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Norme disciplinanti l’esegesi scientifica del Corano

L’esegesi del Corano è, per sua natura, una disciplina delicata che a detta degli stessi esegeti richiede molta cautela per il carattere sacro del Libro e per il ruolo che esso svolge nella conoscenza di Dio e delle pratiche cultuali che regolano la vita quotidiana del fedele. La questione si fa particolarmente complessa se il metodo esegetico adottato è quello scientifico. In questo caso, le istituzioni dedite allo studio di questa via esegetica invitano a procedere con grande prudenza giacché in essa entrano in gioco questioni molto ampie – il rischio di incoerenza tra le acquisizioni della scienza e le verità professate dal Corano, la possibilità di conciliare la fede con la ragione scientifica producendo una visione unificante della realtà, la riflessione sull’epistemologia della conoscenza e sulla filosofia della scienza islamica, solo per citarne alcune –. Per questa ragione qualunque manuale di esegesi scientifica del Corano che si consulti non trascura di stabilire fino a quale punto la ragione scientifica può spingersi nell’interpretazione del Corano e quali sono i limiti che essa non può oltrepassare273.

Si presenta ora un resoconto delle norme che la Commissione Internazionale per l’Inimitabilità Scientifica nel Corano e nella Sunna ha stabilito a regolamento dell’interpretazione “concordarista”274. Preliminarmente occorre però fare una

considerazione: il castello di regole sorge su quella che può definirsi la pietra angolare dell’esegesi scientifica, ovvero il principio che sancisce il primato del Corano sulla scienza. Le verità scientifiche dell’universo sono tali non perché stabilite dalla scienza ma perché rivelate da Dio, e le dimostrazioni scientifiche non sono altro che la conferma di ciò che è stato rivelato. Il Corano, come Parola di Dio, non può cadere in contraddizione né essere messo in discussione,

273 Per esempio il già più volte ricordato Zaġlūl al-Nağğār, Madḫal ilà dirāsat al-i‘ğāz al-‘ilmī, pp.

146-153, Aḥmad Maḥmūd al-Ğāmūs, Al-tanwī‘ wa al-iğāz fī ‘ulūm al-i‘ğāz, pp. 31-33, Fahd ‘Abd al-Raḥmān al-Yaḥyà, Al-i‘ğāz al-‘ilmī… ḍawābiṭ wa ḥudūd disponibile su http://www.eajaz.org/component/content/article/39-دودـحو-طباوض-يملعلا-زاـــجعلإا-75/زاجعلإا-ليصأت o ancora ‘Abd al-Dā’im al-Kaḥīl, Ḍawābiṭ al-i‘ğāz al-‘ilmī fī al-Qur’ān wa al-Sunnah disponibile su

http://www.kaheel7.com/modules.php?name=news&file=article&sid=316.

274 Cfr. ‘Abd al-Mağīd al-Zindānī, Su‘ād Yildirim, Šayḫ Muḥammad al-Amīn Walad Muḥammad,

Ta’ṣīl al-i‘ğāz al-‘ilmī fī al-Qur’ān wa al-Sunnah, pp. 34-36, e ‘Abd Allāh b. ‘Abd al-‘Azīz al-Muṣliḥ, Al-i‘ğāz al-‘ilmī fī al-Qur’ān wa al-Sunnah. Tārīḫu-hu wa ḍawābiṭu-hu, Dār ğiyād li-l-našr wa al-

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pertanto nel caso in cui emerga un’incongruenza tra la scienza e la rivelazione, è la prima a dover rivedere le sue posizioni. La scienza soggiace al Corano, non viceversa. Sostenere il contrario equivarrebbe a dire che i significati coranici oscillano secondo le speculazioni scientifiche del momento. Da qui la critica ad alcune definizioni infelici di esegesi coranica, come abbiamo ricordato nel primo capitolo.

Fatta questa precisazione, la prima condizione dalla quale non si può prescindere è che l’esegeta possieda un’ottima conoscenza del Testo coranico secondo le espressioni, le regole e la sintassi dell’arabo, e di tutta la produzione del tafsīr tradizionale, dal Profeta fino alla generazione degli esegeti del Novecento.

Successivamente l’esegeta deve dimostrare di avere una buona conoscenza delle circostanze della rivelazione (asbāb al-nuzūl), dell’abrogante e dell’abrogato (nāsiḫ wa mansūḫ) e di tutte le letture attendibili (qirā’āt ṣaḥīḥah) di un medesimo versetto, nel caso in cui ne esista più di una. È importante inoltre che l’esegeta raggruppi per tema i versetti coranici oggetto del suo studio, mantenendo l’ordine secondo il quale li presenta il Libro e che, parallelamente, raccolga tutti i detti attendibili del Profeta, attinenti al tema.

Se le prime due condizioni non hanno nulla di specificamente “scientifico” (ogni forma di esegesi coranica infatti si fonda su questi presupposti), la terza condizione consiste in una limitazione del campo d’indagine: che cosa del Corano e della Sunna può essere interpretato alla luce della scienza e che cosa invece non può esserlo?

La tradizione comprende ciò che è dirimente (qaṭ‘ī al-ṯubūt) come il Corano e la Sunna, e ciò che è opinabile (ẓinnī al-ṯubūt) come alcuni hadīṯ dell’Inviato la cui catena di trasmissione è incerta. Gli esegeti sono autorizzati a interpretare solamente ciò che è passibile di opinione personale (ẓinnī al-dalālah) e che reca più di un significato, e comunque devono evitare di entrare troppo nello specifico ricercando nei versetti dettagli scientifici inesistenti, come le equazioni matematiche o le formule chimiche. La precisazione in termini numerici è consentita solo qualora metta realmente in luce una concordanza tra acquisizione scientifica e rivelazione.

Quanto ai passi coranici dal significato univoco (qaṭ‘ī al-dalālah), non possono essere interpretati alla luce della scienza. Sono perciò esclusi dall’interpretazione

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scientifica tutti i versetti che menzionano i principi sui quali si basano gli atti di culto, gli atti proibiti (muḥarramāt), i castighi (‘uqūbāt) previsti per i crimini più gravi (ğarā’im kubrā) e i “pilastri” o arkān poiché i loro significati sono noti esclusivamente a Dio. Questioni quali gli attributi di Dio, lo spirito, gli angeli e i ğinn, il limbo, la Tomba, l’Ora, la Resurrezione, la Bilancia, il Cammino (ṣirāṭ), il Giardino e il Fuoco sarebbero regolate da leggi proprie che non hanno nulla a che vedere con quelle che disciplinano l’esistenza terrena e quindi non possono essere indagate ricorrendo a strumenti scientifici umani. A questo proposito – come ricordano i membri della Commissione Internazionale per l’Inimitabilità Scientifica nel Corano e nella Sunna – si legge: «Ti chiederanno dell’Ora, quando è stabilito che verrà. Rispondi: “La sua conoscenza sta presso il mio Signore e soltanto Lui la manifesterà, a tempo dato, essa graverà sui cieli e sulla terra e vi coglierà all’improvviso”» (7:187). Il senso di inaspettato e imprevedibilità trasmesso da questo e altri versetti simili costituirebbero una prova ulteriore del fatto che il Creatore non è soggetto all’applicazione delle leggi che disciplinano l’universo perché, come recita la sura della Consultazione, sulla terra «non c’è nulla che somigli» (42:11) alla Sua natura divina.

Inoltre, una tradizione riportata da ‘Abd Allāh ibn ‘Abbās stabilisce il divieto di meditare direttamente sull’essenza di Dio e al contempo invita il fedele a meditare sugli effetti della Sua azione creatrice, che raccontano la perfezione della scienza e sapienza divine: «Avendo alcuni meditato su Dio grande e potente, il Profeta – lo benedica Iddio e lo salvi – disse loro: “Meditate (tafakkarū) sulla Sua creazione e non su di Lui, poiché mai potreste rendervi conto della Sua potenza”»275.

Inoltre, per stabilire l’inimitabilità scientifica di un “segno” coranico, è opportuno che l’esegeta analizzi i versetti alla luce esclusivamente delle verità scientifiche dimostrate, escludendo le teorie che possono essere confutate. Nel momento in cui si dimostra la validità di una teoria e questa diventa verità scientifica non è più passibile d’abrogazione, e le modifiche che nel tempo può eventualmente subire sarebbero da considerarsi positivamente perché condurrebbero a una conoscenza sempre più dettagliata e precisa delle leggi che regolano la manifestazione oggetto di studio.

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La Commissione Internazionale per l’Inimitabilità Scientifica nel Corano e nella Sunna specifica inoltre che l’esegeta deve dimostrare di essere uno studioso specializzato e accreditato nell’ambito scientifico al quale intende riferirsi per interpretare i versetti coranici. In breve, ogni questione dovrebbe essere sottoposta a uno specialista poiché il singolo individuo non possiede le competenze per potersi occupare degli oltre mille versetti che si dicono “scientificamente inimitabili” e la cui interpretazione attinge agli ambiti più disparati, spaziando dall’astronomia all’embriologia. Non è un caso, infatti, che questa tipologia di esegesi abbia conosciuto i suoi albori proprio tra gli uomini di scienza e non, per esempio, tra i semplici teologi che non avrebbero avuto la preparazione adatta a individuare le concordanze scientifiche nelle espressioni coraniche. Ciò significa che solo un geologo di professione che abbia fatto anche studi islamici può cimentarsi nell’esegesi scientifica dei versetti che menzionano le montagne, così come solo un embriologo può occuparsi dei passi che raccontano le fasi di sviluppo dell’embrione.

Allo studioso inoltre si richiede di riconoscere i propri limiti e non avere la pretesa di giungere al significato assoluto di un versetto coranico. Il Profeta ricorda agli uomini che «le meraviglie del Corano non hanno fine», intendendo che i versetti sono polivochi e i significati si rivelano agli uomini secondo le loro esigenze, variabili nel tempo. Da quest’affermazione si deduce che il ventaglio dei significati si amplia in maniera direttamente proporzionale all’ampliarsi del sapere in tutti i suoi ambiti, senza che vi siano mai delle incoerenze. Per di più l’esegeta dev’essere disposto a considerare la possibilità di partire da un versetto coranico per giungere a una verità universale che la scienza non abbia ancora riconosciuto come tale, partendo dal presupposto che la Parola di Dio è verità assoluta.

Al contemporaneo Muḥammad al-Ġazālī276 spetta il merito di aver pensato una se-

conda serie di norme che regolano il procedimento da seguirsi qualora l’esegeta

276 Muḥammad al-Ġazālī Aḥmad al-Saqqā (n. 1335/1917, m. 1417/1997), di origine egiziana,

nacque in un piccolo villaggio nella provincia di al-Buḥayrah, a sud di Alessandria, dove frequentò la scuola coranica (kuttāb). Nel 1937 si trasferì al Cairo e si iscrisse alla Facoltà di Teologia presso l’Università al-Azhar. Al terzo anno di università conobbe l’imam Ḥassan al-Bannā ed entrò a far parte del gruppo dei Fratelli musulmani. Insegnò all’Università Umm al-Qurà di Mecca, all’Università del Qatar e all’Università islamica al-Amīr ‘Abd al-Qādir in Algeria. Tra le sue opere più notevoli si ricordano Al-islām wa al-manāhiğ al-ištirākiyyah, Al-isti‘mār aḥqād wa aṭmā‘,

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riscontri una discordanza tra il Corano e la scienza:

Se esiste una discordanza (iḫtilāf), non è certo tra scienza e religione ma piuttosto tra re- ligione e ignoranza della scienza o tra scienza e imprecisione nella comprensione della re- ligione. Vedrai che il Corano è corretto (mustaqīm) e tutte le scoperte portate alla luce dalla scienza sono, senza dubbio, una delle prove della sua veridicità e inimitabilità277. Un’eventuale discordanza potrebbe essere generata dalla comprensione errata del passo coranico – fa notare al-Ġazālī –. Questa eventualità può verificarsi con maggiore facilità quando il presunto significato del Testo non è confermato dalla tradizione, come nel caso di hadīṯ la cui catena di trasmissione non sia sufficien- temente attendibile. In tale circostanza è possibile procedere all’interpretazione del Corano affidandosi alla percezione sensoriale (idrāk ḥissī) o al ragionamento deduttivo razionale (istidlāl ‘aqlī), le cui acquisizioni devono essere assunte quale prova del dato ipotetico (ḫabar ẓinnī). Questa possibilità d’interpretazione trove- rebbe conferma, nota un altro studioso278, in un ḥadīṯ: «Un tale domandò: “È con-

sentito interpretare i testi religiosi attraverso la prova sensoriale (dalīl al-ḥiss) o la prova razionale (dalīl al-‘aql), affinché il loro significato sia conforme alla realtà e alla verità?” Gli fu risposto: “Questo è consentito poiché gli ‘ulāmā’ delle origini dicono: Non vi è disaccordo sulla possibilità di specificare il senso generale”». Tornando ad al-Ġazālī, la discordanza tra le due sfere potrebbe essere generata da un errore della scienza. Questa seconda eventualità si riscontra nel caso in cui il significato del passo coranico sia chiaro ed evidente, ciò che dovrebbe indurre l’esegeta a pensare che l’errore risieda nella teoria scientifica. In questo caso la teoria scientifica è opinabile perciò dev’essere interpretata partendo dal Corano che è sempre dirimente.

Vista la carenza epistemologica evidenziata nei testi di riferimento, ci sarebbe da domandarsi che cosa significhino nell’attività esegetica pratica queste precisazio- ni, a parte essere un richiamo di puro buon senso al fatto che l’esegeta non deve parlare di un argomento di cui non sa nulla.

277 Muḥammad al-Ġazālī, Naẓarāt fī al-Qur’ān, Dār al-kutub al-hadīṯah, al-Qāhirah 1962, p. 137. 278 Al-Maydānī, Ṣirā‘ ma‘ al-mulāḥadah hattā al-‘uẓm, Dār al-qilīm, Dimašq 1973, p. 38.

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Inoltre, specificando la possibilità d’interpretare ricorrendo esclusivamente alle teorie dimostrate, i teorici dell’esegesi scientifica si mostrano del tutto ignari della moderna epistemologia e della filosofia di Karl Popper secondo la quale il sapere scientifico è sempre falsificabile279. Per questi esegeti insomma la scienza moderna

è una macchina che, inseriti alcuni dati, produce, dopo un percorso più o meno tortuoso, verità certe, una volta per tutte. Concetti come “il cambio di paradigmi”, ovvero il cambiamento nelle assunzioni basilari all’interno di una teoria scientifica dominante, avanzato dall’epistemologo Thomas Kuhn280, sono del tutto

assenti dall’orizzonte di questi ricercatori.

279 Donald Gillies, Giulio Giorello, La filosofia della scienza nel XX secolo, Editori Laterza, Bari-

Roma 2010, pp. 214-218.

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