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Struwwelpeter ovvero Pierino Porcospino: la traduzione di Gaetano Negri (1891) ! !! ! !!!! !! !! !!!!!!

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

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Dipartimento di studi linguistici e culturali

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Corso di Laurea Magistrale in Lingue, Culture, Comunicazione

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Struwwelpeter ovvero Pierino Porcospino:

la traduzione di Gaetano Negri (1891)

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Prova finale di:

Valeria Barbieri Relatore:

Franco Nasi

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Correlatore Elisabetta Longhi

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Anno Accademico 2013-2014

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RIASSUNTO

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Struwwelpeter di Heinrich Hoffmann, scritto nel 1844, è uno dei più famosi libri illustrati per bambini nei paesi di lingua tedesca. Con le sue colorate illustrazioni e la semplicità dei suoi testi è divenuto patrimonio della cultura tedesca, tanto caro a chi da bambino lo ha ascoltato e ora, da adulto, ancora lo legge ai propri figli. Lo Struwwelpeter arriva in Italia nel 1882, quasi quarant’anni dopo la sua prima comparsa in Germania. Dopo questa prima traduzione, a cui si deve il nome Pierino Porcospino, ma ben presto scomparsa dal mercato editoriale e dalle biblioteche, viene pubblicata nel 1891 la ben più fortunata traduzione di Gaetano Negri. Nato a Milano nel 1838, Negri si distingue molto presto per le sue doti di letterato e uomo politico: fu infatti senatore e sindaco di Milano dal 1884 al 1889. Si dedica agli studi più svariati, in particolare alla filosofia, alla scienza e alle lingue antiche e moderne, che impara da solo, cimentandosi anche per diletto nella loro traduzione. É così che nasce il suo Pierino Porcospino, scritto durante una vacanza in Svizzera nel 1891 dopo che il figlio aveva trovato una copia del libro tedesco nell’albergo presso il quale alloggiavano. Una volta rientrato a Milano Negri mostra i suoi primi tentativi all’editore e amico Ulrico Hoepli che, colpito da quei versi curiosi e spigliati, lo incoraggia a completare il suo lavoro. Nel 1891 la sua traduzione viene così data alle stampe e il successo è immediato, forse grazie a “quel sapore letterario” che, nonostante la “sua rozza ingenuità”, la contraddistingueva. Il primo capitolo ricostruisce brevemente la vita e la poetica dello psichiatra Heinrich Hoffmann. I capitoli 2 e 3 sono dedicati invece all’analisi del testo di partenza, muovendo dapprima da alcune notazioni sulla storia editoriale del testo in Germania per passare poi a un’analisi testuale dettagliata con la quale si sono evidenziati i vincoli formali e le specificità contenutistiche dell’opera. Il capitolo 4 è dedicato alla ricezione di Struwwelpeter in Italia, mentre il capitolo 5 ad alcune indicazioni metodologiche sulla traduzione. In considerazione dell’importanza attribuita alla figura del traduttore dalla più recente

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traduttologia (Pym) e al suo progetto traduttivo (Berman), i capitoli 6 e 7 sono dedicati alla biografia intellettuale di Negri e all’analisi del suo testo. In appendice sono riportati materiali iconografici relativi alla fortuna del testo e alla figura del traduttore.

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ABSTRACT

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Struwwelpeter by Heinrich Hoffmann, written in 1844, is one of the most famous picture books in German-speaking areas. With its colourful illustrations and the simplicity of its texts it is an important part of German culture, beloved by young and older readers. Struwwelpeter arrived in Italy in 1882, almost forty years after its first appearance in Germany. This first translation, where the Italian name Pierino Porcospino was used for the first time, soon disappeared from the market and public libraries. In 1891 the more successful translation by Gaetano Negri was published. Negri, born in Milan in 1838, was well known as a scholar and a politician, and he was a senator as well as Mayor of Milan from 1884 to 1889. Negri devoted himself to a number of different disciplines and topics, particularly to philosophy, science and ancient and modern languages, which he studied by himself. He also translated several texts, Struwwelpeter being one of them. He worked on it during a holiday in Switzerland in 1891 when his child found a copy of the German book in their hotel. As soon as he was back in Milan, Negri showed his first attempts to the editor and friend Ulrico Hoepli who, astonished at those natural and witty verses, encouraged him to finish his piece of work. In 1891 his translation was finally published and its success was immediate, maybe thanks to that “sapore letterario” (“literary flavour”) which distinguishes it, despite its “rozza ingenuità” (“raw naivety”). The first chapter describes the life and poetics of the psychoanalyst Heinrich Hoffmann. On the contrary, chapters 2 and 3 deal with the analysis of the source text. They start with the description of and then move to a brief editorial history of the book in Germany and to a detailed analysis of the text and its formal constraints.

Chapter 4 deals with thereception of Struwwelpeter in Italy, whereas chapter 5 describes some methodological assumptions on translation. In the light of the importance given to the figure of the translator in the most recent translation studies (Pym) and to their translation project (Berman), chapters 6 and 7 deal with the life and works of Gaetano Negri and the analysis of his

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text. Iconographical materials about Gaetano Negri and the reception of the book are listed in the final appendix to the volume.

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Indice

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Introduzione 1

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1. Heinrich Hoffmann 3

2. Der Struwwelpeter 8

2.1 L’epoca Biedermeier 8

2.2 La letteratura per l’infanzia del Biedermeier 10

2.3 Der Struwwelpeter: il concepimento 12

2.4 I manoscritti 16

2.5 La fortuna 17

2.6 Struttura 26

2.7 Caratterizzazione dei personaggi 29

2.8 Il ruolo degli animali 32

2.9 Spazio e tempo 34

2.10 Temi 36

3. Analisi testo di partenza 40

3.1 Caratteristiche linguistiche generali 40

3.2 Analisi dello schema ritmico e metrico 42

3.3 Interpretazione delle singole storielle 46

L’Introduzione 48

I. Der Struwwelpeter 54

II. Die Geschichte vom bösen Friederich 56

III. Die gar traurige Geschichte mit dem Feuerzeug 62

IV. Die Geschichte von den schwarzen Buben 68

V. Die Geschichte vom wilden Jäger 74

VI. Die Geschichte vom Daumenlutscher 79

VII. Die Geschichte vom Suppen-Kaspar 84

VIII. Die Geschichte vom Zappel-Philipp 88

IX. Die Geschichte vom Hanns Guck-in-die-Luft 92

X. Die Geschichte vom fliegenden Robert 95

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4. Ricezione in Italia 99

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5. Per una metodologia della traduzione 103

6.Gaetano Negri: cenni di una biografia intellettuale 110

6.1 Fanciullezza e adolescenza 111

6.2 La vita pubblica 119

6.3 Gli ultimi anni e la tragica fine 124

6.4 L’attività scientifica 127

6.5 Lo scrittore: i saggi 130

6.6 Il significato e il valore dell’opera di Negri 139

7.La traduzione di Gaetano Negri 141

7.1 Metro 141

7.2 Vincolo del paratesto 145

7.3 Parole composte 147

7.4 Nomi propri 148

7.5 Figure fonetiche 149

7.6 Figure semantiche 151

7.7 Realia 151

7.8 Lessico 153

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Conclusioni 155

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Appendice 156

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Bibliografia 162

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Sitografia 164

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Introduzione

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Struwwelpeter, Max und Moritz, Pinocchio, Peter Pan, Alice sono stati per molti giovani lettori dell’Ottocento e non solo i fratelli irrequieti ai quali guardare ora con ammirazione, ora come modello negativo da non imitare.

Sono stati fratelli non stanziali. Seppur profondamente radicati nella loro cultura di nascita, hanno presto cominciato a vagabondare per il mondo, certo, sulle loro gambe, ma anche grazie all’aiuto di tanti traduttori che hanno permesso a generazioni di ragazzi di conoscerli.

Molti di questi “aiutanti” sono sconosciuti. Così è successo per la prima traduttrice di Struwwelpeter di cui si ignora l’identità, ma che ha dato al pupazzetto la nuova identità italiana: Pierino Porcospino.

Altri sono invece “inaspettati”, come il secondo traduttore: il senatore e sindaco di Milano, poligrafo e politico di fama Gaetano Negri.

Questo lavoro di ricerca è dedicato proprio alla versione italiana di Negri, edizione fortunata che è rimasta per decenni il Pierino Porcospino in Italia.

Struwwelpeter di Heinrich Hoffmann, scritto nel 1844, è uno dei più famosi libri illustrati per bambini nei paesi di lingua tedesca. Con le sue colorate illustrazioni e la semplicità dei suoi testi è divenuto patrimonio della cultura tedesca, tanto caro sia agli adulti che ai bambini.

In Italia Pierino Porcospino arriva solo nel 1882 con una traduzione che presto scompare dal mercato editoriale e dalle biblioteche. Ben più fortunata è invece la traduzione di Gaetano Negri pubblicata da Hoepli nel 1891. L’idea di questa traduzione nasce per caso durante una vacanza in Svizzera, quando il figlioletto trova in un albergo una copia dello Struwwelpeter. Una volta tornato a Milano, Negri mostra i propri versi all’editore Ulrico Hoepli, che subito ne rimane colpito e incoraggia l’amico a completare la sua traduzione.

Una volta terminata, Negri la ritiene un’operetta troppo “bambinesca”

rispetto ai suoi precedenti scritti e alla sua personalità intellettuale e

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vorrebbe pubblicarla anonima. Hoepli riesce però a persuaderlo: nel 1891 la sua traduzione viene così data alle stampe e il successo è immediato.

Oggi a conoscere il Pierino Porcospino sono davvero pochissimi;

alcuni dicono di averne sentito parlare almeno una volta, mentre la maggior parte non lo conosce affatto.

Lo stesso vale per Negri, ricordato da molti per la sua carriera politica e quasi da nessuno per la sue traduzioni. Benché egli possa dunque annoverarsi tra i tanti “traduttori invisibili”, la sua resta indubbiamente la più nota e diffusa traduzione italiana dello Struwwelpeter.

Il primo capitolo ricostruisce brevemente la vita e la poetica dello psichiatra Heinrich Hoffmann. I capitoli 2 e 3 sono dedicati invece all’analisi del testo di partenza, muovendo dapprima da alcune notazioni sulla storia editoriale del testo in Germania per passare poi a un’analisi testuale dettagliata con la quale si sono evidenziati i vincoli formali e le specificità contenutistiche dell’opera. Il capitolo 4 è dedicato alla ricezione di Struwwelpeter in Italia, mentre il capitolo 5 ad alcune indicazioni metodologiche sulla traduzione. In considerazione dell’importanza attribuita alla figura del traduttore dalla più recente traduttologia (Pym) e al suo progetto traduttivo (Berman), i capitoli 6 e 7 sono dedicati alla biografia intellettuale di Negri e all’analisi del suo testo. In appendice sono riportati materiali iconografici relativi alla fortuna del testo e alla figura del traduttore.

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1. Heinrich Hoffmann

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Questo capitolo delinea per brevi tratti la biografia del ‘padre’ di Struwwelpeter, lo psichiatra Heinrich Hoffmann.

Hoffmann nasce il 13 giugno 1809 a Francoforte sul Meno, figlio dell’architetto Philipp Jacob Hoffmannn e di sua moglie Caroline Lausberg.

Il padre, anch’egli nato a Francoforte nel 1772, era figlio di artigiani; la madre, nata nel 1776, proveniva, invece, da una famiglia di commercianti dell’alta borghesia. Di salute alquanto cagionevole, morì circa sei mesi dopo la nascita del figlio Heinrich, nel 1810, a soli 34 anni. La data esatta della sua morte, tuttavia, non compare in alcun scritto autobiografico di Hoffmann, segno di quanto quella perdita dovette essergli dolorosa, pur avendolo colpito quando era ancora in fasce.

Nel suo scritto Lebenserinnerungen (Hoffmann 1985) l’autore riporta ciò che, anni più tardi, gli è stato raccontato sulla sua nascita:

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Ich selbst soll ein Siebenmonatskind gewesen sein und sehr klein und schwächlich […] Man erzählte mir darüber, ich sei so klein gewesen, dass man in der ganzen Stadt kein Kindshäubchen habe finden können, das klein genug gewesen sei […]. 1

Il piccolo Heinrich doveva essere davvero minuscolo e di certo non fece una

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bell’impressione al nonno materno, suo padrino, il quale dopo il battesimo disse:

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Ich will jedem meiner Patenkinder sechs silberne Löffel schenken, aber diesem winzigen Burschen nicht; denn der lebt keine 6 Tage mehr!2

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“Anche io sono stato un settimino, molto piccolo e gracile […] Mi si racconta che ero così

1

piccolo, che nessuno era in grado di trovare in città una cuffietta che fosse abbastanza piccola” (Eckstaedt 1998: 153).

“Voglio regalare sei cucchiai d’argento a ciascuno dei miei figliocci, ma a questo minuscolo

2

ragazzo no, tanto non vivrà più di sei giorni!” (ibid).

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Più avanti, tuttavia, quel piccolo bambino avrebbe mostrato tutta la sua grandezza di spirito e intelletto.

Tre anni dopo la tragica scomparsa della madre, il padre si risposa con la sorella di lei, Antoinette Lausberg, la quale sa essere una matrigna affettuosa nei confronti del piccolo Heinrich. In realtà, il tempo che il piccolo passa con lei è davvero raro: egli, infatti, era spesso ospite della nonna materna e trascorreva le fredde giornate d’inverno a colorare libricini illustrati e a giocare in giardino durante l’estate.

Ad occuparsi della sua educazione è invece il padre, un ingegnere ispettore delle acque, strade e ponti della città di Francoforte, uomo severo ma onesto e particolarmente brillante. Il giovane Hoffmann doveva essere uno studente alquanto incostante e, secondo il padre, addirittura pigro: per questa ragione pensa di organizzare ogni singolo momento delle vacanze del figlio, temendo che possa sprecare il proprio tempo abbandonandosi all’ozio. Il programma stilato dal padre in una sua lettera impegna il giovane Heinrich da mattino a sera, e lo vede alle prese con le più svariate discipline: dalla musica all’arte, dalle lingue classiche a quelle moderne, e per finire la matematica.

Nonostante la rigidità del programma e il quasi assente tempo libero, quell’esperienza dovette essere molto d’aiuto al giovane autore, che da quel momento in poi diviene un vero studente modello (“Von da ab war ich ein recht braver und fleissiger Schüler, […]” ). 3

Il padre ebbe dunque un ruolo decisivo nella formazione di Hoffmann: uomo di cultura, appassionato di teatro, collezionista d’arte (Eckstaedt 1998: 157) e tanto altro ancora, seppe trasmettere al figlio la propria abilità nel disegno e nella pittura, e da sempre lo aiutò a conoscere attori di teatro e altri artisti del tempo. Egli, uomo colto e responsabile, era inoltre convinto che bisognasse educare attraverso il dialogo aperto; e così fece, anche quando dovette aiutare il figlio a scegliere la propria strada: “Aber Arzt! Er ist der Freund in der Not, der Vertraute der

“Da quel momento in poi fui uno studente bravo e diligente” (Hoffmann 2009: 16).

3

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Menschen, er ist der Freieste, nur den Geboten seiner Wissenschaft folgend. Das scheint mir das Beste!“ . 4

Il giovane Hoffmann intraprende così la strada della medicina: nel 1829 studia a Heidelberg, poi si perfeziona a Halle e a Parigi grazie a una borsa di studio, dove riesce a conquistare il rispetto e il riconoscimento di tutti i suoi colleghi (ivi: 19). Nel 1834 torna a Francoforte, lavorando dapprima come docente di anatomia, poi all’Istituto psichiatrico di cui, qualche anno più tardi, diventerà primario (Stocchi 1986: 7). Egli, uomo estremamente colto e dagli interessi più vari, è spesso ospite dei lussuosi salotti borghesi, dove partecipa a balli e ricevimenti. Proprio durante uno di quei balli, nel 1837, il giovane Hoffmann si innamora di Therese Donner, figlia del rinomato fabbricante di cappelli di Francoforte Christoph Friedrich Donner. I due si sposano il 5 marzo 1840 e insieme hanno tre figli:

Carl-Philipp, Antonie Caroline e Eduard (Si veda http://de.wikipedia.org/

wiki/Heinrich_Hoffmann).

Nel frattempo si intensifica il suo interesse per la vita pubblica e la politica, interesse che culmina con la Rivoluzione del 1848 (Hoffmann 2009:

27). Il popolo chiedeva libertà di stampa, diritto di voto, di associazione e leggi democratiche, e da subito Hoffmann non fu indifferente a quelle richieste, tanto che in quello stesso anno viene eletto membro del Parlamento provvisorio della Pauluskirche a Francoforte. Tuttavia, i moti rivoluzionari che stavano scotendo l’Europa intera si rivelano presto una totale delusione; è in questo clima che Hoffmann decide di abbandonare la politica e dedicarsi esclusivamente all’attività di medico.

Nel 1851 inizia a dirigere la clinica per dementi ed epilettici di Francoforte (“Anstalt für Irre und Epileptische”, ivi: 65). Fondato nel 1834, l’istituto costituiva una grossa novità, essendo il primo ad occuparsi della cura delle malattie mentali. In realtà, una “casa dei matti” (Tollhaus) esisteva già alla fine del 1500, ma si trattava piuttosto di un istituto di

“Ma il medico! Egli è l’amico nel momento del bisogno, il confidente delle persone, è il più

4

libero, poiché deve seguire solo i doveri imposti dalla sua scienza. Mi sembra il meglio!” (Hoffmann 2009: 52).

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reclusione per i malati di mente, all’epoca ritenuti pericolosi quanto i comuni delinquenti (ivi: 24).

L’istituto che Hoffmann inizia a dirigere, al contrario, applica criteri di cura assolutamente nuovi, creando reparti separati per uomini e donne, e distinguendo tra “Ruhigen” (“tranquilli”), “Unruhigen” (“inquieti”) e

“Tobsüchtigen” (“pazzi furiosi”, ivi: 77). Egli crede soprattutto nel potenziale curativo delle attività ludiche (in particolare della musica, ivi:

130) e all’aria aperta, con le quali tenta di sostituire le bizzarre terapie usate sino ad allora, come quella dei bagni freddi (Stocchi 1986: 10).

Tuttavia, la sede dell’istituto si trovava in un’affollata strada cittadina che di aria aperta non ne consentiva di certo molta. Il dottor Hoffmann inizia allora a fantasticare sul progetto di un nuovo edificio con ampi giardini: il suo desiderio si realizza nel 1859, grazie a una donazione molto generosa di un certo Ludwig Friedrich Wilhelm Freiherr von Wiesenhütten (Hoffmann 2009: 74) che permette di iniziare i lavori. La nuova sede viene costruita vicino al parco Grüneburg dall’architetto Oskar Pichler, il quale realizza un bellissimo edificio in stile neogotico, riuscendo perfettamente a tradurre l’idea del Dottore.

Nel 1864 tutti i malati vengono così trasferiti nel nuovo edificio, e per Hoffmann ha inizio una nuova fase della sua vita, interamente dedicata alla sua professione e ai suoi pazienti.

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Und damit war die Hauptarbeit meines Lebens beendet, und für mich begann eine lange Reihe ruhiger Jahre voll gleichmäßiger innerer Arbeitstätigkeit. […]

Mit den Kranken war nicht so schwer fertig zu werden […] unsere Therapie bestand in Ordnung, Arbeit, Teilnahme, Liebe, Freundlichkeit und Ernst […] Es muß vor allem so sein, daß der Eintritt des Arztes in eine Abteilung etwas vom Sonnenaufgang an sich habe.5

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“E così il lavoro principale della mia vita era terminato, e per me iniziò una lunga serie di

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anni tranquilli totalmente dediti al lavoro. […] Non era difficile tenere testa ai malati […]. La nostra terapia consisteva in ordine, lavoro, partecipazione, amore, amicizia e serietà […]

Deve essere innanzitutto così, che quando un medico entra in un reparto, è come assistere al sorgere del sole” (ivi: 78).

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La passione e l’amore che egli ripone nel proprio lavoro è qualcosa di straordinario e ancor più evidente se si fa riferimento al rapporto con i suoi pazienti più piccoli. Si tratta di bambini ribelli o vittime di traumi psichici troppo precoci che Hoffmann considera come ammalati piuttosto che

‘indemoniati’, come si era soliti chiamarli ai quei tempi. I bambini vengono trattati con particolare affetto e dolcezza dal dottore (in quegli anni già padre del figlioletto Carlo), il quale inventa per loro storielle divertenti e disegna pupazzetti all’istante.

Egli continuerà a lavorare per la clinica fino al 1 luglio 1888, anno della sua pensione. Nel 1890 scrive Lebenserinnerungen e la raccolta di aforismi Allerlei Weisheit und Torheit (“Perle di saggezza e follia”); quattro anni dopo, il 20 settembre, muore per un colpo apoplettico e viene sepolto nel cimitero Hauptfriedhof di Francoforte.


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2. Der Struwwelpeter

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2.1 L’epoca Biedermeier

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Il termine “Biedermeier” viene utilizzato per la prima volta da due giornalisti del Fliegende Blätter , Ludwig Eichrodt e Adolf Kussmaul, sul quale 6 i due, tra il 1855 e il 1857, pubblicano una serie di poesie parodistiche sotto il f i n t o p s e u d o n i m o “ G o t t l i e b B i e d e r m e i e r ” ( S i v e d a h t t p : / / www.kettererkunst.de/lexikon/biedermeier.shtml).

L’aggettivo bieder in tedesco significa “onesto”, “benpensante”, e Meier è il tipico cognome tedesco. Il signor Biedermeier rappresentava, dunque, il classico piccolo borghese: benestante, rispettabile, ma soprattutto un buon padre di famiglia e un buon cittadino. L’intento di Eichrodt e Kussmaul, tuttavia, non è quello di offrire un modello da imitare, quanto quello di mettere in ridicolo l’ingenuo perbenismo del Signor Biedermeier e, così facendo, tutti i valori della borghesia tedesca del tempo (Stocchi 1986:

7).

In realtà, questo personaggio ben rifletteva non solo la borghesia tedesca, ma l’intera borghesia europea. Dopo la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, nel 1815 l’Europa può finalmente godere anni di pace.

Con il Congresso di Vienna, Metternich tenta di ricostruire il mondo com’era prima del 1789, ma vi riesce solo in parte: la società, infatti, era irreversibilmente cambiata in tutti i suoi aspetti, dall’economia all’istruzione, dall’amministrazione ai rapporti di lavoro (Pech 2008: 131). Di conseguenza mutano anche i costumi e i ruoli delle diverse classi sociali; la nobiltà non è più la casta chiusa privilegiata che era stata sino ad allora, e la borghesia può finalmente aspirare all’ascesa sociale.

Si tratta di una rivista umoristica di Monaco stampata dal 1844 al 1944 da Braun &

6

Schneider.

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I confini tra le classi si fanno così sempre più labili, e questo si riflette anche nella moda: gli abiti ricamati d’oro dalle lunghezze esagerate lasciano spazio a gusti più modesti e raffinati, tanto che non è più possibile distinguere dall’abito un nobile da un borghese benestante. Anche per la casa e l’arredo si preferisce la comodità al puro sfarzo; ne nasce così un vero e proprio stile, lo “stile Biedermeier”, che dalla Germania si diffonde presto anche in altri paesi europei, divenendo il simbolo di un intero modo di vivere e di pensare (Stocchi 1986: 7).

Nonostante le disparità sociali non fossero più così marcate come un tempo, notevoli differenze esistevano ancora soprattutto per l’educazione dei più piccoli. I figli di nobili e alti borghesi potevano giocare, studiare e coltivare serenamente i più svariati interessi; privi di qualsiasi altra preoccupazione, i loro doveri si limitavano a mostrare una qualche virtù e ad amare i propri fratelli e, soprattutto, i propri genitori (Pech 2008: 132).

Se per i bambini dell’alta società l’infanzia era un mondo sereno e meraviglioso, i figli di artigiani e lavoratori stagionali dovevano invece lavorare insieme ai genitori per contribuire al proprio mantenimento. I momenti per lo svago e l’apprendimento erano quindi assai rari; le abilità utili per il lavoro venivano imparate dai genitori, mentre l’insegnamento di conoscenze basilari era affidato a Volksschulen o a scuole domenicali, dove si impartivano anche lezioni di religione. Tuttavia, la frequentazione di tali scuole era piuttosto sporadica e limitata ai soli mesi invernali, quando il lavoro nei campi concedeva una breve sosta (ivi: 133).

Tali disparità si riflettono anche nella produzione di libri per bambini:

per i più poveri, infatti, doveva trattarsi di libri non solo più economici, ma anche più facili da leggere.

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2.2 La letteratura per l’infanzia del Biedermeier

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Il Biedermeier rappresenta forse il periodo più felice della letteratura per l’infanzia, per questo anche definito come goldenes Zeitalter (Schikorsky 2003: 54).

Elementi dell’Illuminismo e del Romanticismo si mescolano, dando vita ad una nuova letteratura che vuole educare non più alla ratio, bensì ai sentimenti.

Nel 1815, con il tramonto di Napoleone, inizia una fase di Restaurazione che apporterà cambiamenti epocali non solo nella politica, ma soprattutto in ogni aspetto della vita sociale. Tutto questo si riflette, naturalmente, anche nella letteratura, che si propone di trasmettere quel sistema di norme e di valori borghesi del passato fondato sugli ideali di devozione, ordine, decoro e moralità (ivi: 54-5).

Le prime opere della letteratura per l’infanzia sono per lo più canzonieri, antologie e libri di lettura illustrati. Tra gli autori più rinomati del periodo spicca il pedagogo Heinrich Dittmar (1792-1866), che pubblica i due libri Der Knaben Lustwald (1821/22) e Der Mägdlein Lustgarten (1823) (ivi:

55).

Particolarmente significativi sono anche i Mutter-und Koselieder (1844) (ibid) del pedagogo Friedrich Fröbel , che venivano utilizzati a fini educativi 7 proprio come i libri illustrati: essi educavano all’amore per la famiglia e, in particolare, per la figura materna, esplorando quel rapporto di amore ed empatia tra madre e figlio che, nel corso del XIX secolo, diviene uno dei più fondamentali valori borghesi (Schikorsky 2003: 56).

Friedrich Fröbel (1782-1852) è considerato uno dei più importanti pedagoghi romantici che

7

concepisce il cosmo come polarità natura – spirito. Le sue teorie sull’educazione si basano su osservazioni dirette dei comportamenti dei bambini e mettono per la prima volta in luce l’importanza del gioco per lo sviluppo dell’immaginazione.

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Considerando l’intento principalmente educativo con cui si scrivevano libri per bambini, non stupisce che il genere letterario riservato ai piccoli lettori fosse quello della ‘storiella morale’ (moralische Geschichte): si tratta di un racconto che sostiene spesso posizioni ideologiche differenti e che deve diffondere valori fondamentali della borghesia del tempo come la diligenza, l’operosità, la sete di conoscenza per i ragazzi e l’umiltà per le ragazze. Il tutto viene poi reso attraverso tipici elementi letterari quali il dialogo, le descrizioni paesaggistiche e lo sviluppo di un’azione vera e propria (Pech 2008: 134).

Gli autori delle moralische Geschichten erano perlopiù teologi; tra questi, il più celebre autore di libri per bambini di tutto il XIX secolo è Christoph von Schmid, ecclesiastico cattolico e dal 1826 capitolare del duomo di Augusta. Fino al 1850 scrive un centinaio di storie, per lo più racconti romanzati, che saranno poi tradotte in più di venti lingue, divenendo simbolo di uno stile inconfondibile: lo Stile vom Schmid (ivi: 135).

Lo straordinario successo dei libri di Schmid (in particolare del racconto Die Ostereier (Schikorsky 2003: 63) del 1816) si deve soprattutto al loro contenuto di carattere religioso-morale, ma anche a un altro fattore non meno rilevante; quasi tutti i suoi libri vengono stampati sotto forma di quadernetti su carta di bassa qualità e quindi di basso valore, risultando così estremamente economici e di facile acquisto anche per le classi meno agiate.

Il Biedermeier è anche l’epoca dei primi libri illustrati, o Bilderbücher, inaugurata con la raccolta di fiabe Fünfzig Fabeln für Kinder (ivi: 56) dell’autore Wilhelm Hey (1789 – 1854). Si tratta di racconti dalle tinte tipicamente romantiche che con le fiabe tradizionali hanno ben poco in comune: qui, infatti, animali dalle caratteristiche quasi umane abitano un mondo infantile sereno, o addirittura idilliaco, che vuole rappresentare il mondo cristiano e i suoi valori (ibid).

La vera novità delle fiabe di Hey, tuttavia, è rappresentata dalle incantevoli illustrazioni che le accompagnano, realizzate da Otto Specker (1807-1871) e raffiguranti perlopiù bambini colti in momenti di vita quotidiana

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(ivi: 57), e soprattutto dalla singolare relazione testo-immagini che caratterizza l’intera raccolta.

Se, dunque, le Fünfzig Fabeln rappresentano il primo vero libro illustrato in senso moderno, lo si deve alle nuove tecniche grafiche che proprio in quegli anni si perfezionano, consentendo di stampare libri con immagini di alta qualità ma allo stesso tempo a prezzi modesti (ibid). Le illustrazioni del Biedermeier mostrano un mondo grazioso e ordinato abitato da bambini e animali, riccamente decorato con ornamenti, arabeschi e cornici (ibid). In questo mondo fantastico e idilliaco non c’è spazio per il brutto e il caotico, almeno fino a quando non compare uno scandaloso libro illustrato scritto da un medico destinato a diventare il più famoso libro per bambini di lingua tedesca: Der Struwwelpeter.

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2.3 Der Struwwelpeter: il concepimento

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Der Struwwelpeter è il primo e più famoso dei libri illustrati scritti da Hoffmann quando ancora non era a capo della clinica per dementi ed epilettici.

È il 1844, Natale è vicino e Hoffmann desidera regalare qualcosa di speciale al figlioletto Carlo, che poco dopo avrebbe compiuto quattro anni. Il dottore vorrebbe regalargli un bel libro illustrato, ma in nessuna libreria di Francoforte riesce a trovarne uno che lo soddisfi; tornato a casa, prende allora un quaderno bianco e decide di realizzarne uno lui stesso.

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Die Bilder zeichnete ich leicht in flüchtiger Weise und die kindlichen Verse fügten sich folgsam in kecken Reimen einer an den anderen, und so ward das Ganze fertig.8

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A leggere queste parole di Hoffmann, pare proprio che il dottore non abbia impiegato molto tempo a realizzare il libricino, e sicuramente non immaginava il successo che di lì a poco avrebbe riscosso. Per quanto riguarda i disegni, la sua ammirabile abilità non stupisce affatto. Sin da bambino egli era stato costretto dal padre a seguire lunghe lezioni di disegno ogni giorno;

inoltre, nel 1844 Hoffmann esercitava la professione medica già da diversi anni, e spesso si era ritrovato a dover abbozzare qualche disegno per tranquillizzare i propri pazienti più piccoli (Eckstaedt 1998: 147). Anche per i versi delle varie storielle sembra che le lezioni di musica seguite da ragazzo abbiano dato i propri frutti: tutte le storielle, poi, in particolare quella che riguarda il protagonista, sembrano riprendere storie che il dottore aveva già utilizzato come aneddoti per i suoi piccoli pazienti capricciosi:

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Sowie der Doktor an das Bett des kleinen Patienten tritt, weint, brüllt, schreit dieser mörderisch! […] Da nahm ich rasch das Notizbuch aus der Tasche, ein Blatt wird herausgerissen, ein kleiner Bube mit dem Bleistift schnell hingezeichnet und nun erzählt, wie sich der Schlingel nicht die Haare, nicht die Nägel schneiden läßt […] Das frappiert den kleinen Desperaten derart, daß er schweigt, hinschaut […] und der Zweck ist erreicht.9

!

“Le immagini le disegnai io velocemente e i versi infantili si susseguirono, l’uno dopo

8

l’altro, in rime spigliate, e così il tutto era pronto”. Sono parole scritte dallo stesso Hoffmann nella sua autobiografia, riportate nel volume Allerlei Weisheit und Torheit (Hoffmann 2009: 34-5).

“Non appena il dottore si avvicinava al letto del piccolo paziente, questo piangeva, urlava e

9

strillava come un pazzo! […] Allora io tiravo fuori velocemente il quadernetto dalla borsa, staccavo un foglio, disegnavo rapidamente un piccolo furfante con la matita e poi raccontavo di come il monello non si lasciasse tagliare i capelli e le unghie […] Tutto ciò meraviglia il piccolo disperato a tal punto che resta in silenzio, si guarda intorno […] e l’obiettivo è raggiunto” (Hoffmann 2009: 35).

(21)

Nascono così sei storielle scritte a mano, accompagnate da piccoli disegni a penna che verranno poi colorati ad acquerello. Le sei storielle originali sono quelle del moretto, del malvagio Federico, del fiero cacciatore, di Corrado succhia pollici, di Gasparino che non mangia la minestra e infine quella di Struwwelpeter che, per volere dei piccoli lettori, sarà poi spostata in prima pagina.

Il dottore attinge tutti i personaggi dal repertorio di pupazzetti inventati per i suoi piccoli pazienti, aggiungendovi rime e versi piuttosto semplici e a volte addirittura imprecisi, ma che hanno lo straordinario pregio di rimanere subito in testa.

Perfetto o meno, il libricino è pronto e, avvolto in carta colorata e legato da un bel nastro, il piccolo Carlo Hoffmann lo ritrova sotto l’albero di Natale la sera del 24 dicembre 1844 (Stocchi 1986: 8).

Qualche giorno dopo, in occasione del battesimo della figlia Lina, nata da poche settimane, altri membri della famiglia Hoffmann possono ammirare quel piccolo capolavoro e, restandone subito impressionati, spingono il dottore a pubblicarlo. Egli, tuttavia, non aveva mai pensato di diffondere quel libricino, anzi; la sola idea lo metteva a disagio, preoccupato di compromettere la sua rispettabile immagine di medico (ivi: 36). Dopotutto, Hoffmann non si è mai sentito un vero poeta, anche se quelle rime e quegli schizzi improvvisati devono averlo riempito di gioia:

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Ich habe mich nicht eigentlich für einen Dichter, sondern nur für einen Gelegenheitsversemacher gehalten; wenn es mir aber gelungen ist, guten Menschen, Alten und Kindern, frohe Stunden zu bereiten, so bin ich von Herzen zufrieden […] 10

!

“Non mi sono mai ritenuto un poeta, ma solo un versificatore occasionale; se però mi è

10

riuscito di regalare ore felici a persone buone, vecchi e bambini, allora mi rallegro di cuore” (Hoffmann 2009: 33).

(22)

Il libretto salta fuori, di nuovo, durante una serata fra amici in casa Hoffmann. Tra loro si trova anche il signor Zacharias Carl Friedrich Löwenthal , libraio di Francoforte che appena vede il libro chiede di 11 pubblicarlo; visto il successo che il libro ha poi riscosso, egli è anche noto come “l’uomo dal naso d’oro” (in tedesco: “Der Mann mit der goldenen Nase”, Hlawacek 2008: 4).

Dopo tante insistenze, il libriccino esce anonimo nel dicembre del 1845 col titolo Lustige Geschichten und drollige Bilder mit 15 schön kolorierten Tafeln für Kinder von 3-6 Jahren (in italiano: “Storie allegre e disegni buffi per i bambini dai tre ai sei anni”), seguito da un elenco di tutte le storielle e infine dalla nota: “Tutto questo fu dipinto e raccontato amabilmente dall’allegro rimatore, amico dei bambini” (Stocchi 1986: 9).

Il successo è immediato: le 1500 copie stampate per la prima edizione vanno a ruba in poche settimane. Ne segue così una seconda edizione già nel 1846, nella quale Hoffmann sceglie di comparire sotto lo pseudonimo lustiger Reimerich Kinderlieb (“allegro rimatore amico dei bambini”, Dolle-Weinkauff 2013: 328). Dalla terza edizione il nome di Struwwelpeter compare anche nel titolo, e il dottore inizia a svelare la propria identità cambiando il proprio pseudonimo in Heinrich Kinderlieb (Hoffmann 2009: 36).

Bisognerà aspettare la quinta edizione (1847) perché l’autore decida finalmente di uscire allo scoperto, firmando il proprio lavoro con nome, cognome e tanto di titolo: Doktor Heinrich Hoffmann. Nonostante il successo, infatti, egli preferisce inserire anche il proprio titolo al fine di conferire una certa dignità professionale a quella che non era solo un’operetta per bambini, ma un’ammirabile lavoro con evidenti intenti morali e pedagogici (Stocchi 1986: 9).

Meglio noto come Carl Friedrich Loening (1810-1884). Nel 1844, insieme al commerciante di

11

Francoforte Joseph Rütten, fonda la casa editrice Literarische Anstalt, la quale cambierà poi il suo nome in Rütten & Loening. Il primo grande successo della casa editrice fu proprio lo Struwwelpeter di Heinrich Hoffmann (1845); lo stesso anno pubblicò anche il primo volume di Karl Marx e Friedrich Engels Die heilige Familie (Si veda http://fakten-uber.de/

karl_friedrich_loening).

(23)

Con la quinta edizione, anche lo Struwwelpeter completa il suo percorso di risalita dall’ultima pagina, comparendo per la prima volta in copertina. Da un’edizione all’altra, il libricino si era poi arricchito di nuove storielle: Die traurige Geschichte mit dem Feuerzeug (“La triste storia degli zolfanelli”) e Die Geschichte vom Zappel-Philipp (“Filippo che balla sulla sedia”) compaiono già nella seconda edizione, portando le pagine da 15 a 20, mentre Giannino Guard’ in-aria e Roberto che vola arrivano nel 1847 con la quinta edizione, che sarà quella definitiva di 24 pagine.

Per questo, invece del 1844, si preferisce assumere il 1847 come ‘data di nascita’ dello Struwwelpeter.

!

2.4 I manoscritti

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Secondo quanto riporta Stocchi nel suo volume Il Porcospino Ragionato (ivi: 14-16), il manoscritto del primo Struwwelpeter sarebbe finito in possesso del professor Rudolf Geissler, insegnante nelle scuole d’arte applicata di Norimberga, il quale lo avrebbe poi venduto nel 1902 al Museo Nazionale Germanico di Norimberga, dove è tuttora custodito.

Più complessa sarebbe invece la storia del secondo manoscritto, quello che il dottor Hoffmann scrive e ridisegna nel 1858. Stocchi riferisce che questo rimane per quasi settant’anni negli archivi della casa editrice Rütten &

Loening, per poi uscire nel 1928 ed entrare nel giro del collezionismo. Ad impossessarsene è il banchiere di Francoforte Ernst Wertheimer che, perseguitato dal regime nazista, negli anni 30’ emigra negli stati Uniti con la famiglia e tutti i suoi beni, compreso lo Struwwelpeter.

Alla fine del 1953 il manoscritto viene riportato in Germania dall’antiquario Wilhelm Henrich di Francoforte, che, rendendolo noto, testimonia l’autenticità dei suoi disegni: i dotti, anche detti

“struwwelpetereologi”, ignorarono il lavoro di Hoffmann per anni, continuando a ritenere i nuovi disegni opera di un anonimo disegnatore

(24)

professionista. Il manoscritto viene poi acquistato nel 1954 dalla Universitätsbibliothek di Francoforte, che tuttora lo possiede (Dolle- Weinkauff 2013: 328).

!

2.5 La fortuna

!

Pochi altri libri per bambini hanno avuto un successo paragonabile a quello dello Struwwelpeter, successo di cui si meravigliò lo stesso Hoffmann:

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Der Schlingel hat sich die Welt erobert, ganz friedlich, ohne Blutvergießen, und die bösen Buben sind weiter auf der Erde herumgekommen als ich; in ganz Europa sind sie heimisch geworden […] 12

!

Nonostante il libro continui ad essere oggetto di aspre critiche sia sul piano formale che su quello dei contenuti, la sua fortuna è innegabile: basti pensare che persino l’imperatore Guglielmo I lo trovò divertente (“Ich habe Ihre Bücher gelesen und mich recht sehr darüber gefreuet und gelacht”, ivi: 25). A darci un’idea del successo editoriale sono poi le cifre relative all’originale tedesco: a fine ‘800 si erano già raggiunte le 200 edizioni, e nel 1917 se ne contavano addirittura 400 . Dopo la scadenza dei diritti d’autore nel 1925, 13 non è possibile dire con precisione quante edizioni siano state stampate sino ad oggi; certo è che, solo in lingua tedesca, se ne possono contare più di 25 milioni (Tresnak 2005: 5).

“Il monello ha conquistato il mondo, del tutto tranquillamente, senza spargimenti di

12

sangue, e i furfanti cattivi hanno girato il mondo più di me; sono diventati di casa in tutta Europa” (Hoffmann 2009: 36).

Le cifre riportate si riferiscono alle edizioni della casa editrice Rütten & Loening,

13

detentrice dei diritti, e a quelle pubblicate da altre case dietro regolare licenza. (Stocchi 1986: 14).

(25)

Ancora ignoto, invece, è il numero delle traduzioni apparse dopo la prima edizione del 1845. Personaggio tipicamente germanico, non stupisce che lo Struwwelpeter si sia diffuso dapprima nel mondo nordico: le prime traduzioni sono infatti in inglese, olandese, svedese e norvegese (Stocchi 1986: 25), le quali ritornano in Germania per essere utilizzate nell’apprendimento di quelle lingue, in particolare dell’inglese. Seguono poi traduzioni in spagnolo, italiano, portoghese ma anche in lingue minori quali ceco, serbo, finnico, ebraico e, nel 1936, persino in giapponese (Tresnak 2005:

5). Non mancano poi traduzioni in greco, turco (Savruk Peter), latino (Petrulus Hirritus, Stocchi 1986: 14)) e, in tempi più recenti, persino in vari dialetti tedeschi (Eckstaedt 1998: 21). Alcune di queste traduzioni Hoffmann poté tenerle tra le proprie mani, senza tuttavia essere in grado di leggerle, come lui stesso racconta nelle sue Lebenserinnerungen:

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[die bösen Buben] Sie haben allerlei Sprachen gelernt, die ich selbst nicht verstehe, denn ich habe eine russische, schwedische, dänische, englische, holländische, französische, italienische, spanische und portugiesische Übersetzung in Händen 14

!

La traduzione italiana alla quale Hoffmann fa riferimento è quella di Gaetano Negri, pubblicata dall’editore Hoepli nel 1882. È questa la più nota versione dello Struwwelpeter in italiano, considerata una “traduzione felicissima”, così la definisce Stocchi (1986: 14), grazie all’originale nome del protagonista:

Pierino Porcospino. Il nome italiano differisce notevolmente da quello tedesco e sulla scelta di Negri si tornerà anche in seguito. Considerare l’etimologia del nome tedesco è tuttavia necessario per comprendere il dibattito che da sempre esiste sulla scelta del nome italiano per l’eroe del libricino.

“[ i furfanti cattivi] Hanno imparato le più svariate lingue, che nemmeno io capisco, dal

14

momento che ho qui tra le mani una traduzione russa, svedese, danese, inglese, olandese, francese, italiana, spagnola e portoghese”. (ibid). Le parole riportate furono scritte da Hoffmann nel 1871, in occasione della centesima edizione del suo Struwwelpeter in inglese, olandese, danese, svedese, russo e portoghese (Marx 1997: 5).

(26)

Struwwelpeter è la variante del termine arcaico e gergale Struwwelkopf o anche Strubbelkopp, ovvero “testa arruffata, capellone”, da cui anche l’aggettivo struppich, “scompigliato”, “arruffato”. Nulla a che vedere, dunque, con un “porcospino”, un animaletto così brutto nell’aspetto come nel suo stesso nome che i piccoli lettori italiani sembrano non gradire, e lo stesso si può dire dei bambini bilingui (naturalmente italo - germanofoni) . 15

La questione del nome del pupazzetto tedesco è piuttosto complessa, e a confermare tale complessità sono anche le altre lingue, che non sempre hanno trovato un nome appropriato: lingue come l’inglese, l’olandese e altre ancora hanno così mantenuto il nome originale, altre invece hanno tentato di renderlo come meglio potevano, come ad esempio il portoghese (João Felpudo) e l’esperanto (La Struvelpetro, Stocchi 1986: 14).

Alla luce di quanto emerso, viene naturale chiedersi il perché di tanto successo di un comune libro illustrato. Le ragioni possono essere infinite e soprattutto diverse a seconda del tempo e dei soggetti cui si riferiscono.

Per quanto riguarda ‘il fattore tempo’, è evidente che le ragioni del suo successo nel 1845 non possono essere le stesse dei nostri giorni. A quell’epoca, infatti, si amavano le storielle dello Struwwelpeter perché riflettevano il mondo sereno e ordinato del signor Biedermeier, personaggio nel quale si rispecchiavano adulti e bambini; oggi, forse, continuiamo a leggerle per poter vivere, almeno nella lettura, in un mondo quasi perfetto che, oramai, appartiene solo al passato.

Occorre poi precisare che lettori diversi avranno ragioni differenti per apprezzare o meno il libricino. Come suggerisce A. Eckstaedt (1998: 7), i

A riportare il parere dei bambini italiani è lo stesso Stocchi nel suo Il Porcospino Ragionato,

15

pareri che ho voluto io stessa appurare chiedendo a cuginetti o figli di amici. Per quanto riguarda invece il parere di bambini bilingui, si tratta di una piccola indagine che ho condotto personalmente nella città di Salisburgo (Austria). Mentre presentavo il progetto di questo lavoro alla prof.ssa Enrica Rigamonti (italiana ma residente in Austria già da molti anni), è stata proprio lei a riferirmi le parole delle proprie figlie sul nostro Pierino, raccontandomi come quelle storie non solo non le avessero mai apprezzate, ma quasi le impaurissero, per non parlare poi del nome “Pierino Porcospino” che, a differenza di quello tedesco, proprio detestavano.

(27)

bambini hanno bisogno di storie che trattino di vita e di morte dalle quali prendere ispirazione per i propri giochi di fantasia e immaginazione. Proprio nel gioco, il bambino impara ad affrontare e, possibilmente, a risolvere i propri conflitti interiori o situazioni che si ritroverà poi ad affrontare una volta divenuto adulto. La stessa funzione svolgono anche le storielle dello Struwwelpeter; secondo lo psicanalista infantile Bruno Bettelheim, infatti, le fiabe danno ai bambini la possibilità “die inneren Konflikte […] intuitiv zu erfassen und in der Phantasie auszuleben und zu lösen“ . 16

Un’altra ragione del successo e dell’attualità del piccolo capolavoro di Hoffmann va ricercata nella straordinaria relazione testo-immagini che caratterizza ciascuna storiella. Sia i versi che le figure disegnate dall’autore contribuiscono, infatti, a creare significato e a collegare tra loro le diverse storie: nonostante si tratti di dieci racconti indipendenti l’uno dall’altro, l’impressione che ne deriva è quella di un’unica storia: la storia dell’infanzia (ivi: 8).

Al di là delle sue diverse motivazioni, il successo del libricino sembra davvero essere senza tempo, soprattutto nei paesi di lingua tedesca. Basti pensare che a Francoforte esiste da tempo una via che porta il nome del suo autore Heinrich Hoffmann (Heinrich-Hoffmann-Strasse), ricordato non solo per i suoi libri per bambini, ma anche per la sua preziosa attività di medico, scienziato e promotore dell’Istituto psichiatrico cittadino. Proprio in quella via si trova, infatti, il moderno Centro di psichiatria della città (Stocchi 1986:

23).

Nella città natale di Hoffmann è stato addirittura aperto un museo dedicato a lui e alla sua creazione, inaugurato il 14 luglio 1977 in Schubertstrasse, accanto al giardino botanico Palmengarten (ibid). Ad ospitare il museo è un’elegante palazzina borghese a tre piani con un’ampia finestra ad arco sulla facciata, dalla quale spicca l’insegna dove il nostro Pierino compare entro cerchi concentrici come “l’Homo di Leonardo, racchiuso nel

“Di cogliere intuitivamente i conflitti interiori […] e di viverli e risolverli nella

16

fantasia” (ibid).

(28)

cerchio con braccia e gambe distese lungo due diametri ortogonali a dimostrare le proportioni” (ivi: 24).

Nel Museo sono custoditi carte, libri e altri documenti originali del dottor Hoffmann donati dal professor Kurt Hessenberg e dalla moglie Elsa, suoi pronipoti (ibid). A questi si sono poi aggiunte altre donazioni, soprattutto da case editrici, fino ad arrivare a una raccolta completa delle edizioni di Pierino in tedesco e in altre lingue. Non mancano, inoltre, le numerose imitazioni e parodie, i rifacimenti, gli articoli di giornali umoristici e persino utilizzazioni pubblicitarie del tanto amato pupazzetto. La sua immagine, infatti, compare su foulard, cuscini, magliette ed è stata persino ripresa da artisti che l’hanno poi riprodotta in preziosi quadri, litografie e persino in ceramiche di cui il Museo conserva una ricca collezione. Il Museo, inoltre, è anche editore e pubblica libri e raccolte di disegni di vari artisti contemporanei (ivi: 25).

Un ulteriore segno del grande successo e della notorietà del libro di Hoffmann sono le numerose imitazioni e parodie di carattere politico- culturale a cui si è fatto riferimento, spesso definite “Struwwelpetriaden”.

Queste si rivolgono ad adulti e bambini: le parodie per adulti si servono dello Struwwelpeter per condannare eccessi e mali sociali, o fati politici, mentre le imitazioni per bambini sfruttano la notorietà del pupazzetto come vero e proprio mezzo pubblicitario, riportando spesso sotto il proprio titolo la frase

“In der Art des Struwwelpeter” (in italiano: ”alla maniera di Pierino Porcospino”, Hlawacek 2008: 7).

Sta di fatto che i rifacimenti e le imitazioni delle storielle originali sono stati fortemente influenzati da considerevoli cambiamenti di carattere politico. Lo dimostra il volume Der Struwwelpeter auf Reisen, comparso nel 1857: qui il nostro eroe, come ricompensa per il suo miglioramento, intraprende un viaggio che lo porta in tutta la Germania, all’epoca ancora divisa in piccoli stati indipendenti, e nella città di Vienna, dove visita il

“Casperle-Theater” presso il Wiener Prater e il campanile del duomo di Santo Stefano (ibid). Prima di tornare a casa, egli decide poi di far visita alla

(29)

Struwwelsuse che, proprio come lui, era diventata “so reinlich, so manierlich, bescheiden, artig und so zierlich” . Con la fondazione del Secondo Reich nel 17 1871, tuttavia, il libro deve essere riscritto. Struwwelpeter si trova così a Berlino, cuore del neonato Impero Germanico; lì incontra poi l’imperatore e promette di entrare al suo servizio (ibid).

Non mancano poi rifacimenti ‘al femminile’ del celebre pupazzetto: il caso più noto è quello della Struwwel-Liese oder lustige Geschichten und drollige Bilder für Kinder del dottor Julius Lütje (1860-1924, ibid). Il libricino, stampato nel 1902, riprende in modo evidente il testo originale di Hoffmann, a partire dal titolo; è interessante poi notare che i due autori sono entrambi medici. Anche il contenuto delle storie è molto simile e in esse ritroviamo molti degli elementi comparsi nell’originale: la zuppa, il vento, un cane, il fuoco e le immancabili, seppur a volte esagerate, punizioni.

Nonostante queste similitudini, i due testi differiscono sotto molti aspetti. Innanzitutto, se i racconti riprendono gli stessi motivi degli originali, diverso è il loro protagonista, una bambina di nome Liese che dà il nome all’intero libricino. Al di là del sesso, la Struwwelliese somiglia molto allo Struwwelpeter nel suo aspetto esteriore , e anche la sua storiella è la prima 18 ad apparire. In realtà Liese è l’unica eroina di tutte le storielle, ridotte a sei 19 rispetto alle dieci originali: degli altri nove personaggi del libro di Hoffmann, infatti, non c’è traccia, e a essere ripresi sono solo i loro capricci e le loro disavventure.

La differenza forse più eclatante tra i due testi risiede nelle loro illustrazioni. Nel caso della Struwwelliese, queste furono realizzate non dallo stesso autore (come era stato per Hoffmann), bensì da un certo Francesco Maddalena (1857 - ?). Non si può dire, a mio avviso, quali siano le migliori;

“Così ordinata,ben educata, modesta, brava e aggraziata”(ibid).

17

Si veda fig. 4. in appendice.

18

Le sei storie del libro di J. Lütje sono progressivamente: “Die Struwwelliese”, “Die

19

Lügenliese”, “Die mütwillige Liesel”, “Die naschhafte Liesehen”, “Die schlafmützige Liesel“,

„Vom Liesehen, das nicht beten wollte“.

(30)

certo è che le seconde, così come anche le storielle che accompagnano, non hanno avuto la stessa fortuna delle prime.

Un’altra ‘porcospinide” femminile è la Schreiliesel o la “Lisa Strillona” (Stocchi 1986: 20). Anche il suo sottotitolo, “Storielle allegre e istruttive per bambini di otto anni, del dottor Ernst”, riprende quello dello Struwwelpeter, persino nel titolo associato al suo autore (ivi: 20-1).

Non manca persino una versione ‘esopica’ del nostro Pierino: si tratta del volumetto Die sprechenden Tieren (“Gli animali parlanti”), scritto nel 1854 da Adolf Glassbrenner e illustrato da Carl Reinhardt, in cui al posto di bambini cattivi ci troviamo di fronte ad animali altrettanto cattivi (ivi: 21).

Come si accennava, lo Struwwelpeter è stato oggetto non solo di imitazioni e rifacimenti per bambini, ma anche di parodie di carattere politico. È con la satira di Hoffmann Handbüchlein für Wühler oder kurzgefaßste Anleitung in wenigen Tagen ein Volksmann zu werden. Von Peter Struwwel, Demagog (1848) che lo Struwwelpeter fa la sua prima comparsa sul palco della vita politica (Hoffmann 2009: 46). Con l’inizio della Rivoluzione, l’interesse di Hoffmann per la vita pubblica e, in particolare, per la politica si intensifica considerevolmente, tanto che quello stesso anno il dottore lascia tutti senza parole con un appello a cuore aperto per la libertà di stampa e di associazione (ivi: 27).

Un anno dopo, nel 1849, Hoffmann scrive un’altra satira (Der Heulerspiegel. Mitteilungen aus dem Tagebuch des Herrn Heulalius von Heulenburg) dopo essere venuto a sapere che il poeta Karl Gutzkow, membro del partito reazionario, aveva letto con entusiasmo la prima (ivi: 48).

A seguito di importanti avvenimenti politici, nel corso degli anni sono comparse tante altre “Struwwelpetriaden” per adulti, ma anche per bambini.

La rivoluzione russa del 1917, per esempio, determinò cambiamenti epocali sia sul piano economico che su quello sociale. Tutto questo si riflette, naturalmente, anche nella letteratura per l’infanzia, segnata da un generale sentimento di felicità e ottimismo almeno per le prime fasi della rivoluzione.

(31)

Ne è un esempio il libro illustrato dello scrittore russo Jewgenij Schwarz (1896-1958) Der Krieg zwischen Kasperl und Stjopka Rastrjopka (1925), nel quale l’autore mostra come si venga ripagati a essere puliti e ordinati e a saper leggere e scrivere (Hlawacek 2008: 9). Volendo tradurre il nome di uno dei due protagonisti, Stjopka Rastrjopka, ci si accorgerebbe che dietro questo nome si nasconde proprio il nostro Struwwelpeter; lo stesso nome, tradotto in tedesco, suonerebbe infatti “Struwwel-Stefan” (ibid). Nell’ultima pagina del libro di Schwarz viene di nuovo fatto riferimento all’importanza della pulizia e del sapere: il libricino, infatti, dovette essere scritto quasi ufficialmente a servizio dell’educazione dei bambini (ibid). Pur trattandosi di un libro illustrato rivolto ad un pubblico di piccoli lettori e, dunque, con evidenti intenti morali, l’autore si serve dei suoi personaggi e dei suoi motivi per criticare apertamente i cambiamenti politici ed ideologici che, a quel tempo, stavano sconvolgendo non solo il suo Paese, ma il mondo intero (ibid).

Ai tempi della prima guerra mondiale risale anche la parodia inglese del Kaiser Guglielmo II, pubblicata a Londra nel 1914 (Stocchi 1986: 21): il Kaiser è raffigurato in modo caricaturale con baffi ipertrofici e in testa una corona sbilenca.

Altri testi parodiaci, sempre da parte di autori inglesi, seguirono ai tempi della seconda guerra mondiale: è il caso di Struwwelhitler. A Nazi Story Book by Doktor Schrecklichkeit , pubblicato in Inghilterra nel 1941, e di Schicklgrüber, apparso a Calcutta nel 1943 (Hlawacek 2008: 9). Entrambi furono pubblicati a scopo propagandistico e, seppur comparsi in paesi così lontani, mostrano numerosi parallelismi soprattutto per quanto riguarda la scelta dei protagonisti: Hitler, Göring, von Ribbentrop, Mussolini, Stalin ecc (ibid).

Una posizione privilegiata tra i vari rifacimenti dello Struwwelpeter merita, infine, Der Ägyptische Struwwelpeter , scritto da Fritz e Richard 20 Netolitzky e illustrato da Magdalene Netolitzky. Il libro, pubblicato a Vienna nel 1895, fu scritto dai tre figli più grandi di un medico della Monarchia

Si veda figura 5. in appendice.

20

(32)

austro-ungarica come regalo per la moglie di un collega, nonché caro amico, del loro stesso padre. Così, servendosi del fascino che, a quell’epoca, la cultura egiziana sembrava esercitare, i tre autori hanno ripreso le storielle dello Struwwelpeter originale ambientandole nell’Egitto dei faraoni (Hlawacek 2008: 9).

Tuttavia, il più attuale rifacimento di Pierino Porcospino è quello che appare negli anni della contestazione studentesca nella seconda metà del secolo scorso. Nell’ottica giovanile i bersagli da colpire sono rimasti gli stessi:

perbenismo, ipocrisia ed egoismo. Nel 1969 esce così a Monaco il libretto satirico Der Struwwelpeter neu frisiert (“Lo Struwwelpeter rapato di fresco”, Stocchi 1986: 22) seguito dal sottotitolo “Storie moleste e disegni buffi per cittadini sino ai cent’anni, secondo Heinrich Hoffmann” (ibid). Scritto da Eckart e Rainer Hachfeld e pubblicato dalla stessa casa editrice che aveva dato alle stampe anche l’originale di Hoffmann, ovvero la Rütten & Loening, il libretto compare con lo studente berlinese Rainer Langhans sul frontespizio;

egli era noto per aver guidato una protesta contro la stampa tedesca nel 1968 assieme all’amico Fritz Teufel (ibid). Nella prima pagina, poi, compare il consumatore tedesco Michele su cui piovono, versati da angeli, i simboli della società del benessere: lavatrici, televisori, automobili e pellicce. Il testo che accompagna le illustrazioni riprende quello originale, riproponendolo sotto forma di parodia (ivi: 22-3).

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2.6 Struttura

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Il libro illustrato dello Struwwelpeter, come si è accennato nei capitoli precedenti, consiste in un ensemble di singole storie collegate tra loro non solo per mezzo dei contenuti e dei medesimi intenti pedagogico-politici, ma ancor più attraverso la loro struttura formale.

(33)

Non si riesce qui a dire in una riga o poco più per ciascuna poesia che cosa succede, anche in una specie di schematico riassunto. Dopo una pagina di introduzione, la prima storia (l’unica a non avere un titolo) è proprio quella di Struwwelpeter, un bambino dispettoso che non si taglia le unghie e non si pettina, e che per questo viene preso in giro. A questa seguono Die Geschichte vom bösen Friderich (La storia del cattivo Federigo), storia di un bambino particolarmente violento e capriccioso che alla fine finisce a letto, morso dal cane che aveva bastonato e costretto a bere un’amara medicina e Die gar traurige Geschichte mit dem Feuerzeug (La tristissima storia degli zolfanelli), che racconta la tragica fine della piccola Paulinchen che, rimasta a casa da sola, inizia a giocare con un fiammifero e al termine della storia prenderà fuoco, riducendosi a un mucchietto di cenere. Abbiamo poi Die Geschichte von den schwarzen Buben (La storia del moretto), che narra invece di un bambino di colore deriso da altri tre bambini che verranno poi puniti dal grande Nikolas, il quale cercherà di istruire i tre monelli immergendoli nel calamaio e tingendoli di nero. La quinta storia, Die Geschichte vom wilden Jäger (La storia del fiero cacciatore) racconta di un cacciatore impacciato che parte con il suo fucile a caccia di lepri; proprio una lepre lo farà scappare a gambe levate impossessandosi del suo fucile, fino a quando il cacciatore non si getta dentro un pozzo per sfuggire allo sparo dell’animale. A questa segue poi la Geschichte vom Daumenlutscher (La storia del bambino che si succhia i pollici), ovvero la storia del piccolo Konrad, punito atrocemente da un sarto solo per essersi succhiato il pollice. Die Geschichte vom Suppen-Kaspar (La storia della minestra di Gasparino) è invece la triste storia di un bambino sano e paffutello che, nonostante ami mangiare, all’improvviso rifiuta la minestra e finisce così per morire di fame.

A questa segue poi Die Geschichte vom Zappel-Philipp (La storia di Filippo che si dondola), il cui protagonista è invece un bambino piuttosto irrequieto che fatica a stare composto a tavola e alla fine finisce per terra rovesciandosi addosso tutta la tavola imbandita. Die Geschichte vom Hanns Guck-in-die-Luft (La storia di Giannino Guard’in aria) è il racconto di un bambino sognatore e dunque sempre distratto, che a causa della sua sbadataggine e della sua

(34)

trasognatezza cade in un fiume; due uomini lo salvano, ma persino i pesci lo deridono. L’ultima storia è Die Geschichte vom fliegenden Robert (La storia di Roberto che vola) e racconta di come, durante un temporale, invece di rimanere in casa, Robert decide di uscire e di sfidare la tempesta; il vento però è così forte che il bambino si alza in volo con il suo ombrellino fino a scomparire.

Quasi tutti i racconti seguono lo stesso identico schema: esposizione, intreccio ascendente attraverso l’azione dell’eroe, peripezia e confronto con le sue conseguenze (ovvero con la rispettiva punizione), ed epilogo (Könneker 1977: 86). Tale struttura, tuttavia, non sempre coincide con la ripartizione delle strofe, la cui concisione riflette piuttosto la brevità delle azioni dei vari personaggi.

Nell’introdurre ciascuna storiella, Hoffmann utilizza diversi espedienti che, al contempo, rivelano il suo giudizio sull’eroe in questione. Nella storia di copertina e in quella che segue del “cattivo Federigo”, ad esempio, egli propone un’immagine piuttosto negativa dei due eroi: nel caso dello Struwwelpeter non rinuncia perfino a invettive dirette, mentre per il secondo eroe preferisce dimostrarne la principale caratteristica (“arger Wüterich”, Hoffmann 2008: 3) riportando, uno dopo l’altro, i suoi misfatti (Könneker 1977: 87).

Diverso è invece il caso del “Suppen-Kaspar”. Qui viene presentata innanzitutto la buona condotta del protagonista (“Der Kaspar, der war kerngesund…”, Hoffmann 2008: 17), in contrasto con il suo atteggiamento successivo. Un’accezione negativa hanno poi i nomi di altri due personaggi:

“Daumen-Lutscher” (in italiano: “il bambino che si succhia i pollici”) e

“Zappel-Philipp” (“Filippo che si dondola”). Questi, oltre a connotare in modo negativo i due eroi, anticipano quello che sarà il divieto imposto loro e la conseguente punizione (Könneker 1977: 87).

Una posizione più neutrale da parte dell’autore è ravvisabile nelle storielle dei “schwarzen Buben” e del “wilden Jäger”, i cui epiteti, oltre a rivelare il giudizio dell’autore, anticipano in un certo senso l’intera vicenda.

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