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Dal ‘συν-‘ al ‘synch-‘

Nel documento Synch - Fra l'attimo e l'evento (pagine 63-73)

Capitolo II – Ciò che resta dell’ambiente

II.V Dal ‘συν-‘ al ‘synch-‘

La visione critica dello ‘stato sincronizzatore’ di Harvey può permetterci di scorgere il quadro entro cui le riflessioni dell’accelerazione sociale che andremo ad affrontare prendono sostanza. Non sarà una prerogativa della geografia critica, come si vedrà, legare la forza dell’accelerazione al processo della ‘sincronizzazione’. Occorre dunque stabilire cosa può essere inteso con questo termine e per

110 Ivi, pp. 229-230, corsivi miei.

111 «In the event of a conflict between the integrity of the financial system and the well-being of a population, the neo-

liberal state will choose the former. The neo-liberal state is profoundly anti-democratic, even as it frequently seeks to disguise this fact. Governance by elites is favored and a strong preference for government by executive order and by judicial decision arises at the expense of the former centrality of democratic and parliamentary decision-making. What remains of representative democracy is overwhelmed if not, as in the US, totally though legally corrupted by money power»; Harvey 2006, p. 27, corsivi miei.

112 Harvey 1998, p. 231. 113 Ivi, p. 318.

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quale motivo, senza di esso, la maggior parte delle problematizzazioni che le scienze sociali apportano riguardo all’incremento di differenti velocità nelle società contemporanee perderebbe di significato.

Bisogna partire, per analizzare questo termine così essenziale per la SAT, da una scomposizione della parola ‘sincronizzazione’. Il prefisso sin-, derivante dal greco antico ‘συν’, indica contemporaneamente un con ed un insieme (ambiguità tanto più evidente nella latinizzazione dello stesso in ‘simul-‘). I medesimi termini, per quanto simili, non sono privi di sfumature divergenti: si sta con qualcuno in una mera com-presenza spaziale e temporale, laddove si sta insieme a- qualcuno nella con-divisione114 di uno spazio e di un tempo. Da questo punto di vista una genealogia della categoria di sincronizzazione ci permetterà d’individuare diverse parentele semantiche. La ‘sin- cronicità’, ad esempio, diviene un concetto fondamentale nella psicanalisi junghiana così come la ‘simul-taneità’ nella filosofia del tempo bergsoniana.

Jung, nell’opera tarda Synchronizität als ein Prinzip akausaler Zusammenhänge (1952), definiva l’omonimo concetto in questi termini: «[I]mpiego dunque in questo contesto il concetto generale di sincronicità nell'accezione speciale di coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un rapporto causale, che hanno uno stesso o un analogo contenuto significativo»115. Il ‘sin-‘, tramite un’applicazione psicologica, permetteva al pensatore svizzero di suggerire ai lettori relazioni simboliche altamente significative in diversi pazienti non riconducibili a legami di causa ed effetto, sollecitando colleghi e terapisti a non trascurare l’importanza di tali parallelismi.

Esattamente trent’anni prima Bergson, in un’opera rara nel panorama filosofico del XX secolo per le sue intenzioni, convogliava tutte le energie per connettere la relatività einsteiniana alla fenomenologia del tempo. In Durée et simultanéité. À propos de la théorie d’Einstein (1922) non troviamo una concettualizzazione della sincronia tanto dissimile da quella junghiana, per quanto risulti meno dirimente l’attitudine psicologica del soggetto: «Une telle conscience saisirait dans une seule perception, instantanée, des événements multiples situés en des points divers de l'espace; la simultanéité serait précisément la possibilité pour deux ou plusieurs événements d'entrer dans une perception unique et instantanée»116.

Aggiungere più dettagli certamente differenzierebbe in maniera sostanziale l’uso junghiano da quello bergsoniano. Sebbene il συν- implichi un rapporto intersoggettivo fra un Io ed un altro che il

simul- latino cerca di tradurre in maniera imperfetta, entrambi i prefissi, applicati all’aspetto

temporale, χρόνος, indicano la stessa situazione: due elementi, corpi diversi, un solo tempo117. La sincronizzazione, però, non si esaurisce né nella sincronicità né nella simultaneità.

114 L’utilizzo di questa parola, pur cogliendo la reale compresenza di due soggetti diversi nel loro intrecciarsi estatico,

può al contempo risultare fuorviante: tutti i soggetti sincronizzati stanno insieme nel ‘real time’ globale poiché dividono

insieme tempo e spazio seguendo una griglia comune. Il tema di una condivisione reale, per fugare l’eco semantico di un

dominio metafisico del tempo, andrà affiancato alla valorizzazione dell’im-mediatezza: pur essendo con-temporanei gli uni agli altri, ciò che principalmente condividono i soggetti sincronizzati delle società occidentali odierne è la griglia del dominio e dello spettacolo dei dispositivi di potere. Due prigionieri che condividono visivamente la prospettiva della stessa cella non stanno, per questo, insieme. Tenere gli occhi fissi sul medium che li separa dalla realtà sociale, piuttosto, li allontana dal guardarsi immediatamente l’un l’altro, nella condivisione della propria sventura.

115 Jung 2013, p. 39. 116 Bergson 1922, p. 56.

117 Un approfondimento evidenzierebbe come, proprio in chiave psicologica, nel caso junghiano sarebbe più consono

usare la parola ‘temporalità, laddove nel pensiero bergsoniano-einsteiniano la bipartizione in spazi e tempi andrebbe necessariamente superata. Inoltre due soggetti potrebbero dirsi simultanei qualora, trovandosi in luoghi diversi, compissero azioni differenti (o perfino la stessa azione) nello stesso istante, mentre altri due soggetti potrebbero dirsi sincroni anche solo in un confronto, uno rispetto all’altro. La simultaneità si presta, perciò, più ad un’applicazione delle scienze fisiche proprio perché queste non possono ammettere in linea di massima, salvo alcune eccezioni, uno ‘spazio

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La variazione terminologica evidenzia che siamo davanti a un processo di natura particolare. Processo, semplificando, è ciò che si sviluppa gradualmente: è dunque evidente che lo stato sincronizzatore a cui si riferisce Harvey non ha dinnanzi necessariamente connessioni sincrone, semmai è intenzionato a crearle. Da ‘συν-‘ a synch si genera una mediazione sociale del tempo che, proprio a cagione del suo imporsi tramite normatività temporali e spaziali, si diffonde mediante un

avvitamento biopolitico del soggetto al sistema di trasmissione del reale.

Definiremo astrattamente un ‘processo di sincronizzazione’ come un adattamento di regolarità spazio-temporali già sussistenti rispetto ad un comando: più precisamente, l’accelerazione sociale è analizzabile come quella forza che gli individui, in determinate società, ‘seguono’ per raggiungere degli standard di efficienza. Il bandolo della matassa che bisogna ricercare, nell’ingarbugliata parentela fra ‘sin-cronia’ e ‘sin-cronizzazione’, consiste nel legame fondamentale del secondo termine alla funzione dell’accelerazione nelle società capitaliste: la forza del vettore-accelerazione sarà direttamente proporzionale a volontà politiche, economiche e sociali di sincronizzazione del vivente.

Il rapporto fra accelerazione e sincronizzazione è, dunque, dato dallo scatenamento di una forza (l’accelerazione) nel contesto sociale a seguito di una volontà di dominio. Cadono fuori da questo legame, per come verrà presentato nella SAT, tutte le sincronie esistenti (appercepite in una sfera fenomenologica, sentite in un’accezione psicologica o studiabili sotto un profilo fisico): di sincronizzazione si può discorrere solo in senso artificiale e socio-politico e, qualora si dovessero presentare dei legami temporali preesistenti, lo scopo del processo è quello di scioglierli se non corrispondenti a determinate volontà. La sincronizzazione che emerge nelle scienze sociali contemporanee è, a ben vedere, una re-sincronizzazione e la posizione ancillare dell’accelerazione emergerà sempre più chiaramente man mano che procederemo nel nostro percorso.

III – Timescapes. La temporalità naturale in Barbara Adam

Seguire le tracce dell’accelerazione sociale nei processi di urbanizzazione del territorio fornisce molteplici spunti, che travalicano le posizioni politiche di Harvey: il fenomeno di cui ci occupiamo ha necessariamente un rapporto morfogenetico con lo spazio che lo ospita, delimita perimetri decisamente nuovi e porta le scienze sociali ad interrogarsi sulla perspicuità delle proprie categorie teoriche.

Ci stiamo muovendo, perciò, dentro un’indagine che, volente o nolente, abbisogna di una complessiva riconcettualizzazione dei propositi delle scienze sociali: categorie come spazializzazione e temporalizzazione sono implicate inevitabilmente nelle ricerche dei teorici dell’accelerazione sociale e ciò prevedibile che un’attenzione particolare al tema dell’accelerazione provenga anche dalla prospettiva ecologista, di cui ci occuperemo analizzando il pensiero della sociologa britannica Barbara Adam.

Prima di proseguire, però, è doveroso rallentare per precisare meglio il contesto d’indagine, che sembrerebbe unificare molte ricerche riguardanti l’oggetto in esame. È bastato sfiorare la filosofia

comune’ (stando al classico principium individuationis), mentre può darsi sincronia (anche qui asintoticamente) fra due corpi in una stessa stanza, come nel caso di due danzatori che seguono una coreografia identica.

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viriliana per rendersi conto della portata rivoluzionaria che viene attribuita al vettore-velocità: sia Virilio che Harvey focalizzano le loro attenzioni nei contesti urbani che, più di altri, assumono un ruolo rivelativo per la metamorfosi di temporalità e spazialità dei cittadini in base ai loro continui ‘avanzamenti’.

I centri urbani sono, in questo caso, degli ambienti ed il termine ‘ambiente’ (in tedesco Umwelt, in inglese environment) va preso in esame per la sua pregnanza di significato. L’etimologia di questa parola porta con sé un movimento, poiché l’ambire latino era un ‘girare attorno a qualcosa o a qualcuno’ (da qui l’altra strada semantica che porterà ad ambizione); ambiente è, dunque, un concetto che sin dalle sue origini, presuppone una certa interazione fra elementi, una realtà che si costruisce mutuamente ai rapporti che la abitano118.

Essendo la velocità di per sé, dal punto di vista fisico, una relazione che concerne tempi e spazi, è d’uopo immaginare come un’alterazione della stessa muti in un solo colpo un qualsiasi ambiente nella sua integrità costituita. Adottare un approccio ecologista in tal senso significherà, perciò, discorrere non soltanto di ambienti umani (come le città o le campagne) radicalmente alterati dalla tecnica a causa di cambiamenti socio-economici, ma contemporaneamente del mutato rapporto fra gli stessi – proprio in quanto ambienti – e il sostrato materico che li precede e continua a permanere, la dimensione naturale.

Per comprendere in che modo la prospettiva ecologista abbia contribuito al dibattito rispetto l’accelerazione sociale si può ricorrere, in primis, a nuove definizioni della stessa disciplina che nascono in relazione a fenomeni inediti ed implicano strumenti teorici diversi. Non passano in secondo piano, ad esempio, la proposta viriliana di un’ecologia grigia, che prenda in esame un certo «inquinamento delle distanze»119 percorse (rispetto alla precedente ecologia verde, riguardante

l’inquinamento delle sostanze), così come il riferimento all’accelerazione in quanto ‘ideologia sociale’120 nella cosiddetta ecologia politica di André Gorz121.

Interpreti italiani del pensiero viriliano come Fadini e Cacciari, tenendo in considerazione la declinazione sui generis di ecologia di Virilio, possono considerano indagini contemporanee su temporalità e spazialità di questo genere propriamente filosofiche, categorizzando la stessa velocità come un «grande tema fenomenologico che coinvolge sia il tempo che lo spazio, le due precondizioni per ogni esperienza»122.

In che modo una considerazione fenomenologica può contribuire ad innovare radicalmente una ricerca sull’accelerazione ed il suo impatto ambientale? Per un verso, verrebbero trascinate dentro al

118 La stessa Adam si sofferma su questa accezione interattiva dell’ambiente più volte. A questo riguardo, basterà portare

come esempio il seguente passo: «It is the interactive component in these images and associations that transforms the place where people live into an environment that is fundamentally relative to the context within which it is constructed in

mutuality. Thus, the environment could be a bathroom with bather, a gardened garden, or the polluted atmosphere in

conjunction with power stations providing energy for homes and work places, driving vehicles emitting exhaust fumes, and cattle farms producing methane. Context, moreover, refers not only to spatial but temporal locations and horizons, the when and over what period of specific actions and processes»; Adam 1998, p. 32, corsivi miei.

119 «Credo che ci siano due ecologie importanti. C’è quella che si chiama verde giusto per fare immagine, l’ecologia delle

sostanze, dell’inquinamento della natura. Io parlo di ecologia che definisco grigia, quella delle distanze. Si tratta di un inquinamento della grandezza naturale, della scala spazio-temporale. Non si può distinguere tra l’inquinamento delle sostanze e l’inquinamento delle distanze»; Lacroix 2015, p. 119.

120 Ci si riferisce, in particolar modo, a L’ideologia sociale dell’automobile (1975). Per l’inquadramento della medesima

opera di Gorz in una più ampia tradizione di «fenomenologia materialista», Cfr. Cacciari 2015, pp. 46-48 e seguenti.

121 A questa sequela di formulazioni alternative del paradigma ecologista possiamo aggiungere la formula adamiana di

‘time ecology’: «The subject matter of this project on time ecology may relate to agriculture, food, consumption, the treatment of water and soil, the changing pace of life, the economic perspective on the environment, the rhythmicities of nature and cities»; Adam 1998, p. 5.

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perimetro della ricerca prospettive riguardanti la percezione umana, il diritto ad una certa libertà

dell’esperire che il serrarsi dei ritmi della concertazione sociale odierna, così come la performatività

delle sue tecnologie, inquinerebbero: «[L]a velocità realizza una visione, produce un vedere, dà a vedere altrimenti il mondo»123.

In un’altra accezione, forse ancora più significativa da un côté politico, costruire una narrazione che ambisca alla circoscrizione più esatta possibile di fenomeni sociali come l’accelerazione non può non tenere in considerazione le condizioni di possibilità che precedono l’impatto di nuove forme d’organizzazione e dominio sui soggetti: analisi riguardanti l’accelerazione sociale andranno accompagnate a riflessioni sull’accelerabilità del mondo sociale.

Opere che fondono insieme l’ipotesi di una sincronizzazione totalizzante, di cui forze politiche ed economiche sono catalizzatrici, e la velocizzazione dei ritmi della sfera quotidiana adottata dagli attori sociali della contemporaneità, indirizzano verso prospettive diverse, ma non per questo incompatibili fra loro. Si sviluppa, minacciosa, la previsione di una sensibilità umana anchilosata, insieme all’idea che la capacità di relazionarsi ad un luogo tramite un legame estetico e affettivo profondo possa essere inibita a causa dell’agire dei dispositivi di sincronizzazione. Essi accelerano l’adattamento del soggetto alle normatività temporali, rendendo penalizzante qualsiasi ‘deviazione’ come perdita di tempo.

Indirizzare gli sguardi verso obiettivi precisi e mobilitare l’attenzione collettiva è, quantomeno nell’elaborazione del pensiero viriliano, un lavoro biopolitico messo in atto dai dispositivi di sincronizzazione, che si potenzia ulteriormente mediante un’«eclissi dell’antiforme»124. Deprivato di

un accesso amorfico al vivente, il soggetto sociale non conosce altro che la mediazione che intercorre fra sé e il mondo; le società occidentali del capitalismo avanzato, da questo punto di vista, si sostanzierebbero nella creazione di un ambiente artificiale, impermeabile a spazialità e temporalità

extra-sociali.

La conversione artificiale dell’ambiente è ciò che permette di esercitare un’accelerabilità sul mondo naturale, senza la quale alcuna velocizzazione fattuale potrebbe darsi come possibile. Un ambiente accelerato, perciò, retroagisce performativamente sull’insieme di relazioni che lo compongono da un lato, e dall’altro impatta gravemente su ciò che resiste per definizione all’artificializzazione sociale, l’ambiente naturale.

In questa luce, le opere di Adam sono citate e ripensate all’interno della SAT: non si ha, nelle pagine adamiane, nessuna specifica elaborazione né della velocità né dell’accelerazione, sebbene il concetto di una temporalità naturale125, rispondente a leggi differenti a quelle delle categorizzazioni sociali emerse insieme alla modernità, occupi un ruolo preminente. Per una comprensione adeguata dell’accelerabilità del mondo bisognerà, perciò, prendere le mosse dalla riattualizzazione dell’autrice del binomio uesxkülliano di Merkwelt e Wirkwelt e, congiuntamente, dalla ‘newtonizzazione’ dei

123 Fadini 2015, p. 21. 124 Ibid.

125 Non sfugge certamente alla sociologa britannica la possibilità di una critica che riconosce alla sua impostazione un

certo essenzialismo naturale: non ci troveremmo – parlando di una temporalità totalmente esclusa dalla trasponibilità nella sfera sociale, che comprende indubbiamente anche il linguaggio – solamente davanti al problema classicamente filosofico dell’indicibilità dell’essenza naturale, qui eraclitianamente in perpetuo divenire, perché al contempo il disconoscimento dei filtri antropologici connaturerebbe metafisicamente le riflessioni adamiane, difficilmente categorizzabili in una singola sfera teorica. L’accusa è, d’altro canto, ben presente all’autrice, che risponde tramite l’invito a ricorrere a strumenti concettuali rinnovati, più adeguati e maggiormente fedeli al ‘reale’. A tal riguardo Adam scrive, a guisa di una dichiarazione d’intenti: «It is far from my intention to suggest that there is a reality out there that is falsified by the prism of this perspective. What I do want to argue however, is that knowledge is always mediated, be this through visual representation, stories, metaphors or perspectives. This means, we are inescapably dependent for comprehension on a conceptual tool. We need mediators to turn life into reality»; Adam 1998, p. 43.

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contesti moderni: solamente tramite la teorizzazione di un’onnipervasiva manipolabilità tecnica dell’esistente può maturare una teoria dell’accelerazione sociale.

Affrontare il pensiero di Adam sprovvisti di una configurazione di partenza concernente il concetto di Umwelt risulterebbe difficile. In Timescapes of Modernity (1998) Adam ripercorre le pagine di Jakob J. von Uexküll, illustrate magistralmente da Georg Kriszat e rese celebri dalla fenomenologia heideggeriana, nelle quali viene presentata una concezione dell’ambiente variabile in base alla percezione corporea e all’accessibilità, cosciente ed incosciente, delle organicità che lo abitano.

Il principale scopo del biologo estone consiste nello sfidare la fissità dello spazio in una prospettiva naturale e diveniente: gli esempi di von Uexküll, che riguardavano spazialità e temporalità qualitativamente diverse (del verme e della volpe, della crisalide e della farfalla), valorizzavano una

differenza di accesso sensoriale degli esseri viventi, a tal punto da rendere inevitabilmente

problematica una resa spaziale e temporale unitaria, priva di differenze rilevanti126, atta a costituire un ambiente unico (la realtà).

L’innovativo approccio uesxkülliano, decisivo per il futuro sviluppo delle teorie ecosistemiche, non portava solamente in campo una complessità prima ignorata, ma una suddivisione fenomenica dell’ambiente in due categorie: con Merkwelt (Merk è letteralmente il segno) ci si continuava a riferire ad un contesto fenomenico, esterno a qualsiasi rapporto cosciente dei singoli soggetti considerati, una sfera ‘superficiale’ misurabile e divisibile in quantità. Così come la dimensione segnata permetteva ancora l’indagine di quanto è esclusivamente visibile, la sfera della Wirkwelt, che la biologia doveva imparare a non trascurare, concerneva più strettamente la connessione generata dall’agire (wirken) degli esseri viventi, con tutte le loro differenze qualitative, e il proprio ambiente.

L’ambiente, per von Uexküll, diventa una modalità di accesso alla realtà decisamente per ogni specie in base ai propri strumenti percettivi ed alla propria datità corporale. La Wirkwelt avrebbe compreso, perciò, elementi ipso facto invisibili, tratti relazionali generati ‘sul campo’: come abbiamo potuto intuire dall’etimologia di ambiente, una dimensione sostanzialmente dinamica sarebbe emersa dalla medesima concettualizzazione, ma di un movimento non più limitato dalla misurabilità o meno dei fenomeni implicati127.

L’ecologia contemporanea, nell’attualizzazione della significatività della polarità uesxkülliana, si dirige verso l’inefficacia delle misure previste per arrestare i fenomeni inquinanti. L’implementazione delle cosiddette green technologies128, a giudizio di Adam, non si rivelerebbe

126 Seguendo la ricostruzione di Adam: «This mutuality was theorised during the first part of this century in Germany by

Jakob v. Uexküll and Georg Kriszat (1934/1983) who argued that the environment is not a fixed condition but arises from the contextual capacity of a being’s consciousness and senses. It means that the same physical space will be a vastly different environment for different species and for members of those species. Thus, the same forest, for example, constitutes a very dissimilar environment for a worm, a tick, a fox cub or its mother, a tourist, a member of a tree-felling crew or a local inhabitant. This theory thus expands on the human centeredness of the lay conceptions and confirms the relative, contextual status of the environment»; Ivi, p. 34.

127 «The environment, according to v. Uexküll and Kriszat, is composed of both a perception- and an impact-based

dimension, the Merkwelt and the Wirkwelt. The former relates to what we can perceive and notice, that is, take in with the aid of our senses and consciousness, whilst the latter refers to the impact of a being’s actions»; Ibid.

128 Adam affronta il tema all’interno di un quadro teorico ben preciso che, come vedremo, è disposto criticamente nei

confronti di una determinabilità dell’ambiente, e, perciò, delle problematiche relative all’inquinamento e alle proposte risolutive in merito caratterizzate da contorni eccessivamente discreti. Le cosiddette tecnologie verdi non solo rappresenterebbero «the marriage between economy and ecology» (Ivi, p. 62), ma la loro ‘economicità’ va qui interpretata in relazione alla calcolabilità dei danni e alla possibilità, per finanziatori e promotori delle stesse, della creazione di

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