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Le finalità dell’esegesi scientifica

1. Favorire la comprensione del Corano

Volendo considerare in primo luogo la comunità, l’esegesi scientifica è considerata uno strumento utile a migliorare la conoscenza del Corano tra gli Arabi. Gli esegeti costatano che la conoscenza della lingua araba, pur essendo un requisito importante e indispensabile a questo fine, non è sufficiente per comprendere pienamente i versetti che raccontano l’universo e l’uomo. Contrariamente all’idea più diffusa secondo la quale per leggere i significati dei “segni” coranici è sufficiente conoscere la lingua sacra, la tradizione e tutto il patrimonio esegetico accumulatosi nei secoli, i fautori dell’esegesi scientifica ritengono che tutti gli ambiti del sapere, dalla teologia alla scienza sperimentale, concorrono a far acquisire una maggiore conoscenza dell’universo e del Corano. 2. Favorire la rinascita del senso religioso

Il conseguimento del primo fine non è evidentemente fine a se stesso ma consente di raggiungere un secondo obbiettivo, risvegliare nei musulmani quel senso religioso che essi avrebbero perso lasciandosi affascinare dalla scienza e dalla tecnologia occidentali. I testi di esegesi scientifica lasciano effettivamente trasparire il malessere e il disagio di quanti temono che il fedele musulmano del XX secolo possa sostituire la fede in Dio con la fede nella scienza. L’idea piuttosto diffusa è che, se da un lato l’Occidente ha fornito gli strumenti che consentono di intraprendere lo studio scientifico del Corano individuando delle corrispondenze tra i “segni” e le scoperte scientifiche, dall’altro per il mondo arabo l’ondata di tecnologia avanzata ha significato anche cambiamenti socio-culturali che si sono ripercossi in maniera talvolta negativa sulla fede in Dio. I fautori più intransigenti

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dell’esegesi scientifica accusano i musulmani di aver letteralmente perso il senso religioso, lasciandosi “traviare” dal progresso scientifico occidentale, dimenticando la Via e negando l’esistenza del Creatore e degli arcani. Sul venir meno della fede al-Nağğār spiega:

Il mondo odierno si sta avviando verso una grande catastrofe il cui fattore scatenante è lo straordinario progresso scientifico e tecnologico. Il progresso inganna i suoi promotori e li rende desiderosi di annientare gli altri, denigrando la vera coscienza religiosa (wa‘ī dīnī

ṣaḥīḥ) e gli obblighi etico-morali che preservano il diritto di Dio e i diritti dei fratelli e

dell’umanità256.

Coscienti della difficoltà nel contrastare gli effetti del progresso scientifico sulla vita spirituale dei singoli e volendo allo stesso tempo preservare il senso religioso dei musulmani e quindi la coesione interna alla umma, i fautori dell’esegesi scientifica individuano in quest’ultima lo strumento più efficace per risolvere la “concorrenza” tra Corano e scienza. Avvalendosi di quegli stessi strumenti che hanno temporaneamente allontanato il musulmano dall’Islam e rivolgendosi ai credenti con il linguaggio che è loro maggiormente familiare, quello della scienza, l’esegesi scientifica dimostra come la scienza insieme alle sue tecnologie possa essere positiva o negativa in base all’uso che se ne fa. E allora, quale metodo migliore per risvegliare nei fedeli il senso religioso assopito se non quello di individuare nel Corano delle presunte anticipazioni delle scoperte scientifiche che tanto li affascinano? L’inimitabilità scientifica offre una garanzia duplice: radica la fede nei cuori e dà alla scienza pieno titolo di cittadinanza nell’Islam. L’importanza di questo connubio per rafforzare la fede nella divinità trova espressione anche in una dichiarazione di šayḫ ‘Abd al-Karīm Nawfān ‘Ubaydāt – professore alla Facoltà di Šarī‘ah presso l’Università Nazionale di Irbid in Giordania:

L’inimitabilità scientifica è un mezzo che conduce alla fede nell’unicità di Dio (waḥdaniyyah Allāh). In epoca contemporanea molti uomini hanno bisogno di trovare una conferma nella scienza perché si convertano e i loro cuori trovino pacificazione. Le scienze hanno compiuto un progresso sorprendente, e le convinzioni degli uomini dalla fede fragile hanno vacillato poiché essi hanno creduto che la ragione potesse arrivare a

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tutto. Sarebbe dunque opportuno che costoro crescessero nella loro fede in Dio per mezzo delle scoperte scientifiche257.

In realtà, fin dagli anni Ottanta gli intellettuali hanno iniziato a percepire il timore che al radicarsi della fede nella ragione scientifica potesse corrispondere l’inaridimento della fede nel divino, come peraltro dimostrano le affermazioni dello storico e intellettuale iracheno ‘Imād al-Dīn Ḫalīl (n. 1358/1939). Partendo dal presupposto che la fede non trovava più fondamento nella sola sottomissione (taslīm) e nella cieca imitazione degli antichi (taqlīd), egli asseriva la necessità di rivolgersi ai musulmani del Novecento in un linguaggio che fosse loro accessibile:

L’uomo contemporaneo ha bisogno di una certezza religiosa che gli restituisca la pace scomparsa, la serenità perduta e la tranquillità sottrattagli. Le verità scientifiche sono le forze persuasive più efficaci per il raggiungimento di questa certezza. Il Corano continua a elargirci in quantità miracolosamente notevoli queste verità, rivelandole di epoca in epoca, secolo dopo secolo. Alla luce di questo straordinario equilibrio, perché non ci attiviamo per liberare l’uomo di oggi dalla situazione critica di perdita della certezza?258. 3. Favorire la riappropriazione dell’identità islamica

Risvegliare il senso religioso nei musulmani significherebbe inoltre riconquistare quell’identità islamica che molti considerano ormai perduta. Responsabili di tale perdita d’identità sarebbero state le politiche imperialiste dell’Occidente che avrebbero destabilizzato la umma creando una dipendenza politica, culturale e intellettuale:

la civiltà materialista (māddiyyah), miscredente e associazionista prova a imporre alle altre civiltà i suoi miseri valori, le sue pratiche corrotte e il suo materialismo con tutti i mezzi di cui dispone. L’occupazione della Palestina da parte di gruppi sionisti criminali, le torture e le mortificazioni alle quali sottopongono gli autoctoni e il tentativo di eliminarli, le aggressioni occidentali anglo-americane all’Afghanistan e all’Irak, i crimini commessi dalla Serbia e dalla Croazia nei Balcani, i falsi inviti a mettere fine allo scontro di civiltà, la giustificazione dei crimini e delle usurpazioni dei diritti dell’uomo e delle

257 ‘Abd al-Karīm Nawfān ‘Ubaydāt, Mağallah al-šar‘iyyah wa al-dirāsāt al-islāmiyyah, 35

(1419/1998) p. 42.

258 ‘Imād al-Dīn Ḫalīl, Madḫal ilà mawqif al-Qur’ān al-karīm min al-‘ilm, Mu’assasah al-risālah,

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terre da parte degli Stati membri dell’ONU sotto i falsi pretesti della “guerra contro il terrorismo” o della “paura dell’Islam”, non sono altro che gli anelli del loro maledetto piano diabolico. I nemici hanno privato i musulmani di tutti i mezzi concreti di cui disponevano per tenerli lontani dal loro sangue, dalle loro terre, dai loro possedimenti, dalla loro religione e dalle loro cose sacre (muqaddasāt). Tutto questo ha avuto luogo nel corso di una lunga sequenza d’imposizioni iniziate con l’occupazione di gran parte degli Stati musulmani e culminate nel 1924 con l’eliminazione del califfato islamico. In seguito, [gli occidentali] si sono adoperati per dividere la comunità islamica in oltre cinquantacinque Stati e staterelli, e ne hanno depredato i beni e le ricchezze. […] Poi hanno fomentato le guerre, i disordini e la discordia tra i figli della umma, hanno instillato inimicizie tra i fratelli creando divisioni, hanno diffuso idee nocive e comportamenti spregevoli allontanando la umma dalla religione, dalla morale, dai valori e dalle tradizioni. Per avere successo in questo tempo di esilio in cui viviamo, alla umma musulmana non resta che difendere la propria religione259.

In breve, sull’Occidente graverebbe la responsabilità dell’“infelicità araba” – per riprendere un’espressione del libanese Samir Kassir – e del declino politico e culturale del mondo islamico contemporaneo. Da parte loro, i musulmani, dimenticando i valori tradizionalmente insiti nella loro cultura religiosa e acquisendo ideologie e valori occidentali materialisti, non sarebbero stati capaci di affrontare le ingerenze dell’Occidente e reagire alla propria fragilità economica, politica e culturale. L’incapacità di reagire sarebbe direttamente proporzionale alla mancanza di fede e di un’identità islamica ben radicata:

noi, comunità di musulmani, ci siamo molto limitati nell’annunciare Iddio l’Altissimo e il Suo Profeta nonostante fossimo stati incaricati di annunciarli. Oggi raccogliamo i frutti della nostra mancanza: guerre diffuse in tutti i territori arabi, dalla Palestina all’Irak ai Balcani fino alle terre del Kashmir, l’Afghanistan, le Filippine meridionali, la Somalia, il Sudan e tutte le terre musulmane che stanno annegando in oceani di sangue, cadaveri e distruzione260.

In questo contesto l’esegesi scientifica con il suo linguaggio attuale è percepita come lo strumento che permette di creare una comunità musulmana più unita all’insegna della fede e determinata a contrastare le ingerenze occidentali, oltre

259 Zaġlūl al-Nağğār, Madḫal ilà dirāsāt al-i‘ğāz al-‘ilmī, pp. 154-155. 260 Ivi, pp. 155-156.

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che ripristinare la moralità e l’etica musulmane là dove domina uno stile di vita occidentale.