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La triste storia di Struwwelpeter lascia posto a quella di un altro bambino, cattivo e dispettoso. Il suo nome è Friederich (o Federigo, come lo traduce Negri) e dalle immagini, in particolare dall’abbigliamento, si può pensare che si tratti di un bambino più grande, di circa dieci anni. A differenza del piccolo Peter il suo aspetto è più trasandato, anche se gli stivaletti che indossa, così come il foulard al collo (che qui non è più blu, ma verde), sembrano essere gli stessi.

Ben più numerose, tuttavia, sono le analogie tra Friederich e il bambino dell’introduzione: entrambi hanno capelli bruni che scendono fino alle spalle e la sedia sulla quale sedeva il bambino nella vignetta in basso al centro, ora è nelle mani di Friederich, in parte già distrutta. Tuttavia, ciò che più relaziona l’introduzione a questa storiella è lo stesso modo di concepire lo spazio, che appare ora diviso in tre parti.

Nella parte superiore dell’immagine Friederich è sopra un muretto a gambe aperte e con le braccia rivolte verso l’alto, segno del suo trionfo sui poveri animali che giacciono intorno a lui, morti (si vedano il canarino e il gallo ai suoi piedi, e il gatto in basso a sinistra). Questi ultimi sono tutti

Hoffmann 2008: 3-5.

animali domestici che, in una casa borghese di città quale poteva essere quella del nostro protagonista, svolgono ancora importanti funzioni: il gatto cattura i topi, l’uccellino intrattiene con il suo piacevole canto, il gallo conduce a casa le galline (Könneker 1977: 99) solamente la mosca è del tutto inutile. Tornando all’eroe, la sua bocca, a differenza di quella di Peter, è spalancata, come se volesse gridare qualcosa al mondo. A mortificare il suo trionfo e il suo atteggiamento sono i versi scritti entro una piccola cornice sul muretto: il bambino viene infatti definito come un “Wüterich” (un pazzo furioso), e forse proprio da questo appellativo che gli viene attribuito deriva la sua rabbia. Delle sue sensazioni e dei suoi pensieri, tuttavia, non ci è dato di conoscere alcunché; egli viene mostrato così come appare dall’esterno, cattivo, sia dalle immagini che dal testo.

Il suo atteggiamento prepotente e dispettoso si manifesta anche nell’immagine al centro, a sinistra del testo. Qui egli balla muovendo braccia e gamba, intento a togliere le ali alla mosca che tiene con la mano destra. Da queste due immagini è dunque evidente che Friederich non è più immobile e apatico come Struwwelpeter; al contrario, egli è sempre in movimento e sfoga la propria ira non solo sugli animali, ma anche sulle persone che gli sono vicine. Volendo leggere le storie come un continuum allora si potrebbe dire che la tristezza e l’immobilità fisico-emotiva di Peter si siano ora trasformate in una rabbia e in un movimento irrefrenabili.

Nell’immagine in basso a destra, per esempio, lo vediamo mentre frusta la propria madre (Gretchen), intenta ad asciugarsi le lacrime con un fazzoletto bianco. Come le altre donne adulte del libricino, anche lei indossa un vestito rosso lungo fino ai piedi, un grembiule bianco e uno scialle giallo; infine, i suoi capelli sono ordinatamente raccolti dietro la testa. Nonostante sia molto più grande di Friederich non solo per età, ma anche per corporatura, la madre non fa nulla per fermarlo o per insegnarli a comportarsi bene; ancora una volta, dunque, il bambino è solo e nessuno sembra occuparsi di lui.

La storiella prosegue poi nella pagina accanto.

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Nella parte superiore si vede il bambino che sale le scale per raggiungere il cane che sta bevendo alla piccola fontana. Nella vignetta sottostante, al centro della pagina, lo stesso animale, piuttosto grande e ricoperto di un folto pelo marrone, viene colpito da Friederich con il suo frustino. A differenza della prima vignetta, qui il cane tiene lo sguardo fisso sul suo aggressore, con la bocca ben aperta e una zampa sollevata, quasi si stesse preparando all’attacco.

Nel disegno sottostante, infatti, il cane morsica il piede di Friederich, che grida (oltre che dai versi, lo si può dedurre dalla sua bocca spalancata) e si dimena, sollevando le braccia verso l’alto, forse per mantenere l’equilibrio, e tenendosi su una gamba; i pantaloni sono in parte stralciati, il foulard verde e il cappellino cadono a terra, e così anche la sua ‘arma’. Il bambino perde dunque i segni della propria forza e mascolinità e subisce la sua prima sconfitta.

Con queste tre vignette assistiamo, dunque, alla caduta di Friederich, che da prepotente aggressore finisce tra le altre vittime del racconto. Ciò che ancora una volta colpisce, così come nell’introduzione e nella storiella di

Struwwelpeter, è la solitudine di questo bambino: la madre piange e si copre

il volto senza fare o dire nulla, e gli animali intorno a lui sono tutti morti. Rimane solo quel cane che beve alla fontana. Un bambino della sua età, tuttavia, dovrebbe sapere che disturbare e soprattutto colpire un cane così grande potrebbe rivelarsi molto pericoloso: ciononostante, egli decide di farne il bersaglio della propria ira, forse per comodità o forse per motivi ben più profondi di cui persino lui stesso è inconsapevole.

Nella terza pagina Friederich non si trova più nello spazio esterno alla casa, dove è libero di muoversi e agire in libertà, bensì al suo interno.

Lo vediamo sdraiato su di un letto piuttosto basso, coperto dal collo ai piedi da un’ampia coperta bianca; le sue gote sono rosse e il suo sguardo pieno di rabbia è rivolto al dottore che gli siede accanto (“sitzt dabei”, Hoffmann 2008: 5, v. 3). A completare la scenografia, quasi sempre essenziale, un tavolino in legno in fondo al letto sul quale il dottore ha posato il proprio cilindro e un bastone dal pomello dorato. A sostituire l’autorità dei genitori è proprio lui, il dottore; come si conviene a un uomo del suo rango e della sua professione, egli indossa una camicia bianca arricchita da un papillon azzurrino, una giacca blu con un bavero nero e pantaloni verdi che richiamano il colore della boccetta che egli tiene tra le mani. Egli appare sereno e sorridente, ma la sua autorità sembra essere accentuata non solo

dagli occhialetti che poggiano su un naso arcigno, ma anche dai grandi piedi puntati proprio verso Friederich, così come il grande cucchiaio (alquanto esagerato) che il dottore regge nella mano destra. Nella mano di sinistra, invece, vediamo una boccetta verde (lo stesso verde dei pantaloni) che contiene la “bittre Arzenei” (ovvero l’amara medicina) che il bambino deve inghiottire per via del forte dolore alla gamba (“vielen Schmerzen an seinem Bein” ). 35

Rispetto alla figura in primo piano e piuttosto imponente del dottore, Friederich appare improvvisamente piccolo. Non solo: egli è ancora una volta completamente solo. Nessuno sembra infatti preoccuparsi del suo nuovo stato, nemmeno la madre. Lo stesso dottore, che pur gli siede davanti, è ben attento a mantenere tra lui e il piccolo paziente una certa distanza tanto fisica quanto emotiva, come sembra suggerire anche il colore blu della sua giacca. Tale distanza appare ancora più evidente nella prima edizione:

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Un primo e rapido sguardo è sufficiente per cogliere le numerose differenze tra le due versioni. Soffermandosi sulla questione della distanza fisico-emotiva tra i due personaggi, si nota che il dottore si trova ora davanti ai piedi del letto, in piedi, con le mani nascoste dietro la schiena. Il fatto che egli si trovi in piedi e non più seduto sembra accentuare ulteriormente la sua autorità; le braccia portate dietro la schiena sembrano invece suggerire che il dottore non abbia alcuna intenzione di stringere la mano al piccolo paziente, come si converrebbe in segno di saluto.

Letteralmente: “molto dolore alla sua gamba” (ivi: 5, v. 2.).

Se il nostro piccolo eroe è costretto a letto e deve bere un’amara medicina, il suo aggressore può godersi un delizioso pasto. Lo vediamo raffigurato nella vignetta in basso a destra, visivamente collegata a quella sovrastante dall’ampia scalinata al centro della pagina. In realtà, osservando più attentamente l’immagine si nota che la scala non conduce da una stanza (o scena) all’altra, ma che, al contrario, le due scene sono chiaramente separate l’una dall’altra da una trave gialla orizzontale. Nella vignetta in basso vediamo il cane prendere il posto di Friederich e gustarsi il pasto che era stato preparato per lui: un salsicciotto (“Leberwurst”, Hoffmann 2008: 5, v.3), un dolcetto e del vino. Appeso alla sedia vi è poi il frustino che, insieme ai cibi sul tavolo, diviene simbolo del trionfo dell’animale su Friederich o, come suggerisce la Eckstaedt (1998: 55), della coscienza sull’Io.

Testo e immagini creano insieme la morale di questa semplice storiella: Friederich è ammalato perché si è comportato male. Non solo. Egli sembra anche essere l’unico colpevole; il cane che lo ha morsicato, infatti, non subisce alcun tipo di punizione o rimprovero e può godersi il suo pasto in tutta serenità.