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Trascendenza e interferenze

Nel documento Synch - Fra l'attimo e l'evento (pagine 76-81)

Capitolo II – Ciò che resta dell’ambiente

III.II Trascendenza e interferenze

In The Constitution of Society (1984), Anthony Giddens articola la sua ontologia sociale mediante una terminologia particolarmente legata alla tradizione filosofica: durée, Dasein e long durée145. La

componente temporalmente reversibile del ciclo, nella teoria sociale giddensiana, non viene ascritta alla ‘lunga durata’, come potrebbe avvenire in una visione ciclica della storia, né tantomeno al piano del Dasein, che viene caratterizzato come l’irreversibile, il direzionale in cui l’essere umano s’avvede della sua precarietà esistenziale a causa della morte che lo aspetta.

È alla sfera quotidiana, durée, che viene ascritta una sensazione di stabilità temporale: nella percezione del tempo sociale come un tempo ‘che si ripropone’ al soggetto in modi uniformi, costanti e canonici, per cui ogni giorno diventa simile, quasi uguale, a quello precedente e a quello successivo – risiede il tratto specifico del quotidiano.

La ‘banalizzazione del tempo’, sostanziale per il consolidarsi di una routine, mette in luce come una resa stabile della dimensione temporale, che permetta al soggetto una progettazione di sé, coincida con l’adattamento sociale delle temporalità. Sono le stesse soggettività sociali, per Giddens, che volontariamente, compongono e rendono continuo un ordinamento temporale.

Ciò che è ‘quotidiano’ appare ben fissato attorno ai cardini di un tempo sociale immutabile e irreversibile. Nell’introdurre nell’ontologia sociale una concettualizzazione del desiderio di

permanenza nella routine del soggetto sociale, Giddens segue, a parere di Adam, il sentiero della

‘repressione del tempo’ della sociologia:

Giddens, for example, notes […] that in functionalist theories time is identified with change and sequence whilst stability and order are conceived as timeless. Maintaining this distinction between synchrony and diachrony, statics and dynamics, process and order, leads to a repression of time in social theory. To speak of social stability cannot […] involve abstracting from time

since stability means continuity over time. A stable order is one in which there is a close similarity between how things are now and how they used to be in the past. The very notion of pattern or

structure is in fact nonsensical viewed from the vantage point of functionalist analysis which understands these as timeless snapshots of interaction146.

Adam oppone, alla stabilizzazione del tempo in routine come fondamento dell’ontologia sociale giddensiana, una teoria della trascendenza come potenza inesauribile della temporalità umana, suo aspetto più essenziale.

Appellandosi inizialmente ad una critica di stampo prospettivista, per cui il luogo d’osservazione condizionerebbe la descrizione di alcune realtà come apparentemente cicliche e reversibili, Adam utilizza l’esempio della differenza dei bioritmi fra specie: nel caso di una pianta, che non sembra né crescere né ‘invecchiare’ rispetto all’accelerata metamorfosi dei corpi animali e al tasso dei loro

145 «By 1984 the complexity of his thoughts on the subject is compressed into a sterile model where the durée of day-to-

day experience is characterised as operating in reversible time, Dasein in irreversible, directional time, and the longue

durée of generations, institutions and history in reversible time again»; Ivi, pp. 25-26.

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scambi metabolici, luoghi sociali apparentemente «timeless» presenterebbero tassi di cambiamento talmente lenti da sfuggire alla catalogazione sociologica147.

La concezione dalla routine di Giddens viene respinta, con maggiore urgenza, a causa dell’impossibilità di accordare alla potenza trascendente dell’essere umano alcun valore all’interno dell’intero sistema delle ‘strutturazioni strutturanti’. Adam ritiene una tale sistematizzazione incapace di restituire la complessità delle mediazioni fra temporalità umana e divenire: alla temporalità naturale, in questo senso, è attribuita una presenza extra-sociale che è possibile ricondurre alla ‘circolarità’ solo nelle ‘fissazioni’ mitiche dell’eterno.

Se l’ipotesi di una ciclicità della routine strutturante la quotidianità risulta opprimente la potenza trascendente, non tocca la stessa sorte al mito: esso rappresenta una modalità poetica dell’espressione umana in cui la ciclicità assume una valenza sacrale. La mitopoietica, da questo punto di vista, è per la sociologa risultante dall’incontro della potenza trascendente e della temporalità rituale nell’immagine dell’eternità.

In questa prospettiva, Adam lega la ciclicità parimenti alla pratica rituale, intesa come tentativo di trascendere il tempo sociale, in diretta contrapposizione alla routine della quotidianità. La necessità mitica dell’essere umano, differentemente dall’adattamento sociale, manifesterebbe la specificità della sua temporalità: scatenando il suo potenziale trascendente, il soggetto parteciperebbe di una relazione temporale col mondo raccontabile solo miticamente. Nello stesso racconto, l’essere umano chiamerebbe la temporalità naturale il divenire (Becoming) e creerebbe il mito e il rituale come suoi emissari per l’eternità.

Il mitico è ciò che risponde al transeunte del divenire in cui l’essere umano è immerso, soprattutto a causa del mantenimento di una continuità storica e sociale del mito stesso rispetto all’effimerità e alla contingenza del tempo cronologico. Fare in modo che qualcosa, nello scorrere del tempo, rimanga ‘stabile’ costituisce un’eredità generazionale di primaria importanza, una fissazione che s’ottiene tramite pratiche reiterate: «There are numerous way to respond to the transience, ephemerality, contingence and finitude of human existence, numerous means to impose a sociocultural will on the times of the cosmos, nature and the body. One of these is to make time stand

still»148.

Time è dedicato per la maggior parte alle operazioni umane in cui la ‘circolarità’ assume un tratto

di comunicazione col ‘sacro’ che cela, dietro di sé, il bisogno di trascendenza rispetto al divenire naturale.

Fissare delle vedute temporali, fino al punto da renderle apparentemente immutabili, fondanti a livello ontologico e ‘strutture strutturanti, è il risultato, per Adam, di uno scatenamento estremo della temporalità trascendente dell’essere umano. Dalla stessa matrice ha origine, inoltre, la dimensione religiosa: «Re-presenting and creating the temporal world in static and permanent form means the reality thus created appears as if it were fixed and immutable»149. Adam, riprendendo in particolare

gli studi sulla funzione dei monoliti dell’architetto Keith Critchlow, indirizza la sua riflessione verso teorie e pratiche che si siano storicamente distinte come creatrici di vedute temporali performative, molto prima dell’assetto moderno industriale.

147 «[W]hat is generally conceptualised as timeless, refers mostly to rates of change that are very much slower than those

of the observer's frame of reference. Traditional societies, for example, are extremely slowly changing when measured and defined against present Western standards. It is the particular frame of reference that makes Levi-Strauss and Giddens conceptualise such societies as 'cold' and operating in reversible time»; Adam 1994, p. 29.

148 Adam 2004, pp. 76-77. 149 Adam 1994, p. 138.

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La pensabilità stessa del mondo umano sub specie aeternitatis, quindi, è meritevole di approfondimenti da parte della sociologia del tempo perché ‘tattica’ rispetto a un orizzonte dato; l’eternità è una, forse la, creazione dell’uomo rispetto al tempo: «From this interpretation, cyclical

time emerges as something in which ancient societies are not merely located, but which they have chosen as a tactic to unify the one with the whole and to gather up, in the now, the whole of time.

[…] an active creation of eternity».

Se la trascendenza è il tratto specie-specifico della temporalità umana, di cui l’aeternitas sarebbe la punta di diamante, Adam prosegue nella descrizione dell’esercizio della potenza trascendente dell’essere umano mediate il concetto di assicurazione del futuro. A partire dagli studi del geografo svedese Torsten Hägerstrand, in cui edifici abitativi e differenti forme di costruzioni architettoniche vengono interpretate nella loro essenza di preservazione di un passato e protezione rispetto a un futuro150, per giungere al meccanismo delle polizze assicurative che, a parere dell’autrice, deve in qualche modo includere una r-assicurazione psicologica rispetto ai rischi incombenti dell’avvenire, Adam elenca una serie di manifestazioni della potenza trascendente tramite la fissazione di passato e futuro. Tale fissazione alimenta, però, nuovamente la potenza della trascendenza umana, che si rivolta contro le sue stesse ‘fissazioni’.

Il rituale, d’altra parte, si sviluppa in maniera eterogena grazia alla relazione con una temporalità

eterna, fissata miticamente nella s-fondatezza di un ‘tempo-senza-confini’. Nel suo legame con il

mito e con una sfera religiosa, la pratica ritualistica si costituisce come una ‘messa-nel-presente’ e una ‘messa-in-evento’, poiché gli atti performativi dei partecipanti dello stesso assumono il loro significato pregnante solo se sincronizzati. La micro-sincronizzazione dei partecipanti crea un

ambiente rituale, atto a rievocare l’eterno in un insieme di gesti e interazioni.

A questa descrizione del rito Adam aggiunge l’ipotesi della nascita delle pratiche ritualistiche come rispondenti all’esigenza pratica di rendere effettivamente com-presenti gli attori di una coorte sociale gli uni di fronte a se stessi (le prime comunità umane sorgerebbero dalle pratiche ritualistiche). La potenza trascendente della temporalità umana, a giudizio di Adam, rivivrebbe tutt’oggi, in qualsiasi rituale, un frammento di eternità. La ‘sincronicità’ ritualistica, oltrepassando qualsiasi causalità, accorderebbe i partecipanti allo stesso non-tempo e alla stessa non-storia, proiettandoli in una temporalità ucronica:

The ritual binds into one unity the originary act and the re-enactment. It brings together in the present ritual participants with the sources and forces or reality. We can speak of an active presencing of origin. In this process of presencing, the time of sequence, passage and duration is negated. Time is not abolished, however. Rather, it is rendered non-temporal and ahistorical. In the effort to bridge the gap between profane time and eternity the former is actively bracketed (aufgehoben) and the latter explicitly activated through the performance of ritual. […] [C]ausal relations become irrelevant while synchronicity gains in importance151.

Architettura, economia e religione non esauriscono i campi in cui le pratiche di trascendenza temporale si consolidano socialmente. A questa lista, Adam aggiunge la numerazione aritmetica152,

150 «Hägerstrand […] suggests that a building, for example, is not built merely for the present; it reaches into the future

as a kind of space-time container which provides protection for a period to come. Similarly, practices and institutions

based on promise allow for the securing of a future event in the present»; Ivi, p. 139.

151 Adam 2004, p. 78.

152 «Numbers are atemporal and carry symbolic significance. […] Patterns can only be perceived by standing outside time

since they freeze and hold still what is moving and transient. An example would be the patterns created by the movement of stars over time»; Ivi, p. 93.

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insieme a qualsiasi forma di pattern, frattali e unità identiche a se stesse; lo stesso ‘clock time’, espressione della potenza astraente nell’economicizzazione del tempo moderno, non è nient’altro che l’ennesimo frutto della potenza trascendente. Nonostante ciò, il dispositivo della trascendenza umana può incepparsi nel momento in cui la relazione fra soggetto e temporalità naturale, il diveniente, avviene mediante delle esperienze estatiche.

A tal riguardo, Adam approfondisce gli studi degli psichiatri cechi Stanislav Grof e Christina Grof, con attenzione particolare al volume Beyond Death (1980), incentrato sullo studio di esperienze extracorporee. La sociologa riporta diversi estratti dello studio dei Grof, fra cui si scopre il racconto di una donna superstite a seguito di un incidente stradale, potenzialmente mortale, e delle sensazioni immediatamente successive alla «frontal collision»153 dell’autovettura:

During the several seconds that my car was in motion, I had an experience that seemed to span centuries. I rapidly moved from sheer terror and overwhelming fear for my life to a profound knowledge that I would die. Ironically, with that knowledge came the deepest sense of peace and serenity that I have ever encountered. It was as though I had moved from the periphery of my being – the body that contained me – to the very centre of myself, a place that was imperturbable, totally quiet and at rest. […] Time seemed to have disappeared.154

Il motivo che rende così rilevante questa tipologia di esperienze psichiche è strettamente connesso alla loro natura, che sfida quell’alterità incolmabile fra temporalità naturale e timescapes umani, connotati da una certa trascendenza: in che modo sarebbe possibile rendere conto di tutti quei fenomeni che non appaiono immediatamente sociali ma che sono caratterizzati da un oltrepassamento di spazialità e temporalità comuni?

Un’enfasi particolare va posta non soltanto nell’impressione di un ‘tempo scomparso’ pochi attimi prima della realizzazione della propria morte, ma sull’idea di una forma di ‘unione cosmica’ che i soggetti riescono a ricordare dopo esperienze traumatiche: «I could see and feel my injuries, but they did not seem to have anything to do with me; they were merely part of a rapidly expanding network that included much more than my body»155. Il tratto panico dell’inclusione in un ordine

spazio-temporale onnicomprensivo, che i coniugi Grof congiungono in tutta la loro produzione a peculiari pratiche meditative, si collega al contempo alla tradizione junghiana dell’inconscio collettivo (un «collective unconscious that connects individuals to all humanity, other life forms, and the comos»156) e dà il via ad una serie di studi sperimentali, classificati in ambito psicologico con il termine «holotropic therapy»157.

La sociologa, che nel suo primo lavoro prende in seria considerazione tali dinamiche, espone l’idea che soggiace alla cosiddetta ‘olotropia’ (un muoversi verso l’intero, dal greco ὅλος, ‘intero’, insieme al verbo di movimento τρεπὲιν) riguardante l’esperienza, tramite pratiche olotropiche, di una temporalità estatica contemporaneamente connessa a quella naturale. Le pratiche olotropiche implicano, più precisamente, una perdita di coscienza dell’Io sociale che s’esperisce mediante una

sospensione: «[T]he suspension of time and the loss of identity as the individual mergers with the

whole. […] That which we know ourselves to be – individuals that are delineated against others and the environment with boundaries of space, time, and matter – gets absorbed and enfolded back into

153 Adam 1994, p. 129. 154 Ibid. 155 Ivi, pp. 129-130. 156 Ivi, p. 130. 157 Ibid.

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the whole. […] The cosmic whole in turn reveals itself not as timeless but timefull. It seems to encompass all of time, space, and matter, to unite all the infinite, defining boundaries into one»158.

La comprensione della temporalità estatica negli studi olotropici conduce Adam a proporre un modello ‘olo-grammatico’ per la sociologia del tempo. L’ologramma, con particolare riguardo alla sua capacità di risonanza rispetto alla matrice della trasmissione che lo forma, viene contrapposto alla fotografia, caricata invece di una pretesa d’esattezza, misurabilità newtoniana e datità delle sue unità (pigmenti, pixel e così via):

Holography is a technology that encapsulates a post-Newtonian conception of the part to the whole and entails a process of representing and fixing reality visually that differs significantly from lens photography. Holography implicates the absent and centrally incorporates the idea of resonance. […] In lens photography the object stands in a 1:1 relation to the produced image and each point on the object corresponds to the same single point on the representation. In case of the plate being broken, the broken off part would be missing from the image. It means, this design principle of lens technology is underpinned by classical Newtonian science assumptions about the relation of part to whole, object of investigation to reality and, by implication, individual to society, being to environment. It links to the understanding that when something is removed – from a photographic plate, society, nature-the rest remains undisturbed; it is simply missing159.

Un ulteriore aspetto significativo della trasfigurazione olografica della temporalità riguarda l’interferenza. Mediante l’interferenza, la trasmissione ologrammatica permetterebbe di superare al contempo una rappresentazione spaziale del tempo coincidente col dominio teorico e tecnico del vivente. Le relazioni fra oggetti/soggetti di un ambiente andrebbero espresse, nel piano ologrammatico, come sincronizzazioni e interferenze rispetto al tempo sociale, sotto forma di un’inter-connessione che influenza gli equilibri in campo in maniera immediata: «In holography the emphasis is on parts being implicated in the whole and vice versa, on interconnectivity and on meaning arising from interaction, on multiple perspectivity and on the centrality of that which is not visible – what a gem of a metaphor for conceptualising environmental hazards! Derived from the Greek holo which means whole and ‘gram’ which means to write, a hologram writes the whole. […] Once the beams are reunited they are no longer in phase but interfere with each other»160.

La temporalità naturale, intesa come divenire del vivente, rimane nel pensiero di Adam inesauribile ad una mediazione umana. Nell’operare della potenza trascendente, l’eternità corrisponde alla fissazione mitica della temporalità naturale, a cui si lega il sentimento religioso e la pratica rituale. Nella trasmissione ologrammatica, d’altro canto, l’interferenza sembrerebbe emanare direttamente qualcosa della trasmissione stessa, intesa come rapporto proiettivo di una presenza e delle sue distorsioni.

Il rapporto con la temporalità naturale, in aggiunta, è indagato da Adam nel legame metabolico fra società umana e terreno mediante l’agricoltura. In questo senso, l’indagine sociologica di Adam presenta il terreno agricolo scisso nel processo dell’emergenza naturale e in quello produttivo, accelerabile dalla sincronizzazione sociale.

158 Ibid.

159 Adam 1998, p. 51. 160 Ivi, pp. 51-52.

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