Capitolo 1 Private Fitness, LLC
(Copyright © Kenneth A. Merchant)
“Non so quanti soldi avrò perso per colpa di Kate. È una vecchia amica, della quale pensavo di potermi fidare, ma, a quanto pare, mi sbagliavo. Ora devo decidere se licenziarla o no. Poi dovrò trovare il modo per fare funzionare in modo efficiente la mia attività senza dovere fare tutto da sola”.
Con queste parole, Rosemary Worth parlava delle conseguenze di un furto accaduto di recente presso Private Fitness, LLC, un piccolo centro sportivo di sua proprietà situato a Rancho Palos Verdes, California, una facoltosa comunità nella zona di Los Angeles. Il centro offriva corsi individuali e collettivi di fitness di vario tipo, fra i quali aerobica, spinning, body sculpting, air boxing, kickboxing, hip pop, step & pump, pilates, stretching dinamico e yoga. Il costo dei corsi individuali e di utilizzo della struttura era di € 50 all’ora nella fascia di massima affluenza e di € 35 all’ora nella fascia oraria di bassa affluenza (fra le 9:00 e le 16:00). I corsi collettivi da un’ora per studenti, invece, costavano € 12. Erano previsti degli sconti per i clienti che avessero pagato in anticipo. A differenza dei grandi centri sportivi, Private Fitness non offriva abbonamenti con accesso illimitato alla struttura e ai corsi.
Prima di aprire Private Fitness, Rosemary aveva lavorato come istruttrice di aerobica e modella di fitness, vincendo molte gare di fitness locali ed essendo fra le finaliste del concorso Ms. Fitness USA. La sua intenzione era aprire un’attività che le consentisse di innalzare il suo tenore di vita sfruttando la sua reputazione e l’esperienza nel campo del fitness, e di avere più tempo da dedicare ai suoi due bambini. Il centro Private Fitness era operativo da sei mesi.
Per aprirlo, Rosemary aveva dovuto impiegare quasi tutti i suoi risparmi, oltre che accendere un prestito presso una banca. L’edificio che aveva preso in affitto, era nei pressi di un centro commerciale dotato di ampio parcheggio. L’immobile era stato in passato adibito a mercato alimentare, dunque aveva speso € 150.000 per ristrutturarlo e per acquistare le attrezzature per il fitness. Il centro era costituito da cinque aree:
una sala palestra, una dedicata all’attività aerobica (completa di attrezzature come tapis roulant, stepper, cyclette, cross trainer ecc.), una sala pesi, spogliatoi uomo e donna, e un ufficio.
Rosemary aveva affidato a cinque istruttori di sua conoscenza il compito di tenere i corsi. Tutti erano in grado di tenere i corsi individuali, ma ciascuno era specializzato in uno o due tipi di corsi collettivi.
Rosemary stessa era l’istruttrice della maggior parte dei corsi di spinning e di alcuni dei corsi di aerobica. Gli istruttori erano pagati con una provvigione, che andava dal 20% al 50% dei ricavi, in funzione dell’esperienza dell’istruttore e della circostanza che fosse stato l’istruttore stesso a portare il cliente al Private Fitness.
Nel ruolo di manager del centro, Rosemary aveva assunto Kate Hoffman, uno degli istruttori e sua amica di vecchia data. Fra gli altri compiti, Kate doveva occuparsi del marketing, della manutenzione della struttura, degli appuntamenti e della segreteria. In cambio riceveva uno stipendio più una provvigione basata sull’utile lordo. Durante la normale attività, quando Kate era impegnata a tenere un corso, era uno degli altri istruttori, o talvolta un impiegato part-time, a occuparsi del front-desk, in cambio di uno stipendio orario. Il centro Private Fitness era aperto dalle 5:30 del mattino alle 21:00, dal lunedì al venerdì. Era anche aperto dalle 6:00 del mattino fino a mezzogiorno il sabato, e da mezzogiorno alle 15:00 la domenica.
altre ore, era frequentato da pochi clienti. I corsi erano programmati per tutto il periodo d’apertura del centro:
alcuni di essi erano abbastanza frequentati, mentre molti avevano soltanto uno o due clienti, e alcuni erano stati cancellati per mancanza d’iscritti. Ciononostante, i tentativi di marketing da parte di Kate si erano dimostrati efficaci: la clientela era in crescita e Rosemary sperava che, entro fine anno, l’attività avrebbe generato reddito.
Tuttavia, come indica la citazione all’inizio del caso, col tempo Rosemary si rese conto che Kate compiva dei furti. Per esempio, una volta Rosemary notò che nel registratore di cassa c’erano € 60 al suo arrivo, mentre all’uscita ce n’erano soltanto € 20. Quando chiese a Kate delucidazioni, quest’ultima negò che il registratore contenesse a inizio giornata € 60. Rosemary si chiedeva se fossero spariti altri soldi, prima di essere depositati in banca. Sebbene alcuni clienti pagassero con carta di credito o con assegni, altri, in particolar modo quelli che frequentavano i corsi di fitness, spesso pagavano in contanti.
La preoccupazione di Rosemary crebbe quando, durante una conversazione con uno degli altri istruttori, ricevette per caso una sorprendente “buona notizia”: Kate aveva trovato un cliente per i corsi individuali che si allenava nella fascia oraria 13:00-14:00 il lunedì, mercoledì e venerdì. Era Kate stessa a tenere le lezioni.
Tuttavia, Rosemary, controllando la contabilità, non trovò alcun ricavo associato a questo nuovo cliente.
Decise pertanto di recarsi al centro nella fascia 13:00-14:00 per vedere se il cliente si stesse davvero allenando. Poiché il cliente era lì e non era stato registrato alcun ricavo, decise di parlare a Kate, che dapprima si giustificò dicendo di non avere ancora avuto il tempo di compiere la registrazione, e poi ammise che il cliente le intestava direttamente gli assegni in cambio di uno sconto. Sì scusò, dicendo che era molto dispiaciuta per l’accaduto, e che non si sarebbe mai più comportata in modo disonesto.
Rosemary si rese conto che aveva due grossi problemi. Il primo era che doveva decidere che cosa fare con Kate: quest’ultima era una brava istruttrice, oltre che un’amica di vecchia data, ma la sua correttezza di comportamento era stata messa seriamente in discussione. Doveva perdonarla, oppure licenziarla? Il secondo problema era di carattere operativo: avendo notevoli responsabilità familiari (che avrebbe voluto continuare ad assolvere), Rosemary non voleva assumere il ruolo di manager. In che modo avrebbe potuto garantire che la sua attività incassasse tutti i ricavi senza dover essere lei stessa a controllare con la sua presenza in loco per l’intera giornata? Doveva mantenere Kate, che aveva promesso di non rubare più, nel ruolo di manager?
Oppure doveva affidarlo a uno degli altri istruttori, o, ancora, a un esterno? E in ogni caso, esistevano procedure o sistemi di controllo che avrebbe potuto utilizzare per proteggere il patrimonio aziendale?
Domanda:
• Che cosa dovrebbe fare Rosemary?
Hospital Supply
(Copyright Michael W. Maher. Traduzione Diego Macrì. Materiale non duplicabile)
Hospital Supply (H.S.) produce, su commessa, meccanismi idraulici di sollevamento utilizzati dagli ospedali per pazienti inabili e costretti a letto. I costi unitari commerciali e di produzione in corrispondenza del volume normale di 3.000 unità il mese sono quelli indicati nella figura 1.
Le domande che seguono si riferiscono esclusivamente ai dati della figura 1. Salvo che non sia esplicitamente indicato, ipotizzate l’assenza di qualsiasi relazione fra le diverse situazioni descritte nelle domande; trattatele pertanto separatamente l’una dall’altra. Considerate (salvo esplicite indicazioni diverse) un prezzo unitario di vendita di €4.350. Ignorate le imposte sul reddito e tutti i costi non riportati nella figura 1 o non esplicitamente citati nelle domande.
1. Qual è il punto di pareggio in quantità e in valore?
2. Ricerche di mercato stimano che il volume di vendita dei sollevatori idraulici potrebbe aumentare - compatibilmente con i limiti della capacità produttiva - fino a 3.500 unità al mese se il prezzo unitario fosse ridotto da €4.350 a €3.850. Assumendo che le dinamiche dei costi implicite nella figura 1 siano corrette, suggerireste di porre in atto quest’azione? Quale sarebbe l’impatto sui ricavi, sui costi e sul reddito mensili?
3. Il primo marzo H.S. riceve un’offerta dal governo federale per fornire 500 unità agli Ospedali dei Veterani, con consegna entro il 31 marzo. A causa di un insolito picco di ordini da parte dei clienti abituali, H.S. programma un piano di produzione e vendita in marzo di 4.000 unità, il che significherebbe utilizzare tutta la capacità disponibile. Se l’offerta fosse accettata, ordini per 500 unità da clienti abituali sarebbero persi, perché questi si rivolgerebbero ad aziende concorrenti. Il contratto proposto prevede la copertura dei costi di produzione di marzo (relativi alla commessa) più un utile di €275.000 (in questo calcolo non vanno inclusi tutti i costi commerciali sia fissi sia variabili). In termini più specifici la copertura dei costi di produzione significherebbe il riconoscimento dei costi variabili di produzione e di una quota dei costi fissi di produzione pari al 12,5%, proporzionale dunque al volume della commessa rispetto al volume totale del mese (500/4.000). Quale sarebbe l’impatto sul reddito di marzo se l’impresa accettasse il contratto del governo?
4. H.S. ha l’opportunità di entrare in un mercato estero ove la concorrenza sul prezzo è molto alta.
L’attrattività di questo mercato deriva dalla circostanza che la sua domanda è correlata negativamente con quella nazionale: è alta quando quella del mercato interno è bassa e viceversa.
Conseguentemente, quote di capacità produttiva inutilizzata potrebbero essere indirizzate verso questo business senza condizionare il mercato nazionale. Per entrare in questo mercato H.S.
dovrebbe accettare un ordine sottocosto (cioè con un prezzo inferiore al costo pieno) di 1.000 unità. I costi incrementali di trasporto di quest’ordine ammonterebbero a €410 per unità, mentre i costi totali di acquisizione del contratto (costi commerciali) sarebbero di €22.000. I ricavi nazionali non risentirebbero in alcun modo della circostanza che l’impresa accetti o no l’ordine. Qual è il prezzo unitario più basso che H.S. dovrebbe prendere in considerazione per quest’ordine di 1.000 unità?
5. Tra le rimanenze vi sono 200 unità di un vecchio modello oramai parzialmente obsoleto. Queste unità devono essere vendute a prezzi scontati attraverso i normali canali distributivi, altrimenti in poco tempo tali prodotti non avrebbero più alcun valore di mercato. Qual è il prezzo minimo che l’impresa dovrebbe accettare per vendere le suddette unità?
6. L’impresa riceve una proposta da un fornitore esterno il quale produrrebbe 1.000 sollevatori/mese e li consegnerebbe direttamente ai clienti di Hospital Supply. I costi fissi commerciali della H.S.
loro normale livello, i costi fissi totali di produzione potrebbero essere ridotti del 30%, cioè fino a
€1.386.000. Quale costo unitario interno dovrebbe essere usato per valutare l’offerta ricevuta dal fornitore. Dovrebbe la proposta essere accettata se il prezzo unitario d’acquisto (cioè quello del fornitore) fosse di €2.475?
7. Si assumano le stesse ipotesi e valori della domanda 6, eccettuato il fatto che la capacità produttiva non utilizzata (relativa ai 1.000 sollevatori prodotti dal fornitore esterno) sia impiegata per produrre 800 sollevatori idraulici speciali al mese destinati alle sale operatorie degli ospedali. Questi sollevatori speciali potrebbero essere venduti al prezzo unitario di €4.950, mentre i costi variabili unitari di produzione e commerciali sarebbero rispettivamente di €3.025 e di €550. I costi fissi commerciali e i costi fissi di produzione rimarrebbero gli stessi sia: (1) che fossero realizzati internamente tutti i 3.000 sollevatori idraulici normali, sia (2) che si realizzassero internamente solo 2.000 sollevatori normali più gli 800 speciali (gli altri 1.000 sollevatori normali sarebbero, come detto, realizzati dal fornitore esterno). Qual è il massimo prezzo di vendita unitario che H.S.
dovrebbe essere disposta a pagare al fornitore esterno? Dovrebbe la proposta essere accettata se il prezzo unitario d’acquisto pagato al fornitore esterno dei 1.000 sollevatori” normali” fosse di
€2.475?
CAPITOLO 3 Il contabile Bill French
(Copyright by the President and Fellows of Harvard College. Traduzione Diego Macrì.
Materiale non duplicabile)
Bill French prese il telefono e chiamò il suo capo, Wes Davidson, controller della Duo-Products Corporation.
“Wes, sono pronto per la riunione di questo pomeriggio. Ho messo insieme una serie di informazioni sul punto di pareggio che dovrebbero far saltare sulla sedia i presenti e far prendere loro nota della situazione. Penso che saranno in grado di capire il significato di tutti i numeri che presenterò”.
Dopo una breve conversazione Bill French terminò la telefonata e tornò al suo lavoro per un ultimo controllo prima della riunione. French era stato assunto sei mesi prima come assistente al controllo di gestione.
Dipendeva direttamente da Davidson e aveva sinora svolto analisi piuttosto routinarie. Bill French si era laureato in una business school ed era considerato dai suoi colleghi una persona capace e oltremodo coscienziosa. Era stata questa seconda caratteristica che lo rendeva impegnato a “eliminare alcuni dei modi sbagliati di lavorare delle persone”, così come uno dei suoi collaboratori aveva affermato. French era conscio delle proprie capacità e cercava di trarre vantaggio da ogni opportunità che gli consentisse trasmettere ciò che sapeva a coloro che gli stavano intorno. L’invito con il quale Davidson propose a Bill French di partecipare a una riunione informale di manager di alto livello fu accolto con sorpresa dagli altri membri dell’ufficio di Controllo di gestione. Comunque, quando French chiese il permesso di presentare alcuni dati sul punto di pareggio, Davidson acconsentì. Duo-Products non aveva sino al momento svolto analisi di questo tipo nell’ambito degli incontri di direzione che avevano a oggetto la programmazione. Fondamentalmente, ciò che French aveva fatto consisteva nell’avere determinato il livello al quale la società avrebbe dovuto operare per raggiungere il punto di pareggio. Come egli stesso affermò:
“La nostra azienda deve essere in grado di vendere un volume di prodotti sufficiente per coprire i costi totali e cioè i costi variabili di produzione e di vendita più i costi fissi. Il livello di volume in corrispondenza del quale i ricavi totali uguagliano i costi totali è il cosiddetto volume di pareggio o break-even point: il volume minimo da raggiungere, qualunque sia il nostro programma”.
L’ufficio aveva fornito le seguenti informazioni che Bill French utilizzò per la costruzione della figura presentata al meeting:
• Capacità dell’impianto = 2 milioni di unità/anno
• Livello di produzione dell’ultimo anno = circa 1,5 milioni di unità
• Prezzo unitario medio di vendita del prodotto = € 7.20
• Costi fissi totali = €2.970.000
• Costo unitario variabile medio = €4,50
Partendo da queste informazioni French osservò che ciascun’unità venduta contribuiva per €2,70 alla copertura dei costi fissi dopo avere coperto i costi variabili che generava. Poiché i costi fissi totali ammontavano a €2.970.000, egli calcolò che sarebbero dovute essere vendute 1.100.000 unità per pareggiare.
Egli verificò questa conclusione calcolando il volume di vendita in € richiesto per pareggiare. Poiché i costi variabili per unità rappresentavano il 62.5% del prezzo di vendita, French comprese che il 37,5% di ogni € di
Quando Bill rappresentò in forma grafica le relazioni tra il volume i costi e il profitto (diagramma V-C-P rappresentato in Figura 1) le sue conclusioni furono ulteriormente confermate. Il grafico rendeva inoltre chiaro che l’impresa stava operando a un livello d’attività poco sopra il punto di pareggio e che il reddito ante-imposte per ogni € di ricavo aumentava rapidamente all’aumentare del volume (al tasso del 37.5% oltre il punto di pareggio).
Poco dopo pranzo, French e Davidson andarono alla riunione. Erano presenti numerosi membri dell’area della produzione, il direttore commerciale, due assistenti della stessa area, il responsabile dell’ufficio acquisti e due persone dell’area di progettazione. Davidson presentò French alle poche persone che questi non aveva ancora conosciuto, quindi la riunione ebbe inizio. La presentazione di French era l’ultimo argomento all’ordine del giorno. Al momento opportuno, Davidson introdusse French e il suo interesse per il controllo e l’analisi dei costi.
Bill French aveva preparato sufficienti copie del suo lavoro per tutti i partecipanti. Descrisse attentamente ciò che aveva fatto; spiegò inoltre come i suoi calcoli indicassero che l’esercizio entrante avrebbe generato profitti purché si fossero mantenuti i volumi di vendita realizzati in passato. Divenne subito evidente che alcuni dei partecipanti erano già a conoscenza di ciò che French aveva pensato di discutere. Si erano preparati a controbatterlo e avevano presto assunto il controllo della riunione. Ne derivò il seguente scambio di idee (si veda l’allegato 2 per una lista dei partecipanti e dei relativi ruoli):
John Cooper: “Bill, sono stupito dal fatto che tu non abbia accolto nel grafico i cambiamenti di volume da noi programmati per il prossimo anno. Credo che avresti dovuto condividere l’ipotesi dell’area commerciale circa possibilità di aumentare le vendite del 20%. In questo modo utilizzeremmo al 90% circa la nostra capacità produttiva. E’ quasi certo che ciò porterebbe a differenze di rilievo rispetto ai dati da te presentati.”
Bill French: “Può essere vero, ma, come puoi vedere, ciò che devi fare consiste soltanto nel leggere sul grafico il risultato corrispondente a questo nuovo volume che proponi. Guardiamo quello che succede in corrispondenza a un volume di circa 1.800.000 unità avremmo …”
Fred Williams: “Aspetta un minuto. Se hai intenzione di riferirti a una situazione che utilizza il 90% della capacità, e sembra che sarà così, dovresti ricordarti che sosterremmo costi incrementali d’impianto rispetto a quanto previsto nella rappresentazione grafica che hai portato. Abbiamo già ottenuto l’approvazione per investimenti che accresceranno i costi impegnati in capacità produttiva di almeno €60.000 al mese. E questo non è tutto. Se utilizzeremo il 90% della capacità dell’impianto, allora questo si ripercuoterà a cascata su molte altre attività di supporto alla produzione. Il punto è che alcune di queste attività di supporto sono già utilizzate al massimo della loro capacità, sicché sarà necessario incrementarla e ciò produrrà un aumento dei corrispondenti costi (impegnati)”.
John Cooper: “Fred ha ragione, ma non ha ancora detto tutto. Secondo le informazioni che possiedo e che provengono proprio dal tuo ufficio, non sono sicuro che il tuo grafico sul punto di pareggio possa davvero essere uno strumento operativo, anche se non accadessero i cambiamenti previsti per il prossimo anno. Mi sembra che tu abbia calcolato il grafico riferendoti a valori medi, i quali non tengono pertanto conto del fatto che, in realtà, noi abbiamo a che fare con tre diversi prodotti base. Il tuo report sui costi per linea di prodotto dello scorso esercizio (si veda la figura 3) rende abbastanza evidente che i valori medi sono poco rilevanti perché le differenze fra prodotti sono rilevanti. Quale sarebbe il punto di pareggio se prendessimo in considerazione un unico prodotto alla volta?”
Bill French: “Bene, non sono sicuro. Mi sembra però che ci sia comunque un unico punto di pareggio per l’impresa. Sia considerando un prodotto alla volta, sia l’insieme dei prodotti, dobbiamo comunque raggiungere almeno questo volume, anche se esso si modificherà a seconda di che cosa venderemo. Sarò lieto di verificarlo per te se vuoi, ma…”
Ray Bradshaw: “Permettimi di dire qualcosa, Bill. Dovresti sapere che stiamo cercando di realizzare un importante variazione nel mix delle vendite dei nostri prodotti. La linea “A” è in declino e immagino che saremo fortunati se realizzeremo nel prossimo esercizio i 2/3 del volume dell’anno passato. Non credi che sia così, Arnie? (approvazione da parte di Arnie.) Le prospettive non sono però cattive. Dopotutto ci aspettiamo di recuperare con le vendite di “C” le 200.000 unità di “A” che perderemo, e ulteriori 250.000 unità circa. Non c’è nulla invece che ci faccia pensare a cambiamenti dei volumi di vendita di “B”. Le vendite di questo prodotto sono, infatti, rimaste stabili negli ultimi anni e non dovrebbero esserci cambiamenti”.
Arnie Winetki: “Bradshaw ha detto suppergiù quello che noi tutti pensavamo, ma c’è di più.
Abbiamo discusso a lungo della politica di prezzo di “C”, e possiamo allora permetterci di proseguire con la nostra analisi tenendo conto anche di questa variabile. La stima di Ray di un incremento di circa mezzo milione di unità – 450.000 mi pare – del volume di vendita di “C” per il prossimo anno, è fatta ipotizzando il raddoppio del prezzo e nessun cambiamento del costo.
Abbiamo praticato prezzi troppo bassi su questa linea, un vero e proprio crimine, e dobbiamo ora aumentarli almeno per due ragioni. In primo luogo per la nostra immagine: il prezzo non è assolutamente allineato con quello di prodotti aventi lo stesso prestigio del nostro ed è completamente incoerente con la reputazione di qualità dell’azienda. In secondo luogo se non alziamo ora la leva del prezzo, ci areneremo definitivamente e non saremo più in grado di modificarlo in seguito. Ti ricordi cosa ha detto Williams circa l’utilizzo della capacità? Poiché la domanda di “C” sta letteralmente esplodendo, avremmo a che fare con un altro mezzo milione di ordini inevasi se non alzassimo il prezzo. Non possiamo permetterci di aumentare più di tanto le vendite di questo prodotto!”.
A questo punto Anne Fraser venne avanti abbandonando la sua posizione, vicino alla porta posteriore, dalla quale aveva sinora assistito al dibattito. La discussione si arrestò momentaneamente ed ella si avvalse del silenzio per intervenire.
Anne Fraser: “Questa è stata certamente una discussione utile, Bill, a condizione però che tu tenga conto di tutte le cose che sono state dette. Vediamo cosa posso aggiungere per aiutarti.
Punto uno: ricordiamoci che tutto ciò che si trova nell’area del profitto - qui a destra del punto di pareggio nel tuo grafico Bill - lo spartiremo più o meno in parti uguali con l’erario. Il reddito ante imposte dello scorso esercizio è stato di circa €1.000.000, ma abbiamo poi pagato imposte per circa la metà e distribuito dividendi per €300.000 agli azionisti. In occasione del prossimo anniversario di costituzione dell’azienda (ormai vicino), ci piacerebbe distribuire dividendi eccezionali, circa il 50% di più rispetto ai €300.000. Abbiamo anche bisogno di autofinanziarci, in altri termini aumentare, attraverso la gestione, le riserve di utili di almeno €150.000. Ciò significa che ci piacerebbe raggiungere un reddito netto (dopo le imposte) di €600,000. Punto due: è probabile che il nuovo contratto collettivo di lavoro spinga in alto il costo della manodopera. I nostri costi di produzione - che qui, Bill, chiami costi variabili ipotizzando che il loro valore unitario rimanga costante – potrebbero allora crescere del 10%. Questa circostanza potrebbe rendere inattuabile il piano di distribuzione dei dividendi, ma dobbiamo comunque restare in linea
tu diresti che questo alza il nostro punto di pareggio e per questo considererei il profitto target come un costo fisso. Punto tre: forse questo è il momento di pensare di modificare il mix dei prodotti. Annie può sapere meglio di me quale, tra i prodotti, sia il più redditizio. Verifichiamolo Anne, e sarebbe una buona idea che tu e Bill lo faceste insieme. I dati che ho sembrano indicare che il margine di contribuzione percentuale della linea “A” sia il più basso fra tutti. Se stessimo effettivamente perdendo volumi di vendita di “A” così rapidamente come i commerciali asseriscono e se fossimo così pressati da problemi di capacità produttiva, come Fred ha indicato, forse faremmo meglio a prenderci carico di una maggior produzione di “C”, che è in forte crescita indirizzando prevalentemente su C i nostri investimenti.”
Wes Davidson: “Grazie Annie. Questo è un nuovo approccio per tutti noi, ma, come forse hai potuto intuire, tutte le vostre idee possono in qualche modo trovare rappresentazione in questo modello. Consentitemi di proporre che Bill riveda i suoi calcoli e le sue ipotesi cercando di tenere conto di tutte le considerazioni che abbiamo oggi svolto. Da parte mia cercherò ora di riassumere alcuni punti. Prima di tutto la mia idea è che la tua presentazione Bill sia basata su una serie piuttosto importante di assunti. Molte questioni che sono state sollevate riguardano, infatti, le ipotesi implicite nella tua rappresentazione. Sarebbe di grande aiuto, Bill, se tu provassi a mostrare nero su bianco queste ipotesi, così da farci capire come queste influenzino l’analisi. Poi penso che a John piacerebbe vedere l’incremento delle vendite scomposte per prodotto e credo che gradirebbe anche capire se nascerebbero differenze rilevanti riconducendo gli aumenti non a un mix medio ma alle singole linee di prodotti. Inoltre, come suggerisce Max, poiché il mix dei prodotti è destinato a cambiare, perché non cercare di capire cosa accadrebbe se il cambiamento di mix avvenisse, come lui ha previsto? Ad Annie piacerebbe vedere l’influenza di un aumento di prezzo della linea “C”; Fred prevede dal canto suo un aumento dei costi fissi di produzione di
€60.000 al mese e Annie ha suggerito che si dovrebbe tenere conto delle imposte, dei dividendi e delle richieste dei sindacati. Penso che il modello presentato da Bill potrebbe tenere conto di tutte queste cose. Fissiamo un prossimo incontro, in modo che Bill abbia sufficiente tempo per lavorare un po’ di più.
A questo punto l’incontro terminò. French e Davidson tornarono ai loro uffici e Bill French, domandò a Davidson:
Bill French “Perché non mi hai detto all’interno di quale vespaio mi sarei ritrovato?”. Davidson:
“Non me lo avevi chiesto Bill!”
Domande:
1. Quali sono gli assunti impliciti di Bill French nel determinare il punto di pareggio dell’azienda?
2. Sulla base delle nuove informazioni fornite a Bill French dai suoi colleghi nel corso della riunione, quale sarà l’anno prossimo:
a) Il punto di pareggio ignorando le richieste sindacali, ma tenendo conto delle nuove informazioni fornite a Bill French?
b) Il punto di pareggio tenendo conto anche delle richieste dei sindacati?
c) Quale livello di volume (in quantità e valore) dovrebbe essere conseguito per ottenere un utile sufficiente a pagare €300.000 dividendi, ma ignorando le richieste dei sindacati?
utile sufficiente a pagare €300.000 di dividendi e venire anche incontro alle richieste del sindacato?
e) Quale livello di volume (in quantità e valore) dovrebbe essere conseguito per ottenere un utile sufficiente a distribuire dividendi per €300.000, aumentare le riserve di utili di
€150.000 e soddisfare anche le attese sindacali?
3. Può l’analisi del margine di contribuzione aiutare l’azienda a stabilire la convenienza di modificare il mix sostituendo “A” con “C”? In altri termini, quante unità di C dovrebbero essere vendute per sostituire la vendita di 100 unità di A? Trascurando l’effetto delle imposte, cosa può all’incirca permettersi l’azienda di investire per avere una maggiore capacità produttiva per “C”
ipotizzando che la redditività attesa sia del 15%, che gli impianti siano mediamente ammortizzati in cinque anni e che l’investimento in capitale circolante netto (crediti commerciali + rimanenze – debito verso fornitori) sia per il prodotto C pari al 30% dei ricavi?
4. In base ai dati della figura 3 calcolate separatamente i punti di pareggio dei tre prodotti. Perché la somma dei tre volumi di pareggio non è uguale al volume di pareggio (1.100.000 unità) calcolato avendo a riferimento il margine di contribuzione del prodotto equivalente, cioè tutti e tre i prodotti contemporaneamente?
5. È di qualche utilità l’analisi del punto di pareggio? Per quale tipo di decisioni può essere operativamente utilizzata?
Figura 1 Diagramma aziendale Volumi-Costi-Profitto presentato da Bill French
Figura 2 I partecipanti alla riunione
Figura 3 Rendiconto economico per linea di prodotto
Prestige Telephone Company
(Copyright by the President and Fellows of Harvard College. Traduzione Diego Macrì.
Materiale non duplicabile)
Nell’Aprile 1997 Daniel Rowe, presidente della società Prestige Telephone (PT), si stava preparando per un incontro con Susan Bradley, direttore generale di Prestige Data Service, una società controllata.
Una parziale deregolamentazione e un accordo con la Commissione statale per i servizi pubblici (CSSP) avevano consentito a PT di costituire per suo conto una società di elaborazione dati, con la possibilità di vendere i servizi informatici anche all’esterno, cioè anche ad altre imprese. Nel 1994 Mr Rowe aveva sostenuto davanti a CSSP che una società controllata in grado di erogare servizi informatici di data processing producendo reddito, avrebbe ridotto la pressione ad aumentare le tariffe telefoniche. Tuttavia, alla fine del 1996 la controllata non aveva ancora registrato un solo mese con utili.
Bradley era convinta che fosse solo questione di tempo ma Rowe si rese conto che era necessaria un’azione per ridurre quel drenaggio di risorse economiche.
La capacità di servizio di Prestige Data Services era cresciuta oltre il fabbisogno di servizi informatici necessari a PT per programmare, controllare e contabilizzare le operazioni nell’area metropolitana ove operava. La consapevolezza di PT che altre aziende al di fuori dell’area metropolitana avevano bisogno di servizi di quella natura, suggeriva di vendere “capacità di elaborazione dati” non necessariamente in relazione con la sola telefonia.
Inoltre, CSSP aveva incoraggiato tutte le Public Utilities sotto la sua giurisdizione - come primo passo verso la deregolamentazione - a cercare nuove fonti di reddito per ridurre quella tendenza all’aumento delle tariffe che il progressivo incremento dei costi determinava. Poiché operava come una Public Utility, le tariffe di PT non potevano essere aggiornate senza l’approvazione della CSSP.
Nel presentare il progetto di costituzione della nuova unità, Mr. Rowe propose di costituire una società indipendente - sebbene interamente controllata – che avrebbe potuto praticare prezzi sul mercato non regolamentati. In questo modo PT avrebbe potuto competere, all’interno di un settore molto dinamico, con le altre imprese che erogavano servizi informatici. Anche i ricavi della vendita di servizi informatici nell’ambito della telefonia avrebbero potuto crescere. CSSP accettò la proposta di PT alla condizione che il costo medio mensile per il servizio fornito dalla controllata alla controllante non superasse un ammontare mensile di €82.000 (stima del costo di un servizio analogo utilizzato da PT nel 1994). La contabilità di Prestige Data Services divenne dunque indipendente da quella di Prestige Telephone e ciascun’azienda pagava l’altra per i servizi ricevuti.
Sin dall’avvio delle attività nel 1995 nacquero alcuni problemi. La consegna delle apparecchiature avvenne in ritardo e il personale fu in grado di ottenere retribuzioni più alte di quelle previste. Il problema più importante, però, fu che l’acquisizione dei clienti sembrava richiedere più tempo di quanto avevano indotto a supporre le prime stime effettuate.
Alla fine del 1996, quando il reddito di PT divenne così modesto da richiedere l’invio di un report agli azionisti (che mostrava come il ROI fosse giunto al valore più basso degli ultimi sette anni), Rowe avvertì che era giunto il momento per un riassetto di Prestige Data Services. Susan Bradley chiese un poco di tempo, pensando che la controllata sarebbe stata più redditizia a partire dal mese di marzo. Ma quando i report trimestrali arrivarono (figure 1 e 2) Rowe chiamò Bradley per organizzare un incontro. Rowe ricevette due reports sulle operazioni di Prestige Data Services. Il rendiconto di utilizzo delle ore di elaborazione dei computer (Figura1) riassumeva come e quante ore, tra quelle complessivamente disponibili di elaborazione, erano state utilizzate. Il servizio di elaborazione dati era offerto ai clienti commerciali 24 ore su 24 nei giorni feriali e per 8 ore il sabato. La manutenzione ordinaria sui computer era assicurata da un fornitore esterno, che interrompeva il funzionamento dei computer per 8 ore alla settimana
generavano ovviamente alcun ricavo) rimanevano alte. I dati sui ricavi e sui costi erano riassunti nel report trimestrale che presentava i risultati delle attività nel periodo (Figura 2). Il lavoro svolto per la casa madre (cioè l’attività intercompany) era fatturato a €400 l’ora. Questo tasso di addebito era stato stimato in base ai volumi di servizio previsti per il 1997 e tenendo conto della restrizione imposta da CSSP: non superare comunque un addebito medio mensile di €82.000. I ricavi commerciali furono invece valorizzati a €800 per ora. Mentre la maggior parte dei costi presenti nel report erano auto-esplicativi, per altri non era così e Rowe dovette “fare mente locale”. I costi dei locali in uso erano pagati alla PT. Prestige Data Services era, infatti, locataria di una porzione del piano terra di un immobile posseduto dalla casa madre e sosteneva un costo di locazione mensile di €8.000. Pagava inoltre la casa madre anche per i servizi di vigilanza notturna, svolti da personale della PT. Il costo del servizio era stato stimato sulla base dei mq e dei prezzi di mercato.
Le apparecchiature informatiche e i computer erano stati in parte presi in leasing, in parte acquistati. I contratti di leasing avevano una durata residua di quattro anni e non erano rescindibili. Le altre apparecchiature di proprietà avevano tutte un qualche valore di mercato, ma probabilmente, se vendute come usate, non avrebbero generato ricavi da cessione maggiori del loro valore contabile netto.
Salari e stipendi erano stati suddivisi nel report in più elementi allo scopo di distinguere i costi riguardanti quattro differenti attività. Gli stipendi degli operatori includevano quelli delle sei persone necessarie per il funzionamento (24h su 24h) del centro nei giorni feriali e comprendevano anche un importo che serviva per retribuire personale a ore quando necessario, mentre il computer era in funzione.
Gli stipendi dello staff di programmazione - che sviluppava le procedure informatiche per il servizio ai clienti e manuteneva il sistema operativo - erano riportati come costi di manutenzione e di sviluppo dei sistemi. Il personale addetto alle vendite, che operava attivando contatti telefonici e che serviva attuali e potenziali clienti commerciali, era anch’esso stipendiato.
A causa dei suoi legami proprietari con Prestige Telephone, Prestige Data Services poteva evitare alcune attività che un’azienda indipendente avrebbe invece dovuto svolgere al proprio interno. Per esempio, i servizi di elaborazione dei cedolini paghe-stipendi, la fatturazione, la raccolta del credito e la tenuta della contabilità erano compiuti da personale di PT. Per questi servizi aziendali, Prestige Data Services pagava mensilmente a Prestige Telephone un certo ammontare calcolato sulla base del costo complessivo dei salari e degli stipendi.
Sebbene Rowe fosse scoraggiato dai risultati, era riluttante a suggerire a Ms. Bradley che la società dovesse essere chiusa o venduta. Il progetto della controllata sembrava, infatti, sufficientemente buono per non essere accantonato con leggerezza. Inoltre, egli non era sicuro che i report mostrassero l’effettiva
“contribuzione” che Data Services produceva per Prestige Telephone. In altre circostanze aveva già sperimentato che le procedure contabili sviluppate per rilevare le prestazioni di unità organizzative facenti parte di un gruppo tendevano spesso a nascondere l’effettiva prestazione economica di queste unità.
Dopo avere dato un primo breve sguardo ai reports, Rowe decise di analizzarli a fondo. Stabilì poi di chiedere a Ms. Bradley una stima dei possibili effetti sul reddito derivanti: da un aumento i prezzi ai clienti commerciali (Prestige Telephone esclusa); da una riduzione dei prezzi; da un aumento dell’impegno commerciale e promozionale e dalla scelta di utilizzare due soli turni piuttosto che essere operativi su tutte le 24h.
Domande:
1. Valutate attentamente i risultati delle operazioni della Prestige Data Services. Questa società è davvero un problema economico per PT? Quali costi presenti nei report sono davvero rilevanti per le decisioni che Daniel Rowe sta prendendo in considerazione.
2. Ipotizzando che il valore medio mensile di ore di servizio richiesto da Prestige Telephone a Prestige Data Services sia di 205 ore di elaborazione, quale livello di vendite commerciali (in ore) sarebbe necessario per conseguire il punto di pareggio mensile?
• Aumentare il prezzo ai clienti commerciali sino a €1.000 per ora e nell’ipotesi che questo riduca la domanda del 30%;
• Ridurre il prezzo ai clienti commerciali sino a €600 all’ora e nell’ipotesi che questo produca un aumento della domanda del 30%;
• Un aumento dei costi promozionali potrebbe farebbe crescere le vendite del 30%. Ms. Bradley non sa però quanti costi sostenere in promozione per ottenere questo risultato. Quale potrebbe essere il costo incrementale mensile in promozione in grado di lasciare inalterato il risultato economico di Prestige Data Services, se le “ore commerciali” subissero un incremento del 30% a seguito delle attività di promozione?
• Ridurre il tempo lavorativo a 16 ore nei giorni feriali e a otto ore al sabato produrrebbe una perdita del 20 delle “ore commerciali”. Quali sarebbero gli effetti economici?
4. Siete in grado di suggerire cambiamenti nel sistema di contabilità e reporting qui presentato che diano ulteriori e utili informazioni a Rowe e Bradley?
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Figura 1 Rendiconto di utilizzo delle ore di elaborazione dei computer
Figura 2 Report economico del primo trimestre 1997 di Prestigi data Services
15
CAPITOLO 4 Delaney Motors
(Il caso si basa sul materiale tratto da Alan Reinstein, “Improving Cost Allocation for Auto Dealers”, Management Accounting, giugno 1982, pp. 52-57. Utilizzo autorizzato.
Copyright © the President and Fellows of Harvard College.)
Frank Delaney possedeva e gestiva nell’Ohio Delaney Motors, una concessionaria di automobili della General Motors. Si occupava di vendita di auto nuove e usate, di parti di ricambio, di noleggio autoveicoli, servizi di assistenza ai veicoli, riparazioni e carrozzeria. L’attività era redditizia: le vendite producevano il 5% circa di utile. Tuttavia Delaney riteneva che reddito del reparto carrozzeria fosse inadeguato, sicché decise di assegnare a un consulente l’incarico di studiarne le attività e di fornirgli suggerimenti.
Per compiere lo studio, il consulente consultò i dati riguardanti l’ultimo esercizio apportando alcune modifiche (Tabella 1), così motivate:
“La maggior parte dei costi semivariabili contiene una quota rilevante di costi comuni. Per esempio, l’Ufficio contabilità svolge molti servizi comuni finalizzati al mantenimento della struttura aziendale (come la compilazione e la presentazione della dichiarazione dei redditi della concessionaria).
Anche gli avvocati e il proprietario stesso impiegano la maggior parte del loro tempo a fornire servizi generici. Sebbene molti di questi costi non si ridurrebbero gran ché qualora il proprietario cessasse l’attività di alcuni settori, ciascun settore beneficia comunque di tali servizi, sicché dovrebbe ricevere l’allocazione di una parte di essi. Il reparto carrozzeria, per esempio, dovrebbe pagare la sua quota “equa” di costi riguardanti la compilazione e la presentazione della dichiarazione dei redditi. I costi telefonici e i costi fissi potrebbero essere opportunamente allocati ai vari settori se fosse disponibile la necessaria documentazione ma, poiché non è così, bisogna prendere in esame metodi di allocazione alternativi. Una questione potenzialmente controversa è quella che si riferisce allo stipendio del proprietario. Il manager del reparto carrozzeria potrebbe eccepire che, poiché egli non esercita alcun controllo sullo stipendio del proprietario, questo costo non andrebbe applicato al suo settore. Il proprietario, tuttavia, dedica il suo tempo e il suo nome a tutti gli aspetti dell’attività, per cui il suo stipendio dovrebbe essere allocato di conseguenza. Inoltre, dai dati di settore emerge che gli stipendi dei proprietari tendono a variare in funzione dei ricavi.
I costi semivariabili potrebbero essere distribuiti ai vari settori operativi in molteplici modi, e questo consentirebbe di valutare meglio la performance dei singoli settori e dei manager. Fra le possibili basi di allocazione vi è il numero di prodotti realizzati, il numero di ore-macchina, i costi dei materiali, i ricavi realizzati, i costi della manodopera diretta e le ore di manodopera diretta. Valide basi di allocazione dei costi mettono in relazione in modo affidabile i costi semivariabili con la base utilizzata per l’allocazione. Poiché i diversi settori producono prodotti eterogenei che richiedono materiali e macchinari diversi (per esempio, il settore di vendita auto nuove e usate probabilmente non richiede alcun macchinario), le prime tre basi di allocazione (numero di prodotti realizzati, numero di ore/macchina e costo dei materiali) sono chiaramente inappropriate. Anche i ricavi
16 venduto e i ricavi della vendita di un’automobile nuova da € 9.000 è di solito più alto di quello di una riparazione di carrozzeria da € 1.000, sicché ne risulterebbe un’allocazione non equa dei costi comuni. I costi di manodopera diretta rappresentano una valida base per l’allocazione dei costi in aziende nelle quali: (1) i costi semivariabili sono collegati alla manodopera (dunque, quando le operazioni sono prevalentemente manuali) e (2) il costo orario della manodopera non cambia significativamente fra i vari settori e all’interno di ciascuno di essi. Dal momento, tuttavia, che i costi semivariabili della concessionaria non sono collegati al lavoro diretto, allora il costo della manodopera diretta non rappresenta un’opportuna base di allocazione per quest’azienda. Le ore di manodopera diretta sono invece un’accettabile base per l’allocazione dei costi. Sebbene una parte dei costi semivariabili non cambi direttamente in funzione delle ore di manodopera, come per esempio le spese legali e quelle di revisione contabile, per amore di praticità, e dal momento che gli altri metodi sono chiaramente inaccettabili, l’allocazione dei costi semivariabili in base delle ore di manodopera diretta sembra l’alternativa più fattibile. La nota integrativa al bilancio riporta il numero d’impiegati diretti e indiretti di ciascun settore, ma non il numero di ore lavorate. Se si presuppone che tutti gli impiegati diretti lavorino in linea di massima lo stesso numero di ore per settimana, allora il numero dei lavoratori diretti diventa, di conseguenza, la base di allocazione dei costi semivariabili. Come discuteremo più avanti, i costi fissi sono allocati in base al valore del rapporto fra la superficie del settore e la superficie totale della concessionaria, sia pure rettificato, come vedremo, con un peso.”
Calcoli
Una sintesi di dati selezionati tratti dal bilancio l’ho riportata nella Tabella 1. I costi semivariabili del reparto carrozzeria e della concessionaria sono presenti rispettivamente ai punti 7 e 11. Le allocazioni dei costi semivariabili si basano sulle ore di manodopera diretta, ipotizzando che ciascun dipendente lavori lo stesso numero di ore per settimana. Al punto 13, il numero dei dipendenti del reparto carrozzeria che svolgono attività dirette è stato diviso per il numero totale dei dipendenti dell’intera concessionaria. In base al metodo, l’incremento dei costi semivariabili (punto 15) indica che i costi generali erano stati sinora sotto-allocati al manager del reparto carrozzeria, il cui bonus dipende in parte dal reddito (risultato operativo) della sua area. Pertanto, il sistema di contabilità dei costi andrebbe modificato per riflettere in modo più equo l’utilizzo da parte di ciascun settore delle risorse comuni. I costi fissi del reparto carrozzeria e della concessionaria sono sintetizzati ai punti 16 e 17. Al punto 18 è riportato il rapporto fra questi due dati. Il punto 19 riporta la nuova allocazione dei costi fissi alla Carrozzeria. Molti concessionari della General Motors allocano i costi fissi al reparto carrozzeria sulla base del rapporto fra la superficie occupata dal reparto e quella totale della concessionaria. Questa base di allocazione consente di ripartire con precisione i costi fissi della struttura, ma non tiene conto dei vari macchinari, apparecchiature, impianti fissi e arredi all’interno della concessionaria. Per allocare opportunamente tali costi fissi, andrebbero utilizzati dei “pesi”
simili a quelli sviluppati dalla Volkswagen (Volkswagen Dealers’ Accounting and Management Procedures Manual, Distribution of Occupancy Expenses, pp. K80-K81): i concessionari Volkswagen moltiplicano la superficie di ciascuna area della concessionaria per un fattore, proponendosi così di
17 ponderare equamente la distribuzione dei costi fissi. Per esempio, i pesi attribuiti al reparto Automobili usate e alla Carrozzeria sono rispettivamente 2,4 e 1,0. Ipotizzando che questi pesi si applichino anche a Delaney Motors, questa dovrebbe ridimensionare l’allocazione al reparto carrozzeria al 20%. Il punto 19 rappresenta questo 20% dei costi fissi della concessionaria. I punti dal 21 al 25 sintetizzano i risultati dello studio. Le nuove allocazioni dei costi riducono i reddito percentuale del reparto carrozzeria dal 2,94% allo 0,30% dei ricavi.
Il consulente aveva raccolto dati simili a quelli riportati nella Tabella 1 per 11 altre concessionarie. I dati riepilogativi di tre di esse sono riportati nella parte bassa della Tabella 1 e sono ordinati, da sinistra a destra, in funzione del reddito percentuale del reparto carrozzeria (punto 25). La concessionaria n. 3 aveva la terza percentuale più alta, la concessionaria n. 6 era al centro, e la concessionaria n. 9 era la terza dal basso.
Il consulente ha fatto notare al signor Delaney che il reparto carrozzeria era ancora meno redditizio di quanto egli pensasse, per cui gli ha suggerito di venderlo, o di concederlo in leasing a una terza parte, o di aumentare i prezzi oppure, se riteneva che la domanda fosse elastica, di abbassare i prezzi. Fece anche notare che la vendita o la concessione in leasing del reparto carrozzeria avrebbe consentito a Delaney di dedicare una maggiore quantità di tempo agli altri settori della concessionaria.
Delaney prese in considerazione questo suggerimento, per quanto non fosse per niente sicuro che il fulcro della questione dovesse essere la redditività: a suo avviso, la concessionaria aveva l’obbligo di fornire ai propri clienti un servizio carrozzeria di elevata qualità che difficilmente una terza parte avrebbe potuto fornire. Non era sicuro poi che i prezzi potessero essere aumentati, ma chiese al consulente di fare ulteriori ricerche sui prezzi applicati dalle concessionarie concorrenti, prima di prendere una decisione.
Domande:
1. Discutere le rettifiche apportate dal consulente in Tabella 1, esprimendo il proprio accordo o disaccordo. In caso di disaccordo, suggerire metodi migliori per eseguire le rettifiche.
2. Ipotizzando che il signor Delaney decida di mantenere il reparto carrozzeria e che il consulente dica che è possibile aumentare i prezzi, dovrebbe farlo? Se la risposta è affermativa, quali indicazioni di massima dareste in merito a quanto aumentare i prezzi?
3. Quale azione dovrebbe porre in atto il signor Delaney?
18 TABELLA 1 Analisi della redditività del reparto carrozzeria
Riga
1. Vendite:
reparto carrozzeria € 306.652
2. Margine
lordo: reparto carrozzeria 91.107
3. Margine
lordo percentuale (rigo 2 ÷ rigo 1) 29,7%
Analisi dei costi semivariabili
4. Costi
legali e di auditing (reparto carrozzeria 0
5. Stipendio
del proprietario (reparto carrozzeria) 0
6. Telefono
(reparto carrozzeria) 839
7. Totale
costi semivariabili del reparto carrozzeria 839
8. Costi
legali e di auditing (intera impresa) 2.133
9. Stipendio
del proprietario (intera impresa) 21.600
10. Telefono
(intera impresa) 21.676
11. Totale
costi semivariabili dell’impresa 45.389
12. Percentua
le costi semivariabili del reparto carrozzeria (riga 7 ÷ riga 11) 1,85%
13. Impiegati
del reparto carrozzeria in percentuale del totale (5/23) 21,7%
14. Costi
variabili del reparto carrozzeria rettificati 9.867
15. Incremen
to dei costi variabili del reparto carrozzeria (riga 14-riga7) 9.028 Analisi dei costi fissi
16. Costi
fissi del reparto carrozzeria: nuova allocazione 6.106
17. Totale
costi fissi dell’impresa 28.815
18. Percentua
le costi fissi del reparto carrozzeria (riga 16 ÷ riga 17) 21,19%
19. Costi
fissi del reparto carrozzeria rettificati (20% della riga 17) 5.763
19
20. Decreme
nto dei costi fissi del reparto carrozzeria (riga 19 – riga 16) (343) Sintesi dei risultati
21. Incremen
to netto dei costi (riga 15 – riga 20) 8.685
22. Reddito
del reparto carrozzeria ante rettifica 9.009
23. Reddito
del reparto carrozzeria rettificato (riga 22 – riga 21) (324)
24. Reddito
/ricavi non rettificato (riga 22 ÷ riga 1) 2,94%
25. Reddito
/vendite rettificato (riga 23 ÷ riga 1) 0,1%
Altre concessionarie
N. 9 N. 6 N. 3 1. Vendite reparto carrozzeria € 363.662 € 505.025 € 681.201
3. Margine lordo percentuale 32,9% 30,0% 30,6%
14. Reparto carrozzeria, semivariabili* 9.547 13.913 18.177
19. Reparto carrozzeria, fissi* 12.767 11.134 12.233
22. Reddito reparto carrozzeria, non rettificato 4.453 26.338 56.401 23. Reddito reparto carrozzeria (perdita)* (8.190) 19.386 36.650 24. Margine economico percentuale non rettificato (reddito/ricavi) 1,22% 5,22% 8,28%
25. Margine economico percentuale rettificato (reddito/ricavi)* (2,25%) 3,84% 5,38%
* Rettificati secondo quanto descritto nel testo.
20
Lipman Bottle Company
(Copyright by the President and Fellows of Harvard College.
Traduzione Diego Macrì. Materiale non duplicabile)
Nel novembre 1982 Robert Lipman, vice presidente di Lipman Bottle Company, si stava chiedendo quale strategia di determinazione dei prezzi dovesse raccomandare al padre. Con sede in Albany, New York, Lipman Bottle aveva iniziato nel lontano 1909 l’attività di distributore di bottiglie. I distributori mantengono uno stretto rapporto di lavoro con i principali produttori di bottiglie (per esempio, Owens- Illinois). Come compenso per la loro attività di vendita, essi ricevono uno sconto del 5-8% sui prezzi di mercato e questo permette loro di addebitare ai clienti lo stesso prezzo che avrebbero pagato se avessero acquistato le bottiglie direttamente presso il produttore.
Per garantire un adeguato livello di servizio, di solito i distributori mantengono scorte delle bottiglie più vendute e di vari tipi di tappi e chiusure. Per gli ordini speciali o di grandi dimensioni inoltrano invece l’ordine al produttore che provvede poi a consegnare direttamente la merce al cliente del distributore. Il produttore fattura poi al distributore il prezzo di mercato ridotto del 5-8%, mentre il distributore fattura all’utente il prezzo pieno di mercato. I vantaggi del produttore sono potere utilizzare una forza vendita di modeste dimensioni assegnando al distributore l’evasione di ordini che sarebbero troppo piccoli perché siano seguiti direttamente dal produttore. I vantaggi per l’utente, invece, sono riconducibili alla circostanza che il distributore è in grado di: (1) provvedere alla consegna immediata di molti articoli, (2) conseguire i vantaggi derivanti da un maggiore potere di acquisto con i produttori, (3) fungere da esperto delle caratteristiche delle bottiglie e delle chiusure di molti produttori.
Negli ultimi venti anni il crescente impiego di plastica ha incrementato l’attività dei distributori di bottiglie per almeno due ragioni. Innanzitutto, la scelta di bottiglie si è ampliata notevolmente rendendo più preziosa la consulenza dei distributori (la crescente varietà di tappi, coperchi e pompe spray gestite dai distributori ha avuto un effetto analogo). Una seconda ragione è che i distributori hanno iniziato a specializzarsi nella stampa di etichette sulle bottiglie di plastica. Per molti clienti finali è certamente comodo assegnare la completa gestione dell’acquisto delle bottiglie e della loro stampa a un unico fornitore.
L’azienda
Nel 1981 Lipman aveva realizzato ricavi totali per €6,2 milioni, di cui €500.000 generati dalle attività di stampa. Anche se tale attività era redditizia solo in misura marginale, il servizio era considerato essenziale per conseguire la vendita (più redditizia) delle bottiglie. Sia pure rendendosi conto che l’attività di stampa non poteva essere considerata soltanto in relazione agli utili che generava, il Sig.
Lipman riteneva però che l’azienda stesse offrendo un servizio molto utile e che dovesse conseguentemente definire un prezzo capace di generare un ritorno adeguato.
“Con i ricavi delle attività di stampa dello scorso esercizio, che ammontano a €500.000, abbiamo guadagnato circa €30.000. Quest’anno, con il peggioramento della situazione economica,
21 venderemo €450.000 di stampa - sebbene la capacità produttiva sia valorizzabile in €1 milione- e raggiungeremo approssimativamente il pareggio (Figura 1). Non so esattamente cosa fare.
Siamo l’azienda leader qui ad Albany, ove c’è un’altra impresa, grande circa la metà della nostra. C’è anche una nuova piccola azienda che crea problemi con i suoi tagli ai prezzi e anche il nostro principale concorrente ha iniziato a ridurli. Odio tale pratica nefasta, ma devo seguirla anch’io. Quello che mi preoccupa è che non so bene quali dovrebbero essere i prezzi, o quali prezzi potere tagliare. Possiamo fare pagare un po’ di più dei grandi produttori di bottiglie, ma non molto.
Albany è ancora un buon mercato e anche la concorrenza è tuttora accettabile. Vi è una certa tendenza a tagliare i prezzi, ma so che possiamo conservare la nostra quota di mercato. Localmente i nostri clienti sono soprattutto clienti industriali, ma il vero mercato è quello di New York – New Jersey. E’ lì che si trovano i produttori di articoli di cosmetica e farmaceutici. Se potessimo guadagnare un piccolo spazio lì, cresceremmo realmente.”
Figura 1
LIPMAN BOTTLE COMPANY
Conto economico delle attività di stampa al 31 ottobre 1982 (10 mesi)
Variabili con
le ore macchina
Variabili con il numero di
passaggi di stampa
Fissi
Ricavi derivanti dalle vendite €379.880
Costi:
Manodopera 216.258 €161.258 €55.000
Forniture varie 12.458 €12.458
Costi della fabbrica 20.389 10.389 5.000 5.000
Parti di ricambio dei macchinari 4.457 4.457
Ammortamento 22.505 17.505 5.000
Canone di locazione 23.770 23.770
Riscaldamento, luce ed energia elettrica
20.897 18.897 2.000
Assicurazione sanitaria 19.176 14.000 5.176
Costi vari 7.933 7.933
Assicurazione immobile e impianti 14.541 10.000 4.541 Costi aggiuntivi sulla manodopera 17.793 13.000 4.793
Pubblicità 1.664 1.664
Totale costi 381.841* €234.085 €40.812 €106.944
Utile (perdita) €(1.961)
Totale ore macchina (incluso il tempo di attrezzaggio)
16.000 Costo variabile per ora macchina €14,63
Totale passaggi di stampa 15.500.000
22
(*)I costi degli scarti di bottiglie non sono inclusi in quelli del reparto stampa.
La determinazione dei prezzi
L’industria della stampa di etichette su bottiglie è costituita da due principali categorie di stampatori (fatta esclusione per i distributori). I produttori offrono la stampa come servizio ai clienti che acquistano le loro bottiglie di plastica, con listini prezzi che includono anche il costo delle bottiglie scartate in fase produttiva. Gli sconti sui listini sono in tal caso rari.
La seconda categoria di stampatori è quella delle cosiddette “case di decorazione personalizzata”, imprese che svolgono attività di decorazione su misura. I listini sono pubblicati di rado, anche se i prezzi - adeguati in parte alla difficoltà del disegno - sono analoghi a quelli dei listini dei produttori di bottiglie.
In questo caso piccoli sconti sono frequenti. Poiché di norma la stampa è effettuata su bottiglie fornite dal cliente, lo stampatore non è responsabile del costi degli scarti, ma non riceve alcuna commissione su una vendita di bottiglie che non ha effettuato.
Lipman ha molta più capacità di stampa di quella necessaria alle bottiglie vendute. L’azienda pubblica un listino prezzi per i disegni semplici, e al contempo, agisce da casa di decorazione personalizzata applicando prezzi speciali. Come illustrato nella Figura 2 – che riporta il listino di un importante produttore di bottiglie - i prezzi sono influenzati da tre fattori:
A. Le dimensioni della bottiglia (capacità in once). Le bottiglie sono caricate su un mandrino, quindi ruotate mentre uno pannello di seta si muove orizzontalmente per stampare direttamente sulla bottiglia di plastica. Poiché per le bottiglie più grandi è necessario più tempo di stampa e serve più spazio in magazzino, i prezzi aumentano con l’aumentare delle dimensioni delle bottiglie.
B. La quantità. Ogni lotto richiede un tempo di setup per caricare l’inchiostro, per piazzare il pannello di seta sul macchinario e per settare il macchinario in modo che possa accogliere quel tipo di bottiglia. Inoltre, potrebbe svilupparsi un leggero effetto di apprendimento, sicché il costo per bottiglia si riduce con l’aumentare della quantità.
C. Le separazioni (passaggi). Le “separazioni” sono il numero di singoli passaggi di stampa necessari a una bottiglia. Quando si stampano bottiglie rotonde, esse vengono ruotate orizzontalmente dal macchinario di stampa. Un pannello di seta con l’immagine da stampare viene posizionato sopra la bottiglia e scivola orizzontalmente, sincronizzato in modo da muoversi alla stessa velocità con la quale ruota la superficie della bottiglia. Poiché ruota di 360°, una bottiglia rotonda può essere stampata sul fronte e sul retro con un solo ciclo; si tratta pertanto di un’operazione a separazione unica, che richiede cioè un unico “passaggio”. Le bottiglie a due lati (comunemente denominate ovali) non possono invece ruotare e, pertanto, è normalmente possibile stampare un lato per passaggio. Per la stampa fronte e retro, è di solito necessario che l’intero lotto di bottiglie ovali sia caricato e scaricato due volte: un passaggio per lato e un totale di due separazioni. Quando si decora una bottiglia in policromia, il lavoro deve essere separato nelle componenti di colore, e deve essere preparato un pannello distinto per ciascun colore. Per decorare una bottiglia rotonda con tre colori, per esempio, sono necessari tre
23 pannelli distinti e tre passaggi, mentre per le bottiglie ovali è necessario un pannello e un passaggio per colore e per lato (un totale di sei passaggi dunque, per un ovale a tre colori).
Figura 2 Prezzi di listino della stampa dei leader del settore (prezzo per 1.000 bottiglie in funzione delle quantità ordinate)
Quantità ordinata
Dimensioni bottiglia (oz.) < di 10m 10 m 20 m 50m 100m 250m Un passaggio:
0 – 4,9 40,45 31,80 24,40 21,20 20,25 18,20
5- 9,9 47,00 36,60 27,90 24,10 23,40 20,80
10,00 – 14,9 59,00 46,00 35,30 30,80 29,00 26,10
15,00 – 23,9 68,80 53,20 41,00 35,60 34,10 30,50
24,00 – 32,9 72,40 56,80 43,10 37,90 36,10 32,20
Due passaggi:
0 – 4,9 94,00 72,10 55,70 48,60 46,50 42,40
5 - 9,9 106,00 82,60 63,40 55,40 52,50 47,30
10,00 – 14,9 132,00 103,00 78,90 69,00 66,10 59,15
15,00 – 23,9 158,60 122,80 94,60 82,80 79,00 70,50
24,00 – 32,9 162,20 125,60 96,10 84,10 80,40 71,40
Le operazioni
Il reparto grafica di Lipman include un laboratorio di fotografia e sviluppo necessario a realizzare i pannelli di seta. Tali servizi sono fatturati separatamente ai clienti e il reparto consegue risultati prossimi al pareggio economico.
Le attività di produzione si avvalgono invece di dieci macchinari di stampa e 8 costosi forni per l’asciugatura. Le bottiglie dopo essere state caricate sull’impianto di stampa e stampate, sono poste su un trasportatore che le inserisce in un forno per l’asciugatura. Sono disponibili due macchinari aggiuntivi di stampa - che possano eventualmente essere trasportati nella zona di preparazione dei lotti e assegnati a una nuova commessa – in modo tale da utilizzare al meglio i costosi forni e lo spazio che questi occupano.
Otto dei macchinari sono semiautomatici. Ogni bottiglia deve essere caricata sul macchinario e scaricata a mano per indirizzarla alla fase di asciugatura. Gli ovali, come descritto in precedenza, sono prima stampati su un lato, lasciati asciugare, quindi ricaricati per la stampa sull’altro lato. Tuttavia, uno degli impianti svolge automaticamente queste attività con le bottiglie ovali. Un operatore deve comunque caricare e scaricare il macchinario manualmente, ma le bottiglie ovali possono essere stampate su entrambi i lati prima di essere caricati nel forno per l’asciugatura. L’ultimo macchinario è interamente automatico. L’operatore carica le bottiglie all’interno di un serbatoio di carico, mentre un secondo operatore controlla la qualità delle operazioni di stampa. Le bottiglie ovali possono in tal caso essere stampate su entrambi i lati in un unico ciclo macchina (passaggio) e sono automaticamente scaricate nel forno per l’asciugatura.
24 Il problema
Lipman ha chiesto a Thomas Shull, un ingegnere gestionale, di rivedere la politica dei prezzi dell’azienda.
“Pubblichiamo un listino prezzi per le commesse di stampa semplici. Poiché otteniamo una provvigione sulle bottiglie che vendiamo, i prezzi della stampa non sono così importanti.
Tuttavia, non sono sicuro che i prezzi del settore siano corretti. I prezzi diminuiscono con le dimensioni degli ordini e aumentano con le dimensioni delle bottiglie. Penso che la riduzione del prezzo in base alle dimensioni dell’ordine sia ragionevole: non dobbiamo, infatti, andare alla ricerca di ulteriori vendite per tenere occupata la fabbrica se raccogliamo ordini di grande dimensione. I prezzi delle bottiglie in funzione della dimensione non mi sembrano però corretti. Ci vuole di più, è vero, per stampare una bottiglia grande rispetto a una piccola, ma la differenza non è poi così rilevante e la differenza di prezzo non dovrebbe pertanto essere così accentuata.
Un secondo fattore è costituito dai nuovi macchinari automatici, che stampano su entrambi i lati di un ovale senza doverlo ricaricare. La maggior parte dei nostri concorrenti usa macchinari semiautomatici. Forse non dovremmo addebitare altrettanto per gli ovali stampati con i nuovi macchinari.
L’ultimo problema è la decorazione personalizzata. Stiamo cercando di espanderci nell’area New York–New Jersey e quasi tutta l’attività che potremmo ottenere lì sarebbe quella di decorazione personalizzata. Non avremmo in tal caso alcuna provvigione sulle bottiglie, perciò il nostro utile deriverebbe unicamente dall’attività di stampa e dovremmo per di più pagare anche il trasporto.
Vorrei che il nostro listino prezzi fosse riesaminato criticamente in modo tale che possa riflettere i costi. Tuttavia, non voglio sia molto diverso da quelli dei principali produttori.
Vorrei anche conoscere quali sono i costi variabili per preparare le offerte di decorazioni personalizzate. Questi costi non sarebbero resi pubblici (devo adeguare ogni prezzo alla difficoltà dell’ordine) ma lo utilizzerei come guida. Infine, vorrei che i costi fossero adeguati per il trasporto a New York – New Jersey. L’obiettivo è di conseguire un utile del 30% ante imposte quando si opera utilizzando tutta la capacità produttiva.”
Prima di preparare i listini, Shull, Lipman e il responsabile delle operazioni hanno concordato che, nel calcolo dei prezzi, siano usati i costi degli scarti e di trasporto riportati nella Figura 3 e le informazioni operative della Figura 4.
25 Figura 3 I costi degli scarti e i costi di trasporto
Il costo degli scarti
Un passaggio Due passaggi
Dimensioni Costo di 1.000 bottiglie
Costo 2 % di (scarto)
Costo 4%
(scarto)
Perdita 2%
di stampa*
Costo totale degli scarti
0 – 1 €70 €1,40 €2,80 €0,50 €3,30
1 ¼ - 4 84 1,68 3,36 0,50 3,86
5 – 6 94 1,88 3,76 0,50 4,26
7 – 10 116 2,32 4,64 0,50 5,14
11 – 12 125 2,50 5,00 0,50 5,50
13 – 16 130 2,60 5,20 0,50 5,70
17 – 32 145 2,90 5,80 0,50 6,30
I costi di trasporto per la zona New York – New Jersey
Dimensioni Bottiglie per carico intero Costo per 1.000 bottiglie†
0 – 1 oz 1.040.000 € 1,06
1 ¼ - 4 280.000 3,93
5 – 6 190.000 5,79
7 – 10 145.000 7,59
11 – 12 120.000 9,17
13 – 16 86.000 12,79
17 – 32 42.000 26,19
* La stima preliminare dei costi di stampa è di €25 per mille bottiglie.
† Il costo stimato per un carico è di €1.100.