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L’università: elicottero o Torre d’Avorio?

Nel documento Synch - Fra l'attimo e l'evento (pagine 100-103)

Capitolo III – Accelerazione, Istituzioni, Poteri

I.II L’università: elicottero o Torre d’Avorio?

Restringendo ancor di più il campo d’indagine, Vostal si dedica con particolare attenzione al progetto

Catapult, promosso dalla Technology Strategy Board (TSB) e diretto e finanziato al Department of Business, Innovation and Skills (BIS) del governo britannico. Catapult risulta particolarmente

significativo per l’incisiva immagine racchiusa nel suo nome – la catapulta rappresenterebbe la spinta propulsiva, che prima mancava, nel lanciare i saperi nel mondo reale del capitale – e per il motto che lo rappresenta: «[C]losing the gap between concept and commercialisation»222.

La metafora dello strumento di assedio, capace di una spinta pro-pulsiva, non esaurisce la fertilità simbolica di Catapult; anche la retorica accelerativa trova, nelle dichiarazioni della TSB, modo di manifestarsi in più occasioni:

Emblematically, the TSB uses a new, powerful metaphor to capture its strategy: Catapult. In TSB’s own words, Catapult is a network of new technology and innovation centres, designed to

transform great research rapidly into commercial success […]. Moreover, as the TSB makes

clear, the rhetorical aspect implying acceleration is fundamental to the concept: Catapult is a

name that goes beyond the purely rational and literal, and expresses the energy, pace, direction and sense of purpose of the centres as they work to launch new ideas, products and services towards commercial reality […]. The TSB, which declares itself a fast-paced initiative,

specifically focuses on promoting the need for acceleration of (business) innovation223.

Catapult è scelto come esempio di un’intersezione fra organizzazioni private, governi ed aziende e nel suo darsi è rappresentato, al contempo, il modus operandi delle riforme universitarie degli stati europei degli ultimi vent’anni. Vostal, sfruttando ulteriormente l’immagine della catapulta, analizza il progetto come caso particolare di un insieme di manovre dei dispositivi di potere, il cui fine è conferire una veicolarità alla conoscenza. Un sapere veicolare, da questo punto di vista, non è soltanto quello che conduce al capitalismo: all’attribuzione di una veicolarità corrisponderebbe una conoscenza già dominata, incapace di dirigersi autonomamente poiché deprivata della libertà di movimento.

La relazione fra una produzione culturale veicolata e la potenza accelerativa, d’altra parte, è chiaramente evidente nell’interpretazione vostaliana delle riforme universitarie europee: «The discourse assumes that academia and knowledge production and translation are too slow for a dynamic knowledge economy. Fast sites are expected to hurry not only the translation of promising knowledge but also its generation. This results in a continuous obsession with speeding up something or someone who simply resists or refuses to do so»224.

problemi posti dalla società (lo Stato e il capitale), ma riflettere sulla forma stessa che questi problemi assumono, riformularli, riconoscere un problema nel modo stesso in cui noi vediamo tali problemi. La riduzione del compito dell’istruzione universitaria alla produzione di un sapere competente e utile è la forma paradigmatica dell’uso privato

della ragione nel capitalismo globale contemporaneo». Cfr. Žižek 2012, p. 23.

222 Vostal 2016, p. 146. 223 Ivi, p. 148, corsivi miei. 224 Ivi, p. 165, corsivi miei.

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Una proposta di riforma di questo tipo, atta a legare capitalismo e sfera universitaria, viene annunciata per la prima volta dagli autori di The new production of knowledge: the dynamics of

science and research in contemporary societies (1994) attraverso la differenziazione di una ‘Mode

1’ (anacronistica) e di una ‘Mode 2’ (nuova) di ‘produzione della conoscenza’.

Il volume collettaneo è uno dei primi, nel panorama sociologico, a teorizzare il concetto della «knowledge economy» che, tramite la valorizzazione dell’applicabilità di ogni conoscenza, marchierebbe come autoreferenziali e statiche le scienze ‘pure’: «The salient feature of this new mode is that science and knowledge are produced in the context of application. The authors of this concept sketch the birth of a research system that is inherently interactive and socially distributed»225.

La ‘Mode 1’ della produzione del sapere, che andrebbe combattuta ed abbandonata, d’altro canto presenta diverse caratteristiche nocive per un’osmosi facilitata fra conoscenze e mercato, fra le quali spiccano l’autonomia delle istituzioni universitarie e la costruzione di barriere rigide e solide utilizzate per proteggere il mondo teorico dalle incursioni del capitale (o, più concretamente, allontanando gli investimenti):

The control of quality has also changed. The knowledge produced within Mode 2 is inherently

dialogic, transdisciplinary and reflexive, and coexists alongside a Mode 1 which is – on the

contrary – characterized by solid disciplinary boundaries, homogeneity, autonomy and academic context. Mode 1 is discipline-based and carries a distinction between what is fundamental and what is applied; this implies an operational distinction between a theoretical core and other areas of knowledge such as engineering sciences, where the theoretical insights are translated into applications226.

In contrapposizione alla schematizzazione di The new production of knowledge, nelle pagine di Vostal emerge una resa romantica delle università della ‘Mode 1’. Assediata, in una rappresentazione medievale, dai dispositivi di potere del capitalismo, eroica è la lotta della vecchia università. Protettrice dello studio e della sua temporalità, la città-università è al contempo una guardiana nel custodire il bottino del sapere al suo interno, difendendolo fino alla morte contro l’invasore.

La discrepanza fra l’immagine di un’università non solamente accelerata, ma accelerante, e quella dell’istituzione medievaleggiante che resiste, è riproposta più estesamente dalle sociologhe Heather Menzies e Janice Newson (2007) mediante la metafora della torre d’avorio: «In this respect, some critics suggest that the ivory tower has been breached. The university is no longer a refuge from thehustle-bustle, a slow zone for reading and reflection, critical dialogue and knowledge creation – to the extent that it ever was»227.

La trasfigurazione dell’università nella ‘torre d’avorio’ non si limita, in questo caso, alla rappresentazione di una battaglia; dentro le mura della torre è possibile immaginare lo studioso, che s’incammina per le scale della torre, in cerca dei tomi della biblioteca del tempo, senza nessuna fretta. Le forze del capitale, impegnate nell’assedio, sono raccolte nel medesimo fine: violare l’autonomia della sfera universitaria. Durante la battaglia si evita, in aggiunta, di scalfire gli edifici, i monumenti e i templi: quanto più l’aspetto della città-università rimane immutato, tanto più il capitale potrà insinuarsi efficacemente nel tessuto del sapere.

La sociologia dell’accelerazione accademica di Vostal offre al dipinto un altro tema: le interviste fatte ai professori universitari inglesi, rispetto alla domanda sulla stima reciproca fra colleghi,

225 Ivi, p. 78. 226 Ibid.

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evidenziano come nell’epoca della Mode 2 non sia possibile stimare autenticamente un ‘competitor’. I più anziani, che ricordano la vita nel castello prima dell’assedio, raccontano la stima in una modalità

temporale: essa si accumulava lentamente e sorgeva aiutata da una lenta scrittura delle monografie

accademiche. Non avvertire il bisogno di velocizzare il proprio operare conduceva ad un dialogo fra colleghi, che prendeva corpo fra le pagine dell’opera: la stesura lenta del saggio permetteva, in altri termini, un’interazione frequente fra intellettuali della stessa disciplina, mediante la quale stima poteva darsi.

Il ricercatore della ‘Mode 2’, in antitesi, accelera il proprio passo: affinché ciò sia possibile, tramite le modalità e i contenuti del suo lavoro agiscono i dispositivi del sapere, veicolando la sua conoscenza. Per diventare simile al manager, egli sottoscrive un patto di sangue col capitalismo.

I teorici della ‘Mode 2’ – che profetizzavano una sclerotizzazione per le università affezionate alla ‘Mode 1’, nell’incapacità di un aggiornamento che le avrebbe condotte alla morte – non comprendono, a giudizio di Vostal, i risvolti drammatici delle loro teorie, che avrebbero portato ad una «commercialization and marketization of knowledge»228 già evidente negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione.

Essi non possono prevedere, parimenti, che i ricercatori della ‘Mode 2’ sarebbero divenuti servili. La ‘spendibilità’ di un paper, composto in tempi accelerati, si misura, a parere di Vostal, in base alla sua sudditanza: solo rispondendo prontamente alla domanda del mercato della produzione culturale, il ricercatore ha qualche speranza di doppiare i suoi colleghi nella gara per il posto di lavoro.

Non sono, in ogni caso, solo gli autori della ‘Mode 2’ ad aver proposto teorie di adattamento del sapere al capitale: accanto ad elaborazioni come quelle di Academic Capitalism (1997) di Sheila Slaughter e Larry L. Leslie e di The Enterprise University (2000) di Simon Marginson e Mark Considine troviamo la più discussa pubblicazione The Triple Helix. University-Industry-Government

Relations: A laboratory for Knowledge-Based Economic Development (1990) di Henry Etzkowitz e

Loet Leydesdorff.

Il modello a ‘tripla-elica’ si basa sulla raffigurazione dell’università come elicottero. Essa riuscirebbe a mantenersi in volo, in modo tale da poter raggiungere posti più lontani nel minor tempo

possibile, grazie al movimento rotatorio di tre eliche diverse: la ‘knowledge economy’, i

finanziamenti aziendali e il supporto governativo.

Il movimento di ogni singola elica tenderebbe, inoltre, all’accelerazione; anche le marce di collegamento dovrebbero essere adatte al mantenimento della velocità: ciò che può creare problemi al movimento generale dello sviluppo229 dev’essere aggiustato o sostituito.

Nella descrizione dell’elicottero-università avanza, inoltre, l’idea di un tutto che necessita d’essere costantemente raggiunto, coperto in termini di distanze, sincronizzato, riconoscendo come nemico assoluto del sapere economico un «empty space»230.

Gli interstizi del sistema sarebbero la causa principale della disoccupazione in rialzo e i medesimi

vuoti verrebbero riempiti facendo delle conoscenze o servizi o prodotti: «These spaces were

predominantly designed for translating ideas and knowledge from their raw forms into marketable, profitable products and/or services»231. Alla desincronizzazione, perciò, la visione planare dell’elicottero-università attribuirebbe solamente l’insorgere di un potenziale di crisi. La conoscenza

228 Ivi, p. 79.

229 «The boundaries between university and industry, public and private, science and technology are in constant flux and

the frequency of (ex)change between helices needs to accelerate»; Ivi, p. 82.

230 Ibid. 231 Ivi, p. 144.

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è una materia prima, simile all’acqua, che in occasione del peggiorare di una crisi può tornare utile all’elicottero-università, in volo per spegnere l’incendio.

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