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Datafilia

Nel documento Synch - Fra l'attimo e l'evento (pagine 105-113)

Capitolo III – Accelerazione, Istituzioni, Poteri

I.IV Datafilia

Il capitalismo culturale descritto da Vostal, in aggiunta, si manifesterebbe all’interno delle singole scienze, sotto forma di correnti. Ogni scienza moderna, nella sua intima connessione con i dispositivi della produzione del sapere del capitalismo, si caratterizzerebbe per una varietà impressionante di tipologie di adattamento al dominio eteromorfe. La corrente più innovativa all’interno di una scienza coincide con la realizzazione teorica di una trasposizione più fedele alla domanda del mercato culturale. In questo senso, Vostal discorre delle innovazioni tecnologiche applicate alla sociologia in questo dispositivo di ‘captazione-del-reale’.

Il punto di partenza per la riflessione di Vostal sul dispositivo sociologico è il concetto, esposto da David Beer e Roger Burrows (2007), di una ‘Sociologia 2.0’243, presentata contemporaneamente dagli autori come nuovo empirismo: «One of the widely discussed structural adjustments reflecting these imaginations is associated with the emergence of new empiricism, which is part of a broader transformation toward what some call sociology 2.0»244.

La ‘presa sul mondo’ a cui la nuova sociologia ambisce potrebbe essere realizzata, a parere di Beer e Burrows, tramite l’utilizzo di nuove tecnologie e la cooperazione di tecnici informatici nelle ricerche empiriche; questo implicherebbe un raffronto diretto con i flussi d’informazione (più in particolare, col web e social network come Facebook o Twitter), tramite un monitoraggio continuo dei dati.

Il sociologo 2.0, da questa angolazione, è un informatico che monitora la trasmissione sociale nello schermo. La società, mediante la conversione in dati, si disporrebbe immediatamente dinnanzi

241 Ivi, p. 109. 242 Ivi, pp. 97-98.

243 V. Beer, Burrows 2007. 244 Ivi, p. 175.

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ai suoi occhi: tale immanenza renderebbe lo ‘studio’ sociale più simile ad una ri-presentazione che ad una rappresentazione. La captazione immanente del mondo sociale della Sociologia 2.0, rinunciando alla messa in prospettiva storico-politica dei fenomeni, si differenzierebbe dalla sociologia del passato per il suo temporal framewok:

One major suggestion is that a reinvigorated sociology should concentrate on new proxies for social reality such as data sets formed as the by product of routine administrative processes […]. These proxies should enable us to capture high-speed interdependencies and chase the myriad

mobilities, switches, transactions and fluidities that are claimed to make up contemporary social life. In order to understand and explain highspeed social reality, what is needed is to increase the

number of quantitative experts, including computer scientists, among sociologists […]. Increased trans-disciplinary engagement should enable further reinforcement and foregrounding of social transactional and digital research technologies and embracing the use of social networks such as Facebook and Twitter for social investigation […]. Using the temporal framework, we may say that these propositions constitute a re-synchronization manoeuvre that can align new methods of investigation with their object(s)245.

A levarsi contro l’upgrade della scienza sociologica sono i sociologi statunitensi Michael Mann e Nicky Hart. Entrambi sottolineano come una delle prime carenze che la sociologia dell’avvenire presenterebbe sarebbe la mancata storicizzazione delle ricerche da condurre, considerando particolarmente esiziale per le scienze sociali la deprivazione del compito genealogico e l’assenza di ricostruzioni diacroniche: «Michael Mann and Nicky Hart defend slower aspects of historically oriented macro-sociology by highlighting, for instance, the importance of socio-historical analysis. [They] highlight that sociology should maintain the ability to engage with historicity and the origins of the conditions that gave rise to modern social institutions, processes, structures and ideologies»246. Mann, in particolare, ritiene che un procedere analogo rischierebbe di rendere la sociologia puramente strumentale a scopi politici; a questa situazione si arriverebbe tramite una feticizzazione del ruolo dei dati (nei termini manniani, dataphilia). Aumentare il ritmo della raccolta d’informazioni fino al punto della ‘conversione in-tempo-reale’ di fatti/dati, consentita dagli strumenti informatici, con l’obiettivo della velocizzazione del raffronto col reale andrebbe, a parere di Mann, in direzione di una «reification of measures»247. Non potendo più misurare archeologicamente le distanze del loro operare, i sociologi perderebbe parimenti il proprio potenziale di critica sociale.

Promuovere un’accelerazione della sociologia comporterebbe una sua progressiva neutralizzazione in termini critici, rendendola tutt’al più un efficace strumento per poteri politici ed economici: ai sociologi non rimarrebbero funzioni più nobili delle indagini di mercato. La complessità dei dati da elaborare, inoltre, sarebbe più compatibile, per mole, con le capacità di un calcolatore piuttosto che di uno studioso.

Il sociologo ceco ritiene, in accordo con autori come Marc Bessin e Giovanni Gasparini, che la ‘Sociologia 2.0’ imiterebbe in questo senso il giornalismo in quanto dispositivo di ‘mobilitazione dell’attenzione’248. La Sociologia 2.0 si lega intimamente alla tecnologia, condividendo con essa lo

245 Ibid. 246 Ivi, p. 178. 247 Ivi, p. 180.

248 «Rather, it is to draw attention to the reduction of sociological inquiry into repertoires and registers that seek to speak

immediately to the ‘right’ and relevant audiences. Marc Bessin and Giovanni Gasparini captured the danger and appeal of preoccupation with reportage by differentiating the temporal horizon of immediacy and attraction inherent to journalism versus the slower temporality of social scientific research»; Ivi, p. 182.

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stesso principio di ‘captazione-del-reale’. La sociologia classica, d’altro canto, viene abbandonata per le infiltrazioni di istanze morali, politiche e giuridiche; a parere di Vostal, inoltre, la Sociologia 1.0 si è definitiva, sin dai suoi albori, come sociologia critica:

This slower type of sociological conduct also promotes a different conception of interdisciplinarity. Whereas sociology 2.0 proposes closer engagement with computer science (as well as the natural and human sciences) by bringing the social closer to those disciplines in their diverse appreciations, critical sociology broadly calls for a closer engagement between social

science and the sustained, patient deliberation on forms of judgment and their legitimacy provided by lay ethical thought and by moral and political philosophy249.

La possibilità di una sociologia computerizzata esprime, a ben vedere, la realizzazione totale dell’adattamento dei saperi alla mediazione sociale. Il pensiero sociale verrebbe espulso dalla rappresentazione sociale, che preferirebbe rappresentare solamente se stessa; in questo modo, annullando di fatto lo scarto fra pensiero e società, il meccanismo di riproduzione del capitalismo avrebbe assunto il controllo della temporalità della conoscenza.

Una valutazione che segue dettami socio-politici relativi ai tempi sociali, inoltre, importa anche nel mondo dello studio criteri propri del campo economico; un caso facilmente assimilabile sotto tal riguardo consiste nella penalizzazione progressiva che viene attribuita al voto di laurea dello studente

fuori-corso.

Nel corso di laurea, da questo punto di vista, si riproporrebbe una normatività temporale derivante dall’assimilazione degli studenti a unità produttive (lo studio come prodotto). Nella forma del capitalismo cognitivo, lo studente im-produttivo, allo stesso modo di quello più meticoloso della

norma, viene penalizzato mediante una maggiorazione della tassa sullo studio. L’accelerabilità del

percorso di studi, d’altra parte, indirizza ad un precariato esistenziale, che precede quello economico: spinto nel mercato del lavoro nel ‘post-‘ della laurea – attestante che la conoscenza posseduta dal soggetto è adatta al mercato capitalista, nella specificità delle sue richieste –, lo studente si dispone alla sincronizzazione del mercato del lavoro. Il giovane dis-occupato, d’altro canto, conosce per la prima volta la desincronizzazione. Grazie ad essa, il soggetto esperimenta la possibilità di s- ganciamento dal sistema capitalistico.

II – Legislazione a motore. Da Carl Schmitt a William E. Scheuerman

L’istituzione universitaria contemporanea può essere analizzata, a seguito delle riflessioni compiute da Vostal, in due aspetti apparentemente contrastanti: se per un verso essa deve resistere, in quanto ‘istituzione’, alla potenza demiurgica dei dispositivi del capitalismo, per non mutare in ‘Industria Culturale’, per l’altro abbisogna dell’adattamento per il suo carattere istituente, funzionale a un

comando che precede la sua istituzione. Mediante l’addomesticamento del tempo dello studio e la

circoscrizione di uno spazio limitato, l’istituzione universitaria moderna – post-assedio – appare,

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perciò, come una creatura infelice: nella veduta temporale dell’industria, essa è conscia di un’espropriazione che avviene al suo interno e che non può frenare in alcun modo.

La metamorfosi dell’università in ‘dispositivo della produzione del sapere’ le consente di prendere il volo: sotto forma di elicottero, l’istituzione universitaria si avvia, insieme a qualsiasi istituzione sociale presente nella contemporaneità, all’inseguimento dei capitali. Sebbene le istituzioni stesse partecipassero, sin dalla loro fondazione, al meccanismo di mediazione sociale, l’accelerazione del capitalismo le costringe ad una competizione: la ‘captazione-in-tempo-reale’ della domanda e dell’offerta del mercato globale è l’obiettivo da raggiungere, affinché la riproduzione culturale del sistema non venga interrotta. Le discipline universitarie, da questo punto di vista,

gareggiano per ottenere il privilegio di ‘innovare’, per prime, la modalità di adattamento del sociale

ai regimi di potere.

Presentare il capitalismo è più importante che rap-presentarlo: in questo senso, la conversione

dell’istituito in un puro istituente altera radicalmente, oltre che le università, le istituzioni

democratiche degli Stati occidentali. Adoperando il lessico di Adam, è possibile rinvenire la potenza

trascendente nuovamente in azione nella liquefazione degli assetti istituiti delle società contemporanee: perseguendo la meta finale di una trasmissione ‘in-tempo-reale’ del capitalismo, affinché la riproduzione del sistema venga ‘eternizzata’, l’istituzione tende all’adattamento nella metamorfosi in ‘agenzia’. L’agentificazione delle istituzioni le rende più prossime, nella loro forma, al potere esecutivo: la ‘mediazione’ non è più un processo a se stante, diventa parte di una ‘messa-in- opera’ dei dispositivi di potere.

Non solo le istituzioni universitarie, ma anche quelle giuridiche e rappresentative subiscono un processo di adattamento accelerato: la loro innovazione deve permettere l’immissione, nel tessuto sociale, delle rotazioni del capitalismo, monitorate dai dispositivi. Bisogna osservare, a questo punto, che l’aggettivazione biopolitica dei dispositivi è, nella concettualizzazione di una trasmissione in diretta, intimamente connessa all’aspetto esecutivo delle normatività temporali della contemporaneità: il comando ‘si esegue’ e quanto più celere è la reattività del comandato, tanto più la soggettività sociale si scopre adatta all’esecuzione (performance).

Nel corteo degli esecutori del processo di sincronizzazione accelerata della contemporaneità, il

leader politico occupa il posto parallelo a quello dell’università: se all’agenzia universitaria è ascritto

il compito di assestare il pensiero in una ‘produzione di sapere’, al leader, principe del potere esecutivo, è concesso il ruolo di emissario del comando.

La sua performance consiste nell’essere ‘de-stituente’ in rapporto agli interessi dei dispositivi di potere: nel proposito di innovare le istituzioni democratiche, il leader promuove un progressivo s- mantellamento di tutto ciò che è d’ostacolo alla trasmissione. Il processo deliberativo e l’apparato giuridico, in questa angolazione, devono essere accelerati; incarnando il comando dello smantellamento (o rottamazione) delle istituzioni, l’immagine che la SAT ci dona è quella del leader della contemporaneità come ‘acceleratore’.

Quando si ricerca un orizzonte esplicitamente politico, non solo troviamo l’accelerazione sociale connessa inevitabilmente a processi di sincronizzazione biopolitica – in quanto incunearsi di differenti poteri nella ‘mediazione spontanea’ dei ritmi e delle regolarità del βίος umano –, ma, al contempo, essa viene legata a pressioni e de-pressioni che la globalizzazione (o sincronizzazione

globale) esercita su sincronizzazioni minori, ‘culture concentriche’ a loro volta impegnate ad adattarsi

alla totalità. È possibile, in tal riguardo, riferirsi al saggio Speed, Concentric Cultures, and

Cosmopolitanism (2000) del politologo William E. Connolly.

Nel saggio di Connolly l’accelerazione sociale è mostrata in azione nel ‘discorso-politico’ internazionale, mettendo nero su bianco la credenza, tipicamente occidentale, che il sorgere di nuove

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forme di fondamentalismo possa essere ricondotto a tentativi estremi di desincronizzazione a livello globale: «Today, ironically, the most virulent attempts to slow things down take the form of national and religious fundamentalisms that deply media soundbites and military campaigns of ethnic cleansing to reinstate a slow, centered world»250. Inoltre, tradizioni di pensiero della filosofia politica, come il comunitarismo, vengono ripensate come bisognose d’importanti aggiornamenti251, all’interno di un quadro storico-politico in cui la democrazia occidentale manifesta la propria ’in-sostenibilità’. La sostenibilità di un sistema democratico, all’interno di un contesto che sembra destinato ad accelerarsi indefinitamente, è, perciò, messa in dubbio da Connolly. La possibilità della democrazia è ricondotta, più specificamente, alla sua temporalità intrinseca: la lentezza che inerisce il processo di deliberazione collettiva, così come i lunghi tempi di formazione della soggettività democratica e l’urgenza di partecipare attivamente ai dibattiti che animano la sfera pubblica, sembrano connotare, in epoca contemporanea, la struttura democratica come manifestamente anacronistica.

Può dirsi realmente democratico un processo che, seguendo formalmente un iter regolamentato e legalmente riconosciuto, si svolge in tempi-da-record? È possibile riscontrare, nella contemporaneità, dei cambiamenti sostanziali dei sistemi democratici sotto il profilo della comunicazione politica, della formazione del ‘consenso’ e della rappresentazione parlamentare? L’azione trascinante di un leader, che decide prontamente cosa fare, parrebbe essere la più consona allo Zeitgeist politico della contemporaneità. Il leaderismo è concepito, in questo caso, in risposta all’esigenza di sostituire la temporalità democratica – e la temporalità politica, più radicalmente – con un nuovo settore di produzione, quello del consenso (il consenso come prodotto politico).

È possibile prestare attenzione, a questo riguardo, all’interpretazione di Die Lage der

europäischen Rechtswissenschaft (1943) di Carl Schmitt nella SAT contemporanea in qualità di opera

profetica per la canalizzazione del potere in forme accelerate, non più istituite. La conferenza252 del giurista tedesco è reinterpretata nel volume Liberal Democracy and the Social Acceleration of Time (2004) del filosofo politico statunitense William E. Scheuerman e può essere messa in relazione con la visione della situational politics di Hartmut Rosa. A questi due autori va attribuita, difatti, una particolare rilettura del concetto di decisionismo schmittiano nel fenomeno contemporaneo del leaderismo; il potere esecutivo, nella sua purezza anti-istituzionale – che gli consente di rimanere più prossimo alla potenza –, nel giudizio di Scheuerman e Rosa mira alla liberazione dalle istituzioni, che rallentano il suo corso.

Il leader, portatore delle istanze di adattamento della politica rappresentativa alla struttura capitalista, è dunque il vate dell’accelerazione sociale: colui che sblocca, che ‘non-trattiene-più’. Assumendo su di sé la responsabilità di decisione accelerate, egli esprime un potere che non può più

250 Connolly 2009, p. 263.

251 La posizione finale del lavoro di Connolly sembra cogliere la compresenza di possibilità radicalmente nuove a causa

dello sfondamento nel presente della sincronizzazione accelerata della globalizzazione, per quanto egli inquadri le medesime possibilità in una «new matrix of cosmopolitanism» (Ivi, p. 283). Rispetto alle suddette zone di crocevia fra tradizione del pensiero politico classico e l’input di updating della SAT, decisivo può risultare il riferimento al pluralismo

giuridico. Autori come Scheuerman, ad esempio, ricordano come il monismo giuridico, così come presentato dal

sociologo del diritto russo Georges Gurvitch, comunemente ritenuto fra i più importanti esponenti di tale indirizzo filosofico-politico, fosse strettamente connesso ad un bisogno di sincronizzazione della complessità sociale tramite una sorta di gerarchizzazione degli ordinamenti giuridici: «[E]very society must attempt to unify, even if only relatively, these multiple manifestations of time and attempt to arrange them in a hierarchy»; citato in Scheuerman 2004, p. 3.

252 Die Lage der europäischen Rechtswissenschaft di Carl Schmitt è stata pubblicata per la prima volta nel 1944; si tratta

di un lavoro concepito dal filosofo e giurista tedesco durante gli anni della seconda guerra mondiale, in quanto testo per delle conferenze pubbliche. Più precisamente, il testo di Die Lage è stato letto inizialmente presso università dell'Europa dell'Est: la prima volta a Bucarest, nel febbraio 1943, la seconda a Budapest, nel novembre dello stesso anno. La prima pubblicazione scritta è avvenuta in lingua ungherese nel 1944 per conto della rivista Gazdasagi Jog.

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essere mediato dalle istituzioni. In questo senso, il leaderismo della contemporaneità sottrae alla mediazione giuridica e rappresentativa qualsiasi validità, adoperando contro di esse la retorica dell’immediatezza esecutiva mediante il tema dell’urgenza.

Nella conferenza di Schmitt è possibile rintracciare un concetto che cerca di rendere conto della velocizzazione dei processi deliberativi nel parlamentarismo europeo dalla della Prima Guerra Mondiale agli anni '40: Schmitt si riferisce a questa implementazione giuridico-politica con la formula del legislatore motorizzato.

La ‘motorizzazione’ dei processi di legislazione dei parlamenti europei offre al giurista l'occasione per dare forma teorica ad una tendenza sempre più chiara nell’equilibrio fra differenti poteri: quella che porta il potere esecutivo a prevalere sugli altri a causa della maggiore propensione al presente, incarnando l’esigenza di una ‘responsività continua’. La necessità dell’accelerazione del processo di legislazione europea si fa evidente a seguito di una lentezza delle istituzioni democratiche: la Weimarer Republik, in questo senso, rappresenta la modalità classica di deliberazione delle democrazie rappresentative agli inizi del XX secolo, manifestando chiaramente la sua insostenibilità nel rapportarsi all’accelerazione economica della propria epoca.

Per comprendere adeguatamente la teoria del legislatore motorizzato occorre chiarire l'impostazione generale di Die Lage, che attribuisce al potere giuridico due funzioni sostanzialmente eterogenee: l'applicazione del diritto e la scienza del diritto (la giurisprudenza). Ciò che preoccupa Schmitt, riferendosi alla sua professione di giurista, è la crisi della giurisprudenza e la perdita del suo prestigio nelle facoltà europee.

Il sapere giuridico, contenuto nella scienza del diritto, è definito da Schmitt nei termini di un

millenario tramandare, avente le proprie radici nel diritto romano prima e nella tradizione del

giusnaturalismo moderno poi. Il tramandare del diritto trascende i confini nazionali e, soprattutto, le mire e gli obiettivi dei singoli governi che lo usano. La giurisprudenza, d’altra parte, è per Schmitt una quasi-eterna storia di ricezioni che rischia di spezzarsi e perdersi una volta per tutte nell’oblio. A questo proposito egli scrive:

At the risk of exaggerating, it can be said that for a millennium the whole legal history of the European peoples has been one of reciprocal receptions (here reception does not mean mere adaptation but rather an alternating and often strongly resisted process of incorporation and refinement able to evaluate and utilize received law). This kind of reception is both natural and organic. It resembles the borrowing of forms and motifs in art, music and painting253.

Il giurista tedesco, con l’obiettivo di fornire un’archeologia della crisi del potere legislativo che prenda le mosse dall’avvento della modernità, indirizza l’indagine verso snodi particolarmente significativi della storia occidentale. Il 1848 è, ad esempio, eletto come anno in cui può considerarsi avvenuta la transizione da una concezione ‘classica’ del diritto al positivismo giuridico254. Il positivismo rappresenta, per Schmitt, il punto di rottura con la tradizione della giurisprudenza nelle sue pretese universalistiche, poiché traduce l’adattamento delle magistrature degli stati europei a favore di una maggiore coerenza contestuale e circoscrive il diritto all’applicazione nazionale. In tal

253 Schmitt 1990, p. 39.

254 «The crisis of European jurisprudence began a century ago with the victory of legal positivism. The great turning point

was the 1848 Revolution. Our fathers and grandfathers abandoned an outmoded natural law and saw a great step forward from illusion to reality in the transition to what they called "positivism”. […] The essential turn in 1848 found its slogan in Windscheid's aphorism from his 1854 Greifswald university lecture: The dream of natural law is over»; Ivi, pp. 44-45.

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senso, la svolta positivista si rivela adeguata per una sincronizzazione fra sfera giuridica e sfera politica, ponendo le basi per il rafforzamento dei governi nazionali.

Nella sua archeologia, Schmitt presta particolare attenzione, più che agli accadimenti storici, a manifestazioni di resistenza e adattamento alla sincronizzazione nazionale, proposta dal positivismo, del sapere giuridico. A tal fine, egli si riferisce, nella conferenza, ad un'altra conferenza: proprio nel 1848, difatti, il giurista Julius Hermann von Kirchmann espone le sue tesi in Die

Unwissenschaftlichkeit der Rechtswissenschaft, profetizzando una fine della giurisprudenza nel

prossimo futuro.

Spiegando in che modo la tradizione giuridica, in quanto ‘tradizione’ istituita, perda validità sul

Nel documento Synch - Fra l'attimo e l'evento (pagine 105-113)