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ARISTODEMO TR AGE DI A' MILANO. V. U :.. vy. Presso Maspf.ro * Buocher Successori de Gaakazzi, * ' un. C Y - V v. i 8 x à% 1 *. Digitized by Google

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(1)

ARISTODEMO

TR AGE DI A'

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* l.1.r.,1

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\

MILANO

Presso Maspf.ro * Buocher Successori de Gaakazzi,

i8x à%

(2)

PERSONAGGI,

ARISTODEMO

,re di Messene

.

CESIRA

,prigioniera spartana.

GONIPPO

,secchio tnesseno.

LISANDRO

,ambasciator diSparta

,

PALAMEDE,

prigionierespartano»

EUMEO

,vecchiomesseno

.

i

La

scenaèinMessene*

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(3)

ATTO PRIMO.

SCENA

I.

Salaregia, nel cui fondo sivedeuna tomba-.

LISANDRO

,

PALAMEDE.

*

, LISANDRO.

, Palamede.Allaregni Messene Di pace apportator Sparlain invia.

Spartadi guerre èstanca

, ei nostriallori, Ditanto sangueciliadinbagnati, f

Sondiposo alla fronte, edivergogna

.

•Irafu vinta dapietà.Prevalso Ragione, epersuase esser follia Per un’avara gelosiadi stato

Troncarsiabrani,edesolarlaterra.

Poiché dunquea bramarpaceil primiere

Fu

1’inimico,la prudente Sparta Volentierlaconcede,ed io lareco.

Nèquestasol,

ma

libcrtade ancora

A

qualunque denostri èqui tentilo In servitude

,eate, diletto amico,

Principalmente,che bramatoepianto,

Compieil terz’anno,senzaonorlanguisci Illustre prigionieroin questemura

.

PALAMEDE.

Benti riveggoconpiacer

,Lisandro,

E

giocondo mi fia,setulareciti, Racquistarlibertade, efra gliamplessi Ritornarde'congiunti, eun’altra volta

(4)

4

ATTO

Goderlaluce dellepatrierive.

Scbbcnserbarminonpolca fortuna Più dolceschiavitù. Sai cheCesi'ra,

Leggiadra figliadi Taltibio

,aneli essa Prigionieraqui vive.

Or

sappi ancora.

Che favor tanto nelreai cospetto I)iCesfra trovar falme sembianze

K

i dolcimodi, eleparoleoneste,,

CheAristodemo diservii catena ]NTonlavollemai carca;anzi colinoli*

Dibeneficj,e

me

permiseir sciolto Per lareggia

,qual vedi

,a miotalento, Partecipando dellasuaventura.

LISANDRO.

Dunque

il,

Re

lama, o Palamede.

PALAMEDE.

Ei1’

ama Con

cuordipadre,c sold’appressoalei

Quel

miserotalorsente nel petto Qualchestilla di gioja insinuarsi,

E

l’affanno ammollir, chesempreil grava.

SenzaCesfraun lampo disorriso

Su

quell'afflitto etenebrosovolto

Non

sivedrebbe scintillargiammai^

LISANDRO.

Di suamortai malinconia pertutta Gjteciasiparla,e lacagion sentace.

Ma

sarà,micred’io,qui manifesto Queldie altroves'ignora.

Han

semprei regi Milledintorno osservatori attenti

,

Ch’ ognidetto ne sanno ogni sospiro,

Ancheipensieri,

Or

qui fratantisguardi Quale disua tristezzasi scoperse .Verasorgente?

PALAMEDE.

Narrerò sincero, Qual mifu detta,la pietosaistoria

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(5)

PB/310

. 5 Di questo sventurato. Era Messene

Da

crudomorbo desolata, eDelfo Dellastirped'Epito unadonzella Avearichiestainsacrificio aPluto.

Poste furo Jesorti; edi Licisco

Nom£r

lafiglia.Scellerato ilpadre,

E

inunpietoso consegreta fuga

La

sottrasse alla morte,eunaltravittima Ilpopolo cbiedea. Comparveallora Aristodemo,elasuapropria figlia

,

Labellissima Dirce, al sacerdote Volontario offerì. Dircefu dunque Dell’altrainvece su l’altarsvenata

E

col virgineo sangue f infelice ;

Sbramòlasetedell’ingordoAverno, /

Persalvezzade’suoi dandolavita. LISANDRO.

Io giàquesto sapea; chè grande intorno

Fama

necorse,edella madreinsieme Dicea caso nefando

.

JALAMIDE.

Ella diDirce Malsoffrendolamorte, estimolata

Da

dolor,da furor,squarciossiilpetto Spietatamente,edingombrò lastanza Cadavere deforme esanguinoso,

Raggiungendo cosinel morto regno,

Forsennata econtentaombra,lafiglia.

Ed

ectodell’ afflittoAristodemo La seconda sventura, a cuisuccesse Poscia laterza, efudArgia la trista Dolorosa vicenda.Eradel padre Questa1 ultimaspeme, unavezzosa Pargolettagentil, chemalsicure Colpie tenero ancor1‘ormesegnando, Toccavaappenailmezzo lustro.Eidunque Strettaal seno tenendola sovente}

(6)

(>

ATTO

Sentia chetarsiin.pettoapoco apoco

, Larimembranzadel sofferto affanno-

E

soaar dolce alcuore unaltravolta,

Dipadreil nome, erallegrargli ilciglio.

Ma

fu breve il contento, e-questo puro Gli futolto di beneavanzo estremo;

CheV esercito nostroallorrepente D’ Aufèa vincendolafataigiornata,

E

strettaavendo diferoceassedio La discoscesaIlómo,Aristodemo,

Elie ne temeala presa ela ruina,

Dalle bracciadiveltasi lafiglia,

Al fidoEume,o laconsegnò, clic seco * Occultamentelarecasse in Argo4

Moltopria dubitando,e mille volte Raccomandandounasi cara vita.

\;tnopensier.

dovenelI’Aiféo Si confondeilLadon,stuolo denostri Della fugaavvertiti,o da fortuna Spinti colà, tagliarle scorte a pezzi

risparmiarpersona,e nellastrage Spenta rimasela rèalbambina

.

LISANDRO.

E

di questaavventura,o Palamede,

Altronesai--?’ - ,

, PALAMEDED f '> '•/ Nulpaltro-

' LISANDRO. - »>

Or

dunque impara,

Che ullcc di quell’armieraLisandro;

Clfiofui etiliÀnéo lassalitor

.

PALAMEDE.

Clteascolto!

Tu

Vuccisord’Argia?

Ma

sequi giunge

A

penetrarsi...

LISANDRO.

11tuo racconto segui;

Parleremmodel resto,amiglior tempo

.

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(7)

-Pii

IMO.

7 PALAMEDE.

Dopo

ilfatto d*Argia tuttolasciossì

A

suatristezzainpredaAristodemo,

mai dilettoglibrillò sulcore,

O

se briilovvi,fudi lampoinguisa, Clie faun solco nellombra,esidilegua,

Ed

orlovedi errarmesto epensoso Persolitarj luoghi,everso il cielo Dalprofondo delcor geme esospira.

Or

vassene dintorno furibondo,

E

pietoso ululando,e sempre a

nome La

suaDirce chiamando,apièsi getta Della tomba,cheilcenere ne chiude;

Singhiozzando 1abbraccia,c restaimmoto,

Immoto

si, chelo direstiun sasso; Se nonchevivo lo palesailpianto

Che

tacitogliscorre perle gotte,

Ed

inondail sepolcro.Ecco, oLisandro, « Dell’ infeliceildoloroso stato.

LISANDRO.

Miserostato/

Ma

siapurqual vuoisi,

Diciò noncalmi.

A

servir Sparlaio venni

Non

acompiangerVinimico.

Ho

cose Suquestoa dirtid’importanza estrema,

Ma

piùlibero tempo alle parole

Scioglierfad’uopo. Ciàqualcunsappressa

,

Cheascoltarne patria

.

PALAMEDE.

Guarda:èCesira

SCENA IL

CESIII

A

e

DETTI.

*

PALAMEDE

.

Vieni,bolliiCesfra. Ecco Lisandro,

Dell' inclito tuo padreillustre-amico.

*

(8)

8

ATTO

'

CESIRA.

Da

Gonippo,cheal repoc' anziil disse, Seppi,signor

,latuavenuta, etosto

Ad

incontrarti iomossi.

Or

ben: quainuove Delmiodiletto genitor mirechi?

Il buonvecchio chefa?

LISANDRO.

Lasola speme Dirivederti gli mantienlavita

.

Da

quel momento, cheda

man

nemica

Ne

campi Terapneitolta ne fosti,

Gra^eaffanno mortaisempre l’oppresse;

L

tutti indannotuotemendoi mali Di duraschiavitù, ragionnon hawi Che lo conforti,e gli èrimasto ilsolo Tristo piacerdegliinfelici,ilpianto.

CESIRA.

Eglinonsadi quantoamor, diquante Beneficenzeliberal fumeco

Ilgeneroso Aristodemo,e

come

Tenerezza,pietà, riconoscenza

M

hannoaluistretta dipossente nodo

,

Possentesì,chenel lasciarlo, ilcore Parrà sentirmi distaccar dalpetto.

LISANDRO.

E

perlui ti rattristiaquesto segno? CESIRA.

Parlano ad ogni cuorlesue sventure,

E

piùd’ognialtroalmio;dirtiioso Che midarei peraddolcirle, etutta Penetrarlacagion di suatristezza.

PALAMEDE.

A

giudicarne dagliesterni segni Ella ètremenda. Ilsol Gonippo, acui Liberamenteegli apre ilsuo pensiero,

SolGonippopotria dalcor strappargli 17orribile segreto

.

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(9)

,

PRIMO.

\

9

CESIRA.

Eccolo.

Oh

quanto YTea turbato

, edafflitto/

SCENA

III.

GONIPPO

e

DETTI.

CESIRA.

Ali/perchè mai Così mesto,o Gonippo?

E

perchè piangi ?

GONIPPO.

E

chi nonpiange?Aristodemo è giunto

A

taltristezza, che furor diventa.

Smania

, geme,sospira

,e come fronda Gli tremanole

membra

: spaventato Eralo sguardo,e su leguance stanno

Le

lagrime persolchiinaridite,

Dopo

lung'ora di delirio,alfine

Le

suestanzeabbandona, e inquesto luogo Desia delgiorno rivederlaluce

.

Quindivi pregoallontanarvi tutti ,

Liberosfogoilsuo dolor chiedendo.

3LISANDRO.

Quando

opportunoilcrederai, Gonippo,

Altno signor ricorda,che Lisandro Perfavellargli ilsuo comandoattende.

GONIPPO.

A

suotempo n’avraipronto Vavviso

.

( Castra, LisandroePalamédepartono. )

SCENA

IV.

GONIPPO

,indi

ARISTODEMO

.

GONIPPO.

Ch’è maila

pompa

elosplendor deltrono!

A

$

(10)

SO

ATTO

Quantamiseria,se dappresso il miri, ilocirconda sovente!

Eccoil più grander jl più temuto regnatordi Grecia

Or

fatto sidolente edtufedice,

Ohecrudo èbendiinoi compiange!

Vieni, Signor. Nessuno cfnin’ascolta,e puoi liacerba doglia disfogar sicuro.

Siam:soli

.

ARISTODEMO.

O

mio Gonippo,ad ogni^sguardo Vorrei starmi celato, e

^

seil potessi

,

A me medesmo

ancor. .Tutto m’attrista,

E

inimportuna;c questo Sole islesso,

Ghe desiai poc’anzi, orlodetesto,

E

sopportarnoi posso. GONIPPO.

Elrvia,facore;

Non

t’avvilircosì.

D

oven’andare IT Aristodemo i generosispirti, La costanza,il-coraggio?

ARISTODEMO.

Ilmio coraggio?

Lamia costanza?IoTlio perduta. Io l’odio Sonodelcielo; equando ilciel gli aborre.

Anchei regnantisou codardi evili .

Io fui felice, io fuipossente: or sono L’ultimo de’mortali

.

gonippo.

E

clic timanca, Oml’essereilprimiero? Iobenloveggo,

i

Le

un orrendopensie r, che mi nascondi,

T’attraversalamente..

ARISTODEMO. Sì,Gonippo,

Un

orrendo pensiero,equanto ètruce Tiinon losai.

Lo

sguardo tuonou passa Dentro ilmio cor, nè mirala tempesta*,

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(11)

PRIMO

. ri Chelo sconvolge tutto.

Ah

/miofedele, Credimi,iosono sventuratoassai,

Senza misurasventurato: un empio,

Un

maledetto nelfuror del cielo,

E

1’orror dinatura,e di

me

stesso.

gonippo.

Deh

,qual strano disordinedimente.*

Certo il dolorelaragiont’offusca;

E

la tristezzatuada falso eguasto Immaginar si crea

.

ARISTODEMO.

Cosipurfosse.

3Famiconosci tuPSai tuqual sangue Dalle mani mi gronda?llai tuveduto Spalancarsiisepolcri, e dalprofondo Mandarglispettri arovesciarmiiltrono?

A

cacciarmi lemani entrole chiome

K

strapparla corona?Haitusentita*

Tonardintornounatremenda voce,

Che grida:Muori,scellerato;muori.

Si, morirò, son pronto, eccotiilpetto, Eccoti ilsanguemio,versalo tutto,

Vendicalanatura, ealfinmisalva Dall’orrordivederti,ombracrudele.

GONIPPO.

Il tuo parlarmiraccapriccia-,e troppo Dicestitu,perch’io t’intenda,evegga Cheda rimorsi hai1’animatrafitta.

In chepeccasti?Qualtua colpa accese Contro tenegli Deitanto disdegno?

Aprimi isensi tuoi.Del tuo Gonippo La fedeltàl’<1nota,e tupiùvolte De’tuoi segretil’onorasti.

Or

questo Purmi confida. Scemasi de mali Soventeilpeso col narrarli altrui.

ARISTODEMO.

I miei,parlando

, sitarianpiù gravi.

\ 9

(12)

la

ATTO

Non

ticurardìpenetrarne ilfondo,

Non

tentarmi dirompereil silenzio:

Lasciami perpietà

.

GONIPPO.

No

, nontilascio Se tusegui a tacer.

Non

mortailmio Lungo serviree questo biancocrine

La

dillidenzatua.

ARISTODEMO.

Ma

die pretendi Col tuopregar?

Tu

fremeraid’orrore.

Seilvelrimovodelfatai segreto.

GONIPPO.

E

che puoi dirmi, cheall’orrornon ceda Divedertispirarsu gli occhi miei?

Signor/... per qnesté lagrime,ch’ioverso ,

Per1’auguste ginocchia, che tistringo.

Non

straziarmidipiù...parla.

ARISTODEMO.

Lo

brami? Alzati ... (

Oh

ciel/che gli rivelo iomai? )

GONIPPO.

Parla, prosegui...

Oimè

/che ferroèquello? ARISTODEMO.

Ferro dimorte. Guardalo. Viscorgi Questo sangue rappreso?

GONIPPO.

,

Oh

dio/Qual sangue? Chilo versò?

ARISTODEMO.

Mia figlia.

E

saiqual

mano

Glielo trassedalscn?

GONIPPO.

Taci:nondirlo; Che giàt’intesi

.

ARTSTODEMO.

E

lacagionlasai?

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(13)

PRTMO.

i3 GONIPF-O.

10 miconfondo

.

ARISTODEMO.

Ascoltadunque.In petto Tisentirai d’orrorfreddelevene:

Ma

tumicostringesti. Odimi,c tutto L'atroce arcano, eilmio delitto impara.

Di queltempo sovvengati,che Delfo Vittime umane comandateavendo, AH’Èreboimmolar doveaMessene

Una

vergind’Epjto.Ti sovvenga Che dall’urna fataisolennemente Trattala figlia diLicisco,ilpadre Lasalvò collafuga, cuualtrocapo Dovea perire;e palpitantii padri Stavanotuttilaseconda volta

Sul destindelle figlie.Erain quei giorni Vedovoappunto di Messenia iltrono

Questo pur li rimembra.

GONIPPO.

Iol’hopresente

E

ini rammentocheilreaidiadema Fra te

,Dami eCleonpendea sospeso,

E

ilpopolintreparti eradivìso

.

ARISTODEMO.

Or

ben,Gonippo.

A

guadagnarlaplebe,

E

il tronoassicurar,senti pensiero Chedaspielataambizionmivenne

.

Facciati!,dissi tra

me

,facciami profitto Dell’altrui debolezza.Ilvolgoè sempre Perchil’abbaglia

, e spessevolteil regno

È

del piùscaltro. Deludiamo adunque

* Questaplebeinsensata,e diLicisco Sicorregal’error:ne sia1*emenda

11sangue di mia figlia,e colsuo sangue * 11 popolsicompric lacorona

.

(14)

ATTO

GONIPPO.

Ah,

signor, che di'mai?

Come

potesti Sìreodisegno coueepir?

ARISTODEMO.

Comprendi

.

Che 1’

uomo

ambiziosoè

uom

crudele, fralesue miredi grandezzae lui,

Mettiil capodel padree deltrateilo:

Calcherà1uno e1altro, e farà d

ambo

Scalmilo aipiedi persalirsublime.

Questoappunto fec iodella miafiglia;

Cosìde’sacerdotialla bipenne La mia Diree pridersi. Almiodisegno Soppose Telami»! diDiree amante.

•Supplicò, minacciò; iminon misvelse Dal mioproposto. Desolaio allora Misi gettò

,perdo** chiedendo,ai piedi,

E

palesomminonpotersiDircc Sagrificar: dal

Nume

esser richiesto

D

una vergine il sangue; t*Direeil grembo Portargià carco di crescente prole;

Kd

esso avernedi maritoi dritti.

Sopravvennein soccorso anche lamadre,

K

confermò di Telamóne il detto,

Onde

piena acquistar credenzac fede.

gonitto.

E

che facesti allora?

ARISTODEMO.

Arsidi rabbia:

E

pungendomi quindilavergogna Deltradito onormio,quindi piùforte La miadelusa ambizìoi*,che tolto Così dipugno mi credeal’impero,

Guardai nelviso a Telamon, nèfeci Motto;

ma

calma simulando, e preso

Da

profondo furor,vennialla figlia,

ndouatlulutrova! sulletto,

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(15)

PRIMO.

jS

Che

pallida,scompostaed abbattuta Itilanguido letargo aveasopiti Gli occhi dallungolagriinargià stanchi»

Ah

, Gonippo/Qual l'urianon avria Quellavista commosso?

Ma

la rabbia

M

aveapostala benda, emibolliva Nelle veneildispetto

; ondeimpugnato L’esecrando coltello,espento intutto I)i naturailribrezzo, alzai lapunta,

E

drittaal coreglie!immersiin petto.

Gli occhiaprì linfelice, emi conobbe,

E

coprendosi il volto:

Oh

padre mia,

Oh

padre mio,mi disse; epiù nondisse.

GOSIVI’o.

Gelo (Torrore.

ARISTODEMO.

L’orrurtuo sospendi,

CTiènon ètempoancor,clictuttoil senta Sullanima scoppiar,

Piùnon movea Nè

man

, nèlabbro latrafitta-; edio,

Tulio asperso di sanguee senzamente,

Chestupido-m’ aveareso ildelitto, Della stanza u’liscia.

Quando

al pensiero Miricorse 1idea delsuo peccato,

E

quindil'ira risorgendo, espinto I)ainsensatezza,da furor,tornai Sulcadaverecaldo cpalpitante;

Ed

il fiancon’apersi,empio/e col ferro Stolidamente aricercarun diedi Nelle fumantiviscerela colpa.

Ahi/che innocente eliera.

Àllormicadde Giùdagli occhila benda;allorlafrode Manifestam’apparve, elapietade Sboccò nelcuore. Corsemi perVossa 11 raccapriccio, cm’ impietrò sulciglio Le lagrimescorrenti

, ecosìstetti Liuchc improvvisacalvi1lamadre, *'visti*

(16)

1

6

'ATTO Lo

spettacolo atroce, s’arrestò Pallida,fredda,muta.Indiqual lampo«e Disperataspiccossi, estretto il ferro Ch’ era poc' ausi dimia

man

caduto,

Selo fissenelpetto,esulafiglia Lasciò cadérsi,elespirò sulviso.

Ecco d’

ambo

la fine;ecco l’arcano Che mista datre lustriincor sepolto,

E

tuttorvi suria,setunoneri.

G0NIPP0.

Fioraistorianarrasti; eiltuo racconto Tutte di gelo strinsemile

membra

,

E

nelpensarloancorTalmarifugge.

Ma

dimmi: ecome ad ognisguardo occulte Restar potere tremende cose?

ARISTODEMO.

Non

tiprenda stupor. Temuto e grande Erail mio

nome

,emrchiamava al trono

Ilvoto universal. Facilfudunque Oprarl’inganno;e tubensai,cheV

ombra D

un tronoègrande per coprirdelitti.

Isacerdoti,chedel Ciella voce Soncostrettia tacer

,quando ipotenti Fanla forzaparlar,taciti e' soli Colfavor delle tenebre neltempio

La

morta Drreetrasportaro

, e quindi Crederfero, cheDircc, in quellanotte SegrcUmcntesul’aitarsvenata, Placatoavesse colsuo sanguei

Numi

;

E

chedi questo fieramenteafflitta,

Sèmedesmauccidesseanche lamadre

.

Ma

veglianosu i reigli occhidel Cielo

,

E

un Diov’è certo, che dal lungo sonno

Ya

nelle tombea risvegliarlecolpe,

E

degli empj sulcorne mandail grido.

Rivelarlo dovròi

Da

qualche tempo

Un

orribile spettro...

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(17)

PRIMO,

GONIPPO.

Eh

lasciaal volgo Deglispettri latema, e daisepolcri

Non

suscitargli estinti.

Or

ti confortaK Che contanti rimorsiesser nonpuoi Finalmente reo.Chetati,eloco Diasi apensierpiùnecessario.

È

giunto Di Sparta1’orator,tei dissi, ereca

Le

proposte di pace. Odilo,epensa,

Che lapatria tenprega, equesta pace Ti raccomandaelesue mura, e ipochi Laceriavanzi delsuo guastoimpero.

ARISTODEMO.

Dunque

allapatriasobbedisca.Andianio,

(18)

ATTO SECONDO.

SCENA

I.

JAS

ANDRO

,

PALAMEDE

.

PALAISEDE.

minarrastimai?Pieno son io

Di tanta meraviglia,che.mi sembra Di sognartuttavia. D’ Aristodemo Figlia Ceslra?

tISANDRO. Più dimesso parla;

,Cesfra suafiglia,laperduta

E

deplorata Argia.

Come

ad

Euméo

In sulafoce delLadon la tolsi,

Son giàtrelustri

,e.come allormivinse Pietàdell’innocente,io già teidissi

.

Or

seguirò

,die pergio varaten contro

Lo

stesso Aristodemo

,CYt?1avesse QuestoilRisolo,adeducarladiedi All’amicoTaltibio, elo costrinsi

Con

giui'amento ad occultar1arcano.

Eilacrebbe, eV

amò

qual propria figlia;

Ne

fupadre creduto, escu compiacque;

E

se naturanoi fe tal,1amore Supplìaldifetto.

E

nullamai Cesira

Ne

sospettò?

ETSANDRO.

Mai nulla

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(19)

ATTO SECONDO.

kj palami;Dir.

E

chefupoi

D’Eume'o,die lascortava?

SANDRO.

Euméo

fuposto Incarcere, sicuro. Io volli inesso

Serbarmi all’uopo un tesùmondelvero:

E

per miasola utilitàprivata,

Non

per pietade,gli lasciailavita»

PALAMEDE.

Viveegli più?

LISANDRO.

Noiso;che

me

finora Lungi trattenne dallepatriemura

Ilmesticro dell’armi;

ma

Taltibio Benlo saprà, chea parteera di tutto»

v- PALAMEDE. <'

Strano racconto!

Ma

contanto danno Di questisventuratior perchè vuoi

Un

segreto celar,che più nongiova?

LISANDRO.

Giovaall’odio diSpartae a suoinascosi.

Politici disegni, cgiovainsieme Allavendettauniversal.

Rammenta

Ulteilmaggior de nemicièAristodemo.

Delnostro’sangue, cheilsuobrando sparsov

Soulevalli dAnfcavennilieancora

.

Piangono ancor su italami deserti

*Levedove sparlane, c piangoaneli io, Trafitti disuaman, pauree fratello.

PALAMEDE, Ei nelcampo gliuccise

,e da guerriero,

Non

davileassassino.

LISANDRO

E

perdonargli Dovrò per questo,edabbonarlo io.

meno

.

?

(20)

ao ,

ATTO

palamede.

Àbborirlo/Percbè? Scusami: aneli' io

Lastragemi rammento,elefaville vDelle case paterne,e panni ancora Veder,traquegl’inccmlj,Aristodemo Passarsulpetto de’mieifigli uccisi.

Non

1abborro però: ch’io purlo stesso Gli avreifatto,polendo

; anzi d’assai Grato glison, chèa

me

cortesei ceppi Sciolse, comead amico, e1’amerei

,

Siononfossispartano,eglimesscno.

LISANDRO.

Bensiravvisa che iseveri eforti Sensidiprima, schiavitùcorruppe.

Ma

secangiasti tu,nonio cangiai;

E

se qualchevirtùneicor m’ alberga

,

Non

è certo pietà pelmio nemico;

Chèmaleservireilapatriamia, Sescordando ildover d’almaspartana

y

Per undeboleaffettoiolatradissi .

PALAMEDE, Pietà,deboleaffetto?

LISANDRO.

Ingiustoancora, -

E

vergognoso, seallapatrianuoce. *

Ma

vjenCesira.Ritiriamci. Altrove Parlerem più sicuri. Iovuo’,chetutta Diquestoarcauoìimportanza intenda.

(partono) -

— - SCENA IL

GONIPPO, CESIRA-

GONIPPO.

Essi dipacepari eran,Cesira;

Ma

qual debbailsuccesso esser di questo

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(21)

N SECONDO.

2 Singoiar parlamento,ognunl’ignora.

Occhiovolgarnonvedeentroilprofondo Pensicrde'regi. Ilsai

,loroèil disporre,

Nostro ilservir.

Ma

pace io spero; epace

,

Parchediscrete lepropostesieno,

Aristodemo ancor cerca,e sospira.

CISFRA.

Ed

iolatemo;ilperchè so dirlo,

Ed

ho l’alma frattanto induedivisa.

QuindiaSpartami chiamaunpadreafflitto, QuindiinMessenea rimanerm’invita Pietàd’Aristodemo; esalloilCielo,

Se dovendo lasciarlo,alcor funesto Mi sarà1’abbandono.Ionon intendo Questa dolcesegreta intelligenza,

di’hansu1anima mialesue sembianze,

E

piùdi questelamiseriasua:

Intendosolo, che dalui lontana Io trarròmesti esconsolatii giorni.

T30NIPP0.

E

creditu che teperdendo,eidebba Trarlipiùlieti?Ilmisero altuofianco,

De

suoimalisolea dimenticarsi.

Un

tuodetto sovente,un tuosorriso Glichetava dell’almaletempeste,

E meno

acerba gli rendeala vita.

Or

pensa, datelungi,ilsuo cordoglio

.

CESIRA.

Vedilo, ches’appressa,e manifesta Involtopiù serenoalma più cheta.

gomippo.

Egli di pacea conferenzaviene,

A

trattarcausa,da cuipende tutta

Lasalutedelregno; equandoinlui Parlaquesto pensier,gli altri soa muti.

(22)

a*

ATTO SCENA'

III.

ARISTODEMO

e

DETTI.

ARISTODEMO.

Venga di Sparta1'orator

. (Gonìppoparte)

SCENA

IV.

ARISTODEMO

,

CESIRA

.

ARISTODEMO.

Sefausto TlCiclo mi seconda, oggi,oCesira,

DiMesscniae diSparlaalfinvedrassi Terminar laquerela, epaceavremo;

E

daprimo di paceamarofrutto Perderti,e qui restarmiegroe dolente, Mentre tulietatenandrai diSparta

A

rivederlesospiratemura

.

CESIRA.

Mal dunquelegginel miocore. Il Cielo lleuvilegge,el’intende.

ARISTODEMO. «

Oh

generosa!

E

sceglieresterimanerti meco?

E

bramarlo potresti?

E

non rimembri

ilpadre, che t'aspetta,e chesolvive Della speranzadivederti?

cesira. Ilpadre Mi stanelcore,

ma

vi staitupure,

E

il corpertemiparla

, cilcor ini dice

Che tusòvr esso hai dritto,etelo danno Lagratitudinmia,letue sventure,

E

un altro affetto, chenell'almaincerta Mifatumulto,nèso dir che sia

.

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(23)

si-

co y do.

ARISTODEMO.

inostricuori si scontraro insieme

.

1

Ma

tutti, eal solo genitor tudevi Questi.teneri sensi.

A

lui ritorna,

È

lo consola. Avventuroso vecchio/

Alincndi quelli tunon sei,cheil Cielo Feceesserpadri perpunirli. Almeno Avraichi nelmorirgli occhitichiuda

,

E

letue gotesentirai scaldarsi Dai baci d'una figlia...

Oh

se lasciata

Me

l’avesseildestino/anch’iopotrei Di tantasorte lusingarmi,e tutte

F

ralesuebracciadeporreile pene,

CESIRA.

Di chi parli, signor?

ARISTODEMO.

Parlo d’Argia.

Scusa sespesso iola ricordo.

EU

era

,

Losai, l'ultimo bene, ond’io sperava Racconsolarlamia vecchiezza.

Or

tutto

Me

la rimembra

;in lutto unacrudele Illusion

me

la dipinge, epanni,

Te

vedendo,vederla

,eil cuor frattanto Mipalpita

,mi trema; csifa giuoco Dellamia vana tenerezzail Cielo.

CF.SIRA.

Misero padre/

ARISTODEMO.

Ella d’etade adesso

A

tepari saria, nè di bellezza Minorfnè divirtude.

cfsira.

Egli fu invero Fatai consiglioquelmandarla inArgo,

’irischiopreveder, che ton fe privo,

ARISTODEMO-.

Sì, consiglio fatai, stolta prudenza,.

(24)

a4

ATTO E

non era abbastanzaalfiancomio Sicura l'infelice?

Han

forsei figli

Scudo migliore delpaterno petto? cesira.

Oh

perchéilGelo tela tolse ! ARISI'ODEMO.

IlGelo

\olea compitiimiei disastri.

cesira.

E

s’ella Vivesse ancora, tifariacontento?

ARISTODEMO, Cesfra,unsolo degliamplessi suoi

,

Un

solo amplesso,c basterebbe.

CESIRA.

Io quelladunque/

Oh

fossi ARISTODEMO.

Se lofossi...

Oh

figlia/

CESIRA.

Perchèfigliamichiami? ARISTODEMO-.

U

cor $dspinse Questo

nome

sul labbro.

j cesira>

E

a

me

pur anello Il corconsiglia di chiamarlipadre. .

ARISTODEMO.

,, chiamami padre: inquesto

nome Un

incanto condensi,unadolcezza, Cfie mi rapisce; epergustarla intera

,

Egli ébisogno aver

,coniio,bevuto

r

Iuttoilcalice reo dellesventure;

Aversentitodi naturailtocco Profondamente

,aver perdutiifigli ,

E

perduti persempre

.

cesira.

(Il cormi spezia

.

'

X

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(25)

SECONDO.

a5

SCENA

V.

GONIPPO

e

DETTI

.

- ' , ..

OONIPPO. . t

Signor,diSparta 1’prator s’avanza

.

ARISTODEMO.

Inqual punto micoglie/Ite,partite.

Cesira;addio; cirivedrem

.

( Cesirae Gonìppopartono )

.

SCENA

VI.

ARISTODEMO

.

Ti sveglia} Addormentata miavirtù.Delregno Dobbiamlacausa sostener,farpago De’ popoliil desio.Si,questavolta Il sudditocomandi,ilre obbedisca;

Ma

da res’obbedisca, e nonsivegga Supplice e timoroso Aristodemo

La

pacemendicar dalsuo nemico.

sian tutti di pace idetti miei*

Qual giàcredeiu suo cor questo superbo

.

SCENA

VII.

i

LISANDRO

e

DETTO

ARISTODEMO.

Lisandro,siedi,eliberom’ esponi

Di Sparta amica,odinimica isensi, '(siedono) LISANDRO.

Spartaal redi Messeneinviasalute,

E

pace aucor,seladesia.

'

B

(26)

rtf

ATTO

ARISTODEMO.

La chiesi,

‘Dunque labramo; ed or m’èdolce udire,

Che,dopo tante stragie tantosdegno.

Da

ingiustaguerra desistendoalfine,

All'antica amistà Sparta ritorni.

LISANDRO.

Ingiustaguerra?

Non

è tal,cred'io,

Quando

èvendetta d’un’ ingiusta offesa.

Voinel sangue diTéleclo macchiaste Di Limnai sagrificj; edera

,ilsai

,

Téleclo ilnostrore.Questa, enonaltra

Fu

lasorgentedi grancontrasto.

Rammentalosiguor.

ARISTODEMO. Iolo tacea Per nonfartiarrossir.Dove imparaste

A

mentirgonne femminili,ealtrui

Tramarlavitainsecurtadi pace,

Fraledanze elefesteaccanto aliare? LISANDRO.

Suona delfatto assaidiverso il grido;

Spartaè tal

,che, gucreggiarvolendo,

Ed

un nemico sterminar,discenda AHfl bassezza d’unpretesto indegno

.

ARISTODEMO.

È

ver, suadignità Spartanon dee Co’pretestiavvilir,quando aver crede

La

ragion delpiùforte. Ovela spada

Le

contese decide, inutilfassi Idea dannosa,vcritade,edritto.

il drittoè certolavirtùdi Sparla,

Ma

prepotenza col modesto manto Dilibertà. Quindi èfravoi costume Fuggir1’onesto,sevinuoce, epronti Aldelittovolar

,quandovi giova

.

Ierre in discordia ipopolivicini,

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(27)

SECONDA.

V) Dismembrarneleforze,epoi divisi Combatterli repente, e strascinarli, Piùtraditi chevintiagiogo indegno,

E

cosìtuttadebellarla Grecia.

Bell’arte inver diconquistargl*imperi!

E

voi1'esempio delle genti,voi

Concittadini diLicurgo;edegli Vilasciò questeleggi.

Eh

via, spogliate

Le

pompose apparenze. In facciaal

mondo

,

Men

leggiabbiate,e piùvirtudi;e regni Anchefrayoì1’onor, lafede,ilgiusto.

LISANDRO.

Sire,viregnala clemenza ancora;

E

senon fosse,chasaria divoii’

Già rovesciateal suol dell arsaIt<5me Stanle rupiele torri.

E

seprosegue LavincitriceSparta ilsuotrionfo, Qual

Nume

vidifende?

ARISTODEMO. Aristodemo;

E

basta ei solo,finché yive; e quando Saràsotterra, ilcenereviresta, Che, mutoancora,vi daràterrore.

LISANDRO.

Signor,chi vivononti teme,estinto Ti temerà?

— Ma

se garrirqui d’altro

Non

vogliam che d’oltraggi,ho già finito.

. (s*

aha)

A

Sparta io riedo, eledirò cheilferro Nel fodero non ponga,che 1’avanzo De’suoinemicia disfidar latorna

.

Aristodemo (alzandosi).

BiediaSparta qualvuoi;

ma

dille ancora

,

Cheper domarcotesto avanzo, èd’i.opo, v Che fiatoella riprenda, enuovo sangue Primarimetta nellevuote vene*

(28)

8

'ATTO

LISANDRO.

Men

diquel clicaMessenia or fa bisogne Persanar le ferite^onde ancor molto Piangee sospira.

ARISTODEMO.

SeMessenia piange.

Spartanon ride.

LISANDRO.

Ma

neppurs’abbassa

A

chiederpace.

ARISTODEMO.

Io io lachiesi,e Sparta Paventa, chepentito orla ricusi.

Sa ched’Elide,d*Argo,e Sicione

Son

pronte 1’armi amiofavor; saquanto Divendetta desio s'aduna ebolle jPJe’messenici petti, ecome acute

Abbiam

lespade, e disperatoil braccio.

Sa chevaria dellarmi èla fortuna,

E

sirammenta che qnalorcivinse

,

Difrodevinse,divalornon mai.

Ecco, Lisandro,la pietà spartana:

Accordarpace, emillantarclemenza,

Per tema di restar battutain guerra

.

LISANDRO.

Dunque

sceglitiguerra.

ARISTODEMO.

Io scelgopaco;

E

sceglier guerraa

me

non lice, allora Chepaceil popol mi dimanda.-Oh fosse Staio purver...

ma

via...torniamo amici,

Torniam fratelli

,e rimettiamoil brando.

Oliumani sdegni durerannoeterni?

Forse

avemmo

dal Ciel la vitain dono

«Sol per odiarcie trucidarciinsiemet JNatura silasciò forsedal seno Svellereil ferro,perchè1

uom

dovesse

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(29)

SE coimo. *4

Parselo inpetto 1*nncoll'altro-, efarlo Istrumentodi morte edi delitti ? -

;

’f

Sefineall’iranon porrexn,trapoco ,i

Un

desertosaran SpartaeMessenia,

rimarravvi che;uno stuolmendico Divedovepiangenti.e dipupilli.

E

frattanto di noi Grecia chedice? - ?.> .

Di cechetutta rinnoviamdi Tebe L’atrocità; ched’un

medesmo

sangue Gli spartani sonnati eli inesseni;

Che(fur duesoli in Tebei fratricidi, , i

E

qui tanfi ne son,quanti sul«campo Lascia ilnostro furor corpi trafitti-, i «

u-.«.

E

gran rabbiaperchè mai?Per poche Aride glebe,«che bastanti appena !-!>i.tu, a>* JJe fian perseppellirci,e ene vermiglie : »

1

Van

delsanguede’padriede’ fratelli, . r . >1

Di cuisiamo, assassini.

Ah

/*nonsinarri« t,. ..

Più per Greciadi noi tanta vergogna. i '

E

selafama non ciniove{ almeno L’ interesseci mova.Abbiamo al fianco .

La

fieraTebe,e lagelosa Atene,

Che ilfine attender! dicotantalite «

>5

Percalarsu lo,stancovincitore.,, <•••*».<

. >>:

Rapirgli lavittoria, e rovesciarne? «

La

nascente grandezza.

Or

chev’è tempo Assicuriamei,e ragioniam dipace. « .

r. 1ISAKDR0. ;

E

l’accettarla e,il ricusarla, a tutta Tua,scelta,fabbandono^ } .u i

ARISTODEMO.j, ,s

!..

- :•.i .. Udirneipatti , « Pria d’ognialtro confviensi.,. ,, >.

»

XISAKDRO.

*

.: . Eccoli, ebrcyi.

jinféadarete e il Taigeto, ein Limrm ;

Piùnartverretea celebrar.lefeste*. ì. .

(30)

3o

"ATTO

Aristodemo. 1 *: i o'- •'

Ilprimo accetto ed iFseeondo patio; 1 >

Il terzo lo ricuso,' e ragion chieggo * » .1 -*

Perchè diLimna i sagrificj escludi, f *

E

di quel

Nume

protettorne privi. » . i

I/ÌSANDRO. •' '.-n x\

F

raiconvitilimnei scoppiòlaprima “u-ii .4 Favilladella guerta», e ad ammorzarla ** soivì Treni anni ancora non bastar di sangue-. 1 * .1

Se nonne viene la cagion rimossa, o * i fT5

Scoppieràla seconda. E’ d’uopo adunque.

Or

die l’ire tra noistìncalde ancora, r

Comunanzatroncar perigliosa. 4

- •• ’’ ARISTODEMO:* * S *- *

Con

onta del suo

nome

>Aristodemo

Pace non compra; Cèderesi ponno i c.«u >/[.

Lesostanze

,

:ig* oneri,èvita efigli,

E

tuttoiitsotnina.

Ma

gli Dei, Lisandro, >

I tutelari Dei».'laveneranda 1' > *• , »

Religion de’nostri padri-/ ilprimo J D’ ogni nostre dover, de* nostri Affetti/...

lISANDRO *•’>*<* '. 1:

E

degli errori, aggiungi.'Io»parlo ad

uòmo Non

sottopostoall'opinardelvolgo. <

Parloaunguerrieri 'che questiDei, quest’

ombro

Dell’umano.timor, guarda e sorride,

--

E

tien frattanto ilpugaoinsulaspada< !

Non

so quanto finor n’abbiagiovato Questo

Nume

limneo.

So

«ben che mólto 1 Nocque inaddietro, e in avvenir piùancona

Ne

nocerà,senon gli scema a tempo

Le

vittimò*e-iidevòti-<un altro

Nume

Miglior del primo, la prudenza.iJ' * •* 1

ARISTODEMO-

A

franco Parlar risponderò franche parole

.

Sì mai finora mi giovargli Dei, *

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