi di ordine pubblico ognuno si è astenuto dal discu­ tere le varie finali tà , ma i metodi impiegati per raggiungerle non hanno dato il massimo di utilità per lo Stato, con il minimo d’ingerenza negli usi e nell’organizzazione del commercio legittimo. I risultati di simili metodi sono riusciti, in gran parte, contrari agli scopi pre­ fissi.

3. La politica attualmente seguita appare fondata su di un ap­ prezzamento inesatto dei principi informatori dell’importazione in Inghilterra e dei mezzi che hanno reso disponibili le risorse naturali'” del paese per i bisogni dell’industria, sia esercitata dallo, Stato sia da imprese alleate allo Stato, sia da privati. Solo recentemente il • Governo si è giovato della cooperazione diretta di uomini d ’affari. L ’azione dei controlli di Stato ha portato, nella maggior parte dei casi, al rialzo dei prezzi e alla rarefazione delle merci.

4. Ad eccezione dei prodotti minerali e di altri di produzione' indigena, l ’Inghilterra si è trovata alle dipendenze dell’attività dei commercianti per far affluire e permanere sul mercato un certo quantitativo di merci di prima necessità, provenienti dall’estero. Tali merci — che sono state attirate principalmente dai manifesti vantaggi presentati dai mercati britannici in concorrenza con gli altri possono essere controllate dal Governo solo quando arrivano in Inghilterra.

La limitazione delle importazioni normali determina l’afflusso di derrate su una base di concorrenza.

In altre parole, se si elimina il commerciante, non rimangono più organi, nè in Inghilterra nè all’èstero, per la trattazione degli affari e per formare stocks di derrate secondo i prevedibili bisogni dei consumatori ; lo Stato divienepotenzialmenteilsolo importatore o acquirente, ma senza mezzi per esercitare un’influenza sugli ap­ provvigionamenti futuri di provenienza estera, allorquando le ri­ serve del passato siano esaurite. La grave limitazione statale nelle operazioni commerciali, e l ’incertezza della situazione presente, hanno determinato una dannosa reazione sui migliori interessi del paese in fatto di vettovagliamento.

5. Non sembra che vi siano delle buone ragioni per fare a meno dell’opera dei negozianti — le cui relazioni coi fornitori di prodotti, e la cui approfondita conoscenza delle merci dovrebbero meritare loro la stima dello Stato, per il ramo in cui sono versati. La condotta di tali affari implica una questione di danaro che influisce sul pro­ duttore straniero nella preferenza pel mercato inglese. I negozianti sono disposti a correre dei rischi durante la guerra come durante la pace ; domandano solamente la possibilità d’importare in Inghil­ terra i prodotti più necessari, a condizione che ci sia Talea di un equo guadagno a compenso dei rischi incontrati.

6. Conviene permettere dei ragionevoli profitti ni rivenditori di buona fede ; questi profitti devono giustamente eliminare il gua-

j

dagno dei commercianti e dei mediatori la cui attività consiste solo

i

nella manutenzione degli stocks radunati da diverse fonti, prima | che essi arrivino al fabbricante o al venditore a dettaglio. Tanto meglio saranno soddisfatti i bisogni della guerra, quanto più lo Stato utilizzerà la scienza dei commercianti e li incoraggerà a mantenere ! ed aumentare gli stocks di tutte le derrate di prima necessità.

7- I controllori devono essere semplicemente i rappresentanti

j

dello Stato incaricati di conservare ed aumentare gli approvvigio- ! namenti di tutte le fonti disponibili e di evitare il moltiplicarsi di transazioni che aumentano il prezzo senza nulla materialmente ag- j giuugere agli stocks esistenti. Il sistema attuale non è riuscito nè ad annientare gli approvvigionamenti, nè a far ribassare i prezzi. |

Nessun governo può controllare e regolare il commercio mondiale quando dei paesi liberi attirino le merci con ì ’esca di prezzi superiori. Non c’è nulla che rialzi più rapidamente i prezzi come la notizia che il governo compera. È) impossibile che i controllori governativi ab­ biano esatta conoscenza dei vari rami del commercio mondiale e dell estrema delicatezza del meccanismo finanziario sul quale si appoggia, comel’hannoi commercianti di Londra da più generazioni

9. Costantemente si raccolgono prove che documentano come m molti uffici dello Stato non si abbia un concetto esatto della corre­ lazione esistente fra commercianti e fabbricanti, giacché si considera l ’ultimo come del tutto indipendente dal primo. Nella realtà invece i fabbricanti dipendono dai negozianti pr la continuità delle ordina­ zioni e per le materie prime. Si vede che le offerte di forniture sono indirizzate spesso « ai soli fabbricanti » senza tener conto che i ne­ gozianti hanno delle grosse partite che possono forse fornire anche a minor prezzo.

10. Il Governo dovrebbe avere lo scopo di attirare prodotti da tutte le parti. L ’azione dello Stato, in molti casi, ha paralizzato e in parte rovinato il commercio. Essa è stata nefasta nel momento in cui, inseguito alla cessazione del commercio tedesco d’oltre mare gl’inglesi accaparravano questo commercio e si stabilivano nei paesi di produzione, in modo che sarebbe stato di immenso vantaggio per l’Impero e nel dopo-guerra avrebbe enormemente rinforzato la sua posizione contro i paesi nemici.

11. Quello stesso trattamento che fu fatto al commercio del grano e delle farine, allorché fu messo sotto il controllo governativo dovrebbe essere esteso a tutte le banche del commercio facendo ap­ pello al concorso dei commercianti, per sorvegliarne l ’andamento Dal tempo della creazione della Wheat Commission, essa fece uso delle camere di commercio che funzionarono da mediatori. Il prezzo sarebbe più elevato se il Governo non avesse approfittato delle conoscenze tecniche dei negozianti e dei mediatori.

12. La Commissione richiama l’attenzione sulla differenza di trattamento fatto alle varie banche ed anche alla differenti categorie di una medesima banca (fagiuolì, frumento, farine). A tutti dovrebbe usarsi il medesimo riguardo.

13. Finché il Governo si è limitato al controllo e lo ha esercitato per mezzo di commercianti, senza intervenire nell’organizzazione esistente per il mantenimento e la distribuzione delle merci, si sono ottenuti dei risultati migliori, e causati minori mali di quelli verifi­ catisi quando si è occupato della distribuzione dei prodotti, ignorando il meccanismo commerciale.

14. La tendenza, molto accentuata, per la quale lo Stato si tra­ sforma in distributore di merci .viene considerata dalla Commissione comeun danno veramente grave. Essa deve giungere alla conclusione che il Governo considera l’insieme dei negozianti come inutile al­ l’Impero, e, in generale, come indegno di qualsiasi considerazione. Ma la storia dimostra che il concetto da cui parte il Governo èerrato. La supremazia dell’Impero britannico in materia commerciale non esisterebbe senza la classe dei commercianti.

15. La causa principale del rialzo dei prezzi risiede nella riduzione dell’approvvigionamento mondiale, per mancanza di tonnellaggio, L ’unico mezzo per superare l ’accennata riduzione, è quello di stimo-' lare dovunque la produzione e di sorvegliare al miglior sfruttamento possibile del tonnellaggio disponibile. Ma ciò non può ottenersi se non si dà un grande incoraggiamento al commercio ordinario, con un minimo d’ingerenza governativa. Altrimenti il commercio, reso impossibile o senza profitti, cesserà, e le conseguenze saranno di­ sastrose, oggi e in seguito.

16. La Commissione ritiene che il Governo dovrebbe limitarsi alla sorveglianza; accentrare il potere di controllo; sopprimere i dipartimenti che frenano il commercio legittimo.

Essa raccomanda :

a) che il Governo cessi di fare l’intermediario tra produttore e consumatore e utilizzi l’opera dei commercianti ;

b) che a tale scopo i commercianti siano incoraggiati a mante nere o importare lo stock di merci necessarie ;

c) che nei riguardi specifici del controllo sulle importaizoni ed esportazioni, le quantità permesse siano equamente proporzionate tra i commercianti che si occupano di quel ramo dopo aver consul­ tato i gruppi che sono i rappresentanti del commercio ;

d) che i differenti dipartimenti di controllo siano coordinati in guisa da’ assicurare un sistema uniforme nelle questioni di pri ncipio ;

e) che persone competenti scelte tra ¡¿negozianti assistano dipartimenti di controllo ». ! ■ [ ■ , ' gr

Queste lamentele della Camera di Commercio di Londra rappre­ sentano una vera — per quanto garbata — requisitoria contro 1 ingerenza Statale nel commercio. Si può affermare che, negli altri paesi, il malcontento determinato dalla intromissione governativa’ nel commercio sempre più rigorosamente limitatice, non è minore di quello espresso nel rapporto delle Commissione della Camera di

Commercio di Londra. T. G.

(7)

9 dicembre 1917 — N. 2275 L ’ E CO N O M ISTA

855

Si sono compiuti, in Turchia, in questi ultimi tempi, dei fatti

rilevantissimi : l’abolizione delle capitolazioni, la più antica delle quali si riconnette all’alleanza conclusa nel 1535 tra Francesco I e Solimano il Magnifico; e l ’autonomia doganale recentemente conseguita dalla Turchia, come effetto immediato della guerra.

I trattati di commercio, conclusi dalla Porta con i diversi Stati negli anni 1861 e 1862, stabilivano tutti che il diritto turco di en­ trata non doveva superare l ’8 % del valore. Una commissione mista elaborò — su questa base e secondo il prezzo approssimativo che avevano allora le merci —• una tariffa specifica che fu adottata dagi Stati contraenti. Senonchè, ribassatisi fortemente i prezzi di molti articoli, quella tariffa cessò, coll’andar degli anni, di concordare con la base convenzionale dell’8 %, e perciò, col consenso delle po­ tenze contraenti — (Germania, Inghilterra, Austria-Ungheria, Francia, Italia, Russia) — si stabili che le merci dovessero essere tassate all’8 % del prezzo dichiarato dagli importatori. Nel 1907 infine — con protocollo del 25 aprile— da Turchia fu autorizzata dalle medesime potenze ad elevare l’aliquota all’ 11 % a condizione che il maggior introito fosse destinato alle riforme amministrative dei villaggi di Salonicco, Monastir, Kossovo.

Fa Turchia però aspirava ad una tariffa ad valorem, con un si­ stema di diritti specifici graduati all’usanza delle altre nazioni europee ; anzi un trattato del 1890 tra la Turchia e la Germania, su questa base, non fu approvato dalle altre nazioni. FaTurchia, durante quelle trattative, trovò modo-di portare l’aliquota dall’ n al 15 %, aumento che, accettato dapprima dall’Austria Ungheria come compenso per l’ammissione della Bosnia Erzegovina, fu poi riconosciuto, a mano a mano, dalle altre potenze. Sopraggiunta la guerra la Turchia abolì, motu proprio, le capitolazioni con circolare del 9 settembre 1914 diretta alle potenze interessate, ed elevò l’a- quota ad valorem, per tutto il periodo della guerra, dal 15 % al 30 %. Tutte queste misure erano transitorie perchè la Turchia aspirava ad una sua tariffa doganale, alla quale giunse con legge 23 maggio 1916 che inaugurava, dal 14 settembre, una nuova ta­ riffa.-Fa durata è di 3 anni e si applica a tutti gli Stati coi quali non furono concluse condizioni di privilegio.

Diamo un cenno sulla sostanza della tariffa : essa è specifica, divisa in30 gruppi principali e 773 rubriche, ispirata a tendenze ora fiscali oraprotezioniste, e, nell’insieme, più elevata che la tariffa an­ teriore. Istituire un paragone tra le due tariffe non è possibile perchè è cambiata la base della tassazione e i vari diritti sono stati graduati molto megliocheprecedentemente. Una diecina di articoli (concime, macchine agricole, libri non rilegati, oggetti di storia naturale, oro, platino ecc) sono ammessi, d’ora in avanti, in franchigia. Altri pa­ gano presso a poco gli stessi diritti di prima. Ma la maggior parte, specie gli articoli di lusso e quelli industriali ed agricoli suscettibili di produzione indigena, sono colpiti con un tasso più elevato, che va fino ad un massimo di 200.000 piastre ogni quintale come per le pelliccie di martora, di zibellino ecc.

Il Prof. Paillard ritiene che questa nuova tariffa non sarà causa di gravi danni pel commerciò svizzero-turco e si augura che, appena cessata la guerra, la Svizzera possa concludere con la Turchia un trattato commerciale con la clausola della nazione più favorita ; propone inoltre che si istituisca presso la Porta una rappresentanza diplomatica o consolare, la quale, mentre potrebbe essere gradita all’impero ottomano, riuscirebbe di notevole vantaggio per la Con­ federazione.

Costo della vita e salari in Francia.—

Daun’inchiesta com­

piuta dalla Statistica generale della Francia per mezzo dei Consigli dei probiviri e degli Uffici del lavoro sul costo della vita e sui salari nel 1911 e nel 1916, si hanno questi dati : Secondo i probiviri i sa­ lari degli uomini sono aumentati, fra il 1911 e il 1916, dafr. 4,55 a 5,56 e quelli delle donne da 2,21 a 2,57 ; secondo gli ispettori del la­ voro, fra il 1913 e il 1916, i salari degli uomini furono aumentati da fr. 5,48 a 6,83, quelli delle donne da 2,99 a 4,12.

Il costo della vita calcolato per una pensione (vitto e alloggio) di un uomo celibe al mese di fr. 70 nel 1911, nel 1916 era salito a fr. 99 ; e il numero indice dei prezzi di 13 generi alimentari consumati da una famiglia di quattro persone, che era di 1014 nel primo tri­ mestre del 1911, nel i° trimestre del 1916 era arrivato a 1456.

Quindi, supponendo uniformemente eguali a 100 le cifre di « prima della guerra », le cifre del ,1916, possono essere indicate come segue :

Salari degli uomini :

Consigli dei probiviri... 122 Ispettori del l a v o r o ... 125

Salari delle donne :

Consiglio dei p r o b i v i r i ... n 6 Ispettori de! la v o ro ... 138

Costo della vita :

Prezzo di pensione ... 141 Prezzo delle derrate... 145 1/aumento dei salari degli uomini sarebbe stato, a un diprèsso, del 2 5 % Ma la differenza risulta evidente nelle professioni femminili ; i mestieri compresi nell’inchiesta dei Consigli dei probiviri (stira­

trici, sarte, lavoranti in biancheria, in gilets, trinaie, ricamatrici e modiste ebbero un aumento di salario, in media, del 16 % in luogo di quello del 38 per cento delle professioni annoverate nell’inchiesta degli ispettori del lavoro (filatrici, tessitrici, calzettaie, sarte di magazzini-confezioni, lavoranti a mano, trapanatrici, verificatrici di pezzi staccati).

Gli indici del costo della vita offrono un aumento del 41 % sul prezzo della pensione e del 46% sul prezzo delle derrate. Sembra^dun­ que, che le professioni annoverate in queste due inchieste abbiano subito nel salario, dopo la guerra, una sensibile diminuzione. Tutta­ via, dobbiamo tener presente, che il rapporto tra il salario e il costo della vita si stabilisce più esattamente quando viene considerata in luogo del salario individuale, l’entrata della famiglia operaia. Da un’epoca all’altra, il numero dei membri della famiglia che contri­ buiscono a lle n ta ta comune, si è certamente modificato per essere cresciuto il numero delle donne e delle giovanette che lavorano e guadagnano, per modo che, incerti casi, le entrate della famiglia operaia aumentano anche se il salarioindividualerimaneinalterato.

Problema delle abitazioni in Milano.

— V ufficio di Presidenza della Commissione arbitrale per le locazioni, esplicando il mandato assegnatole dal relativo regolamento approvato dal Consiglio comunale, ha rassegnato al sindaco una pregevole memoria, nella quale si affaccia la opportunità per la Amministrazione co- munale-di preoccuparsi fin d’ora delle condizioni nelle quali la po­ polazione milanese verrà a trovarsi subito dopo la cessazione del presente conflitto internazionale nei riguardi delle abitazioni,onde preparare, in tempo debito, quei provvedimenti che si ritenessero necessari, perchè non ne sia ritardata la attuazione, appena ciò si renda possibile.

Espone la relazione che al periodo di intensa attività edilizia che si ebbe in Milano dal 1905 al 1909 contrassegnato anche dal sor­ gere e fiorire.di istituzioni di carattere sociale miranti al migliora­ mento delle abitazioni popolari, e per merito del quale le condizioni di affollamento nella nostra città deplorate dalla Commissione d’in­ chiesta del 1903, erano state notevolmente migliorate,, è seguito un periodo di rallentamento, che oramai è diventato di arresto completo della fabbricazione di case d’abitazione.

Tale fatto deve necessariamente preoccupare, sia considerando l ’aumentare normale della popolazione, sia nella previsione che la nostra città possa diventare ,nell’immediato dopo guerra, un centro di immigrazione, perii richiamo delle industrie e delle grandi opere pubbliche in progetto.

Già un primo giudizio del peggiorare delle condizioni loca'i si rileva dalla grande deficienza di locali disponibili per l’affitto, ve­ rificatasi nella ricorrenza del 29 settembre scorso : è bensì vero che tale fatto può essere in parte dipeso dalla minor frequenza dei tra­ slochi imposta dalle difficoltà dei trasporti, ma tuttavia non può dubitarsi che la mancanza di nuove case portate sul mercato non può che essere causa di maggior addensamento e quindi di conse­ guenze dannose e perturbatrici sia in linea igienica che sociale.

Si richiama nel memoriale l ’esempio dell’Inghilterra, ove da tempo si agita nella pubblica opinione il problema delle abitazioni, problema che dallo stesso Governo è stato proclamato uno dei maggiori del dopo guerra, sicché fin da ora speciali Comitati si occu­ pano di predisporre progetti concreti di costruzione di e studiare provvedimenti di varia natura da attuarsi non appena cessato il presente conflitto.

I rimedi che l ’Ufficio di Presidenza riterrebbe fin d’ora meri­ tevoli d’esame, in parte riguardano lo Stato, in parte il Comune : si vorrebbe vedere senz’altro ridotto in legge il progetto presentato nel 1910 dall’on. Fuzzatti, che corregge in molti punti la legge fon­ damentale del 1903 sulle Case Popolari, ed elimina non pochi in­ convenienti e deficienze della legge stessa estendendone i benefici alla .iniziativa privata : si vorrebbe che fosse resa obbligatoria ai proprietari di case la denuncia a ll’Ufficio municipale dell’abitazione, nei maggiori centri urbani, degli appartamenti sfitti : si vorrebbe, infine, che fin d’ora lo Stato precisasse alcuni benefici fiscali e fi­ nanziari che è disposto a concedere a chi costruisca entro un dato termine e in date forme, a pace dichiarata.

Per la città di Milano appunto si suggeriscono misure di favore per gli Enti edilizi già esistenti o da costituirsi per la costruzione di case popolari, ed anche in genere per i privati costruttori di case d’abitazione. A prevenire poi la possibilità che l ’inizio di grandi opere pubbliche, come il Porto, la sistemazione ferroviaria, i grand, edifici in progetto, richiamando a Milano improvvisamente una noi tevole popolazione operaia, determini un maggior bisogno di alloggi­ si affaccia l’opportunità di prescrivere alle imprese assuntrici dei lavori l’obbligo di dare alloggio con mezzi provvisori alle loro mae­ stranze.

Infine, data la grande importanza in questo momento dell’ele­ mento materiali, si ricorda un espediente che pare venga adottato dal Governo inglese, quello cioè di adibire alcuni degli stabilimenti ausiliari, ora producenti materiale bellico, alla produzione del ma­ teriale da fabbrica, conservandone per qualche tempo anche dopo la pace il carattere di ausiliarietà. Si affaccia poi la possibilità eli disporre dell’immenso materiale di guerra che resterà inutilizzato a pace conclusa.

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