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La riforma sociale. Rivista critica di economia e di finanza A.28 (1921) Vol. 32

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ITIOA DI BCONOMIA B DI FINANZA r o n d « U n « l 1 * 0 4 . .

G O M I T A T O D I R E T T I V O .

Direttore: j Redattore-Capo:

L U I G I E I N A U D I | G I U S E P P E P R A T O A L B B R T O GBIB8BR - P. J A N N A O O O B B

Articoli e Questioni <tei giorno:

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IN MEMORIA DI LUIGI BODIO BOXALDO STRIXGHER 1 L'EPILOGO DI UNO STORICO CONFLITTO INDUSTRIALE

GIUSEPPE PRATO 11 LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA GUERRA

GIOVASSI DI MODICA 80

Crònache e Rassegne:

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA . . G. Bargatta» V. ParrI 47

(2)

Prima della guerra le questioni economiche sembravano

appan-naggio di pochi studiosi, campo chiuso al gran pubblico. La

guerra, le sue ripercussioni d'ogni genere che hanno tutti colpito,

il lavoro di riassestamento e di ricostruzione di cui ognuno vede

la necessità formidabile, e che- richiederà lo sforzo di più

gene-razioni, hanno messo in tale rilievo l'importanza dei problemi

economici, che simili studi vanno diventando d'interesse generale.

Anche i non indiziati sentono di non potersi appartare dalla

conoscenza dei complessi fenomeni dell'attività finanziaria,

indu-striale, mercantile, e dei nuovi aspetti che vanno determinandosi

dopo la guerra che fu detta una rivoluzione. Per corrispondere

a tale nuovo bisogno del pubblico la Casa Treves ha intrapreso

questa

BIBLIOTECA DI SCIENZE ECONOMICHE

alla quale è già assicurato il concorso dei nostri più eminenti

economisti. Per la chiarezza della trattazione, come per la mole

ed il prezzo, saranno volumi accessibili a tutti, e riesciranno

specialmente utili ai giovani che ora, più numerosi che in passato,

si dedicheranno a queste discipline. I volumi, usciti e d'imminente

pubblicazione, sono :

Il problema della finanza post-bellica,

di LUIGI EINAUDI.

La terra ai contadini o la terra agli impiegati?, di

GIUSEPPE PRATO.

Peripezie monetarie della guerra,

di ACHILLE LORIA.

Problemi del lavoro nell'ora presente,

di GIUSEPPE PRATO.

Le otto ore di lavoro,

di FILIPPO TURATI.

La riforma generale delle imposte dirette sui redditi,

di FILIPPO MEDA

(Voi. doppio).

Lo Stato e la crisi monetaria e sociale postbellica, di

AGOSTINO LANGILLO.

Rapporti fra capitale e lavoro,

di MARCHETTI.

Il problema delle abitazioni,

di LUIGI EINAUDI.

Problemi commerciali e finanziari dell'Italia, di ATTILIO

CABIATI..

Le esportazioni,

di FILIPPO CARLI.

(3)

L A R I F O R M A S O C I A L E

ANNO XXVIII - VOLUME XXXII

(4)
(5)

L A

RIFORMA SOCIALE

RIVISTA CRITICA DI ECONOMIA E DI FINANZA

F o n d a t a n o I 1 8 9 4 ES—(3 C O M I T A T O D I R E T T I V O DIBKTTOKK:

L U I G I E I N A U D I

REDATTOBECAPO :

GIUSEPPE PRATO

ALBERTO GEISSER - P. JANNACCONE

Anno XXVIII — Volume X X X I I

A n n o 1 0 9 1

T E R Z A S E R I E

L A R I F O R M A S O C I A L E TOBIHO

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(7)

Indice per Materie e per Autori

d . « l l * A n n a t a X 9 2 X

• n o X X V i l i — Voi. X X X U ( T o m torio)

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ARTICOLI E QUESTIONI DEL GIORNO.

Borgotto Gino — Crisi Bellica e Crisi Postbellica . . . . Pay. 65 Cablati Attilio — I probabili effetti della tassa del 1 2 % sull'importo

globale dell'esportazione tedesca » HO Corbino Orto Mario — Lo spirito anti-industriale in Italia » 34 Curato 8. — Il bilancio esterno d'Italia dopo la guerra . . » 373 Da Stofani A. — La ricchezza dall'aspetto energetico . . . » 156 Di Modica Giovanni — Le conseguenze economiche della guerra » 31 ' Donvito-Carano Giovanni — Classi e lotta di classi nel Medio-Evo.

Contributo allo Studio del movimento sindacale . . . » .'137 Garino-Canina Attilio — Le assicurazioni sociali in Italia nel periodo

post-bellico . . . » 361 Livi Livio — Spcrpori proletari e restrizioni borgbesi . . . » 168 Mosca Bernardo — Il Pensiero di Saint-Simon considerato dopo

un secolo . . . " » .306

Prato Giuseppa — L'epilogo di un conflitto industriale . •» 11 Rocca G. — Un economista agrario: Ghino Valenti . . . . » 137 Rotondi Mario — Riforme, Discussioni e Proposte in materia

d'im-poste sulle successioni » 265 Stringher Bonaldo — In memoria di Luigi Bodio . . . » 1 " L'Inchiesta sul Controllo Operaio delle Aziende » 201

Rapaci Francesco Antonio (Prefazione) » 201 Badoglio dott. rag. Giannino (Risposta) » 218 Bernardino dott. Anselmo (Risposta) » 239 Boffi prof. rag. Ferruccio (Risposta) » 238 Cantano prof. Alassandro Risposta) . . . ' . . . » 252 Caramazza prof. a w . Filippo (Risposta.) . ' » 242 Carli Filippo (Risposta) » 229 Caata di Risparmio di Ravenna (Risposta) » 226 Coniglio prof. rag. Carlo (Risposta) » 248 Creaci man no dott. Guglielmo (Risposta) . . . . 258 De Francisci Gerbino G. prof. (Risposta) » 232 Dovoto dott. Mario (Risposta) » 256 Filatura Lino, Canape L. Saracchi-P. De-Ponti (Risposta). > 2 2 7 G. A. A. ing. (Risposta) » 225

(8)

— VI —

Girotti Edoardo (Risposta) Pay. 215 Jatorte ing. Emanuale (Risposta) . . . - . . . . » 255 Livini dott. rag. Ilio (Risposta) » 249

Loria prof. Achille (Risposta) » 236 Mariani Marcello (Risposta) » 227 Mattoucci aig. Renato (Risposta) » 245 Moglia rag. Giovanni (Risposta) » 254 Ottolenghi prof. Costantino (Risposta) » 254 Prezzollni prof. Giuseppe (Risposta) . . . . . . n 241 Rodanft ing. Carlo (Risposta) » 222 Sinigaglia ing. Oscar (Risposta) » 231

Storchi dott. Mentore (Risposta) 247 Unione Centrale delle Aesociazioni Patronali Svizzere (Risposta) » 218

Unione delle Industrie Metallurgiche e delle Miniere (Risposta) » 219 Zorli prof. Alberto (Risposta) » 237

CRONACHE E RASSEGNE. R A S S E G N E B I B L I O G R A F I C H E .

Benasei Umberto — Guglielmo Du Tillot. Un ministro riformatore

del secolo x v m (G. Prato) Pay. 380 Bergomi — Cenni storici sul Giuoco del Lotto ( A Pino-Branca) » 381 Fassio M. — L'educazione commercialo (Giuseppe P r a t o ) . . . » 53 Flora Federico — Manuale della Scienza delle Finanze (F. A. Repaci) » 373 Gayda Virginio — Il crollo russo (dallo zarismo al bolscevismo)

(G. Borgatta) . . • » 48

Joung George — The new Germany ( V. P.) » 52 Labry Raul — L'industrie russe et la revolution (G. Borgatta) . » 49 Landucci Michele — Le contrattazioni di cambi a termine . » 176 Meeeedeglla Angelo — Opere scelte di economia ed nitri scritti

(F. A. Repaci) » 375

Niceforo A. — Les indices numériques de la civilisation et du progrés

(G. Prato) 382

Opera Bonomelli di Assistenza degli Operai Emigrati — Saggio di una prima inchiesta sulla emigrazione italiana in Europa

(G. Prato) » 384

Pareto Vilfredo — Trasformazioni della democrazia (G. Prato) » 383 Pechaud Marcai M. — Les chemins de fer pendant et depuis la

guerre (1914-1920) (F. A. Repaci) » 377 Roscher Wilhelm — Économie industrielle ( V. P.) » 51 Seligman Edwin R. A. — Le coùt de la guerre et la manière dont

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— VII —

APPUNTI BIBLIOGRAFICI.

Sotto questa rubrica si recensiscono succintamente pubblicazioni di Vianeilo V.; Garrone Nicola; Hubert et Georges Bourgin; Brughera Antonio; Tivaroni Jacopo; Frola Giovanni; Rignano E.; Avenati Pietro; Brasca Luigi; Cor-tinois A. e V. Moro; Reggiani L.; Garino Canina Attilio; Prato G.; Tosi V.; Trentin Silvio; Totomlanz; Gin! C.; Knibbs C. H.; Oraziani A.; Larco R . ; Department of Labour; Amato Amati B.; Labry R.; Valenti G. ; Goode W. T ; Steiner R.; Pareto V.; Loria A.; Cagli C.; Pasquali G.; Sanville F. ; Zingali G.; Insolera F.; Pironti e Spano, da pag. 48 a pag. 64; — Prato G.; Morelli G. A.; Vitale A.; Ravagli G.; Ferraris C. F . ; Bollettino mensile dell'Ufficio del Lavoro e della Statistica della città di Torino; Annuario Statistico Italiano 1917-1918; Les Financee de la Grècs pendant la guerre; Statistica del-l'emigrazione italiana per l'estero negli anni 1916-1917 e dati sommari per il 1918; The 100 best Investments; Masella G.; Ferrata D.; Matteotti G.; Frescura B.; Smith H. R.; Primatssta A. : Gorgollni P. ; Bonacci G.; Solmi A.; Pipia M.; Mara nel li C. e Salvemini G.; Leighton Jordan W. ; Bernardino A., da pag. 131 a pag. 136; — Mortara G. ; Keines Maynard J. ; Gide C. ; Leone E. ; Dechesne L.; March L.; Lachapelle G.; Schmid M.; Tyszka Cari von; Mont-gomeri de G.; VisseringG.; Schneebsll H.; International Segretariat of the

League of Nationa: Currencies after the War; Riet C.; Scager Roger H.; Lanzillo A.; Prato G.; Riva G.; Demangeon A.; Ashley Percy ; Anzilotti A.; Morelli D.; Kirkaldy A. W . ; Bowley A.; Sinigaglia O.; Pari A. ; Ayusawa I. F.; Ronaldson I. H.; Lawson F. M . ; Vita E.; Robinson S. Jesse; Conacher H. R. e W. R. Scott; Trombetta M.; Serpieri A. ; A. Vitale'; Bellucci A.; Hibbard H. B.; Zattini G.; Campodonico A.; Milhaud E.; Lambert H.; Levy R. G.; Poisson E.; Andreani F.; Lambert H.; Taiibler A.; Lenin N.; Pubblicazioni ufficiali varie di Ministeri, Camere di Commercio, ecc.; Petaccia D.; Comune di Venezia (ufficio di Statistica); Corsi A.; Contento A.; Tallarico L.: Gatto M ; Smith H. F.; Tassoni G.; Lex; Direzione del « Corriere E c o n o m i » » (I problemi del Dopo-guerra); Baccarini U. ; Casana C.; Lanino P.; Soprano D.; Fortunato G . . Nicotra S.; Balsamo Crivelli R.; Rolandi-Ricci V.; Garelli F.; Oraziani A.-Civita D.; Carli F., da pag. 179 a pag. 200; — Battistella A.; Albani A.; Bougin Georges et Hubert; L'economia italiana nel suo divenire durante l'ultimo venticinquennio e nelle sue condizioni attuali; Zingali G.; Yule Uduy G.; Lazzari G.; Gini C.; Zingarelli I.; Pubblicazioni ufficiali di Mi-nisteri, da pag. 259 a pag. 264; — Messedaglia Angelo; Lawrence A. F o g g ; A. Williams; De Brun e Monetti; Pechaud Marcel M.; Flora F . ; Cessi Roberto; Benassi Umberto; Bergòmi; Niceforo A.; Scalia C.; Pareto Vilfredo! Osborne Sydney; Annuario di Statistica del Comune di Firenze, degli Istituti Scientifici Italiani, del Ministero Industria e Commercio; — Marina Mer-cantile; Annuario delle Banche; Officiai Year Book of New South Wales; Annuario Estadistlco de Espana; Officiai Year Book of the Commonwealth of Australia; Edizioni Laterza; Edizioni « La Voce », da pag. 375 a pag. 388.

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— 1 —

I

IN MEMORIA

# •

DI

L U I G I B O D I O '

Egregi Colleghi! L'illustre nostro Presidente, con il suo consueto forbito eloquio, ci ha detto di Luigi Bodio.

Il collega insigne, la cui scomparsa lascia un vuoto profondo! si è spento, pochi giorni or sono, dopo aver reso alla scienza e al paese un ultimo Cbspicuo servigio.

Alla metà di ottobre doveva riunirsi a Parigi la Commissione inter-nazionale presso la Lega delle nazioni per le statistiche, della quale era autorevole membro. Di già in condizioni di salute gravemente minata, domandava agli intimi e si domandava se, non ostante gli avvertimenti del male, doveva o non doveva recarvisi. Vinse, alla fine, ogni incertezza la voce che egli credeva quella del dovere, e parti ; chè per Luigi Bodio nessun dovere, mai, anche il più tenue, poteva essere trascurato da chi intendeva di meritarsi il nome di « galan-tuomo ». A Parigi ebbe accoglienze molto festose e onori da una schiera eletta di scienziati e di ammiratori, che Egli aveva in ogni centro di sapere, e che Egli amichevolmente coltivava, grazie a una 0 corrispondenza davvero prodigiosa per il numero, per il contenuto .e

per la diligente continuità.

Acclamato per unanimità di consensi presidente di quel Consesso internazionale, pronunziò un discorso-programma sobrio ed elevato, che chiudeva con una giusta sintesi della situazione presente della società

(1) Queste sono parole pronunsiate alla B. Accademia dei Lincei, nella tornata della Classe di scienze morali, storiche e filologiche dei di 21 novembre 1920. Ciò valga a chiarire la forma di discorse data alla commossa commemorazione che il nostro insigne collaboratoro ha fatto dell'opera scientifica e pratica del Maestro perduto. (Nota della Red.).

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civile, significando essere oggimai dovere dei governi di non lasciarsi andare incoscientemente alla deriva, per vivere un giorno di piti :

carpe ilicin (1).

Come Egli stesso scrisse da Parigi a persona amica, quel discorso di scienziato e di uomo politico fu il canto del cigno. Ritornato con l'animo sollevato e con lo spirito, che parea ringiovanito, dal soggiorno di Parigi, fu ripreso furiosamente dal male, e quello spirito si è spento per sempre.

Aveva 80 anni, essendo nato a Milano nell'ottobre del 1840, ma tanti non ne mostrava, conservando Egli una mirabile gioventù di pensiero, di azione e di movimento, benché da un paio di anni qualche nebbia malinconica, a quando a quando, ne rattristasse il pensiero e ne turbasse il cuore di patriotta.

Professore d'Istituto tecnico prima a Livorno e poi a Milano, nel 1869 ebbe la cattedra di geografia commerciale e di statistica nella Scuola superiore di commercio di Venezia. Gli si aggiunse l'incarico dell'insegnamento dell'economia politica sotto gli auspici e le direttive di Francesco Ferrara, il forte pensatore, lo stringente loico siciliano, che dava lustro a Ca' Foscari, dove in quegli anni, divenuti quasi remoti, dettavano lezioni luminose Adolfo Bartoli per le lettere, Rinaldo Fulin per la storia, Carlo Combi per il diritto.

Essendo Ministro per l'industria e il commercio l'onorevole

Casta-(1) Di quell'ultimo discorso proferito, in francese, a Parigi, riportiamo dal Temps, del 14 ottobre decorso, il brano seguente :

« Messieurs! La guerre, terminée par le terrassement de l'AUemagne militaire, qui voulait opprimer le reste du monde par sa folie de domination, a. fait place, malheureusement, à une autre guerre formidable : celle du bolchevisme.

u C'est là l'utopie du communistae, qui tend à s'imposer par la violence. Le communisme ? Victor Hugo l'a dit avec son langaga imagé : c'est vieux comma la barbarie, vieux eomme le commencement, vieux cornine l'enfance !

« Cependant le. bolchevisme ne s'annonce pas immédiatement dan aes con-clusione extrémcs ; mais poursuivant son cours d'idóes et sa logique, il se manifeste en corrompant les masses, en détruisant tout esprit de discipline parmi les travailleurs, en désorganisant les services publics par le chómage, les grives, le sabotage, la propagande impudente. La société, labourée de la aorte, perd sa cohésion: elle s'òmiette, elle se dissout; et notre civilisation, fruit des efforts accumulò» des siècles, menace de sombrer. 11 faut aviser aux moyens d'y parer. .

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gnola e Segretario generale Luigi Luzzatti — come allora modesta-mente appellavansi i vice-ministri che hanno creato l'amministrazione italiana — il Bodio venne chiamato, in sulla fine del 1872, a Roma per succedere a Pietro Maestri, medico, patriotta-soldato, che, nel 1864, aTeva associato il suo nome a quello di Cesare Correnti nella pubbli-cazione dell' Annuario Statistico Italiano, e aveva dato vita alla Sta-tistica ufficiale del Regno (1).

Luigi Bodio era preparato a una tale successione, vuoi per la sua larga cultura scientifica e la sicura conoscenza di più lingue forestiere — egli parlava e scriveva il francese non meno perfettamente dell'ita-liano — vuoi per taluni lavori che rivelarono in Lui attitudini e com-petenza specifiche nel campo della statistica. Si accenna al » Saggio sul commercio esterno terrestre e marittimo del Regno d'Italia » (pubblicato nel 1865), che contiene osservazioni allora non comuni, e che oggi ancora possono essere utilmente considerate nell'esame dei problemi attinenti agli scambi e alla bilancia dei pagamenti interna-zionali ; e si rammenta il « Saggio sui documenti statistici del Regno d'Italia », una bibliografia sapiente presentata, nel 1867, al sesto Congresso internazionale di statistica.

Raccolte nelle mani nervose le redini dell'Ufficio centrale di stati-stica, il Bodio vi si dedicò con una febbrile attività.

A occasione dell'undecimo Congresso degli scienziati italiani, riunito in Roma nell'ottobre del 1873, lanciò un poderoso volume « L'Italia

economica », denso di notizie efficacemente esposte e ottimamente coordinate su le condizioni del Regno da poco costituito con Roma capitale. Era un'opera di collaborazione delle amministrazioni pub-bliche e di privati studiosi, chiamati a raccolta da quell'uomo alacre e animatore, che non conosceva riposo nè per sè, nè per gli altri ; dolce nei modi, seducente nella parola, ma tenacissimo nel volere ciò che considerava necessario all'avanzamento civile e scientifico del paese. Si doveva cooperare e collaborare : lo sforzo di un solo, anche di genio, riteneva impotente al conseguimento di risultati duraturi e decisivi a vantaggio della patria. L'Io doveva fondersi e nascondersi

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nei più, e come l'associazione costituisce un elemento sostanziale di forza economica, cosi, nella più gran parte dei casi, la collaborazione di capi scelti a fini scientifici determinati è condizione indeclinabile. Nessun dubbio che lo sia per una direzione di statistica intesa come la intendeva il Bodio, e come dovrebbero intenderla gli uomini di governo.

Ma se Luigi Bodio domandava a molti concorso di suggerimenti e di lavoro, e nulla trascurava per accaparrare e associarsi cooperatori, e per conquistare utili collaboratori, non risparmiava sè stesso per sod disfare alle richieste che gli piovevano da ogni parte, e per age-volare in ogni modo con prontezza e con larghezza chi ricorreva a Lui e ai suoi uffici per ragioni di studio. Distribuiva da gran signore il ricco tesoro delle sue cognizioni e il frutto delle sue conoscenze. Si può dire, senz'ombra d'esagerazione, che una intera generazione di studiosi a Lui sia ricorsa, e abbia trovato in Lui un animo generoso che non sentiva gelosia professionale, non conosceva l'invidia, e per cui era somma letizia l'assistere, il consigliare, il suggerire : forniva libri e dati e opportuni consigli con zelo inesauribile. Per tutti era, come è poi sempre stato, un amico e un maestro.

Rammento gli anni di intenso lavoro e di studio paziente, quando dai miseri locali di via della Stamperia uscivano, oltre ai volumi del censimento e del movimento della popolazione del Regno, le svariate pubblicazioni statistiche che riscuotevano il plauso dei più reputati e meglio ordinati uffici stranieri. Le prefazioni meditate e lucide di Luigi Bodio, ricche di confronti internazionali, sopra i più diversi argo-menti, recavano luce sicura intorno alle condizioni demografiche, finan-ziarie, economiche, morali del Regno. Egli sapeva misurare i commenti, non affermava se non era ben certo di poter affermare, non correva a conclusioni affrettate, non temeva di essere tacciato di timidezza perchè, nei casi dubbi, usava la prudenza più meticolosa, che gli era imposta dalla sua coscienza di scienziato e di galantuomo. Ei soleva dire che, se la statistica apriva la bocca alle cifre, non doveva farle parlare che per dire la verità. « La direzione della Statistica, ammo-niva il Bodio, non si propone di provare alcun che. Riunisce testimo-nianze, le discute, le classifica, le espone in ordine chiaro ; unicamente sollecita della verità: vitarn impendere vero ».

In Lui era tenace e costante l'abito della osservazione esatta, scien-tifica.

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grazie allo spirito animatore del Bodio, aiutato da valenti collabora-tori, assunse via via dignità di rivista, divulgatrice di ogni fatto e di ogni fenomeno di rilievo che potessero essere tradotti in cifre. E ac-canto a una tale abbondante produzione ufficiale sorgeva e si faceva strada, per imporsi alla generale attenzione, VArchivio di statistica, magnifica creazione di Cesare Correnti, di Angelo Messedaglia, di Paolo Boselli, e del Bodio. Il vecchio Correnti, con quel suo stile sin-golare, a filigrana, ne tracciava il programma. Doveva essere VArchivio una rivista liberatrice dall'oppressione delle mastodontiche pubblica-zioni di ogni fatta che, in quegli anni, uscivano dalle officine mini-steriali. « Gli studiosi dovevano trovare in esso il profluvio delle sta-tistiche ufficiali, dottrinali, mercantili, costipato ili giuste dosi, ridotto in essenza e sostanziosa sobrietà ».

Scorrete i fascicoli di quellMrc/uwo, e vi troverete le classiche monografie di Angelo Messedaglia; studi di economia e di finanza sagaci e profondi di Vittorio Ellena ; e scritti notabili di scienza sociale di Gerolamo Boccardo, di Cesare Lombroso, di Gaspare Finali e di Emilio Morpurgo ; assieme a talune perspicue e argute scritture di Aristide Gabelli, che bollava con ineffabile ironia gli « scettici della statistica ». Non accenno ai collaboratori ancor vivi, perchè dovrei ricordarne una fila, ponendo in testa i nostri chiari colleglli Carlo Ferraris e Antonio Salandra.

Con tanto fervore di opere, Luigi Bodio tenne per ventisei anni la direzione della Statistica. Ma anche tolto da quell'ufficio, per reg-gere il Commissariato generale dell'emigrazione, e passar poi al Consiglio di Stato, era sempre lui, il Bodio, il rappresentante glo-rioso, da tutti riconosciuto, della nostra Statistica (1). Ónde gli si rese omaggio, in Italia affidandogli permanentemente la presidenza del Consiglio superiore della statistica, e all'estero con la nomina di Lui a presidente dell'Istituto internazionale di statistica. Ufficio emi-nente che Egli esercitò per più anni ed esercitava ancora nel giorno

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della morte, circondato dalla stima e dalla riverenza dei dotti di ogni paese.

Il Bodio copri con elevatezza e con onore il posto di Commissario generale dell'emigrazione che allora, nel 1901, si instituiva. Vi fu ad-ditato a cagione della sua competenza specifica nelle questioni demo-grafiche, economiche e giuridiche alle quali dà vita e movimento incessante l'esodo delle genti. Vi fu chiamato segnatamente per la sua adamantina rettitudine. Ma ognuno di voi può immaginare la condi-zione di quell'uomo mite e schietto, di quell'intelletto di studioso, di quella mente indagatrice di alti problemi, quotidianamente alle prese coi vettori e con gli agenti delle Compagnie di navigazione, sfruttatori per abito e per avidità di lucro delle nostre plebi costrette a guadagnar la vita lungi dalla patria. Il posto non era agevole, l'azione non era libera e sciolta fra i molti interessi pubblici e pri-vati in contrasto, e gli ondeggiamenti della politica governativa. Il Bodio condusse il suo ufficio energicamente, e considerò la sua mis-sione come un apostolato, guardando da l'una parte ai doveri dello Stato per la tutela della popolazione emigrante e emigrata, e dall'altro considerando a fondo le conseguenze economiche, politiche e sociali del fenomeno migratorio.

L'esperienza approfondi, estese e rese più compiute e ordinate le sue cognizioni intorno all'arduo argomento, come si trae da numerose scritture che videro la luce nelle più autorevoli riviste italiane e fore-stiere a illustrazione delle questioni fondamentali che rampollano dal fatto dell'emigrazione, e a propaganda d'idee precise e sane intorno alla vessata materia. Materia che, quale presidente del Consiglio del-l'emigrazione, Egli non lasciò mai dal seguire e dal considerare : se ne ha riprova nell'efficace, incisivo discorso, che pronunziò il 4 agosto 1918, sui problemi del dopo-guerra risguardanti l'emigrazione.

Ma il Commissariato, che egli dovette costituire e formare, indiriz-zare e avviare, per farne uno strumento il meno imperfetto possibile dell'azione statale, lo affaticava e lo preoccupava. Faceva molto e bene, eppure si struggeva al pensiero di non poter far di più e di meglio, e di non dominare da solo, come avrebbe ardentemente voluto, la difficile posizione. Compiuta la sua missione, dopo quattro anni si ritrasse dignitosamente nell'ambiente calmo e appartato del Consiglio di Stato, dove la ponderata opera sua rese ulteriori servigi al paese. Il paese' che — anche liberato dai doveri ufficiali col ritiro a quie-scienza — Ei servì con affetto e con profonda-devozione fino agli ultimi giorni di sua vita.

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luminosa carriera, era il Maestro (1). Il Maestro nel significato più alto della parola. Sapeva, sapeva bene, sapeva molto, e trasfondeva negli altri con fervore le sue cognizioni e l'amore dell'apprendere. È noto che Egli dettava lezioni di dottrine giuridiche ed economiche nella Scuola di applicazione per gli ingegneri in Roma ; un insegna-mento sussidiario di materie non affini a quelle costituenti il fonda-mento della cultura speciale di chi si propone di esercitare l'inge-gneria. Eppure una schiera di suoi allievi, di varia età, parecchi dei quali oggidì professionisti provetti, vi ripeterà che non solo le lezioni del Bodio erano ben frequentate, ma che assai graditi e gustati erano i suoi insegnamenti, che, espressi nella forma più attraente e più viva, aprivano orizzonti nuovi o mal noti a giovani intelligenze, divenute ammiratrici dèlia sapienza poliedrica del geniale insegnante.

Le discipline demografiche si allacciano a quelle attuariali. E il Bodio non trascurò siffatto allacciamento, e promosse con ardore l'ap-plicazione degli studi matematici alla demografia. Egli stesso ci narra, commemorando da par suo l'amico Luigi Perozzo — il matematico solerte dell'antica direzione della Statistica Italiana, morto in età appena matura, e in un ufficio non degno del suo intelletto e dei suoi studi — che traeva profitto dalla conversazione con lui, sempre varia e instruttiva, e ne godeva. « Ricordo volentieri — è il Bodio che discorre — con quanto mio profitto mi intrattenevo intorno ai teoremi delle probabilità, intorno alle leggi dell-aeeardo, sulla teoria degli errori, sui metodi dell'interpolazione, sui concetti diversi del caso fortuito, da quello per cui una deviazione minima iniziale conduce a divergenze incalcolabili, a quello dell'equilibrio che si fanno tra loro

(1) Luigi Bodio fu nominato Senatore il 14 giugno 1900. Commissario generale dell'emigrazione dall'agosto 1901 al 1904.

Segretario generale dell'» Institut international de statistique » dal 1885 al 1905, e Presidente dal 1909 fiuo alla morte.

Presidente del Consiglio superiore di statistica dal 5-giugno 1908.

Presidente del Comitato di statistica presso il Ministero della Giustizia dal settembre 1919.

Presidente del Consiglio dell'emigrazione fiuo al 1919.

Membro nazionale dolla R. Accademia dei Lincei. Membro del Consiglio della Società geografica italiana. Membro t corrispondente dell' Institut de Franco

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le così dette cause accidentali, disponendosi le grandezze dei loro effetti simmetricamente attorno ad una mediana ».

L'ing. Perozzo, che si era guadagnata la stima e la considerazione, non facile, di Quintino Sella, di cui era stato segretario, apparteneva al gagliardo manipolo di giovani collaboratori che il Bodio, fra il 1875 e r 85, aveva chiamato intorno a sè, e che — segnatamente negli ultimi anni — spesso ricordava con commossa e commovente parola. Oggimai parecchi di quei giovani d'allora non sono più. Gli altri, ahimè, non son più giovani, ma rammentano come fosse di ieri il tempo nel quale lavoravano assieme, quasi affratellati, nel seminario statistico, cdltivando con entusiasmo gli studi, per fare onore a loro stessi e al Maestro venerato. Rammentano i dibattiti alto sonanti intorno a svariati argomenti, suscitati per rompere tratto tratto l'as-sillo delle cifre, nelle stanzuccie mal costrutte, e addobbate con par-simonia selliam, nel cortile del palazzotto della Stamperia camerale, da dove non pochi fra essi presero il volo per onorati destini.

Il Bodio amava che i suoi collaboratori più vicini non fossero uomini unnis libri. Ne dava Egli l'esempio con la cultura ond'era dotato, che si poteva'considerare universale. Egli era conoscitore d'arte, e ne parlava con competenza e con gusto. Seguiva le ricerche di archeo-logia e di storia antica, e ne poteva discorrere come un cultore appas-sionato, aiutato com'era da una memoria che destava in chi lo cono-sceva invidia e ammirazione (1). Quante volte nelle riunioni ristrette di pochi intimi, o nelle passeggiate nelle ville suburbane, ripeteva pagine di autori antichi, o di classici nostri e forestieri, facendone ammirare le bellezze. Nessun libro nuovo di qualche valore sfuggiva alla sua attenzione, e provava godimento nello spremerne il succo, che faceva gustare agli amici, promovendo interessanti conversazioni sopra questioni le più diverse, non escluse le filosofiche e le religiose. Se non per la struttura mentale, certo per la estensione dei veri cono-sciuti, il Bodio fa pensare a Carlo Cattaneo, o meglio ancora all'altro suo concittadino Gaetano Negri, di cui era stato devotissimo amico ; ma la sua visione era più larga e più lontana. All'infuori dèi filone principe del suo pensiero, altri ne correvano di paralleli, le chi mani-festazioni erano quelle di un dilettantismo non superficiale e vano, ma

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nudrito costantemente di studi : il dilettantismo di un intelletto attento, vigile, curioso, che sa e vuol sapere sempre di più, arso da quella sete

naturai che mai non sasia.

Forse questa sete insaziabile .di sapere non fu ultima delle cagioni per le quali il Bodio non ha condensato in qualche opera poderosa il suo pensiero ; e troppe cure Egli ebbe che lo distolsero da un lavoro seguito sopra un solo sostanziale argomento, mentre di molti ne avrebbe potuto trattare magistralmente. L'opera sua fu molteplice, ora sepolta nella sassaiuola di cifre delle pubblicazioni ufficiali, ora disse-minata nelle riviste, ora avvolta nelle pieghe degli Atti accademici e dei congressi ; ma fu opera utile e feconda, della quale non pochi si giovarono £er nuove costruzioni scientifiche, o per diffondere, meglio agguerrite dalla efficacia dei fatti tradotti in cifre, cognizioni di gene-rale vantaggio (1).

Dire della bontà e della gentilezza dell'animo di Luigi Bodio è superfluo ; ognuno che lo conobbe ne restava ammirato. Qui, in que-st'aula, abbiamo ascoltato talune sue commemorazioni, nelle quali furono trasfuse quella bontà e quella gentilezza. Voi ricorderete le parole paternamente affettuose con le quali Ei disse di Augusto Bosco, suo discepolo e suo amico immaturamente perduto ; ricorderete la no-bile biografia di Paolo Leroy-Beaulieu, che chiudeva con un rimpianto commovente del padre illustre, che aveva perduto nella grande guerra l'unico figlio ; ricorderete, per tacer d'altro, le note dolenti con le quali chiudeva la commemorazione di Alfred de Foville, il suo grande amico di Francia.

Del patriottismo di Lui vi è Sensibile traccia nella sua collabora-zione, durante più anni, nel Consiglio centrale e nella vice-presidenza della « Dante Alighieri ». Dotato di un senso squisito di misura e di prudente equilibrio, vi recava la sua voce autorevole quando si ele-vavano delicate questioni interessanti la difesa della nostra favella oltre il vecchio confine, e l'affermazione dell'italianità sulle Alpi e sulle coste orientali dell'Adriatico. Le sue passeggiere trepidazioni dopo Caporetto, furono meno intense di quelle onde gli furono cagione i recenti moti di talune plebi cittadine e rurali, incitate da un

male-f i ) È stata stampata negli Atti dell'Accademia dei Lincei (anno 1889, Memorie della classe di sciouze morali) la prima edizione del lavoro: « D i alcuni indici misuratori del movimento economico in Italia ». Nel 1891 il lavoro medesimo fu ripubblicato in odizione riveduta e largamente ampliata. Per più anni codesti indici furono una sorgente ricca, alla quale si attinsero e dati e idee ; e non pochi studi posteriori ebbero incitamento e indirizzo da quello del Bedio apparso con l'accennato modesto titolo.

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fico soffio comunista a minacciare l'ordinamento sociale ed economico del paese. Non nascondeva per tali fatti, e per le conseguenze che ne temeva, una grande amarezza. Sebbene taluno abbia potuto giudicare eccessive le sue preoccupazioni, per .avventura esagerate dalle condi-zioni della salute non più ferma, quello stato d'animo confidato agli amici dava la misura del suo grande amore alla Patria, che' ò sempre stata in cima de' suoi pensieri.

Dopo sessantanni di lavoro, avendo avuto frequenti missioni e coperto uffici importanti e delicati, Luigi Bodio, lascia la vedova e le < figlie in una posizione economica assai modesta. Onore a Lui, che riafferma, senza ostentazione, le tradizioni della lealtà, della fedeltà e del disinteresse che rifulsero nell'amministrazione italiana, e contras-segnarono una pleiade di eminenti servitori dello Stato.

Egli, che avrebbe avuto ragione di essere orgoglioso dell'opera sua incessante, complessa e multiforme, fu di una semplicità e di una modestia non comuni in uomini di tanta altezza. L'atto delle sue ultime volontà ne è lo specchio tersissimo. Lasciò scritto che a Lui bastava che il Suo nome fosse fatto nel Senato del Regno e in questa Acca-demia, al nome semplicemente aggiungendo queste parole: » era un galantuomo e ha aiutato molto a lavorare ». Ei credeva di poter ap-plicare a sè stesso, un detto che ripetè in occasione della scomparsa di un altro grande lavoratore, il quale di sè stesso parlando ebbe a dire: « non frustra vixisse videor ».

No, Maestro e amico diletto, non sei vissuto inutilmente. Là tua vita, verde e giovanilmente attiva anche nella vecchiezza, fu tutta con-sacrata con fervore indomito all' incremento del sapere e a ogni pro-gresso civile e sociale. Possa il tuo nobile esempio, in quest'ora ancor non lieta, esser fecondo di imitatori di Te degni.

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L'EPILOGO

DI UNO STORICO CONFLITTO INDUSTRIALE

L'ultima fase del " Caso Mazzonis „ O).

Pagine non periture di Taine e di Tocqueville ricordano il concorso involontario dato dalle classi privilegiate dell'antico regime alla matu-ranza dei germi spirituali e materiali onde esplose, in forme che una maggior fermezza di governo avrebbe certo, con comune vantaggio, attenuate, la rivoluzione giacobina. Ma il fenomeno, nofa il Pareto, è caratteristico di tutte le elette in decadenza. E lo vediamo ripetersi in misura ben maggiore oggi, quando la spinta violenta ed incomposta d'un'insurrezione proletaria non tutta spontanea nè sempre naturale trova nella vituperata borghesia il concorso di un favoreggiamento platonico e l'aiuto di una codardia, equivalente negli effetti ad una autentica complicità.

Gli episodi che individueranno la tendenza agli occhi degli storici futuri sono innumerevoli. Taluni assumono però fisionomia più tipica, e meritano perciò di essere fissati nei loro lineamenti precisi (mal noti fuori dell'immediato ambiente in cui si svolsero), a guisa di documenti

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caratteristici della crisi di civiltà che attraversiamo. Tra i quali pochi assumono significato più eloquente del breve conflitto, modesto di pro-porzioni, ma grave di conseguenze e di insegnamenti, che si svolse nel febbraio e marzo scorsi in alcuni borghi delle prealpi piemontesi, in seguito ad una delle tante battaglie industriali, la cui cronicità è indice patologico del profondo dissesto di spiriti della tormentata ora presente.

Per polemiche giornalistiche ed echi parlamentàri tutta Italia ebbe, a suo tempo, notizia del complesso di fatti che rimarranno designati col nome sintetico di caso Maeeonis. Deformazione di rendiconti ten-denziosi, avventatezza di giudizi pronunziati da chi era supremamente ignaro degli elementi positivi e giuridici della contesa, trascuranza sdegnosa degli interessati di illuminare il pubblico su elementi ad arte falsati dalla speculazione politica, difetto infine d'ogni informa-zione sull'ultima e più significativa fase della vertenza, hanno però circondata la cristallina semplicità dell'evento di tante e tali leg-gende, reticenze ed insipienze, da rendere anzitutto indispensabile, a chiarimento delle idee, un prospetto schematico dei fatti.

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Per il rifiuto opposto dall'imprenditore al licenziamento di un capo-tecnico ed alla revoca di punizioni cagionate da offese e vie di fatto contro' costui, le maestranze dei cotonifici Mazzonis di Torre Pellice, Pont Canavese, eòe. dichiaravano, nel gennaio, lo sciopero, reclamando, oltre la soddisfazione specifica sul pretesto occasionale del movimento, il riconoscimento per parte della ditta del concordato di lavoro 28 maggio e 26 ottobre 1919 -concluso fra la Federazione tessile e l'Associazione padronale. Rispondevano gli industriali che, estranei per deliberato proposito a quest'ultima, non ne ritenevano per sè vinco-lative le stipulazioni, onde soltanto avrebbero riaperti gli stabilimeuti per trattative dirette coi propri operai.

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norma comune vigente nell'industria, per consenso delle organizzazioni delle due parti.

Forte dell'espresso disposto di legge (1), che assegna a simili giu-dicati valore facoltativo di semplici consigli, la ditta non mostrava di avvedersene, neppure quando il prefetto insisteva, notificando la sen-tenza sotto forma di ingiunzione imperativa e perentoria. Entrava in. gioco allora l'azione diretta, da tempo premeditata, della massa, che, invadendo gli stabilimenti ed inalberandovi bandiera rossa, ne procla-mava la definitiva appropriazione comunistica. Soltanto dopo alcuni giorni l'autorità, rimasta spettatrice benevola del colpo di mano, avver-tiva la legalità turbata dal rivoluzionario precedente e decideva di restaurarne l'apparenza formale con l'affidare ad un funzionario dello Stato, l'ing. Fusconi, la gestione delle fabbriche per conto dei proprie-tari, con l'incarico di applicarvi, a guisa di provvedimento esecutorio, il lodo arbitrale. Compiuta la quale operazione, un decreto di deriqui-sizione reintegrava nel possesso dell'azienda i fratelli Mazzonis, che • accettavano senza altri contrasti il fatto compiuto.

La breve cronistoria si chiude cosi, nella relazione ufficiale e pel pubblico, come ogni onesto apologo educativo, col trionfo dell'oppresso ed il pentimento del reo.

Se non che la favola intiera riceve da un ultimo, e generalmente ignoto, documento il sapore di un'impagabile ironia.

Nell'esaminare infatti con obbiettiva coscienza i conti dell'azienda, il solerte gestore ebbe una sorpresa che certo non si attendeva: trovò cioè che le retribuzioni spontaneamente pagate dalla ditta al suo per-sonale prima dello sciopero erano, nel complesso, sensibilmente supe-riori a quelle della tariffa sindacale, occasione e pretesto a tanto sconquasso. Siccome, fra le altre conquiste, figurava pure la retroattività del nuovo trattamento, indiscutibile risultava l'obbligo per gli operai di rimborsare anziché percepire delle eccedenze.

Paghi però di veder constatato un fatto cosi eloquente, gli impren-ditori generosamente rinunciarono a rivendicare a loro volta un diritto evidentissimo. Vollero soltanto apparisse da dichiarazione formale dei responsabili il danno da essi recato alle credule maestranze, unito alla malafede delle contumelie quotidiane lanciate, in giornali e comizi, contro la resistenza padronale. Il concordato di riconsegna, in data 27 marzo, risultò quindi, nella concisione dei suoi termini, uno

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ciante atto di accusa: « Il gestore, sulla scorta di dati rilevati dai > libri-paga dei vari stabilimenti Mazzonis, dimostra che alle maestranze i degli stabilimenti stessi vennero concessi complessivamente, in varie « riprese, aumenti di tariffe e paghe superiori a quelle dovute secondo » i concordati applicati coi criteri di equità suesposti. I rappresentanti a degli operai convengono nelle conclusioni del gestore ».

* * *

Il sorprendente verbale, che lessi per puro caso sulla Infortnaeione

industriale del 29 aprile (n. 10), essendosi la stampa quotidiana, tanto prodiga di sproloqui preventivi, onestamente astenuta dal riprodurlo, illumina il succedersi dei fatti di una luce che non fu, s'io non erro, totalmente e abbastanza avvertita nei molti commenti suscitati, in tutta Italia, dal precedente decorso-della vertenza.

Venne, per dir vero, da ogni parte segnalata l'enormità giuridica della linea di condotta governativa. Quando il prefetto di Torino non temeva di affermare che. « il contegno della ditta, che si era rifiutata « di riconoscere un giudizio pronunciato in conformità delle leggi dello » Stato e vuole escluderne l'applicazione tenendo chiusi i propri stabi-li stabi-limenti, costituiva offesa alle leggi », commetteva manifestamente egli stesso ed egli solo la piti grave offesa alle leggi positive, nonché all'intero sistema giuridico che ci regge. Siamo in una fase revisio-nistica degli istituti cardinali del diritto pubblico e privato ; sia pure. Alle garanzie statutarie delle meditate e dibattute riforme giuridiche la calamità della decretomanla bellica ha in gran parte sostituito l'em-pirismo arbitrario di un restaurato assolutismo; è verissimo. Riteneva però ancora il modesto cittadino di avere diritto alla tutela legale, o, quanto meno, di non dover incorrere- in penalità non mai comminate, quando osservasse letteralmente le norme dei vecchi testi e delle nuove gride. Insegnano i trattati più elementari che il limite di distinzione fra il regime assolutistico, monarchico od oligarchico, ed il dispotico di tipo orientale sta nel riconoscere quelle leggi generali e notorie, mentre in questo la volontà incontrollabile del sovrano si esercita caso per caso, senza limiti e freni. L'indebita estensione data fra noi ai pieni poteri di guerra ci ha, da cinque anni, provvisoriamente ricon-dotti nel primo. Rimaneva tuttavia fino a ieri l'illusione che la revoca •temporanea delle garanzie liberali non dovesse significare perfetta

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esecutori violenti della più autentica soperchieria ufficiale. Fu la garanzia di impunità, insita alla ' implicita approvazione governativa, che cancellò nelle masnade assalitrici il senso istintivo della legalità tradizionale. Non mancò all'atto audace la consacrazione tangibile di delegati e carabinieri, presenti ed assenzienti perfino al sequestro dei fondi di cassa. Forse ed anzi il simbolico, impassibile intervento degli agenti dell'ordine fu desiderato e richiesto, a tutela della meritoria gesta, dagli stessi autorizzati « espropriato ri di S. M. ».

Perchè, sul modo stesso come l'invasione si svolse, molto rimane a dire che il pubblico non ha appreso dalla cronaca tendenziosa dei fogli d'ogni colore. Non furono invero soli l'Avanti e la Stampa a dipingere con tinte luminose l'entusiasmo travolgente della massa lanciata alla con-quista. Lirismo a parte, una descrizione non molto dissimile si lesse nella democratica G-aeeetta del Popolo e nel cattolico Momento. Chi fu pre-sente ai fatti, a Pont come a Torre Pollice, sa però perfettamente che la spedizione, organizzata a Torino, non trovò nelle maestranze locali se non un entusiasmo assai blando, tantoché occorsero le più energiche e minacciose obiurgazioni per indurle a superare i non guardati cancelli, eroicamente spalancati dalla estranea pattuglia dei dirigenti.

Non ignoravan gli operai che i baroni Mazzonis, pure rifiutando di riconoscere l'obbligatorietà del lodo per ragioni di principio, si appre-stavano ad applicarlo di fatto, riaprendo le fabbriche nel tempo con-sentito dalle esigenze tecniche. Ciò avrebbe, in pratica, equivalso alla loro vittoria morale, ratificando quel giudizio tutte le misure disci-plinari contestate, escludendo il pagamento, delle giornate di sciopero, e stabilendo infine un trattamento che, come la prova dimostrò ben presto, era men favorevole ai salariati di quello anteriormente vigente. Ma, con tale imminente soluzione, 1' » onore proletario » (comodo sino-nimo di « prestigio degli organizzatori ») avrebbe subito un colpo irre-parabile. E fu appunto e soltanto la faccia di costoro che, anche questa volta, l'omertà dei colleghi e la complicità del governo vollero ad ogni costo salvare. L'illegale ingiunzione prefettizia, l'invasione tumultuaria, la parodia di gestione comunistica, il simulacro di requisizione non ebbero, in realtà, altro scopo, fuorché di confondere in una serie di episodi illusori ed incidentali agli occhi della massa la logica istruttiva della spontanea concatenazione dei fatti. Per un espediente di volgare opportunismo non si temette di dimostrare così che alla protezione delle leggi hanno ormai diritto, in Italia come nel Messico, soltanto gli amici della fazione o consorteria politica al potere.

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impunità reclamate ed ottenute da membri di gruppi organizzati, convinti di reati comuni (Giuseppe Rensi ne cita di veramente edifi-canti nei suoi coraggiosi Principii di politica impopolare) (1), toglieranno, io penso, anche ai più enfatici campioni del verbalismo nazionalistico la tentazione di scomunicarmi per un cosi irriverente parallelo.

Alla consumazione di un'offesa trascendente di tanto le persone dei direttamente colpiti contribuì certo notevolmente il contegno della stampa e l'atteggiamento della sagace opinione pubblica.

Pochi esempi riflettono cosi tipicamente l'asservimento della prima agli andazzi demagogici, rossi, neri o gialli, come i resoconti e le chiose con cui essa seguì, divulgò, inasprì la vertenza. Basti ricordare l'imbarazzato riserbo col quale la Gazzetta del Popolo del 1° marzo riferiva, narrando il colpo di mano, una intervista col solito » auto-revole personaggio », dal quale si faceva .insegnare che « il M. col

« deliberato rifiuto ad obbedire alle autorità costituite, si era posto « da sè stesso fuori della legge ed aveva creato un ginepraio,

appro-u fittando della mancanza di sanzioni legali precise che permettessero « all'autorità un ben altro intervento (!) »; onde unico còmpito del governo rimaneva quello di assistere alle conseguenze della sua pro-vocazione, » finché non fosse turbato l'ordine pubblico ».

Con una cosi inedita interpretazione del medesimo — da ritenersi dunque illeso finché non accadano uccisioni di persone —, e con una inversione tanto disinvolta del problema giuridico, esposta senza chiose dall'organo nazionalistico, come meravigliare se molta parté del pub-blico, suggestionato intanto dai sofismi apologetici di altri e men inconsapevoli coltivatori borghesi dell'infezione anarchica, fini per accogliere senza sospetto la leggenda x della cecità e caparbietà » della ditta recalcitrante? (2).

(1) Bologna, 1920, p. 7 e *egg.

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Ma la scriminante della sorpresa buona fede non parmi possa ugualmente invocarsi dalla Confederazione industriale, che, disinte-ressandosi della questione di principio, si limitò a dichiarare, a cose finite, che, ove alcunché di simile dovesse accadere ad un suo socio, essa entrerebbe in campo a bandiere spiegate. Il poco ossequio dimo-strato dai Mazzonis alla grande organizzazione padronale aiuta forse a comprenderne la ostentata neutralità. Non può tuttavia disconoscersi che la federazione perdette una buoiia opportunità di dimostrarsi interprete autorevole, oltreché di un npcfeo di interessi privati, dell^ ragioni stesse da cui dipende la prosperità economica dell'industria! Alcuni anni addietro, la requisizione governativa dell'azienda tramviaria napoletana, compiuta con ben maggior rispetto della legalità formale, a prosecuzione di un servizio pubblico indispensabile, aveva suscitate, per parte della lega, le più fiere proteste. Il precedente meritorio poteva opportunamente venire oggi ricordato a sostegno di una analoga, ed assai meglio giustificata, solidarietà di classe. Intesa come semplice protezione limitata ai propri iscritti, questa corre rischio di confondersi con l'omertà che tende a prevalere nel sindacalismo operaio, secondo cui il diritto non esiste per l'individuo isolato, mentre pel raggrup-pamento di compagni non esiste il reato. Ma, a ciò ridotti i suoi intenti ideali, il prestigio di una rappresentanza di classe diviene una sem-plice questione di forza. E lo imparò a sue spese la grande federazione pochi mesi dopo, quando alle proteste del suo interprete parlamentare per l'acquiescenza del governo alla violenza armata di cui era vittima, udì opporre dal presidente del consiglio quel tollerato precedente a preziosa giustificazione del proprio pilatismo opportunistico.

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* *

Qualche riserva suggerisce pure il giudizio che da economisti, d'al-tronde affatto consenzienti nel nostro punto di vista, venne pronunziato circa taluni aspetti del contegno dei Mazzonis verso la duplice orga-nizzazione.

Osservò, fra gli altri, l'Einaudi che il sistema del patronato, da essi tipicamente incarnato, e cioè quello dell'imprenditore che rivendica la cura di regolare liberamente le condizioni del lavoro nella propria azienda, facendosi al tempo stesso un dovere di adottare le norme più adatte al benessere materiale e morale degli operai, è invecchiato e sta morendo, nei suoi fautori dottrinali e nei suoi realizzatori.

Ora, se ciò è innegabile in massima, non devesi però intendere in senso troppo assoluto. Meriterebbero- d'esser studiati i sintomi di

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venza caratteristica che il vecchio metodo presenta in Inghilterra, dove, specialmente durante la guerra, ed in corrispondenza all'assun-zione di una abbondante mano d'opera femminile, molti industriali si fecero spontanei iniziatori di procedimenti di welfare tv'ork, di cui il ministero del lavoro, dopo averli sottoposti a minute inchieste, si adoprò a diffonder la pratica in campi sempre più estesi. Il massimo patrocinatore ed applicatore della tendenza, lord Leverhulme, in un libro consacrato ad illustrarne i risultati (1), l'ha modernamente teo-rizzata, spogliandola degli attributi etico-religiosi del vecchio patronato del Le Play, per richiamarla al principio economico del ben inteso, reciproco tornaconto. E la commissione americana, inviata dal National industriai conference board a studiare diagnosticamente la crisi sociale europea, ha segnalato come buon sintomo il propagarsi di simili idee in sezioni importanti dell'iudustria del Regno Unito, pur notando le difficoltà che esse incontrano per la incoercibile antipatia operaia contro qualunque apparenza di paternalismo (2).

La verità è che, oltre Oceano, la sollecitudine intelligente degli imprenditori per l'elevazione fisica intellettuale e morale dei loro dipen-denti si è ormai trasformata, attraverso una larga, probante esperienza, in un canone di buon successo negli affari, a cui han reso omaggio fra i primi i creatori dei colossali organismi che individuano, di fronte • al mondo, la fisionomia peculiare di quella industria (3).

Anziché il tipo di tirannelli industriali in ritardo, che loro fu par-tigianamente attribuito, i Mazzonis incarnavan in sè questa modernis-sima e simpatica (anche sè non sempre fortunata) figura di impren-ditore, che rifiuta di piegarsi all'uniformità di tariffe e di condizioni generiche soltanto per poterle perfezionare ed adattare genialmente, in conformità dei particolari bisogni, ed in uno spirito di collabora-zione feconda coi propri dipendenti. Astrazion fatta dalle numerose liberalità con cui essi soccorrevano necessità improvvise e non previste di costoro e delle loro famiglie, il sistema di salari a premio vigente

(1) Gfr. The six hourt day and otlier industriai questioni. Londra, Fisher and Unwin 1918.

(2) Cfr. Problemi of labor and induilry in Great Britain, Franee and Italy. Boston, novembre 1919, pag. 212 e segg.

La prova di squisita civiltà data ultimamente dai massimalisti torinesi, inter-venuti in massa al teatro regio a sabotare un concerto popolare di musica classica, sussidiato dagli industriali a scopo di istruzione delle masse, conferma gli ostacoli pratici contro cui urtano, nnche e specialmente fra noi, pel difetto di educazione del proletariato, tentativi consimili.

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nei loro stabilimenti era tale da giustificare il vanto che, fra gli indu-striali italiani, nessuno lavorasse a minor costo, pure pagando salari superiori alla media, come l'esperienza dimostrò (1).

L'arbitrio dell'autorità, che interruppe con la violenza il felice ed educativo esperimento, pone dunque nettamente per principio esser vietato in Italia di applicare sistemi di rimunerazione diversi da quélli convenuti fra le grandi organizzazioni di categoria, anche se più van-taggiosi agli operai.

Per tappe accelerate procede così alla paralisi dello spirito di intra-prendenza progressivo il regime economico-sociale emergente dalla rinascenza corporativistica.

* * *

Ponendoci dal punto di vista degli interessi sindacali operai, il breve periodo di gestione diretta riesce non meno istruttivo.

Una singolare contraddizione scaturisce anzitutto fra il principio affermato come assioma dalle organizzazioni circa l'illiceità dei patti individuali deroganti alle, stipulazioni collettive di categoria, e la con-temporanea pretesa accampata dagli stessi poteri sindacali nel campo agrario di trattare coi proprietari e conduttori isolati anziché con le loro associazioni (a Verona, Bologna, Ferrara) (2).

(1) L'origiuale sistema di salari a premio sagacemente congegnato e funzio-nante con ottimi risultati in quelle officine meriterebbe di essere tecnicamente studiato, reggendo certo con vantaggio il paragone coi migliori tipi di simili mercedi finora praticati.

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Meglio ancora però il difetto di buona fede in chi provocò e guidò il movimento appare dalla, caratteristica discordanza tra le millantate promesse e le forme concrete in cui la gloriosa impresa si svolse.

L'ingegnere Pietro Borghi, compiacendosi su VOrdine MUOVO ( 1 3 marzo) dell'esito dell'esperimento, doveva ammettere tuttavia che, molto pro-babilmente, risultati men buoni si sarebbero avuti in ambienti citta-dini, per le velleità anarcoidi delle maestranze.

La verità è che il periodo di gestione diretta fu troppo breve, anche limitatamente alla località dove avvenne, perchè sia stato pos-sibile constatarne la.riuscita economica, oltreché quella politica. A chi d'altronde abbia qualche dimestichezza col significato di certe frasi, dissimulate nel frastuono delle rodomontate demagogiche, non è certo sfuggito il senso di smarrimento veramente comico che trasparve dal telegramma inviato, la sera stessa dell'invasione, al governo, per inti-margli di consacrarne la legittimità e guarantirne il successo, assicu-rando all'impresa comunistica il rifornimento di materie prime e l'esito rimunerativo dei prodotti.

Il problema del personale dirigente deve pure essersi manifestato assai arduo se, come mi venne riferito, fu d'uopo chiamare a raccolta da lontane sedi tecnici di sicura fede. Nè sembra che, anche fra i gregari, l'entusiasmo sia stato generale, se uno dei primi atti del con-siglio di fabbrica dovette essere una formale diffida di presentarsi al

lavoro, pena lo sfratto per tradimento proletario.

Il fatto è che, dopo le espansioni alcoolistiche dei primi bollettini, annuncianti la incrollabile volontà di considerar l'appropriazione come

definitiva, e l'eroico proposito di non tornare, a verun costo, sotto la direzione dei proprietari espulsi ; dopo le esaltazioni del significato prettamente comunistico e della irrevocabile portata della conquista compiuta (rileggere YAvanti, del 29 febbraio, 1 e 2 marzo), la farsa della requisizione reintegratrice, avvenuta senza proteste e con la piena acquiescenza dei dirigenti, autorizza almeno il sospetto fossero costoro felicissimi di evadere dal vicolo chiuso in cui si erano impru-dentemente cacciati, prima che risultasse anche ai ciechi il loro mise-rando fallimento.

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La dissimulazione della irreparabile bancarotta cui prestò mano la debolezza del governo, non fu per le masse (e per gli organizzatori medesimi) cagione di piccoli guai.

Illuse dalla decantata, apparente vittoria; convinte che la presa di possesso delle industrie dipendesse ormai unicamente da un atto di volontà risoluta ; sicure della impunità sperimentata ; fidenti nel bene-volo appoggio governativo, le falangi proletarie torinesi mossero poco dopo, con incoscienza infantile, a quel grande assalto delle fabbriche metallurgiche, che, attraverso il lungo sciopero di classe e generale dell'aprile, le condusse al ben qoto, disastroso schiacciamento. Riten-tata, nell'agosto, la partita, con metodi di azione diretta non mai prima praticati, ebbero, per l'ostentata abdicazione degli organi di tutela legale, una ben facile apparente rivincita. Data tuttavia proprio da questo clamoroso successo, coronato dalla piena capitolazione avver-saria, l'inizio del processo di disgregamento di cui la compattezza del fronte rivoluzionario offre visibili sintomi, a mano a mano che la dura esperienza della grave crisi prodotta all'industria, ed una confusa consa-pevolezza del rapporto sempre più sensibile fra le tollerate prodezze dello spirito anarchico ed il credito declinante del paese sul mercato mondiale, riscuotono il grosso buon senso dei lavoratori autentici dalla colossale ubbriacatura suicida.

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tradizionale, qui abbastanza diffuso già nell'nnte-guerra. All'orga-nizzazione sdegnosamente disertata, l'iniziativa volonterosa dei com-battenti ne sostituiva intanto, un'altra, ispirata ai concetti di colla-borazionismo di cui la storia della loro fabbrica incarnava un saggio caratteristico.

Una casa del popolo modello si apriva come per incanto, a celebra-zione dell'evento memorando, in una villa acquistata dagli operai. La inaugurazione solenne, a cui concorsero a gara le popolazioni di quelle valli, dava luogo testé a manifestazioni supremamente significative; fra le quali parmi degno d'essere ricordato il carme conviviale letto, fra immense ovazioni, dal rappresentante operaio. Nessun documento mi sembra più suggestivamente rappresentativo del nuovo stato di spirito generatore di si radicale mutamento. Nella sua forma non sempre impeccabile il componimento poetico rivela, in parecchi punti, una singolare efficacia letteraria ; come sempre avviene d'ogni espressione spontanea d'un sentimento erompente e sincero. La crisi psicologica di codesta gente alpigiana che, modello in ogni tempo di civile disci-plina, non tollerò mai il giogo di dittature dogmatiche imposte o mi-nacciate alla libertà del pensiero, si riflette intiera nel rude vigore di questo grido di emancipazione :

Due anni son trascorsi, amici, che ani Piave Vivea l'Italia l'ora più tragica e più .grave. Ancor non. si sapeva, dalla volubil sorte, Se fosse un di di gloria, oppur giorno di morte.

Quel giorno fu il più forte giorno della battaglia; Era sul Piave il cuore di tutta quanta Italia; E il popol si chiedeva, con una stretta al cuore, Se il numero in battaglia vincesse, od il valore.

Il nemico era forte; gli eserciti eran tanti! Caleàndo il suol d'Italia, quei vili e .tracotanti Speravan che li avesse, quel giorno ancor, sorretto Una vittoria facile, qual fu a Caporetto!

Ma a vendicare fieri di Caporetto l'onte, I figlioli d'Italia rialzavano la fronte! V'era un dilemma solo dentro ad ogni cuore, Ed era quel dilemma: Si vince oppur si muore!

L'urto fu immane! Il sangue versato fu a torrenti! Ma, all'urto formidabile, quell'orde prepotenti Piegarono, e si volsero in fuga disperata Era l'urto finale; era la ritirata!

Quel giorno 3 novembre, fra tutti, Italia sola Diceva nel gran conflitto un'ultima parola! E i combattenti, cinta la fronte eoll'alloror

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Ritorniamo al lavoro, dicevano i soldati, Che dal fronte tornavano fieri, ma affaticati; Torniamo agli opifici, ritorniamo alla terra;

Già troppo i solchi languono, dopo la lunga guerra! Ma li attendeva in patria, con dileggio e con scherno, Un nemico terribile; era il nemico interno!

0 figli generosi! Audaoi combattenti,

Che vinceste alla fronte in cinque contro venti, Voi non v'aspettavate di dover iniziare

Una seconda guerra, tornando al casolare; Di ritrovare il vile nemico maledetto, Quello stesso che ieri ci dava Caporetto; Di ritrovar l'Italia trainata per la china Della dissoluzione, e verso la rovina!

Il vostro sacrifizio di buon soldato L o vedeste in procinto di essere annientato; S'era ad un punto tale, ch'era persin palese Essere un gran delitto l'amaro il suo paese!

* * *

La lotta fu ingaggiata; Voi siete al vostro posto Ancora per difendere l'Italia ad ogni costo; È la gran lotta santa, la letta salutare,

Fra chi la vuol distruggere, e chi la vuol salvare! È lotta fra la pace e la rivoluzione,

Fra lo scompiglio e l'ordine, la discordia e l'unione; Fra chi vuole il rispetto, la libertà sicura,

E chi vuole instaurata la rossa dittatura; Fra tolleranza ed odio, fra vendetta ed amore, Fra la bandiera rossa e quella tricolore;

E v'è pur l'ardua pugna accesa fra coloro Che vogliono lo sciopero e chi vuol il lavoro!

Ma la lotta fu vinta; il popolo, lui stesso, Stanco del paradiso che ognor gli avean promesso, Nella disillusione e nel dolore immenso,

• Dà un calcio ai catastrofiei, e torna al suo buon senso Torre Pellico insegna: Dal pie' del Vandalino Consegue la vittoria, ed addita il cammino!

«**

Egregi convitati, Voi direte che io sogno, Ma vi domando adesso, se v'è proprio bisogno Di far tanto subbuglio, tanto sovversivismo, Per mettere alla pratica un po' di comunismo!

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Un comunismo a tavola è cosa ben più seria Che il comunismo russo, a base di miseria! E Morgari e Bombacci, mei sappian essi dire Se, in Bussia, v'ha un tal pranso per sole dieci lire!

0 popolo di Torre, hai oggi aperti gli occhi! Hai visto che son frottole soltanto per gli allocchi, Or sai che il paradiso promesso soviettista

Non ò per te, minchione, ma pel propagandista. 1 bolscevichi nostri li avete conosciuti, Quei santi agitatori, felici e ben pasciuti, Che giran per le piasse vestiti da signori, Spacciando fumo e bubbole e raccogliendo allori.

Che gridan * Besistete ! Avrete un bel cempendio Ma non fan sacrifizio d'un hricciol di stipendio. Che gridan sempre: Avanti! Ma poi, come San Pietro, Hanno bensì-le chiavi, ma stanno sempre indietro!

Oh! Credetele pure, dev'esser un bel gioco Quello di cianciar molto, ma di lavorar poco! E deve essere un gioco che reca buoni frutti, Perchè nessun vien magro, e invece ingrassan tutti!

La moral della favola, lasciate ve lo diea, È quella del : « Pagate » ; è la morale antica ! V'é pure il bolscevico pozzo di San Patrizio, Che inghiotte ognora l'obolo, assiem col sacrifizio.

La chiesa bolscevica era è spazzata via... Il popolo di Torre ha fatta pulizia!

Torre Pellico ha detto chiaro che non è qui Il regno di Lenin, e quello di Trotsky.

Torre Pellico insegna; dal pie' del Vandalino Lancia l'ardito esempio, che giunge anche a Torino; Torre Pellico insegna il beneficio immenso

Che viene dal lavoro, che viene dal buon senso! Quest'oggi, amici eari, ò la celebrazione Di due vittorie bellej nella nostra regione, L'una vinta sul campo dai nostri combattenti, Per un'Italia libera, pei confini redenti;

L'altra i civil battaglia, ma pur fiera e sicura Contro la soppressione di tutta dittatura;

Questa i vinta dal popolo, quel combattente eterno, Che a Torre ha debellato quel vii nemico interno.

0 Combattenti! 0 popolo! Che in nome'dellTtalia Forti, sapeste vincere la comune battaglia,

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• * * *

Il caso Mazzonis, nelle premesse, nello svolgimento e nelle conse-guenze, ha dunque confermato che, in regime di neutralità vera dello Stato nelle controversie del lavoro, esse fan capo automaticamente per tutti alle soluzioni più logiche ed istruttive, mentre l'intervento arbi-trario dei pubblici poteri finisce per creare una situazione paradossale, di cui coloro che la provocarono hanno, in pratica, maggiormente a dolersi.

Non occorrerebbero molli di simili fatti istruttivi perchè questo postu-lato di esperienza, non oggi, per dir vero, appreso da quanti non sde-gnano di interrogare talvolta la storia secolare dell'intervenzionismo paternalistico, agisse in più vasto ambito a guisa di correttivo salu-tare della speculazione demagogica sulla comune buona fede. Disgra-ziatamente a tale modesta verità sembrano inaccessibili sopratutto le nostre classi politiche, per le quali ogni pretesto è buono ad impedire che la virtù educativa scaturente dalla logica delle cose possa perspicua-mente manifestarsi a vantaggio del popolo. La lotta industriale, ritem-prante, .feconda ed istruttiva se combattuta in condizioni di libera uguaglianza, diviene così in Italia qualcosa di supremamente comico, oltreché di gravemente dannoso al benessere economico della colletti-vità, perchè uno dei contendenti muove all'assalto eroicamente, con gran fracasso di frasi bellicose, ma con altrettanta sicurezza che, in ogni caso, non dovrà subire le conseguenze dell'eventuale sconfitta.

Il recente esempio delle ferrovie secondarie, private per atto di imperio dei poteri disciplinari contrattualmente riconosciuti dallo Stato (1), come

(1) Che cosa abbia significato l'« azione conciliativa * che il ministro dei lavori pubblici si vantò alla Camera di aver spiegata, a soluzione di questa vertenza sulla quale l'opinione pubblica si era cosi chiaramente pronunciata, si legge nella protesta votata il 10 agosto ultimo dalla Federazione trasporti:

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il non lontano caso dello sciopero- novarese, dove gli agrari vennero diffidati di transigere, pena l'abbandonò alla jacquerie teppistica,

personale aveva ripreso il lavoro ; solo una minoranza prolungava lo sciopero con forme di anarchismo rivoluzionario. Tratti di binario erano divelti, loco-motive erano sabotate, bombe, cartucce di dinamite e gelatina erano messe sulle rotaie. Il Governo ha tollerato tutto questo, ha subito imposizioni di ele-menti faziosi, ha osato dare ordine tassativo alla Società esercente di ripren-dere in servizio tutto il personale scioperante, salvo un agente che trovasi in carcere per atto di sabotaggio. Mentre la Società esercente, pur costretta alla obbedienza, prosegue la lotta contro il Governo con tutta la sua energia e con tutte le armi di legge, questa Federazione dei trasporti si dichiara solidale con la Società stessa, denuncia all'opinione pubblica,il violento atto d'arbitrio com-messo dal Ministro dei lavori pubblici in omaggio ad una politica di dedizione e dichiara che d'ora innanzi il Governo, che ha distrutto qualsiasi avanzo di disci-plina, sarà il solo responsabile di ogni disordine nei pubblici servizi dei trasporti ».

Un monito auclie più autorevole rivolgeva quasi contemporaneamente al Pre-sidente del consiglio il Collegio sindacale degli ingegneri ferroviari italiani, preoccupato di. nuovi sintomi di anarchia dilagante (fra cui supremamente carat-teristico quello dei ferrovieri di Reggio Emilia intimanti al Governo di cancel-lare una sentenza della Corte di appello):

« Già ripetutamente il Consiglio direttivo.di questo Collegio sindacale nazio-nale degli ingegneri ferroviari italiani ha avuto necessità di insistere coi suoi ordini del giorno (17 giugno, 1° luglio, 15 luglio, 22 luglio) sulla necessità di instaurare la disciplina nelle ferrovie sia di Stato che private, cominciando col dare applicazione alla legge, cioè all'articolo 56 della legge organica 1907 delle Ferrovie dello Stato- e all'articolo 116 della legge testo unico 1912 per le secon-darie, nei casi di sciopero. L'Eccellenza Vostra prometteva, nell'asBumere il Governo del Paese, l'instaurazione della legge; questo non è stato affatto osser-vato in occasione degli ultimi scioperi sulle Ferrovie dello Stato Bari-Taranto e Cremona-Milano, non solo, ma ogni provvedimento disciplinare è mancato in riguardo agli scioperanti, anche in base a detto regolamento. Nel caso dello sciopero delle Secondarie, non soltanto un legale intervento della Commissione dell'equo trattamento ha sovrapposto il parere di questa alla legge, ma, con recente ordinanza, il Ministro dei lavori pubblici vieta alle Società esercenti delle Secondarie di applicare la legge, laddove tale applicazione non è tanto diritto delle stesse, quanto lóro dovere e necessità.

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quando già il conflitto volgeva disastrosamente al termine per chi l'aveva scatenato ; queste coercizioni maggiori, aggiunte alle infinite altre con cui da due anni regolarmente, clandestinamente ed ille-galmente si infrange qualsiasi conato di ripristino d'un equilibrio normale, per azione spontanea dei coefficienti produttivi in presenza, avevano ben chiaramente attestata la già compiuta metamorfosi del defunto governo parlamentare in governo delegato di classe, che, dopo aver annientata l'efficienza delle imprese industriali da lui dipendenti, coltivando e premiando lo spirito anarchico d'una parte del personale, impiega larvatamente ogni sua forza nel tentar di ridurre alla stessa condizione l'industria privata. In una luce di trionfale apoteosi si aderse però e torreggiò di fronte al mondo stupefatto questa originale fisionomia giuridico-politica dello Stato borghese italiano nella battaglia metallurgica, quando, dopo aver ingiunto ai magistrati di leggere nel codice penale che l'invasione dei domicilii privati con lo sfratto degli abitanti, il sequestro a mano armata di persone transitanti nelle vie cittadine, il furto, la vendita, la ricettazione di materie prime, di pro-dotti, di veicoli, lo scasso di casseforti, il trafugamento, il porto e l'impiego collettivo ed individuale di armi e di esplosivi, la sottrazione di privata corrispondenza, l'invito quotidiano ed esplicito alla insurre-zione ed al saccheggio, erano innocenti contravvenzioni non contem-plate dalla imprevidenza del patrio legislatore, fu intimato alle vittime della incoraggiata impresa di subire le forche caudine di una capito-lazione totale, all'unico scopo di sottrarre i responsabili della gloriosa gesta alla terribile « lezione froebeliana », che perfino V Avanti preve-deva per loro, nella catastrofe inevitabile delle imprese tumultuaria-mente socializzate e nella non lontana vendetta delle masse sospinte alla distruzione pazzesca delle loro fonti di vita.

Un indirizzo tuttavia, che cosi sicuramente provoca ed alimenta uno stato di agitazione endemica, col diffondere fra le masse un senso di artificiale immunità dalle reazioni economiche naturali, trova nelle sue conseguenze inevitabili la più significante sanzione. Nè lo sciopero degli imprenditori, abbandonanti a gara o liquidanti le officine, ed il tracollo del nostro credito sui mercati esteri sono sintomi trascurabili della crisi psicologica che aggrava a nostro danno i riflessi, per sè stessi preoccupantissimi, della depressione mondiale (1).

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