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La riforma sociale. Rivista critica di economia e di finanza A.29 (1922) Vol. 33

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(1)

I t o c i * Anno XXIX - Voi. XXXIII

RIVISTA

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DI ECONOMIA E DI FINANZA

F o n d a t a p e l 1 8 9 4

S I T I L I

C Q M I . T A T O D I R E T T I V O

-CE*-LUIGI EINAUDI, Direttore

GIUSEPPE PRATO - ALBERTO GEISSBR - P. JANNACCONE

Segretario di Rédarione: FRANCI8C0 ANTONIO RENACI

ì

Paginn

Articoli e Questioni del giorno:

. D A L L A « M I N E R V A N E F A S T A » A L D I S S E R V I Z I O P O S T A L E :

Divagazioni burocratiche . LUCA BELTRAXI 1

L A G E S T I O N E E L I Q U I D A Z I O N E D E L M A T E R I A L E B E L L I C O

GINO BOKGATTA 7 TRASPORTI E CARO VIVERI: Le benemerenze dell'azienda

ferro-viaria itatele DONATO BACHI 10

D I V I E T I D ' I M P O R T A Z I O N E E D I N D U S T R I A D E L L E M A T E R I E

COLORANTI . . . lag. G. GHERSINA 30

L À P R E S S I Ó N E T R I B U T A R I A S U L L A P R O P R I E T À T E R R I E R A

E. MASÈ-DABI 45 FLORILEGIO FISCALE . . . G. SACERDOTE IACHIA 60

Cronache e Rassegne:

ECONOMIA E FINANZA F . A . R E P A C I , G . B O R G A T T A 71 STUDI E MONOGRAFIE DI UNIVERSITÀ AMERICANE . . G . B O R G A T T A 77 A P P U N T I B I B L I O G R A F I C I . . . 85

ì

AVVISO AGLI ABBONATI

Per evitavo interruzione nell'invio dei fascicoli ai pregano

vivamente i Signori abbonati, che non hanno versato

l'abbonamento pel 1922, a volerlo inviare, con cortese

soUecitudin e, all' Amministrazione de " La Biforma

Sociale " - Piazza Statato, 19 - Torino (9J.

'Avendo cessato, dal 1" gennaio 1922, i Fratelli Treves di

Milano di amministrare " Za Biforma Sociale ", per

abbonamenti e per tutto quanto si riferisce

all'ammini-strazione rivolgersi

C f C l u l v a i n O B t C

all'Amministrazione

de "La Biforma Sociale » -

P i a n a S t a t u t o , 1 9 - T u r i n o ( 9 ) .

Il prezzo di abbonamento per il 1922 è fissato in Lire 40,

come per il 1921, per l'Italia e Colonie, ed in Lire 60

per l'Estero, con diritto all'Annuario " L'Italia

Eco-nomica per l'anno 1921 " del Prof, Biccardo Bachi.

«ssy

m n %

(2)

Prima della guerra le questioni economiche sembravano

appan-naggio di pochi studiosi, campo chiuso al gran pubblico. La

guerra, le sue ripercussioni d'ogni genere che hanno tutti colpito,

il lavoro di riassestamento e di ricostruzione di cui ognuno vede

la necessità formidabile, e che- richiederà lo sforzo di più

gene-razioni, hanno messo in tale rilievo l'importanza dei problemi

economici, che simili studi vanno diventando d'interesse generate.

Anche i non indiziati sentono di non potersi appartare dalla

conoscenza dei complessi fenomeni dell'attività finanziaria,

indu-striale, mercantile, e dei nuovi aspetti che vanno determinandosi

dopo la guerra che fu detta una rivoluzione. Per corrispondere

a tale nuovo bisogno del pubblico la Casa Treves ha intrapreso

questa

BIBLIOTECA DI SCIENZE ECONOMICHE

alla quale è già assicurato il concorso dei nostri più eminenti

economisti. Per la chiarezza della trattazione, come per la mole

ed il prezzo, saranno volumi accessibili a tutti, e riesciranno

specialmente utili ai giovani che ora, più numerosi che in passato,

si dedicheranno a queste discipline. I volumi, usciti e d'imminente

pubblicazione, sono :

Il problema della finanza post-bellica,

d i LUIGI EINAUDI.

La terra ai contadini o la terra agli impiegati?, di

GIUSEPPE PRATO.

Peripezie monetarie delia guerra,

d i ACHILLE LORIA.

Problemi del lavoro nell'ora presente,

d i GIUSEPPE PRATO.

Le otto ore di lavoro,

d i FILIPPO TURATI.

La riforma generale delie imposte dirette sui redditi,

d i FILIPPO MEDA

(Voi. doppio).

Lo Stato e la crisi monetaria e sociale postbellica, di

AGOSTINO LANGILLO.

Rapporti fra capitale e lavoro,

d i MARCHETTI.

Il problema delle abitazioni,

d i LUIGI EINAUDI.

Problemi commerciali e finanziari dell'Italia, di

ATTILIO CABIATI..

Le esportazioni,

d i FILIPPO CARLI.

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ANNO XXVIII - VOLUME XXXII

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R I F O K M A S O C I A L E

RIVISTA CRITICA DI ECONOMIA E DI FINANZA

F o n d a t a n o I 1 8 9 4 ES—(3 C O M I T A T O D I R E T T I V O DIBKTTOKK:

L U I G I E I N A U D I

REDATTOBK-CAPO :

GIUSEPPE PRATO

ALBERTO GEISSER - P. JANNACCONE

Anno XXVIII — Volume XXXII

A n n o 1 0 9 1

T E R Z A S E R I E

L A R I F O R M A S O C I A L E TOBIKO

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d . « l l * ftaaat» X 9 2 X l u o X X V i l i — Yol. X X X I I (Teraa serie)

«9 0 < > 0 »

ARTICOLI E QUESTIONI DEL GIORNO.

Borgatta Gino — Crisi Bellica e Crisi Postbellica . . . . Pay. 65 Cablati Attilio — I probabili effetti della tassa del 1 2 % sull'importo

globale dell'esportazione tedesca » HO Corbino Orto Mario — Lo spirito anti-industriale in Italia » 34 Curato 8. — Il bilancio esterno d'Italia dopo la guerra . . » 373 Do Stafani A. — La ricchezza dall'aspetto energetico . . . » 156 Di Modica Giovanni — Le conseguenze economiche della guerra » 31 ' Donvito-Carano Giovanni — Classi e lotta di classi nel Medio-Evo.

Contributo allo Studio del movimento sindacale . . . » .'137 Garino-Canina Attilio — L e assicurazioni sociali in Italia nel periodo

post-bellico . . . » 361 Livi Livio — Spcrpori proletari e restrizioni borgbesi . . . » 168 Mosca Bernardo — Il Pensiero di Saint-Simon considerato dopo

un secolo . . . " » .306

Prato Giuseppe — L'epilogo di un conflitto industriale » 11 Rocca G. — Un economista agrario: Ghino Valenti . . . . » 137 Rotondi Mario — Riforme, Discussioni e Proposte in materia

d'im-poste sulle successioni » 265 Stringhar Bonaldo — In memoria di Luigi Bodio . . . » 1 " L'Inchiesta sul Controllo Operaio dalle Azienda » 201

Rapaci Francesco Antonio (Prefazione) » 201 Badoglio dott. rag. Giannino (Risposta) » 218 Bernardino dott. Anaalmo (Risposta) » 239 Boffi prof. rag. Ferruccio (Risposta) » 238 Cantano prof. Alasaandro Risposta) . . . ' . . . » 252 Caramazza prof. a w . Filippo (Risposta.) . ' » 242 Carli Filippo (Risposta) » 229 Cassa di Riaparmio di Ravenna (Risposta) » 226 Coniglio prof. rag. Carlo (Risposta) » 248 Croscimanno dott. Guglielmo (Risposta) . . . . . . . 258

Da Francisci Garbino G. prof. (Risposta) » 232 Devoto dott. Mario (Risposta) » 256

Filatura Lino, Canapa L. Saracchi-P. De-Ponti (Risposta). > 2 2 7 G. A. A. ing. (Risposta) » 225

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L LIUAUOI \

(8)

— VI —

Giretti Edoardo (Risposta) Pay. 215 Jaforte Ing. Emanuele (Risposta) . - . . . . » 255

Livini dott. rag. Ilio (Risposta1 » 249 Loria prof. Achilia (Risposta) » 236 Mariani Marcello (Risposta) » 227 Mattaucci aig. Renato (Risposta) » 245 Moglia rag. Giovanni (Risposta) » 254 Ottolenghi prof. Costantino (/iisposta) » 254 Prezzoli ni prof. Giuseppe (Risposta) . . : . . . » 241 Rodanò ing. Carlo (Risposta) » 222 Sinigaglia ing. Oscar (Risposta) » 231

Storchi dott. Mentore (Risposta) 247 Unione Centrale delle Associazioni Patronali Svizzera (Risposta) » 218

Unione delle Industrie Metallurgiche e delle Miniere (Risposta) » 219 Zorli prof. Alberto (Risposta) » 237

CRONACHE E RASSEGNE. R A S S E G N E B I B L I O G R A F I OHE.

Benasei Umberto — Guglielmo Du Tillot. Un ministro riformatore

del secolo x v m (G. Prato) Pay. 380 Bergomi — Cenni storici sul Giuoco del Lotto Pino-Branca) » 381 Fassio M. — L'educaziouo commerciale (Giuseppe P r a t o ) . . . » 53 Flora Federico — Manuale della Scienza delle Finanze (F. A. Repaci) » 373 Gayda Virginio — Il crollo russo (dallo zarismo al bolscevismo)

(G. Borgatta) . . • » 48 Joung George — The new Gcrmauy (V. P.) » 52 Labry Raul — L'industrie russe et la revolution (G. Borgatta) . » 49 Landucci Michele — Le contrattazioni di cambi a termine . » 176 Mossedaglia Angelo — Opere scelte di economia ed altri scritti

(F. A. Repaci) » 375 Niceforo A. — Les indices numériques de la civilisation et du progrés

(G. Prato) » 382 Opera Bonomelli di Assistenza degli Operai Emigrati — Saggio

di una prima inchiesta sulla emigrazione italiana in Europa

(G. Prato) » 384 Parato Vilfredo — Trasformazioni della democrazia (G. Prato) » 383 Pschaud Marcai M. — Les chemins de fer pendant et depuis la

guerre (1914-1920) (F. A. Repaci) 377 Roschar Wilhelm — Économie industrielle ( V. P.) » 51

Saligman Edwin R. A. — Le coQt de la guerre et la manière dont

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APPUNTI BIBLIOGRAFICI.

Sotto questa rubrica si recensiscono succintamente pubblicazioni di Vianeilo V.; Garrone Nicola; Hubert at Georges Bourgin; Brughera Antonio; Tivaroni Jacopo; Frola Giovanni; Rignano E.; Avenati Pietro; Brasca Luigi; Cor-tinois A. • V. Moro; Reggiani L.; Garino Canina Attilio; Prato G.; Tosi V.; Trentin Silvio; Totomlanz; Gin! C.; Knibbs C. H.; Oraziani A.; Larco R . ; Department of Labour; Amato Amati B.; Labry R.; Valenti G. ; Goode W. T ; Steiner R.; Parato V.; Loria A.; Cagli C.; Pasquali G.; Sanvills F. ; Zingali G.; Insolera F . ; Pironti e Spano, da pag. 48 a pag. 64; — Prato G.; Morsili G. A.; Vitale A.; Ravagli G.; Ferraris C. F . ; Bollettino mansils dall'Ufficio del Lavoro a dalla Statistica dalla cittk di Torino; Annuario Statistico Italiano 1917-1918; Las Financss da la Grècs pendant la guerre; Statistica del-l'emigrazione italiana par l'estero negli anni 1916-1917 e dati sommari par il 1918; The 100 best Investments; Masella G.; Ferrata D.; Matteotti G.; Frescura B.; Smith H. R.; Primatssta A. : Gorgollni P. ; Bonacci G.; Solmi A.; Pipia M.; Mara nel li C. e Salvemini G.; Lsighton Jordan W. ; Bernardino A., da pag. 131 a pag. 136; — Mortara G. ; Ksines Maynard J. ; Gide C. ; Leone E. ; Dechesne L.; March L.; Lachapelle G.; Schmid M.; Tyszka Cari von; Mont-gomari d.e G.; VisssringG.; Schneebsll H.; International Segretariat of the

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CRONACHE E RASSEGNE R A S S E G N E B I B L I O G R A F I C H E .

Amoroso Luigi — Lezioni di economia mateniatica (GINO BOROATTA) . Par/. 5 6 6

Angeli Norman — The fruils of Victory (G. B.) 452 Arias Gino — La questione meridionale ( F . A . REPACI) . . . > 3 6 3

Badulesco Victor V. — Le prélèvement extraordinaire sur le capital

dans 1' Empire Alleinomi (FEDERICO FLORA) 101

Baratta Mario e Visintin Luigi — Atlante della produzione e dei

commerci (F. A. REPACI) 570

Bell James Christy — Opening a highway to the Pacific (1838-1846). » 80 Bernardino Anselmo — Socialismo e Finanza » 72

— Tributi e bilanci in Sardegna nel primo ventennio della sua

annes-sione al Piemonte ( 1 7 2 1 - 1 7 4 0 ) (GINO BORUATTA) » »

Bonferronl G. E. — Probabilità assolute, relative di precessione (G. B.) > 454 Bounlatan Mentor — Les crises économiques (GINO B.) . . . » 453

llowley Arthur L. — Prices and Wages in the United Kingdom,

(1914-1920) (V. P.) . . . . : 302 llrlggs M. — A text-book of economica (G. B.) 303

Carli F. — Le esportazioni (GINO BORGATA) • . . . » 75

Ciasca R. — Il problema della terra ( G I N O BOHSATTA) . . . » 7 6

decotti Ettore — Lineamenti dell'evoluzione tributaria nel mondo

antico ( F . A . REPACI) • 1 9 2

Comstock Alzada — State taxation of personal incomes (G. B.) . . » 300

Costituzione del Gruppo Libero-Scambista Italiano 565 Douglas l'aul H. — American apprenticeship and industriai education > 83

Ferraris Carlo F. — Diritto amministrativo ( F . A. R E P A C I ) 4 5 8

Ferri C. E. — Il pensiero economico del Conte di Cavour ( G I N O BOROATTA) » 76

Giretti Edoardo — I danni e le ingiustizie della nuova tariffa doganale

( F . A . REPACI) 5 7 0

Giusti Luigi — I prestiti pubblici contratti all'estero (GINO BOROATTA) » 7 6

Instltut International d'Agricolture — Annuaire International de

Sta-tistique Agricole ( 1 9 0 9 - 1 9 2 1 ) (ATTILIO GARINO-CANINA) . . . . » 4 5 5

Iwasakl Ulchi — The Working Forces in Japanese Politica 80 Layton W. T. — An introduction to the study of prices (A. GARINO CANINA) > 3 0 1

Lei Spano G. M. — La questione sarda, con prefazione di L. Einaudi

( G . PRATO) » 4 5 7

Loria Achille — Verso la giustizia sociale ( G I N O BOROATTA) . . . . > 7 2

Munii G. — Problemi e logica dell' esportazione d' oltre mare (G. B.) > 76 Martin Charles E. — The Policy of the United States us regards intervention » 79 Mezzatesta Vittorio — Carbone ed elettricità in Italia. Contributo

alla risoluzione del problema di utilizzazione delle risorse idriche

nazionali ( F . A . R E P A C I ) > 1 9 3

Miner Clarence E. — The ratiflcation of the Federai Constitution by

the State of New York 80 Morris H. Lawrence — Parliamentary Franchise Reforra in England

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Mortara Giorgio — Lezioni di statistica economica e demografica

det-tate nel R. Istituto Sup. Commerciale di Roma (1919-1920) (G. B.) l'aj. 194 — Lezioni di statistica metodologica (G. BOROATTA) . . . » 568

Park J. H. — The English Keform Bill of 1867 79 'Pirro Branca A. — Fatti di ieri e problemi d'oggi ( G Ì N O BOROATTA) . > 76

Pirelli Alberto — Appunti economici intorno alla Conferenza delia

pace (GINO BOROATTA) 7 7

Fichu Cari C . — Introduction to Public FinAnce (GINO BOROATTA) . . » 1 9 6

Porri Vincenzo — Le esenzioni dai dazi e dalle imposte a favore delle industrie nuove. Il gettito dei dazi doganali e la struttura tecnica

del tributo (G. PRATO) 362

Prato Giuseppe — Pagine disperse di Francesco Ferrara (GINO BOROATTA) » 7 7

Prince Samuel H. — Catastrofe and social change » 84 Raymond Nelli Dora — British Policy and opinion during the

Franco-Prussinn \V«r » 8.1 Rea Russel — The Triuinph or Free Trade and other Essays and

Speeches (GINO BOHUATTA) . » 7 3

Retour (Le) h Por (P. J.)

Ricci prof. Umberto — IL fallimento della politica annonaria (GINO

BOROATTA)

Ross Victor — A History of the Canudian .Bank of Commerce (V. P.) » 457 Russel Smith I. — The World's Food Resources (A. GARINO-CANINA) . » 3 6 4 Scalfatl Stanislao G. — Rassegne economiche (GINO BOROATTA) . . . » 195

Scalia Carmelo — Il muterialismo storico e il socialismo (ACHILLE LORIA) » 4 4 7

Segrè Angelo — Circolazione monetaria e prezzi nel mondo antico ed

in particolare in Egitto ( G . PRATO) » 4 5 1 Société des Nations — Memorandum sur les tlnunces publiques, 1921.

Mémorandum sur les Imnques centrales, 1913-1918-1921.

Mémo-randum sur les monnaies, 1 9 1 3 - 1 9 2 1 ( G . PRATO) ' » 4 5 0 Sraffa P. — The bank crisis in Italy (G. PRATO) » 363 Supino Camillo — La carta moneta in Italia (GINO BOHOATTA) . . . » 1 9 5

The federai incoine Tax — Lectures cdtted by It. M. Haig (V. P.) > 456 Toirnsend Mary E. — Origins of Modem Germun Colonialism (1871-1885) > 81

WItbers Hartley — The cose for cupitaiism (V. 569 Wood Arthur George — William Shirle.v, Governar of Massachussetts

(1741-1Ì56) '. » 78 Wright James M. — Tho Free Negro in Marylund (1634-1860) . . . » 81 Zagorsky Simon — La Répuhliqiie des Soviets. Bilan économique

( F . A . RECACI) ' 7 1

SUPPLEMENTO A " LA RIFORMA SOCIALE „

(13)

APPUNTI BIBLIOGRAFICI.

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D I V A G A Z I O N I B U R O C R A T I C H E

Mentre si va radicando sempre più la convinzione che la riforma burocratica sia destinata ad essere fra i più efficaci elementi della invocata ricostituzione nella compagine statale, sorprendono alcuni passi della Relazione d'inchiesta, testé pub-blicata, sull'Ordinamento dei Servigi dello Slato e sulle condizioni

del personale. La Commissione parlamentare d'inchiesta, istituita

colla legge del 16 marzo 1921, non frappose indugio a sollecitare dai vari ministeri le informazioni e notizie di fatto necessarie ad assolvere il non facile còmpito di ridurre, semplificare e in ogni caso rendere più spedita, e al tempo stesso meno gravosa al bilancio dello Stato, l'opera della burocrazia. In questa circo-stanza, il Ministero della pubblica istruzione non volle dimen-ticare l'epiteto di Minerva nefasta da tempo assegnatogli dalla tradizionale incuria ed indolenza del suo funzionamento: poiché, nel primo volume delia Relazione d'inchiesta, passando a trattare di questo ministero, la Commissione cominciò col dichiarare che « per l'amministrazione centrale e provinciale della pubblica * istruzione si trovò obbligata a limitarsi ad un brevissimo e « sommario esame, non avendo il ministero fornito quasi affatto « i necessari elementi di studio ».

L'acquiescenza della Commissione d'inchiesta parlamentare, implicita in questa premessa, risulta ancora più strana di fronte alla circostanza che una precedente Commissione, nominata nel 1919 per la semplificazione della burocrazia minervina, aveva già steso una laboriosa relazione, che avrebbe potuto -costituire un prezioso materiale di proficua indagine per la

Commissione parlamentare; ma questa, dopo di averne sol-lecitata la comunicazione, dovette accohciarsi a « deplorare

(16)

Non è certamente il caso di far risalire la responsabilità di questa tradizionale indolenza alla persona troppo transitoria del ministro, i titolari alla Minerva ammontando quasi ad una ventina nel solo ventennio trascorso di questo secolo: anzi è doveroso, nel caso in questione, di rilevare come la relazione d'inchiesta documenti la sollecitudine e la diligenza colla quale il ministro della pubblica istruzione agevolò personalmente l'opera della Commissione, fornendo dati ed esponendo concetti e propositi di pratiche riforme; non per questo si vorrà giudi-care maldicenza il concludere che la deplorata incuria costituisca una prova palmare della resistenza, attiva o passiva secondo i casi, opposta dalla burocrazia minervina a qualsiasi indagine nel suo funzionamento.

Data tale condizione di cose, l'interrogare il ministro, come ritenni doveroso di fare, per sapere le ragioni del tenace ostacolo al còmpito della Commissione parlamentare, mirava al pratico intento di offrire al ministro la occasione non solo di separare la responsabilità sua da quella dei deplorati suoi dipendenti, ma di assicurare all'inchiesta un primo ed immediato effetto, col ricercare e punire i colpevoli della sistematica negligenza. Se tale non dovesse essere il logico risultato dell'incidente, tanto varrebbe rinunciare all'illusione di voler riformare la burocrazia mediante una inchiesta parlamentare, della quale i chiamati in causa mostrano tanto apertamente di farsi gabbo, non meno del Tecoppa ferravilliano che, colpito da una condanna, risponde tranquillamente al giudice: « e d io non l'accetto».

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abi-tanti, che dà, se non erro, allo Stato il maggiore introito postale — e la parola introito ha in questo caso un significato ironico, di fronte ai duecento milioni di disavanzo postale — venne presa in considerazione, prima ancora che dal ministro, dagli interes-sati suoi dipendenti, i quali si compiacquero di farmi rilevare come la interruzione da me deplorata di quaranta ore, dal sabato al lunedì, nella normale distribuzione della corrispondenza, sia stata adottata per Milano, non tanto per dare riposo ai distri-butori, quanto per non turbare la pace domenicale degli indu-striali e commercianti, col richiamarli alle noie degli affari: il che è troppo giusto, avendo la inopportuna mia interrogazione dimenticato che la posta venne istituita per gli affari, non già per trasmettere con qualche sollecitudine notizie di famiglia, le quali, anche se ritenute urgenti, come, ad esempio, le notizie di persone ammalate, possono ben rimanere quaranta ore giacenti negli uffici postali. E poiché mi ero mostrato piuttosto indiscreto col domandare di conoscere se fosse intenzione del ministro di rendere meno gravoso il disservizio postale, i dipendenti suoi si degnarono di richiamarmi alla circostanza che a Milano si ha il torto di avere case di cinque, e persino di sei piani, con scale non sempre di marmo, né sempre munite di ascensori: condizioni veramente insopportabili per il caso del portalettere che non voglia abusare della buona abitudine di deporre, in blocco, in portineria la corrispondenza di tutta la casa, anche se di sei piani. Evidentemente, queste osservazioni contengono il germe di una futura riforma del servizio o disservizio che sia: e già possiamo intravvedere la soluzione finale vagheggiata dagli impiegati postali, lasciando al pubblico di ritirare la corrispon-denza col presentarsi agli sportelli, dietro i quali i funzionari P.T.T. d'ambo i sessi possano negli intervalli fra l'una e l'altra richiesta avere l'agio di discutere dei diritti, delle competenze e del miglior modo di goderle; ciò, naturalmente, sino a che l'attesa invenzione di un distributore automatico venga ad eso-nerarli anche da quest'ultimo contatto col pubblico indiscreto, permettendo loro di continuare a discutere, all'aria aperta, ali'infuori di ogni legame burocratico.

(18)

esclu-_ 4 esclu-_

sivamente dal fatto che in ogni compartimento postale del Regno gli orari sono stabiliti ad libitum degli impiegati, non già del ministro, che ha ben altro per il capo : avvertendo altresì come, mostrandosi i commercianti ed industriali di Milano ormai rassegnati alla volontà dei distributori, non vi sia ragione perchè la restante parte trascurabile della cittadinanza abbia ad osti-narsi nel pretendere la continuità nel servizio postale. Infine, non mancò il ministro di richiamare la mia attenzione sull'esi-stenza dei francobolli espresso, mediante i quali, colla tenue spesa di novanta centesimi, si può avere la illusione di un ser-vizio regolare: questo naturalmente sino a che il pubblico sarà discreto nel ricorrere a tale privilegio d'indole economica, per modo di dire; giacché, se per malaugurata sorte, tutti avessero, al sabato, a permettersi il lusso dell'espresso, delle due l'una, o addio al riposo domenicale per gli impiegati, oppure necessità di progressivo inasprimento della tassa espresso, sino a quando il pubblico non fosse persuaso che gli impiegati postali hanno il diritto di riposare la domenica, non foss'altro perchè sia loro concesso di mangiare, andare in carrozza o in ferrovia, farsi curare dal medico, frequentare a scelta le scuole festive, o i cinematografi, o le osterie, approfittando, per non dire abusando, del lavoro festivo di altre classi sociali, per le quali il riposo settimanale per turno non è ancora diventato cosa indegna ed intollerabile, quale è ritenuto dalla classe dei distributori postali.

(19)

« di numerosi membri, cbe si convocano talvolta a lunghi inter-« valli di t e m p o » la Relazione d'inchiesta, presentando lo specchio delie Commissioni, permanenti o temporanee, ripartite secondo i vari ministeri, si è trovata a dovere porre, alla colonna riservata al Ministero della pubblica istruzione, l'avvertenza « Ministero che non ha risposto » ed a dovere dichiarare come il numero di sei Commissioni, indicato dalla Relazione d'in-chiesta, sia stato ricavato dal Calendario generale del 1920.

(20)

il valore ed il dovere di tale còmpito, ma perchè l'impresa venne, provvidenzialmente dicesi, sorretta dal mecenatismo di una mezza dozzina di pescicani, fra i quali non è mancato chi non ha forse sagrificato alla gloria di Leonardo, quanto ha profuso per il mecenatismo più domestico, anzi intimo, di prepararsi un monumentale water-closet, che potrà, un giorno, sembrare degno di essere inscritto nel patrimonio artistico nazionale.

Intanto i vecchi studiosi vinciani, ai quali sfugge sempre più, ogni giorno che passa, la speranza di arrivare a conoscere gli scritti di Leonardo ancora inediti, potranno rassegnarsi ai mòniti dedicati alla loro insofferente ignoranza da coloro che hanno monopolizzato e mantengono comodamente inutilizzabile un materiale da anni ed anni raccolto a spese della nazione, e col contributo di più autentici mecenati.

LUCA BKLTRAMI.

(21)

Recentemente vivaci critiche sui giornali politici hanno richiamato l'attenzione del pubblico sulla gestione delle liquidazioni del materiale bellico. Su questo argomento si era già nel settembre 1920 svolta una interessante discussione nel Senato, in seguito ad un'interpellanza, ricca di documentazioni di fatti specifici, del sen. generale Tassoni. E certamente questa gestione è stata una delle più formidabili esperienze della fatale incapacità dello Stato a funzionare come amministratore e commerciante, degli enormi danni, stupide distruzioni di ricchezza, abusi di singoli, errori nel tempo e modo di vendita, cbe la sua azione, attraverso la maccbina burocratica, inesorabilmente consente o pro-duce, una nuova ed eloquente prova di una verità economica e socio-logica cui gran parte dell'azione economica dello Stato durante e dopo la guerra ha recato un'impressionante e molteplice conferma. Io non intendo qui insistere sui singoli fatti specifici cbe le critiche suac-cennate han rilevato; ma solo desumere — da quei fatti che, nel contraddittorio colle autorità governative, sono risultati più incontro-versi — alcuni insegnamenti generali che questa gestione offre sulle sostanziali deficienze dell'opera dello Stato-commerciante.

Il problema della liquidazione del materiale bellico. Gli errori iniziali.

Bisogna riconoscere che il problema della liquidazione del materiale bellico s'impose necessariamente allo Stato, che non poteva evitarlo, perchè per forza di cose si trovò, al momento dell'armistizio, in pos-sesso di una massa colossale di beni d'ogni specie, non più necessari ai suoi nuovi bisogni e quindi da liquidarsi alle condizioni e nei modi più vantaggiosi per la collettività amministrata. D'altra parte l'espe-rimento è significativo pel fatto che si trattava di un solo gruppo di funzioni commerciali: la vendita; quindi di una serie di operazioni analoghe per grandi masse di beni simili, da parte di organi in parte già esistenti o che dovevano trovarsi in regolare possesso di quei beni, conoscerne la quantità, il valore approssimativo, ecc.

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pace. Materiale diversissimo, dai cannoni, areoplani, camions ed auto-mobili, alle teleferiche, ponti, fili spinosi ; dagli esplosivi, proiettili e bombe, agli oggetti di vestiario, scarpe, tutta la minutaglia dell'equi-paggiamento di cinque milioni di uomini; i materiali lasciati dalle armate nemiche; dalle lane greggio alle derrate — materiale raccolto nei depositi della zona di guerra e dell'interno ; magazzini di divisioni, d'armata, disperso per le stazioni ferroviarie, sui campi di battaglia, lungo le strade.

Sperperi, distruzioni di beni, approfittarsi di singoli disonesti, erano inevitabili in un primo momento dopo l'armistizio, data questa situa-zione di cose ed il disordine fatale di quel periodo, aggravato dal ritorno dei prigionieri italiani e dall'assestamento dei prigionieri nemici.

Ma la preoccupazione dell'immenso valore rappresentato da tutto questo ben di Dio doveva subito imporsi e provocare immediati prov-vedimenti e norme per la sua utilizzazione migliore. Quale poteva esser questo valore? Non si può calcolare, perchè mancò agli inizi la base di questo cafcolo, un, anche approssimativo, inventario di questa massa ai prezzi allora correnti. Si hanno quindi solo gli elementi offerti dai successivi risultati delle liquidazioni. Lordi delle spese di gestione, i ricavi furon calcolati a 1417 milioni (di cui oltre 200 figu-rativi perchè i materiali passarono ad altre Amministrazioni pub-bliche) nell'esercizio 1919-1920; preventivali in un altro miliardo e mezzo pel 1920-1921, con rimanenza d'una parte dei materiali. Ma il valore realizzabile da un'oculata gestione era da molli calcolato ad una cifra assai superiore, anche in base a quanto i materiali stessi, attra-verso le recenti forniture, eran costati allo Stato : dagli 8 ai 10 miliardi almeno, come valutava il gen. Tassoni, che, per le suo funzioni ispet-tive, ebbe modo di prenderne diretta visione (1). Questa enorme diffe-renza in meno, di 4-5 miliardi, resa più grave dall'ulteriore incre-mento dei prezzi dalla fine del 1918 alla prima metà del 1921, non è certo andata nella sua maggior parte alla collettività, ma distrutta con utile di nessuno, o perduta per l'incapacità commerciale degli organi venditori, o assorbita dall'illegittimo utile di singoli.

Non si comprende come fin dai primi giorni dalle autorità centrali (Ministero Guerra) non si sia pensato ad emanare agli organi ed auto-rità periferiche locali queste due serie di norme fondamentali :

a) L'ordine immediato di inventariare, coli' approssimazione

possibile in quel periodo, salvo a procedere ad un censimento più minuto pel materiale più durevole, importante e costoso, i diversissimi gruppi di beni che si trovavano nelle zone e territori di competenza delle autorità stesse.

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b) Criteri di massima per una prima provvisoria sistemazione

del materiale stesso: data la sua eterogeneità, appariva evidente la necessità di affidare agli organi locali una sommaria cernita e sepa-razione tra i materiali non immagazzinati regolarmente, più facilmente deperibili per la loro natura o per l'impossibilità di provvedere rapi-damente alla loro conservazione; dei materiali dispersi cbe potevan servire subito a bisogni collettivi o domande private urgenti, sul luogo, — procedendo, dopo un sommario inventario, alla loro liquidazione e vendita e separandone la massa di beni conservabili, importanti eco-nomicamente, ben immagazzinati, il cui ammontare quindi in parte dalle autorità locali si doveva già conoscere con precisione, inventa-riandole con cura per procedere poi alla loro vendita o assegnazione nei modi più opportuni.

La mancanza dell'inventario iniziale è uno dei fatti più impressio-nanti. Il Ministero del Tesoro vi aveva pensato, per la parte che diven-tava proprietà del Tesoro all'armistizio (1) chiedendolo con un tele-gramma nel novembre 1918; ma esso rimase lettera morta. Solo più tardi, quando notevole parte dei materiali era stata alienata, ceduta, deperita o consumata, si procedette ad organizzarne gli uffici e le norme (2). Nè è il caso d'allegare la difficoltà nascente dalla etero-geneità, imponenza e dispersione dei materiali che dovevansi inven-tariare. L'approssimativa loro consistenza sia nei magazzini, sia presso i corpi, doveva esser già nota. Pel rimanente, compreso il materiale di preda bellica, non mancavano gli organi da impiegarsi in un som-mario inventario ex novo, almeno « quantitativo». Sulla base di queste notizie, fornite dalle singole autorità locali per le zone di loro com-petenza, sotto la loro responsabilità, potevan poi tirarsi a Roma le somme, completando, se del caso, con ispezioni ordinate dalle autorità centrali pei materiali più importanti.

Anche un profano intende quali inconvenienti e danni debban esser derivati a queste gestioni dal mancalo inventario iniziale. Quale con-trollo veniva ad esservi pel procedere delle liquidazioni, vendite, depe-rimenti, furti? Quale base per il calcolo dei risultati della liquidazione — netti dalle gravi spese di gestione, in confronto ai proventi o utili indiretti che si potevan sperare dalla massa di materiale di cui lo

(1) Esso riguardava solo materiali per un valore di circa due miliardi, essendone escluse le armi, munizioni, cavalli, viveri, oggetti di vestiario, che continuavano a rimaner di compotenza del Ministero della Guerra.

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-Stato si trovava in possesso al momento dell'armistizio? Purtroppo sembra cbe anche in seguito questa gravissima deficienza contabile, cui un commerciante privato, messo in quelle condizioni, avrebbe per prima cosa pensato, non solo non sia stata colmata, ma seguita da una mancanza di regolarità e precisione contabile centrale, sì che non fu possibile ai ministri del Tesoro e della Guerra rispondere agli interpellanti in argomento offrendo un sommario dei registri di carico e scarico del materiale, e tanto meno conti dettagliati della gestione.

Anche alcuni elementari criteri cbe dovevano emanarsi alle autorità locali nel periodo iniziale appaiono o non esser stati emanati o non applicati. Doveva al più presto liquidarsi il materiale più deperibile, non immagazzinabile, di più urgente bisogno per la popolazione non militare del luogo, lasciando una relativa libertà alle autorità locali in questa prima liquidazione, senza del resto trascurare le registra-zioni ed i controlli cbe l'organizzazione militare è in grado di dare. Le possibili perdite nei prezzi sarebbero state compensate dall'evitare deperimenti successivi delle merci, spese per personale di custodia ed amministrazione, ribassi di prezzo.

Invece una incredibile disparità di criteri fu seguita al proposito. Il gen. Tassoni ha fatto una serie di rilievi al proposito viaggiando in lungo e largo l'Italia oltre un anno e mezzo dopo l'armistizio (marzo-settembre 1920) ed ancora a tale epoca potè in molti luoghi constatare l'esistenza di materiali cbe avrebbero dovuto esser al più presto liquidati. In centinaia di località di tutta la vecchia zona di guerra e delle retrovie rimasero, non per mesi ma per anni, spesso abbandonati in campi aperti alle intemperie, per centinaia di ettari addirittura, con materiali conservabili almeno come rottami (cannoni, fil di ferro spi-noso, rotaie, ecc.) mucchi di materiali deperibili: carri di legno, pali, secchie, vagoni, che potevano esser venduti subilo in ottimo stato e forse non lo poterono neppur più come rottami (1). Le popolazioni venete fecero subito gran ricerca dei carri lasciati dagli austriaci. Si incominciò a venderne; ma poi venne il divieto di venderli a singoli individui: in parecchi depositi furon conservati fino a dover pagare lire 20 al giorno operai che li demolissero per farne materiale legnoso (2). Gruppi di camions furono mandati nelle più lontane località, perfino in Sicilia, prima di averne fissata la destinazione al consumo, e non di rado a marcire in depositi scoperti, mentre potevano intieramente esser impiegati a dotarne imprese e linee automobilistiche nelle regioni povere di ferrrovie. Ricordo io che ancora nel 1919 su per giornali locali ed in comizi si chiedeva in Sardegna per servizi pubblici la cessione di tali camions col materiale connesso.

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tempi da negozianti privati a buoni prezzi, furon lasciati deperire, per poi venderli a prezzi dieci volte inferiori a quelli precedentemente offerti (1). Materiali preziosi per l'agricoltura (es. trattrici) sono affi-dati senza istruzioni sulla loro destinazione ad ufficiali che li lasciano abbandonati per mesi ed anni non sapendo cbe farsene.

Uno dei primi gruppi di materiali di cui si doveva sistematicamente ordinar l'impiego immediato o la vendita, erano le derrate alimentari, disponibili in quantità spesso enormemente superiori ai bisogni imme-diati dell'esercito, destinato a rapidamente ridursi. Invece milioni di scatole di conserve di carne di bue, suini, pesci, vengon mantenute, sballottandole di qua e di là per la necessità di sgombrar via via i fabbricati di deposito, perdendone in ogni rimaneggiamento. Perfino di olio, di cui si soffriva in molte parti d'Italia grave deficienza, rimanevano a venti mesi dall'armistizio depositi di centinaia e centi-naia di damigiane. Si conservavano stanzoni pieni di fiammiferi, che potevano subito passare alle pubbliche rivendite. Magazzini del genio militare continuarono a rigurgitare d'ogni sorta di materiali preziosi: attrezzi da zappatore, che potevan subito esser venduti agli agricoltori ritornanti nelle terre abbandonate; casse di vetro, che mancava ai privati; copertoni gomma e materiali da rivestimento, che deperivano; materiale elettrico, che nelle grandi città mancava; falegnamerie per-fettamente dotate ma totalmente inattive dall'armistizio; tele, panni, oggetti di vestiario, che per l'abbondanza delle disponibilità durarono tanto che le recenti polemiche si riferirono appunto a vendite di tali materiali.

La mancanza di questo preliminare criterio non recò solo con sè il deperimento di grandi masse di beni, uia sperpero di tempo, lavoro, mantenimento di personale impiegato, di locali e terreni affittati, indennità per ispezioni e commissioni, ecc.

L'organizzazione formale della gestione ed i suoi pratici difetti.

Con tutto ciò non si deve credere che sia mancata l'organizzazione della liquidazione: essa si elaborò anzi attraverso successive fasi, che cercarono di tener conto degli errori del passalo, migliorandone il funzionamento. Ma le deficienze erano inerenti alla natura stessa della funzione, alle debolezze fatali della macchina burocratica nel realiz-zare una sì colossale operazione commerciale. Del resto le norme ed istruzioni sovraccennate potevano e dovevano esser date dal Ministero della Guerra, prima della formazione dell'apposita organizzazione.

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Si creò anzitutto (novembre 1918) il Comitato interministeriale per il passaggio dallo stato di guerra a quello di pace (1). Ai lavori pre-paratori di esso ed all'esecuzione delle deliberazioni provvede una Giunta esecutiva, di cui fu nominato presidente il 5 gennaio 1919 il sen. Conti. Esso operò attraverso vari organi, cbe furono prima le Commissioni tecnico-amministrative che siedono in tutti i magazzini e depositi dove si trova questo materiale, magazzini che allora erano in numero di circa un migliaio. Al disopra di queste Commissioni c' erano delle Commissioni regionali con funzioni ispettive. Un terzo organo era costituito da sette Commissioni superiori, per materie (Commissione per ilmateriale areonautico, per il materiale automobilistico, ecc.); in Roma, una Commissione superiore centrale cbe provvedeva alle alienazioni dando il consenso per le vendite superiori a lire 50.000 ed era presieduta dal genale Sagramoso, dipendente dalla Giunta esecutiva.

La Giunta, constatato come questo accentramento di funzioni non rispondesse alle necessità delle liquidazioni loculi, progettò dapprima la creazione di un grande Consorzio formato da Istituti di credito, cooperative, private ditte industriali, cbe assumesse per conto dello Stato la vendita di tutti i materiali residuati dalla guerra contro una provvigione sulle vendite e con una forte cointeressenza dello Stato negli utili. Questo progetto fu però abbandonato anche perchè si vollero seguire le direttive date dalla Commissione pel dopo-guerra, di chiamare a far parte del Comitato liquidatore tutti i Ministeri inte-ressati ed escludere un Consorzio bancario o altro ente simile che potesse lasciar sospettare private speculazioni. Si ritenne più efficace procedere alla costituzione di vari Consorzi minori per le principali categorie di materiali, affidando ad essi le vendite per conto dello Stato, e chiamando a far parte del Consiglio di amministrazione loro, a tutela degli interessi dello Stato, due o più funzionari con facoltà di sospendere l'esecuzione di deliberazioni irregolari, e due o più rap-presentanti del Tesoro nei collegi dei sindaci per la sorveglianza sulle operazioni e per la revisione dei bilanci. I depositi rimanevano alle dipendenze delle amministrazioni militari, che dovevano mettere a disposizione dei Consorzi i materiali volta a volta richiesti (2).

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Più tardi fu soppressa la Giunta esecutiva ed istituito un Gomitato liquidatore delle gestioni di guerra che assorbiva le funzioni della Giunta esecutiva, e parte delle funzioni del Comitato interministeriale lasciato sussistere per funzioni di vigilanza e controllo (Decreto Legge 7 agosto 1920). Pochi mesi più tardi, con Decreto Legge 7novembre 1920, veniva affidata l'alienazione del materiale residuato dalla guerra e l'assegnazione delie provenienze dalla raccolta di rottami al fronte, alla Direzione generale delle Ferrovie dello Stato. Comitato intermi-nisteriale e ministro del Tesoro, à mezzo della Ragioneria generale dello Stato, continuavano ad esercitare il riscontro finanziario e contabile sulle alienazioni effettuate dalla Direzione delle Ferrovie. Il Comitato liquidatore conservava la facoltà di ordinare la revisione e modificare i patti contenuti nei contratti e convenzioni coi vari Consorzi, quando riconoscesse cbe tali patti sono dannosi alla pronta e utile liquidazione dei materiali stessi ; o dichiarare risolute le con-venzioni e contratti quando li reputasse non più rispondenti ai fini pei quali erano stati creati. Questa organizzazione dura ancora, salvo modifiche secondarie, attualmente.

Ma la semplice descrizione della organizzazione formale non può dare una sufficiente idea del suo concreto modo di funzionare. Un organismo colossale come questo, che in teoria potrebbe funzionare bene, in pratica può funzionare malissimo e dar luogo a sperperi, errori ed abusi. Del resto bastano questi rapidi cenni ad indicare un organismo farraginoso, complicato e ritardato da vincoli tra i diversi organi, centrali e periferici, un eccesso di burocrazia, che non poteva non pesare gravemente sulla rapidità e sull'efficacia economica della pro-gressiva liquidazione. Occorre ancora tener conto cbe da una parte gli organi centrali, di controllo ed ispettivi, dovettero essere

improv-visati, con elementi eterogenei, mentre la gran massa del personale

esecutivo, gli organi periferici di custodia e mantenimento del materiale già preesistevano, appartenendo tutti all'organismo militare. Anche questo recò una discontinuità, una minore efficacia nelle funzioni di autorizzazione e controllo. Inoltre la partecipazione ai Comitati e

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subito sfrondato delle mansioni cbe nulla banuo a cbe fare con quella militare; l'azione di elementi che si avvalgono delle caratteristiche condizioni dell'organismo militare, relativa indipendenza dogli altri poteri e controlli, della stessa disciplina e irresponsabilità dei suc-cessivi strati gerarchici, per fare il proprio illegittimo interesse. Una di queste caratteristiche è la sostanziale mancanza di responsabilità nel personale amministrante, nel caso di sbagli nel tempo e nel modo della vendita o di deperimento o perdite delle merci. Se queste si veri-ficassero in un'azienda privata, i privati imprenditori pagherebbero gli errori di tasca propria e gli impiegati colpevoli subirebbero multe o licenziamenti. In un organismo colossale come questo, in cui si trattava di miliardi, ma di proprietà dello Stato, le responsabilità non furono in sostanza accertate che per una minoranza di ingenui mal-destri, mentre tutti i furbi e pratici riuscirono ad evitarne le sanzioni, sia per la mancanza degli inventari iniziali, sia attraverso il palleg-giamento o l'evasione alle responsabilità, consentiti dalla natura stessa dell'organismo. Solo così si spiegano gli innumeri casi di merci depe-rite, materiali non assegnati malgrado le specifiche richieste, i ribassi di prezzi in confronto agli offerti, gli abusi, di cui solo una parte è stata denunciata. Anche principi cbe risultano efficaci in un'azienda privata, applicati in un organismo di questo genere diedero luogo a gravi abusi. Se ne ha un esempio nella utilizzazione degenerata cbe si fece della concessione di una modesta percentuale sugli affari ai personale cointeressato. Pur di guadagnare la percentuale, accrescendo le cifre degli affari, non si peritò di far perdere allo Stato somme enormemente superiori. Si denunciarono, ad esempio, casi di ponti metallici cbe potevano vendersi come travi armate a prezzo rimune-ratore, e che furono invece venduti dal Consorzio rottami a prezzi bassissimi. Sembra che gli sperperi e le perdite causale da questo Consorzio siano state enormi. Decano ilice già impiantate, preziose per il trasporto rapido dei proiettili disseminati, furon tolte e vendute come rottame, obbligando a procedere ai detti trasporti, delicatissimi, a braccia o con altri mezzi assai più lenti e costosi. La disposizione generale, abbastanza cervellotica, che le macchine deprezzate del 40 % ed oltre passassero al Consorzio rottami per esser vendute come tali, fu pure utilizzata con una serie di abusi. Si citano esempi di macchine in ottime condizioni : motori, tubazioni di ferro e piombo per impianti idraulici, ecc., guastate e deteriorate appositamente per farle consi-derare come rottami e vendere dal relativo Consorzio. La lentezza della liquidazione diventava naturale conseguenza dell'organizzazione farra-ginosa e dell' interesse che molti individui componenti gli organi ave-vano a prolungarne indefinitamente la vita e con essa i loro guadagni.

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l'occasione di vender bene quando capitava, e prolungare enormemente i processi di vendita. Per lo meno avessero queste pedanterie buro-cratiche impediti gli abusi ; ma ciò non avvenne affatto. Masse di merci scomparvero spesso; ed i procedimenti relativi non sempre giunsero alla doverosa conclusione: furono denunciati molti casi di vendite di automobili, chioderie, ferricavallo, tessuti e vestiari, a prezzi enormemente bassi, senza cbe si sia riusciti ad annullare i contratti o riavere la differenza di valore. Il fatto stesso cbe ancora alla fine del 1920 si accertavano magazzini rigurgitanti di oggetti; e che ancora a fine 1921 si denunciano abusi per vendite di milioni e milioni di tessuti immagazzinati, è un eloquente indice della lentezza con cui questa macchina procedeva nella liquidazione.

Guai, per la rigidezza dell'amministrazione e gli interessi dell'Erario, se in un organismo simile permangono individui abili e senza scrupoli. E purtroppo, mantenendo una massa di militari tali per la necessità bellica, alle funzioni di custodia e diretta amministrazione, ciò era quasi inevitabile. Qui non si tratta dell'essenza dell'organismo militare in sè. La necessità di assorbire parecchi milioni di uomini nel servizio militare obbligava ad assumere chicchessia: e non v'è rigidezza di disciplina, o sapienza di norme direttive che possa eliminar ciò, ele-mento secondario di fronte alla funzione e necessità della guerra. Ma una colossale azienda d'amministrazione e vendita è cosa diversa. Quello cbe nella vera funzione militare è secondario, in una pura funzione amministrativa ed economica diventa essenziale. Tanto più se l'improvviso imporsi del problema della liquidazione su vasta scala, la mancanza di precisi inventari iniziali, il succedersi di criteri orga-nizzativi diversi, la lontananza e discontinuità degli organi di con-trollo ed ispettivi, davano campo e modo ai suddetti elementi di abusare del posto cui per una qualsiasi ragione venivano a trovarsi. Non mancano casi di militari che, finita la guerra, diedero le dimis-sioni, facendosi acquirenti diretti, cointeressati o con prestanomi, di materiali bellici, probabilmente perchè conoscevano le vie ed i modi per giungervi rapidamente e l'utile che potevan trarre dall'opera-zione (1). E debbo dire francamente che non si vede bene perchè la perdita dell'Erario possa esser giustificata quando va a favorire orga-nizzazioni o cooperative operaie o di combattenti, che furono ammesse a far parte dei Consorzi e sui cui rapporti pure tornarono le recenti polemiche (2). Combattenti e mutilati meritano il più ampio sacrificio

(1) V . T A S S O N I G . , Discorso... in Atti cit., pag. 1403.

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. " • • • . - ' , ' • 'v! » 7,•

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-da parte della Nazione e dei contribuenti. Ma il sacrificio deve an-dare in favore di tutti i bisognosi, subirsi attraverso provvedimenti di carattere

ge-nerale, non attraverso gli affari di gruppi ed organizzazioni limitate, in cui

s'avvantaggia in fondo maggiormente una minoranza più limitata ancora.

Perdite, errori, sperperi.

Desumiamo ancora brevemente dai rilievi che sono stati fatti su questa gestione, alcune osservazioni generali. Notisi che a capo di essa fu per qualche tempo un tecnico d'indiscutibile competenza industriale e commerciale: il sen. Conti. Ma un uomo non può compiere miracoli. Norme generali intrinsecamente buone e razionali, un'organizzazione efficace e logica sulla carta, si snaturano, s'attardano, danno luogo a risultati imprevedibili, quando si applicano ad un'azienda pubblica colossale, specie se improvvisata. Così criteri temporanei che, applicati

ctim grano salis, potevano aver la loro utilità, pedissequamente seguiti

o astutamente utilizzati, apparvero spessò assurdi.

Tale, ad esempio, la norma di vendere solo il 50 % delle grandi partite di materiali esistenti nei periodi iniziali nei magazzini. Era un criterio empirico qualunque, diretto a liberare una parte e conser-varne un'altra, di materiale supposto parzialmente esuberante, parzial-mente ancor necessario al Ministero Guerra, che non sapeva subito precisare la porzione ch'era opportuno conservare pei prossimi bisogni e quella da liquidarsi. Poteva giustificarsi momentaneamente, finché detto Ministero avesse precisato la quantità cbe doveva conservarsi; ma non aveva senso se prolungato, specie per magazzini il cui fondo di materiale andava rinnovandosi. La quantità da vendersi deve dipen-dere dalla convenienza del prezzo o dell'impiego, non da un limite arbitrario che può consentire di vender molto quando non è conve-niente e troppo poco quando si presentano buone occasioni.

Un esempio cospicuo della lentezza con cui si svolse questa gestione è offerto dalla liquidazione degli esplosivi e munizioni. Materiali da

Sindacato con contratto 9 luglio 1920, ma riconobbe che si ritardò assai nella definizione delle stime dei materiali, il che obbligò il Comitato liquidatore a concedere al Sindacato due proroghe pel ritiro dei materiali, fino al 31 luglio 1921. Cosicché si trovò a dover considerar risolto il contratto, mentre il Sindacato chiedeva il sequestro dei materiali del magazzino più importante (Torino). Successivamente, tra levarle offerte d'acquisto fu accettata quella del signor Kirchel, che s'impegnava anche, in cambio, a tacitare completamento il Sindacato, anche per altra vertenea

pendente avanti il Tribunale di Fiume (Comunicazione dell'Ufficio stampa del

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eliminarsi al più presto, sia perchè certamente non più necessari nel pros-simo futuro, sia pei pericoli e danni della loro conservazione. I giornali ed il Parlamento si occuparono spesso di scoppi e danni, più o meno gravi, causati da depositi o da materiali dispersi. 11 problema era certo impo-nente, data la delicatezza e vastità del materiale da trattare. Ma se ancora a fine 1920 si calcolava che, a custodia di tali depositi residui, s'impiegasse una massa di 1000 ufficiali e 20 mila uomini, esistessero ancora 5 milioni di bombe e bombarde, e ben 32 sui 40 milioni di Kg. di esplosivi residuati a fine guerra, bisogna riconoscere che mancarono efficaci criteri organici per la loro rapida eliminazione ed utilizzazione, cbe forse avrebbero evitato parecchi dei casi dolorosi che si ebbero a lamentare (1).

Altre gravi proteste sollevò la liquidazione di materiali che pote-vano spesso, senza grandi lavori e trasformazioni, trovare un pronto impiego anche di utilità collettiva: gli impianti teleferiche e filovie. Moltissimi se ne erano, durante la guerra, creati con spesa ingente, e potevano essere quasi senza ulteriori spese, o per lo meno con spese relativamente minori, o mantenuti per Comuni locali cbe ne abbi-sognavano, o ceduti a ditte anche private che offrivano di rilevarli per esercir filovie o teleferiche ad uso pubblico, sia nell'identico luogo, sia in altri Comuni della stessa zona o, comunque, dell'alta Italia. La totale loro cessione al Consorzio per la liquidazione materiali teleferici pare abbia non solo impedito quasi completamente queste immediate utilizzazioni locali, che, oltre al resto, avevano pure il vantaggio di evitare ulteriori spese di mantenimento (a fine 1920 erano ancora in servizio cinque intiere compagnie teleferisti per guardare il materiale che il Consorzio andava recuperando), perdite per ribasso prezzi, rot-ture, ecc., dei materiali smontati ; ma recato seco irrazionali distruzioni per la fretta di smontare gli impianti; vendite degli impianti smontati, come materiale elettrico o altro, a prezzi assai più bassi ; destinazioni

generali assurde (solo a Comuni dell' Italia meridionale e Sicilia!), mentre

potevan esser permanentemente utilizzate senza neppur smontarsi!

Conclusioni.

11 colossale esperimento, di cui ho rammentato alcuni caratteri ed episodi, reca una sua tipica documentazione delle fatali debolezze ed insufficienze dell'azione statale. L'esperienza di quattro anni

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nistrazione bellica, gli studi preparatori della Commissione del dopo guerra, la presenza a capo dell'organo direttivo di quest'azione di un grande industriale, le numerose modifiche attraverso le quali l'orga-nizzazione della liquidazione, in conseguenza delle prime esperienze, è passata, avrebbero dovuto assicurare ben altri risultati dalla liqui-dazione dei beni esistenti alla fine della guerra. Ma tutto questo a nulla servi. Le esperienze precedenti non preoccuparono affatto. Si ripeterono gli stessi errori, abusi, distruzioni assurde di beni, che nelle gestioni ed amministrazioni statali dei quattro anni precedenti tante volte si erano lamentate. I dirigenti creavano, anche su basi razionali, organi cen-trali direttivi e di controllo, per eliminare gli abusi, per attivare il processo di liquidazione, assicurarne il maggior rendimento; ma attra-verso l'organismo elefantisiaco le buoni intenzioni si perdevano; la gran macchina liquidava colla maggior lentezza; masse di beni depe-rivano, senza cbe nessuno ne sopportasse la pena; svendite, tratta-mento vandalico dei materiali, combutte di singoli a danno dell'Erario, riducevano enormemente l'utile che il Bilancio poteva ripromettersi da una massa iniziale di beni del valore di otto miliardi almeno. E si trattava solo di conservare e vendere, il meno peggio possibile. Dopo aver condotta una guerra costosissima, spendendovi assai più di quanto era indispensabile ai fini militari, si sprecava così il parziale compenso che si poteva trarre dai residui delle spese precedenti e dai materiali conquistati al nemico.

Io non insisto su colpe di singoli che si potranno altrove cercare-e mcercare-eglio dcercare-efinircercare-e. Ma la colpa fondamcercare-entalcercare-e è dcercare-ella macchina, cui si affidano funzioni che non si devono affidare. Tutte le esperienze delle gestioni statali belliche concludono, per diverse vie, alle stesse con-clusioni. In ogni sostituirsi dello Stato e quindi della burocrazia, regolare o improvvisata, all'azione economica privata, si ripetono, con uniformità impressionante, errori, perdite materiali di beni, irrespon-sabilità economiche inconcepibili in un'azienda privata, abusi molte-plici di singoli che non si verificano in tal misura e forma cbe nelle pubbliche gestioni ed il cui costo ricade intiero, fatalmente, sulle grandi maggioranze contribuenti e consumatrici.

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T R A S P O R T I E C A R O V I V E R I

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Le benemerenze dell'azienda ferroviaria statale

Sul problema del caro viveri sono stati versati fiumi d'inchiostro. Non è nostra intenzione esaminarlo nei suoi vari aspetti, il che por-terebbe a disquisizioni infinite nel campo dell'economia generale, nel quale campo sono diverse le opinioni e di conseguenza anche molto diverse le conclusioni. Ci limiteremo invece ad esaminare un lato del problema, nel quale tutti coloro che si occupano degli interessi generali delle nostre popolazioni, si trovano concordi, e nelle constatazioni, e nel formulare voti e desideri. L'augurio è naturalmente che questa concordia porti a qualche buon risultato.

11 problema del caro vita comprende tutto ciò che occorre alla famiglia : alloggio, vestiario e vitto. Ma più propriamente accennando al caro viveri si intende riferirsi a quella sola parte che riguarda il vitto e cioè le derrate alimentari e anche per questa parte ci limiteremo ad un particolare della questione, quello dei trasporti ferroviari.

E scendendo ad un particolare del particolare, aggiungeremo che il problema ci interessa principalmente nei rapporti delle regioni set-tentrionali d'Italia che sono importatrici, sebbene per riflesso ne ven-gano interessate anche le regioni meridionali quali produttrici ed esportatrici.

Non ripeteremo il noto adagio, che le ferrovie sono le arterie del paese. Ognuno sa che, arrestando il movimento ferroviario, la vita del paese si arresta e che rapidi e poco costosi mezzi di comunicazione sono potente coefficiente per il progresso civile ed economico di una nazione. Basta all'uopo confrontare la rete ferroviaria dei paesi più progrediti con quella dei paesi più arretrati per convincersi che l'indice maggiore del progresso sta nella misura dei chilometri di ferrovie in rapporto alla popolazione. Da questo lato molto resta a fare all'Italia per corrispondere adeguatamente alle esigenze cosi dell'industria che dell'agricoltura.

(1) Quest'articolo, già pronto per il fascicolo di ottobre-dicembre, per esigenze tipografiche e di spazio, soltanto in questo fascicolo ha potuto essere pubblicato.

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L'Italia settentrionale è assolutamente dipendente, almeno in alcuni mesi dell'anno, dalla produzione del meridionale. Tre stadi sono a considerarsi della importazione del mezzogiorno d'Italia verso il centro e il settentrione:

Un primo stadio rappresenta il periodo in cui la produzione agri-cola del nord è quàsi nulla e quindi quella del mezzogiorno è una necessità imprescindibile. Se essa manca si ha veramente un fenomeno di parziale carestia e la carne, le uova, i cavoli, prodotti locali anche invernali, salgono a prezzi favolosi.

Il secondo stadio è rappresentato da quel periodo in cui si inizia e si sviluppa la produzione locale, ma è ancora insufficiente al bisogno e la produzione meridionale viene ad integrare quella, esercitando anche in pari tempo utile funzione di calmiere.

Il terzo stadio è quel periodo in cui la produzione locale potrebbe anche, a stretto rigore, soddisfare alle esigenze locali, ma la produ-zione del mezzogiorno continua a venire in misura più limitata e serve opportunamente a mantenere in giusti limiti i prezzi, che altrimenti, per effetto del monopolio che i produttori locali eserciterebbero, sali-rebbero assai al disopra di quanto il costo reale di produzione ed un equo profitto consentirebbero di fissare.

In questo ultimo stadio, insegna l'esperienza, bastano pochi vagoni di provenienza del mezzodì d'Italia per esercitare sui nostri mercati una assai benefica influenza.

Da quanto abbiamo esposto, non è chi non veda come sia di capitale importanza un servizio di trasporti ferroviari molto celere e a tariffe miti. Ora, come è stato ultimamente rilevato, questo servizio non si è avuto, ed il costo di molte derrate è stato sensibilmente alterato. Diremo degli inconvenienti lamentati e cercheremo poi di analizzarne le cause principali. Nell'ante guerra il servizio di trasporti ad uso delle esportazioni verso la Germania era organizzato in modo veramente perfetto. I vagoni dalla Sicilia giungevano in 36 ore alia frontiera ed anche oltre, e, quando occorreva, si dava ad essi la precedenza persino sui treni diretti, onde non mancassero l'arrivo al mattino sui mercati tedeschi. Chi conosce l'organizzazione dei mercati (che si tengono generalmente tre volte alla settimana), sa che se i vagoni non possono essere sca-ricati in tempo da poter essere riversati a prima ora sul mercato, non esercitano più influenza di sorta sui prezzi. La scarsa merce determina naturalmente un rincaro, ma la derrata giunta tardi rimane nei magaz-zini per almeno ventiquattro ore, qualche volta anche 36 e si deteriora, deve vendersi con sacrificio e non ne profitta più alcuno. Ora qualche inconveniente di ritardo allo scarico si è verificato anche nelle nostre principali città, ma la buona volontà dei dirigenti ha potuto imme-diatamente rimediarvi, quindi per questo riguardo poco abbiamo a dire.

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Napoli impiegavano un massimo di due o tre giorni, comprese le operazioni di carico e scarico e non più di cinque o sei giorni dalle Calabrie e dalla Sicilia, il che era sufficiente nella buona stagione, esclusi i forti calori, nei quali conveniva naturalmente spedire a treno diretto almeno le derrate più deperibili.

Il termine di resa (24 ore ogni 225 chilometri più 18 ore per le operazioni di servizio) non era quasi mai raggiunto, anzi normalmente era assai abbreviato, per cui, salvo casi eccezionali, le cose andavano discretamente.

Ma la guerra è intervenuta e la mancanza di vagoni e di carbone, le esigenze dell'approvvigionamento dell'esercito hanno fatto sì che lo Stato non potesse più mantenere tali termini di resa, e questi vennero semplicemente triplicati. Era logico cbe, durante la guerra, nessuno protestasse e neppure nei primi mesi che alla guerra seguirono. Tre anni dopo l'armistizio, non può a meno di parere eccessivo che, per un vagone di cavolfiori proveniente da Napoli, la ferrovia possa valersi di un termine di resa di dodici giorni 1 Tanto vale dire cbe non si spedisca più a piccola velocità accelerata; ed infatti gli importatori, ben sapendo cbe in corrispondenza a tali termini di resa la derrata giunge completamente inservibile, senza diritto a reclamo, non spe-discono più a piccola velocità accelerata, ma a treno diretto, con una spesa così elevata che su qualche prodotto ha raggiunto oltre il 50% del costo di esso.

Basta d'altronde aver presente, che il termine di resa per la piccola velocità accelerata rappresentava proprio il massimo compatibile colla conservazione della maggior parte delle derrate agricole, per compren-dere, che, una volta triplicati questi termini, che giungono così fino a 30 giorni per un trasporto da Palermo a Torino, il servizio trasporti derrate alimentari, in base alle norme attualmente in vigore, costituisce una derisione. Coloro che spediscono tentano un giuoco. Se va bene, cioè se i vagoni impiegano molto minor tempo dello stabilito come massimo (e bisogna riconoscere che oggi questo massimo non si rag-giunge più), la derrata può rag-giungere in buone condizioni, altrimenti la derrata è perduta, perchè la ferrovia non rimborsa nulla.

Qui occorre ricordare che, oltre a questi termini di resa, veramente intollerabili, le ferrovie trovano nell'articolo 58 delle tariffe una comoda scappatoia per non pagare, anche quando i termini di resa sono sor-passati. Dice infatti questo articolo, che non si pagano le conseguenze dei ritardi dovuti a cause indipendenti dal fatto dell' Amministrazione. Ma in queste cause si comprendono molti casi, la cui indipendenza dal fatto dell'Amministrazione è per lo meno discutibile, come i cosidetti

ingombri di stazione, ecc.

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deteriorabili, come le patate ; ma anche per queste si sono lamentate avarie notevolissime, perchè vagoni provenienti da Avezzano hanno impiegato oltre quindici giorni, ciò cbe ha fatto si che le patate sono giunte quasi totalmente germogliate.

Fra il trasporto a piccola velocità accelerata e il treno diretto sta il servizio grande velocità, ma quando si tratta di invii in forti quan-tità, come avviene per le derrate alimentari, manca l'opportunità di servirsene, in quanto i termini di resa sono di poco inferiori a quelli della piccola velocità accelerata. Nell'epoca in cui le città del setten-trione fanno larga importazione di aranci, che si riduce per qualche mese ad essere l'unica frutta accessibile alle borse modeste, furono segnalati sui giornali frequentissimi casi di vagoni giunti con uno scarto del 25 e 30%. Qualche vagone giunse cosi avariato, che venne scaricato nel fiume, dando luogo a un singolare episodio. Alcune donne del popolo, che assistevano allo scarico dei carri, ebbero a sca-gliarsi contro i negozianti all'ingrosso, accusati di accaparrare le derrate e lasciarle marcire in magazzino per non cederle a basso prezzo. E tali aranci erano gettati in fiume d'ordine dell'ufficio d'igiene municipale!

Siccome queste perdite non possono essere subite dal produttore, ne è derivato che il prezzo medio degli aranci si è elevato automa-ticamente del 30 e più per cento per coprire tali perdite. Ed in ultimo,

la temperatura essendosi elevata e non potendosi ottenere dalle fer-rovie sufficienti garanzie di rapido trasporto, le spedizioni degli aranci verso il settentrione cessarono assai prima dell'epoca normale. Gli importatori non si arrischiarono più a far venire un prodotto che non poteva più giungere mangiabile.

Diremo più innanzi delle cause degli inconvenienti che si lamen-tano, ma non sarà inopportuno ricordare alcuni fatti tipici che furono già ricordati sui giornali cittadini.

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venne venduto al pubblico incanto. In questi casi è probabile che la ferrovia abbia pagato, ma la distruzione di ricchezza è ugualmente avvenuta.

Più recente, fra altri, il caso di un vagone di uva da tavola, di circa 11.000 chili, che, spedito il 7 ottobre da Lonigo a piccola velo-cità accelerata, pagando 1160 lire di trasporto, è giunto a Torino il 18, impiegando 11 giorni. La perizia, fatta in contraddittorio, ha stabilito il danno al 35%,!

Sebbene questi cosi siano stati rilevati a Torino, tuttavia risulta, e dai reclami presentati e da quanto è stato pubblicato nei giornali milanesi e nel giornale della classe dei produttori, negozianti e impor-tatori, che gli inconvenienti lamentati furono comuni a tutto il set-tentrione, tanto è vero che i prezzi correnti delle derrate importate si mantennero quasi uguali tanto sul mercato di Torino cbe su quello di Milano, anzi in questo furono alquanto più elevati.

Fra gli altri guai del servizio ferroviario c'è quello degli imballi. Oggi questi costano tanto da rappresentare mia percentuale notevole nel prezzo delle derrate. Occorrerebbe poterli spedire a piccola velocità, ma le ferrovie non hanno mai vagoni da mettere a disposizione dei richiedenti e siccome non si può far a meno di spedirli alle ditte pro-duttrici, così si ricorre alla spedizione a grande velocità. La spesa è più che doppia, e naturalmente, in ultima analisi, viene a gravare sul prodotto.

Da tutto quanto abbiamo esposto, possiamo trarre la deduzione che vi è ancora nel servizio ferroviario una organizzazione difettosa, la quale si risente un po' troppo del periodo di guerra, da tempo felicemente sorpassato.

Dove si debbono ricercare le cause?

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Ancora lo scorso mese il giornale da noi più sopra citato aveva una corrispondenza da Roma, in cui si rilevava cbe da qualche tempo tutti i vagoni, o buona parte di essi, provenienti da Napoli e destinati a Roma, avevano avuto delle peripezie, specialmente avevano sofferto del riscaldamento. E siccome per un percorso cosi breve il fatto diventava, anche per la sua frequenza, inesplicabile, è naturale e logico che lo si attribuisca a manovre delittuose, manovre che trovano la loro con-ferma nelle constatazioni fatte alcune volte che, nei vagoni, là dove si doveva trovare l'olio lubrificante, si trovava invece delia sabbia. Non è pertanto arrischiato giungere alla conclusione che vi è perso-nale che ha un certo interesse a che il servizio non proceda regolar-mente, sia perchè nei trasbordi c'è sempre qualcosa da arraffare, sia perchè qualcuno è interessato da concorrenti a non lasciar proseguire qualche vagone di derrate. Quel che è positivo, matematico e provato dall'esame dei fogli cbe accompagnano i treni, si è cbe nelle Calabrie e nella Sicilia e anche nel Napoletano, il servizio non procede con la voluta regolarità. È onesto riconoscere che vi sono degli ostacoli non inerenti al personale. Le linee delle dette zone sono tutte ad un solo binario, le stazioni sono assai distanti fra di loro, e parecchie di quelle che figurano nell'elenco non funzionano, sono cioè smobilitate, senza personale. Ne consegue cbe se ad un treno capita un accidente, bisogna attendere lungo tempo prima di potervi provvedere, dovendosi tele-grafare alla stazione, conoscere se l'altro treno vi è giunto, aspettare la risposta; insomma fare una quantità di pratiche, del resto neces-sarie ad evitare incidenti più gravi, ma cbe tutte richiedono molte ore, spesso dei giorni. Poi vi sono le coincidenze da attendere e, tutto insieme considerato, un lievissimo guasto può portare a ritardi di qualche giorno.

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