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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.44 (1917) n.2236, 11 marzo

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L’ ECONOMISTA

G A ZZETTA SETTIM A N A LE

SCIENZA ECONOMICA FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XLIY - Vol. XLYIII

Firenze-Roma, 11 marzo 1917 {

FIRENZE: 31 Via della Pergola ROMA: 56 Via Gregoriana

N. 2236

Per l’anno 1917 l’Economista continuerà ad usci­ re con otto pagine in più, come per l’anno de­ corso. Il continuo accrescersi dei nostri lettori Ci dà affidamento sicuro che, cessate le difficoltà materiali in cui si trova oggi tutta la stampa ed in specie la periodica, per effetto della guerra, po­ tremo portare ampliamenti e miglioramenti al no­ stro periodico, ai quali già da lungo tempo stiamo attendendo.

I l prezzo di abbonamento è di !.. * o annue anticipate, per l ’Italia, e Colonie. Per l'Estero (unione postale) !.. *5. Per gli altri paesi si aggiungono, le spese postali. Un fasci­ colo separato !.. i.

S O M M A R I O : PARTE ECONOMICA.

Unione od Indipendenza d o g an ale ? P a ro le e fa tti - V en ezia dopo la g u erra

Sul c rite ri fis c a li pel m iglioram en to d ell’a g ric o ltu ra . S. R. Il B ila n cio dello S ta to - L a p o te n z ia lità fin a n z ia ria it a ­ lia n a e il p eso d e lla g u erra. Luigi Einaudi.

NOTE ECONOMICHE 1 FINANZIARIE.

Trattati commerciali fra Austria e Germania, — Stati Uniti e dumping. — Natalità in Germania. Economia russa. — Costruzioni navali.

EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA.

industria bellica Lombarda. — Economia di energia elettrica— Perdite di marina mercantile. — Movimento marittimo inglese nel 1916. — Commercio inglese per dopo guerra. — Crisi dei tra­ sporti in Germania.

RIVISTA DELL’ALIMENTAZIONE.

Chimica nell’alimentazione, — Dati sull’alimentazione. Alimentazione carnea. - - Pane con patate.

FINANZE DI STATO.

Prestito inglese. Entrate del tesoro Russo, LEGISLAZIONE DI GUERRA.

Varia: Ufficio di Statistica. - Opere igieniche — Repressione dell’abigeato.

NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.

Banco di Roma — Banca Italiana di Sconto. — Capacità giuridica alle donne. — Progetto di legge sul Catasto — Imposta esenzioni militari — Mutui per le case popolari. — Commercio estero della Francia - 1916 - Commercio estero della Russia. — Sviluppo finanziario in Russia — Industria metallurgica nella Russia Meridionale. — Prestito Nazionale consolidato 5 % netto a pubblica sottoscrizione per le spese di guerra. — Premi e rischi di guerra in navigazione.

Situazione degli Is titu ti di Credito m obiliare, Situazione degli I s tit u ti di em issione ita lia n i. Situazione degli I s tit u ti Nazio­ n a li E s te ri, Circolazione di Stato nel Regno Unito, Situazione del Tesoro ita lia n o , Tasso dello sconto ufficiale, Debito Pubblico italian o , Riscossioni doganali .Riscossione dei tr ib u ti n e ll’eser­ cizio 1911-15, Commercio coi p rin cip ali S ta ti nel 1915, Espor­ tazioni ed im portazioni riu n ite , Importazione (per categorie e per m esi), Esportazione (per categorie e per m esi). Prodotti delle Ferrovie dello Stato , Quotazioni di valori di Stato

ita lia n i, Stanze di compensazione, Borsa di Nuova York, Borsa di P a rig i, Borsa di Londra, Tasso per i pagamenti dei dazi do­ gan ali, Tasso di cambio per le ferrovie Ita lia n e , Prezzi d e l­ l ’argento.

Cambi a ll’Estero, Media u ffic ia le dei cambi ag li e ffe tti d e ll’a r t. 39 del Cod. comm., Corso medio dei cambi accertato in Roma, R i­ v ista dei cambi di Londra, R iv ista dei cambi di P a rig i. Ind ici economici ita lia n i.

V alori in d u striali. Credito dei prin cip ali S ta ti.

Numeri in d ici annuali di varie nazioni.

Pubblicazioni ricevute. ,

/ manoscritti, le pubblicazioni per recensioni, le comunicazioni di redazione devono esser dirette all’avv. M. ]. de Johannis, 56, Via Gregoriana, Roma.

PARTE ECONOMICA

Unione od indipendenza doganale?

Sono già formate fra i più eminenti statisti ed economisti dei paesi alleati due correnti le quali vanno sempre più nettamente delineandosi : l una propugna per il dopo-guerra la indipendenza eco­ nomica di ciascuno Stato, la permanenza nel si­ stema protezionista forse inasprito; 1 altra va­ gheggia e sostiene e stimola la unione doganale, almeno fra le nazioni alleate. Parrebbe a prima vista che le due tendenze dovessero corrispondere alla scuola libero-scambista e protezionista, ma nel fatto non sii ha esattamente un preciso riscontro, poiché come effetto della guerra 01 come effetto

della preoccupazione pel dopo-guerra, si sono già avuti passaggi dei campioni dell’una e dell’altra opposta teoria, nel campo avverso.

Norman Angeli propose che la condizione da imporre alla Germania, a vittoria conseguita, fosse il disarmo e l’accettazione del principio dell arbi­ traggio obbligatorio : in altri termini rinuncia da parte degli alleati alla guerra commerciale, se la Germania rinuncia alla guerra militare; cosic­ ché sarebbe doppiamente garantita una pace du­ revole, e sarebbero salvi i desiderata di una sag­ gia politica che non può considerare desiderabile la completa rovina di una grande nazione.

Al contrario Yves Guyot si è decisamente e-spresso per la imposizione alla Germania della sop­ pressione di tutti i diritti di dogana, ossia per la costituzione così di un libero scambio unilaterale, il che invero contrasta con ogni principio della scuola liberale. Charles Gide si è invece pronun­ ciato per la Unione doganale fra gli Stati alleati, e poiché noi pure siamo stati e siamo convinti fau­ tori di una tale soluzione, (vedi anche recentemen­ te l’articolo del nostro collaboratore che si nascon­ de sotto il pseudonimo di Ausonio Lomellino -fase. 2226 del 31 die- 1916, pag. 1250) ci sarà grato seguire il Gide nella esposizione di alcune consi­ derazioni che lo guidano verso la conclusione ac­ cennata.

Un programma di intesa economica fra Fé na­ zioni alleate ha due aspetti : l’uno negativo della

porta chiusa per il nemico, l’altro positivo della porta aperta per gli amici.

Il primo aspetto è indubbiamente quello che fi­ nora ha avuto maggior copia di consensi anche po­ polari; è più sentito da tutti.

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cile e tanto più facile per un paese come 1 Austra­ lia il cui protezionismo contro merci e mano d o-pera è tradizionale, non appare alla fine così rea­ lizzabile come potrebbe essere desiderabile. In­ fatti già negli ambienti industriali e commerciali ed anche presso i governi si manifestano, almeno per alcuni prodotti (carbone, legname, prodotti chimici) delle obbiezioni alla progettata proibizio­ ne, e si accampano tre ragioni :

lu quella della necessità. Perchè compromet­ ter la esistenza di industrie, o ritardarne lo svilup­ po, o gravarle di spese di produzione o di traspor­ to, soltanto per portare pregiudizio all’industria nemica? E l’Italia dove potrà prendere i 32 milioni di lire di legname che importava dall’Austria e che le bisognano per la marina, per le costruzioni? Dal Canadá, dalla Russia, che sono così lontane? Non si tratta di girare un commutatore per creare industrie nuove come le chimiche o rivolgere al­ trove le correnti commerciali!

2° quella dei proventi erariali. Nello stato di penuria in cui si troveranno i bilanci di tutti gli Stati, come persuadere a rinunziare ai proventi doganali che derivano dallq, importazione di pro­ dotti che in così gran copia provenivano anche dagli Imperi centrali? Si potranno piuttosto pen­ sare imposizioni più aspre, ma non tali da inari­ dire la sorgente del provento.

3° quella più delle altre solida, sulla impossi­ bilità di vendere agli Imperi centrali, se da questi non si acquista : è infatti legge ineluttabile dei va­ lori internazionali che le merci si comprano e si pagano colle merci e che arrestando una "corrente di importazione si chiude la contro corrente di e-sportazione. Non solo gli industriali quindi, ma anche i commercianti sarebbero ridotti a perdere i benefici che loro derivano dai parecchi miliardi di movimento di affari che esercitavano cogli Im­ peri centrali, nè può pretendersi che il loro patriot­ tismo possa giungere alla rinuncia di quei guada­ gni. D’altra parte oltre all’interesse di privati vi è quello nazionale da considerare, in quantochè i paesi oggi in gderra avranno alla fine del conflitto enorme bisogno di esportare il più possibile a qua­ lunque prezzo per far ritornare l’oro, abbassare l’aggio, per poter saldare il deficit ogni giorno cre­ scente della bilancia commerciale.

Queste le ragioni che fanno ritenere che al ter­ mine della guerra le potenze della Intesa non sa­ ranno disposte ad intendersi per rompere le rela­ zioni commerciali cogli austro-tedeschi, ed anzi, noi riteniamo pure col Gide, che il miglior mezzo per realizzare il programma di sopprimere la ege­ monia tedesca possa piuttosto essere precisamen­ te quello di spingere le esportazioni nei paesi ne­ mici e neutri in modo da invadere e conquistare il territorio nemico, mentre il boicottaggio non fa­ rebbe che rinnovare la guerra di trincea. Sarà pe­ rò la produzione degli Alleati pronta ed organiz­ zata per far ciò? non lo crediamo, benché non pos­ siamo disconoscere che un miglior spirito d’inizia­ tiva e di intrapresa animerà le industrie ed i com­ merci più che non lo fossero tre anni or sono.

Non è però veramente di questa parte negativa del problema che gli Imperi centrali potranno più temere- Anziché da una politica della porta chiusa ai nemici essi possono più temer.e dalla politica del­

la porta aperta per gli amici.

Se la guerra doüesse avere per risultato di crea­ re una Federazione economica fra i dieci Stati del­ l’Intesa (includendo il Portogallo) o piuttosto i quat­ tordici Stati, includendo il Canada, VAustralia, il Sud Africa e l’India, e se essa dovesse far regnare sulla metà del globo che questi Stati occupano e sugli 800 milioni di uomini che includono, i bene­ fìci di una pace economica sostituente al regime della concorrenza quello della cooperazione, sa­

rebbe tale una rivoluzione che essa varrebbe in­ dubbiamente il prezzo che è costata.

Quale forza quella Federazione costituirebbe e non soltanto verso i nemici! quale garanzia solida e reale di una pace imperitura e priva o quasi di armamenti! Ma un così bel sogno si infrange solo che si pensi che la stessa Inghilterra, culla del li­ berismo, non ha saputo realizzare il libero scam­ bio colle sue colonie; che la Francia stessa ha po­ tuto applicare il regime della assimilazione solo a prezzo di comprometterne il loro sviluppo econo­ mico; che le amicizie che ora legano le nazioni sul campo di battaglia, sono di data così recente da far dubitare che possano accondiscendere ad una unificazione quale quella che, ciò malgrado, si affaccia come la soluzione più allettante, ad ogni spirito moderno.

Eppure volendo ridurre le proporzioni a limiti più ristretti parrebbe che Inghilterra, Francia, Ita­ lia e Belgio si dovessero poter intendere, tanto più che già si conferma che, sia pure sotto forma di un accordo provvisorio, una intesa del genere di quella di cui discorriamo è già intervenuta fra Germania, Austria, Bulgaria e Turchia! La conti­ guità geografica è quasi esistente fra le quattro nazioni alleate, una certa affinità politica 'ed etnica esiste fra questi, come fra i popoli della Mittel-Europa. In più noi avremmo una varietà di produ­ zione che non potrebbe essere raggiunta dal grup­ po avverso perchè l’asse del nostro gruppo va da nord a sud per oltre 30 gradi; mentre l’altro si svol­ ge da oriente ad occidente.

Ma già nei comunicati contenenti i risultati delle Conferenze economiche dei paesi alleati, più volte è ricorsa la frase: « indipendenza economica ».

Essi fanno intendere che accordo c ’è o si potrà avere fra le nazioni alleate sulla protezione ope­ rai, sui regimi dei trasporti per terra e per mare, sulla emigrazione e sulla naturalizzazione, sugli acquisti della proprietà industriale e fondiaria, ma si tace e significatamente sull’accordo! doganale.

La inchiesta da noi fatta due anni or' sono sui fu­ turi regimi doganali, dava del resto, nel suo com­ plesso la previsione che sarebbe prevalsa nelle po­ tenze una tendenza alla « indipendenza econo­

mica ». 4

E noi quindi vedremo al termine deH’immane conflitto le nazioni che hanno- versato il loro mi­ glior sangue per la stessa causa, e che hanno spe­ so tanta parte delle loro ricchezze, riprendere con accresciuto accanimento la lotta di tariffe, difen­ dere strenuamente le proprie barriere doganali, scrutare con gelosia e timore i progressi dell’ex amico vicino, dilaniarsi nelle trattative per strap­ pare questa o quella concessione di favore nelle gabelle. Solo gli Imperi centrali usciranno dalla lotta economicamente rafforzati dalla loro Unione doganale !

Eppure gli scienziati e le menti più colte di tutti i paesi civili sono nella loro grande maggioranza libero-scambisti; eppure la Unione doganale ap­ parisce anche agli stessi protezionisti, come appor­ tatrice di pace e di concordia; eppure è da tutti ammesso che soltanto abbattendo le barriere da­ ziarie si godranno i benefici del disarmo totale o quasi totale!

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11 marzo 1917 - N. 2236 L ’ECONOMISTA 219

sta ogni giorno maggior piede e che ineluttabil­ mente è destinato a trionfare, se le teorie delle scuole liberiste non riusciranno a far comprendere che la vera pace sta nell’abbattere possibilmente, nel ridurre almeno, subordinatamente, gli ostacoli artificiali creati dalle tariffe. Dovranno essi e do­ vremo noi avere la responsabilità di futuri con­ flitti che potranno e dovranno inevitabilmente na­ scere se il nazionalismo politico prevarrà e uccide­ rà l’avvento di un internazionalismo economico? E quali speranze potranno avere gli Stati dell’In­ tesa, per i loro commerci quando, economicamen­ te disuniti, si troveranno a dover combattere e su­ perare la premente invadenza di un nuovo Zoll- Werein ingrandito e vasto quale quello che gli

Stati dell’Europa centrale già maturano e perfe­ zionano ?

Abbiamo già visto essere utopistico adagiarsi sulle speranze, purtroppo erroneamente coltivate nel popolo, di una politica della porta chiusa ai nemici. Lo Zollwerein dei passato e quello in ge­

stazione ci provano invece non essere utopistica, ma attendibile una Unione doganale fra Stati, ed essere questo uno strumento formidabile di guerra economica e militare. Si lasceranno gli Stati alleati cogliere anche nel futuro sprovvisti di questa ar­ ma così potente che è stata dai nemici stessi inse­ gnata ed adoperata tanto abilmente?

La politica della porta aperta agli amici, nau­

fragherà dinanzi alla miope considerazione di in­ teressi immediati e di rivalità perniciose, che già hanno costato tutto lo sforzo di avvicinamenti la­ boriosi, che già hanno quasi compromesso l’esito del conflitto, che domani potranno esserne causa di nuovi?

Parole e fatti - Venezia dopo la guerra

I convegni interparlamentari hanno certo qual­ che lato attraente e simpatico. Lo stato di pre­ sente e futura alleanza ufficiale tra le nazioni del­ l’Intesa riceve una specie di Cemento morale an­ che dalle visite che uomini parlamentari si fanno spontaneamente e liberamente, cioè senza preciso mandato, ora in questa e ora in quella metropoli. Le conoscenze personali avvivano lo scambio delle idee; il trovarsi in mezzo a un dato am­ biente rende possibile conoscerlo assai meglio che da lontano; intanto si determina un desidera­ bile affratellamento, o, se è già formato, si rin­ salda. Siffatti convegni, dei quali il più recente è quello tenuto in Roma tra senatori e deputati fran­ cesi e italiani, hanno i pregi che stiamo dicendo, epperò si può loro attribuire una qualche

Utilità-Ma badiamo, utilità relativa, molto indiretta, dunque in complesso non grande. Gli intervenuti costituendo una particella assai esigua delle As­ semblee a cui appartengono, gli umori delle quali sono svariati e qualche volta mutevoli, non essen­ do per nulla loro mandatari, nè avendo alcuna veste ufficiale, possono bensì manifestare opinioni personali e al più emettere voti concordi, ma nien­ te altro. Tutto finisce qui.

II presidente, on. Luzzatti, inaugurando il con­ vegno di Roma, ebbe a dire tra l’altro :

« Usciamo dalle nostre riunioni con la certezza di saper e di poter persuadere i nostri Parlamenti e i nostri Governi, già così bene disposti, dell'ur­ genza di migliorare i nostri accordi che erano il frutto di un triste passato in cui si spegneva la sfi­ ducia, ma non brillava ancora la confidenza cor­ diale che ci anima oggi.

« Nella politica, nei trattati di commercio e di lavoro, negli accordi finanziari, in tutti i legami spirituali della scienza e dell’arte, noi dobbiamo compiere con una ininterrotta evoluzione, ciò che noi abbiamo bene cominciato; dobbiamo scrivere

il libro di cui abbiamo preparato la prefazione )>. Sulle idee manifestate nel convegno e sui voti emessi viene mantenuto il ségreto, e noi non vi troviamo nulla da ridire. Se poi codesti voti siano destinati a concretarsi in fatti visibili, lo dirà l’av­ venire, dato che proprio sia per dirlo in modo chia­ ro per tutti.

Comunque, si tratta del dopo guerra; giacché gli accordi per la condotta della guerra (e quelli lì davvero concreti e impegnativi) vengono presi in abboccamenti di tutt’altro genere, come ve ne sono già stati più volfe, fra uomini politici inve­ stiti dei maggiori poteri e politicamente, oltre che moralmente, responsabili.

Non è da dire che per tracciare programmi e studiare progetti pel dopo guerra sia troppo pre­ sto. E ’ un lavoro a cui danno opera anche i nostri nemici, nè di questo si può biasimarli, mentre pe­ rò è più che sperabile che il loro verrà sventato e reso inutile dall’esito del conflitto. L ’Italia e i suoi alleati stanno facendo lo stesso, con riguardo così alla vita nazionale rispettiva, come a quella delle

relazioni politiche e economiche internazionali.

Noi, lo diciamo francamente, in questo periodo ci occupiamo più volentieri del primo dei due ordi­ ni di cose, cioè dello sviluppo da dare a ogni for­ ma di attività nazionale. Per quello relativo ai rap­ porti con altri Stati, non lo riteniamo già d’impor­ tanza secondaria, non diciamo neppure che sia troppo presto, ma ci sembra — possiamo ingan­ narci — che finora l’orizzonte sia meno limpido, che le incognite abbondino.

Ci gode l’animo ogni qualvolta vediamo deter­ minarsi pel dopo guerra una salda riunione di con­ sensi ed atti, non macchiata della solita pecca del generico, ma intesa anzi a scopi precisi. Di tale specie è il Sindacato di studi per Imprese elettro­ metallurgiche-navali nel porto di Venezia. Non si

tratta di scopi indeterminati, che troppe volte non levano un ragno da un buco, quali il bene econo­ mico oppure il progresso della città o della regio­

ne, o Yimpulso o incoraggiamento all’industria, o

simili. No, imprese elettro-metallurgiche e navali sono qualcosa di ben chiaro, da non confondersi con altro- Nè deve dare ombra la parola studi, qua­

siché ogni attività effettiva fosse ancora incerta, o rinviata a un futuro non prossimo. Anzitutto, quan­ do anche il ramo di cotesta attività fosse stato già scelto, il modo di esercitarla bisognerebbe pur stu­

diarlo. Ma qui occorre per prima cosa sceglierlo, o meglio anzi sceglierli, giacché par certo che sa­ ranno più d’uno.

Si legge infatti nell’Atto Costitutivo del Sinda­ cato :

« Art. 1. — Le sottoscritte Società, Ditte e per­ sone, hanno concordemente riconosciuta la oppor­ tunità, per ragioni di pubblico interesse, ed in vi­ sta specialmente di favorire lo sviluppo industriale del Porto di Venezia, dì procedere, con le moda­ lità che saranno appresso indicate, a studi ed in­ dagini diretti all’esame di proposte e di progetti per l’impianto, l’ampliamento è la trasformazione di industrie da esercitarsi nel Porto di Venezia ed anche in altri Porti Adriatici, e aventi più partico­ larmente ad oggetto la creazione e l’esercizio di impianti di cantieri navali, acciaierie, fonderie ed altre industrie elettro-metallurgiche-siderurgiche-meccaniche e similari ».

Ma i promotori intendono forse suggerire ad al­ tri di dar vita a quelle imprese industriali e com­ merciali eh’essi avranno riconosciute e sapranno dimostrare più promettenti ? No davvero : inten­ dono accingersi essi medesimi, magari formando all’uopo quegli enti amministrativi speciali che sa­ ranno del caso. L ’articolo che segue lo dice espli­ citamente.

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scritti deliberano di costituirsi in Sindacato di Stu­ di, con riserva di procedere ulteriormente, nell’e­ poca e nei modi che risulteranno più convenienti, alla costituzione di apposito o appositi Enti o So cietà commerciali, industriali e finanziarie per tra­ durre in atto quelle eventuali iniziative che dagli studi a farsi appariscano meglio rispondenti agli scopi suenunciati e più convenientemente realiz­ zabili ».

Questi propositi non v’è pericolo che rimangano allo stato alquanto sterile di buone intenzioni. Ne danno affidamento i nomi dei fondatori del Sinda­ cato, potenti per mezzi pecuniari, riputatissimi per prove già fatte, per esperienza acquisita, adatti allo scopo per l’indole delle aziende che esercita­ no. E ’ opportuno enumerarli.

I. — Società Adriatica di Elettricità, An. sede in Venezia;

II. — Società veneta per costruzioni ed eserci­ zio di Ferrovie Secondarie An. sede in Padova;

III. — Società Italiana per l’utilizzazione delle Forze Idrauliche del Veneto, An. sede in Venezia; IV. -—- Società Veneziana di Navigazione a V a­ pore, An. sede in Venezia;

V. — Società An. Veneziana Industrie Navali e Meccaniche (Savinem) sede in Venezia;

VI. — Officine Meccaniche di Battaglia, Socie­ tà Anonima, sede in Padova;

VII. — Impresa Edoardo Almagià, Roma; Vili. — Ditta Franco Tosi, Costruzioni Mecca­ niche, Legnano;

IX. — Conte Sen. Nicola Papadopoli Aldobran-dini, Venezia;

X. — Cav. Ing. Gian Carlo Stuchy, Venezia; XI. — Cav. Gino Toso, Venezia;

XII. — Nob. Cav. di Gr. Cr. Giuseppe Volpi, Venezia;

XIII. — Comm. Marco Besso, Presidente Assi­ curazioni Generali, Venezia;

XIV. — Ditta Alberto Treves e C., Banchieri, Venezia;

XV. — Conte comm. Antonio Revedin, Tre­ viso;

XVI. — Comm. Luigi Ceresa, Canapificio V e­ neto, Venezia;

XVII. — Vianello Moro e Sartori - Cantiere na­ vale, Venezia;

XVIII. — Cav. Carlo Ratti, Venezia.

Ottimo criterio è quello del Sindacato, di voler procedere in pieno accordo con le Autorità locali, specialmente col Comune e col R. Magistrato del­ le Acque. Circa poi l’ampiezza delle vedute, la probabile estensione delle opere e la possibilità di dedicarvi capitali corrispondenti, basti dire che per gli studi iniziali esso ha destinato non meno di

un milione.

Può sembrare perfino troppo, ma non è affatto escluso che ne avanzi, senza danno di nessuno. L ’augurio da farsi è che a mano a mano che lo si anderà spendendo per lo studio di sempre nuove applicazioni del vasto programma, se ne vedano presto alcune passare dallo stadio del progetto a quello del fatto.

Sni criteri fiscali pel miglioramento dell'agrlcoltnra

Nella rendita della terra occorre distinguere, se­ condo i più elementari principii economici, il

prodotto naturale, e cioè quello ricavato dalla ter­

ra considerata nel suo stato originario, con il capi­ tale di miglioramento che a traverso il tempo vi si è man mano immobilizzato, e il prodotto industria­ le del capitale d’esercizio, mobile per sè stesso, e

del lavoro nella terra impiegati. Questi due prodot­ ti hanno avuto una diversa vicenda; laddovechè, col progredire della civiltà e dei mezzi chimici e meccanici di lavorazione e concimazione e con un

sempre più sapiente criterio nei sistemi alternati di coltivazione, il prodotto industriale è andato man mano elevandosi e notevolmente elevandosi in confronto di quel che non si sia verificato pel pro­ dotto naturale. Tanto che esso ha preso uno dei primi posti nella scala.dei valori economici ed ha fatto sì che la terra allo stato primigenio, e cioè come energia creatrice del prodotto naturale, della quale il diritto di proprietà fu variamente compre­ so e conteso, sia passata in seconda linea, quasi avesse preso il posto alquanto modesto di materia prima nell industria fondiaria.

E comecché il prodotto industriale della terra, a differenza del prodotto naturale, è suscettibile di un sempre maggiore sviluppo, le legislazioni odierne, in quel che riguarda l’incoraggiamento dell’agricoltura, sono più che altro rivolte a ren­ dere piu agevole la possibilità del maggior rendi­ mento del capitale d’esercizio impiegato nella ter­ ra insieme col lavoro.

Laonde abbiamo avuto alcune provvidenze ve­ ramente lodevoli, quali quelle sulle colonizzazioni interne, sui rimboschimenti e, per tacere di altre, il miglioramento e coordinamento delle disposizio­ ni riguardanti la vasta rete del credito agrario, con tutte le sue svariate forme.

Ma quello che si è verificato nell’ordinamento civile della legislazione avrebbe dovuto avverarsi anche nel campo fiscale, in quanto la soluzione dell affaticato problema agrario non è disgiunta da una sana riforma delle leggi tributarie : perchè il concetto moderno deU’imposta, e cioè che essa non debba essere soltanto il mezzo di coprire il fabbisogno dello Stato, ma anche il mezzo di inci­ tare e regolare la produzione delle ricchezze, non trova altra migliore adattabilità che nel campo a-grario.

E quali riforme, quali provvidenze veramente ra­ dicali abbiamo avuto nella legislazione fiscale nei riguardi dell’agricoltura? Avevamo cominciato, è vero, con alcuni buoni provvedimenti, come quelli sulle diverse esenzioni di tassa pei vigneti fillos-serati, pei terreni soggetti a rimboschimento, ecc.; ma, purtroppo, o per mancanza di lena, o perchè turbati da altre più gravi necessità, ci siamo fer­ mati a mezza strada. Comunque trattavasi di pic­ coli ritocchi e di effimeri benefici non formanti parte di un programma ben determinato e con­ creto, i quali di per sè non soddisfacevano le gran­ di esigenze della nostra economia agricola. E rima­ neva, come rimane, neppure sfiorato il lato vero ed essenziale, la spina dorsale del problema agra­ rio-fiscale, e cioè liberare il più possibile dalla pressione tributaria il capitale e il lavoro, che con­ corrono a creare il prodotto industriale della terra. Cosi oggi, come ieri, la situazione agrario-fiscale è precisamente questa : Da una parte vi è l’impo­ sta fondiaria, che non colpisce tutto il reddito che si ricava dalla terra, ma soltanto il prodotto natu­ rale, perchè il prodotto industriale, essendo per

sua natura mobile, sarebbe un assurdo il volerlo fissare in una cifra immutabile con la catastazione, e dall’altra parte vi è l’imposta di ricchezza mo­ bile, che colpisce il prodotto industriale. In tal modo tutto il reddito dei terreni verrebbe colpito d’imposta : parte dall’imposta fondiaria e parte dall imposta di ricchezza mobile.

Ma, badisi bene, la imposta di -icchezza mobile non colpisce sempre il prodotto industriale della terra, ma lo colpisce solo quando esso sia profitto di persone estranee alla proprietà del fondo. Di

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Io-11 marzo 1917 - N. 2236 L ’ECONOMISTA 221

cativa, e 1 affittuario paga l’imposta di ricchezza

mobile sul prodotto industriale da lui stesso pro­ vocato, mercè lo impiego dei propri capitali e del proprio lavoro.

Il proprietario quindi, che da sè stesso provvede alla coltivazióne dei propri fondi, non subisce che una sola delle due imposte, quella iondiaria; quan­ to all’altra egli è da considerarsi esonerato.

A tutti parrà evidente quanto ingiusta sia questa grave disparità di trattamento fiscale tra il pro­ prietario coltivatore e il coltivatore non proprieta­ rio e basta ricordare il dibattito alquanto vivace che si svolse nell’aula dei deputati, quando nella estate del 1863 si discusse sulla portata dell’ora art. 9 del testo unico di legge sulla ricchezza mo­ bile, che tale disparità di trattamento stabilisce.

E non occorre risalire al tempo in cui la origina­ ria legge sull’imposta di ricchezza mobile fu di­ scussa e approvata, per constatare quanto la no­ stra legislazione fiscale si addimostri, in confronto dell affittuario di terra, molto più rigorosa di quel che non lo sia verso il proprietario; perchè ancora oggi ne abbiamo una dolorosa riconferma nella legge d’imposta sui profitti dipendenti dalla guer­ ra. In un precedente articolo abbiamo fatto osser­ vare quanto sia ingiusta la esclusione dalla tassa­ zione del tributo bellico della classe dei proprie­ tari di fondi e qui aggiungiamo che l’ingiustizia appare più acerba se si pensa che gli affittuari, o esercenti l'industria agraria estranei alla proprietà del fondo, debbano sottostare a tale tributo. E la cosa già suscitò parecchio rumore, tanto che il le­ gislatore ha pensato bene di colpire questi ultimi, in confronto di tutti gli altri industriali e commer­ cianti, con aliquote più moderate di sovrimposta bellica.

Ed e di conforto il pensare che tale moderazio­ ne di aliquote fu appunto inspirata dalla preesisten­ te disparità di trattamento fiscale tra proprietari e affittuari, come è detto espressamente nella ela­ borata relazione fatta da S. E. il Ministro Meda al Luogotenente Generale di S. M. il Re; relazio­ ne che accompagna le nuove provvidenze tribu­ tarie rese necessarie dalla guerra. Anzi il Ministro coglie l’occasione per rilevare che il criterio di tas­ sazione mobiliare, stabilito dall art. 9 sopra ricor­ dato, non potrà mantenersi allorché si provvederà nel dopo-guerra alla riforma dei tributi diretti.

Senonche ci sorge il dubbio se nel dopo-guerra il legislatore potrà avere tanto di mano libera da poter gravare il peso fiscale sui proprietari di ter­ ra, o non vi sarà, per usare le parole del Cornet­ ta (I), quella prevalenza di potenti interessi, che forse fu causa' non ultima dell illogica esenzione stabilita dall art. 9. E ci rafforziamo in questo dub­ bio pensando, come mai, Oggi, che la vita della frazione richiede così larghi sacrifici da tutti i cit­ tadini, co'me mai non si è pensato di colpire d’im­ posta quei possibili profitti che i proprietari di ter-Va abbiano realizzato in dipendenza della guerra. Ma non intendiamo di soffermarci più che tanto sulle ragioni morali o prettamente tributane che condannano tanta larghezza fiscale a favore di una classe di cittadini; essendo nòstro scopo quello di richiamare 1 attenzione degli studiosi sul gravissimo danno che risente l’agricoltura nello avere voluto riversare il maggior peso tributario sui coltivatori n° 2 proprietari, su questi industriali della terra.

Perche la industria agricola non è per nulla dis­ simile dalle altre industrie dove agiscono i capitali mobili; epperò subisce quello che è fenomeno co­ lmine a tutte le altre industrie, e cioè che i capi­ tali tendono a spostarsi, rifluendo là dove sono me­ glio remunerati e quindi dove è più lieve la pres­ sione fiscale. Quindi in definitiva noi abbiamo

que-(1) D ella im posta sulla rendita m obiliare, 149.

sto che, gravando di tassa l’affittuario, precludia­ mo 1 affluire dei capitali nella terra e intiSichiamo la industria agricola. Vi sarà però sempre più limi­ tata domanda di affittanze agrarie e, correlativa­ mente, una sempre maggiore tendenza a che le terre rimangano nelle mani dei loro proprietari.

Il che è un bene quando il proprietario sia un appassionato »coltivatore od ;è un male nel caso contrario. All incontro, se l’industria agraria è e-sercitata dall’affittuario, può essere in alcuni casi anche un male, ma generalmente è sempre un-be­ ne; perchè il coltivatore non proprietario non fa che esercitare la sua industria, nella quale egli im­

piega tutta la buona volontà per ottenere un ren­ dimento tale che gli compensi il lavoro e i capitali impiegati nella terra e il canone d’affitto.

Certo la questione sarebbe eliminata qualora tutti i proprietari avvertissero il dovere sociale che loro incombe di sapientemente coltivare e far frut­ tare le proprie terre. Ma, postochè tale dovere è semplicemente un dovere morale che non soffre coazione, sorge^ impellente la necessità di escogi­ tare i mezzi più adatti perchè i bisogni collettivi non siano sacrificati dai possibili capricci dei de­ tentori di terra.

E questa impellente necessità mai come ora ap­ pare fondata su di una base di diritto : il diritto del-1 umanità perche non vi siano terreni incolti o ab­ bandonati e che il vecchio tabernacolo del dio Ter-mine non si ponga ai confini del fondo, non come il difensore del diritto di proprietà, ma come un sanguinoso oltraggio per chi, non possedendo que­ sto diritto, debba chiedere un pane.

Ma non e compito nostro quello di spostare la questione dal campo fiscale in quello dell’ordina-ptpnto civile della società e del resto, sia detto per i nei den te, non mancan o disposizioni legislative che permettono, in qualche caso, la espropriazione dei terreni in confronto di proprietari neghittosi e le leggi sul bonificamento dell’Agro romano infor­ mino. Vogliamo invece rimanere nel campo pret-*t.men^e ^sca^e’ dentro cui si sono aggirate le po­ che idee che abbiamo svolte e che si possono sin­ tetizzare così :

Nell economia agricola vi sono tre gruppi domi­ nanti, dallo spostamento dei quali dipende in gran parte 1 avvenire dell’agricoltura.

! Primo gruppo: Proprietari intelligenti,

ap-i passap-ionatap-i coltap-ivatorap-i della terra.

II. - Secondo gruppo : Affittuari o coltivatori non proprietari.

NI- Terzo gruppo : Proprietari neghittosi o in­ capaci nell industria agraria.

Ora se la pressione fiscale fosse uniforme su tutti e tre i gruppi, sarebbe poco male. Ma invece ab­ biamo una pressione notevolmente più grave sul secondo gruppo; la qual cosa porta un beneficio al primo gruppo, il che è un bene, ed un egual be­ neficio al terzo gruppo, il che è un male. Così il secondo gruppo intiSichisce e viene, direi quasi, assorbito dagli altri due e l’economia agricola per-de di quel tanto che dal secondo gruppo passa al terzo. Se supponiamo che il'rendimento unitario di ciascun gruppo sia 100, noi abbiamo con la pres­ sione fiscale uniforme sui tre gruppi :

1

=

100

II = 100 III = 100

ma i 100 del terzo gruppo sono in potenza e cioè che si potrebbero realizzare, ma che di fatto non si realizzano : il rendimento totale è quindi 200 e non 300.

Con la pressione fiscale notevolmente accentua­ ta sul secondo gruppo abbiamo invece :

(6)

222 L ’ECONOMISTA 11 marzo 1917 - N. 2236

laddove si vede che il rendimento totale scende da 200 a 170.

E ’ evidente che nello sviluppo dell’industria a-graria il terzo gruppo rappresenta un ostacolo, un peso morto. Bisognerebbe quindi cercare di elimi­ narlo, in modo che i 100 di questo gruppo, che esistono solo in potenza, possano realizzarsi e per­ chè ciò possa avvenir^ occorrerebbe che essi fos­ sero assorbiti dagli altri due gruppi. La pressione fiscale quindi non solo deve alleggerire il secondo gruppo, ma, piuttostochè essere uniforme, deve gravare sul terzo gruppo.

Così potremo avere ;

1 = 100 + 50 H = 100 + 50

111

e quindi un rendimento totale che sale fino a 300. In un prossimo articolo accenneremo a qualche idea su come aumentare la pressione tributaria sul terzo gruppo. Per ora ci basta di aver mostrato la necessità che, ai fini del miglioramento dell’agri­ coltura e del sano principio di giustizia distributi­ va, i due primi gruppi riposino sullo stesso piede di eguaglianza fiscale.

S. R.

Il Bilancio dello Stato

Li potenzialità finanziarla Italiana e 11 peso della guerra

Ecco il testo delTarticolo dettato dal Prof. Einaudi per il prestito nazionale.

I timidi ed! i paurosi, i quali guardano con spa­ vento: ai ¡bilanci del dopo-guerra e mormorano : « co­ me sarà possibile allo Stato italiano fronteggiare i’onere delle pensioni militari e degli interessi dei colossali prestiti contratti per la durata della guer­ ra » farebbero beine a ricordare quanto seppero fare i padri nostri in un’ora assai più dura delle dure ore oggi trascorse : nel decennio che volse dal 1860 al 1870. Erano gli anni in cui i bilanci dello Stato si chiudevano con disavanzi annuali oscillanti fra i 300 e gli 800 milioni.

■ Erano gli anni in cui il direttore generale del Te­ soro non sapeva al mattiino come avrebbe potuto provvedere alle , spese della giornata e doveva arra­ battarsi per collocare, con grande stento, buoni del Tesoro al 10 per cento. Ma in quegli anni al­ tresì Quintino Sella fieramente rispondeva a chi gli offriva denaro a mutuo "a buone condizioni purdhè ai capitalisti fossero date in, garanzia le dogane, cihe l’Italia era povera bensì, ma a qualunque sacrificio avrebbe sottostato pure di non rinunciare alla mi­ nima parte della sua sovranità.

Così fu : il bilancio dello Stato riacquistava verso il 1880 l’equilibrio suo : e mentre nel decennio 1860-70 con forse 6 a 7 miliardi di reddito nazionale gli ita­ liani stentavano a pagar© da 500 a 900 milioni di imposte e tasse, alla vigilia della guerra europea, con un reddito nazionale cresciuto a 12-14 miliardi di lire, pagavano assai più facilmente 2500 ¡miiiomii di lire.

II segreto per cui in passato gli italiani poterono far fronte al pagamento degli oneri grandiosi della costituzione dello Stailo fu questo: ohe il bilancio attingeva nuove entrate da un reddito nazionale il quale aumentava più rapidamente di quanto non au­ mentassero le imposte e le tasse. Aumentavano nel cinquantennio queste da 30 a 70 lire all’anno per te­ sta di abitante; ma poiché il rèddito medio per abi­ tante cresceva da 230 a 37iTlire all’anno, il residuo libero era maggiore e n o n minore di prima.

Che oggi, mentre infuria la guerra,’ il bilancio ita­ liano riposi solidamente sul granitico fondamento della capacità di produrne e dii lavorare degli .ita­ liani è manifesto dalla ferma volontà con cui il pae­ se ha risposto all’appello dello Stato a nuovi sacri­ fici. Gli aumenti di imposte aventi carattere perma­ nente finora consentiti allo Stato, sono, in confronto con lo stato di fatto anti-bellico, i seguenti:

Aumenti Aumento 1913-14 già decretati %

Entrate patrimoniali 44.8 -fir

Imposte sui redditi

Imposte sulle concessioni e 540.7 258.2 48 sullo scambio della ricchezza 338.3 148.7 44

Imposte sui consumi 625.3 218.4 34

Privative fiscali 547.1 101.6 18

Servizi pubblici 214.6 25.4 12

Entrate minori 213.0 6.5 3

3523.8 758.8 30

Sebbene io non abbia tenuto conto delle entrate provenienti dall’imposta sui profitti di guerra, dalla tassa pei’ 1© concessioni di esportazioni e da altre minori entrate aventi carattere transitorio, pure il quadro dei risultati ottenuti è confortante, quasi direi meraviglioso. Grazie anche al metodo seguito di chiedere molto sovrattutto, ai redditi ed alla, ric­ chezza e poco , al consumi, le impòste cresciute del 30 per cento sono pagate quasi più facilmente delle antiche. Noi soli, insieme con ringhi,Ite,rra, siamo riusciti a far gittare, senza che i contribuenti abbia­ no avuto una sensazione di stanchezza, di mese in mese alle imposte la somma occorrente al servizio dei debiti che si andavano via via incontrando.

Al 31 dicembre 1916 i miliardi di debito nuovo che l’Italia ha assunto dopo lo scoppio della guerra, eu­ ropea, debiti estei'i compresi (4.3 miliardi circa) ed incluso altresì il debito, per ora non oneroso dii in­ teressi passivi, contratto sotto, forma di maggiori emissioni di biglietti (3.2 miliardi), giungevano a circa 16 miliardi di lire. Orbene le entrate occorrenti a pagare gli interessi.di quei. 16 miliardi sono già assicurate con i 760 milioni di nuove imposte per­ manenti già decretate. I contribuenti! già le stanno pagando; edi a ¡parte qualche riforma, la quale ne aumenterà però il gettito, nessuna lagnanza si è fatta sentire.

E ’ certo ohe i 760 milioni già decretati non baste­ ranno. Poiché è necessario, fare una ipotesi, suppo­ niamo che-la guerra duri ancora fino .al 31 dicembre 1917. In .tal caso gli oneri tuttora non coperti si di­ stinguono in due categorie; l a) il costo della guerra durante il 1917 che possiamo calcolare in 12-15 mi­ liardi di lire, ossia in 1-1/4 miliardi al mese. Finora la guèrra costò di meno; ma è prudente, supporre per l’avvenire un aumento; 2“) il costo delle pensioni ai militari feriti, malati e mutilati ed alle famiglile dei morti in difesa della Patria; e le -spese straordi­ narie di assestamento e di liquidazione le quali in­ dubbiamente dovranno essere sopportate nel periodo di trapasso dalla guerra alla pace:

Per questa seconda categoria sarebbe finanza inu­ tilmente severa provvedere ora imposte nuove. Ba­ sterà frenare lìaumento delle spèse ordinarie, con­ tinuare nell’ape,ra lodevole di limitazione delle spese superflue e prorogabili per ottenere un margine suf­ ficiente. Nei primi quattordici .anni del secolo le en­ trate effettive dello Stato crescevano di 60 milioni al­ l’anno in media; incremento spontaneo, ottenuto sen­ za inasprimento di imposte. Anche se l’aumento do­ vesse ridursi a 40 od a 30 milioni, è quanto basta per garantire, con opportune operazioni finanziarie, il servizio delle pensioni di guerra e delle spese del passaggio al regime di pace.

Restia la prima categoria di nuovi oneri : ossia i 600-800 milioni all’anno di interessi sui 12-15 miliardi di debito ulteriore da contrarre per fronteggiare al costo della guerra nel 1917.

Impresa non lieve; ma non certo al disopra delle forze nostre.

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11 marzo 1917 - N..2236 L ’ECONOMISTA 223

imposte esistenti il coronamento di un’imposta com­ plementare sui redditi e sui patrimoni è ormai un postulato accolto 'pacificamente da tutti. Se noi sup­ poniamo di chiedere aitò, complementare 200 milioni di lire all’anno, che è ipotesi aneli’essa ragionevole, ecco T equilibrio finanziario raggiunto.

Se .la guerra si chiuderà al 31 dicembre. 1917, gli italiani dovranno fornire allo Stato da 4 a 4.5 mi­ liardi dì lire di imposte e tasse, all’anno: invece di 2.5 miliardi, a cui erano 'abituati prima. Perchè essi possano sottostare al sacrificio basterà che èssi au­ mentino da un sesto a un settimo la loro produzione annua. Dopo aver visto la terra italiana coltivata e produttiva nel ,1916 non meno bene che negli anni di. pace, malgrado il richiamo alle armi, dii milioni di contadini, dopo aver visto *di quali miracoli sia capace una più intensa organizzazione produttiva nelle Industrie, ehi può dubitare che gli italiani non siano capaci di produrre di più è che essi già abbia­ no dimostrato di sapere produrre di più?

Anche in Inghilterra, durante le lunghe guerre contro la rivoluzione e contro Napoleone, vi. era chi prevedeva la rovina del. paese e la bancarotta dell’b- rario, Come potrà lo Statò, miormorayasi, pagare

gli enormi interessi dei debiti di guerra se si riprodurre fedelmente le fatture originali dei vendi-ehe nel 1791, alla vigilila della rivoluzione, le entrate ^ tori^ E, ugualmente noto che le generalità dei dazi del bilancio inglese giungevano appena a *.»0 milio-1 ¡.miposti diagli Stati Uniti è calcolata « ad valorem »

m di lire' italiane, di cui 240 assorbiti dal servizio yagie ai pir,ezzii dichiarati nelle fatture Consolari, del piccolo debito pubblico di allor a, lasciando di-j (< (yornij S0!no ebbiimo la visita di un Delegato spe- fP0^ « 1 8&fS®! i date del Ministero ■ delle Finanze di Washington, re­ di ogni base di. .autenticità. Non è quindi possibile d:i dare suH’acoordo concluso dei particolari concreti.

11 fatto più importante è che la conclusione di questo accordo permette aU’Austria di entrare in trattative col Governo germanico ed eventualmente con altri Stati, per la conclusione di nuovi trattati di commercio. Ora si annuncia ohe le pratiche fra Vienna e Berlino per il rinnovo del trattato dì com­ mercio austro-tedesco del 25 gennaio 1905 comincie­ ranno nel prossimo mese di marzo. Avremo dunque presto l’inizio delle pratiche per la conclusione del­ l’accordo doganale della « Mitteleuropa », cihe deve collega,!©' in un fascio solo- i due Imperi Centrali, .lai Bulgaria e la Turchia.

Stati Uniti e dumping. — Da quanto più sotto de­ nuncia. la ditta Ercole Marne® e Co. intendiamo ni,le­

vare uno dei metodi usati, per tutelare i commerci dal dumping. Con ciò non riteniamo, di entrare .nel­ l’orbita dei protezionisti, bensì di segnalare sistemi coi. quali Stati esteri si ritengono in dovere di pren­ dere in continua cura il commercio e le industrie.

« Chiunque .esporti agli Staiti Uniti sa benissimo qual rigore e quale esattezza è richiesta nella coni­

le quali salivano invece a 250 milioni di lire? Se vi età un disavanzo in pace, a quanto non sarebbe il disavanzo salito dopo la guerra?

La realtà rispose trionfalmente ai pessimisti di allora, come rispondeva poscia a i tiepidi italiani del 1860-1870. Nel 1818, chiuse le guerre napoleoni­ che, gli interessi del debito pubblico reano saliti invéro ad 800 milioni di lire; ma le entrate dello Stato erano salite anCor esse a 1440 milioni; ed il bilancio aveva ritrovato l’equilibrio . Gli statistici, a spiegare il miracolo, notavano che il reddito na­ zionale di tutti gli inglesi, quel reddito da cui si traggono imposte e tasse, era, nonostante, la guer­ ra, aumentato da 5 ad 11-12 miliardi di lire.

Questa è sempre stata la storia dei popoli forti. Mossi dal desiderio di toccare una nobile mèta, i po­ poli raddoppiano i loro sforzi di lavoro e di inizia­ tiva; e riescono, così a pagare le imposte maggiori e ad innalzarsi tuttavia, verso un più alto grado di vita materiale, e spirituale.

Lu i g i Ei n a u d i.

NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE

Trattati commerciali fra Austria e Germania. —

Nell’autunno del 1915 fra il Governo austriaco e quello ungherese venivano intavolate le pratiche per rinnovare il trattato regolante i rapporti commer­ ciali, agrari e finanziari fra i due rami della Mo­ narchia danubiana. Il trattato attualmente in vi­ gore viene a scadere il 31 dicembre p. v., e quello nuovo entrerà in vigore col 1° di gennaio 1918. Da parte dei finanzieri e degli agrari dei due rami era stato espresso il vivo desiderio di concludere un trattato avente una durata dì una ventina di, an­ ni. Invece il comunicato ufficiale annunciante la conclusione del nuovo trattato fa sapere che si tratta di un accòrdo provvisori».

Durante le trattative furono discussi particolar­ mente i punti concernenti, le tariffe daziarie sui gra­ ni e sul' bestiame, la quota di contribuzione alle spese dello Stato da parte di ognuno dèi due rami (attualmente l’Austria ne sopporta il 63,6 e l’Un­ gheria il 36,4 per cento). Anche il problema del pri­ vilegio dell’emissione dei biglietti di banca impe­ riale austro-ungarica ha dato luogo a discussioni; l’Ungheria voleva avere la separazione anche in questo ramo e fondare una Banca propria di emis­ sione. Altro punto discusso fu la politica delle ta­ riffe ferroviarie infine erano da dibattersi diversi

problemi concernenti le esenzioni di ogni imposta della rendita e titoli ipotecari ungheresi, e altri pro­ blemi secondari interni.

Il comunicato ufficiale non reca nessun particola­ re sulle condizioni concluse e dichiara categorica­ mente che qualunque pubblicazione ohe venisse fat­ ta in proposito sarà da considerarsi come mancante

catosii in Italia in missione periodica col inamidato preciso di indagare sull’esattezza delle fatture Con­ solari presentate dagli esportatori dii merci per gli Stati Uniti e per dare consigli a detti esportatori sul modo di regolarsi onde non mettersi, magari in v o ­

lontariamente, lin contrasto con le intricate leggi do­ ganali americane.

« Lo scopo della visita dii questo Delegato era di mettere in chiaro un’irregolarità di forma avvenuta in una fattura emessa ben otto mq#i fa.

. « Siccome le 'indagini, dii questo Delega,to tendono specialmente ad ottenere la prova che i prezzi espo­ sti nelle fattóre Consolarti: (©'ohe quindi debbono rite­ nersi quelli delie fatture regolari) non sono inferiori ai prezzi praticati per l e ’stesse merci sul mercato del paese dii origine, così abbiamo creduto nostro interesse fornire le più ampie prove e soddisfare tutte le richieste dii questo Delegato onde metterlo in grado di stendere un esauriente rapporto alle proprie Autorità.

« Naturalmente nessuno obbliga gii esportatori a dare spiegazioni e tanto meno prove del genere, ma non vi è chi, non veda’come la reticenza sia danno­ sa e non, serva che a metter la propria Casa in cat­ tiva luce presso la Dogana americana, la quale ha mille mezzi a propria disposizione per ostacolare e rendere difficile il libero svolgersi degli affari di una data Ditta.

« Ottenendo la prova che le merci esportate negli Stati Uniti non vengono vendute a prezzi inferiori a quelli vigenti nel loro paese d;i origine, il Governo americano consegue questi vantaggi :

a) la certezza che il fisco non viene defraudato nelfapplicazione dei dazi « ad valorem »;

b) la passibilità di -escludere il « dumping » as­ sicurando così una efficace protezione alle industrie nazionali, come è hello spirito della legge ameri­ cana.

Il Governo americano, conseguendo questi vantag­ gi, assicura però un vantaggio importante agli espor­ tatori onesti, e ciioè la valida protezione! di. chi di­ chiara nelle fatture Consolari I prezzi reali contro chi potrebbe perpetrare degli abusi esponendo in dette, fatture dei prezzi più bassi dei veri, pagando così una dogana inferiore, ciò che gli: assicurerebbe un illecito vantaggio sui concorrenti .

Vale anche l’esempio dell’Australia che, per esclu­ der© il « dtumping », autorizza, perfino la propria dogana ad acquistare le merci ail prezzo esposto nella fattura doganale, qualora esso sembrasse trop­ po basso.

(8)

mo-224 L ’ECONOMISTA li marzo 1917 - N. 2236

mento e compensare in certo qual modo allo sperpe­ ro della gioventù, si escogitano tutti i mezzi.

Prima della guerra la propaganda maltusiana nei grandi centri si allargava in modo spaventevole: nessuna città dell’Europa e forse del mondo aveva percorsa una discesa più precipitosa, nella natalità, della città di Berlino : nel 1876 essa, con meno della metà della popolazione che contava nel 1911, aveva più dell doppio di nascite: essa veniva chiamata Ber­ lino la sterile (das sterile Berlin) : per ogni 1000 abi­ tanti si avevano 2.16 nascite, fra le quali alta era la percentuale di quelle illegittime. Nè Berlino era sola: Aquisgnana ne aveva 2.48; Altana 2.29; Char- lottemburg 1.93; Dresda 2109; ' Francoforte sul Meno 2,27; Colonia 2.75; Schoeneberg 1.59; Wiesibarden 1.86; W.ilmersdqof 1.59. In tutto l'impero mentre dal 1871 .al 1880 si avevano, in media annua 40.7 nascite per mille, nel 1912 se ne ebbero solo 29.12. Lo spirito utilitàrio, l’emancipazione della donna, la campa­ gna. per lo sciopero della maternità con il quale il proletariato pensava di risolvere le questioni sociali, erano tanti motivi che conducevano a favorire la. di­ minuzione del numero delle nascite/

Oria si predica che ogni buona tedesca deve' dare alla patria quanti più figli può : tale, propaganda, più ohe sui principi d'ordine morale si basa su prin­ cipi di ind’olè nazionale : la' razza Tedesca che ha strappato in Europa, il primato alla razza latina, non devei lasciarselo strappare dalla razza slava: procreare il più possibile, dlev’essere compito d’o- gni buon patriota tedesco.

Le autorità sanitarie prussiane hanno- testé, unite a congresso, discusso lungamente sul problema del­ la popolazione. Il deputato Pappenheim dimostrò grande . esser la piaga delle nascite illegittime, la mortalità delle quali è spaventevole. Per ogni mille neonati illegittimi, solo 312 giungono a compiere il 1’ anno d’età, e soli 136 il 19° anno, e ciò mentre per ogni millèi nati legittimi compiono il 1° anno 696 e 512 il 19° anno.

,11 ministro delle finanze, a proposito delle nuove tasse, è stato richiesto perchè non pensasse a colpi­ re con una tassa diretta, tutti i celibi che si trovano in età di matrimonio. Il ministro rispose che la di­ scussi irne su una tài tassa, avverrà dopo la guerra; per poter suoi egli, senza vincolarsi con una dichia­ razione precisa, la trova giusta e le darà tutto il suo appoggio.

Economia russa. - Nell’Urul settentrionale, nei baciini dei fiumi Lozua, l’ochenka’e ledei sono stati scoperti- ricchi giacimenti di platino, sabbie e filoni d’oiro ’éd altri minerali.

,'Secondo imi./¡e ricevute a P,retrogrado, le auto­ rità tedesche della Polonia russa, in seguito al ri,al­ zo del dorso del rublo fino a marchi 2.66, stabilisco­ no il corso obbligatorio deb rubilo a marchi 2.16.

11 prodotto del.a nafta in Russia è salito nel 1916 a 603 milioni di podi coli-tiro 569 milioni nel 1915, con un aumento cioè di 34 milioni di pudi.

Il numero totale delle società mutue dii, credito è salito, ail 14 gennaio 1917 a 15.454 contro 14.506 nel 1916.

E' stata autorizzata l’apertura a Kiew di corsi pri­ vati polacchi di insegnamento scientifico, simili a quelli ,recentemente .aperti a Pietrogrado. Le lezioni Bairanno date in lingua polacca da professori polac- . chi, di Ki'ew come i professori Grabskv, Piasetsy j

come, paure dia, altri deill’Und vèrsila di Le,»poli, che si’ 1 trovano attualmente a Kiew.

Il Governo che continua, nonostante la guerra, a fornire fondii agli Istituti di piccolo credito, cioè alle società -di prestito, risparmio e ereditò, e, alle casse degli zemstvos ¡rurali, ha stanziato per i bisogni di questi istituti, una Somma che il 29 gennaio 1917 ave­ va raggiunto i 399.468.100 rubli. Il numero degli isti­ tuti dii, piccolo creduto in Russia era salito, alla stes­ sa data a 21.280.

La somma complessiva delle esportazioni ed im­ portazioni della Russia dalla frontiera europea nei primi undici mesi del 1916 è salita a L. 1618 milioni di rubli, con un aumento di 749 milioni, cioè dedl’84 per cento rispetto allo stesso periodo del 1915.

Il Ministro del Commercio e delTAgriooltura ha presentato alla presidenza delle Camere un progetto di legge per la creazione dii una flotta mercantile russa. Il progetto comprende come misure

d’dncorag-giamento per la costruzione delle navi anticipaEtoni che permetterebbeiro dii -creare stabilimenti, per la costruzione, quali officine, cantieri, docks di prov­ vedere quest’uitimi di impianti tecnici © di acquista­ re navi. Nel progetto si eòffitemplano anche prestiti di somme sulle navi in costruzione.

Nello stesso tempo il progetto propqhe una riforma deiris,fruizione professionale in vista della creazione dei contingenti di tecnici, operai e specialisti neces­ sari per la .costruzione delle navi. Per il pagamento delle anticipazioni il Governo russo stanzierà fondi speciali ammontanti a più di 100 milioni di rubli.

Il movimento dei depositi nelle banche private, municipali e negli istituti di credito mutuo costitui­ scono una prova del considerevole aumento delle risorse pecuniarie disponibili’ dii Russia dal princi­ pio della guerra e particolarmente ned corso dell’an­ no passato. La somma complessiv,a dei depositai in conio corrente, che al 14 gennaio 1915 ,era di 4.342 milioni dii ruMA, sorpassa al 14 novembre 1916 i 7 milioni di —rubli.

Al Ministero dell’Agricoltura irusso la sezione per il miglioramento delie terre- hia esaminato il proget­ to d’irrigazione di ettari 50.000 della steppa di Go- lodnaia a 150 verste a sud di Tachkent, Questa su­ perfìcie può produrre, oltre ai prodotti secondari, 5 milioni di pucli netti di coitone, rappresentanti un valore dii 150 milioni di rubli. Le spese, previste per questo progetto, ammantanti a 100 milioni di rubli sono riconosciute opportune e desiderabili.

Costruzioni navali. —\Togliamo dal solito libro in­ glese1 ¡sulle previsioni per l’anno 1917 lo seguenti no­ tizie sulle costruzioni navali:

Il tonnellaggio, dei ■ diversi paesi del mondo megli ultimi sei anni, secondo le relazioni dei Lloyd, è va­ lutato come specificato nella tabella seguente, notan­ do ¡che- statendiei netto per i velieri, -e, lordo per i va­ pori, ,e compreso quelito adibito a,l traffico dlei grandi laghi del Nardi America negli'ultim i tre anni (ton­ nellate 2,318.223) : 1910 ...torni. 1911 ... „ 1912 ... - „ 1913 ...- „ 1914 . . . . . : 1915 ...

Prima dell’anno in cui avvenne la guerra l’aumen­ to, annuale di tonnellaggio aveva preso un serio svi- ;U,r/S<M^ITiva,n^,0 ad una media, per armo, di oltre 1.100.000 tonnellate! Niel 1914 l’aumento sul 1913 non fu chei poco notevole e nel 1915 in conseguenza della guerra, per la prima-volta, non arrivò a coprire le perdite de,i naufragi e quelle straordinarie dovute ai sottomarini © alle mine. Queste perdite straordina­ rie sonò continuate nel 1916 e si valuta che saranno almeno ingenti, se non superiori, a quelle deil 1915

Il tonnellaggio costruito nel 1915 in' tutti i paesi del mondo è stato in minor quantità di quello di molti anni addietro: indichiamo le cifre degli

uilti-43.147.154 44.600.768 46.970.118 49.089.550 49.262.769 48.683.136 mi dieci Regno Unito 1906 1907 1908 1909 1910 1.828.343 1.607.890 929.669 991.066 1.143.169 Totale nel mondo (Tonnellate) 2.919.763 1911 2.778.088 1912 1.833.286 1913 1.602.057 1914 1.957.852 1915 Regno Unito 1.803.844 1.738.514 1.932.153 1.683.553 650.919 Totale nel mondo 2.650.140 2.901.769 3.332.882 2.852.753 1.201.638 (Del 1914-915 mancano le cifre della Germania Au­ stria e Belgio).

Secondo le statistiche durante il 1915 1© perdite ascendono ia circa 2 milioni di tonnielilate. di cui un milione 400.000 dovute alla guerra e circa 600.000 a cause ordinarie. Deducendo da questi 2 milioni di tonnellate le navi di nuova costruzione in 1.200 000 risulta una deficienza nielbanno. di 800.000, cifra che e leggermente eccedente la diminuzione del tonnel- ^ 8 8 io mondiale. Le perdite del 1915 riguardo alle epoche si possono dividere per trimestre come segue:

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