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3. Analisi testo di partenza

3.2 Analisi dello schema ritmico e metrico

“kopfüber ganz” (ivi: 22).

Fino ad ora si è sempre parlato di Verspaare (coppie di versi) o di unità ottenuta attraverso diversi mezzi fonetici e lessicali. Nel testo, tuttavia, si incontrano anche versi isolati, soprattutto quando viene chiesto aiuto o quando subentrano il dolore, la rabbia e la disubbidienza; in tutti questi casi la lunghezza della frase coincide con quella del verso (“Paulichen hört die Katzen nicht!”, “Herbei, herbei, wer hilf geschwind”, “Hei! da schreit der Konrad sehr” ecc.).

Frequenti sono poi gli enjambements, che rendono i versi ancora più ricchi di “Spannung” , le irregolarità nello schema ritmico e incredibili 23

mutamenti della metrica sino a creare versi con soli due arsi (in Hanns

Guck-in-die-Luft e in Zappel-Philipp) o addirittura un dattilo (dato dalla

successione arsi/tesi/tesi) del tutto inaspettato (“Űber den armen schwarzen Mohr”, Hoffmann 2008: 9).

I testi, inoltre, non presentano particolari congiunzioni, fatta eccezione per “und”; Hoffmann, infatti, rinuncia a qualsiasi rapporto di causa-effetto o ad altri tipi di congiunzione troppo complessi, presentando gli avvenimenti uno dopo l’altro senza alcuna giustificazione esplicita.

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3.2 Analisi dello schema ritmico e metrico

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Il libricino del dottor Hoffmann può dunque considerarsi un testo semplice nel suo complesso; il lessico è elementare, le rime sono di estrema semplicità e anche la metrica è piuttosto regolare. Ben più complesso deve essere stato, tuttavia, il tentativo del Negri di ‘tradurre’ tale semplicità. Sulle

Riporto il termine tedesco, che in italiano si può tradurre con “tensione”, in quanto ritengo

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che racchiuda un significato ben più complesso del relativo termine italiano. Si tratta di un fenomeno piuttosto comune quando si traducono dal tedesco concetti astratti come Sehnsucht, streben ecc.

sue strategie e scelte traduttive si tornerà più avanti; qui è bene analizzare la struttura ritmica e metrica del testo di partenza, mettendone in luce gli aspetti più rilevanti e, dove presenti, piccole irregolarità o ‘stonature’ volute dall’autore.

Se lo stesso schema ritmico-metrico di base sembra ripetersi in tutte le storielle, molte sono anche le 'anomalie' generate da quegli accorgimenti che Hoffmann impiega per assicurare la rima dei suoi versi, indispensabile trattandosi di un libro per bambini.

Ne è un esempio la parola Christkind alla fine del secondo verso: qui, infatti, l’accento ritmico sembra non coincidere con quello della parola stessa. Il tedesco ha accenti che sono obbligatori e che, a seconda della loro posizione, possono far assumere a una parola significati diversi (si pensi in particolare ai verbi composti separabili e inseparabili): nel caso di Christkind, ad esempio, è come se l’autore ci obbligasse a leggere la parola ponendo l’accento sulla seconda sillaba invece che sulla prima. Lo stesso accade al pronome ihnen (ivi: 3) nella prima strofa della storiella di Friederich e alla preposizione über (ivi: 9) nella seconda strofa del racconto degli schwarzen

Buben.

Anche il comparativo magerer (ivi: 17) alla seconda strofa di

Suppen-Kaspar presenta un'accentuazione insolita; in questo caso, tuttavia, l'autore

non sposta l'accento da una sillaba all'altra, ma le accenta entrambe.

Un caso a parte è invece l'espressione einmal (ivi: 2) al primo verso dello Struwwelpeter. A prima vista pare che l'autore abbia ancora una volta 'forzato' l'accentuazione della parola, ponendo l'accento sulla seconda sillaba invece che sulla prima. In effetti, è proprio questo ciò che avviene, anche se questa volta non si tratta di una forzatura come negli esempi visti in precedenza: in questo caso l'accento metrico coincide con quello della parola che qui, infatti, non significa “una volta sola” (suo significato più comune, con l'accento sulla prima sillaba), ma piuttosto traduce l'espressione italiana “guarda un po'”.

Un altro espediente impiegato da Hoffmann, riscontrabile sin dalla prima pagina, è quello di far terminare il verso con una parola monosillabica su cui cade l'accento. Si tratta di quel fenomeno comunemente definito ‘catalessi’ che prevede la soppressione di una o più sillabe alla fine di un verso e di cui Hoffmann si serve ripetutamente; nell'introduzione, ad esempio, con sind (v. 1) e genug (v. 9) e poi di nuovo nella storiella dello

Struwwelpeter con Jahr e Haar ai versi 5 e 6.

Ben più numerosi sono poi i casi in cui Hoffmann modifica le parole per lo più aggiungendo o sopprimendo la vocale e. Questa strategia è ravvisabile in quasi tutti i racconti, a partire da quello dell'eroe dell'intero libricino, dove al terzultimo verso leggiamo Haar anziché Haare; segue poi il caso di Friederich, dove per ben due volte (al primo verso della terza e quarta strofa,

ivi: 5) ritroviamo lo stesso nome senza la seconda e (Friedrich).In realtà qui il fenomeno si presente in modo opposto, in quanto la forma corretta e normalmente usata è Friedrich, mentre negli altri casi Hoffmann ha aggiunto una e per motivi di metrica.Sempre nella stessa storiella, alla terza strofa, la parola Arzenei compare in una forma piuttosto antiquata, risalente all'epoca barocca, che si distingue dalla forma più moderna per la presenza della vocale e anche nella seconda sillaba. Altri esempi analoghi sono le parole

schrien al terzultimo verso della prima strofa nel racconto dei moretti (ivi: 8), Scher nella prima e terza strofa del Daumenlutscher (ivi: 15-6) e Flasch nella

seconda strofa di Zappel-Philipp (ivi: 19). Due casi a parte sono invece rappresentati dal verbo fürcht (ivi: 13) riferito al wilden Jäger, dove l'autore sopprime l'intera desinenza “-et” del preterito, e dal verbo hilft's a pagina 19, dove la vocale e viene tolta e sostituita dall'apostrofo per mantenere lo stesso numero di sillabe degli altri versi.

Se attraverso questi espedienti Hoffmann sembra superare gli ostacoli imposti da una versificazione in rima, d'altro canto si può dire che non sempre egli riesce nel suo intento. Riprendendo una caratteristica tipica dei racconti

di Busch , l'autore crea delle rime apparentemente regolari, ma che in realtà 24

possono definirsi 'imperfette' a causa del diverso suono dell'ultima vocale delle parole coinvolte. Ne è un esempio la coppia saß/taß nell'ultima strofa della storia del cacciatore (Hoffmann 2008: 14): la rima sarebbe infatti perfetta se non fosse che, nel primo caso, la vocale è lunga, mentre nel secondo è breve. Tale alternanza di suoni lunghi e brevi la si ritrova di nuovo nella storiella di Hanns agli ultimi due versi della prima strofa (ruft/Luft) e ai primi versi della penultima con la coppia naß/Spaß, questa volta però con la vocale breve che precede quella lunga, e, infine, nel racconto di fliegenden

Robert agli ultimi due versi della seconda strofa (schon/davon), di nuovo con

la vocale lunga che precede quella breve.

Le irregolarità analizzate sino ad ora riguardano principalmente la rima, ma è bene notare che anche gli accenti non sono del tutto regolari. Come si è detto in precedenza, quello che si potrebbe chiamare 'lo schema base' del libricino vuole sempre quattro arsi ad ogni verso. Ciononostante non mancano anche versi con soli tre arsi, e la scelta di includerli in una sequenza altrimenti regolare non è casuale. È questo il caso della triste storia di Paulinchen (ivi: 6-7), dove, sia nella prima che nella seconda pagina, la prima e la terza strofa presentano versi a quattro arsi, mentre la seconda e la terza strofa versi con solamente tre accenti. Tale schema è costruito volutamente dall'autore per distinguere le strofe narrative da quelle che contengono il

refrain della storiella. Anche in questo 'microschema' possono intravedersi

piccole irregolarità: nel verso “Miau! Mio! Miau! Mio!” e in quello che segue (sia nella seconda che nella quarta strofa) si contano infatti quattro arsi; nella seconda strofa della seconda pagina il cambio da tre a quattro arsi avviene già al terzo verso; infine, nell'ultima strofa si hanno tre arsi nei primi e negli ultimi due versi e quattro arsi nei due versi centrali.

Un discorso a parte meritano, inoltre, i versi 9-12 della prima strofa della storiella di Zappel-Philipp: er gaukelt/und schaukelt/und zappelt. La

Wilhelm Busch (1832-1908) è stato un umorista, poeta e illustratore tedesco, famoso per la

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loro forma, infatti, li distingue in modo evidente da tutti gli altri, riproducendo il movimento del bambino quasi in modo onomatopeico; per quanto riguarda gli accenti, poi, se ne contano quattro totali, uno su ogni prima sillaba di ciascun verbo. Nonostante si tratti di righe spezzate, sembra dunque trattarsi di un unico verso; lo stesso vale anche per l'ultima strofa del racconto dei moretti, seppur per ragioni diverse. Qui, infatti, le prime due righe sono spezzate per via dell'arco raffigurato nelle illustrazioni che accompagnano il testo: si tratta dell'unico caso nel libricino in cui i disegni influenzano le scelte ritmiche e lessicali dell'autore, molto attento al loro significato e alla loro importante funzione.

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3.3 Interpretazione delle singole storielle

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Lo Struwwelpeter viene pubblicato completo di tutte le storielle con la quinta edizione del 1847, riscuotendo un immediato successo. Hoffmann, tuttavia, ritiene che non sia certo il miglior libro per bambini tra tutti quelli da lui scritti. Una possibile ragione potrebbe essere la diversa natura dei suoi racconti: in tutti i libri che Hoffmann scrive (e disegna) per i suoi piccoli lettori si leggono storie a lieto fine o comunque divertenti nella loro semplicità. Unica eccezione è proprio lo Struwwelpeter, in cui l'autore propone storielle scaturite direttamente “aus dem Inneren heraus” (Eckstaedt 1998: 14), ovvero dal suo mondo interiore; storie apparentemente semplici, ma che nascondono sempre qualcosa di più profondo.

Di qui la necessità di un processo di interpretazione che non tenga necessariamente conto della biografia dell'autore, ma piuttosto che si basi sulle impressioni soggettive di chi si presta a compierlo. Tali impressioni scaturiscono dal testo ma anche, o forse soprattutto, dalle immagini e dai loro colori.

Lo stesso Hoffmann è molto attento ai dettagli del suo libricino, in particolare alle illustrazioni. Egli, infatti, crede nel loro immenso valore,