Gli esegeti scientifici nel mondo arabo e in Turchia
9. Aḥmad Muṣṭafà al-Marāġī (n 1298/1881, m 1371/1951)
Giurista ed esegeta egiziano, al-Marāġī visse tra l’Egitto e il Sudan141. Durante gli
anni trascorsi in Sudan ebbe l’opportunità di apprendere l’inglese e stringere rapporti con gli amministratori inglesi. Fu autore di importanti riforme nei tribunali religiosi dei quali snellì la burocrazia. Nel 1920 divenne giudice del tribunale religioso, e nel 1923 ricevette la nomina di capo dell’Alta Corte Religiosa. Rientrato in Egitto al-Marāġī guidò la riforma giuridica del suo Paese, specialmente nell’ambito del diritto personale islamico. Nel 1928 divenne rettore dell’Università al-Azhar e fu incaricato di modernizzare il sistema d’istituzione. Tra le riforme più notevoli, la distinzione tra la formazione universitaria e pre- universitaria, e la creazione di tre distinti percorsi di studio: diritto, religione, e lingua araba. A un anno dalla nomina, su decisione del Khedive e dell’ala più conservatrice, fu costretto a dimettersi perché accusato di ispirarsi eccessivamente al pensiero di ‘Abduh. Questa vicenda tuttavia non gli impedì di essere nominato per la seconda volta rettore di al-Azhar, carica che mantenne dal 1935 alla sua morte.
Al-Marāġī scrisse ampiamente su una grande varietà di argomenti, che spaziavano dalla politica all’amministrazione e al diritto. Fu autore, tra le altre opere, di un commentario noto semplicemente come Tafsīr al-Marāġī, in cui analizza alcuni versetti coranici alla luce della scienza moderna.
Attingendo, per esempio, dalle conoscenze agronomiche della sua epoca, al- Marāġī individua nel versetto che recita «quelli che donano parte delle loro ricchezze sul sentiero di Dio somigliano a un seme da cui germogliano sette spighe, ciascuna con cento semi» (2:261) un preannuncio di ciò che gli studi sulle coltivazioni di grano hanno messo in luce: il fatto cioè che da un solo seme nascono più spighe di grano (sunbulah) – quaranta, cinquanta, fino a settanta142.
140 Muḥammad ‘Abd al-‘Aẓīm al-Zarqānī, Manāhil al-‘urfān fī ‘ulūm al-Qur’ān, Dār al-kitāb al-
‘arabī, Bayrūt 1415/1995, vol. 1, p. 26.
141 Cfr. Na‘īm al-Ḥumṣī, Fikrah i‘ğāz al-Qur’ān, pp. 387-400.
142 Aḥmad Muṣṭafà al-Marāġī, Tafsīr al-Marāġī, Maṭba‘ah Muṣṭafà Albānī al-Ḥalabī, 1382/1962III,
65
Nella sura delle Bestiame vi sarebbe invece un richiamo alla regole di vita comunitaria degli animali: «Tutti gli animali sulla terra e tutti gli uccelli che volano in cielo con le ali formano delle comunità come voi» (6:38). Secondo l’autore il versetto in questione conterrebbe inoltre un accenno all’esistenza di forme di vita su altri pianeti, in particolare Marte (al-Mirrīḫ), dove sono state scoperte tracce di acqua. Al-Marāġī immagina che il passo coranico alluda anche a scoperte che la scienza potrebbe fare in futuro, e cioè che sugli altri pianeti esistano piante e specie animali, montagne e valli proprio come sulla terra143.
Queste e altre affermazioni simili non ancora confermate dalla scienza, hanno suscitato il disappunto di alcuni specialisti di esegesi scientifica che ritengono irragionevole dedurre dal Corano delle verità che la ricerca non ha ancora dichiarato tali144.
Sempre nella sura del Bestiame, il versetto che recita «Egli può mandare contro di voi un castigo che vi coglierà dall’alto o dal basso» (6:65) avrebbe invece anticipato l’invenzione dei caccia bombardierei (qaḏā’if al-ṭayyārāt) e dei sottomarini (ġawwāṣāt) utilizzati per combattere le guerre moderne145.
La medesima sura offre inoltre l’occasione per una lunga riflessione sulla natura dei ğinn e la loro relazione con gli uomini: «Nel giorno in cui Egli li radunerà tutti, ai ğinn dira: “Assemblea dei ğinn, avete abusato dagli uomini”. E gli uomini che erano stati i loro alleati diranno: “Signore nostro, abbiamo tratto vantaggio gli uni dagli altri e siamo giunti al nostro termine, quello che Tu hai decretato per noi”. E Dio dirà: “Il fuoco è la vostra dimora e vi rimarrete in eterno, se Dio non vorrà altrimenti”» (6:128).
Il dialogo tra Dio, i ğinn e gli uomini conferma – secondo l’esegeta – il legame tra gli uomini e gli spiriti malvagi (arwāḥ šarīrah), e prova l’esistenza dei microbi146:
I ğinn sono demoni (šayāṭīn) entrati nello spirito dell’uomo, la cui azione è simile a quella dei ğinn che agiscono nel corpo umano e che i medici chiamano microbi. Entrambi
143 Ivi, vol. 7, p. 118.
144 Na‘īm al-Ḥumṣī, Fikrah i‘ğāz al-Qur’ān, p. 390.
145 Aḥmad Muṣṭafà al-Marāġī, Tafsīr al-Marāġī, vol. 7, p. 153. 146 Ivi, vol. 8, p. 29.
66
agiscono senza essere visti e da entrambi l’uomo si può tutelare. Dai secondi l’uomo si tutela mettendo in pratica i consigli dei medici e seguendo i metodi terapeutici147.
Come nel caso delle affermazioni sull’esistenza di forme di vita sui pianeti, anche questa interpretazione è considerata da alcuni come troppo avventata, per il fatto che l’associazione dei ğinn agli spiriti malvagi non è scientificamente dimostrata148. La critica inoltre ritiene inappropriato anche l’accostamento dei
ğinn ai microbi: mentre i primi sono invisibili, i secondi sono visibili al microscopio.
Conclude questa breve rassegna esegetica un ultimo esempio significativo di interpretazione scientifica in riferimento all’espressione coranica «il mare gonfio (baḥr masğūr)» (52:6). Nell’esegesi di al-Marāġī il versetto in questione alluderebbe alla materia infuocata che si trova all’interno della terra, dal doppio significato della radice s-ğ-r – che può per l’appunto significare “ribollire” se usato in relazione alle acque, oppure “bruciare” se attribuito al fuoco, come nell’espressione idiomatica “sağara al-nār”, arde il fuoco – 149.
Questo esempio è sintomatico di come spesso gli esegeti scientifici si distacchino dai significati tradizionalmente attribuiti ai termini coranici, scegliendo le accezioni che consentono loro di adattare meglio le proprie interpretazioni alle verità scientifiche.